Video Analisi : Natural Gas & Iperinflazione

Eccoci a un nuovo appuntamento dedicato a una importante Materia Prima come il Natural Gas, vista la figura disegnata nel Grafico Pluriennale da quest’ultimo, ci pare assolutamente necessario.

Natural Gas & Iperinflazione

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Bollette del gas più care del 1000 percento. L’Italia che fa?

Bollette del gas sempre più care in Italia ma non solo a causa del conflitto in Ucraina. La Germania lascia accese le centrali nucleari

di Fiammetta Bianchi , pubblicato il 18 Agosto 2022 alle ore 13:46

Bollette del gas

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Bollette del gas in aumento non controllato, il gas naturale ha raggiunto un nuovo record storico sul mercato europeo, salendo di circa dieci volte rispetto a un anno fa.

Dai 27 euro di fine agosto 2021 si è arrivati fino ai 251 euro al megawattora per gli scambi di derivati sulla piazza di Amsterdam.

L’energia elettrica, in Italia, ha invece raggiunto il costo medio di 538 euro al megawattora. L’aumento dei prezzi e delle bollette del gas e dell’elettricità è dovuto alla domanda crescente di energia da parte dei paesi europei, che stanno cercando di rafforzare la loro produzione di energia per far fronte all’aumento della domanda domestica e all’incertezza sulle forniture di energia dall’estero.

Perché i prezzi delle bollette aumentano

I prezzi dell’energia stanno salendo in maniera vertiginosa e nessuno sembra sapere perché. Gli esperti spiegano che ci sono diversi fattori che contribuiscono a questo aumento, ma nessuno di questi sembra essere la causa principale. Gazprom, il colosso russo del gas, ha comunicato un probabile aumento dei prezzi fino a un 60% per la prossima stagione invernale, arrivando a oltre 4000 dollari ogni 1000 metri cubi. Le bollette del gas, dunque, rischiano di diventare una spesa davvero insostenibile per la maggior parte delle famiglie italiane.

Questa situazione, infatti, sta mettendo a dura prova le economie di tutta Europa, e dell’Italia in particolare, dato che nessuno è in grado di prevedere quando questo aumento vertiginoso potrà fermarsi.

Guerra e siccità le cause del caro bollette

Le recenti tensioni tra l’UE e la Russia, dovute alla guerra in Ucraina, stanno avendo un grosso impatto sul prezzo dell’energia. Inoltre, la siccità che sta colpendo l’Europa sta aggravando la situazione, rendendo i fiumi meno navigabili e facendo aumentare, di conseguenza, il prezzo del carbone.

La scarsità d’acqua dovuta all’assenza prolungata delle piogge sta infatti contribuendo a ridurre ulteriormente la produzione di energia idroelettrica. In Italia, ad esempio, la produzione di energia idroelettrica è scesa del ben 40% nei primi sei mesi del 2022 provocando così un ulteriore aumento delle bollette del gas e della luce.

Le centrali nucleari restano accese in Germania

In un periodo storico come quello attuale, in cui la volatilità dei prezzi è la norma, la Germania sta prendendo in seria considerazione di prolungare il funzionamento delle sue tre centrali nucleari. Questo potrebbe fornire un notevole sollievo per il sistema energetico tedesco, che sta attraversando un periodo di grande stress. La decisione finale sarà presa dal governo, ma dovrà poi ottenere l’approvazione del Parlamento. Nel frattempo, il ministro di Economia e Clima, Robert Habeck, ha anticipato che presto verrà approntata una misura di “sollievo”, ovvero un terzo pacchetto di aiuti per i cittadini e le imprese per aiutarli a far fronte al rincaro delle bollette del gas e della luce.

Per quel che riguarda il governo italiano, restiamo in attesa di conoscere se qualche misura a salvaguardia dell’economia familiare sarà varata presto in vista del prossimo inverno.

Non solo gas, l’indipendenza dalla Russia ha un prezzo molto salato

05/04/2022

L’ambizioso progetto europeo per costruire la sua via d’uscita dalla dipendenza energetica dalla Russia si scontra con potenziali ritardi e miliardi di dollari di costi extra, mentre la guerra in Ucraina rende l’acciaio, il rame e l’alluminio scarsi e più costosi.

La fretta di sostituire i combustibili fossili russi sta spingendo il Vecchio Continente a concentrarsi sul sostegno dei flussi di gas naturale liquefatto (GNL) a breve termine e sull’aumento della generazione da fonti rinnovabili entro il 2030. La Germania costruirà due terminali di GNL, mentre la Francia vuole riprendere i colloqui con la Spagna per un gasdotto di collegamento, e il Regno Unito cerca più energia eolica, solare e nucleare. Eppure i prezzi dei materiali necessari continuano ad andare in una sola direzione.

Indipendenza dalla Russia, a che prezzo?

Acciaio, rame e alluminio hanno toccato dei record negli ultimi 12 mesi, e il Bloomberg Commodity Spot Index è balzato del 46% nello stesso periodo. Picchi di prezzi che minacciano di rallentare imprese come il progetto dell’Unione Europea di triplicare la capacità eolica e solare in questo decennio, un investimento colossale che potrebbe richiedere circa 52 milioni di tonnellate di acciaio. “Questa guerra ha un impatto su tutte quelle aziende, compresi noi, che sono sulla soglia di fare investimenti di grandi dimensioni”, ha detto Fred van Beers, amministratore delegato di SIF Holding NV, che produce piattaforme in acciaio per le turbine eoliche. “Sta mettendo a soqquadro il nostro business case”.

L’UE ha importato circa 155 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia l’anno scorso, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia e ora all’indomani della guerra, vuole ridurre la dipendenza di due terzi quest’anno.

Circa 30 miliardi di metri cubi possono essere rimpiazzati da altri fornitori, con la differenza costituita da energie rinnovabili, nucleare e cambiamenti nel consumo, come ha detto l’AIE. Il piano di transizione della Commissione europea prevede l’installazione di 290 gigawatt di eolico e 250 gigawatt di solare. Il conto solo per l’acciaio però ammonta a 65 miliardi di euro (72 miliardi di dollari) ai prezzi di mercato attuali.

La Russia e l’Ucraina sono tra i maggiori esportatori di acciaio utilizzato nella costruzione di turbine e gasdotti. Mentre le fonti alternative sono possibili, i costi però sono del 50% più alti del normale, secondo Rysted Energy AS. Ad aggravare il problema c’è la decisione della Cina di bloccare il suo centro di produzione dell’acciaio di Tangshan nel tentativo di controllare un’epidemia di Covid-19.

Il rame è un altro ingrediente vitale e l’Europa ha bisogno di circa 7,7 milioni di tonnellate per raggiungere il suo obiettivo del 2030. Poi c’è l’alluminio necessario per i pannelli solari, le turbine e le reti a cui si collegano. L’Europa ha una carenza critica perché la produzione è calata dopo che l’aumento dei costi dell’energia ha ridotto i profitti delle fonderie.

La Russia è il più grande produttore al di fuori della Cina, con il suo alluminio raffinato che rappresenta circa il 5% della produzione globale. Il mercato era già stretto all’inizio di quest’anno, secondo BloombergNEF, e i prezzi hanno raggiunto un record a marzo. Il rischio che le spedizioni della Russia possano essere strozzate da potenziali sanzioni ha contribuito ad alimentare questi aumenti.

“Il mondo potrebbe dover andare avanti senza le forniture russe”, ha detto Andrew Forrest, presidente e fondatore di Fortescue Group Metals Ltd., in un’intervista. “È certamente fattibile, ma ci sarà un periodo di adattamento”.

Saranno necessarie più reti per consegnare enormi quantità di generazione rinnovabile dove l’elettricità è necessaria. Circa 1,5 trilioni di dollari in investimenti cumulativi dal 2020 al 2050 sono necessari per aggiungere nuove connessioni, secondo BNEF. Ma non si tratta solo di infrastrutture pulite. Il GNL sta ricevendo una spinta con i piani della Germania per due nuovi terminali già da quest’anno e i Paesi Bassi che si assicurano un’unità di stoccaggio e rigassificazione galleggiante a marzo. Anche l’Italia e l’Estonia stanno spingendo per creare rapidamente i loro.

Il Regno Unito e la Francia stanno pianificando una vasta espansione dell’energia nucleare.  “Tutti parlano di accelerare la transizione energetica, e tutti avranno bisogno degli stessi materiali”, ha detto Julian Kettle, vicepresidente senior per i metalli e le miniere alla Wood Mackenzie Ltd. Insomma la lista dei costi si allunga.

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Perché Putin vuole pagamenti in rubli per il gas

di Michele Arnese e Marco Dell’Aguzzo

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Le matrioske degli oligarchi russi per aggirare le sanzioni occidentaliStart Magazine

Perché Putin vuole pagamenti in rubli per il gas

Putin annuncia che la Russia accetterà solo pagamenti in rubli per il gas venduto ai Paesi “ostili”. Il valore del rublo, come previsto dal Cremlino, sale. Moody’s, però, avverte: la Russia potrebbe essere vicina al default. Fatti, numeri e commenti

Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che la Russia accetterà solo pagamenti in rubli per le forniture di gas naturale agli stati considerati “ostili”.

COSA HA DETTO PUTIN

“Ho preso la decisione” – ha detto oggi Putin durante una riunione con il governo russo – “di passare ai pagamenti in rubli per le nostre forniture di gas naturale ai cosiddetti Paesi ostili, smettendo di usare le valute compromesse in queste transazioni”. Le banche avranno una settimana per adeguarsi al cambio di politica e sviluppare un meccanismo che permetta i pagamenti in rubli.

Putin ha poi aggiunto che non ha senso, per la Russia, esportare merci negli Stati Uniti o nell’Unione europea utilizzando dollari o euro. Una dichiarazione che lascia immaginare una possibile estensione del meccanismo in rubli all’interezza dei prodotti venduti da Mosca, e non solo al gas.

CHI SONO I PAESI OSTILI

In risposta alle sanzioni imposte da parte della comunità internazionale verso la Russia per l’invasione dell’Ucraina, qualche settimana fa Mosca ha stilato una lista di paesi e territori “ostili”: sono definiti così dal Cremlino per aver adottato “azioni ostili”, appunto, nei confronti della Russia e delle sue aziende.

Ci sono tutti i paesi membri dell’Unione europea (anche l’Italia, di conseguenza), e poi Albania, Andorra, Australia, Regno Unito, Anguilla, Isole Vergini britanniche, Gibilterra, Islanda, Canada, Liechtenstein, Micronesia, Monaco, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del sud, San Marino, Macedonia del nord, Singapore, Stati Uniti, Taiwan, Ucraina, Montenegro, Svizzera e Giappone.

La lista era stata redatta anche con l’intenzione di stabilire che il governo e le aziende russe potessero ripagare in rubli i debiti in valuta estera contratti con i creditori residenti in questi paesi. A fine febbraio l’Unione europea, gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada avevano annunciato il congelamento delle riserve in valuta estera della Banca centrale russa, limitando le capacità della Russia di ripagare il proprio debito.

FORNITURE DI GAS NON A RISCHIO

L’Unione europea è estremamente dipendente dalle forniture di gas russo per il soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico: la quota di Mosca sul totale delle importazioni comunitarie è di quasi il 40 per cento. Tra i paesi membri più vulnerabili a un’interruzione dei flussi ci sono la Germania (che acquista da Mosca il 49 per cento del gas importato) e l’Italia (43 per cento).

Putin ha specificato che “la Russia continuerà sicuramente a fornire gas naturale in linea con i volumi, i prezzi e i meccanismi di prezzo stabiliti nei contratti esistenti”.

Ogni giorno i paesi europei acquistano idrocarburi (gas, carbone e petrolio) dalla Russia per 1 miliardo di euro. Gli acquisti vengono effettuati tramite la rete SWIFT, lo standard internazionale per i pagamenti finanziari da cui alcune banche russe sono state espulse.

CRESCONO I PREZZI DEL GAS…

Dopo l’annuncio sui pagamenti in rubli, i prezzi europei del gas sono cresciuti fino al 21 per cento all’ICE Endex di Amsterdam: è qui che viene gestito lo scambio dei contratti di gas all’interno del Title Transfer Facility (TTF), il punto di scambio virtuale per il combustibile in questione che funge da hub per l’Europa continentale.

Il prezzo del gas è arrivato a 118,75 euro al megawattora, contro i 115,9 euro/MWh alla chiusura di ieri.

…E SALE IL VALORE DEL RUBLO

Dopo l’annuncio di Putin, il valore del rublo rispetto all’euro è aumentato: il cambio è passato da 112 a 108,50. Il rapporto tra dollaro e rublo, invece, è passato da 103 a 97,75 per risalire poi a 100,25.

La mossa del Cremlino puntava esattamente alla crescita del rublo, sia per infliggere un danno economico ai paesi che hanno reagito all’invasione russa dell’Ucraina con sanzioni finanziarie contro Mosca e sia per ridurre la spesa per le importazioni della Russia.

LE MIRE ECONOMICHE DI PUTIN

La Russia vuole che il gas le sia pagato in rubli per due motivi. Il primo è frenare la caduta della moneta russa (un effetto al momento visibile sui mercati). L’altra motivazione è che con questa mossa il costo del gas continuerà a lievitare. Maggiori prezzi significa per Mosca maggiori profitti e quindi più mezzi per sostenere lo sforzo bellico e fare fronte alle sanzioni occidentali.

LA RUSSIA È DESTINATA AL FALLIMENTO?

Ma secondo la società di rating Moody’s, “il rischio di insolvenza [della Russia, ndr] e le potenziali perdite per gli investitori rimangano molto elevati, dato il marcato deterioramento che abbiamo visto nella capacità e nella volontà del governo di far fronte ai propri obblighi di debito nelle ultime settimane”. Moody’s ha tagliato il giudizio della Russia a Caa2, due livelli sopra il default, si legge su MF-Milano Finanza.

Il 25 maggio scadono peraltro le esenzioni concesse dagli Stati Uniti ai soggetti americani che devono ricevere interessi, dividendi o pagamenti in scadenza connessi al debito o all’equity ed emessi dal ministero delle Finanze russo, dalla banca centrale o dal fondo sovrano del paese.

Moody’s ha fatto sapere che giudicherà come default il ripagamento in rubli delle obbligazioni denominate in valuta estera, anticipato da Mosca con un decreto presidenziale del 5 marzo scorso.

Stando a Bloomberg, le obbligazioni russe in scadenza e sotto osservazione internazionale sono quattro, per un totale di circa 2,25 miliardi di dollari. La prima è una cedola da 65,6 milioni di dollari, scaduta il 21 marzo e non ancora pagata ma rimborsabile in rubli (è previsto). Segue una seconda cedola da 102 milioni, in scadenza il 28 marzo e ripagabile in rubli. La cedola da 87,5 milioni in scadenza il 31 marzo, invece, può venire rimborsata solo in dollari. E lo stesso vale per il grande bond, da 2 miliardi di dollari, che scadrà il 4 aprile prossimo.

CUCUCU

Gazprom: ZERO invii di gas ad aprile attraverso Yamal. Mi sa che le sanzioni energetiche le impone la Russia

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Questa settimana i paesi occidentali si riuniranno per decidere su eventuali ulteriori sanzioni energetiche a carico della Russia, che coinvolgerebbero anche petrolio e gas. Intanto, però , Mosca inizia a lavorare sul tema per conto suo.  Se le esportazioni di Gazprom sono rimbalzate a marzo dai livelli estremamente  bassi visti all’inizio di quest’anno, non ci sono certezze sui flussi del mese prossimo, aprile. Infatti Gazpom non ha prenotato nessuno spazio nel gasdotto Yamal, quello che collega direttamente Russia e Germania passando per la Bielorussia, mentre non sembrano incrementate le quantità spedite tramite i gasdotti ucraini, che giungono in Slovacchia e che sono, comunque estremamente rischiosi.  Intanto il gas rimane a quantitativi pericolosamente bassi. 

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Appare ovvio che la Russia ha deciso di anticipare, a modo suo, le sanzioni energetiche della UE annunciando un taglio nelle forniture. Una riduzione, attenzione, NON un azzeramento, anche perché in Russia la matematica la conoscono bene e sanno che zero quantità per un prezzo anche elevatissimo comunque dà come prodotto zero. quindi per Mosca la soluzione migliore è una quantità limitata e un prezzo altissimo. Intanto Gazprom che azzera gli invii tramite Yamal sono un discreto senale per la ministro degli esteri tedesco Baerbeck e il suo desiderio di tagliare la dipendenza energetica da Mosca mandando, nel frattempo, più armi a Kiev. Un gentile segnale di quanto l’economia europea in generale, e germanica in particolare, dipendano dalle forniture russe, e questo come frutto di una scelta di Berlino, non di Mosca….

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