Calendario Meeting Federal Reserve 2022

Articolo rapido dedicato al Calendario FEDERAL RESERVE per il 2022.

Calendario Meeting Federal Reserve 2022

Come potete vedere il 25-26 Gennaio 2022 ,(pochi giorni prima del Capodanno Cinese del 2-02-2022 ) ci sarà il primo Meeting della Federal Reserve.

Come sapete diamo molta importanza , dal 2019 ad oggi ,alla data del Capodanno Cinese .

Visto quanto accaduto nel 2020 e nel 2021 proprio sui precedenti Capodanni Cinesi, (25-26 Gennaio 2020 e 12 Febbraio 2021 )abbiamo fatto una sicuramente una buona scelta nel segnalare sempre questo evento ai nostri lettori.

Nel 2022 ,quindi ,avremo una sovrapposizione di eventi :

PRIMA la FED il 25-26 Gennaio 2022 e POI il Capodanno Cinese 2-02-2022

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Visto che il motto di SFI è DO NOT FIGHT THE FED…(ma attenzione al timing del Capodanno Cinese , viste le due forti correzioni del 2020 e 2021 ) attendiamo con impazienza e molta curiosità il nuovo Anno !

Ci teniamo a ringraziare tutti i nostri lettori per l’attenzione crescente al nostro canale You Tube al quale Vi invitiamo a iscriverVi qual’ora non lo aveste già fatto.

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Cogliamo l’occasione per auguraVi un Felice e Sereno 2022 !

Ad Maiora !

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Fed determinata a ridurre l’inflazione, ritmo aumento tassi dipenderà dai dati’. Linea Powell convince Wall Street

22/06/2022

Il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell, ha affermato in audizione davanti al Senato che la Federal Reserve continuerà ad aumentare i tassi di interesse fino a quando non vedrà chiare prove che l’inflazione sta rallentando avvicinandosi all’obiettivo del 2%.

Settimana scorsa i membri della FOMC hanno alzato i tassi di interesse di 75 punti base, il più grande aumento dal 1994,  Powell e diversi colleghi hanno segnalato che un altro aumento dello 0,75% potrebbe essere giustificato nella prossima riunione di 26-27 luglio. Il tasso di riferimento dei Fed Funds é attualmente compresso tra l’1,5% e l’1,75% storicamente basso ma sui livelli di 2020, pre-pandemia.

“Nei prossimi mesi, aspetteremo delle prove convincenti che l’inflazione sta rallentando, avvicinandosi al nostro target del 2%. Secondo noi i continui aumenti dei tassi saranno appropriati, il ritmo degli aumenti continuerà a dipendere dai dati in arrivo e dalle prospettive in evoluzione per l’economia” ha affermato Powell davanti al Congresso. “Alla Fed, comprendiamo le difficoltà che sta causando l’inflazione elevata. Siamo fortemente impegnati a riportare l’inflazione al ribasso e ci stiamo muovendo rapidamente per farlo”. 

Inoltre il Presidente della FED ha osservato che la guerra in Ucraina e le chiusure legate al Covid in Cina stanno contribuendo alle pressioni inflazionistiche sottolineando che questo problema non riguarda solo gli Stati Uniti, ma colpisce molte economie globali.

“Abbiamo sia gli strumenti sia la determinazione per ripristinare la stabilità dei prezzi” ha affermato Powell davanti al Senate Banking Committee.

Secondo le previsioni dei 18 membri della FOMC, tutti loro si aspettando i tassi principali della FED al 3% entro la fine dell’anno.

Dopo i commenti di Powell i listini principali degli Stati Uniti tornano sopra la parità, Nasdaq Composite con performance migliore in rialzo dello 0,92 % a quota 11.168  punti. L’S&P 500 segna +0,57% a 3.786 punti.

Powell: economia americana é molto competitiva e resiliente

Il prodotto interno lordo degli Stati Uniti ha segnato un calo dell’1,5% su base annuale nel primo trimestre dell’anno ed è destinato a rimanere piatto nel secondo trimestre secondo le stime della Fed di Atlanta. Le vendite di alloggi sono crollate e ci sono anche alcuni segnali di una decelerazione del mercato del lavoro in un momento in cui i salari indicizzati all’inflazione sono scesi del 3% nell’ultimo anno afferma l’istituto di Atlanta.

Ciò nonostante Powell ha affermate davanti al Senate Banking Committee che “l’economia statunitense é forte ben posizionata e potrà resistere alla stretta monetaria.”

Secondo i numeri del Labor Department degli Stati Uniti, pubblicati settimana scorsa, l’indice dei prezzi al consumo é cresciuto dell’8,6% su base annuale spinto maggiormente dai prezzi dell’energia. Di solito la Federal Reserve si concentra soprattutto sull’indice core, deputato dai prezzi dei beni alimentari ed energia, ma nel contesto attuale Powell ha affermato che bisogna concentrarsi sul quadro generale inflazionistico che mette in difficoltà le famiglie.

Nel frattempo i numeri pubblicati settimana scorsa dalla Mortgage Bankers Association hanno evidenziato il rialzo del tasso fisso dei mutui a 30 anni a 5,98% da 5,65% della settimana precedente, il livello più alto da 2008.

Se vuoi aggiornamenti su Fed Powell inserisci la tua

Bce verso svolta epocale, fine era tassi negativi e stop bazooka anti-spread. I BTP reggeranno l’onda d’urto?

09/06/2022 E’ il Bce Day, il giorno in cui la banca centrale presieduta da Christine Lagarde annuncerà molto probabilmente che, nel mese di luglio, i tassi dell’area euro saranno alzati per la prima volta in più di dieci anni, al fine di scongiurare ulteriori fiammate dell’inflazione. Il grafico mostra il trend dei tassi stimato dagli analisti in Eurozona.

Si tratta dell’inizio di una nuova era di politica monetaria, come la definisce un articolo di Bloomberg, che sancirà prima di tutto la fine della pioggia di denaro che si è riversata in questi ultimi anni sui mercati del blocco, garantendo linfa vitale ai titoli di stato che erano stati oggetto di speculazione durante la crisi dei debiti sovrani: quella che aveva rischiato di mandare in frantumi l’euro.

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Si tratta, praticamente, di una svolta epocale che spazzerà via, in particolare, i due pilastri su cui cui si è imperniata la strategia della banca centrale europea: i tassi negativi (il tasso sui depositi rimane tuttora pari a -0,50%) e il Quantitative easing, ovvero il bazooka monetario con cui la Bce ha fatto incetta di BTP, Bund e gli altri titoli di debito pubblico e altri asset dei paesi euro.

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Lo shopping della Bce è stato talmente sfrenato che l’FT ha ricordato qualche giorno fa come la Bce abbia messo in pancia €4,9 trilioni di bond, per un totale superiore di più di un terzo del Pil dell’area euro, da quando il programma è stato lanciato nel 2014 per salvare l’Eurozona.

Bce di Lagarde verso rialzo tassi 50 pb già a luglio?

Il piano Quantitative easing porta la firma dell’ex presidente della Bce e attuale presidente del Consiglio Mario Draghi.

Da non dimenticare il QE pandemico, ovvero il PEPP, con cui la Bce ha effettuato ulteriori acquisti di titoli per salvare l’Eurozona dalle conseguenze disastrose della pandemia Covid-19., già giunto al capolinea.

Con un’inflazione che, in Eurozona, continua a marciare spedita, anche Lagarde è stata costretta a mandare in soffitta i vari strumenti dovish che diversi critici non hanno avuto remore a definire droghe o flebo monetarie che hanno distorto non poco i prezzi degli asset, rispetto ai loro fondamentali.

Cruciale oggi sarà il nuovo outlook che Lagarde presenterà ai mercati: ovvero le nuove proiezioni economiche relative al Pil e all’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo della zona euro.

Saranno quelle le fondamenta su cui poggeranno le prossime scelte sui tassi, che qualcuno vede tornare in territorio positivo (riferimento ai tassi sui depositi) già nel mese di luglio, con una stretta monetaria di 50 punti base.

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Gli economisti di Bank of America prevedono ben due rialzi dei tassi, ciascuno di 50 punti base, nel corso del terzo trimestre dell’anno; la maggior parte degli economisti stima invece una stretta di 25 punti base, sia nella riunione del 21 luglio, che in quella di settembre.

Dal canto suo, Lagarde ha definito l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia un momento cruciale, che potrebbe rappresentare il “culmine dell’iper-globalizzazione”, velocizzando al contempo la transizione ecologica, entrambi conseguenze che implicherebbero una inflazione più duratura.

Lei stessa ha parlato di una traiettoria dei tassi che, entro il mese di ottobre, dovrebbe siglare la fine dei tassi negativi e il ritorno a una politica più “normale”.

Svolta Bce. A quale costo per l’economia euro?

L’economia dell’area – è questo il principale dubbio che assilla gli economisti – reggerà l’onda d’urto di una svolta tanto potente della politica monetaria?

E’, questa, la stessa domanda che circola insistentemente negli Stati Uniti, dove il termine inflazione è sempre più accompagnato dalle parole recessione, stagflazione, hard landing.

Nelle ultime ore è arrivato anche l’alert rischio turbolenze del Fondo Monetario Internazionale che, tra le altre cose, ha fatto notare che la vera domanda è non è chiedersi se l’inflazione abbia toccato il picco, ma un’altra.

I mercati nel frattempo parlano, e il messaggio che inviano non è dei più confortanti: lo spread BTP-Bund oscilla attorno a quota 200, ma è arrivato nelle ultime sessioni a superarla in modo significativo, attorno ai 214 punti base, ai massimi dal periodo in cui è esplosa la pandemia Covid, dunque dal 2020.

tassi sui BTP decennali viaggiano al di sopra del 3%, al 3,3%.

“L’impressione è che il Consiglio direttivo (della Bce) voglia dimostrare che sta agendo sull’inflazione anche a fronte di rischi sulla crescita – ha commentato Evelyn Herrmann, economista di Bank of America a Parigi. – E questo è qualcosa che ignora principalmente il rischio che l’inflazione possa muoversi nella direzione opposta”.

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Un tratto caratteristico dell’Eurozona, lo stesso che portò Mario Draghi nel 2012 a lanciare il “Whatever it Takes”, è stato di fatto il permanere della deflazione nel blocco, prima che il reopening dell’economia post Covid, con le strozzature che hanno colpito le catene di approviggionamento, e il colpo di grazia della guerra tra Russia e Ucraina si traducessero in un balzo dell’inflazione in tutto il mondo, come evidenziato da istituzioni del calibro della Banca Mondiale – che ha fatto un parallelo con la stagflazione degli anni ’70 – e dell’Ocse.

Quest’ultima, nel suo ultimo outlook economico “Price of War”, ha motivato il downgrade dell’outlook sul Pil globale anche con i lockdown che la Cina ha lanciato di recente, in linea con la Zero Covid policy.

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Rischio Italia: tassi BTP sempre sotto la lente.

L’Ocse ha presentato anche l’outlook sul Pil dell’Italia, mettendo in evidenza i rischi rappresentati dalla dipendenza dal gas della Russia  e da una possibile impennata proprio dei tassi dei BTP.

Riguardo al caso Italia, L’Ft ha riferito sulla base di alcune indiscrezioni che la Banca centrale europea sarebbe  orientata “a rafforzare il suo impegno a supportare i mercati dei debiti dei paesi vulnerabili dell’Eurozona, nel caso in cui vengano colpiti da un sell-off, mentre si prepara ad alzare i tassi per la prima volta in più di un decennio. La gran parte dei 25 esponenti del Consiglio direttivo dovrebbe sostenere una proposta volta a creare un nuovo programma di acquisti di bond, in caso di necessità, per impedire che i costi di finanziamento di paesi membri come l’Italia vadano fuori controllo“.

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QUI tutti i dettagli.

Ha detto la sua sull’Italia anche David Marsh, presidente dell’OMFIF , in riferimento alle sfide che aspettano il paese, in un contesto in cui l’opinione pubblica è sbottata con il report di Goldman Sachs , che ha parlato di rischio sostenibilità debito con le elezioni del 2023

“Cresce lo scetticismo sul potere del governo Draghi, insediatosi il febbraio del 2021, di realizzare le riforme economiche, specialmente di concretizzare quei progetti innovativi finanziati dal Next Generation EU (e incisi  nel PNRR), prima delle prossime elezioni politiche previste per l’inizio del 2023″.

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Il rischio di un fallimento, per Draghi, supera ora le prospettive di un successo”., ha sottolineato Marsh. E la verità è che “in vista di un ulteriore stallo della politica, praticamente qualsiasi coalizione possibile di governo che emergerà l’anno prossimo potrebbe indebolire la stabilità“, ha sottolineato Marsh.

E questo, la Bce lo sa bene.

Fine di un’era, saranno tassi amari per l’Eurozona: BCE di Lagarde verso la stretta

La BCE prepara oggi i mercati alla stretta sui tassi d’interesse nel mese di luglio. L’economia nell’Eurozona già sconta la svolta monetaria.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 09 Giugno 2022 alle ore 06:52

Stretta sui tassi BCE in arrivo

Finisce un’era durata anche fin troppo e che non ha lasciato in eredità risultati brillanti per l’economia nell’Eurozona. Oggi, la BCE riunisce i suoi membri esecutivi e il Consiglio dei governatori in Olanda. Segnalerà la svolta monetaria sui tassi d’interesse, il cui primo rialzo dal 2011 avverrà al board di luglio. Serpeggia ancora qualche dubbio sulla data di cessazione degli acquisti netti di asset condotti con il “quantitative easing”. Con ogni probabilità, sarà per la fine di questo mese. Francoforte arriva a questo appuntamento come uno studente che ha perso il bus ed entra in classe con una ventina di minuti di ritardo, sotto gli occhi severi dell’insegnante.

Svolta monetaria dopo 11 anni

Tutte le principali banche centrali hanno iniziato ad alzare i tassi, dall’Australia al Canada, dalla Norvegia all’India, dagli USA al Regno Unito. Mancano all’appello solo BCE e Banca del Giappone. Ma mentre Tokyo è parzialmente giustificata per il fatto che l’inflazione nipponica ancora sia relativamente contenuta (2,5% ad aprile, dopo decenni di deflazione strisciante), Francoforte non ha davvero scuse.

L’inflazione nell’Eurozona è esplosa sopra l’8% a maggio e persino i salari negoziati stanno salendo ai massimi dal 2009: +2,82% a marzo. Nel frattempo, i rendimenti sovrani nell’area sono schizzati e il cambio euro-dollaro sembra almeno avere interrotto la caduta, viaggiando in area 1,07. In salita anche i tassi sui prestiti, particolarmente in Germania. In sostanza, il mercato si è portato avanti. Da mesi sconta l’arrivo della stretta sui tassi BCE, di fatto sostituendosi a una colpevole banca centrale in fuga dalla realtà.

L’esito della riunione di oggi potrà essere duplice: sorprendere in senso “hawkish” il mercato e indurlo a scontare una stretta monetaria più vigorosa; “raffreddare” le aspettative sui tassi e “surriscaldare” per contro quelle sull’inflazione.

Nel primo caso, i rendimenti sovrani salirebbero ulteriormente, così come gli spread. Il cambio euro-dollaro si spingerebbe verso quota 1,10 e i tassi su mutui e prestiti continuerebbero a lievitare. Dunque, un impatto restrittivo per l’economia. L’alternativa, però, non sarebbe migliore: rendimenti giù o stabili, euro indebolito e inflazione nei prossimi mesi ancora più alta. La caduta del potere d’acquisto delle famiglie colpirebbe i consumi e ci porterebbe finanche in recessione.

Tassi BCE e rischio recessione

Dicevamo, finisce un’era. E da rimpiangere abbiamo poco o nulla. Tassi reali e persino nominali negativi hanno ucciso il risparmio senza spronare alla crescita. Se non fosse stato per pandemia prima e guerra adesso, non avremmo neppure raggiunto il target d’inflazione, sfuggente da inizio 2013 fino a pochi mesi fa. Le politiche non convenzionali di questo lungo decennio sono servite semplicemente a finanziare debitori pubblici e privati in affanno, al costo di drenare ricchezza da coloro che la creano con i loro sacrifici, ossia i risparmiatori.

Ma la fine di quest’era dei tassi a zero non sarà indolore. I debitori sono stati indotti a indebitarsi ancora di più e per molti di loro la sostenibilità finanziaria risulta a rischio con l’aumento del costo del denaro. Ciò richiederà tra l’altro l’adozione di politiche fiscali più restrittive. Ne consegue un mix potenzialmente recessivo. La BCE di Christine Lagarde spera in cuor suo proprio di provocare un incendio controllato: colpire l’economia per “raffreddare” l’inflazione, ma non in misura tale da alimentare tensioni sociali e politiche. Una missione quasi impossibile.

Wall Street futures confermano voglia di rimonta: Dow Jones +270 punti, Nasdaq +1,5%

06/06/2022 Futures Usa in solido rialzo dopo che Wall Street ha terminato la scorsa settimana in calo Verso le 13.30 ora italiana, i futures sul Dow Jones balzano di oltre 270 punti, +0,84%, quelli sullo S&P 500 avanzano dell’1,10%, mentre i futures sul Nasdaq salgono dell’1,5% circa.

La settimana appena passata si è conclusa in rosso per i principali indici azionari della borsa Usa: in particolare, il Dow Jones ha perso su base settimanale lo 0,9%, scendendo per la nona settimana delle ultime dieci, mentre lo S&P 500 e il Nasdaq Composite hanno ceduto rispettivamente l’1,2% e l’1%, in rosso per l’ottava settimana delle ultime nove.

Venerdì scorso, dal fronte macroeconomico degli Stati Uniti, è stato reso noto il report occupazionale di maggio, che ha messo in evidenza una crescita di 390.000 nuovi posti di lavoro, confermando i timori di chi crede che la Fed di Jerome Powell continuerà a essere aggressiva sul fronte dei tassi.

“Per ora, il mercato vede una Fed che sta cercando di districarsi in un sentiero doloroso e accidentato, allo stesso tempo cercando una via d’uscita facile – ha commentato alla Cnbc Quincy Krosby, chief equity strategist di LPL Financial – E il mercato si trova tra il voler credere nelle fasi di rally e il non credere che la Fed riesca ad assicurare un soft landing”.

“Per gli investitori, il secondo semestre del 2022 sarà come essere sulle montagne russe, a meno che la Fed non sia capace di far scendere l’inflazione senza un hard landing – ha commentato anche Peter Essele, responsabile della divisione di gestione di portafoglio presso Commonwealth Financial Network – La maggior parte degli investitori sembra
puntare su uno scenario crash-and-burn in questo momento, con i timori sull’avvento di una recessione che abbondano”.

Ma oggi c’è da dire, l’azionario Usa riesce a trovare spunti per la rimonta.

I tassi sui Treasuries a 10 anni sono in calo al 2,952%.

Fed could cut rates in 2023, 2024 once inflation under control -Bullard

By Reuters Staff

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May 20 (Reuters) – St. Louis Federal Reserve Bank President James Bullard on Friday reiterated his view that the U.S. central bank ought to raise interest rates to 3.5% this year to get high inflation more quickly under control.

“The more we can frontload and the more we can get inflation and inflation expectations under control the better off we will be,” Bullard said in an interview with Fox Business Network. “And in the out years, ‘23 and ‘24, we could be lowering the policy rate because we’ve got inflation under control.” (Reporting by Ann Saphir Editing by Chris Reese)

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MEETING FED e QT: occhio alle note sul quantitative tightening

MEETING FED

Le attese sono tutte per un rialzo dei tassi di 50 punti base. Se sarà confermato, si tratterebbe del maggior incremento dal 2000. Inoltre vediamo che ci raccontano in merito al QT (quantitative tightening). Si parla di un piano di riduzione del bilancio da 9.000 miliardi di dollari. Già nel post precedente ho pubblicato questo grafico, mette in chiaro quanto il mercato si aspetti una FED aggressiva.

Oltre a quanto verrà esplicitamente dichiarato, sarà ancora più importante quanto invece bisognerà leggere “tra le righe”. Già solo ascoltando il tono di Powell alla conferenza stampa, si capirà quanto potrà essere ‘hawkish’ anche se io dò per scontato un atteggiamento ampiamente flessibile, che tra le altre cose il mercato si aspetta. INTANTO però proprio in merito di QT, vi rinfresco su quello che è una correlazione al momento molto forte tra Bilancio FED e borsa USA.

Bloomberg stima che le banche centrali del G7 ridurranno i loro bilanci di circa 410 miliardi di dollari nel 2022. È una netta inversione di tendenza rispetto agli scorsi anni. Uno scenario che quindi accomuna un po’ tutte le banche centrali. Ribadisco, ignorare l’impatto dell’abbattimento dei bilanci delle banche centrali è sbagliato, visti i ricorsi storici. Spero solo che questi scenari correttivi ipotizzati non si concretizzino.

Qui sotto una previsione di Bloomberg sull’argomento. BCE che resta al palo, FED invece molto proattiva. Con tutto quello che ne potrebbe conseguire.

POWELL CIRCUS!

Scritto il 5 Maggio 2022 alle 08:13 da icebergfinanza

This Week In Hedgeye Cartoons

Surreale, sembrava davvero di essere al circo, non tanto per le esibizioni sui tassi, ma per le parole del governatore Powell, come un clown qualunque, giravoltole ovunque.

Il falco Powell si è trasformato in una colomba!

Per la prima volta in oltre 20 anni la Fed ha aumentato i tassi di mezzo punto, tutto come previsto o quasi. Inoltre, ha deciso di iniziare a ridurre il suo bilancio a partire dal 1° giugno. In teoria sarebbe la dinamica di riduzione bilancio più aggressiva mai programmata, ma come sempre ieri i mercati hanno festeggiato, il croupier ha deciso di far fare un ultimo giro alla pallina.

Il bello è che come sempre milioni di ingenui o ”drogati” credono a Powell, il quale sta cercando disperatamente di alzare i tassi prima di essere costretto dalla recessione a portarli in negativo.

La Fed ha escluso categoricamente qualsiasi aumento dello 0,75%!

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In realtà, nell’incontro successivo alla riunione, il governatore, i governatori sembravano tante colombelle bianche, sono riusciti a far salire anche i morti dalle tombe, petrolio, oro, argento, gas, azioni, qualunque cianfrusaglia è salita ieri, pure i rendimenti che in realtà avrebbero dovuto scendere di fronte alle fesserie dette da Powell.

Ha fatto salire pure quel cadavere di euro, ma un rimbalzo era naturale, dopo mesi di vendite.

Suggerisco di approfittare di questa ultima occasione!

La cosa affascinante e terribile è che il governatore ha suggerito che la Fed, è assolutamente in grado di favorire un atterraggio morbido, si lo ha detto purtroppo e non è mai riuscito nella storia alla banca centrale, porta una sfiga immensa averlo detto.

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Aspettiamo con ansia che Powell ci dica che l’economia è forte in salute, che il mercato immobiliare e il sistema finanziario sono resilienti e che tutto va bene.

Mi è stato chiesto su quanti aumenti scommetto, ma con i matti è inutile scommettere, le banche centrali hanno sempre dimostrato di fare errori di politica monetaria clamorosa, basti pensare alla BCE di Trichet, possono aumentare quanto vogliono, ma a breve invertiranno la rotta.

Intanto aumenti di 75 punti base sono pura fantasia del mercato, non sono previsti aumenti dei tassi più ampi, lo ha suggerito chiaramente Powell.

 “Quindi un aumento di 75 punti base non è qualcosa che il comitato sta attivamente prendendo in considerazione”.

Powell pensa di poter rallentare l’inflazione senza innescare una recessione, un po come le cose che fanno i clowns, cose senza senso.

Come senza senso è che se il mercato scommette su una posizione più accomodante della Fed, se scommette su minori aumenti dei tassi, i rendimenti dovrebbero scendere, mentre il dollaro rintraccia e invece sono stabili.

Ma abbiamo imparato che la logica nei mercati è un gioco, tutto poi accade all’improvviso!

Powell ha menzionato la possibilità che la crescita dell’occupazione rallenti, ha suggerito che il mercato del lavoro non è più così caldo e in tensione come prima, ha indicato un certo rallentamento dell’inflazione nei dati mensili.

Il tutto alla fine, si riflettera in tassi significativamente più bassi, una volta che saremo entrati in una recessione nella seconda metà del 2022 e a quel punto la Fed non solo taglierà i tassi, ma riprenderà il QE.

Fed-Day, sondaggio: oggi rialzo tassi record in 22 anni, poi recessione in Usa ed Europa. Ecco quando inizierà

04/05/2022 13:09 di Laura Naka Antonelli

Nel Fed-Day occhio al sondaggio lanciato dalla Cnbc, da cui è emerso che le previsioni per oggi, giorno in cui il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed guidata da Jerome Powell, farà il grande annuncio sui tassi, sono di una stretta monetaria di 50 punti base, la prima in 22 anni.

La stretta sarà seguita da un altro rialzo dei tassi sempre di 50 punti base, nel meeting di giugno.

Per le riunioni successive, la maggioranza dei 30 esperti intervistati ritiene che le strette torneranno a essere di 25 punti base.

L’outlook sui tassi è comunque molto hawkish: gli interpellati, che includono economisti, strategist e gestori di fondi, ritengono che i tassi Usa saliranno fino al 2,25% entro la fine dell’anno, per poi crescere ancora fino al 3,08% entro agosto del 2023, prima di scendere alla fine dell’anno prossimo al 2,6%.

Il veloce ritmo dei rialzi dei tassi e l’inflazione ostinatamente alta si tradurranno tuttavia, secondo gli intervistati, in una recessione, e non nel soft landing sperato dalla Fed.

Il 57% ritiene che gli sforzi restrittivi del Fomc tesi a sfiammare l’inflazione provocheranno una recessione; il 33% crede invece che la recessione sarà evitata e il 10% non ha stilato alcun outlook in tal senso.

In media, si prevede che la recessione inizierà negli Stati Uniti nell’agosto del 2023.

In media, si prevede che la recessione inizierà nell’agosto del 2023 negli Stati Uniti. Dal sondaggio è emersa inoltre la probabilità di una recessione l’anno prossimo in Europa pari al 53%, a causa delle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina.

Il segnale che serve dall’America oggi per salvare il mondo dalla stagflazione

Oggi la FED è chiamata ad alzare i tassi americani contro il rischio stagflazione, ma il segnale che arriverà da Atlanta sarà insufficiente

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 04 Maggio 2022 alle ore 06:34

E’ una giornata importante quella di oggi. La Federal Reserve è chiamata ad esprimersi sulle nuove mosse di politica monetaria. Con ogni probabilità, annuncerà il secondo rialzo dei tassi americani consecutivo. A marzo, ha varato la prima stretta da 25 punti base (0,25%) e stavolta dovrebbe stringere di altri 50 punti (0,50%) all’1%. Questo è quanto si aspetta il mercato, che sconta in misura crescente il rischio di stagflazione. Un rischio, che è divenuto molto più concreto anche per l’economia americana, la quale nel primo trimestre si è contratta a sorpresa dell’1,4% rispetto al trimestre precedente. Le attese erano per un aumento dell’1%.

Stagflazione rischio sempre più probabile

Questo dato macro complica teoricamente i piani del governatore Jerome Powell. Fino alla scorsa settimana, nessuno ipotizzava che un rialzo dei tassi americani più deciso avrebbe mandato il PIL USA in recessione nel breve periodo. Adesso, basterebbe che esso arretrasse anche nel trimestre in corso per accusare una cosiddetta recessione tecnica.

Tuttavia, questa per la FED sarebbe anche l’occasione da prendere al balzo per domare l’inflazione e allontanare lo spettro della stagflazione. Powell potrebbe presentarsi alla riunione in corso fino alla mattinata di oggi (prima serata italiana) dicendo al resto del board: “signori, la recessione è ormai un dato di fatto. Meglio approfittarne per alzare i tassi americani più velocemente del previsto, colpendo in un lasso di tempo più concentrato la domanda aggregata americana. In questo modo, intensificheremo la caduta del PIL oggi, ma batteremo più rapidamente l’inflazione”.

Il cerino in mano alla FED di Powell

Se la prima economia mondiale oggi alzasse i tassi americani dello 0,75%, il mercato riceverebbe un messaggio chiaro: la FED fa sul serio.

I prezzi delle materie prime, a partire dal petrolio, scenderebbero per scontare un rallentamento globale. E ciò faciliterebbe i piani delle banche centrali, sgonfiando un po’ l’inflazione, indipendentemente dalle loro mosse di politica monetaria.

Tuttavia, non è affatto detto che l’America s’immoli per salvare sé stessa e il resto del pianeta dalla stagflazione. Tra sei mesi, ci sono le elezioni di medio termine per il rinnovo di gran parte del Congresso. I sondaggi già si mostrano cupi per Joe Biden e i democratici, figuratevi se abbiano voglia di mandare l’economia americana in recessione proprio adesso. D’altra parte, inutile prenderci in giro: per battere l’inflazione serve “distruggere” la domanda, vale a dire i consumi delle famiglie e gli investimenti.

Recessione economica inevitabile

D’altra parte, l’alternativa sarebbe l’inerzia. Ed essa porterebbe a sua volta alla distruzione della domanda per l’impatto negativo che già in questi mesi l’alta inflazione sta avendo sui consumi e persino dell’offerta, dato che molte attività stanno rallentando o sospendendo la produzione per l’aumento eccessivo dei costi.

Il rialzo dei tassi americani più veloce delle attese avrebbe due effetti tra loro ambigui per la prima economia mondiale: rafforzerebbe ulteriormente il dollaro, riducendo l’inflazione importata; aumenterebbe la propensione alle importazioni dei consumatori americani. In pratica, dalla recessione è difficile che si scappi. Ma meglio sarebbe che fosse governata, come accadde a inizio anni Ottanta sotto Ronald Reagan negli USA e Margaret Thatcher nel Regno Unito, anziché rischiare un esito di proporzioni peggiori nei trimestri a seguire.

Economia Usa, perché la recessione si può ancora evitare

Secondo Mark Holman, di TwentyFour Asset Management (Gruppo Vontobel), è ancora possibile un “atterraggio morbido”, ma avverte che nuovi shock impatterebbero un’economia che non può più contare sulle protezioni del 2021

 di Virgilio Chelli  10 Aprile 2022 09:30

Dato il rapido ritmo dell’attuale straordinario ciclo economico, l’attenzione degli investitori si sta concentrando sulle possibilità di una recessione USA nel 2023 e sulla capacità della Fed di consentire un atterraggio morbido dell’economia. Il rapido appiattimento delle principali curve di rendimento dei titoli di Stato americani, in particolare, la breve inversione poi rientrata dello spread 2-10 anni sui Treasury, hanno posto la domanda sotto i riflettori.

SCENARIO DI BASE ATTERRAGGIO MORBIDO

Mark Holman, Partner di TwentyFour Asset Management, sottolinea che lo scenario di base della casa d’investimento implica che l’economia americana atterrerà dolcemente. Ma, aggiunge, nel momento in cui lo farà, saremo anche vicini o alla fine del ciclo, da cui ci si può aspettare che le valutazioni azionarie si riprendano e seguano lungo la strada. Inoltre, i rendimenti dei Treasury a lungo termine stanno aumentando, il che dovrebbe aiutare gli investitori a bilanciare i portafogli quando raggiungeremo quel punto.

CARATTERISTICHE DI FINE CICLO

Se i rialzi dei tassi della Fed si verificassero come previsto, l’economia mostrerebbe tutte le caratteristiche di un ciclo in ritardo e non avrebbe un grande cuscinetto per garantire la crescita del PIL, che sarebbe la tipica posizione di fine ciclo che gli investitori devono affrontare. Ma prima di diventare troppo ribassisti, Holman nota che un’economia a fine ciclo tende a trascinarsi e gli asset a rischio possono diventare piuttosto costose. Di solito è un qualche tipo di shock che porta il ciclo “oltre il precipizio”, per questo alla fine del ciclo, l’economia è al massimo della sua vulnerabilità. Quindi, secondo l’esperto di TwentyFour AM, qualsiasi sorpresa potrebbe avere difficoltà ad essere assorbita come le precedenti.

COSA DICE LA CURVA DEI TASSI

Holman analizza in particolare la curva dei rendimenti dei Treasury a 2-10 anni, che quando si inverte segnala una recessione, che però potrebbe arrivare anche molto in là nel tempo. L’esperto di TwentyFour Am attribuisce il recente appiattimento e l’inversione della curva alla forward guidance fornita dalla Fed, e questo rende il ruolo della curva come indicatore di recessione meno utile.

RALLENTAMENTO DEL PIL RAGIONEVOLE

Secondo Holman, un atterraggio morbido dell’economia americana uno scenario più probabile, ma l’inflazione è più persistente e elevata del previsto, il che implica una Fed più restrittiva, a un ritmo a cui i mercati non sono stati abituati da tempo. Sembra anche inevitabile che la fiducia dei consumatori venga intaccata, e per un’economia basata sui consumi come quella USA non è una buona notizia. Quindi va tenuto conto di un ragionevole rallentamento del PIL previsto.

RECESSIONE NEL 2023 AL 35%

Ma lo scenario di base di TwentyFour AM considera ancora che gli Stati Uniti eviteranno una recessione nel 2023, e Holman vede la probabilità di recessione l’anno prossimo a circa il 35%. Se non fosse per il cuscinetto ammortizzatore con cui l’economia è entrata nel 2022, la visione sarebbe diversa perché l’economia ha dovuto sopportare una serie di shock, dalle catene di approvvigionamento, all’inflazione, ai prezzi delle materie prime e, naturalmente, la guerra in Ucraina.

SENZA IL PARACADUTE DEL 2021

Se si aggiunge a tutto questo un significativo irrigidimento della politica monetaria, secondo l’analisi di Holman, bisogna concludere che il grande ammortizzatore che l’economia aveva nel 2021 sarà eroso entro la fine del 2022.

Pictet AM: i tassi reali portano a escludere un errore della Fed

Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management approfondiscono il contesto macro e di mercato, dalla crisi in Ucraina alla curva dei tassi USA

 di Virgilio Chelli  4 Aprile 2022 14:35

La curva dei tassi USA si è invertita, con i rendimenti dei Treasury più bassi sulle scadenze lunghe rispetto a quelli a 3 anni. Questo implica la previsione di tassi in discesa, con due/tre tagli tra metà 2024 e 2026, dopo il percorso di rialzi intempestivamente comunicato dalla Fed, il cui picco è atteso al 3% tra un anno a mezzo. Gli osservatori si chiedono se la Fed stia in realtà commettendo un errore, ma per valutare correttamente l’efficacia delle scelte della banca centrale occorre andare oltre la curva dei tassi nominali e guardare a inflazione e tassi reali.

TRAITETTORIA ROBUSTA DELLA CRESCITA

Parte da qui l’analisi di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager, di Pictet Asset Management, secondo cui la crisi in Ucraina produce uno shock stagflazionistico, che non dovrebbe però sfociare in una vera e propria stagflazione nei prossimi trimestri, visto che la traiettoria della crescita rimane robusta, soprattutto negli Stati Uniti. Le banche centrali paiono intenzionate a occuparsi dell’inflazione più che impegnarsi a sostenere l’attività economica continuando una sterzata restrittiva, che verrà portata a termine solo quando venga esclusa definitivamente un’ulteriore escalation nel conflitto.

VERSO IL LIVELLO NEUTRALE DEI TASSI

Per quanto riguarda la Fed, il mercato si attende altri 200 punti base di rialzi entro la fine anno e altri 50 per metà 2023, per un incremento cumulativo poco sotto ai 3 punti percentuali. Se si aggiunge l’impatto restrittivo del QT, vale a dire il ritiro della liquidità man mano che andranno in scadenza i titoli detenuti, l’impatto complessivo potrebbe essere assimilabile a 6 punti percentuali di rialzi dei tassi. Il sentiero previsto per i tassi nominali, secondo i due esperti di Pictet AM, dovrebbe toccare un picco nel primo anno seguito poi da una discesa, con i tassi a lungo termine ancorati in prossimità del livello ‘neutrale’ del 2,4%, e questo rivela i timori di un errore della Fed, che rischierebbe di danneggiare una ripresa già contrastata dal Covid e ora in parte rallentata dalla guerra.

SI PUÒ ESCLUDERE UN ERRORE DELLA FED

Questo timore si attenua guardando alle aspettative di inflazione, la cui curva presenta una pendenza negativa molto pronunciata che precipita dal picco dell’8,5% fino al 2,5%, vicino al target di tolleranza della stessa Fed, per cui l’inversione della curva dei tassi nominali non dovrebbe trasferirsi su quelli reali. Per questo, Delitala e Piersimoni sono portati a escludere un errore della Fed. Sui mercati finanziari, la risalita dei tassi reali assieme al recupero degli indici azionari USA ha comportato una contrazione dei premi di rischio, tornati a livello di inizio anno.

DIVARICAZIONE TRA FED E BCE

In sintesi, secondo l’analisti degli esperti di Pictet AM, il mercato registra correttamente lo shock stagflazionistico e l’impegno antinflazionistico della Fed, con una lieve divaricazione con la Bce, per cui i tassi reali USA sono tornati a livelli pre-crisi ucraina mentre quelli dell’Eurozona restano più bassi. Allo stesso modo, i premi di rischio azionari riflettono correttamente la minore vulnerabilità dell’economia statunitense nei confronti del conflitto in Ucraina rispetto all’Europa.

POCO SPAZIO PER SORPRESE POSITIVE

Pictet l’anno scorso aveva individuato spazio per possibili sorprese positive, ma ora si allinea alle attese di mercato che vede spazio ridotto per sorprese positive. Le azioni godono di previsioni di crescita degli utili nell’intorno del 10%, già ampiamente scontato nei prezzi. Secondo Delitala e Piersimoni potremo essere vicini al picco della redditività aziendale, messa sotto pressione da costi e salari. Questo determina da parte di Pictet AM scelte settoriali e tematiche con prevalenza di strategie cicliche combinate con alcuni spunti sullo stile growth, le cui azioni non paiono più sopravvalutate.

COMMODITY, IL PROBLEMA DI SOSTITUIRE LA RUSSIA

Infine il mercato delle commodity, dove non è semplice soprattutto per gli Stati europei sostituire gli approvvigionamenti con altre fonti. Alcuni produttori di petrolio come gli USA potrebbero compensare, o ritornare sul mercato come Iran e Venezuela. Più impegnativo invece rimpiazzare Mosca nei metalli, palladio in particolare, fondamentale per l’industria automobilistica, e del grano. Qui secondo l’analisi di Pictet AM potrebbero essere importanti i contributi di America Latina e alcuni Paesi asiatici.

Mosse Fed: Powell&Co attesi più aggressivi per arginare inflazione (analisti)

28/03/2022

“Ci aspettiamo che la Fed si muova in modo più aggressivo e anticipiamo sette rialzi dei tassi quest’anno, che porteranno il tasso principale all’1,9% alla fine del 2022. Si tratta di uno sviluppo che segue l’ulteriore importante svolta della Federal Reserve, le cui dichiarazioni, da parte dello stesso Fomc e del presidente Powell, sono state di chiara impronta hawkish”. Lo scrive Gero Jung, capo economista di Mirabaud AM. Sul fronte dell’inflazione Mirabaud AM rileva come l’istituto centrale americano preveda quest’anno un dato del 4,3%, rispetto a una previsione mediana del 2,6% a dicembre: si tratta di una significativa revisione al rialzo per il dato dell’inflazione Pce complessiva. Allo stesso modo, l’indicatore d’inflazione preferito dalla Fed – l’inflazione core PCE – si attesterà probabilmente sopra il 4% quest’anno. “Di conseguenza, in questo momento riteniamo che per il nostro scenario base di sette rialzi dei tassi – inclusi possibili rialzi di 50 punti base – vi siano rischi al rialzo. Per la riunione del 4 maggio ci aspettiamo che venga annunciato il quantitative tightening”, aggiunge Jung.

Fed sempre più falco, Goldman Sachs vede due rialzi ‘pesanti’. Ecco la nuova tabella di marcia

22/03/2022

Sui mercati si sente ancora l’eco delle parole di Jerome Powell. Il presidente della Federal Reserve ieri ha detto chiaramente che l’inflazione, negli Stati Uniti, è troppo alta e che potrebbe essere necessario procedere a strette monetarie di entità superiore ai 25 punti base, in una riunione o in più riunioni.

Parole che hanno rafforzato la convinzione degli investitori che il prossimo meeting Fed di maggio segni un rialzo dei tassi Usa di 50 punti base, dopo il primo rialzo dal 2018 annunciato il 16 marzo, pari a 25 punti base, che ha portato il costo del denaro al range compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%.

Quale outlook adesso per il costo del denaro oltreoceano? Goldman Sachs ha rivisto al rialzo le previsioni sui tassi Usa, stimando due strette monetarie da 50 punti base nelle prossime due riunioni del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, di maggio e giugno, seguiti da aumenti di 25 pb ai restanti quattro incontri nella seconda metà del 2022 e tre rialzi trimestrali nel 2023. A fine ciclo i tassi sono attesi al 3-3,25%. “Continuiamo ad aspettarci che il FOMC annunci l’inizio della riduzione di bilancio alla riunione di maggio, ma dopo gli ultimi commenti non crediamo che questo sia necessariamente un ostacolo alla realizzazione di un aumento di 50 pb anche a maggio”, spiega la casa d’affari Usa.

Rialzo tassi FED, così Powell dà l’aspirina a un’economia americana con la polmonite

Il governatore Jerome Powell ha in settimana comunicato il primo rialzo dei tassi FED dal 2018, ma per l’economia americana è troppo poco

19 Marzo 2022 

Questo mercoledì, la Federal Reserve ha alzato i tassi d’interesse negli USA per la prima volta da tre anni e mezzo, portandoli al nuovo range dello 0,25-0,50% da 0-0,25%. Un aumento di un quarto di punto percentuale, che era stato ampiamente scontato dal mercato. Il governatore Jerome Powell ha fatto presente che l’inflazione americana resterà alta per tutta la prima metà dell’anno, iniziando a scendere successivamente. E ha anche prospettato un rialzo dei tassi più marcato nel caso in cui ve ne fosse bisogno. Prima che la FED decidesse per la stretta monetaria, il mercato ne aveva previsti per quest’anno sette da 0,25% ciascuno.

Sempre la FED ha preannunciato un possibile dimagrimento del bilancio dell’istituto nei prossimi mesi, una mossa considerata alla stregua di un rialzo dei tassi. Significa che inizierà a vendere parte degli asset in portafoglio, saliti a più di 8.900 miliardi di dollari. Per tutta risposta, il Treasury a 10 anni è salito fino al 2,24%, ai massimi dalla primavera del 2019. Il Treasury a 30 anni ha superato il 2,53%, anche in questo caso ai massimi dall’estate 2019.

Rialzo tassi FED controcorrente

Eppure, la stretta monetaria appena avviata dall’America è tutt’altro che convincente. A febbraio, l’inflazione è salita al 7,9%, il dato più alto dal gennaio 1982. Parliamo di un’altra era per l’economia americana e la politica mondiale. Allora, però, i tassi FED si attestavano al 15%, cioè di sette punti percentuali sopra l’inflazione. Adesso, stanno circa sette punti e mezzo sotto. Per capire come sia possibile che Powell si prenda tutto questo tempo per portare i tassi d’interesse a un livello decente e tale da combattere l’inflazione, dovremmo guardare in casa nostra.

La BCE tiene ancora i tassi di riferimento azzerati e negativi dello 0,5% sui depositi bancari.

Nel frattempo, la Cina taglia i suoi tassi per sostenere la seconda economia mondiale e il Giappone resta espansivo, dato che l’inflazione nipponica non decolla e resta ampiamente sotto il target. In pratica, il rialzo dei tassi FED è persino controcorrente in una fase storica in cui le banche centrali fingono di non vedere a quali livelli siano saliti i tassi d’inflazione e si mostrano molto attenti semmai a sostenere le rispettive economie. Una conferma arriva dal cambio euro-dollaro, la principale coppia valutaria del pianeta: stabile in area 1,10, conferma che il mini-rialzo dei tassi FED sia considerato fair dal mercato.

D’altra parte, la BCE ha molto più lavoro da fare. Deve cessare ancora gli acquisti dei bond e avviare la stretta. Probabile che continui a prendere tempo blaterando di un’inflazione destinata a sgonfiarsi con il ripristino delle catene di produzione. La guerra ucraina non le consente di stringere mentre l’economia europea subisce rischi fortissimi sul piano della crescita. Tuttavia, questo significa che i prezzi delle materie prime potranno continuare a galoppare trasferendosi indisturbati sui prezzi al consumo. Se Powell ha appena dato un’aspirina a un malato di polmonite, Christine Lagarde sta rassicurando un paziente in condizioni simili che sia solo un raffreddore causato da un colpo d’aria e lo sta rispedendo a casa senza somministrargli nulla. Non finirà bene

Russia-Ucraina, Fed: nel breve termine guerra creerà pressione rialzista su inflazione pesando su economia

17/03/2022

Così la Federal Reserve sulla guerra tra Russia e Ucraina, in base a quanto emerge dal comunicato con cui la banca centrale ha annunciato il primo rialzo dei tassi dal 2018. I tassi sui fed funds sono stati alzati di 1/4 di punto percentuale, al nuovo range compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%.

“L’invasione dell’Ucraina dalla Russia sta provocando una tremenda sofferenza umana ed economica – si legge nel comunicato – Le conseguenze sull’economia americana sono molto incerte, ma nel breve termine l’invasione e gli eventi a essa collegati creeranno probabilmente una pressione rialzista sull’inflazione, pesando sull’attività economica”.

Annotazione 2022-02-20 223528

Fed alza tassi per prima volta dal 2018. Dot plot indica ulteriori rialzi nel 2022, ecco quanti

17/03/2022

Come da attese, la Fed di Jerome Powell ha alzato ieri i tassi sui fed funds di 25 punti base, al range compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%. E’ stata la prima stretta monetaria dal 2018, resa necessaria dal balzo dell’inflazione negli Stati Uniti. Dal dot plot, documento che contiene le aspettative degli esponenti del Fomc (il braccio di politica monetaria della Fed) sul trend futuro dei tassi, è emerso che la Commissione prevede sei ulteriori rialzi dei tassi in ognuno dei meeting rimanenti del 2022, fino all’1,9% entro la fine dell’anno. Per il 2023, le previsioni sono di tre ulteriori strette monetarie e nessun rialzo dei tassi nel 2024.

Annotazione 2022-03-17 075345

La Fed deve sciogliere l’enigma: più inflazione o meno crescita

David Norris, Portfolio Manager di TwentyFour Asset Management, sottolinea il passaggio cruciale della riunione del FOMC, deve contrastare l’inflazione, ma anche sostenere l’economia in una fase critica

 di Virgilio Chelli  16 Marzo 2022 – 6:50

La tanto attesa riunione del FOMC è vicina alla conclusione, con gli investitori ansiosi di avere un po’ di visibilità sul pensiero della Fed, date anche le conseguenze economiche di vasta portata dell’invasione russa dell’Ucraina. La banca centrale americana deve bilanciare la necessità di contenere l’inflazione con quella di sostenere l’economia. Non ha ancora fatto partire il ciclo di rialzo dei tassi e la necessità di iniziarlo non potrebbe essere più pressante. David Norris, Portfolio Manager di TwentyFour Asset Management, è convinto che quello che si conclude nella serata europea di oggi è uno dei più importanti incontri della Fed nella memoria recente, dato il ritmo attuale degli sviluppi del mercato e la natura fluida degli eventi geopolitici.

OCCHI SULLA GUIDANCE DEI MEMBRI DEL FOMC

Parlando davanti alla Commissione Banche del Senato americano all’inizio del mese, il capo della Fed Jerome Powell ha ribadito che è pronto a portare avanti una serie di aumenti dei tassi di interesse a partire appunto da marzo, nonostante le prospettive economiche incerte. Norris ‘non riesce a immaginare’ uno scenario in cui la Fed non aumenterà i tassi. Dall’ultima riunione del FOMC, l’inflazione USA è salita a un nuovo massimo di 40 anni con anche il tasso core in forte accelerazione. Le attese sono per un rialzo dei tassi di 25 punti base, ma i mercati guarderanno molto da vicino anche l’aggiustamento della guidance dei membri del FOMC, che attualmente punta a tre rialzi nel 2022 e altri tre nel 2023, ben meno dei sei rialzi che i mercati stanno prezzando per il solo 2022.

IL QT PUÒ VALERE TRE O QUATTRO RIALZI

Norris sottolinea che il quantitative tightening, vale a dire il drenaggio di liquidità conseguente alla cessazione di acquisti e reinvestimenti, è una parte importante del mix di politiche, e si aspetta maggiore chiarezza su tempi e entità della riduzione del bilancio della Fed. Gli analisti della Deutsche Bank suggeriscono una riduzione di 800 miliardi di dollari nel 2022 e di ulteriori 1.100 miliardi nel 2023, che equivarrebbero cumulativamente a circa tre o quattro aumenti di 25 punti base, mostrando quanto importante possa essere questo strumento nel plasmare la politica monetaria e la gestione della curva dei rendimenti in futuro.

TIMORI SULLA SALUTE DELLE ECONOMIE

I banchieri centrali, sottolinea in conclusione l’esperto di TwentyFour Asset Management, devono affrontare un enigma. Con l’attenzione già rivolta ad affrontare l’inflazione crescente, ora l’impennata dei prezzi delle materie prime alimenta le discussioni sulla probabilità di un rallentamento economico, stagflazione o addirittura potenziale recessione. Le previsioni di crescita vengono ridimensionate e, anche se rimangono sopra le medie storiche, le preoccupazioni sulla salute delle economie globali stanno chiaramente iniziando ad aumentare.

Nel Fed-Day Borsa Tokyo +1,64%, Hong Kong oltre +8%. La view di BlackRock su cosa farà Powell

16/03/2022

L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione in rialzo dell’1,64% a 25.762,01 punti, sulla scia della chiusura positiva di Wall Street e del rally della borsa di Hong Kong, che ora scatta di oltre +8,6%, con l’Hang Seng Tech index che schizza di quasi +20%.

Oggi è il Fed-Day, giorno in cui la Fed di Jerome Powell alzerà i tassi sui fed funds per la prima volta dal 2018, al fine di frenare l’impennata dell’inflazione negli Stati Uniti.

Gli analisti sono concordi nel prevedere che la stretta monetaria sarà di 1/4 di punto percentuale, dal range attuale, compreso tra lo zero e lo 0,25%.

Il Fomc, braccio di politica monetaria della Federal Reserve, pubblicherà anche il dot-plot, il documento che contiene le aspettative dei suoi esponenti sul trend futuro dei tassi, insieme ai nuovi outlook sul Pil e sull’inflazione Usa.

Secondo Rick Rieder, chief investment officer della divisione di reddito fisso globale di BlackRock, sulla scia della guerra tra la Russia e l’Ucraina, la Fed procederà a “un downgrade significativo delle stime sul Pil, rivedendo al rialzo in modo altrettanto significativo le previsioni sull’inflazione. Più esponenti, inoltre, parleranno di stagflazione”.

Allo stesso tempo, Rieder ritiene che l’economia americana, i consumi e le aziende rimangano in ottima forma. “Credo – ha aggiunto l’esperto – che parlare di recessione sia molto prematuro, ma parlare di un rallentamento economico significativo non solo non sia prematuro, ma doveroso in uno scenario di base”.

Nella seduta di ieri, il Dow Jones Industrial Average è salito di 599,10 punti (+1,82%), a 33.544,34 punti; lo S&P 500 index ha chiuso in rialzo del 2,14% a 4.262,45 mentre il Nasdaq Composite è balzato del 2,92% a 12.948,62. I tassi sui Treasuries Usa a 10 anni sono in rialzo al 2,179%.

Wall Street solida alla vigilia del primo rialzo tassi Fed dal 2018, assist da tonfo petrolio.

15/03/2022

Wall Street in solido rialzo dopo la diffussione del dato relativo all’inflazione degli Stati Uniti misurata dall’indice dei prezzi alla produzione. Poco prima delle 15 ora italiana, il Dow Jones balza di 300 punti circa (+0,89%), a 33.149 punti; lo S&P 500 avanza dell’1,05% a 4.207, mentre il Nasdaq mette a segno un rally dell’1,22% a quota 13.203.

L’indice è salito a febbraio su base annua del 10%, come da attese, allo stesso ritmo di gennaio (dato rivisto al rialzo dal +9,7% di gennaio precedentemente reso noto).

Su base mensile, l’indice PPI è salito dello 0,8%, meno del +0,9% stimato. Escludendo le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari ed energetici, l’inflazione core è salita su base annua dell’8,4%, meno del +8,7% stimato. Su base mensile, il dato è salito dello 0,2%, decisamente meno del +0,6% previsto.

Escludendo anche la componente del commercio, oltre a quella dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, il trend su base annua è stato di un rialzo del 6,6%, in rallentamento rispetto al +6,9% precedente; su base mensile, il rialzo è stato pari a +0,2%, a un ritmo decisamente inferiore rispetto al +0,8% di gennaio.

Il trend inferiore alle attese di alcune componenti del dato zavorra, alla vigilia della decisione della Fed, fa fare dietrofront ai tassi sui Treasuries Usa a 10 anni, che scendono al 2,09%, dopo aver testato nella sessione di ieri il 2,16%, valore più alto dal maggio del 2019, stando ai dati di Refinitiv.

Il dato è stato pubblicato alla vigilia della decisione sui tassi che sarà annunciata domani dal Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed guidata da Jerome Powell.

L’annuncio arriverà domani alle 19.15 ora italiana circa.

Gli analisti sono concordi nello stimare un primo rialzo dei tassi da parte della Fed dal 2018, di un quarto di punto percentuale.

In particolare François Rimeu, Senior Strategist di La Française AM, ha fatto notare che “il controllo dell’inflazione è la priorità assoluta” e che dunque “la Fed agirà”.

“Come ampiamente previsto, alla prossima riunione di politica monetaria della FED, il 15-16 marzo, il FOMC inizierà ad aumentare di un quarto di punto i tassi di interesse per tenere sotto controllo i prezzi – ha commentato Rimeu – Il rischio geopolitico ed economico non dovrebbe cambiare il contenuto del messaggio hawkish del presidente PowellIl FOMC alzerà il target range sui fondi federali allo 0,25-0,50% (aumento di 25 punti base), il primo aumento dal 2018. Considerando il rischio di una inflazione elevata persistente e di un mercato del lavoro forte, ci si aspetta che il presidente Powell annuncerà altri aumenti con la possibilità di arrivare a rialzi di 50 punti base se necessario, a seconda dei dati”.

Sui “dot plot”, Rimeu prevede che il Comitato mostrerà “una mediana con sei rialzi per il 2022 (1,625%) e tre ulteriori rialzi il prossimo anno (2,375%). C’è la possibilità che i dots del 2024 mostrino tassi più alti del tasso terminale (2,5%)”, si legge ancora nel commento del senior strategist.

Oggi Wall Street trova un assist rialzista nel tonfo dei prezzi del petrolio, che allontana i timori di ulteriori fiammate dell’inflazione. Il contratto WTI capitola dell’8%, a $94,55 al barile, dopo aver superato la soglia di $130 appena una settimana fa.

Tonfo anche per il Brent, arretrato di oltre il 7% a $98,46 al barile, anche in questo caso dunque sotto quota $100. Il calo dei prezzi del petrolio mette sotto pressione i titoli oil ed energetici: vendite su Occidental Petroleum, Schlumberger e Halliburton.

L’Energy Select Sector SPDR Fund rimane sotto pressione ed è orientato a chiudere in ribasso per la terza sessione consecutiva, riportando la seduta peggiore da novembre.

Bene invece i titoli delle compagnie aeree, che beneficiano della prospettiva di prezzi del carburante più bassi. Buy su
Delta Air Lines, United e Southwest.

Focus a Wall Street ancora sul trend del Nasdaq Golden Dragon China Index – indice che monitora il trend dei titoli delle società cinesi quotate a Wall Street – che ieri è crollato del 12%, a un valore inferiore del 75% rispetto al record storico testato nel febbraio del 2021 e al minimo in quasi nove anni.

All’indomani del tonfo del 5% circa oggi l’indice Hang Seng della borsa di Hong Kong è crollato di nuovo, soffrendo un tonfo del 5,72% a 18.415,08 punti. Zavorrati dalle vendite, per l’ennesima volta, i titoli minacciati dal delisting da Wall Street, scambiati sia a New York che sulla borsa di Hong Kong: Alibaba è precipitata a Hong Kong dell’11,93%, JD.com ha perso il 10,06%, NetEase il 7,68%. Il produttore cinese di auto elettriche (EV) NIO, anch’esso quotato sia a Hong Kong che a Wall Street, è scivolato sull’Hang Seng del 12,81%.

L’attenzione si sposta ora sul trend di questi titoli a Wall Street. Focus su Jd.com, che rimbalza in avvio di seduta di oltre il 3%. Le quotazioni del produttore di auto elettriche NIO scivolano tuttavia del 5%; così come Alibaba. Male di nuovo JD.com e

Attenzione anche a Tencent che, oltre a pagare il timore di un delisting da Wall Street, ha scontato le indiscrezioni del Wall Street Journal, secondo cui il gruppo sarebbe prossimo a essere colpito da una multa record per aver violato le norme sul riciclaggio del denaro sporco. Il quotidiano finanziario americano ha sottolineato in particolare che l’App WeChat Pay di Tencent avrebbe acconsentito al trasferimento di fondi per scopi illeciti, come il gioco d’azzardo. Tencent sarebbe finita nel mirino delle autorità cinesi, tra le altre cose, anche per non aver rivelato l’identità dei soggetti coinvolti nella transazione e l’origine dei fondi.

Countdown al Fed-Day: tutte le previsioni su tassi, dot plot, outlook inflazione e Pil Usa, QT

15/03/2022

Trepidazione sui mercati finanziari mondiali per l’annuncio del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve capitanata da Jerome Powell, in calendario domani sera alle 19.15 ora italiana circa. La riunione del Fomc inizia oggi. Gli analisti sono concordi nello stimare un primo rialzo dei tassi da parte della Fed dal 2018. François Rimeu, Senior Strategist, La Française AM, fa notare “Il controllo dell’inflazione è la priorità assoluta” e che dunque “la Fed agirà”.

Come ampiamente previsto, alla prossima riunione di politica monetaria della FED, il 15-16 marzo, il FOMC inizierà ad aumentare di un quarto di punto i tassi di interesse per tenere sotto controllo i prezzi. Il rischio geopolitico ed economico non dovrebbe cambiare il contenuto del messaggio hawkish del presidente Powell.

Di seguito quanto ci aspettiamo:

– Il FOMC alzerà il target range sui fondi federali allo 0,25-0,50% (aumento di 25 punti base), il primo aumento dal 2018. Considerando il rischio di una inflazione elevata persistente e di un mercato del lavoro forte, ci si aspetta che il presidente Powell annuncerà altri aumenti con la possibilità di arrivare a rialzi di 50 punti base se necessario, a seconda dei dati.

– Sui “dot plot”, ci aspettiamo che il Comitato mostri una mediana con sei rialzi per il 2022 (1,625%) e tre ulteriori rialzi il prossimo anno (2,375%). C’è la possibilità che i dots del 2024 mostrino tassi più alti del tasso terminale (2,5%).

-Non ci aspettiamo cambiamenti sui tassi terminali (2,5%), ma potrebbero esserci domande durante il Q&A con il tasso terminale potenzialmente inferiore ai dots 2024.

-Sulla sintesi delle proiezioni economiche (SEP), ci aspettiamo che indichino una crescita inferiore nel 2022 (dal 4,0% al 3,7%) e nel 2023 (dal 2,2% al 2,1%). Per il 2024, ci aspettiamo che la crescita resti vicina a quella potenziale (1,8%).

-Prevediamo che il comitato rivedrà le sue previsioni in vista di un’inflazione più alta, con proiezioni che passeranno dal 2,6% al 4,0% nel 2022 (questa è l’inflazione media del T4 2022, non la media del 2022) e dal 2,3% al 2,5% nel 2023. Ci aspettiamo che le aspettative mediane di inflazione rimangano al 2,1% per il 2024.

-Sulla stretta quantitativa (QT), ci aspettiamo alcuni dettagli (sui tetti massimi) sulla riduzione del bilancio, dato che dovrebbe iniziare dopo i rialzi dei tassi.

La dichiarazione post-riunione sarà probabilmente modificata per sottolineare che le implicazioni dell’invasione russa dell’Ucraina sull’economia statunitense sono altamente incerte. Tutto sommato, il rialzo della Fed non sarà una sorpresa per i partecipanti al mercato. Ma ci aspettiamo che il tono globale rimanga hawkish, con un certo appiattimento della curva statunitense.

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Wall Street: attesa rialzo tassi Fed fa bene ai finanziari. Tassi Treasuries a 10 anni oltre 2%, record da 2019

14/03/2022

Wall Street inizia la nuova settimana di contrattazioni contrastata, in attesa del responso della Fed, che arriverà dopodomani, mercoledì 14 marzo, dopo la riunione di due giorni del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale.

Passata un’ora circa dall’inizio della sessione, il Dow Jones sale di 300 punti circa (+0,90%), a 33.239 punti, mentre il Nasdaq è piatto attorno a 12.841. Lo S&P mette a segno un rialzo dello 0,54% a 4.227.

La prospettiva di una redditività agevolata dal contesto di tassi più alti – grazie all’imminente stretta monetariaa della Fed -alimenta oggi gli acquisti sui titoli finanziari: i buy si riversano su American Express e Visa.

In generale, i finanziari si confermano il settore che riporta la performance migliore dello S&P 500.

In calo il settore oil, complice il forte tonfo delle commodities, che si spiega sia con la speranza di un accordo tra la Russia e l’Ucraina sul cessate il fuoco, che con la paura di un nuovo calo della domanda di petrolio dovuto ai lockdown che sono stati imposti a causa di un nuovo boom di casi Covid in alcune città della Cina, inclusa Shenzhen.

I futures sul WTI scambiato a New York sono scivolati del 6% circa a $102.82 per barrel, mentre il Brent è capitolato fino a -5,5% a $106,46 al barile.

Male anche il bene rifugio per eccellenza, ovvero l’oro, con i futures in ribasso di oltre l’1% a $1.961,90 l’oncia. Crollo del palladio, che ha sofferto un tonfo fino a -12% a $2.453 l’oncia, nella sessione peggiore dal marzo del 2020.

“I recenti movimenti dei prezzi delle commodities sono estremi e, se le cose andranno avanti per un periodo prolungato di tempo, il danno economico sarà significativo. Tuttavia, non riteniamo ancora che lo scenario di base sia quello di una recessione, e non crediamo che l’azionario scenderà dai livelli attuali”, ha commentato in una nota lo strategist di JP Morgan Mislav Matejka.

L’attesa di una accelerazione dell’inflazione e della prima stretta monetaria della Fed dal 2018 ha portato i tassi sui Treasuries Usa con scadenza decennale a volare fino al record dal luglio del 2019, al 2,106%.

I tassi dei bond a due anni sono saliti fino all’1,82%, al valore più alto degli ultimi due anni e mezzo.

Tempi incerti per i mercati azionari: il Dow Jones ha ceduto la scorsa settimana il 2%, soffrendo la sua quinta settimana consecutiva di ribassi, mentre lo S&P 500 e il Nasdaq hanno perso rispettivamente il 2,9% e il 3,5%, riportando la settimana peggiore dal 21 gennaio scorso.

I tre principali indici azionari Usa sono tutti scivolati in fase di correzione, pagando la guerra tra la Russia e l’Ucraina e i timori di una ulteriore impennata dell’inflazione.

Il Dow Jones è in calo di quasi l’11% rispetto al suo precedente record di sempre, mentre lo S&P 500 è in calo dal suo massimo precedente del 13% circa.

Il Nasdaq si conferma la vittima illustre della recente ondata di sell off, visto che è entrato in mercato orso con una perdita superiore di oltre il 20% dal record assoluto testato a novembre.

Per Fed lavoro ‘facile’ nel breve, ma presto emergerà un grande dilemma. Cesarano (Intermonte) indica due asset da iniziare ad accumulare

L’inflazione statunitense accelera al +7,9% a/a a febbraio, nuovo massimo degli ultimi 40 anni, alimentando ulteriormente le pressioni sulla Fed che si riunirà settimana prossima. Gli operatori al momento incorporano attese di circa sei rialzi nel 2022. Allo tesso tempo, però, continua la fase di salari reali negativi dal momento che gli incrementi dei salari non riescono a tenere il passo dell’inflazione, il che potrebbe impattare in modo significativo sulla crescita nei prossimi mesi.

“La Fed ha lavoro facile nel breve dal momento che dovrà agire solo sul fronte inflazione ma, tra qualche mese, anche negli Usa, si potrebbe aprire il dilemma di politica monetaria (cosa privilegiare, inflazione o crescita) in vista di un possibile rallentamento marcato della crescita, anticipato proprio dalla lunga fase (11 mesi consecutivi) di salari reali negativi”, commenta Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte. L’esperto ritiene pertanto che i tassi a lungo termine potrebbero progressivamente stabilizzarsi ed essere sempre più espressivi delle attese sulla crescita piuttosto che delle attese di politica monetaria.

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Se a questo si aggiunge la permanenza di elevate aspettative di inflazione, la prospettiva a detta di Cesarano è di una lunga fase di tassi reali negativi, in attesa che ad un certo punto le politiche monetarie trovino un bilanciamento maggiore tra crescita ed inflazione.

Cosa comporta questo a livello di asset da preferire nei prossimi mesi? “Condizioni di tassi reali negativi in prospettiva per il prossimo trimestre/semestre depongono a favore di un accumulo progressivo e graduale del comparto tech sull’equity e dell’oro“, spiega l’esperto di Intermonte.

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Wall Street: Dow Jones in rally di oltre 600 punti, Nasdaq +2% con tonfo petrolio. Effetto Russia-Ucraina: ‘Fed riuscirà a gestire soft landing’?

09/03/2022

Wall Street confortata dal calo odierno dei prezzi delle commodities: il WTI e il Brent accelerano al ribasso, soffrendo un tonfo superiore a -5% e scivolando rispettivamente a $117 e $121 dollari circa al barile. Sell off anche sui futures sul grano, che capitolano di oltre -6% a $1.206 il bushel.

Il palladio continua invece la sua marcia rialzista, balzando fino a quasi +4% a $3.082 l’oncia. Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones balza di oltre 600 punti (+1,91%), a 33.255 punti, mentre lo S&P sale di oltre il 2% a 4.252 punti. Il Nasdaq segue il 2,18% a 13.074.

“Il mercato azionario continua a prendere spunto dai cambiamenti dei prezzi delle commodities, in particolare del petrolio – ha commentato alla Cnbc Kathy Bostjancic, capo economista Usa presso Oxford Economics – Il trading continuerà a essere volatile e a segnare un rally quando i prezzi (delle materie prime) ritracceranno, ma nel complesso la prospettiva di prezzi molto alti dell’oil e anche di prodotti non energetici staglia una nube sull’outlook dell’attività economica e sull’azionario”.

La paura dell’inflazione porta i tassi dei Treasuries Usa a superare la soglia dell’1,90%.

Stavolta i titoli bancari ne traggono beneficio: bene PNC Financial, Wells Fargo, Goldman Sachs e JPMorgan. Buy anche sui titoli delle società, come quelli delle compagnie aeree, più esposte ai rincari del petrolio, della benzina e del carburante: Carnival e United Air Lines balzano fin oltre il 7%.

L’azionario mondiale guarda all’annuncio del presidente americano Joe Biden, che ieri ha reso nota l’intenzione degli Stati Uniti di imporre l’embargo sul petrolio, gas e forniture energetiche della Russia, in risposta alla sua invasione dell’Ucraina.

Nella giornata di ieri, il Dow Jones Industrial Average ha perso 184,74 punti (-0,56%), a 32.632,64. Lo S&P 500 ha ceduto 0,72% a 4.170,70 mentre il Nasdaq Composite ha segnato un calo dello 0,28% a 12.795,55.

Rimane protagonista la paura che la recente impennata dei prezzi delle commodities possa zavorrare l’economia degli Stati Uniti, alle prese anche con l’inizio di un ciclo di rialzo dei tassi da parte della Fed di Jerome Powell.

Ross Mayfield, analista della divisione di strategia per gli investimenti di Baird, ha fatto notare che bisognerà vedere se la Fed riuscirà a gestire un possibile soft landing.

A suo avviso, gli Usa dovrebbero riuscire tuttavia a schivare una recessione.

“La solidità del mercato del lavoro Usa, dei consumi e del settore corporate dovrebbero scacciare la minaccia di una recessione nel breve termine – ha detto l’analista – Nel complesso, la volatilità probabilmente persisterà. Esiste un’ampia gamma di risvolti possibili in Ucraina, ma i fondamentali dell’economia americana rimangono decenti, e lo rimarranno specialmente se la Fed riuscirà ad alzare i tassi di interesse senza danneggiare la domanda”.

abrdn: il conflitto in Ucraina può rendere la Bce più prudente

Nella riunione di domani la Bce sarà chiamata a salvaguardare la crescita senza trascurare il rischio inflazione

 di Leo Campagna  9 Marzo 2022 – 6:50

Cresce l’attesa per la riunione della Banca Centrale Europea di giovedì 10 marzo. L’inflazione più persistente del previsto, alimentata dai prezzi in tensione delle materie prime (energetiche e non solo) e dai molteplici colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento, costringe la BCE a scelte difficili. Decisioni che, alla luce dell’invasione russa in Ucraina, rischiano di essere ancora più complicate.

UN APPROCCIO PIÙ CAUTO

“La BCE si stava orientando verso una normalizzazione delle proprie politiche monetarie ma la crisi ucraina in corso e le sanzioni alla Russia potrebbero propiziare un approccio più cauto. L’Eurotower è chiamata a valutare il corretto punto di equilibrio tra un’inflazione alta e crescente e le implicazioni economiche negative del conflitto” fa sapere Pietro Baffico, European Economist di abrdn.

PANDEMIC EMERGENCY PURCHASE PROGRAMME (PEPP)

Ricordiamo che a dicembre il Consiglio direttivo della BCE ha annunciato il piano per l’uscita dal programma di acquisto di asset legati alla crisi pandemica, confermando l’intenzione di interrompere gli acquisti netti di asset nell’ambito del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) alla fine di marzo 2022. Gli acquisti netti mensili dovrebbero scendere a 40 miliardi di euro nel 2° trimestre, a 30 miliardi di euro nel 3° trimestre e, dal 4° trimestre 2022 in poi, a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro per tutto il tempo necessario, tornando di fatto alla politica monetaria pre-pandemica.

ASSICURARSI UNA CERTA FLESSIBILITÀ

“Questa riunione assume una tappa importante per i mercati anche in vista delle previsioni macroeconomiche trimestrali, nelle quali sono indicate le prospettive di inflazione a medio termine della Bce. Alla luce dell’elevata incertezza, riteniamo tuttavia probabile che la Banca Centrale Europea eviti di impegnarsi in anticipo sui futuri aumenti dei tassi al fine assicurarsi una certa flessibilità” spiega Baffico.

SALVAGUARDARE I PREMI PER IL RISCHIO DI CREDITO NELLA ZONA EURO

Secondo l’European Economist di abrdn un aspetto di rilievo da osservare sarà quello assunto dal Consiglio direttivo relativamente agli eventuali cambiamenti nella pianificazione delle sue politiche, o anche qualsiasi impegno per assicurare la trasmissione regolare della politica monetaria, al fine di salvaguardare i premi per il rischio di credito nella zona euro dai pericoli di frammentazione.

Il conflitto spinge l’inflazione, preoccupa le banche centrali e disorienta i mercati

Con la guerra in Ucraina, Generali Investments segnala un rischio stagflazione. Occhi puntati sulla riunione di giovedì della Bce mentre la Fed dovrebbe comunque iniziare a rialzare i tassi

 di Leo Campagna  8 Marzo 2022 – 7:00

L’escalation degli attacchi russi in Ucraina e l’ulteriore impennata dei prezzi dell’energia ha spinto gli investitori ad evitare le attività a rischio e a prediligere i beni rifugio. Infatti, mentre le azioni europee hanno corretto di oltre il 10% e gli spread creditizi hanno registrato un ampliamento, si è assistito ad una brusca discesa dei rendimenti dei titoli di Stato, con i Bund a 10 anni di nuovo in territorio negativo. A livello valutario, l’euro si è indebolito sia rispetto al dollaro, con il cambio EUR/USD sceso sotto 1,10, e sia nei confronti del franco svizzero con il fixing EUR/CHF che ha raggiunto la parità per la prima volta dall’inizio del 2015.

SCARSITÀ DI FONTI ENERGETICHE, GRANO, ALLUMINIO E CARBONE

“A preoccupare non è soltanto la scarsità di fonti energetiche – con il prezzo del Brent sui 130 dollari USA al barile – ma anche della sensibile contrazione dell’offerta di grano, alluminio e carbone, i cui prezzi salgono sulla scia del rischio crescente di interruzioni della catena di approvvigionamento, dato che le aziende russe sono tagliate fuori dal circuito finanziario e il traffico merci è ridotto”, fa sapere Thomas Hempell, Head of Macro & Market Research di Generali Investments.

ACCORDO SUL NUCLEARE DELL’IRAN

I colloqui su un possibile progresso sull’accordo nucleare con l’Iran, potrebbe comportare una temporanea frenata al rialzo del petrolio che scarseggia sui mercati se Teheran fosse autorizzata e si dimostrasse disposta ad aumentare le esportazioni. Da segnalare come le sanzioni dei paesi occidentali contro Mosca abbiano cominciato a produrre i primi pesanti effetti all’economia russa. Le agenzie di rating hanno declassato a ‘spazzatura’ le valutazioni del debito sovrano di Mosca che ammonta a 253 miliardi di dollari (pari al 15,3% del PIL), di cui 67,7 miliardi di dollari verso l’estero.

LA RIUNIONE DI GIOVEDI DELLA BCE

Mentre i rischi geopolitici e le discussioni su nuove sanzioni alla Russia resteranno in primo piano, l’attenzione degli operatori si sposterà sulla riunione di giovedì della BCE. Christine Lagarde dovrebbe annunciare la fine del programma PEPP, alla luce anche delle nuove preoccupanti proiezione su un profilo di inflazione più elevato del previsto. Tuttavia non si può escludere che preferisca astenersi da indicazioni su una qualsiasi data per la fine del programma APP ed il rialzo dei tassi, in un contesto di elevati rischi geopolitici.

SPINTA VERSO LA STAGFLAZIONE

“Non c’è dubbio che la spinta verso la stagflazione – aumento dell’inflazione in un contesto di crescita rallentata – stia intensificando i dubbi delle banche centrali. La BCE vuole evitare un errore politico come nel 2011, quando alzò i tassi prematuramente”, riferisce Hempell. Al contrario, la Federal Reserve statunitense dovrebbe procedere la prossima settimana con il primo rialzo dei tassi dal 2018. Le crescenti preoccupazioni sulla crescita hanno infatti raffreddato solo in parte le aspettative sull’aumento dei tassi, e resta sul tavolo il rialzo di 25 punti base (+0,25%) dei saggi USA annunciati dal numero uno della Fed Powell.

INFLAZIONE USA SUI MASSIMI DEGLI UTLIMI 40 ANNI

“La banca centrale USA non può farne a meno, alla luce sia del rapporto sul mercato del lavoro di pochi giorni fa – nel quale è emerso un incremento di 678 mila nuovi posti di lavoro non agricoli a febbraio – e sia dell’inflazione di febbraio che probabilmente si confermerà intorno all’8%, sui massimi degli ultimi 40 anni” conclude l’Head of Macro & Market Research di Generali Investments.

E’ Powell e non Putin la minaccia che Wall Street deve temere di più. ‘Risalita mercati avrà vita breve

25/02/2022

I mercati sembrano tirare un sospiro di sollievo. Prima la risalita di ieri sera di Wall Street, oggi quella convinta delle Borse europee che a loro volta cercano di mettersi da parte i timori legati al conflitto in Ucraina. La mossa della Russia per prendersi l’Ucraina negli ultimi due giorni ha scatenato anche un certo humor sui social circa l’ascesa di Putin come gestore di portafoglio più influente del mondo. Certamente la mossa di Putin ha messo in fibrillazione i mercati, con i prezzi di tutte le principali asset class andati sulle montagne russe, ma a ben vedere buona parte degli osservatori fa presente che ad oggi il problema fondamentale per i mercati rimane un altro. Si chiama inflazione e più che le mosse di Putin gli investitori devono essere in allerta per quello che farà Jerome Powell con la Fed chiamata ad aprire il fuoco del rialzo dei tassi già tra una ventina di giorni. 

“La ripresa del mercato odierna sarà di breve durata poiché il mercato si renderà conto che le pressioni inflazionistiche stanno peggiorando e che la Fed non sarà in grado di abbandonare il suo programma di inasprimento nonostante la guerra in Ucraina”, twitta oggi Althea Spinozzi, Senior Fixed Income Strategist di SaxoBank. Giusto oggi un altro segnale importante è arrivato dal PCE Deflator salito al 6,1% (stima 6%), sui massimi dal 1982.

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Today’s market recovery will be short-lived as the market realizes that inflationary pressures are getting worse and that the Fed will not be able to abandon its tightening agenda despite the war in Ukraine.

Jan US PCE Deflator 6.1% est. 6%, highest since 1982@saxomarketcall pic.twitter.com/DPcftI3ZR6

— Althea Spinozzi (@Altheaspinozzi) February 25, 2022

Membri Fed non sembrano propensi a cambiare rotta

Nonostante l’incertezza posta dall’invasione russa dell’Ucraina, i funzionari della Federal Reserve potrebbero rimanere fedeli alla loro decisione di alzare i tassi di interesse il mese prossimo. Pur riconoscendo i rischi creati dal conflitto, che ha innescato una delle peggiori crisi di sicurezza in Europa dalla seconda guerra mondiale e ha causato un balzo dei prezzi del petrolio, la Fed è ben conscia dell’urgente  necessità di affrontare l’inflazione statunitense arrivata ai massimi dal 1982.”Con l’economia in piena espansione e l’inflazione molto al di sopra dell’obiettivo, dovremmo segnalare che ci stiamo muovendo di nuovo verso la neutralità ad un ritmo veloce”, ha detto  Christopher Waller, economista americano e membro del Federal Reserve  board. “Un aumento di 50 punti base aiuterebbe a farlo se i dati sui posti di lavoro e sui prezzi rimangono caldi nelle prossime settimane, ha detto Waller nelle osservazioni ad un evento all’Università della California. Il prossimo meeting Fed sarà il 15-16 marzo.

Waller ha sottolineato che è “troppo presto per sapere come il conflitto in Ucraina influenzerà l’economia degli Stati Uniti”.

Anche il presidente della Fed di Atlanta Raphael Bostic si aspetta ancora che i tassi vengano alzati a marzo, così come il capo della Fed di Richmond, Thomas Barkin, che ha affermato che “il tempo dirà” se l’Ucraina cambierà le prospettive della politica monetaria, pur affermando la sua inclinazione a iniziare a normalizzare la politica per contrastare le pressioni sui prezzi.

Approccio potrebbe diventare più ‘riflessivo’?

Poi c’è chi come John Traynor, vicepresidente esecutivo e responsabile degli investimenti di People’s United Advisors, sostiene che il conflitto Russia-Ucraina potrebbe indurre la Fed ad essere un po’ più riflessiva sui rialzi dei tassi. “Solo pochi giorni fa, stavamo cercando un aumento della Fed di 50 punti base e poi 25 punti base ad ogni riunione successiva ….ora abbiamo una Fed cauta. Probabilmente torneranno ad un aumento dei tassi del 25%. E questo potrebbe indurre la Fed e soprattutto alcuni dei membri più dovish a dire “muoviamoci un po’ più lentamente”” afferma Traynor.

Guerra Ucraina-Russia, Bce: oggi riunione emergenza su direzione tassi e QE. C’è già la chiamata dovish

Prevista per la giornata di oggi una riunione di emergenza della Bce per fare il punto sugli ultimi sviluppi della crisi Ucraina, culminati oggi, giovedì 24 febbraio 2022, nell’attacco al paese da parte della Russia di Vladimir Putin.

Il consiglio direttivo della banca centrale europea guidata da Christine Lagarde si riunirà, secondo quanto riporta Reuters, alle 14 ora italiana per concludere il meeting alle 22 circa.

I venti di guerra potrebbero far saltare i piani della Bce, che si stava apprestando a staccare la spina al QE pandemico, PEPP, proprio alla fine di marzo.

L’incontro informale, previsto a Parigi, è stato deciso in vista della riunione del prossimo 10 marzo, quando l’Eurotower annuncerà la decisione sui tassi di interesse e sulle mosse di politica monetaria che intende adottare, in attesa poi di alzare i tassi per la prima volta in più di un decennio per contrastare l’inflazione galoppante.

Inflazione galoppante che, con il boom delle materie prime che si sta già verificando sulla scia dei timori di un’eventuale decisione di Putin di chiudere i rubinetti di petrolio e di stoppare anche le forniture di gas – finora i rifornimenti sono stati comunque assicurati – rischia di diventare ancora più strutturale di quanto già si temesse. Ma che poi, almeno in Eurozona, rischia di avere effetti deflazionistici.

“A mio avviso ci sarà un effetto inflazionistico di breve durata, nel senso che i prezzi saliranno a causa dei costi energetici più alti”, ha commentato l’esponente del Consiglio direttivo della Bce Yannis Stournaras a Reuters.

Ma nel “medio-lungo periodo – ha continuato il banchiere – credo che le conseguenze saranno deflazionistiche, attraverso effetti avversi sul commercio e a causa dell’aumento dei prezzi energetici”.

Stournaras è stato il primo componente del Consiglio direttivo della Bce a parlare delle implicazioni della crisi Ucraina sulla politica monetaria dell’Eurozona, affermando in un’intervista pubblicata da Reuters di credere che la banca centrale dovrebbe continuare ad acquistare titoli di stato dell’area euro almeno fino alla fine dell’anno.

Wall Street: prove di resistenza contro crisi Ucraina e venti di guerra. Si guarda anche alla Fed

Wall Street in ribasso, preda dei venti di guerra che soffiano più forte dopo il discorso del presidente russo Vladimir Putin. La borsa Usa ha ridotto comunque le perdite, che nelle ore precedenti ha visto i futures sul Dow Jones crollare di oltre 500 punti. Alle 15.45 ora italiana, il Dow Jones cede 262 punti (-0,77%), a 33.816 punti; lo S&P 500 arretra dello 0,29% a 4.336 punti, mentre il Nasdaq arretra dello 0,21% a 13.520 punti circa.

Anche il petrolio, seppur in forte rally, riduce parte dei guadagni, che hanno visto il Brent superare la soglia dei $99 al barile, a un passo da quota $100, con una fiammata pari a +5% circa.

I venti di guerra tra l’Ucraina e la Russia hanno messo sotto forte pressione la borsa Usa nelle ultime sedute:

la scorsa settimana il Dow Jones ha perso l’1,9%, lo S&P e il Nasdaq Composite sono scesi invece rispettivamente dell’1,6% e dell’1,8%. Wall Street è rimasta chiusa nella sessione di ieri in occasione della festività nazionale del Presidents’ Day.

Il presidente russo Vladimir Putin ha spiazzato il mondo e i mercati con un lungo discorso alla nazione sulla crisi Ucraina proferito nella serata di ieri, con cui ha annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass dell’Ucraina.

Putin ha ordinato anche l’invio di forze russe nell’area con un decreto che ha formalizzato la mossa, resa necessaria, secondo il capo del Cremlino, per garantire la pace. Ma per l’Occidente si tratta solo del preludio di una vera invasione russa dell’Ucraina.

I toni bellici di entrambe le parti sembrano essersi però smorzati e sui mercati circolano indiscrezioni secondo cui le sanzioni che colpiranno Mosca saranno più lievi di quanto si tema. Dal canto suo il Regno Unito ha annunciato di aver imposto sanzioni contro cinque banche russe e tre individui ricchi russi.

I trader sono concentrati anche sulle prossime mosse della Federal Reserve guidata da Jerome Powell, con una stretta monetaria nella riunione di marzo del Fomc – i prossimi 15-16 marzo – che viene data per certa al 100%.

Dallo strumento FedWatch del CME Group si prevede un primo rialzo dei tassi pari a 25 punti base dal valore attuale, compreso tra lo zero e lo 0,25%.

Focus anche sui titoli di alcune società della corporate America che hanno diffuso i propri risultati di bilancio:

il colosso del fai da te Home Depot ha reso noto di aver concluso il quarto trimestre del 2021 con un utile netto in crescita a $3,35 miliardi, o $3,21 per azione, rispetto ai $2,86 miliardi, o $2,65 per azione, dello stesso periodo del 2020. Gli analisti intervistati da Refinitiv avevano previsto un eps a $3,18. Il fatturato netto di Home Depot è salito a $35,72 miliardi, superando i $34,87 miliardi previsti dal consensus.

Ha battuto le stime anche il colosso dei grandi magazzini Macy’s.

Nel trimestre terminato lo scorso 29 dicembre, Macy’s ha riportato un utile netto in crescita a $742 milioni, o $2,44 per azione, rispetto ai $160 milioni, o 50 centesimi per azione, dello stesso trimestre dell’anno precedente.

Escluse le voci di bilancio straordinarie, l’eps è stato pari a $2,45, meglio dei $2 attesi dagli analisti.

Il giro d’affari è salito a $8,67 miliardi dai $6,78 miliardi precedenti, meglio degli $8,47 miliardi previsti. Macy’s ha detto di rifiutare l’appello dell’investitore attivista Jana Partners di procedere allo spin off delle sue operazioni di e-commerce da quelle dei suoi punti vendita. Le azioni Macy’s sono salite in premercato fino a +8% circa.

Goldman Sachs Asset Management: scenario ancora favorevole per le azioni

Nonostante il difficile compito delle banche centrali, i fattori positivi sembrano ancora prevalere sui mercati: ecco il punto degli esperti di Goldman Sachs Asset Management

 di Antonio Cardarelli  22 Febbraio 2022 – 6:50

Lo scenario economico “goldilocks”, cioè con una crescita e un’inflazione sotto controllo, rimane l’obiettivo delle banche centrali, che in questa fase devono destreggiarsi tra interventi restrittivi e rischio di bloccare la ripresa. Sul piatto ci sono diversi elementi, ribassisti e rialzisti, dal cui equilibrio dipenderà l’andamento dei mercati. A fare il punto sui mercati sono, per Goldman Sachs Asset Management, Davide Andaloro, CFA Executive Director Senior Market e Portfolio Strategist
e Simona Gambarini Executive Director Senior Market Strategist.

FATTORI RIALZISTI E RIBASSISTI

Tra i fattori ribassisti citati dagli esperti troviamo l’inasprimento della politica monetaria, l’inflazione elevata e l’incertezza legata alla pandemia, oltre ovviamente alle recenti tensioni geopolitiche in Ucraina, che tuttavia finora hanno avuto impatti limitati ai mercati dei paesi direttamente coinvolti nella disputa. I fattori rialzisti, invece, sono rappresentati dalla crescita economica positiva, dai bilanci solidi nel settore privato e dagli impegni a favore della transizione climatica.

QUADRO FAVOREVOLE ALLE AZIONI

Secondo i due esperti, in virtù del bilanciamento di questi fattori, il quadro sui mercati rimane ancora favorevole agli asset maggiormente esposti al rischio, ovvero azioni e asset reali. In particolare, per quanto riguarda il mercato azionario, i due esperti sottolineano come le valutazioni elevate siano un fattore sfavorevole, ma annoverano la ripresa degli utili tra quelli favorevoli. In particolare, sia sul breve che sul lungo termine, la preferenza di Goldman Sachs Asset Management va ai mercati azionari europeo e americano e alle aziende capaci di trasferire l’aumento dei costi sul prezzo finale dei prodotti.

OBBLIGAZIONI E ASSET REALI

Nelle obbligazioni, invece, sul lungo termine risultano attraenti i bond municipali mentre sul breve la preferenza va ai prestiti bancari Usa. Per quanto riguarda gli asset reali, secondo i due esperti di Goldman Sachs Asset Management petrolio, rame e real estate globale potrebbero far bene soprattutto nel breve periodo. Sul petrolio, fanno notare Andaloro e Gambarini, i prezzi sono ancora troppo bassi affinché la tensione sul mercato possa risolversi e nei prossimi due anni il mercato dovrà ricostituire scorte per oltre 300 milioni di barili per tornare a un adeguato livello di riserve.

Wall Street teme più un errore della Fed che la crisi ucraina

Nonostante i venti di guerra che soffiano sui media, l’S&P 500 trova supporto sui minimi di ottobre. Resta la tensione geopolitica ma soprattutto il timore che l’economia USA possa finire in recessione non necessaria

 di Stefano Caratelli  21 Febbraio 2022 – 7:06

Russia e Cina vogliono rovesciare l’ordine mondiale imperniato sugli USA, sfruttando un’America in ritirata e spaccata da divisioni interne, e l’Ucraina è solo il primo obiettivo. Il mondo rimpiangerà presto l’era in cui la potenza americana guidava il mondo. Se Wall Street avesse percepito come imminente questo scenario, accreditato in queste ore da autorevoli media americani e non solo, nelle ultime due settimane avrebbe imboccato una violenta spirale al ribasso, invece lo S&P 500 sembra aver trovato supporto sopra i minimi dello scorso ottobre anche se sta testando la media mobile a 200 giorni, come si vede nella chart qui sotto. La turbolenza c’è stata, ma è stato tutto sommato un movimento ancora in range, con mercato e investitori che stanno prezzando due rischi, l’escalation in Ucraina e un errore di politica economica e monetaria che potrebbe spingere l’economia USA in una recessione non necessaria, il secondo più del primo. Da notare che la sbandata di venerdì 18 febbraio è stata meno intensa di una settimana prima, nonostante fosse in arrivo un weekend allungato dal Presidents’ Day di lunedì 21.

GIOCO A TRE CON CONVENIENZE DIVERSE

Uno scenario simile all’annessione della Crimea otto anni fa, con un pezzetto di Ucraina russofona (quella controllata dai separatisti è più piccola e meno strategica della penisola sul Mar Nero) che si stacca spostando a Ovest i confini di Mosca di un centinaio di chilometri, sembra praticamente prezzato dal mercato, a meno che non si trasformi nella scintilla che accende una deflagrazione globale. A nessuno conviene farla esplodere, ma nessuno vuol perdere la faccia, a cominciare ovviamente da Putin e Biden. Il primo deve portare a casa qualcosa che lo confermi come Zar protettore dei russi ai confini dell’impero, il secondo deve far vedere che non è un pasticcione alla Jimmy Carter dopo la figuraccia in Afghanistan, soprattutto con le elezioni di mid-term tra 8 mesi. Gli europei si contenterebbero di non rimanere del tutto a secco di gas causa sanzioni, e ai tedeschi magari non dispiacerebbe un’Ucraina privata del minuscolo Donbas nella Ue con un bel serbatoio di manodopera pagabile in grivnia, la moneta in uso a Kiev, visto che i salari polacchi, cechi, ungheresi e slovacchi stanno diventando cari.

XI JINPING PER ORA ASSENTE DALLA SCENA

La merce di scambio tra i due schieramenti sulla scacchiera ucraina non manca. Si fa notare per la sua assenza invece Xi Jinping, che dopo l’accoglienza imperiale riservata a Putin a Pechino un paio di settimane fa non ha fatto sapere come la pensa sulla questione. Quella aperta tra Cina e Stati Uniti per il primato economico e tecnologico globale è una partita a due, in cui Putin forse ha cercato di infilarsi come possibile ago della bilancia senza grande successo e con gli europei spettatori insieme al resto del mondo. Xi e Biden hanno in comune un problema, che si chiama economia: quella cinese deve cambiare binario e passare dall’alta velocità trainata dall’export a un passo più sostenibile trainata della crescita interna, quella americana deve tornare a una crescita robusta senza la droga dei tassi zero e dello stimolo della Fed dopo le montagne russe del prima e dopo pandemia che hanno mandato il PIL giù e su del 30%, senza finire in recessione per combattere l’inflazione.

IL NUMERO MAGICO PER L’ECONOMIA USA

Crescita robusta e inflazione contenuta sono gli ingredienti indispensabili per proteggere utili e fatturati delle imprese quotate a Wall Street, che sono la cosa principale a cui guarda il mercato. Se non ci fosse la crisi Ucraina le news finanziarie sarebbero inflazionate dalla parola recessione, vista la curva ultrapiatta dei rendimenti americani che spesso la precede. Prima o poi ne arriverà una, l’importante è che non sia il risultato di un crash landing causato da un errore di politica monetaria o fiscale. Il numero magico è il 2, vale a dire il livello intorno al quale i tassi dei Fed Fund, l’inflazione e la crescita reale del PIL dovrebbero riuscire a stabilizzarsi tra il 2022 e il 2023. Se uno dei tre valori diverge troppo e troppo a lungo possono essere guai.

INFLAZIONE ALIMENTATA DA TANTI FATTORI

Nonostante gli scossoni di gennaio e febbraio, le valutazioni delle azioni americane restano alte, anche se il multiplo degli utili attesi a cui sono prezzate quelle dello S&P 500 è sceso dalle 23 volte del 2021 alle 19,5 volte oggi, ma restano sopra la media storica. Per ora i recuperi di efficienza e la capacità di trasferire i prezzi sui consumatori finali hanno consentito di assorbire gli aumenti dei costi dovuti all’inflazione sul lato dell’offerta, ma intanto la pressione inflazionistica si è alimentata prima con gli stimoli fiscali dell’amministrazione e poi con le tensioni sul mercato del lavoro, dove il numero dei posti offerti che le imprese non riescono a riempire ha raggiunto il numero astronomico di 11 milioni, un record storico e il doppio della media degli ultimi 10 anni. La Fed ha a che fare con uno scenario del tutto nuovo fatto di trend inediti, e sta cercando di reagire con un cambio di paradigmi, come la scelta di passare dal gioco d’anticipo al gioco di rimessa sull’inflazione.

PROVE DI CREDIBILITÀ PER LA FED

Non è detto che basti o che funzioni. Anche a causa della geopolitica e degli effetti collaterali della transizione energetica, che si sono aggiunti alle strozzature delle catene di fornitura causate dai lockdown e dalla politica di contagi zero della Cina, l’inflazione si sta mostrando più tenace di quanto Powell potesse immaginare ad agosto del 2020, quando annunciò la sua svolta da Jackson Hole. Forse avrebbe fatto meglio a non accompagnare quella svolta con la narrativa della transitorietà dell’inflazione. Invece se ne è ritrovato prigioniero, ha dovuto rimangiarsela, e ora rischia di essere troppo aggressivo proprio quando magari l’inflazione comincia a sgonfiarsi da sola. Il mercato è in cerca di direzione ma non sembra in preda al panico, che per ora rimane confinato nei titoli dei media. L’indice Vix della volatilità resta sotto la soglia dei 30 punti, il termometro di CNN Money segna un rosso della paura moderato, e il sondaggio settimanale dell’American Association of Individual Investors rileva un 43,2% di Orsi, contro un massimo del 53,9% nell’ultimo anno.

BOTTOM LINE

Non siamo alla vigilia dell’attentato di Sarajevo del 1914, né dell’invasione nazista della Polonia 25 anni dopo, e nemmeno dell’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein nel 1990. Per Biden e Putin il problema è uscire dalla crisi ucraina come fanno i partiti italiani dopo elezioni amministrative, trovare un gancio per poter sostenere di aver vinto o almeno di aver respinto il nemico. Per l’investitore la cosa più importante è non cedere all’emotività e scrutare la Fed più da vicino che non i movimenti di truppe ai confini ucraini.

Per GAM sull’azionario è tempo di comprare

Massimo De Palma, Head of Multi Asset Team di GAM, analizza i fattori che mantengono alta la volatilità, dall’Ucraina all’inflazione, mentre gli utili restano solidi. E in alcune aree le valutazioni tornano interessanti

 di Virgilio Chelli  20 Febbraio 2022 – 9:00

Da venerdì scorso, la temuta invasione russa in Ucraina ha monopolizzato l’attenzione di media e mercati finanziari, generando tensioni e volatilità su tutte le asset class. I segnali distensivi arrivati da entrambi i fronti sembrano scongiurare la guerra aperta, anche se è ancora da valutare il successo delle molteplici iniziative diplomatiche. Alla prima reazione emotiva positiva dei mercati, subentrerà un’analisi più approfondita per comprendere l’impatto duraturo sulle diverse asset class.

L’INFLAZIONE NON VUOL TOCCARE IL PICCO

Massimo De Palma, Head of Multi Asset Team di GAM SGR, inserisce la situazione all’interno di uno scenario già complesso, con un’inflazione che sembra non voler toccare il picco, e sempre meno transitoria. I mercati sono molto reattivi alle esternazioni di ogni membro delle banche centrali, sia che prefiguri un’accelerazione della stretta, sia che ne allontani i tempi di attuazione. L’incertezza si è riflessa nel recente andamento dell’oro che, in quanto “bene rifugio”, si è apprezzato nella fase di tensione geopolitica, pur in concomitanza con la risalita dei tassi reali.

PREZZATA RAFFICA DI RIALZI DELLA FED

L’oro ha di solito una relazione inversa con il livello dei tassi reali d’interesse, perché un loro aumento accresce il costo/opportunità di detenere oro. L’azionario invece prosegue nella fase correttiva iniziata a gennaio che ha investito in particolare gli indici americani, la cui composizione settoriale è fortemente sbilanciata verso i titoli “growth”, più sensibili al rialzo dei tassi. Il mercato intanto è passato dalla previsione di due aumenti dei tassi americani nel 2022 formulata a dicembre ai sette previsti attualmente.

MA POTREBBE FERMARSI PRIMA DEL PREVISTO

Un cambio di marcia più aggressivo secondo De Palma rende probabile un impatto negativo sulla crescita economica, con una possibile sospensione della stretta già nel prossimo anno con Fed Funds all’1,75%, rispetto al target della Fed stimato intorno al 2,5%. Le valutazioni dei mercati azionari in termini relativi, vale a dire confrontati ai rendimenti obbligazionari, sono risultate interessanti in questi anni di tassi compressi, mentre a livello assoluto, seppur non propriamente a buon mercato, sono tornate in alcune aree su livelli appetibili.

MULTIPLI RIDIMENSIONATI A WALL STREET

Lo Standard &Poor’s 500 nel 2021 era arrivato a prezzare 23 volte gli utili attesi. Nei mesi successivi le riaperture post lockdown hanno ridato slancio alle attività, le aziende hanno conseguito ottimi risultati, superiori all’apprezzamento di mercato, consentendo un progressivo rientro di questo indicatore, che si è riportato a 19,5 volte, ma ancora al di sopra della media storica.

UNA FED PIÙ MODERATA NEI TONI AIUTEREBBE

Ma gli analisti continuano a rivedere al rialzo le stime sugli utili sia di quest’anno, sia del prossimo. Pur se le incognite non mancano, osserva in conclusione l’esperto di GAM, una moderazione dei toni da parte della Fed consentirebbe una ripresa dei flussi sui listini azionari, favorendo nuovamente i settori ad alta crescita.

Pictet privilegia l’azionario Usa nonostante l’incognita Fed

Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager, di Pictet Asset Management, vedono comunque meno upside in America rispetto al 2021. Nell’Eurozona opzioni diverse

 di Virgilio Chelli  18 Febbraio 2022 – 13:35

La partenza del 2022 non ha lasciato agli investitori un posto dove nascondersi. La comunicazione da falco della Federal Reserve, prima attraverso i verbali del FOMC di dicembre e successivamente confermata dal presidente Powell, ha colto i mercati di sorpresa. Oltre a suggerire un percorso accelerato di rialzo dei tassi, infatti, la Fed ha annunciato l’intenzione di iniziare la riduzione del proprio bilancio poco dopo l’inizio del ciclo di rialzo dei tassi, il che significa probabilmente già da giugno.

I MERCATI HANNO REAGITO BRUSCAMENTE

Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager, di Pictet Asset Management, sottolineano in un commento che l’impegno della Fed a contrastare l’inflazione gode del forte sostegno dell’amministrazione USA, che teme una compressione dei consumi dovuta all’inflazione in prossimità delle cruciali elezioni di metà mandato in autunno. I mercati hanno reagito molto bruscamente, riprezzando l’aggressivo cambiamento di comunicazione, e nessun asset class è stata risparmiata: tutti i principali indici azionari che hanno registrato pesanti rendimenti negativi a gennaio, mentre i rendimenti dei titoli di Stato sono saliti bruscamente su tutta la linea anche in Europa, mentre gli spread di credito si sono ampliati a nuovi massimi dalla fine del 2020.

PROSPETTIVE INTERESSANTI SULL’AZIONARIO USA

In ambito azionario, i due esperti di Pictet AM vedono un po’ meno upside in America rispetto a fine 2021, ma ritengono che le valutazioni attuali rendono comunque interessanti le prospettive dell’asset class. Pictet AM ha anche rafforzato la view sugli Emergenti e sulla Cina. I fondamentali sono solidi e il movimento di mercato sembra coerente alle prospettive di crescita. Per quanto riguarda i tassi, i mercati hanno riprezzato la traiettoria e la tempistica dei rialzi della banca centrale americana, incorporando ora 5 rialzi per il 2022.

LA FED DEVE STARE ATTENTA A NON DANNEGGIARE LA RIPRESA

Sarà fondamentale, secondo Delitala e Piersimoni, capire se la Fed riuscirà a portare a compimento una normalizzazione di politica monetaria di tale portata, affiancando al rialzo dei tassi la riduzione del bilancio dell’istituto centrale, senza danneggiare la ripresa economica. Secondo l’analisi degli esperti di Pictet AM, una riduzione più veloce del bilancio dell’istituto centrale americano corrisponde ad un aumento più graduale dei tassi.

DIVERSA LA SITUAZIONE DELLA BCE

Per questo, Delitala e Piersimoni ritengono che il movimento al rialzo sulla parte breve della curva dei rendimenti americana abbia esaurito la sua spinta al rialzo, a meno di clamorose novità provenienti dai dati macroeconomici. Ma avvertono che lo stesso ragionamento non è valido nell’area europea, dove la riduzione del bilancio della BCE non è un’opzione attualmente sul tavolo, in quanto prevale la necessità di salvaguardare gli ingenti debiti pubblici di parte dei paesi membri, cresciuti ulteriormente in seguito alla crisi pandemica.

AB: gli aumenti dei tassi non avranno lo stesso impatto su tutte le azioni

Gli esperti di AllianceBernstein credono che Fed e altre banche centrali cercheranno di limitare l’impatto e raccomandano di andare alla ricerca di aziende di qualità con cash flow stabili e solida generazione di utili

 di Virgilio Chelli  16 Febbraio 2022 – 6:50

Da inizio anno incombono sui mercati cambiamenti imminenti delle condizioni monetarie. Un’evoluzione che rafforza l’importanza strategica di identificare aziende di qualità con chiari punti di forza per fronteggiare periodi insidiosi. A fronte di un’inflazione più forte del previsto, la Fed e altre banche centrali stanno abbandonando le politiche accomodanti, mentre le prospettive globali restano abbastanza incerte per i continui problemi causati dal COVID-19. Per adattarsi a questa situazione, gli investitori azionari dovrebbero iniziare col chiedersi perché i tassi d’interesse sono in aumento, e perché la risposta dovrebbe influenzare l’analisi fondamentale delle aziende. Una volta individuati i fattori alla base dei cambiamenti monetari, si potranno prendere decisioni migliori sulla selezione dei titoli e sul posizionamento di portafoglio.

FASE DELICATA PER LE BANCHE CENTRALI

Sono le indicazioni di Mark Phelps, Chief Investment Officer e Dev Chakrabarti, Portfolio Manager/Senior Research Analyst—Concentrated Global Growth di AllianceBernstein. Nella seconda metà del 2021 sembrava che la Fed fosse orientata a esercitare solo una “leggera pressione” sui freni, ma poi i continui colli di bottiglia dovuti al COVID-19 hanno alimentato la crescita dei prezzi al punto che l’inflazione attesa inizia a diventare persistente. Ora per le banche centrali si prospetta un periodo molto delicato, e gli investitori cominciano a temere che le autorità possano essere costrette ad attuare una stretta troppo aggressiva.

QUATTRO RIALZI DELLA FED NEL 2022

I due esperti di AllianceBernstein ritengono che sia una preoccupazione legittima, ma continuano a credere che la Fed e le altre banche centrali aumenteranno i tassi in modo graduale, evitando dure ripercussioni sull’attività economica. La Fed ha recentemente segnalato la possibilità di attuare una stretta più energica, ma secondo Phelps e Chakrabarti i mercati iniziano progressivamente ad accettare l’eventualità di quattro rialzi dei tassi USA nel 2022, e che la Fed abbia ampi margini per correggere la rotta al mutare del quadro economico ed inflazionistico.

L’IMPORTANZA DEI TASSI REALI

Se inoltre la situazione comincia a cambiare e i tassi statunitensi e britannici si portano in territorio positivo in termini reali, i mercati azionari ne risentiranno. In particolare, i titoli con valutazioni elevate andranno probabilmente incontro a un derating, come accaduto con la correzione di gennaio e il brusco rialzo dei rendimenti dei Treasury USA decennali. Un’altra minaccia, secondo i due esperti di AllianceBernstein, viene dalla stagflazione, che porrebbe un ostacolo pressoché insormontabile alla redditività delle imprese. Uno scenario ritenuto improbabile, ma le imprese che hanno prosperato negli “anni d’oro” dei tassi contenuti e della crescita robusta sarebbero particolarmente vulnerabili.

DIFFERENZE TRA LE AREE GEOGRAFICHE

La relazione tra crescita e inflazione sarà comunque diversa da una regione all’altra. Se la BCE e altre banche centrali tardano ad aumentare i tassi rispetto alla Fed, il dollaro potrebbe inizialmente rafforzarsi, il che potrebbe giovare agli esportatori europei, mentre le imprese che si rivolgono ai consumatori europei potrebbero trovarsi in difficoltà, date le prospettive contrastate di crescita della regione. Con la divergenza delle politiche monetarie, le differenze regionali tra aziende degli stessi settori potrebbero diventare più pronunciate.

RESTARE REDDITIZI IN CONTESTI DIVERSI

Negli ultimi anni gli investitori si sono abituati a condizioni competitive uniformi dal punto di vista delle politiche economiche, con tassi vicini a zero pressoché ovunque. Ora occorre invece identificare le aziende che presentano una maggiore attrattiva rispetto ai concorrenti in virtù della loro attuale redditività e della capacità di restare redditizie in diversi contesti di politica monetaria. I bilanci dovranno essere sottoposti a un esame minuzioso, poiché le società con maggiori esigenze di finanziamento potrebbero diventare più suscettibili a una compressione dei margini.

COMPRENDERE L’IMPATTO SULLE SINGOLE AZIENDE

Mentre molti investitori azionari continuano a interrogarsi sugli effetti che i rialzi dei tassi producono sui rendimenti, gli esperti di AllianceBernstein credono invece che sia più importante comprendere il potenziale impatto sulle singole aziende. Per questo, l’evoluzione del quadro politico e i trend dell’inflazione nel 2022 devono ricevere la massima attenzione. Per superare questa fase di incertezza, è la raccomandazione conclusiva di Phelps e Chakrabarti, vanno privilegiate le aziende di qualità con cash flow stabili che possano spiccare in un contesto nebuloso grazie a una solida e chiara capacità di genera

Mercato obbligazionario

Mercato del credito al riparo dalla volatilità, nessuna recessione in arrivo

Nelle Prospettive settimanali del CIO, Neuberger Berman prevede che la volatilità si farà invece sentire sui mercati azionari e sempre più anche sulle obbligazioni governative, causa inflazione e rendimenti reali

Investimenti sostenibili

Robeco: “Nell’approccio ESG è fondamentale l’interconnessione tra la E e la S”

Secondo Rachel Whittaker (Robeco), attraverso il voto e l’engagement, chi investe in modo sostenibile può garantire che le aziende, le autorità e i governi rimangano adeguatamente concentrati sulle sfide sociali

La view

Edmond de Rothschild mantiene le posizioni sulle azioni, brutte notizie già prezzate

Ma la casa d’investimento ritiene anche che sia troppo presto per aumentare il rischio nei portafogli viste le molte incertezze, dalla politica monetaria USA alla crisi ucraina. Rafforzata l’esposizione all’azionario cinese

Sospiro di sollievo

Segnali di distensione tra Russia e Ucraina, ma Putin ribadisce: “No a Nato sui nostri confini”

I mercati reagiscono positivamente al parziale ritiro delle truppe russe, petrolio in frenata

Tendenze nell’automotive

A marzo Volkswagen presenta l’erede del pulmino dei figli dei fiori

Il nuovo ID.Buzz è un omaggio allo storico van della casa automobilistica tedesca Bulli usato dagli hippie, ma riprodotto in chiave 2.0 al cento per cento elettrico

Asset allocation

Preferenza per le azioni anche nel 2022, Fed e ciclo sosterranno i titoli quality

Wall Street incerta: sotto la lente restano tensioni Russia-Ucraina e Fed (occhio a nuove stime Goldman su tassi)

Apertura all’insegna dell’incertezza per Wall Street, con gli investitori che continuano a monitorare gli sviluppi della crisi Russia-Ucraina e le prossime mosse della Federal Reserve (Fed). In questo momento il Dow Jones mostra un calo dello 0,44% e l’S&P 500 lascia sul parterre lo 0,21%, mentre il Nasdaq mostra un moderato rialzo dello 0,04%.

Le tensioni geopolitiche rimangono in primissimo piano, anche se arriva qualche spiraglio positivo con la diplomazia in campo. Secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov sembrerebbe avere aperto a un accordo con l’Occidente. Intanto sul tavolo restano anche le prossime azioni della Fed. Su questo fronte si guarda all’intervento di oggi del presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, che ribadito la sua posizione da falco e ha indicato la stretta necessità di contrastare l’inflazione con una politica monetaria più restrittiva. “La nostra credibilità è in gioco qui e dobbiamo reagire ai dati. Tuttavia, penso che possiamo farlo in un modo organizzato e non dirompente per i mercati”, ha detto Bullard durante un’intervista concessa oggi alla CNBC. “Penso che dobbiamo anticipare la rimozione pianificata degli stimoli rispetto a quanto avremmo fatto in precedenza. Siamo stati sorpresi dal rialzo dell’inflazione. Questa è molta inflazione”, asserisce Bullard. In settimana si attendono le minute dell’ultima riunione di febbraio del Fomc.

Arrivano anche le stime degli economisti di Goldman Sachs che hanno rivisto al rialzo le loro previsioni sulle mosse Fed, con sette aumenti dei tassi previsti nel corso del 2022. Al tempo stesso la banca d’affari ha abbassato il target sull’indice S&P 500 per il 2022 a 4.900 da 5.100.

Fed: Bullard, dobbiamo agire contro inflazione, in gioco c’e’ nostra reputazione

“In gioco c’e’ la reputazione della Federal Reserve”. Lo ha detto il presidente della Federal Reserve di St. Louis, James Bullard, spiegando alla Cnbc perche’ sia necessario agire al piu’ presto, in modo deciso, per contrastare l’inflazione, “molto piu’ alta del previsto”. Bullard ha ribadito di essere favorevole a un rialzo dei tassi d’interesse di 50 punti base a marzo, che sarebbe il primo dal 2000, e di un intero punto percentuale entro il primo luglio. Bullard, che quest’anno e’ un componente con diritto di voto sulla politica monetaria, ha detto: “Credo che la mia strategia sua buona, ma devo convincere i miei colleghi”.

Qual è il segnale lanciato dai mercati e perché la FED ha paura di alzare i tassi

Tassi FED attesi in forte rialzo entro l’anno. Già a marzo, il board li aumenterebbe di mezzo punto percentuale. Rischi per l’economia USA.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 14 Febbraio 2022 alle ore 07:51

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A gennaio, l’inflazione americana è salita al 7,5% dal 7% di dicembre, toccando un nuovo massimo dal 1982. Il dato di settimana scorsa è risultato persino superiore alle attese del 7,3%. Sui mercati, il rialzo dei tassi FED a marzo è dato per certo. Anzi, praticamente esisterebbero elevate probabilità che al board del mese prossimo la Federal Reserve aumenti il costo del denaro di mezzo punto percentuale, anziché di un quarto di punto. Sarebbe la prima volta dal 2000. Il mercato sconta tale scenario quasi con certezza e intravede da qui alla fine dell’anno ben sette rialzi all’1,75-2%. Uno dei componenti del board, il governatore di St Louis, James Bullard si mostra propenso a un aumento di 100 punti base o 1% entro luglio. E poiché da qui ad allora si terranno quattro riunioni del board, ciò implica alzare a ciascuna di essa i tassi FED dello 0,25% o di mezzo punto per una volta e un quarto di punto per altre due, prendendosi una pausa, verosimilmente proprio a luglio.

Sui mercati è accaduto che il Treasury a 2 anni nella seduta di giovedì, quella in cui sono state diffuse le stime dell’inflazione a gennaio, sia passato da un rendimento dell’1,35% a uno dell’1,56%. Nel frattempo, il Treasury a 10 anni è balzato oltre il 2% per la prima volta da luglio 2019, oltre due anni e mezzo fa. Il segnale che ci arriva dai bond sovrani americani può essere letto in vari modi. Certamente, il boom dei rendimenti riflette l’atteso aumento dei tassi FED. E le distanze tra la scadenza a 10 anni e quella a 2 anni si sono accorciate. Lo spread tra le due si attestava a 90 punti base o 0,90% all’inizio dell’anno, da allora più che dimezzatosi ai 43-44 punti delle ultime sedute.

Quale sarebbe la ragione dietro a questo restringimento? I rendimenti a breve tendono a riflettere le previsioni di politica monetaria, per cui scontano in questa fase un rialzo dei tassi FED. I rendimenti a lungo riflettono maggiormente le aspettative d’inflazione. E il mercato non vede rischi di instabilità dei prezzi da qui a 10 anni, semmai concentrati nel prossimo futuro. Peraltro, proprio la stretta monetaria riuscirebbe a frenare l’inflazione nel corso dei prossimi anni.

Tassi FED e rischio recessione economica

Tuttavia, il restringimento degli spread tra rendimenti a lungo e a breve è pericoloso e c’è da scommetterci che il governatore Jerome Powell ne terrà conto quando alzerà i tassi FED a marzo. Esso svolge una funzione segnaletica, nel senso che solitamente quando la curva dei bond è piatta o, addirittura, invertita l’economia americana nei trimestri successivi rischia di entrare in recessione. D’altra parte, questi movimenti stessi causerebbero una crisi, stando a parte degli analisti. I rendimenti a breve determinano il costo a cui tendono a finanziarsi le banche, mentre quelli a lungo formano i tassi ai quali le banche prestano denaro. Una curva piatta o invertita diventa un problema per il sistema bancario: il margine di profitto prestando denaro si riduce o azzera del tutto, ragione per cui chiuderebbe i cordoni della borsa, “gelando” investimenti delle imprese e consumi delle famiglie.

Va da sé che più il mercato si attenda un rialzo dei tassi FED vigoroso e maggiore il rischio che effettivamente l’economia americana si avvii verso la recessione. A loro volta, le attese sulla stretta dipendono dall’andamento dell’inflazione. Il board si trova nella difficile condizione di dover mediare tra l’esigenza di “raffreddare” le aspettative d’inflazione e quelle sui tassi. L’optimum sarebbe riuscire a convincere il mercato già nei primi mesi della stretta, magari beneficiando di un affievolimento dei prezzi delle materie prime. Ad oggi, siamo lontani da questo scenario.

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TASSI e BANCHE CENTRALI: arriva il caos incontrollato

Scritto il 11 Febbraio 2022 alle 15:06 da Danilo DT

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Quando si parlava di “forward guidance” ci si riferiva sempre ad un modo per comunicare al mercato quali erano le intenzioni future, rassicurando le masse e dando delle indicazioni chiare, fornendo quindi la possibilità al mercato di adeguarsi anzitempo.

Nelle ultime settimane, complice anche l’incapacità di alcuni soggetti in cabina di regia delle principali banche centrali del pianeta, la forward guidance è diventata un arma a doppio taglio. Ne abbiamo parlato QUI , una vera frittata fatta dalla Lagarde che alla fine ha generato quello che il mercato detesta: incertezza e confusione.

Ribaltare i concetti della minute BCE con le Q&A sono il chiaro segnale che, oltre allo scritto magari preparato da dei tecnici, qualcuno non è palesemente all’altezza.
Se poi ci mettiamo anche delle guerre intestine tra membri del board (nel caso europeo, è palese il contrasto tra i filo teutonici ed il Club Med) la frittata è fatta: una pioggia di dichiarazioni che contrastano una con l’altra. E alla fine si perde la bussola.

Lasciamo da parte per un attimo la triste situazione europea e vediamo cosa succede oltre oceano. Tanto è chiaro che l’influenza di quanto accade negli USA è non indifferente.
Prima considerazione: come illustrato nel post PRECEDENTE , i tassi negli USA si muovono generosamente, si scontano rialzi dei tassi importanti (forse non nel numero effettivo ma nell’impatto emotivo) e soprattutto nella parte a breve la curva si muove in modo impetuoso. Ieri il 2yr Treasury è volato, e il suo rendimento è arrivato all’1.60%, guadagnando circa 25bp in un giorno.

Mentre invece la parte più lunga della curva pare meno reattiva.
Cerchiamo allora di interpretare tutto questo.

La parte lunga si muove meno in quanto si pensa che i tassi di equilibrio di lungo termine siano comunque più bassi rispetto al passato. Inoltre il mercato crede che la restrizione monetaria (aumento tassi e QT) arrivi proprio quando lo stimolo fiscale da parte dei governi si va riducendo e l’effetto combinato di restrizione monetaria e rallentamento degli stimoli fiscali possa essere un raffreddamento dell’economia nel lungo periodo. Quindi, tutto questo combinato, dovrebbe “raffreddare” l’inflazione, permettendo alla FED di essere meno aggressiva.

Attenzione, non parliamo ancora di “Inversione” perché, se così fosse, sarebbe un segnale pessimo per l’economia. Un primo indicatore che porta in evidenza il rischio RECESSIONE, rischio che in questo contesto mi sento di escludere.

Però se guardate questo grafico noterete appunto la “confusione”.

La 10y-2y continua a frenare mentre invece le altre curve più “estreme”, ovvero la 10y–3m e 30y-3m mantengono un’inclinazione di fondo positiva. Quindi il massimo impatto dei tassi di interesse lo avremo tra 2 anni?

La divergenza è abbastanza curiosa secondo me e illustra quello che è il momento confusionario del mercato. Si vive su percezioni e dichiarazioni. Ma facciamo attenzione perché probabilmente si sta scontando un mercato che non sarà così, nella realtà.

BlueBay: Fed, improbabile un aumento di 50 punti base a marzo

Mark Dowding, CIO di BlueBay, reputa vicino il picco del carovita ma suggerisce di procedere con cautela e non correre troppi rischi anche alla luce della crisi geopolitica Russia-Ucraina

 di Leo Campagna  12 Febbraio 2022 – 9:00

In gennaio i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono saliti del 7,5%, ai massimi dal febbraio 1982, mentre l’incide core, quello al netto di energia e alimentari e il preferito della Fed, ha segnato un aumento del 6% accelerando rispetto al 5,5% di dicembre. Dati che hanno propiziato le speculazioni sul fatto che la Fed possa annunciare un rialzo di 50 punti base già a marzo.

IMPROBABILE UN AUMENTO DI 50 PUNTI BASE DELLA FED A MARZO

“Riteniamo che ciò sia improbabile e che siamo vicini al picco dell’inflazione” fa sapere Mark Dowding, CIO di BlueBay, asset manager specializzato nel reddito fisso di Royal Bank of Canada Global Asset Management (RBC GAM). Secondo il manager, infatti, un aumento di 50 punti base (+0,50%) potrebbe essere controproducente, dal momento che potrebbe essere considerato dai mercati come una ammissione di un errore politico, che ha spinto i policymaker a frenare molto più bruscamente e che rischierebbe di aumentare il pericolo di recessione nei prossimi trimestri.

TASSI USA ALL’1,65 ALLA FINE DEL 2022

Resta il fatto che i mercati sembrano incorporare già quasi sette rialzi da parte della Fed, con i tassi che passerebbero all’1,65% alla fine del 2022 . “Noi tuttavia manteniamo previsioni più ottimistiche per la crescita e l’inflazione nel 2023 e oltre, in grado di giustificare una tendenza alla short-duration sui tassi USA” rivela Dowding. In Europa, invece, i mercati monetari dell’Eurozona prezzano oltre 130 punti base di rialzi dei tassi prima della fine del 2023, con un possibile rialzo già quest’estate, nonostante le assicurazioni che ciò non avverrà prima della fine del programma di QE di acquisti attivi, attualmente prevista verso la fine del 2022.

LA BCE CERCA DI NORMALIZZARE LA POLITICA MONETARIA

Non si può tuttavia escludere, secondo Dowding , una moderazione del carovita nei prossimi dati sull’inflazione che allevierebbe la pressione sulla BCE ad agire in modo aggressivo. “Riteniamo che il tasso sui depositi dell’Eurozona salirà allo 0% all’inizio del prossimo anno, via via che la BCE cerca di normalizzare la politica monetaria”. Secondo il manager, il problema più grande è però quello che succederà agli spread quando la banca centrale si orienterà in una direzione da falco. “Gli spread dovrebbero trovare un punto di equilibrio di mercato, nel momento in cui la BCE farà un passo indietro. Questo tuttavia presenta un rischio: la Lagarde potrebbe aver dato al mercato il via libera inconsapevole per spingere gli spread ad allargarsi”.

LO SPREAD DEL CREDITO SOCIETARIO IN EUROPA

A proposito di spread, anche quelli del credito societario in Europa sono finiti sotto pressione dopo le riunioni della BoE e della BCE della scorsa settimana. “La sottoperformance degli spread creditizi rispetto ai Titoli di Stato sottostanti sono ora notevolmente più ampi rispetto a quelli del mercato statunitense, e questo dovrebbe fungere da stabilizzatore” è l’analisi di Dowding.

LA SITUAZIONE RUSSIA-UCRAINA RIMANE UN RISCHIO

Guardando avanti, il manager ritiene probabile un periodo più tranquillo nel flusso di notizie per le prossime due settimane. “In attesa delle prossime riunioni delle Banche Centrali, i mercati saranno guidati soprattutto dai dati diffusi alla fine del mese e all’inizio di marzo” precisa il CIO di BlueBay, che poi conclude: “Nel frattempo, la situazione Russia-Ucraina rimane un rischio perché, sebbene sia difficile stabilire la probabilità di un conflitto nelle prossime settimane, questa incertezza geopolitica è un motivo in più per procedere con cautela e non correre troppi rischi anche alla luce di un’inflazione che sta aumentando la pressione sui policymaker a livello globale”.

La FED ha convocato un meeting a sorpresa per Lunedì. La questione è solo quanto sarà grande l’errore

La FED ha convocato un meeting di emergenza per lunedì 14 febbraio, San Valentino. Si tratterà di un meeting a porte chiuse, rapido. Proprio questa mattina scrivevamo che molti operatori si aspettavano un  aumento dei tassi, dell’ordine del mezzo punto, perfino entro febbraio, prima della prossima riunione del FOMC che si terrà a marzo. Pare che, come spesso accade, il mercato era meglio informato di quanto fossero i media, perché aveva già prezzato una decisione del genere con i tassi impliciti sulle operazioni sui titoli di stato

I tassi della FED, dopo aver toccato il 2,5% alla fine del 2018, ma questa situazione aveva già portato una crisi di liquidità (soprattutto sul mercato interbancario) ben prima del Covid e durante il 2019 era stato riportato per questo al 1,5%.

quindi nel 2019, con una situazione relativamente tranquilla i tassi a 1,5% avevano mandato già in crisi il mercato interbancario. Quale potrebbe essere l’effetto di una risposta eccesiva alla crisi inflattiva che non ha cause monetarie, ma di fornitura scarsa (problemi di supply side, direbbero gli economisti seri).

Con un paio di mesi di anticipo vi abbiamo dato le previsioni sul Covid su Scenari. Con sette mesi di anticipo il problema energetico (anche se della follia delle normative Green ne parliamo da sempre). Adesso con sei – nove mesi di anticipo mi permetto di prevedere la prossima crisi per il periodo settembre ottobre: finanziaria per crollo dei mercati  mobiliari e immobiliari.  La mossa della FED sarebbe adeguata se accompagnata da una politica di ottimizzazione / liberalizzazione dei settori che sono alla base dell’attuale crisi, cioè soprattutto quello energetico. invece si fa l’esatto opposto. Non bisogna essere particolarmente bravi per capire che la crisi è già segnata. C’è solo da capire esattamente il quando. Comunque qualcosa trapelerà nella serata di lunedì.

Nuova impennata inflazione mette la FED alle corde, prende corpo ipotesi maxi-rialzo tassi a marzo

10/02/2022

Nuova vigorosa impennata dell’inflazione Usa, andata oltre le attese. L’indice cpi è salito a +7,5% a/a a gennaio (consensus era +7,2%), sui nuovi top a 40 anni.  L’inflazione core segna +6%. Dinamica inflattiva che alimenta ulteriormente le pressioni sulla Fed per implementare velocemente un ciclo di rialzi dei tassi piuttosto sostenuto. Dopo il dato odierno il rendimento dei Treasury si è portato in area 2% alimentando le vendite soprattutto sui titoli growth.

“Non è solo il tasso di inflazione che dovrebbe preoccupare la Federal Reserve, ma anche l’ampiezza del potere di determinazione dei prezzi delle aziende – rimarca James Knightley, Chief International Economist di Ing -. Con i salari, i prezzi delle materie prime e le tensioni della catena di approvvigionamento che contribuiscono al balzo dell’inflazione, la Fed dovrà rispondere in modo aggressivo con una prospettiva molto reale che scelga di segnalare la propria determinazione con un rialzo di marzo di 50 punti base“.

Possibile picco questo mese

Guardando avanti, Silvia Dall’Angelo, Senior Economist per la divisione internazionale di Federated Hermes, ritiene probabile che l’inflazione USA raggiunga il picco a febbraio per poi iniziare una graduale discesa a marzo-aprile. “Gli effetti di base, la stabilizzazione dei prezzi dell’energia e, soprattutto, un allentamento dei vincoli dell’offerta globale ed il miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro, dovrebbero contribuire a far scendere l’inflazione più rapidamente nel secondo semestre. Detto ciò, c’è ancora molta incertezza sulle prospettive. Più a lungo l’inflazione rimarrà su livelli elevati, maggiore è il rischio che si radichi, attraverso le aspettative e le dinamiche salariali. In effetti, le aspettative d’inflazione a lungo termine sono già salite (anche se non sembrano essersi disancorate) e l’inflazione salariale è aumentata nel corso degli ultimi due trimestri nel contesto di un mercato del lavoro rigido”. L’economista di Federated Hermes indica ancora come scenario di base un aumento dei tassi di 25 punti base, ma non esclude un intervento più ampio (50 punti base), se la Fed vorrà dare un segnale più forte.

Milano tiene grazie alle big bancarie

A Piazza Affari il Ftse Mib, reduce dal balzo del 2,7% della vigilia, segna in chiusura +0,23% 27.190 punti dopo una breve incursione in negativo dopo l’avvio debole di Wall Street. Tra le big di Piazza Affari si segnala il -0,5% circa di Enel. Tiene banco il discorso caro bollette con il Governo che starebbe lavorando alle ulteriori misure a favore della riduzione del costo energetico. Stando a quanto riporta Il Sole 24 Ore, si delinea un intervento da 5-7 mld con l’emergere dell’ipotesi di `scambio` per gli industriali che a fronte del beneficio di circa 25TWh di energia rinnovabile consegnata al GSE (Regolatore renewables) e da questo trasferita agli industriali a prezzi calmierati, questi si impegnerebbero a realizzare 12 GW fotovoltaico e 5GW di eolico attraverso contratti di lungo termine (PPA), contribuendo alla decarbonizzazione e al raggiungimento dei target green.

Tra i migliori di oggi spiccano Unicredit (+2,9%) e Intesa con oltre +2%. Chiusura a +4,3% per CNH.

TIM tonica, male Nexi

Bene anche Telecom Italia (+1,7% a 0,424 euro) che ha annunciato che l’offerta presentata per l’acquisto delle attività mobili del Gruppo Oi, insieme a Telefônica Brasil (VIVO) e Claro, è stata approvata dall’Autorità antitrust Cade (Conselho Administrativo de Defesa Economica). Intanto le ultime indiscrezioni riportate da Bloomberg vedono Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che possiede il 10% della tlc italiana con quota in carico a 82 centesimi di euro per azione, riluttante ad accettare l’offerta di 50,5 centesimi del fondo di private equity KKR.

Infine, giornata di forte volatilità per Nexi (-4,77%), peggior titolo del Ftse Mib dopo che era arrivato a salire nell’intraday di oltre il 3% sui rumor di possibile cessione del suo asset tedesco Ratepay (possibile valutazione di oltre 1 miliardo di euro) per poi invertire bruscamente la rotta dopo la diffusione dei conti 2021. La paytech italiana ha riportato nel quarto trimestre del 2021, i ricavi si sono attestati a 618,1 milioni, in crescita dell’11,1% rispetto all’analogo periodo del 2020 e l’Ebitda è aumentato dell’11,6% a 319,7 milioni, mentre l’Ebitda Margin ha raggiunto il 52%.

Fed, Bostic prevede fino a quattro rialzi tassi in 2022. Ma ‘dipende da come economia reagisce’

09/02/2022

Il presidente della Federal Reserve di Atlanta Raphael Bostic ha detto di prevedere per quest’anno tre rialzi o quattro rialzi dei tassi da parte della banca centrale americana, aggiungendo tuttavia che la Fed non è legata ad alcun piano specifico.

Nell’intervento a “Squawk Box” della Cnbc, Bostic ha espresso una view che è di fatto meno aggressiva rispetto a quanto stanno prezzando i mercati.

“Riguardo ai rialzi dei tassi di interesse, in questo momento prevedo tre strette per quest’anno, e sono orientato verso i quattro rialzi. Ma dobbiamo vedere come l’economia risponderà ai passi che faremo nella prima metà di quest’anno”. La stessa Fed di Jerome Powell prevede un primo rialzo nella prossima riunione di marzo.

Stando a quanto riporta un articolo della Cnbc, al momento i mercati stanno anticipando tra i cinque e i sei rialzi dei tassi, ciascuno di 25 punti base.

Con l’inflazione Usa che viaggia al record in quasi 40 anni, Bank of America stima addirittura fino a sette strette monetarie nel corso del 2022.

In un’intervista recente rilasciata al Financial Times, Bostic ha detto che è possibile che la prima stretta monetaria della Fed sia di mezzo punto percentuale, dunque di 50 punti base, dalla forchetta compresa tra lo zero e lo 0,25% in cui i tassi sui fed funds al momento oscillano.

Bce, Fed, BoE e trauma inflazione, BlackRock dice No Panic: outlook tassi troppo hawkish

09/02/2022

BlackRock bacchetta le aspettative dei mercati sul ciclo di rialzo dei tassi che la Fed di Jerome Powell e la Bce di Christine Lagarde saranno costrette a inaugurare a causa delle continue fiammate dell’inflazione, rispettivamente negli Stati Uniti e nell’area euro.

“Market view of rate hikes too hawkish” ovvero “Le aspettative dei mercati sui rialzi dei tassi sono troppo hawkish”: è il titolo del commento settimanale firmato dagli analisti di BlackRock.

Il weekly commentary si riferisce anche alle aspettative che riguardano le prossime mosse di politica monetaria che saranno varate dalla BoE, ergo Bank of England, che all’inizio di febbraio ha alzato i tassi di interesse UK per la seconda volta consecutiva. Il voto sui tassi non è stato unanime: su 9 componenti della commissione, quattro, ovvero Dave Ramsden, Catherine Mann, Jonathan Haskel e Michael Saunders avrebbero preferito una stretta più importante, pari a 50 punti base, che avrebbe portato il costo del denaro del Regno Unito allo 0,75%.

Al riguardo, i mercati scommettono su un aumento dei tassi in UK fino all’1,5% entro l’arco di un anno.

Lo stesso giorno in cui la Bank of England ha confermato il suo volto da falco, si è consumato il ‘dramma’ della Bce.

Attesa al varco dai mercati per le sue posizioni, secondo diversi critici, eccessivamente “dovish”, la Bce di Christine Lagarde è stata costretta a riconoscere il pericolo di una fiammata dei prezzi più persistente di quanto anticipato.

D’altronde, proprio il giorno prima dal fronte macro dell’Eurozona era arrivato il dato relativo all’inflazione, che a gennaio ha continuato a marciare in modo più spedito delle attese, salendo del 5,1% su base annua, ben oltre il consensus.

Bce e il dietrofront della Lagarde. Fiammata immediata di spread e tassi BTP

La numero uno della Bce Christine Lagarde si arrendeva così, in qualche modo, all’evidenza e, così come aveva fatto il suo collega Jerome Powell qualche mese fa, abbandonava la litania sull’aspetto “transitorio” dell’inflazione, facendo così uscire dalle gabbie i falchi.

Conseguenza: immediata fiammata dei tassi sui BTP e dello spread

Il risultato è che ora gli economisti di Goldman Sachs hanno una view super-hawkish sulla Banca centrale europea.

Certo, nei giorni scorsi, dopo l’ultimo meeting del Consiglio direttivo del 3 febbraio, la stessa Christine Lagarde ha cercato di arginare i danni sul mercato provocati dalla sua metamorfosi hawkish.

Il dado tuttavia sembra essere stato ormai tratto e testimone è l’emorragia che ha colpito i BTP, con tanto di fiammata dello spread che ha sancito l’azzeramento dell’effetto Draghi, il cosiddetto “Draghi Effect”.

Ma se, si chiede BlackRock, le aspettative fossero diventate fin troppo hawkish?

Negli Stati Uniti, il primo rialzo dei tassi dal 2018 della Federal Reserve, già nel mese di marzo, è dato ormai per certo.

Ma la cosa più inquietante è che si è arrivati a stimare addirittura sette strette monetarie da parte della Fed nel corso del 2022.

La view mega hawkish è stata sfornata da Ethan Harris, responsabile della divisione di ricerca sull’economia globale di Bank of America, che ha bacchettato Powell:

“Se fossi stato numero uno della Fed…credo che avrei alzato i tassi già all’inizio dell’autunno“. Harris si è riferito al trend dei salari orari degli States che, nel mese di gennaio, sono saliti in media dello 0,7% su base mensile, schizzando del 5,7% su base annua, al ritmo più veloce dal marzo del 2007.

L’economista ha aggiunto che “nel momento in cui si verifica un aumento così ampio che si ripercuote sui salari, significa che si è arrivati tardi e che bisogna iniziare a muoversi“.

Oltre a prevedere sette strette monetarie nel 2022 da parte della Fed – ciascuna di un quarto di punto percentuale, Harris & Co prevedono  quattro ulteriori strette nel 2023, per un totale di 11 rialzi dei tassi nell’arco di appena due anni.

BlackRock: rialzi aggressivi tassi costo troppo alto per la crescita

Gli economisti di BlackRock non si esprimono sul merito dei singoli outlook diffusi dal mondo degli economisti. Ma certo ritengono esagerate le aspettative.

“I mercati stanno prezzando sempre più rialzi dei tassi guardando ai segnali hawkish provenienti dalla politica monetaria – si legge nel commento – (Ma) noi riteniamo che il risultato finale sarà più innocuo, anche se avvertiamo (gli investitori) di prepararsi a scosse di volatilità”.

Certo, “l’inflazione continua a sorprendere al rialzo e le banche centrali stanno ritirando velocemente gli stimoli di emergenza. La Banca centrale europea (Bce) – ricordano da BlackRock – ha suggerito una fine anticipata del programma di acquisti di asset che ha sostenuto i mercati europei dei bond (BTP in primis). La Bank of England (BoE) ha alzato di nuovo i tassi, e quasi la metà dei suoi esponenti ha fatto pressioni per una stretta più forte. Chiaramente, la situazione è seria. Eppure i mercati stanno rivedendo le loro attese sul trend futuro dei tassi ancora più al rialzo, come mostra il grafico. Ora si prevede che anche la Bce, nota per essere accomodante, alzerà alla fine i tassi al di sopra dello zero nel corso di quest’anno (vedi linea gialla del grafico di cui sopra), dal -0,50% a cui viaggia al momento il tasso sui depositi”.

Tuttavia, si legge ancora nel commento, “anche se le aspettative dei mercati potrebbero salire ancora, noi crediamo che si sia già esagerato: alla fine, le strette monetarie saranno inferiori. A nostro avviso le banche centrali stanno alzando la voce, ma alla fine dovranno riconoscere che combattere l’inflazione con rialzi aggressivi (dei tassi) comporterà un costo, per la crescita, troppo alto. Il motivo?”.

BlackRock: questa inflazione è diversa e crescita è sotto potenziale

BlackRock spiega:

“Oggi l’inflazione è sostenuta dalle strozzature che stanno colpendo le catene dell’offerta, dalle discrepanze tra domanda e offerta nel mercato dell’energia, e dalla riallocazione delle risorse. E’ questo il motivo per cui riteniamo che la risposta finale di politica monetaria sarà più debole. Detto questo, tenetevi pronti a esplosioni di volatilità”.

Il punto, precisano gli strategist della divisione di risparmio gestito del colosso americano, è che “noi avevamo tagliato il rischio, addentrandoci nel 2022, a causa della confusione su come il contesto macro avrebbe potuto condizionare i mercati”.

Tuttavia “ora, secondo noi, sono le banche centrali che stanno generando confusione. Molte, in modo opportunistico, stanno parlando della necessità di normalizzare la politica monetaria riportandola a livelli pre-pandemici, al fine di ‘combattere contro l’inflazione’. Giustificare tuttavia la normalizzazione con la necessità di combattere contro un’inflazione generata dall’offerta non ha senso, per gli esperti. E questo perchè “questa non è una ripresa normale, caratterizzata da un balzo della domanda che sta surriscaldando l’economia. Questo è un mondo condizionato dall’offerta in cui la crescita è ancora inferiore al suo potenziale”.

“Le banche centrali – si legge – hanno già accettato un contesto di inflazione più alta, e noi crediamo che continueranno a farlo, visto il costo di farla scendere. Il problema? Le parole hawkish delle banche centrali potrebbero scoperchiare un vaso di Pandora pieno di rischi. Le banche centrali potrebbero minare la loro credibilità – secondo molti già a pezzi -Gli spread tra i rendimenti dei bond sovrani dei paesi periferici e quelli dei Bund tedeschi si sono già allargati in modo significativo la scorsa settimana. Tutto ciò comporta per ora una volatilità più alta”.

BlackRock conferma per ora il suo rating overweight sull’azionario in un orizzonte strategico, dunque nel lungo termine.

“Riteniamo che la combinazione di tassi reali bassi, di una crescita solida e di valutazioni ragionevoli sia favorevole per questa asset class. Includendo inoltre il cambiamento climatico nei ritorni che prevediamo dall’azionario, crediamo che l’appeal delle borse dei paesi avanzati aumenti, vista l’elevata incidenza di alcuni settori come l’hi-tech e l’healthcare negli indici benchmark.”.

“Tatticamente, ovvero in un orizzonte di 6-12 mesi – continuano da BlackRock – siamo overweight sull’azionario, grazie ai fondamentali economici solidi e ai tassi reali storicamente bassi”.

In generale, BlackRock rimarca di “preferire l’azionario al reddito fisso e di rimanere overweight sui bond indicizzati all’inflazione“.

E questo perchè comunque “ci aspettiamo che l’inflazione sarà persistente, attestandosi al di sopra dei livelli precedenti il Covid”.

L’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali non è in discussione, anche se la view del colosso è che le stesse “rimarranno più tolleranti nei confronti delle pressioni che interesseranno i prezzi, mantenendo i tassi di interesse reali storicamente bassi, a sostegno dunque degli asset di rischio“.

A tal proposito, “le banche centrali dei paesi avanzati hanno già dimostrato di essere più tolleranti verso l’inflazione, anche se molte sembrano prepararsi ad avviare il ciclo dei rialzi dei tassi con aumenti più incisivi rispetto a quanto inizialmente previsto. La Bank of England e le controparti di molti paesi emergenti hanno già alzato i tassi”.

A questo punto, aggiungiamo noi, grande è la trepidazione per il market mover più importante della settimana: quello dell’indice dei prezzi al consumo Usa, termometro cruciale del trend dell’inflazione, relativo al mese di gennaio, che sarà pubblicato dal dipartimento del Lavoro Usa domani, 10 febbraio.

Secondo le stime, il dato è salito del 7,2% su base annua, al ritmo più forte dal febbraio del 1982, dunque in 40 anni, fattore che porta i mercati a scommettere ormai anche su un primo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, a marzo, pari a 50 punti base.

Volatilità mercati continuerà, ma il peggio appare alle spalle. Occhio a spread performance Value vs Growth

01/02/2022

Gennaio decisamente negativo per i mercati azionari e questo a causa di timori di un’uscita troppo rapida dalle politiche monetarie accomodanti da parte delle banche centrali e per crescenti tensioni sul fronte geopolitico fra Russia e Ucraina (con rischio di sanzioni che potrebbero impattare aziende esposte al Paese e con ulteriori rialzi di alcune materie prime).

La Federal Reserve, come ricorda Equita, non ha cambiato linea nell’ultima riunione e ha tracciato un percorso di politica monetaria meno accomodante, non escludendo un filotto di rialzi dei tassi da marzo in avanti. Il rendimento del decennale USA è cresciuto di +31bps all’1,81% dopo che sono aumentate le aspettative di aumento dei tassi previsti per il 2022 (5 rialzi attesi adesso dalla FED rispetto ai 3 di inizio mese e nessun rialzo atteso a inizio ottobre), mentre il Bund tedesco è tornato ad avere rendimenti positivi per la prima volta da maggio 2019. Durante il mese sono invece calate le aspettative d’inflazione e questo ha comportato un aumento dei tassi reali di circa 45punti base.https://d9977ccead5f1537ffa8a836d528d48c.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html

Durante il mese è proseguito inoltre il recupero dei titoli Value (ETF iShares Value -3%) rispetto ai Growth (-11%).

La view di Equita sui mercati

I mercati a loro volta stanno cercando di adattarsi al cambio di paradigma delle banche centrali, e questo potrebbe mantenere alta la volatilità nelle prossime settimane. È un processo che richiederà ancora un po’ di tempo, ma gli analisti della Sim milanese vedono un contesto macroeconomico e di conseguenza degli utili societari ancora solido. Inoltre, nei precedenti cicli di rialzo dei tassi d’interesse dagli anni `50 ad oggi, i mercati, in quasi tutti i casi, hanno registrato delle performance positive dopo una prima fase di correzione.

La vera domanda da porsi è quanto durerà l’attuale ciclo economico espansivo, che nello scenario base non si  esaurirà nel 2022 e che sarà quindi in grado di compensare la contrazione dei multipli per effetto di tassi più alti. “Confermiamo la nostra visione positiva sui mercati, mantenendo un peso dell’investito nel portafoglio raccomandato al 96,5% (vs. peso neutro del 90%), invariata rispetto all`ultimo aggiornamento” concludono gli anali

NN IP: “Fed, non si può escludere un rialzo dei tassi ad ogni riunione”

L’analisi di Willem Verhagen (NN IP) sulle prossime mosse della Federal Reserve, che si prepara a iniziare il tapering a ridosso del primo ritocco dei tassi

 di Leo Campagna  29 Gennaio 2022 – 8:30

Le decisioni prese dalla banca centrale USA nella riunione di gennaio sono state più o meno in linea con le aspettative del mercato. Confermano che la Fed intende agire subito al fine di ridurre il rischio di dover stringere molto di più e più velocemente in un secondo momento. In pratica intende scongiurare l’alto rischio di innescare una recessione con interventi in ritardo di maggiore intensità e rapidità mentre con questo tipo di gestione del rischio dovrebbe aiutare ad aumentare la durata prevista dell’espansione.

LA FED TERMINERÀ IL TAPERING A MARZO

“La Fed terminerà il tapering a marzo e dovrebbe attuare un primo rialzo dei tassi nello stesso mese”, commenta Willem Verhagen, Senior Economist, NN Investment Partners (NN IP). La banca centrale USA dovrebbe inoltre iniziare il processo di riduzione del bilancio dopo il primo rialzo dei tassi e che procederà probabilmente ad un ritmo più veloce che nel 2017.

SOSTITUITO IL CONCETTO DI RIMOZIONE GRADUALE

Durante la conferenza stampa, Powell, riferendosi al probabile percorso di inasprimento della Fed, ha sostituito al concetto di rimozione ‘graduale’ delle agevolazioni con quello di “costantemente”. Il numero uno della Fed ha sottolineato che l’economia si trova oggi in una fase molto diversa rispetto all’inizio del precedente ciclodi escursioni nel 2015. “Mentre allora l’inflazione era ancora al di sotto del target, ora è considerevolmente al di sopra dell’obiettivo, mentre lo slancio della crescita è più forte e il mercato del lavoro è più rigido”, spiega Verhagen.

LA POLITICA DELLA FED DOVRÀ ESSERE AGILE

Ciò non significa che i rialzi della Fed saranno decisi ad ogni riunione nel prossimo futuro. Powell ha infatti precisato che la politica dovrà essere “agile”, cioè molto dipendente dall’evoluzione dei dati. Resta il fatto che permane l’assenza di una traiettoria prestabilita, figlia peraltro dell’ambiente straordinariamente incerto in cui operano attualmente la Fed e i mercati. “Se l’inflazione rimane elevata nella seconda metà di quest’anno e la crescita dei salari accelera ulteriormente, non si può escludere un rialzo dei tassi ad ogni riunione e nemmeno che l’entità dell’escursione sia di 50 punti base (+0,50%) per volta”, specifica il manager di NN IP.

UNO SCENARIO CON LA BANCA CENTRALE DI NUOVO PIU’ ACCOMODANTE

Verhagen , tuttavia, non esclude nemmeno uno scenario con la banca centrale di nuovo più accomodante. Quello in cui potrebbe virare la Fed nel caso in cui lo slancio dell’inflazione diminuisse nella seconda metà di quest’anno, in concomitanza di minori tensioni salariali. A proposito di carovita. Oggi la domanda vede il consumo di beni durevoli ben al di sopra del trend, mentre il consumo di servizi è ancora un po’ al di sotto. “A mano a mano che la composizione della domanda si normalizza, l’inflazione dei prezzi potrebbe scendere rapidamente, specialmente se questo coincide con un ulteriore allentamento delle strozzature dell’offerta”, argomenta il manager di NN IP.

LA FAMIGERATA “FED PUT”

E per quanto riguarda le condizioni finanziarie complessive? “Solo un loro ampio e persistente restringimento, tale da mettere in pericolo le prospettive di crescita darebbe alla Fed una solida ragione per cambiare rotta”, risponde Verhagen. Secondo il Senior Economist di NN Investment Partners nell’attuale ambiente è probabilmente molto meno rilevante di quanto non fosse durante l’espansione del 2010-20, la forza della ‘famigerata Fed put’, l’opzione di salvataggio che garantirebbe assistenza e supporto dalla Banca Centrale ai mercati in forte calo. “Questa volta la Fed è concentrata sulla protezione delle aspettative d’inflazione dall’esplosione verso l’alto, quindi lo spazio per un tale perno è molto più limitato”.

BlueBay: “Ecco perché i Fed Fund possono spingersi fino al 2,75% in due anni”

La Fed, che si riunirà la prossima settimana, sarà sempre meno espansiva ma Mark Dowding, CIO di BlueBay, pensa che tra 12 mesi la politica sarà diventata solo meno accomodante e non restrittiva

 di Leo Campagna  23 Gennaio 2022 – 9:00

La necessità della Fed di ridurre la politica di accomodamento, con i mercati che incorporano nei prezzi quattro rialzi nel corso del 2022, resterà probabilmente immune sia all’ondata della variante Omicron che ai crescenti rischi di un imminente conflitto in Ucraina. “Se la Fed è intenzionata a portare i tassi al di sopra della neutralità in questo ciclo, allora questo porterebbe i Fed Fund a raggiungere il 2,75% o più nel 2023 o 2024, ben oltre le aspettative del mercato” fa sapere Mark Dowding, CIO di BlueBay, asset manager specializzato nel reddito fisso di Royal Bank of Canada Global Asset Management (RBC GAM).

CONTINUE DISRUPTION ALLE FORNITURE IN ARRIVO DALLA CINA

Secondo il manager l’inflazione dovrebbe continuare a costituire una fonte di preoccupazione alla luce delle continue disruption alle forniture in arrivo dalla Cina, considerando che Pechino continua a cercare di mantenere una politica di zero-Covid. “I prezzi al consumo dovrebbero rimanere probabilmente ben al di sopra del target alla fine di quest’anno ma, nonostante un eventuale inasprimento, i tassi d’interesse reali (al netto dell’inflazione) dovrebbero rimanere negativi fino a dicembre. In questo contesto, pensiamo che tra 12 mesi la politica sarà diventata solo meno accomodante, e non restrittiva” riferisce Dowding.

NEL 2023 DOVREBBERO RENDERSI NECESSARI ALTRI RIALZI

Semmai, sottolinea il CIO di BlueBay, nel 2023 dovrebbero rendersi necessari altri rialzi che, al momento, i mercati stanno scontando. Non deve pertanto stupire se in questo contesto le aziende pianificano ulteriori incrementi dei prezzi al dettaglio nel 2022 al fine di proteggere i margini, dal momento che gli aumenti dei prezzi nel 2021 sono stati assorbiti senza alcuna perdita di quote di mercato. “In un momento in cui la domanda aggregata supera l’offerta aggregata in molti settori, le aziende sono consapevoli che non esiste la capacità di riserva per soddisfare la domanda e possono decidere aumenti significativi in settori dove i consumatori sono senza alternativa” puntualizza Dowding.

PRESSIONE SULLA PERIFERIA EUROPEA

Prevedibile, sempre in base all’analisi del CIO di BlueBay, una Bce sempre meno accomodante con una possibile fine degli acquisti di asset entro la fine del 2022. Una eventualità che, in combinazione con l’aumento dell’incertezza politica, potrebbe creare un contesto difficile per gli asset dell’Eurozona e creare pressione sulla periferia europea. “Le robuste prospettive economiche dovrebbero continuare a sostenere la qualità del credito e, in un contesto di bassi rendimenti, immaginiamo che la liquidità accantonata possa essere impiegata in caso di un calo significativo dei mercati” argomenta Dowding.

LA RIUNIONE DELLA FED LA PROSSIMA SETTIMANA

La riunione della Fed della prossima settimana sarà al centro dei riflettori ma secondo Dowding difficilmente affioreranno significative nuove informazioni rispetto a ciò che è già stato comunicato nei recenti commenti. “In assenza di dati certi o di un’azione della Fed, i rendimenti dovrebbero consolidarsi per un po’, prima di riprendere la tendenza al rialzo con lo scemare dell’ondata di Omicron e della Fed che si prepara ad aumentare i tassi verso marzo” prevede il CIO di BlueBay.

IL PRIMO MINISTRO DEL REGNO UNITO BORIS JOHNSON

Un’ultima riflessione, Dowding la dedica al primo ministro del Regno Unito Boris Johnson. Le recenti rivelazioni riguardo alle feste di Downing Street in pieno lockdown sono state forse l’evento decisivo che farà scattare il benservito da parte del suo partito. “C’erano state altre situazioni critiche ma sembra maturare la convinzione che i potenziali candidati preferiscano prendere il timone una volta che la pandemia sia passata, e riteniamo sarà certamente così prima della primavera” conclude il CIO di BlueBay.

Wall Street asseditata da inflazione e paura Fed: Nasdaq orientato a chiudere mese peggiore dai tempi del crac Lehman Brothers

28/01/2022 16:07 di Laura Naka Antonelli4 FACEBOOK TWITTER LINKEDIN

Si conclude una settimana frenetica per Wall Street, caratterizzata da forti esplosioni di volatilità, che hanno portato l’indice relativo, il Cboe Volatility Index (VIX), noto anche come indice della paura, a scattare al di sopra della soglia di 30 punti, per la prima volta dall’ottobre del 2020. Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones perde 330 punti circa (-0,96%), a 33.831 punti; il Nasdaq scivola dello 0,80% a 13.246 punti, mentre lo S&P 500 scende dello 0,75% a 4.293 punti.

Lo S&P 500 si avvia a terminare il mese peggiore dal marzo del 2020, ovvero dal mese in cui risuonò in tutto il mondo l’allarme della pandemia Covid-19, e il gennaio peggiore di tutta la sua storia.

Il Nasdaq sta per chiudere il mese peggiore dall’ottobre del 2008, praticamente dal periodo immediatamente successivo al crac di Lehman Brothers, terminando anch’esso il gennaio peggiore di tutta la sua storia.

Il Dow Jones è orientato a chiudere il mese peggiore, anche in questo caso, dal marzo del 2020 e il gennaio peggiore dal 2009.

In particolare, il Nasdaq viaggia a un valore inferiore di oltre il 17,6% rispetto al massimo testato a novembre, in profondo territorio di correzione e vicino a sprofondare anche in mercato orso, mentre lo S&P 500 è al di sotto del suo precedente record del 10% circa.

L’indice delle small cap Russell 2000 è scivolato ieri in mercato orso, chiudendo a un valore inferiore del 20,9% dal suo precedente livello record di chiusura.

Nella sessione di ieri, il Dow Jones ha chiuso piatto, con una variazione negativa pari a -0,02% a 34.160,78 punti; il Nasdaq è sceso dell’1,40% a 13.352,78 punti, mentre lo S&P 500 ha segnato un ribasso dello 0,54% a 4.326,51 punti.

Market mover principale dei mercati, nel corso della settimana che si appresta alla conclusione, è stata la riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, che ha confermato i timori di una banca centrale più hawkish.

Per ora i tassi sui fed funds rimangono fermi nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%; ma “con l’inflazione ben superiore al 2% e un mercato del lavoro solido”, ha annunciato il Fomc, “la Commissione prevede che sarà presto appropriato alzare il range del target per i tassi sui fed funds”.

Il numero uno della Fed, Jerome Powell, ha sottolineato in particolare che “siamo d’accordo sul fatto di alzare i tassi a marzo” e che, riguardo alla riduzione del bilancio o anche Quantitative Tightening, “potremmo muoverci prima e più velocemente” rispetto a quanto previsto in precedenza.
D’altronde, ha rimarcato Powell, “i miglioramenti del mercato del lavoro sono diffusi e significativi” e i “rischi sull’inflazione rimangono rivolti verso l’alto”.

Oggi nuove indicazioni sul trend dell’inflazione Usa sono arrivate con la pubblicazione del dato sulle spese per consumi e i redditi personali, con cui è stato annunciato anche l’indice dei prezzi PCE core, il parametro preferito della Fed.

L’indice PCE core è balzato a dicembre, su base annua, del 4,9%, oltre la crescita del 4,8% attesa dal consensus degli analisti intervistati da Dow Jones. Si tratta del balzo record dal 1983, successivo all’aumento precedente del 4,7%.

Ieri la solidità dei fondamentali Usa è stata confermata dalla pubblicazione del Pil Usa del quarto trimestre del 2021, salito del 6,9% su base annua, ben oltre le attese di una espansione pari a +5,5%, a dispetto dei timori legati a Omicron. Il 2021 si è chiuso così per gli Stati Uniti con un corposo +5,7%, ossia il miglior ritmo di crescita dal lontano 1984.

I trader scommettono ora su cinque rialzi dei tassi nel corso del 2022, ognuno di 25 punti base.

“Il meeting del Fomc non ha portato nessuna sorpresa in termini di politica monetaria. Tuttavia, è possibile che sia stato percepito come più hawkish delle aspettative, visto che il presidente Powell ha parlato del bisogno di entrare in una fase ‘costante’ di normalizzazione di politica monetaria”, ha commentato Chris Hussey, a managing director di Goldman Sachs, in una nota riportata dalla Cnbc.

Finora la stagione degli utili trimestrali si è confermata solida. Delle 145 società quotate sullo S&P 500 che hanno riportato finora i bilanci, il 79,3% ha battuto le attese, secondo i calcoli di Refinitiv.

Apple osservata speciale a Wall Street, con il titolo che sale di oltre il 3% dopo che il colosso guidato da Tim Cook ha annunciato di aver riportato il migliore trimestre di sempre in termini di fatturato. Nel quarto trimestre del 2021, le vendite sono balzate di oltre l’11%, battendo anche la sfida delle interruzioni che, nel periodo del reopening dell’economia, hanno colpito varie catene di approviggionamento di tutto il mondo.

Apple ha battuto le attese degli analisti sul fatturato per ogni categoria di prodotto, a eccezione degli iPad. L’eps si è attestato a $2,10, meglio degli $1,89 per azione stimati, in rialzo del 25% su base annua. Occhio ai tassi sui Treasuries a 10 anni, che si attestano all’1,80% ma che, dopo la pubblicazione del dato relativo all’inflazione, si sono rafforzati fino all’1,827%. Quelli trentennali sono saliti fino al 2,132%.

Is the market crashing? No. Here’s what’s happening to stocks, bonds as the Fed aims to end the days of easy money, analysts say

Last Updated: Jan. 23, 2022 at 6:03 p.m. ETFirst Published: Jan. 22, 2022 at 6:03 p.m. ETBy Mark DeCambre43

As the stock market has convulsed lower and yields for bonds have surged in recent weeks, culminating in a so-called correction for the Nasdaq Composite Index, average Americans are wondering what’s amiss with Wall Street.

Increasingly, Google searches have been focused on the state of the market (and the economy), and for a good reason.

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The Dow Jones Industrial Average DJIA, -1.30% just posted its worst weekly loss since October 2020 and the S&P 500 SPX, -1.89% and Nasdaq Composite COMP, -2.72% logged their worst weekly percentage drops since March 20, 2020, according to Dow Jones Market Data shows.

ReadThe Federal Reserve’s first meeting of 2022 looms as risk of inflation outside of policy makers’ control builds

Searches on Google featured the following popular queries: “Is the market crashing?” And “why is the market crashing?”

What is a market crash?

To be sure, the market isn’t crashing inasmuch as the term “crashing” is even a quantifiable market condition. Declines in stocks and other assets are sometimes described in hyperbolic terms that offer little real substance about the significance of the move.

There is no precise definition for a “crash” but it is usually described in terms of time, suddenness, and/or by severity.

Jay Hatfield, chief investment officer at Infrastructure Capital Management, on Saturday told MarketWatch that he might characterize a crash as a decline in an asset of at least 50%, which could happen swiftly or over a year, but acknowledged that the term is sometimes used too loosely to describe run-of-the-mill downturns. He saw bitcoin’s BTCUSD, 2.92% move as a crash, for example.

He said the overall equity market’s current slump didn’t meet his crash definition, in any regard, but did say stocks were in a fragile state.

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“It’s not crashing but it is very weak,” Hatfield said.

What’s happening?

Equity benchmarks are being substantially recalibrated from lofty heights as the economy heads into a new monetary-policy regime in the battle against the pandemic and surging inflation. On top of that, doubts about parts of the economy, and events outside of the country, such as China-U.S. relations, the Russia-Ukraine conflict, and Middle East unrest, are also contributing to a bearish, or pessimistic tone, for investors.

The confluence of uncertainties has markets in or near a correction or headed for a bear market, which are terms that are used with more precision when talking about market declines.

The recent drop in stocks, of course, is nothing new but it may feel a bit unsettling for new investors, and, perhaps, even some veterans.

The Nasdaq Composite entered correction last Wednesday, ringing up a fall of at least 10% from its recent Nov. 19 peak, which meets the commonly used Wall Street definition for a correction. The Nasdaq Composite last entered correction March 8, 2021. On Friday, the Nasdaq Composite stood over 14% below its November peak and was inching toward a so-called bear market, usually described by market technicians as a decline of at least 20% from a recent peak.

Meanwhile, the blue-chip Dow industrials stood 6.89% beneath its Jan. 4 all-time high, or 3.11 percentage points from a correction, as of Friday’s close; while the S&P 500 was down 8.31% from its Jan. 3 record, putting it a mere 1.69 percentage points from entering a correction.Stock correctionsSource: FactSetNov. 2021’22-12.5-10.0-7.5-5.0-2.502.55.07.5%S&P 500 IndexDow Jones Industrial AverageNASDAQ Composite Index

Worth noting also, the small-capitalization Russell 2000 index RUT, -1.78% was 18.6% from its recent peak, putting it 1.4 percentage points from a bear market.

Underpinning the shift in bullish sentiment is a three-pronged approach by the Federal Reserve toward tighter monetary policy: tapering market-supportive asset purchases, with an eye toward likely concluding those purchases by March; raising benchmark interest rates, which currently stand at a range between 0% and 0.25%, at least three times this year, based on market-based projections; and shrinking its nearly $9 trillion balance sheet, which has grown considerably as the central bank sought to serve as a backstop for markets during a swoon in March 2020 caused by the pandemic rocking the economy.

Taken together, the central-bank’s tactics to combat a burst of high inflation would remove hundreds of billions of dollars of liquidity from markets that have been awash in funds from the Fed and fiscal stimulus from the government during the coronavirus crisis.

Uncertainty about economic growth this year and the prospect of higher-interest-rates are compelling investors to reprice technology and high growth stocks, whose valuations are especially tied to the present value of their cash flows, as well as undermining speculative assets, including crypto such as bitcoin BTCUSD, 2.92% and Ethereum ETHUSD, 4.57%.

“Excessive Fed liquidity had the effect of inflating many asset classes, including meme stocks, unprofitable tech stocks, SPACs[special-purpose acquisition companies], and cryptocurrency,” Hatfield said.

He said the rise in yields for the 10-year Treasury note TMUBMUSD10Y, 1.762%, which has climbed more than 20 basis points in 2022, marking the biggest advance at the start of a new year since 2009, is more a symptom of the expectation of liquidity being removed.

“Liquidity is the key driver, not interest rates, as almost all publicly traded stocks have approximately the same duration/interest rate sensitivity so tech stocks are not disproportionately impacted by rate rises, despite market commentary to the contrary,” Hatfield said.

In any case, the rate-setting Federal Open Market Committee is likely to spend its Jan. 25-26 meeting laying the groundwork for a further shift in policy, which the market is attempting to price into valuations.

How often do markets slump?

Investors ought to be forgiven for thinking that markets only go up. The stock market has been resilient, even during the pandemic.

Still, declines of 5% or more are a frequent occurrence on Wall Street.

Sam Stovall, chief investment strategist at CFRA, said he viewed the current slump for markets as “a very typical tumble.”

“Is it a crash? No. But it is an average decline, believe it or not, it is,” he told MarketWatch over the weekend.

“I would say that the market is doing what it does. A bull market takes the escalator up but bear markets take the elevator down, and as a result people get very scared when the market declines,” he said.  

Stovall prefers to categorize market declines by overall magnitude and doesn’t offer specific criteria for a “crash.”

“[Declines of] zero to 5%, I call noise but the closer we get to 5% the louder the noise,” he said. He said a 5%-10% decline qualifies as a pullback, a drop of at least 10% is a correction for him and a fall of 20% or greater is a bear market.

Salil Mehta, a statistician and a former director of analytics for the U.S. Treasury Department’s TARP program following the 2008 financial crisis, told MarketWatch that given the S&P 500’s drop of over 8%, the probability of a 10%-14% drop from here is 31%, while there is a one-out-of-five chance of a total drop of 30% or more from current levels.

The statistician said there is “a similar probability that the current drawdown eventually turns into something twice as large. And a similar probability the current drawdown instead is over.”

Stovall said it is important to know that markets can swing back in a hurry after downturns. He said it can take the S&P 500 on average of 135 days to get to a correction from peak to trough and only 116 days on average to get back to break even based on data going back to World War II.

Stovall says that this downturn may also be exacerbated by seasonal factors. The researcher said that markets tend to do poorly in the second year of a president’s tenure. “We call it the sophomore slump,” he said.

“Volatility has been 40% higher in the sophomore year, compared with the other three years of the presidential term,” he said.

Stovall said one other factor to consider is that markets tend to do a lot of digesting after a year when returns have been 20% or greater. The S&P 500 registered a 26.89% gain in 2021 and is down 7.7% so far in 2022.

There have been 20 other occasions when the S&P 500 index posted a calendar year gain of 20% or more and experienced a decline of at least 5% in the subsequent year. When such a decline, after a big gain in the previous year, has happened in the first half of the new year, and it has on 12 occasions, the market has gotten back to break even 100% of the times.

Stovall notes that that’s not statistically significant but still notable.

What should investors do?

The best strategy during downturns may be no strategy at all, but it all depends on your risk tolerance and your time horizon. “Doing nothing is often the best strategy,” Hatfield said.

He also pointed to defensive sectors, such as consumer staples XLP, +0.08%, utilities XLU, -0.19% and energy XLE, -1.98%, which often carry healthy dividends and higher-yielding investments like preferred stock as a good option for investors looking to hedge in the face of possibly more volatility.

Financial experts normally caution against doing anything rash, but they also say some Americans have more reason to be concerned than others, depending on their age and investment profile. Someone who is older may want to discuss the situation with their financial adviser and a younger investor may be able to hold tight if they are comfortable with their current investment setup, strategists say.

Pullbacks can be opportunities for asset accumulation if an investor is prudent and judicious in selecting their investments. However, downturns often result in hive thinking, with market participants selling in droves.

Market declines “shake investor confidence and tends to beget more selling,” Hatfield said.  

Ultimately, though investors need to be cautious and smart about how they think about the market, even in the face of so-called crashes.

Wall Street: Nasdaq scivola ulteriormente in fase correzione, verso settimana peggiore da ottobre 2020. Netflix -20%

21/01/2022

L’ondata di sell off continua ad assediare Wall Streeet, e in particolare il Nasdaq, che scivola ulteriormente in fase di correzione, zavorrato dal tonfo di Netflix. Passate le 16 ora italiana, il Dow Jones cede 100,76 punti (-0,29%), a 34.619 punti, lo S&P 500 arretra dello 0,88% a 4.442, mentre il Nasdaq scende dell’1,50% a 13.948 punti circa.

I sell che hanno assediato il listino hi-tech sono stati provocati principalmente dal balzo dei tassi dei Treasuries a 10 anni, volati questa settimana anche oltre l’1,90%, al record dal dicembre del 2019. I tassi a 30 anni sono saliti fin oltre la soglia del 2,20% mentre i rendimenti a un anno hanno riagguantato la soglia dell’1% per la prima volta in due anni, dal periodo precedente la pandemia Covid-19. Oggi i rendimenti dei Treasuries Usa fanno un dietrofront significativo: quelli a 10 anni perdono 7 punti base all’1,75%; quelli a 30 anni arretrano fino al 2,074%.

Sia il Dow Jones che lo S&P 500 si apprestano a concludere la terza settimana consecutiva di perdite; il Nasdaq, con un calo settimanale dello 0,5%, sta per chiudere la settimana peggiore dall’ottobre del 2020.

Male anche l’indice Russell 2000, che si avvia a chiudere la settimana peggiore da giugno del 2020.

Cruciale sarà la prossima settimana quando il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, si riunirà il 25 e il 26 gennaio per annunciare le prossime mosse di politica monetaria.

Il mercato dei fed funds è arrivato a scontare negli ultimi giorni un primo rialzo dei tassi nella riunione di marzo, dal range attuale compreso tra lo zero e lo 0,25%.

Il risk off ha scatenato forti ribassi nelle ultime ore anche del Bitcoin: la criptovaluta numero uno al mondo è capitolata di oltre il 10% fino a $38.233 circa.

Protagonista tra i titoli il crollo di Netflix, titolo che ha beneficiato in modo importante dei lockdown da Covid-19 e che ora soffre il reopening dell’economia.

Dalla trimestrale pubblicata ieri dopo la fine delle contrattazioni a Wall Street, è emerso che, nel quarto trimestre del 2021, il numero degli abbonati di Netflix è cresciuto su base netta di 8,28 milioni di unità, meglio della crescita di 8,19 milioni stimata dagli analisti. Tuttavia, il numero è inferiore alla crescita di 8,5 milioni di abbonati segnata da Netflix esattamente l’anno precedente, nel quarto trimestre del 2020.

Non solo: nell’intero 2021 la crescita è stata di 18,2 milioni di nuovi abbonati, meno della metà dei nuovi abbonati che Netflix era riuscita ad attrarre nei primi sei mesi del 2020.

Sconfortante l’outlook: per il primo trimestre del 2022, il gruppo prevede un aumento dei nuovi abbonati, su base netta, di appena 2,5 milioni di unità, decisamente al di sotto dei 3,98 milioni di nuovi abbonati del primo trimestre del 2021, e ancora peggio rispetto ai +6,93 milioni attesi dagli analisti, secondo le stime di StreetAccount. Gli analisti intervistati da FactSet avevano previsto un numero anche superiore, pari a +7,25 milioni di abbonati.

Il titolo del gigante dello streaming è crollato così nelle contrattazioni afterhours di Wall Street del 20%: un ribasso che significa che è andata in fumo una capitalizzazione di quasi $45 miliardi, su un valore di mercato complessivo che, alla fine della giornata di contrattazioni di ieri, era superiore ai $225 miliardi.

Molto male ieri anche Peloton, affondato del 24%, sulla scia di un report della Cnbc secondo cui il gruppo starebbe interrompendo temporaneamente la produzione dei suoi attrezzi di fitness. Le quotazioni rimbalzano tuttavia di oltre +4%, dopo che il ceo ha smentito i rumor.

La società ha comunicato inoltre nelle ultime ore la decisione di far pagare ai suoi clienti le spese di spedizione e configurazione dei suoi prodotti Bike e Tread, in parte a causa della fiammata dell’inflazione.

Il prezzo della sua Bike arriverà così a 1745 dollari da 1495, mentre il tapis roulant meno costoso salirà a 2.845 dollari da 2.495 dollari di ora.

Sull’azionario prevalgono i sell dopo l’ingresso del Nasdaq in fase di correzione: con il calo della vigilia, il listino hi-tech viaggia a un valore inferiore dell’11,85% rispetto alla chiusura record dello scorso novembre.

Scott Redler, analista di T3 Live, spiega il trend ribassista di Wall Street con la rottura di importanti livelli chiave, come nel caso dello S&P 500, che ha chiuso ieri al di sotto della soglia di 4.500 punti per la prima volta dallo scorso 18 ottobre. Da un punto di vista tecnico, secondo Redler la rottura del supporto indica un successivo calo fino a quota 4.320, livello che rappresenterebbe un calo del 10% per l’indice S&P (e che quindi farebbe entrare anche questo listino in fase di correzione).

Prosegue la stagione degli utili trimestrali Usa che, la prossima settimana, vedrà protagonisti i risultati di bilancio di Apple e Tesla.

AllianzGI vede contesto positivo per l’azionario nel medio periodo

Nel weekly outlook di AllianzGI, Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research, scrive che le banche centrali saranno guidate da “3 D”: demografia, decarbonizzazione e dominanza fiscale

 di Virgilio Chelli  22 Gennaio 2022 – 8:30

Molte banche centrali nel mondo hanno iniziato ad aumentare i tassi mentre la Cina va in direzione opposta, operando un allentamento, che potrebbe essere la prima di una serie di misure espansive, per sostenere i finanziamenti al settore privato e al real-estate, a fronte della decelerazione della crescita del PIL al 4% anno nel quarto trimestre 2021. Intanto la BCE mantiene un approccio attendista, anche se l’aumento dell’inflazione nell’Area Euro è più persistente di quanto prospettato in un primo momento.

DEMOGRAFIA, DECARBONIZZAZIONE E DOMINANZA FISCALE

L’autorità monetaria europea procede davvero con i piedi di piombo, sottolinea nel weekly outlook di AllianzGI Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research, e sinora si è limitata a cauti adeguamenti delle dichiarazioni. Considerando le prossime mosse, i due aspetti principali di cui dovrà tener conto sono, secondo l’esperto di AllianzGI, demografia e decarbonizzazione, a cui va aggiunta una terza “D”, vale a dire la dominanza fiscale. Il rialzo dei tassi di interesse va infatti di pari passo con il crescente indebitamento nel settore pubblico, e alla fine bisognerà chiedersi chi pagherà il conto.

FED VERSO RIALZO DEI TASSI

La settimana prossima sarà caratterizzata da alcuni eventi rilevanti sul fronte monetario. Negli USA si terrà la riunione del FOMC. Il tapering è iniziato e un primo rialzo dei tassi in marzo appare a Naumer verosimile. Poiché la Fed si colloca decisamente “dietro la curva”, gli osservatori vorranno sapere se e in che misura il tema della riduzione del bilancio gonfiato dagli acquisti del quantitative easing verrà messo sul tavolo. I mercati monetari scontano tre inasprimenti nel 2022. AllianzGI si aspetta una linea ancor più restrittiva e quattro rialzi.

TUTTI I DATI IN ARRIVO DA MONITORARE

Al di là della politica monetaria, a dominare i dati saranno gli indicatori del sentiment: i PMI manifatturieri di Markit per l’Area Euro, l’Indice della Fed di Chicago, e l’indice Ifo del sentiment delle imprese tedesche. Rispetto ad altri mercati avanzati, la Germania ha registrato una ripresa modesta nel 2021, e sarà importante scoprire se gli sconvolgimenti sulle filiere e la quarta ondata di Covid-19 pesano sulla fiducia delle imprese oppure è lecito aspettarsi un netto rimbalzo nel 2022. Poi dagli USA arrivano l’indice sulla fiducia dei consumatori del Conference Board e l’Indagine sull’attività manifatturiera della Fed di Richmond, l’Indice GfK sulla fiducia dei consumatori in Germania e i dati sugli ordini di beni durevoli negli USA, e infine il PIL tedesco del quarto trimestre 2021 e l’Indice del sentiment dell’Università del Michigan.

VOLATILITÀ E PEGGIORAMENTO DEL SENTIMENT

In generale, secondo l’esperto di AllianzGI, il ciclo economico sembra ora attraversare una fase matura e si attendono segnali di rallentamento, con sviluppi che varieranno leggermente a livello di area geografica e Paese. Gli indicatori di forza relativa per i principali mercati azionari sono bloccati in terra di nessuno e non lasciano presagire pressioni di vendita nell’immediato, anche se la volatilità delle ultime settimane ha comportato un peggioramento del sentiment.

BASSA CONSAPEVOLEZZA DEI RISCHI

A sorprendere Naumer è il fatto che l’indicatore di “fiducia eccessiva” elaborato da AllianzGI, che compara gli utili attesi per l’azionario USA con la volatilità effettiva misurata dal VIX, si attesta quasi una deviazione standard sopra la media a lungo termine da inizio anni ’90. Di conseguenza sembra che, date le valutazioni attuali, la consapevolezza dei rischi non sia molto alta. Detto ciò, non si può escludere una rapida inversione del sentiment in caso di aumento delle tensioni geopolitiche.

CONTESTO POSITIVO PER L’AZIONARIO

Alla fine, secondo l’esperto di AllianzGI saranno le tre “D” della politica monetaria a determinare gli sviluppi sui mercati. Le pressioni inflazionistiche sono sempre più forti, la velocità di reazione delle banche centrali è eterogenea e la riduzione della liquidità procederà in modo molto graduale. Nonostante le molteplici incertezze, il contesto attuale dovrebbe rivelarsi positivo per le azioni in un’ottica di medio periodo, conclude Naumer augurandosi che il 2022 sia l’anno delle tre “R”: rendimenti, rendimenti, rendimenti.

L’Fmi avverte Powell: “Rischioso alzare i tassi”

22 Gennaio 2022 – 06:00

Il Fondo monetario: “Ripresa a rischio”. Borse giù, Milano -1,8%. Timori sulla stretta a marzoRodolfo Parietti0

Ancora deve muovere un dito, e già lo tirano per la giacchetta. Tempi duri, per Jerome Powell. Jay si muove sul filo del rasoio, ed Occam non è d’aiuto: la via più semplice per far piegare la testa all’inflazione è quella di alzare i tassi, ma non è detto che porti fuori dal bosco. Il Fondo monetario internazionale ha mandato ieri un avvertimento alla banca centrale Usa, ricordandole quanto una stretta al costo del denaro potrebbe «gettare acqua fredda» sulla già debole ripresa economica in alcuni Paesi, per lo più in un momento in cui il debito globale ha toccato nel 2020 i 226mila miliardi di dollari, il più grande aumento in un anno dalla Seconda guerra mondiale.

Per la verità, causa Omicron, la recovery ha perso smalto ovunque. Quindi, fare la faccia feroce al carovita presenta dei rischi, tra cui quello di ritrovarsi presto alle prese con una stagflazione, nonostante da Davos il segretario al Tesoro Janet Yellen abbia assicurato che «il ritmo della nostra ripresa attuale ha superato anche le aspettative più ottimistiche». La Bce ha per ora mantenuto un approccio più prudente della Federal Reserve. Anche perché, sempre da Davos, la presidente Christine Lagarde ha ribadito di ritenere «improbabile» che nell’eurozona i livelli del carovita raggiungano quelli degli Stati Uniti. Bocce ferme, a patto che in marzo le nuove stime sui prezzi non siano da allarme rosso. In tal caso, «agiremo».

La Fed ha invece già varcato da settimane il suo Rubicone con un deciso cambio di spartito. Difficile che faccia retromarcia. Con l’avvicinarsi della riunione di mercoledì prossimo, i mercati hanno però dato segni di un crescente nervosismo che si è propagato ieri all’Europa (-1,84% Milano, allineata al calo dell’Eurostoxx600): il timore è che l’azzeramento del piano di stimoli da 120 miliardi al mese sia accompagnato da un giro di vite di mezzo punto, o forse ancora più robusto. Una mossa choc che, verosimilmente, si tradurrebbe in un’altra carneficina a Wall Street. Lì, l’umore già plumbeo ha virato ieri al nero (-1,21% il Nasdaq a un’ora dalla chiusura, non appena Netflix ha annunciato di aver fallito l’obiettivo di abbonati. Il titolo ha perso in un botto oltre il 20% ed è sceso sotto i 400 dollari, 300 in meno rispetto a due mesi fa. Oltre a creare preoccupazione per le trimestrali, attese la prossima settimana di big come Microsoft, Tesla e Apple, la Waterloo del colosso dello streaming rivela le debolezze strutturali della Borsa di New York.

Dove, come ha sottolineato Goldman Sachs, il 51% di tutti i guadagni accumulati da aprile in poi sono stati realizzati grazie ad appena cinque titoli. Gettonatissimi da quegli investitori retail che ora se la danno a gambe (giovedì scorso hanno venduto titoli per la bellezza di 53 miliardi), vista la malaparata del mercato tecnologico. Gli analisti si interrogano su quale sarà il livello di resistenza della Fed in caso di prolungati rovesci di Wall Street. Secondo alcuni, l’istituto di Washington potrebbe sopportare una correzione del 20% prima di fare retromarcia sui tassi.

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inflazionetassi

‘Il grande crollo è iniziato, S&P 500 andrà giù del 45%’. Jeremy Grantham non ha dubbi ed elenca tutti i sintomi della super bolla

21/01/2022

Jeremy Grantham, investitore celebre per le chiamate delle scoppio di bolle di mercato,  ieri ha affermato che lo storico crollo delle azioni che aveva previsto un anno fa è in corso e persino l’intervento della Federal Reserve non può impedire un crollo di quasi il 50%. Grantham, co-fondatore del gestore patrimoniale di Boston GMO, descrive le azioni statunitensi come in una “super bolla”.

Come successo nel crollo del 1929, nel crollo delle dot-com del 2000 e nella crisi finanziaria del 2008, l’investitore è certo che questa bolla scoppierà. Questo implica a suo avviso che l’S&P 500 scenderà di circa il 45% dalla chiusura di mercoledì – e del 48% dal picco del 4 gennaio – a un livello di 2.500 punti.https://212c6c358ee02d3c95226022b097f159.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html

Grantham è considerato tra i maggiori esperti dei mercati azionari, dei bond e delle commodities ed è conosciuto, di fatto, anche per essere riuscito a prevedere diverse bolle speculative.

Da possibilità a quasi certezza

L’economia americana rischia l’atterraggio duro, ecco perché la FED non alza i tassi

L’economia americana si è ripresa molto presto dal Covid, ma ha basi fragili. Entro breve rischia una recessione ancora più grave.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 20 Gennaio 2022 alle ore 15:41

Tasso di disoccupazione sotto il 4%, milioni di lavoratori che si dimettono per la fiducia di trovare un’occupazione migliore, PIL reale tornato già da tempo ai livelli pre-Covid. Tutto si direbbe, tranne che l’economia americana se la passi male. Eppure, sembra un gigante dai piedi di argilla. L’inflazione è salita al 7% a dicembre, mai così alta dal 1982. La Federal Reserve dovrebbe alzare i tassi d’interesse senza pensarci un attimo, dato che il suo target è del 2%. Tuttavia, si mostra attendista e forse non a caso.

Un rialzo dei tassi è atteso già al board di marzo, ma il problema sta nella capacità dell’economia americana di assorbirlo. La borsa è vistosamente iper-comprata. Il rapporto tra prezzi e utili delle società quotate nell’S&P 500 è salito mediamente a quasi 26, un dato di oltre il 60% più alto della media storica. In sostanza, il mercato azionario a Wall Street sarebbe in bolla. E poi ci sono i fondamentali macro: il disavanzo commerciale nel 2021 si è attestato a oltre 1.000 miliardi di dollari, qualcosa come quasi il 4,5% del PIL. Il saldo corrente è risultato negativo del 3,7% del PIL nel terzo trimestre, mentre il deficit fiscale è esploso a 2.770 miliardi, qualcosa come poco meno del 12% del PIL.

L’economia americana è iper-indebitata: nel settore pubblico è esposta per oltre il 127% del suo PIL, in quello privato per circa il 240%. La verità è che gli americani consumano troppo e a debito. I consumi delle famiglie incidono per il 68% del PIL, quando nell’Eurozona si attestano mediamente al 53%. Una differenza di 15 punti è notevole tra due economie comparabili.

Economia americana e squilibri macro

Questa montagna di debito si regge sui bassi tassi d’interesse e a sua volta provoca squilibri fiscali e commerciali evidenti.Se non fosse l’America, questo stato di cose avrebbe provocato una crisi del cambio. Ma il mondo continua a fidarsi del dollaro, ancora di fatto unica valuta di riserva mondiale. Questo sta permettendo all’economia americana di crescere a fronte di squilibri crescenti. Prima o poi, però, i nodi arriveranno al pettine. Finché l’inflazione oscillava intorno al target del 2%, il costo del denaro poteva rimanere basso e finanziare la bolla finanziaria. Adesso, inizia ad essere percepito insostenibile.

Un cittadino americano che finanziasse il suo governo, allo stato attuale si vedrebbe decurtato il capitale in dieci anni di oltre la metà del suo valore reale. Zio Sam non può sperare di attirare indefinitamente la fiducia dei suoi stessi cittadini derubandoli. Quest’anno, la FED dovrebbe alzare i tassi all’1-1,25%. Troppo poco, eppure già i timori sono altissimi. Cosa ne sarà della borsa? E quale il contraccolpo su famiglie e imprese? Per non parlare dello stato federale. Non può continuare ad ignorare il problema irrisolto ormai da decenni: o taglia la spesa pubblica o alza l’imposizione fiscale o fa un mix delle due cose. L’unica opzione impossibile sarebbe di lasciar stare le cose come sono.

Il risanamento dei conti pubblici ridurrebbe la domanda aggregata interna, abbassando le importazioni e riequilibrando anche la bilancia commerciale. Sarebbe inevitabilmente un duro colpo per l’economia mondiale, venendo meno il suo principale acquirente netto. L’unica alternativa sarebbe un secondo Accordo di Plaza con cui concordare tra le principali potenze del globo (USA, Europa e Cina) la svalutazione del dollaro. Ma richiederebbe con ogni probabilità una stretta monetaria per frenare l’inflazione importata, un fatto che colpirebbe i consumi interni e gli investimenti. Insomma, dai fondamentali economici non si scappa. Gli USA ci sono riusciti già per fin troppi anni. E più tempo passa, più il conto da pagare sale al termine della festa sale.

Asset allocation di gennaio: con i rendimenti reali negativi, l’azionario resta scelta obbligata

Di Redazione AdviseOnlyGennaio 19, 202200

ASSET ALLOCATION

Ed eccola qua, la nostra asset allocation di inizio 2022 che in tanti, nelle settimane scorse, ci avete (giustamente) chiesto. Come siamo messi, da quali rischi guardarci e dove andare a monitorare le più interessanti opportunità? Vediamo di rispondere per gradi a tutte queste domande.

Qual è il quadro di fondo?

L’economia è, su scala globale, piuttosto in salute: gli indici PMI dei Paesi Sviluppati convergono in area (fortemente) espansiva, segnalando vivacità e ottimismo sul fronte manifatturiero. Un po’ meno frizzanti le economie dei Paesi Emergenti, ma comunque in area 50 punti (la soglia di neutralità). Il mercato del lavoro è stabile negli Stati Uniti, ed è in lieve miglioramento sul Vecchio Continente.

Dal punto di vista macro, la variabile più critica è l’inflazione, in sensibile rialzo negli Stati Uniti e in Europa, ma anche in Cina e India. Abbandonata da quasi tutti i commentatori economici l’ipotesi che si tratti di un fenomeno transitorio, è però vero che l’idea di un’inflazione più elevata non è più una novità (e quindi un market mover), essendo ormai metabolizzata dagli operatori, e l’atteggiamento delle principali banche centrali è diventato più restrittivo e guardingo nei confronti della dinamica dei prezzi.

Complessivamente, peraltro, i prezzi delle materie prime si sono relativamente stabilizzati (indice globale).

Cosa dire del quadro di mercato?

Supportato da una crescita economica abbastanza robusta, il mercato azionario mondiale ha continuato a manifestare un trend positivo, nonostante qualche correzione ed episodio di volatilitàche rimane su livelli di assoluta norma.

Gli indicatori di rischio sistemico non segnalano situazioni di stress particolare, e ne consegue che il mercato è “risk-on”, cioè prono, in aggregato, all’assunzione di rischi.

Ne consegue anche che il rapporto tra prezzi e valori fondamentali è, sulle principali Borse mondiali, molto elevato: tecnicamente, larga parte dei mercati (con la notevole eccezione del Giappone) presenta condizioni da “bolla speculativa”. Questa condizione, però, può anche restare latente per anni (come la storia delle bolle speculative ci insegna) per poi manifestarsi in forma conclamata all’improvviso, in modo del tutto imprevedibile.

Le obbligazioni continuano a presentare rendimenti reali negativi, nonostante l’aumento dei rendimenti nominali, che rischia di continuare, viste le politiche monetarie più restrittive delle banche centrali e i conseguenti probabili aumenti dei tassi di interesse in futuro. I dividendi, inoltre, sono molto interessanti rispetto ai rendimenti delle obbligazioni.

Pertanto, a fronte di queste condizioni, in un mercato in cui la liquidità non manca e da qualche parte occorre investire, l’azionario resta una scelta obbligata da parte degli asset manager di tutto il mondo, sostenendo così i prezzi delle azioni.

E veniamo alle nostre valutazioni

Le nostre valutazioni, che combinano metriche sia “Value” sia “Momentum” (sicché il massimo è quando un asset class ha valutazioni ragionevoli ma presenta anche un trend di prezzo positivo), mostrano la presenza di valore relativo sulle azioni brasiliane e quelle giapponesi e, molto marginalmente, sulle obbligazioni, soprattutto in area Corporate.

La Borsa brasiliana, in particolare, mostra eccellenti valutazioni, ha già “spurgato” nei mesi scorsi i prezzi eccessivamente elevati e potrebbe beneficiare delle condizioni del mercato delle materie prime, al cui prezzo è particolarmente esposta.

Per finire, uno sguardo ai cosiddetti “Megatrend”, le tendenze di lunghissimo periodo: se li analizziamo considerando congiuntamente “Value” e “Momentum”, ecco che rispetto al resto spiccano Natural Resources e Healthcare.


I punti di forza dell’azionario secondo abrdn

Ben Ritchie, Head of European Equities di abrdn, vede motivi di ottimismo per generare ritorni e ritiene che nonostante ci siano numerosi fattori critici la maggior parte delle aziende europee sia in grado di gestirli

 di Virgilio Chelli  20 Gennaio 2022 – 14:26

I mercati si chiedono se il 2022 potrà replicare un 2021 straordinario per gli investitori azionari europei, con gli utili delle aziende che hanno beneficiato di una crescita economica, sia interna che globale, a livelli record. Guardando ai prossimi mesi, aziende e investitori dovranno probabilmente navigare in uno scenario più difficile, ma le opportunità emergono spesso proprio dalle avversità, e in nessun altro luogo come in Europa. Nel suo ’outlook sull’azionario europeo, Ben Ritchie, Head of European Equities di abrdn, parla di un anno ricco di sfide, con la crescita economica che rallenterà anche per l’effetto di base di raffronto con un periodo stellare e a seguito del graduale ritiro del sostegno monetario e fiscale messo.

LE PRESSIONI INFLAZIONISTICHE

Inoltre, i costi dei fattori produttivi, come materie prime e trasporto, sono aumentati drasticamente e le catene di approvvigionamento sono state messe sotto pressione, spingendo l’inflazione e ostacolando la crescita in alcuni settori. Anche le pressioni salariali sono diventate più visibili insieme alle estreme dislocazioni nei mercati dell’energia mentre la spinta verso le emissioni zero accelera, il che ha colpito la redditività di molti settori, in particolare industriali e dei beni di prima necessità. Per molte aziende questi problemi potrebbero persistere per tutto il 2022, e anche le aspettative che l’inflazione superi l’obiettivo quest’anno hanno guadagnato terreno.

UN PUZZLE PER LE BANCHE CENTRALI

Secondo Ritchie tutto questo ha creato un puzzle ancora più complesso per le banche centrali, e anche il rallentamento della crescita in Cina, uno dei motori della crescita globale, sarà un fattore che dovranno considerare visto l’impatto della politica “Zero Covid”, le turbolenze nel mercato immobiliare e le implicazioni per il sentiment sulla domanda, ma l’esperto di abrdn vede motivi di ottimismo per chi riesce a generare ritorni e ritiene che nonostante la lunga lista di timori la maggior parte delle aziende europee sia in grado di gestire questi fattori.

INTERROGARSI SUI MULTIPLI DI VALUTAZIONE

Ritchie raccomanda agli investitori di continuare a concentrare attenzione e capitale sulle aziende che possono generare utili, flussi di cassa e crescita dei dividendi, vale a dire con forti posizioni competitive, pricing power e accesso a fattori di crescita strutturali. Attenzione anche a quelle con capacità di restituire il capitale in eccesso agli azionisti. Un compito non facile, anche per la prospettiva “molto reale” di un aumento dei tassi, che impone agli investitori di porsi domande sui multipli di valutazione che stanno pagando.

EUROPA BEN POSIZIONATA

In generale, osserva Ritchie, le aziende che hanno maggiori probabilità di realizzare utili tendono ad avere valutazioni più generose e gli investitori potrebbero dover scegliere tra rischio di guadagno e rischio di valutazione. La sensazione dell’esperto di arbdn è che opteranno per quest’ultimo perché molti saranno disposti a tollerare valutazioni più alte in cambio della maggiore fiducia che l’azienda possa fornire profitti, flussi di cassa e dividendi. L’Europa vanta un buon numero di aziende con queste caratteristiche: secondo abrdn oltre la metà delle aziende europee è in settori che dovrebbero crescere in modo sostenibile in mercati più difficili, fornendo utili resistenti. Un’ampia esposizione che si confronta favorevolmente con gli Stati Uniti.

SETTORI E AZIENDE IN CUI INVESTIRE

In questo scenario, segmenti come l’assistenza sanitaria, i beni di consumo e persino i settori finanziari offrono secondo Ritchie molte opportunità per gli investitori che cercano in Europa prospettive a lungo termine convincenti. In particolare abrdn punta sulle aziende guidate più da tendenze strutturali che cicliche, che dovrebbero dimostrarsi più resilienti. Ritchie cita Deutsche Boerse, ben posizionata per sfruttare lo spostamento del mercato verso l’azionario e la crescita di domanda di dati, Pernod Ricard, in grado di beneficiare dell’ascesa della classe media nei mercati emergenti e della transizione in corso verso le bevande premium, e trova interessante anche Amplifon, che beneficia dell’invecchiamento della popolazione mondiale, della crescente penetrazione degli apparecchi acustici e dell’opportunità di consolidare un mercato frammentato.

RENDIMENTI DI TUTTO RISPETTO

In conclusione, abrdn prevede che, dall’inflazione ai tassi d’interesse, dal Covid al rallentamento della crescita, il 2022 sarà un anno complesso, ma ritiene che le prospettive di rendimento saranno ancora di tutto rispetto per gli investitori europei disposti a essere selettivi e a sostenere le società con la capacità di far crescere il potere di determinare i prezzi, anche in un contesto di peggioramento.

I mercati azionari devono affrontare un 2022 di grandi inversioni di tendenza

Neuberger Berman, nelle Prospettive settimanali del CIO firmate da Joseph V. Amato, prevede volatilità causata da transizioni epocali sui fronti inflazione, politiche monetarie, transizione energetica e Cina

 di Virgilio Chelli  19 Gennaio 2022 – 6:50

Il 2022 sarà probabilmente un anno incerto e impegnativo per gli investitori azionari. Dopo due anni di pandemia, i prossimi 12 mesi potrebbero rivelarsi più difficili perché segneranno importanti inversioni di tendenza. Alcuni fenomeni tecnici e fondamentali, che producono i loro effetti da anni o addirittura decenni, sembrano destinati a mutare, ed è probabile che i mercati finanziari manifesteranno maggior volatilità mentre li assorbiranno questi cambiamenti. Lo prevede Neuberger Berman, nelle Prospettive settimanali del CIO, firmate da Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer — Equities con il titolo “2022: un anno di grandi transizioni”

L’ALTA INFLAZIONE LASCERÀ TRACCE DUREVOLI

Secondo Amato i più significativi saranno l’inflazione, le politiche monetarie e la liquidità, l’energia e la Cina. In Europa e Stati Uniti l’inflazione ha iniziato a crescere e nel 2022 arriverà la conferma che lo shock lascerà tracce durature, perché in questo ciclo i prezzi cresceranno più rapidamente e con maggiore volatilità di quanto abbiano fatto dagli anni ‘80. I colli di bottiglia dovuti alla pandemia potrebbero risolversi, ma è probabile che correzioni nelle catene di approvvigionamento di natura più strutturale, la transizione verso le energie pulite, lo “skill mismatch” e altri squilibri nel mercato del lavoro alimenteranno un’inflazione più a lungo termine dei salari, dei combustibili e degli immobili, secondo Amato.

VERSO PROSCIUGAMENTO DELLA LIQUIDITÀ

Proprio per l’inflazione, il tasso reale della Fed è su livelli perfino più bassi di quelli degli anni ‘70. Al momento i futures sui Fed Fund scontano un rialzo dei tassi a marzo quasi certo, mentre solo a ottobre la probabilità era prossima a zero. La volatilità è esplosa a inizio anno dopo la pubblicazione dei verbali della riunione di dicembre della Fed che hanno rivelato non solo l’avvio del tapering entro marzo ma anche una svolta rapida per ridurre attivamente il bilancio della Banca centrale. Inoltre rimangono grandi quantità di liquidità che potrebbero affluire verso beni, servizi e mercati azionari.

RISCHI DI ERRORI DI POLICY

Il nuovo orientamento di politica monetaria implica rialzi dei tassi e rapido drenaggio di liquidità, a cui si aggiunge il progressivo abbandono del sostegno fiscale aggiungendo inasprimento alle condizioni di liquidità. Mutamenti tanto rapidi, sottolinea Amato, accrescono notevolmente il rischio di errore di policy, e in particolare che la Fed aumenti i tassi più rapidamente del previsto per far rallentare l’inflazione, che determinerebbe con tutta probabilità un significativo rallentamento dell’attività economica.

GLI EFFETTI DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA

Un’altra transizione che avrà luogo nel 2022 segnalata da Amato riguarda il mix energetico mondiale. Gli impegni di azzerare le emissioni nette hanno preso slancio, ma dopo la COP26 e il rientro degli USA negli accordi di Parigi porta l’esperto di Neuberger Berman a prevedere un punto di svolta che riguarderà politiche, pianificazione delle aziende e allocazione dei capitali. La transizione può risultare inflazionistica quando si scontra con la domanda di energia di un’economia in ripresa al di sopra dei livelli tendenziali ed è difficile da gestire per le banche centrali.

CRESCITA CINESE MENO RAPIDA

Nel passato, osserva Amato, le grandi transizioni energetiche hanno prodotto instabilità nei mercati delle materie prime, e nel lungo periodo i cambiamenti climatici rappresentano un enorme rischio, ma va prestata grande attenzione alle dinamiche di breve periodo delle iniziative di mitigazione dei cambiamenti. Infine, sulla Cina, Amato ritiene che la seconda economia mondiale che più ha contribuito alla crescita globale negli ultimi 20 anni stia ora in direzione di una crescita meno rapida ma distribuita in modo più equo.

TENDENZE OPPOSTE RISPETTO AGLI USA

Per rendere il 2022 un anno ancora più impegnativo, rileva Amato, questa transizione di lungo periodo potrebbe entrare in conflitto con una di natura ciclica verso politiche monetarie e fiscali più accomodanti e una crescita leggermente più robusta. Proprio mentre negli Stati Uniti l’inflazione toccava i massimi da 40 anni in Cina iniziava a rallentare sotto le previsioni: due tendenze opposte nelle due più grandi economie del mondo che rafforzano le nostre previsioni di Neuberger Berman di maggior volatilità quest’anno.

POSSIBILE FORTE VOLATILITÀ

Inflazione, politiche monetarie, liquidità, energia, Cina, sono i fattori che secondo Amato daranno luogo a una serie di inversioni di tendenza che terranno impegnati gli investitori azionari nel 2022. Sono mutamenti che potrebbero non rivelarsi in grado di far deragliare la ripresa, incidere significativamente sugli utili o far aumentare i default creditizi. Ma inversioni di tendenza come queste possono generare una grande volatilità e, in generale, aumentano rischio e incertezza. È decisamente possibile, conclude Amato, che i mercati azionari chiudano il 2022 su livelli più alti di quelli attuali, ma le frenetiche oscillazioni delle prime due settimane dell’anno possono rappresentare un assaggio di ciò che ci aspetta.

Fed sotto assedio su inflazione, Bill Ackman: ‘adotti una strategia shock and awe’. Dimon (JP Morgan): necessari fino a sette rialzi dei tassi

18/01/2022

La Fed deve ricorrere alla strategia ‘shock and awe’, ovvero deve ‘scioccare e terrorizzare’ i mercati finanziari al fine di “ripristinare la propria credibilità”,chiedendosi se davvero quattro strette monetarie, nel corso del 2022, possano bastare a evitare il surriscaldamento dell’economia.  E’ quanto ha scritto il gestore di hedge fund Bill Ackman in alcuni post su Twitter:

“The @federalreserve could work to restore its credibility with an initial 50 bps surprise move to shock and awe the market, which would demonstrate its resolve on inflation”. 

Per Ackman, in questo modo Jerome Powell & Co potrebbero dimostrare di fare sul serio nello scongiurare ulteriori impennate dell’inflazione.

Occhio anche alle ultime dichiarazioni di Jamie Dimon, amministratore delegato e presidente di JP Morgan, che – nel commentare l’outlook di Goldman Sachs – aveva già detto qualche giorno fa che sarebbe sorpreso se, quest’anno, le strette da parte della Fed fossero soltanto quattro.

Venerdì scorso, Dimon è tornato sulla questione, paventando fino a sette rialzi dei tassi sui fed funds. 

Il ceo di JP Morgan non ha dato un timing preciso, né  ha precisato l’arco temporale in cui, a suo avviso, la Fed di Jerome Powell alzerà i tassi per ben sette volte.

Le sue dichiarazioni sono state in ogni caso decisamente hawkish:

“Prevedo più rialzi dei tassi rispetto a quelli prezzati dalla curva”, ha detto il manager, nel commentare la trimestrale del colosso bancario la cui diffusione, tra l’altro, ha fatto capitolare le quotazioni del titolo del 6% circa a Wall Street.

Nella conference call con gli analisti Dimon ha detto di credere che ci sia “una possibilità molto alta che le strette saranno alla fine più di quattro. Potrebbero essere sei – ha aggiunto – oppure sette“. D’altronde,  “i consumi sono molto solidi” negli Usa e le aziende “versano davvero in buone condizioni di salute”.

Insomma,  tutto va bene in termini di crescita dell’economia, a fronte di “un fattore negativo, che è rappresentato ovviamente dall’inflazione”.

L’AD ha rassicurato tuttavia sul fatto che l’espansione dell’economia americana non sarà frenata dal ciclo di politica monetaria restrittiva da parte della Fed, confermando la sua fiducia nella resilienza dei fondamentali Usa.

Piuttosto, una certa sorpresa è stata manifestata riguardo al trend dei  tassi di interesse Usa di più lungo termine, in particolare sui rendimenti dei Treasuries a 30 anni che continuano a oscillare attorno al 2,09%, rimanendo nel range all’interno del quale si sono posizionati durante il periodo peggiore della pandemia Covid-19.

Probabilmente, ha azzardato Jamie Dimon, una reazione più importante avverrà nel momento della riduzione del bilancio della Fed, scenario tra l’altro anticipato dalle minute del Fomc .

Tornando a Ackman, il gestore definito superstar del mondo della finanza, ha detto di ritenere che la Fed stia perdendo la sua battaglia contro l’inflazione. Una inflazione che, in base a diversi parametri, viaggia al ritmo record in 40 anni circa, sulla scia della riapertura dell’economia nel periodo post Covid-19, che si è tradotta nella difficoltà dell’offerta a stare al passo con la domanda.

Ackman ritiene che la Federal Reserve sia rimasta indietro anch’essa, e ha avvertito che l’inflazione provocherà “conseguenze economiche dolorose per i più vulnerabili“.

Attenzione tra l’altro proprio oggi alla nuova impennata dei tassi sui Treasuries Usa con scadenza a 10 anni, saliti nelle ultime ore all’1,84%, al nuovo record dal gennaio del 2020.

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I tassi decennali viaggiano al di sopra della media mobile degli ultimi 200 giorni e potrebbero, secondo l’analisi tecnica, balzare a questo punto verso i massimi di novembre e dicembre del 2019, attorno all’1,96%, dopo aver chiuso il 2021 all’1,51%.  Proprio l’accelerazione improvvisa dei rendimenti ha creato scompiglio a Wall Street e sull’intero azionario globale in queste prime settimane del 2022.

Riferendosi al trend odierno della borsa di Tokyo e in generale delle borse asiatiche , Tapas Strickland, direttore della divisione di economia e mercati presso la National Australia Bank, ha spiegato il sentiment dei mercati con le aspettative di una politica monetaria restrittiva da parte di più banche centrali, facendo notare che “i mercati prezzano ora quattro rialzi dei tassi Usa da parte della Fed nel 2022, mentre il timing della prima stretta della Bce è stato anticipato a settembre. L’eccezione è la Cina, con la People’s Bank of China che ieri ha tagliato i tassi di 10 punti base in un contesto di outlook di crescita (del Pil) incerto”.

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AllianceBernstein: “Obbligazioni verso un 2022 difficile”

AllianceBernstein, in un’analisi di Scott DiMaggio e Gershon Distenfeld, segnala le minacce del Covid, dell’inflazione e dell’aumento dei tassi e spiega come posizionarsi per prosperare anche in questo contesto

 di Virgilio Chelli  18 Gennaio 2022 – 7:00

Il 2022 potrebbe rivelarsi un anno difficile per gli investitori obbligazionari per una serie di minacce: coronavirus, impennata dell’inflazione, stretta fiscale e monetaria, appiattimento delle curve dei rendimenti. Ma questi fattori avversi non agiscono in modo indiscriminato ed è possibile per l’investitore obbligazionario prosperare anche in questo contesto, operando una continua distinzione tra regioni, settori e titoli. AllianceBernstein, in un’analisi dei Co-Head of Fixed Income Scott DiMaggio e Gershon Distenfeld, prova a decifrare il difficile contesto di mercato fornendo indicazioni sulla mitigazione del rischio.

SVOLTA MONETARIA NON UNIFORME

AllianceBernstein si aspetta una crescita economica ancora superiore al trend nel primo trimestre del 2022, seguita da un rallentamento nel secondo semestre e nel 2023. Le autorità monetarie di tutto il mondo sembrano aver concluso che la pandemia di coronavirus è destinata a provocare un rafforzamento dell’inflazione e non un indebolimento della crescita e stanno optando per una politica più restrittiva. Ma la svolta non è uniforme, con la Fed che ha accelerato il tapering ed è avviata verso un primo rialzo dei tassi già a marzo, mentre alcuni mercati sviluppati minori hanno già aumentato i tassi e molte banche centrali dei mercati emergenti hanno attuato una stretta significativa.

APPIATTIMENTO DELLA CURVA

Tassi a breve in aumento e crescita rallentata ma ancora sostenuta creano i presupposti per un appiattimento delle curve dei rendimenti, il che impone di esercitare cautela nell’assunzione di rischi. AllianceBernstein propone una serie di strategie attive per affrontare la sfida. In primo luogo distinguere tra i settori, perché alcuni tendono a sottoperformare prima di altri. Ad esempio, il debito emergente in valuta locale presenta il rendimento totale atteso più basso tra i diversi segmenti obbligazionari nella prima metà del 2022 ma potrebbe rivelarsi una valida scelta nel resto dell’anno, anche se per il momento il debito emergente in valuta forte è più appetibile.

CERCARE RENDIMENTI PIÙ ELEVATI

Gli esperti di AllianceBernstein suggeriscono poi di considerare un’ampia gamma di settori a rendimento più elevato, come i titoli USA credit risk transfer, obbligazioni a tasso variabile garantite da asset reali che spesso beneficiano dell’inflazione e presentano basse correlazioni con i titoli di Stato Grazie. Inoltre non si dovrebbe ridurre drasticamente l’esposizione al credito perché l’high yield tende a un buon andamento durante i cicli di inasprimento, adottando un approccio tattico alla duration, riducendo l’esposizione quando i rendimenti scendono e aumentandola quando. Nel lungo periodo il rialzo gioca a favore degli investitori obbligazionari, poiché è possibile reinvestire le cedole a tassi più elevati.

EVOLUZIONE CINESE POSITIVA

Infine, tenersi pronti a muoversi, cercando diversificazione e opportunità anche al fuori dai mercati nazionali, e non perdere di vista i trend a lungo termine, tra i quali AllianceBernstein suggerisce di seguire da vicino il ruolo della Cina nel mondo, i fattori ESG ambientali, sociali e di governance, e i progressi delle tecnologie di investimento obbligazionario. AllianceBernstein giudica positivamente le recenti evoluzioni della politica cinese per promuovere una crescita di qualità eliminando le distorsioni del mercato, in una traiettoria più sostenibile ed equilibrata.

RISCHI E OPPORTUNITÀ DELLE STRATEGIA ESG

Per cogliere e gestire appieno i rischi e le opportunità dell’investimento ESG, i criteri di sostenibilità vanno incorporati completamente nelle analisi obbligazionarie e nei processi d’investimento. Inoltre, la tecnologia degli asset manager va valutata con attenzione, perché soluzioni avanzate possono aiutare i gestori obbligazionari a setacciare l’intero mercato in tempo reale, suggerire potenziali operazioni, costruire operazioni in pochi secondi e investire nuovi portafogli più rapidamente, risparmiando ai clienti tempo e denaro. Tecnologie d’avanguardia permettono di ignorare le informazioni non rilevanti e trovare opportunità e liquidità, anche quando i mercati sono frammentati e volatili.

LA TECNOLOGIA IN AIUTO DEI GESTORI

La tecnologia, sottolineano gli esperti di AllianceBernstein, mette le informazioni giuste nelle mani giuste al momento giusto, lasciando liberi di dedicarsi all’engagement e all’analisi e formulazione di strategie, mentre i gestori che perdono quest’opportunità si troveranno in alto mare nel mondo post pandemia. In conclusione, l’indicazione di AllianceBernstein è affrontare il 2022 con gli occhi ben aperti. Si prospetta un anno pieno di sfide ma con qualche accorgimento investitori e gestori obbligazionari possono superare l’incertezza con serenità, preparandosi ad affrontare inflazione e appiattimento delle curve dei rendimenti, e posizionando i portafogli per prosperare.

Natixis IM: “Perché gli utili ci possono far guardare al 2022 con maggiore ottimismo”

Per Jack Janasiewicz (Natixis Investment Managers Solutions) altri fattori chiave positivi sono la crescita nominale ben al di sopra del trend, il boom degli acquisti dei Millennial e il ciclo di investimenti aziendali

 di Leo Campagna  14 Gennaio 2022 – 7:00

Inflazione, problemi nella catena di approvvigionamento globale, mercati del lavoro, elezioni statunitensi di midterm, tensioni geopolitiche sul fronte Russia / Ucraina e Cina/Taiwan, possibili rialzi dei tassi da parte delle banche centrali, varianti Covid-19, valutazioni azionarie sostenute. È davvero lungo l’elenco delle preoccupazioni che rendono gli investitori guardinghi per l’anno in corso.

COSA POTREBBE MODIFICARE L’ATTEGGIAMENTO DEGLI INVESTITORI

Cosa potrebbe modificare l’atteggiamento tutt’altro che rialzista degli investitori? “Riteniamo che, in base alle nostre aspettative, avremo più chiarezza su molti di questi timori entro l’estate. La variante Omicron del Covid-19 dovrebbe diventare il ceppo dominante e, come molti esperti si aspettano, la sua diffusione, più contagiosa ma meno grave, dovrebbe garantire ad un’ampia fetta di popolazione l’immunizzazione o con la guarigione o mediate vaccino” fa saper Jack Janasiewicz, lead portfolio strategist and portfolio manager, Natixis Investment Managers Solutions.

LA DIMINUZIONE DELLE PREOCCUPAZIONI LEGATE ALLA PANDEMIA

Con la diminuzione delle preoccupazioni legate alla pandemia l’economia globale potrebbe avviarsi alla normalizzazione, con sempre minori interruzioni nella catena di approvvigionamento e mercati del lavoro in solida ripresa. Uno scenario nel quale l’inflazione potrebbe raggiungere il picco all’inizio del 2022 per poi attenuarsi a fine anno.

I FATTORI CHIAVE POSITIVI

Janasiewicz elenca poi i fattori chiave positivi cui guardare, a cominciare dalla crescita nominale che, pur rallentando, dovrebbe rimanere ben al di sopra del trend per tutta la durata dell’anno. “Le attuali aspettative di ripresa potrebbero essere superate grazie alla ricostruzione delle scorte e da un ciclo prolungato di investimenti aziendali in edifici, terreni, impianti e attrezzature. In parallelo la robusta spesa dei consumatori associata alla crescente domanda di esportazioni potrebbero alimentare le prospettive economiche globali” riferisce il manager di Natixis IM.

IL BOOM DEGLI ACQUISTI DA PARTE DEI MILLENNIAL

Secondo il quale anche l’edilizia abitativa può contribuire a sostenere la crescita. “I tassi di interesse, anche se in rialzo, resteranno bassi mentre proseguirà la carenza di abitazioni a prezzi accessibili e anche il boom degli acquisti da parte dei Millennial. Se a tutto questo si aggiungono i benefici accessori delle nuove costruzioni – cioè elettrodomestici e arredamento – e una spesa dei consumatori sostenuta, ecco che il quadro risulta più che incoraggiante” spiega Janasiewicz.

GUARDARE AL 2022 CON MAGGIORE OTTIMISMO

Uno scenario che crea i presupposti per guardare al 2022 con maggiore ottimismo. Soprattutto se gli utili, che guidano i prezzi dell’azionario, non deluderanno. “I presupposti sembrano esserci dal momento che le aziende statunitensi hanno mostrato di saper gestire l’aumento dei costi di produzione e dei salari, facendo svanire gran parte delle preoccupazioni per la compressione dei margini. Le prime indicazioni sulla stagione degli utili indicano finora una robusta crescita organica, continui miglioramenti dei margini e un deciso incremento dei profitti” puntualizza il manager.

IL MODELLO ‘TINA’ RESTA ANCORA VALIDO

“Vediamo all’attivo diversi catalizzatori in grado di alimentare un regime di crescita del PIL nominale più alto, almeno per il 2022. Un contesto capace di propiziare una maggiore flessibilità aziendale e una più dinamica spinta imprenditoriale delle imprese statunitensi. Inoltre, con i rendimenti obbligazionari ancora ben al di sotto dei tassi di inflazione previsti a lungo termine, tutto lascia intendere che il modello ‘TINA’ (there is no alternative to equity) resti ancora valido” conclude il lead portfolio strategist and portfolio manager, Natixis Investment Managers Solutions.

A Wall Street è l’ora della stagione utili: al via oggi con le banche Usa

14/01/2022

La stagione degli utili comincia oggi con le trimestrali delle principali banche statunitensi. Citigroup, JP Morgan e Wells Fargo saranno tra le prime a pubblicare i loro conti oggi.

“Pensiamo che la crescita degli utili sarà forte e migliore del previsto, nella maggior parte dei settori – e un antidoto necessario alla recente volatilità del mercato. Ci attendiamo una crescita degli utili di oltre il 20% negli Stati Uniti rispetto all’anno scorso e del 50% in Europa, guidata da un’impennata del 200% nel Regno Unito. La crescita sarà guidata da settori ciclici come le materie prime e gli industriali. Semmai, queste previsioni di guadagno potrebbero essere troppo basse. La crescita economica sta accelerando e abbiamo visto una certa stabilizzazione delle pressioni sui costi aziendali”, afferma Ben Laidler, Global markets strategist di eToro, commentando l’imminente avvio della stagione degli utili Usa.

Laidler sottolinea inoltre che i risultati delle banche statunitensi potranno sembrare disordinati, ma le tendenze di fondo sono destinate ad essere forti, sostenendo la recente sovraperformance dei prezzi delle azioni. JP Morgan e Citibank vedranno probabilmente un calo degli utili, mentre Bank of America e Wells Fargo vedranno grandi aumenti. “Questo riflette – prosegue l’esperto – le diverse velocità di inversione delle perdite sui prestiti e le presenze nei mercati dei capitali in espansione. Più importante sarà invece l’evidenza comune di un rafforzamento della crescita dei prestiti e di una maggiore redditività, con economie in ripresa e rendimenti obbligazionari in aumento”.

Wall Street mantiene nervi saldi di fronte a balzo inflazione. ‘Stagione trimestrali Usa, una occasione per smettere di pensare alla Fed’

13/01/2022

Wall Street in lieve rialzo: sfida i timori sull’inflazione e si prepara al test delle trimestrali Usa. Il Dow Jones sale dello 0,34% a 36.414 punti; lo S&P 500 avanza dello 0,30% a 4.740 punti. Il Nasdaq fa +0,37% a 15.250.

I tassi sui Treasuries decennali sono in lieve rialzo all’1,731%.

Focus sui dati macro, ma anche sulla stagione degli utili Usa appena iniziata.

L’inflazione rimane grande protagonista dei mercati, con la sua fiammata, negli States, che è stata confermata anche oggi, per la seconda sessione consecutiva. Pubblicato l’indice dei prezzi alla produzione, all’indomani della diffusione dell’indice dei prezzi al consumo, entrambi relativi al mese di dicembre.

L’indice dei prezzi alla produzione è volato del 9,7% su base annua, facendo lievemente meno rispetto al balzo pari a +9,8% atteso, e in accelerazione rispetto al +9,6% precedente. Su base mensile, il dato è salito dello 0,2%, meno del +0,5% stimato. Riguardo alla componente core, l’indice dei prezzi alla produzione è aumentato dell’8,3%, più del +8% stimato dal consensus. La componente core ha segnato una crescita dello 0,4% su base mensile, meno del +0,5% stimato.

Ieri era stato reso noto l’indice dei prezzi al consumo, per l’appunto, che ha accelerato il passo balzando al tasso annuo del 7%, rispetto al +6,8% di novembre, scattando al record dal febbraio del 1982, in linea comunque con le attese. Su base mensile, la crescita è stata però superiore alle attese, pari a +0,5%, rispetto al +0,4% atteso.

Più delle attese è stato anche il rialzo annuo della componente core del dato, ovvero l’indice depurato dai prezzi dei beni alimentari ed energetici, l’inflazione core, avanzata del 5,5%, rispetto al +4,9% precedente, contro il +5,4% previsto. Più delle attese, infine, la crescita dell’inflazione core su base mensile, pari a +0,6%, contro il +0,4% atteso.

C’è da dire che, sia ieri che oggi, abituati a paventare ormai il peggio, gli investitori hanno quasi tirato un sospiro di sollievo nel rendersi conto che, a dicembre, l’inflazione ha accelerato sì il passo ma non a un ritmo shock.

Nessun trauma inflazione, insomma, come dimostra anche il trend dei tassi dei Treasuries Usa, dopo il boom record dall’1,51% della fine del 2021 a oltre l’1,80% di qualche giorno fa, ai livelli precedenti la pandemia Covid.

Oggi indicazioni macro sono arrivate anche dal mercato del lavoro, con la pubblicazione del rapporto sulle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione.

Dal rapporto è emerso che, nella settimana terminata l’8 gennaio, il numero dei lavoratori degli Stati Uniti che hanno fatto richiesta per ricevere i sussidi di disoccupazione è salito di 23.000 a 230.000 unità, peggio delle attese. Gli economisti intervistati da Dow Jones avevano previsto un calo a 200.000 unità, rispetto alle 207.000 unità della settimana scorsa. La media mobile in quattro settimane è salita a 210.750 unità dalle 204.500 della settimana precedente.

Una sorpresa positiva è arrivata tuttavia dal numero dei lavoratori americani che continuano a ricevere i sussidi di disoccupazione, sceso a 1,559 milioni, decisamente meglio rispetto agli 1,733 milioni attesi dal consensus, e al minimo dalla settimana terminata il 2 giugno del 1973, dunque in quasi 50 anni.

Nelle ultime ore, commentando il trend dell’azionario Ryan Detrick di LPL Financial ha fatto notare che “sul mercato ora c’è eccitazione per la stagione degli utili, dietro l’angolo. Noi prevediamo ulteriori risultati solidi per la corporate America”. Detrick ha definito la stagione delle trimestrali “un’occasione per smettere di focalizzarsi così tanto sulla Fed e sulla politica monetaria, per concentrarsi sul modo in cui l’economia sta performando”.

Sul fronte societario, occhio al titolo Delta Air Lines, dopo che la compagnia aerea americana ha annunciato di aver concluso il quarto trimestre dell’anno 2021 con il fatturato più alto dalla fine del 2019, grazie alla crescita delle prenotazioni dei biglietti in vista del periodo festivo del Natale e alla frequenza più alta dei viaggi. Il giro d’affari si è attestato a $9,47 miliardi, battendo i $9,21 miliardi attesi dal consensus, anche se in calo ancora del 17% rispetto agli $11,44 miliardi del quarto trimestre del 2019, quaando nel mondo non era scattato ancora l’allarme Covid.

Delta Air Lines ha comunicato inoltre di prevedere che, a causa della diffusione di Omicron, il suo bilancio soffrirà una perdita nel primo trimestre del 2022; il gruppo ha in ogni caso confermato le stime di una ripresa della domanda e di un ritorno dei conti a una condizione di redditività, nel corso dell’anno.

Il titolo Delta è balzato così in premercato fino a +2,7%. Nel 2020, Delta si era confermata vittima illustre della pandemia, con una perdita record pari a $12,4 miliardi.

Buy anche sul titolo di KB Home, società attiva nel settore edilizio con la costruzione di case: l’azione balza di oltre il 10%, anche in questo caso sulla scia di una trimestrale migliore delle attese.

In evidenza il rally anche di Boeing, dopo le indiscrezioni di Bloomberg News, secondo cui i suoi aerei 737 Max torneranno a essere operativi negli aeroporti della Cina già da questo mese.

Da domani la stagione degli utili societari made in Usa entrerà nel vivo, con la pubblicazione delle trimestrali di JP Morgan, Citi e Wells Fargo. I tre titoli riportano un trend positivo.

Considerando in generale gli utili delle società quotate sullo S&P 500, FactSet prevede per il quarto trimestre una crescita del 21,7%: nel caso in cui questa previsione si concretizzasse, si tratterrebbe del quarto trimestre consecutivo di crescita a un tasso superiore al 20%.

Usa, sorpresa sussidi disoccupazione: numero totale americani che continuano a riceverli al minimo in 50 anni
13/01/2022
Nella settimana terminata l’8 gennaio, il numero dei lavoratori degli Stati Uniti che hanno fatto richiesta per ricevere i sussidi di disoccupazione è salito di 23.000 a 230.000 unità, peggio delle attese. Gli economisti intervistati da Dow Jones avevano previsto un calo a 200.000 unità, rispetto alle 207.000 unità della settimana scorsa.

La media mobile in quattro settimane è salita a 210.750 unità dalle 204.500 della settimana precedente.

Sorpresa dal numero di lavoratori americani che continuano a ricevere i sussidi di disoccupazione, sceso a 1,559 milioni, decisamente meglio rispetto agli 1,733 milioni attesi dal consensus, e al minimo dalla settimana terminata il 2 giugno del 1973, dunque in quasi 50 anni, a conferma della solidità del mercato del lavoro Usa.

Fed, Beige Book: crescita economia a ritmo modesto a fine 2021, aumenti salari particolarmente sostenuti’

13/01/2022

“L’attività economica negli Stati Uniti è cresciuta a un ritmo modesto nelle ultime settimane del 2021”. E’ quanto emerge dal Beige Book, il rapporto sulle condizioni economiche degli Stati Uniti che la Fed pubblica otto volte l’anno.

Nel documento della Fed si legge che “alcuni distretti hanno riportato che i disagi che hanno colpito i trasporti si sono stabilizzati nelle ultime settimane, ma che i costi di approviggionamento rimangono elevati”.

Riguardo al trend dell’inflazione misurata dai salari, “molti interpellati hanno notato che gli aumenti dei salari nella parte bassa sono stati particolarmente sostenuti”, così come in molti “hanno attribuito gli elevati costi degli input alle strozzature che stanno colpendo la catena di approviggionanento”.

Tuttavia “alcuni distretti hanno notato che gli aumenti dei prezzi hanno decelerato il passo rispetto al recente ritmo di aumenti sostenuti. L’ottimismo è rimasto inoltre generalmente elevato”.

Inflazione o anche la ‘tassa più crudele’ : in Usa balza a record dal 1982. Ma dopo shock Fed la speranza è che il picco sia vicino

12/01/2022

La brutta notizia è che l’inflazione Usa ha accelerato di nuovo il passo, balzando al nuovo record da febbraio del 1982. La notizia non proprio bella, ma che dà un po’ di conforto, è che il rialzo, almeno del dato headline, non è stato superiore alle attese degli analisti.

Di fatto, nel mese di dicembre, l’indice dei prezzi al consumo degli States è scattato al ritmo di crescita, su base annua, pari a +7%, rispetto al +6,8% di novembre. Gli analisti intervistati da Dow Jones avevano previsto proprio un balzo del 7% su base annua, al tasso più forte dal 1982, per l’appunto.

Su base mensile, la crescita è stata però superiore alle attese, pari a +0,5%, rispetto al +0,4% atteso. Più delle attese è stato anche il rialzo annuo della componente core del dato, ovvero l’indice depurato dai prezzi dei beni alimentari ed energetici, l’inflazione core, avanzata del 5,5%, rispetto al +4,9% precedente, contro il +5,4% previsto.

Più delle attese, infine, la crescita dell’inflazione core su base mensile, pari a +0,6%, contro il +0,4% atteso.

Il quadro, dunque, non è rassicurante: l’inflazione, negli States, corre. C’è pero la speranza che il picco dell’inflazione sia vicino, come hanno fatto notare anche alcuni economisti intervistati dalla Cnbc. Economisti come Luke Tilley, chief economist presso Wilmington Trust, che ha detto che, “a un certo punto, nel corso dei prossimi due mesi, l’inflazione avrà testato il suo picco, a dicembre oppure nel corso del primo trimestre. Noi prevediamo che l’inflazione rallenterà nel 2022. Ci aspettiamo che i prezzi saliranno dunque più lentamente nel 2022 rispetto a quanto hanno fatto nel 2021”.

D’altronde, ha ricordato Tilley, “gli stimoli (che siano fiscali e/o monetari) non sono gli stessi dell’anno scorso. Prevediamo inoltre una spesa più debole, a fronte di problemi dell’offerta che non saranno stati ancora risolti del tutto che che, nel caso di alcune catene di approviggionamento, avranno superato la fase critica”.

Inflazione fa paura anche alla Fed: toni più hawkish da Powell & Co.

Da segnalare la carrellata di dichiarazioni-alert sull’inflazione degli Stati Uniti delle ultime ore. Protagoniste le dichiarazioni del presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che ha parlato ieri nella sua audizione alla Commissione bancaria del Senato Usa, per la sua riconferma alla carica di numero uno della banca centrale americana. Powell ha ribadito che l’economia americana versa in condizioni tali da avallare una politica monetaria più restrittiva: “Nel corso di quest’anno…- ha sottolineato – se la situazione si svilupperà come previsto, normalizzeremo la politica (monetaria), il che significa che termineremo i nostri acquisti di asset nel mese di marzo, il che significa che alzeremo i tassi nel corso dell’anno – ha detto Powell -A un certo punto, forse verso la fine di questo anno, inizieremo a ridurre il bilancio, e questa è semplicemente la strada per normalizzare la politica”.

“Se vedremo che l’inflazione persisterà ad alti livelli per un periodo di tempo più lungo delle attese – ha aggiunto Powell – se dunque dovremo alzare di più i tassi, allora lo faremo. Utilizzeremo tutti i nostri strumenti per far tornare l’inflazione” a livelli considerati accettabili.

Prima di lui hanno preso la parola diversi esponenti della Fed, in particolare il numero uno della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, in un’intervista rilasciata a Reuters; la presidente della Federal Reserve di Kansas City Esther George; la numero uno della Fed di Cleveland, Loretta Mester.

I toni dei tre esponenti della Fed sono stati tutti hawkish.

Bostic in particolare ha detto chiaro e tondo che, “se le cose continueranno ad andare come stanno andando, sarà ragionevole iniziare ad alzare i tassi a marzo“.

“Esiste il rischio che l’inflazione rimanga elevata per un periodo di tempo lungo – ha detto il banchiere, sottolineando di prevedere per il 2022 tre rialzi dei tassi. “La Fed ha bisogno di agire in modo diretto, chiaro e aggressivo – ha detto ancora Bostic – e c’è bisogno di una riduzione veloce del suo bilancio”.

A spingere per un taglio più veloce del bilancio della Fed è stata l’altra esponente della Fed, la numero Esther George:

“Personalmente, preferirei che si decidesse di ridurre il bilancio (del valore di $8,8 trilioni) più presto che tardi, in concomitanza con la rimozione delle misure di politica monetaria accomodante”, ha detto. E anche la presidente Fed di Cleveland, Loretta Mester, si è detta favorevole a una prima stretta sui tassi nel mese di marzo:

L’inflazione è più persistente – ha fatto notare -, con gli aumenti dei prezzi che si stanno confermando diffusi”. Mester ha aggiunto di ritenere che i tassi di interesse saranno alzati tre volte nel 2022, e ha sottolineato che “ci sono solide ragioni per ritirare le misure accomodanti”.

Inflazione non scompone Dimon (JP Morgan)

Di politica monetaria più restrittiva da parte della Fed ha parlato anche Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, in una intervista rilasciata alla Cnbc, in occasione della 40esima conferenza sull’healthcare inaugurata dal colosso bancario Usa, la 40th Annual J.P. Morgan Healthcare Conference.

Secondo Dimon, l’economia Usa crescerà quest’anno al ritmo più forte degli ultimi decenni, probabilmente al tasso migliore dal periodo successivo alla Grande Depressione, anche se la Federal Reserve alzerà i tassi più di quanto atteso dai mercati.

Nel commentare l’outlook degli economisti di Goldman Sachs  di ben quattro strette monetarie da parte della Fed, il ceo e presidente di JP Morgan si è così espresso: “E’ possibile che l’inflazione risulti peggiore di quanto prevedano e che (la Fed) alzi dunque i tassi più delle attese. Personalmente, sarei sorpreso se i rialzi dei tassi fossero solo quattro”.

Occhio alla reazione dei tassi sui Treasuries, con quelli decennali che, dall’1,51% della fine del 2021, sono schizzati qualche giorno fa fin oltre la soglia dell’1,80% per la prima volta dal gennaio del 2020, tornando dunque ai livelli precedenti la pandemia Covid-19. Leggi anche

Tassi Treasuries: il Bang di inizio 2022 è il più forte in venti anni. Fed pronta ad attacco anti-inflazione. Qualcuno vede più di tre strette

Non manca molto per tornare ai livelli 1,95%-1,97% testati nel novembre e nel dicembre del 2019: gli analisti consigliano di prestare attenzione al livello psicologico rappresentato dalla soglia del 2%.

Il balzo dei tassi è stato scatenato sia dai toni più hawkish della Fed, emersi con la pubblicazione delle minute relative all’ultima riunione del 2021 – con tanto di dichiarazioni shock sul bilancio della Fed –  che dalla pubblicazione del report occupazionale Usa di dicembre, da cui è risultato che i salari orari medi – importante termometro del trend dell’inflazione – sono balzati a dicembre, su base annua, del 4,7%, al record degli ultimi decenni e oltre il +4,2% stimato dal consensus. Su base mensile la crescita è stata pari a +0,6%, oltre il +0,4% atteso.

Kairos, Video Duetto: “Inflazione e volatilità: le sfide del 2022”

Di inflazione e volatilità hanno parlato Pio Benetti, Head of Discretionary Mandates, e Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity di Kairos, che hanno offerto intanto un’analisi sui mercati finanziari di questi primi giorni dell’anno, nel Video Duetto “Inflazione e volatilità: le sfide del 2022”:

“Il 2022 – hanno fatto notare Benetti e Trabattoni – si apre in continuità con l’anno appena concluso, con l’inflazione che domina la scena e che provoca movimenti violenti e rotazioni settoriali. Certamente avremo un mercato più liquido di quanto non sia stato nelle sedute passate e dovremo quindi imparare a convivere con una narrazione derivante dai movimenti legati ai flussi. Sarà quindi importante sopportare la volatilità e leggere i movimenti sottostanti nella maniera più adeguata, cercando di cogliere le opportunità che si possono sfruttare con un processo di investimento disciplinato”.

Così Pio Benetti:

“Per i mercati finanziari il mese di gennaio 2021 era stato considerato il tredicesimo mese dell’anno precedente. Gennaio 2022 ripropone un po’ lo stesso tema: si ripresenta il tiro alla fune fra banche centrali, mercati e commentatori con riferimento all’inflazione. L’inflazione sale per molti motivi che conosciamo e non è necessariamente detto che sia la politica monetaria oggi lo strumento più efficace per contrastarla. In questo senso, il dibattito è molto profondo, molto aperto e si scarica poi sui mercati con movimenti che sono anche piuttosto violenti sotto la superficie degli indici, guardando l’andamento dei settori. La sicura conferma è una risalita dei tassi di interesse che pure rimangono ancora parecchio negativi in termini reali e questo ha chiaramente tutta una serie di conseguenze per gli asset rischiosi”.

“Certamente – spiega Benetti – entriamo un po’ più nel vivo in questi giorni, avremo un mercato sicuramente più liquido di quanto non sia stato nelle sedute passate. Ed è altrettanto vero che dobbiamo imparare a convivere sempre di più con questa meccanica spesso sconcertante degli investimenti fra indicizzazione e strumenti che lavorano per basket. Quindi la narrazione di quello che succede sul mercato in realtà spesso segue dei movimenti che di fatto sono essenzialmente legati ai flussi. E proprio sui flussi vale la pena ricordare che l’anno passato è stato un anno record per i flussi sul mercato azionario e non può che essere così, considerato che purtroppo ancora non c’è un’alternativa vera ed efficace in termini di investimento soprattutto quando cerchiamo di proteggere dall’inflazione. In questo senso stiamo posizionando i nostri portafogli quindi con una duration molto molto bassa e un’esposizione azionaria consistente cercando di andare a cogliere i temi vincenti tempo per tempo”.

Dal canto suo Massimo Trabattoni si è così espresso:

“È stato un inizio d’anno che rappresenta un un po’ il seguito dei temi principali che abbiamo affrontato l’anno precedente. Questo inizio d’anno è all’insegna di un mercato privo di volumi e con una dispersione infrasettoriale altissima. Ci sono dei movimenti che ci hanno preso un po’ in contropiede, molti ragionati, o poco ragionati diciamo, più da manuale del giovane gestore – se i tassi salgono vendi un certo settore e comprane un altro – quando poi invece bisogna andare a vedere le reali motivazioni che stanno dietro il rialzo dei tassi, con cui comunque dovremo convivere tutto l’anno”.

“Lo spike inflattivo – ha continuato Trabattoni – è un altro fattore che ci accompagnerà, ma non è detto che ci siano settori perdenti e settori sempre vincenti. La tecnologia è stata tutta penalizzata, ma ci possono essere delle situazioni dove magari il pricing power che è l’elemento fondamentale dove bisogna tener conto quando si va verso l’inflazione, cioè l’inflazione è negativa in generale per i mercati, ma per le aziende che conservano pricing power può anche avere degli aspetti positivi. Tutte queste considerazioni secondo me arriveranno nelle prossime settimane. Oggi il mercato ha solamente fatto il primo assessment. Noi gestiamo in fondi in continuità. Chiaramente poi le performance si guardano sempre 1.1-31.12. I nostri fondi sono flessibili e quindi noi cerchiamo di sfruttare questo approccio di flessibilità, ma è chiaro che il portafoglio che hai al 31.12 non è che lo cambi completamente dal 1° di gennaio. Quello che si è visto sulla parte Italia è sostanzialmente un indice che, per la parte large cap è stato sicuramente tra i migliori del mondo, ancora in questi primi giorni dell’anno, mentre la parte che l’anno scorso è stata vincente cioè le mid cap, lo Star, questi indici di aziende medio piccole che sono realmente Made in Italy, hanno dei segni negativi importanti”.

“Ora, i nostri portafogli – ha continuato Trabattoni – hanno un pochino sofferto magari della presenza di parecchia Italia ‘reale’ quindi di questa seconda parte di mid cap che è la forza dell’economia italiana, però noi siamo convinti che la selezione che abbiamo effettuato e che stiamo continuando a effettuare ci premierà già nelle prossime settimane. A livello di coperture le teniamo molto elevate in termini di protezioni put che sono presenti su tutti i fondi perché chiaramente i mercati sono molto elevati e queste variabili che mettono un po’ di volatilità sono variabili che non possiamo sottovalutare. Stiamo per affrontare un anno particolarmente complicato e quindi bisognerà avere pazienza anche nel sopportare la volatilità e leggere nella maniera più opportuna i movimenti sottostanti cercando nei limiti del possibile di cogliere il beneficio di mercati che chiaramente non potranno continuare a salire per sempre, ma presentano comunque delle opportunità che si possono sfruttare con un processo d’investimento disciplinato come il nostro”.

Banca Mondiale: sforbiciata a stime 2022, pesa Omicron

12/01/2022

Dopo il forte rimbalzo registrato nel 2021, l’economia globale sta entrando in una fase di rallentamento in scia alle nuove minacce delle varianti Covid-19 e un aumento dell’inflazione. Nell’ultimo rapporto sulle prospettive economiche globali presentato ieri, la Banca Mondiale prevede che la crescita globale subirà un rallentamento dal 5,5% nel 2021 al 4,1% nel 2022 e al 3,2% nel 2023. “La rapida diffusione della variante Omicron indica che la pandemia continuerà probabilmente a interrompere l’attività economica nel breve termine”, si legge nel rapporto della World Bank.

Fed, Bostic: ‘ragionevole iniziare ad alzare tassi a marzo e tagliare bilancio poco dopo’. Futures Nasdaq virano in rosso

11/01/2022

Se le cose continuano ad andare come stanno andando, sarà ragionevole iniziare ad alzare i tassi a marzo”. E’ quanto ha detto il numero uno della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, in un’intervista rilasciata a Reuters. Bostic ha aggiunto che, a quel punto, la riduzione del bilancio della Fed inizierebbe dopo poco tempo. “Esiste il rischio che l’inflazione rimanga elevata per un periodo di tempo lungo – ha detto il banchiere, sottolineando di prevedere per il 2022 tre rialzi dei tassi. “La Fed ha bisogno di agire in modo diretto, chiaro e aggressivo – ha detto ancora Bostic – e c’è bisogno di una riduzione veloce del suo bilancio”. I futures sul Nasdaq sono ora negativi con un calo dello 0,15%.

JP Morgan, Dimon: ‘Goldman Sachs prevede quattro rialzi tassi Fed nel 2022? Sarei sorpreso se non fossero di più’

11/01/2022

L’economia Usa crescerà al ritmo più forte degli ultimi decenni, probabilmente al tasso migliore dal periodo successivo alla Grande Depressione, anche se la Federal Reserve alzerà i tassi più di quanto atteso dai mercati. E’ quanto ha detto Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, in una intervista rilasciata alla Cnbc, in occasione della 40esima conferenza sull’healthcare inaugurata dal colosso bancario Usa, la 40th Annual J.P. Morgan Healthcare Conference. Gli economisti di Goldman Sachs hanno reso noto di prevedere quattro strette monetarie da parte della Fed: e il ceo e presidente di JP Morgan ha commentato che sarebbe sorpreso se la Fed non procedesse a un numero di rialzi dei tassi anche superiore, nel corso del 2022.

“E’ possibile che l’inflazione risulti peggiore di quanto prevedano e che (la Fed) alzi dunque i tassi più delle attese – ha detto Dimon – Personalmente, sarei sorpreso se i rialzi dei tassi fossero solo quattro”.

JP Morgan, Dimon: ‘quest’anno assisteremo a crescita economia migliore da post Grande Depressione’

11/01/2022

Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, si conferma decisamente ottimista sul trend dell’economia degli Stati Uniti di quest’anno.

“Assisteremo alla migliore crescita di sempre (del Pil Usa), quest’anno, forse migliore dal periodo successivo alla Grande Depressione – ha detto in una intervista rilasciata alla Cnbc, in occasione della 40esima conferenza sull’healthcare inaugurata dal colosso bancario Usa, la 40th Annual J.P. Morgan Healthcare Conference. “E anche il prossimo anno le cose andranno piuttosto bene”, ha aggiunto.

Dimon ha motivato il suo ottimismo con i conti delle famiglie americane. I bilanci dei consumatori – ha sottolineato – “non hanno mai versato in condizioni migliori. La loro capacità di onorare i debiti è al massimo da quando abbiamo iniziato a misurarla, ovvero negli ultimi 50 anni”.

Fed: Goldman ora si aspetta ben quattro rialzi dei tassi quest’anno

10/01/2022

In attesa dei dati sulla crescita del cpi USA a dicembre (in agenda mercoledì), gli esperti di Goldman Sachs hanno rivisto le loro previsioni circa il numero di volte che la Federal Reserve alzerà i tassi, indicando ben quattro rialzi nel 2022. I rapidi progressi nel mercato del lavoro statunitense e i segnali da falco arrivati dalle minute del Federal Open Market Committee del 14-15 dicembre suggeriscono una normalizzazione più rapida”, asserisce Goldman Sachs che ai rialzi più previsti a marzo, giugno e settembre adesso ha aggiunto anche un 4° aumento del costo del denaro a dicembre. Relativamente alle non farm payrolls Us di dicembre (+199mila), gli analisti si aspettano una revisione al rialzo del dato così come è successo per quasi tutti i dati mensili nel 2021. Di contro, l’aumento dei salari indica anche una crescente scarsità di manodopera abbinato a una domanda molto forte.

Sull’evoluzione della pandemia, la casa d’affari statunitense rimarca che la variante omicron si sta confermando più trasmissibile ma anche meno grave. Sia casi confermati che ospedalizzazioni sono ora in calo non solo in Sud Africa ma anche a Londra, primo paese dell’emisfero settentrionale a vedere un focolaio omicron. “Se questo modello regge altrove, l’impatto economico dovrebbe essere in gran parte alle nostre spalle alla fine del primo trimestre, almeno nelle economie avanzate”, è la previsione di Goldman.

MERCATI in balia della liquidità e della Fed

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La dipendenza delle borse e nella fattispecie di Wall Street dalla politica monetaria è un dato di fatto, non solo a livello economico, ma anche di sentiment. Basta parlare di “restrizione monetaria”, di tassi in aumento e di tapering e il mercato si irrigidisce.

Quanto pesa la psicologia in borsa? Tantissimo, ancor di più oggi dove il valore di quell’asset intangibile ma fondamentale che si chiama FIDUCIA, ha assunto livelli predominanti. Tutto il sistema è basato sulla fiducia. Se quest’ultima crolla, il castello di carta crollerà con essa. Ecco perché tutti usano le parole con la massima prudenza, ecco perché si cerca sempre di tenere alto il morale della truppa. La fiducia non deve MAI scemare, sia che si tratti di fiducia dei consumatori che degli investitori.

La notizia che la Federal Reserve si prepara a chiudere la stagione degli stimoli monetari, dove alzerà con ogni probabilità nel 2022 i tassi, oltre che ridurre il suo gigantesco bilancio (circa 8.800 miliardi) la domanda sorge spontanea: quale sarà la reazione del mercato ad ogni singola iniziativa che prenderà la FED in questo nuovo anno?

Mi è capitato tra le mani un interessante studio di Pavilion che vuole fare luce su questo aspetto.
E’ stato preso il rally di Wall Street degli ultimi 10 anni ed ecco cosa ne è scaturito:

  • il 40% è dovuto ai buyback azionari. Quindi le stesse società si sono “ricomprate” utilizzando l’ingente liquidità in cassa, se non addirittura a DEBITO, sfruttando uno scenario “tassi di interesse” unico (il fenomeno del MARGIN DEBT, ricordate?)
  • solo il 7% è stato causato dai dividendi
  • il 19% è dovuto invece all’espansione dei multipli (P/E, P/BV ecc)
  • il 34% invece è stato effettivamente dovuto all’aumento degli utili.

Il primo aspetto, quello dei buyback, assume dimensioni importanti. La cosa l’abbiamo già denunciata più volte in passato, ma adesso quest’analisi certifica ulteriormente il nostro punto di vista. E state pur certi che i buyback hanno un filo conduttore fortissimo con la politica FED. Anzi, la stessa analisi di Pavilion ci dice che c’è un rapporto tra tassi e buyback: ogni calo dell’1% dei rendimenti ha portato un aumento dello 0,44% dei buyback azionari. Questo soprattutto dovuto appunto al margin debt.

Adesso quindi, diventa interessante capire, sia il comportamento delle aziende con l’exit strategy FED e sia gli effetti sul mondo gestionale che definirei più tradizionale.
Mi riferisco quindi alle pressioni salariali (inflazione docet) ma anche agli effetti sulla catena dei costi, sul fatturato e sulle vendite.

Quindi i nuvoloni su Wall Street sono sia dovuti alla finanza più pura ma anche alle conseguenze economiche che ne derivano. E ancora una volta la liquidità resterà dominante. E questo grafico che vi riposto aggiornato, che mette in relazione Wall Street e Massa Monetaria, credo possa chiudere qualsiasi tipo di dubbio.

Massa monetaria M2 che decolla proprio come Wall Street e la correlazione è impressionante. E il debito non è da meno, e l’inflazione, ripartenza a parte, segue il trend. Se molla la M2, cosa potrebbe succedere?

Perché il 2022 sarà l’anno degli investitori attivi

Nel suo outlook mensile, AllianzGI spiega cosa riserverà l’anno della “Tigre d’acqua”: un contesto di mercato sfidante dal punto di vista politico e dei fondamentali, con opportunità per gli investitori attivi

 di Virgilio Chelli  11 Gennaio 2022 – 6:50

Anche per il calendario cinese l’anno nuovo si avvicina e al 2021 del “Bue di metallo”, che non ha fatto mancare situazioni impreviste ma è stato proficuo per le asset class rischiose come le azioni, seguirà il 2022 della “Tigre d’acqua”. Allianz Global Investors, nel suo outlook mensile firmato da Ann-Katrin Petersen, Investment Strategist, Global Economics & Strategy, prevede un un proseguimento della ripresa dell’economia mondiale, con una crescita più moderata ma comunque solida e superiore al tasso tendenziale. La variante Omicron ha complicato le previsioni e già nel primo trimestre potrebbero avvertirsi effetti negativi della nuova ondata, ma è anche aumentata la resilienza dell’economia a tassi contagio più elevati, e con l’avanzare dell’anno i fattori limitanti come i colli di bottiglia dell’offerta dovrebbero attenuarsi e i fattori di crescita prevalere.

NORMALIZZAZIONE MONETARIA

Secondo l’esperta di AllianzGI il 2022 potrebbe essere anche l’anno della normalizzazione delle politiche monetarie, che a livello globale dovrebbero rimanere accomodanti, anche se a fronte delle costanti pressioni sui prezzi alcune banche centrali, tra cui la Fed, hanno iniziato ad abbandonare l’idea che l’inflazione sia solo temporanea. Probabilmente raggiungerà il picco nei mesi invernali, spinta anche dai prezzi energetici, e sempre più banche centrali potrebbero seguire l’esempio della Fed con la conclusione dei programmi di acquisto e/o un rialzo dei tassi. E’ una prospettiva che alimenta moderate pressioni rialziste sui rendimenti obbligazionari, ma per Petersen la domanda cruciale è se per contrastare i rischi inflazionisti occorrerà un inasprimento monetario ancora più aggressivo.

SORPRESE DAL FRONTE GEOPOLITICO

Anche dal fronte geopolitico possono arrivare sorprese. Nel primo semestre tutti gli occhi saranno puntati sulle elezioni presidenziali e parlamentari in Francia, cui seguiranno in autunno le presidenziali in Brasile, le elezioni di mid term negli USA e il 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista in Cina. In tale contesto, l’esperta di AllianzGI non esclude il riaccendersi delle rivalità tra le due superpotenze. Per quanto riguarda le implicazioni per i mercati finanziari, secondo Petersen la cosa certa è che anche il 2022 sarà ricco di emozioni, ma la speranza di una continua espansione economica sostiene i mercati azionari.

POTENZIALE DI RIALZO LIMITATO

Il potenziale di rialzo delle asset class rischiose è però frenato dall’affievolirsi del supporto fiscale e monetario, dalle crescenti incertezze sull’andamento della pandemia e dalla possibile accelerazione dell’inasprimento da parte delle banche centrali. Inoltre, i rischi geopolitici potrebbero alimentare le oscillazioni delle quotazioni, e le notizie inattese aumenteranno la volatilità che dovrà essere affrontata dagli investitori, ma apriranno anche opportunità per chi adotta uno stile di gestione attivo.

MANTENERE UN APPROCCIO ATTIVO

La buona notizia, afferma in conclusione l’esperta di AllianzGI, è che il nuovo anno cinese che inizia il 1° febbraio 2022 è l’anno della “Tigre d’acqua”: un animale pieno di grinta che si muove senza paura anche su terreni sconosciuti, mentre l’acqua simboleggia sia movimento che stabilità. Per cui il suggerimento conclusivo di Peterson è di “mantenere un approccio attivo”.

Perché l’inflazione sta colpendo le borse mondiali, che rischiano un 2022 da incubo

Falsa partenza per le borse mondiali all’inizio di questo 2022. Pesano i timori sull’inflazione, ecco le ragioni.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 10 Gennaio 2022 alle ore 15:35

La prima settimana borsistica del nuovo anno non è stato affatto positiva. L’indice S&P 500 a Wall Street ha perso il 2,5%, oltre 1.000 miliardi di capitalizzazione. Alla base della falsa partenza vi è il crescente timore tra gli investitori circa l’inflazione presso le principali economie mondiali. Negli USA, il dato di dicembre è atteso al 7%, in ulteriore rialzo dal 6,8% di novembre. Nell’Eurozona è salito a sorpresa al 5%, record da quando esiste l’euro.

L’inflazione fa paura per diverse ragioni. E dire che le banche centrali abbiano assicurato, almeno fino a poche settimane fa, che si tratti di un fenomeno “transitorio”, salvo cambiare linguaggio alla Federal Reserve. Adesso, Goldman Sachs prevede ben quattro rialzi dei tassi per quest’anno negli USA da 0,25% ciascuno. Ed ecco la ragione elementare per cui le borse mondiali vacillano.

Quando l’inflazione sale, le banche centrali sono costrette ad alzare i tassi d’interesse. In questo modo, incentivano il risparmio e disincentivano gli investimenti e i consumi. Dunque, “raffreddano” l’economia per centrare l’obiettivo della stabilità dei prezzi. Già viste così le cose, si capisce perché le borse ripiegano. Le aziende quotate vivono di consumi, per cui le loro azioni tendono ad apprezzarsi man mano che questi aumentano. Inoltre, sarà per loro più costoso investire prendendo a prestito denaro e ciò riduce i margini, qualora per via dell’elevata concorrenza, ormai globale, non riuscissero a scaricare l’aggravio sui prezzi finali. Ciliegina sulla torta: molti investimenti azionari stessi avvengono a debito, per cui se i tassi salgono, il loro ammontare si riduce.

Inflazione su, borse mondiali giù

Mettete anche che gli stessi salari stanno crescendo, in buona parte per via del “Great Resignation” di questi mesi.Milioni di lavoratori americani (e non solo) lasciano il posto di lavoro in cerca di migliori opportunità d’impiego e scontenti della perdita del potere d’acquisto, non sempre ancora compensata dall’aumento degli stipendi. Una volta che questi crescono, l’inflazione diventa strutturale e la banca centrale deve agire per neutralizzarla.

Ma esiste anche una spiegazione tecnica per cui le borse mondiali stanno reagendo negativamente all’inflazione. Il prezzo delle azioni dipende dal loro valore attuale. Cosa significa? Immaginiamo che la società Alfa abbia chiuso l’esercizio 2021 con un utile di 1 milione di dollari e che in borsa capitalizzi 20 volte il suo utile, cioè 20 milioni. Il mercato deve valutare gli utili futuri per capire a quale prezzo comprare. Se questi rimanessero invariati a 1 milione di dollari all’anno – ignorando per semplicità di calcolo l’esistenza dell’inflazione – tuttavia, non avrebbero lo stesso valore tra dieci anni di 1 milione di dollari di utile per quest’anno.

In effetti, investendo in un asset privo di rischio come il Treasury, tra una decina di anni otterrei un capitale più alto grazie agli interessi. Dunque, se gli interessi salgono per via dell’inflazione, l’appeal delle azioni si riduce. E sta accadendo proprio questo, principalmente in America: i rendimenti reali sovrani stanno crescendo. Oggi, il decennale offre l’1,77% contro l’1,34% di cinque settimane fa. Immaginiamo di scontare l’utile della società Alfa per un tasso pari all’attuale rendimento decennale USA. Quello a dieci anni avrà un valore attuale di 839.077 dollari (1.000.000 / 1.0177^10). Ma poco più di un mese fa, esso era di 875.369 dollari (1.000.000 / 1,0134^10). In altre parole, l’inflazione costringe il mercato a pretendere rendimenti nominali più alti e la banca centrale ad alzare i tassi. In questo modo, il valore attualizzato delle azioni si riduce, per cui le borse tendono a deprimersi.

Fed, transizione energetica disordinata e Covid-19: ecco i rischi 2022

Secondo Vincent Chaigneau (Generali Investments) il ciclo attuale è agli inizi e, con il Covid che diventerà endemico, la ripresa in corso sarà sostenuta da una solida spesa per investimenti e il ciclo di consumo

 di Leo Campagna  10 Gennaio 2022 – 14:16

Il prossimo 1° febbraio inizierà il nuovo anno in Cina e sarà quello della Tigre. Un animale caratterizzato da vigore e coraggio ma anche emotivo e sensibile. Caratteristiche che, secondo diversi osservatori, potrebbero definire il profilo dei mercati azionari nel corso del nuovo anno. “Intanto le Borse, che avevano chiuso il 2021 sugli scudi, nella prima settimana del 2022 hanno accusato una frenata alla luce delle minute della Federal Reserve statunitense”, fa sapere Vincent Chaigneau, Head of Research di Generali Investments.

I VERBALI DELLA RIUNIONE DELLA FED

La diffusione dei verbali della riunione di metà dicembre del Fomc, il braccio operativo della Fed, ha svelato come la banca centrale USA stia constatando un’inflazione più elevata e duratura di quanto stimato e come questo potrebbe rendere necessario un rialzo dei tassi d’interesse prima del previsto. Sui mercati la tecnologia e l’healthcare hanno subito severe correzioni (con l’indice Nasdaq Composite che segna un -4,5% da inizio anno), mentre i tassi dei Treasury USA a 10 anni sono saliti di 25 punti base (+0,25%) dal primo gennaio e i rendimenti reali (al netto cioè dell’inflazione) di 30 punti base.

IL CICLO ATTUALE È AGLI INIZI

Movimenti che, secondo Chaigneau, potrebbero riassumere i conflitti che gli investitori dovrebbero attendersi nel 2022. “Il ciclo attuale è agli inizi e, con il Covid che diventerà endemico, la ripresa in corso sarà sostenuta da una solida spesa per investimenti capex e il ciclo di consumo. Tuttavia, l’inflazione persistente sosterrà una normalizzazione della politica monetaria mentre l’alternanza delle inclinazioni della Fed (inflazione vs. crescita) creerà volatilità” spiega il manager.

INFLAZIONE BREAKEVEN A 5 ANNI AL 2,50%

In tre settimane il tasso overnight indexed swap (OIS) USD 5 anni (che riflette il livello medio dei tassi attesi) è passato dall’1,35% all’1,75%, un valore più realistico ma ancora contenuto se si considera che l’inflazione breakeven a 5 anni (un indicatore di mercato delle aspettative sul costo della vita) si attesta al 2,50%. “È vero che i problemi di sostenibilità del debito e la necessaria stabilità finanziaria dovrebbero contenere i rendimenti a lungo termine, ma le aspettative di una Fed più aggressiva fanno apparire prudente la nostra previsione dei rendimenti dei Treasury USA a 10 anni al 2%”, commenta Chaigneau.

ASSET ALLOCATION TATTICA, STRATEGIE DI HEDGING E GENERAZIONE DI ALFA

Il manager di Generali Investments ritiene probabile una certa resilienza nel segmento delle obbligazioni societarie, in particolare nell’ambito degli interventi della Banca centrale europea riguardo alle obbligazioni green. “Anche le valutazioni e la pazienza della BCE offrono protezione ai titoli europei, ma un’asset allocation tattica, strategie di hedging e generazione di alfa saranno sempre più importanti” aggiunge Chaigneau.

I RISCHI DEL 2022

Sul fronte politico, se nel primo semestre il focus sarà sull’Europa (crisi Ucraina, elezione del Presidente della Repubblica in Italia, incerte elezioni francesi), nella seconda parte del 2022 saranno le elezioni di medio termine negli USA a calamitare l’attenzione, con Biden che probabilmente perderà la maggioranza parlamentare. Infine, quali i rischi da tenere sotto osservazione? “Un eventuale errore nelle scelte da parte della Fed, una transizione energetica disordinata e una nuova variante del Covid-19”, è la risposta conclusiva dell’Head of Research di Generali Investments.

GAM: “Anche nel 2022 non c’è alternativa all’azionario, ma attenti alle sorprese”

Massimo De Palma (GAM Italia SGR) indica nelle mosse della Fed, nelle elezioni USA di Mid Term, nelle relazioni tra Washington e Pechino e nelle elezioni del Presidente della Repubblica in Italia alcuni dei fattori critici

 di Leo Campagna  9 Gennaio 2022 – 8:30

Cosa si devono aspettare gli investitori dal 2022? Nella sua analisi sui mercati all’inizio del nuovo anno, Massimo De Palma, Head of Multi Asset Team di GAM (Italia) SGR, ritiene che alla luce di tassi di interesse reali ancora in territorio negativo, anche quest’anno l’azionario rimarrà l’asset class più attraente. Al contempo, tuttavia, non mancheranno fattori critici che renderanno il percorso dei listini non lineare.

PROSPETTIVE POSITIVE PER I PROFITTI DEL PRIMO TRIMESTRE

“Nelle prossime settimane inizierà la consueta stagione degli utili relativi al quarto trimestre 2021. Le previsioni indicano risultati ancora al di sopra delle stime di consenso e prospettive positive anche per i profitti del primo trimestre” sottolinea De Palma. Le stime degli analisti per l’intero 2022 prevedono un rialzo dei profitti aziendali USA del 9,2%, un tasso ben superiore al 5% della media decennale (2011-2020).

TINA (THERE IN NO ALTERNATIVE)

In Europa, invece, le stime dell’EBIT (reddito operativo) relativo alle aziende dello STOXX 600 sono per un rialzo medio del 15,5%, simile all’anno precedente ma superiore alla media decennale del 13%. “L’investimento azionario non si può considerare in termini assoluti a buon mercato ma lo è in termini relativi. Con i tassi di interesse in molti casi negativi, resta valido l’acronimo TINA (There is No Alternative), ovvero che l’azionario è l’unica alternativa all’investitore per ottenere rendimento”, specifica il manager di GAM.

POSSIBILI FATTORI CRITICI

De Palma, tuttavia, avverte gli investitori sui possibili fattori critici. A cominciare dal grosso punto interrogativo sull’evoluzione della pandemia: un aspetto imprescindibile in tutti gli scenari. “Per quanto riguarda invece la FED, dopo l’ultima riunione di dicembre, sono attesi tre rialzi dei tassi USA nel 2022. Cruciale sarà verificare la risposta di Powell ai dati sull’inflazione, se adotterà un approccio aggressivo rischiando reazioni negative dei mercati, oppure più paziente attendendo un progressivo rientro dell’indice dei prezzi a partire dal secondo trimestre”, commenta De Palma.

ELEZIONI DI MID TERM NEGLI STATI UNITI

Anche le elezioni di Mid Term negli Stati Uniti saranno osservate speciali. “Le previsioni indicano una probabile maggioranza Repubblicana al Senato, con conseguente limitata capacità di manovra per Biden. A mano a mano che si avvicinerà novembre i sondaggi sull’esito delle votazioni determineranno un certo nervosismo sui mercati”, riferisce il manager.

RELAZIONI TRA WASHINGTON E PECHINO

Per De Palma, inoltre, vanno trovate soluzioni non solo dal punto di vista commerciale, ma anche da quello politico, nelle relazioni tra Washington e Pechino. “Se a livello economico la Cina intende impegnarsi nel creare le condizioni per stabilizzare il sistema e ridare slancio alla crescita dopo il rallentamento nel corso del 2021, rimane sul tavolo l’ingombrante questione di Taiwan che potrebbe portare ulteriori tensioni nel prossimo futuro” argomenta il manager.

IL NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

L’analisi di De Palma si conclude sulle votazioni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica italiana che inizieranno il prossimo 24 gennaio. “L’eventuale elezione del premier Draghi potrebbe determinare la scadenza anticipata della legislatura e comportare instabilità nel quadro politico. Per evitare eventuali tensioni sui mercati finanziari sarà indispensabile una gestione accorta della situazione”, è la considerazione finale di Head of Multi Asset Team di GAM (Italia) SGR.

Sicuri che l’aumento dei tassi Fed significhi crollo dei titoli tech?

Fabio Cappa di Raiffeisen Capital Management analizza i due grandi cicli di aumento dei tassi della Federal Reserve per studiare il legame tra questi e l’andamento dei titoli tecnologici

 di Redazione  7 Gennaio 2022 – 14:20

L’aumento dei rendimenti dei T-Bond, accelerato dalla pubblicazione delle minute dell’ultimo meeting che hanno svelato una Fed più restrittiva del previsto, ha portato a un repentino sell-off sui mercati azionari. In particolare, come accaduto altre volte, i titoli tecnologici hanno pagato il prezzo maggiore. Ma siamo sicuri che il legame tra aumento dei tassi della Federal Reserve e crollo dei titoli tecnologici sia così indissolubile?

LEGAME DA VALUTARE

Secondo Fabio Cappa di Raifffeisen Capital Management, questo connubio non è così scontato. A dimostrarlo sono i dati relativi agli ultimi due grandi cicli di aumento dei tassi da parte della banca centrale americana. L’esperto di Raiffeisen ha esaminato il periodo che va da metà 2004 a settembre 2006, quando la Fed portò i tassi dall’1% al 5,25% e il periodo tra dicembre 2015 e aprile 2019, quando la Fed aumentò i tassi da 0 al 2,5%.

NASDAQ IN CRESCITA

“Teoricamente in queste due fasi il Nasdaq Composite avrebbe dovuto perdere terreno. Invece nel primo periodo ha guadagnato l’11% e nel secondo ha messo a segno una performance di ben il 57%”, spiega Cappa.

NON C’È ALTERNATIVA ALLE AZIONI

Inoltre, l’esperto di RaiffeisenCM sottolinea come, a differenza di oggi, nelle due fasi prese in considerazione i rendimenti dei T-Bond fossero molto più elevati rispetto a oggi, con il decennale che viaggia sopra l’1,7%: “Allora gli investitori avevano un’alternativa valida nei T-Bond, oggi invece non c’è alternativa alle azioni, ovviamente a patto di investire con la giusta diversificazione”, conclude Cappa.

Wall Street: futures poco mossi in attesa del report occupazionale Usa. Goldman Sachs sforna outlook tassi Treasuries

07/01/2022

A Wall Street futures sui principali indici azionari in lieve rialzo, dopo due sessioni consecutive di ribassi. Nella sessione di ieri, il Dow Jones ha continuato a perdere terreno, in calo di 170,64 punti a 36.236,47, mentre lo S&P 500 ha ceduto appena lo 0,1% a 4.696,05 punti. Il The Nasdaq Composite è arretrato dello 0,13% a quota 15.080,87. Alle 13 circa ora italiana, i futures sul Dow Jones sono in rialzo di appena lo 0,04%, quelli sullo S&P 500 avanzano dello 0,20%, mentre quelli sul Nasdaq salgono dello 0,30%. I tassi sui Treasuries decennali sono in lieve calo, poco al di sotto della soglia dell’1,73%.

Oggi grande attesa per la pubblicazione del report occupazionale Usa di dicembre, che farà il punto sul mercato del lavoro americano e che, a seconda dell’esito, rafforzerà o meno le speculazioni su quando la Fed potrebbe iniziare ad alzare i tassi. Argomento, quest’ultimo, diventato chiodo fisso degli investitori da parecchio, soprattutto dall’altro ieri, ovvero da quando il Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, ha pubblicato le minute relative all’ultima riunione della banca centrale del 2021.

Dai verbali, è emersa l’intenzione della Fed di alzare i tassi sui fed funds in anticipo o più velocemente e, anche, di ridurre il proprio bilancio monstre di $8,8 trilioni, fattore che ha scatenato i sell off sull’azionario globale.

Detto questo, Goldman Sachs ritiene che i rendimenti dei Treasuries Usa di più lungo periodo, a dispetto della fiammata record dal 2021 che ha caratterizzato la prima seduta del 2022, e che ha portato i decennali a salire fino all’1,75% nella seduta di ieri, rimarranno bassi anche quando la Federal Reserve inizierà ad alzare i tassi. Lo scatto improvviso di queste prime sessioni dell’anno nuovo, che ha riempito le pagine dei giornali finanziari, rimarrà insomma per Goldman Sachs circoscritto.

Gli analisti di Goldman, pur rivedendo al rialzo il target sui tassi a due anni, hanno lasciato così invariato l’outlook sui tassi dei Treasuries a 5, 10 e a 30 anni, attesi per fine 2022, rispettivamente all’1,8%, al 2% e al 2,25%.

Goldman ha rivisto invece al rialzo le stime sui tassi a due anni – più sensibili alle previsioni sulla politica monetaria – dall’1,15% all’1,35%, in un contesto che vede i suoi economisti ritenere che ci saranno “tre rialzi (dei tassi sui fed funds da parte della Fed) entro la fine del 2022 (come emerge d’altronde anche dal dot plot della Fed e tre rialzi l’anno negli anni successivi”.

Tornando al market mover cruciale della sessione odierna, il consensus degli analisti prevede una crescita delle buste paga di 400.000 unità, per il mese di dicembre del 2021, a fronte di un tasso di disoccupazione Usa in calo al 4,1%. Goldman Sachs è più ottimista, prevedendo un aumento dell’occupazione di 500.000 unità, mentre l’outlook di Morgan Stanley è meno positivo di quello del consensus: gli analisti della banca americana stimano una crescita dei nuovi posti di lavoro di appena 260.000 unità a dicembre, a fronte di un aumento del tasso di partecipazione alla forza lavoro, che porterò il tasso di disoccupazione a rimanere, a loro avviso, fermo al 4,2%.

Sul fronte dell’inflazione misurata dai salari orari, le attese di Morgan Stanley sono di un aumento su base mensile dello 0,3%, e su base annua in rallentamento al 4,1%.

EPIC CRASH? MEMORIA CORTA!

Scritto il 11 Gennaio 2022 alle 09:12 da icebergfinanza

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Joe Biden and the American train wreck - The Boston Globe

Come qualcuno di Voi avrà certamente notato, ieri il rendimento del trentennale ha cozzato per la seconda volta contro i livelli suggeriti dal nostro mitico Puntosella, tornando indietro in attesa che escano i dati mercoledi sull’inflazione al consumo USA CPI seguito dal PPI, i prezzi alla produzione che usciranno il giorno dopo.

Abbiamo assistito alla peggiore performance in una settimana del trentennale USA in oltre 45 anni. Ovviamente i soliti volponi Vi spiegano che è perchè la Fed aumenterà i tassi, come se all’inizio di dicembre quando è stato raggiunto il minimo a 1,65 nessuno lo immaginava. Ridicoli!

In realtà ci sono dinamiche economifisiche e cinematiche molto più complesse, ma ciò che conta è l’obiettivo finale.

Giorni fa, un interessante thread di Jim Bianco una vecchia conoscenza del blog dai tempi della crisi subprime…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1480263683443933186&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F11%2Fepic-crash-memoria-corta%2F&sessionId=21ead1ac7581a28b7544d9058c78e45f687e9bb0&theme=light&widgetsVersion=9fd78d5%3A1638479056965&width=550px

Tralasciando il riferimento epico al recente movimento dei mercati, francamente non sappiamo di cosa si possa parlare per anni. Magari Bianco ha ricordi sbiaditi, potrei ricordare movimenti molto più interessanti in senso contrario.

Niente di trascendentale rispetto alle rasoiate degli ultimi 7 anni, il trend secolare è la deflazione da debiti, il resto sono spasmi sino a quando il trend non troverà il suo epilogo.

Come abbiamo già scritto il movimento è stato del 10% in una settimana, ma come abbiamo visto basta poco per invertire la rotta. Nell’edizione straordinaria di dicembre avevamo suggerito che il raggiungimento di quota 1,65 era una buona opportunità per coloro che da questa primavera aveva colto l’opportunità.

Bianco prosegue con le statistiche che lasciano il tempo che trovano, al prossimo giro vedremo cosa ci racconterà di bello quando avremo raggiunto i nostri obiettivi.

Prosegue poi …

Perché la scorsa settimana è stata così epica? Credo che l’intero mercato obbligazionario si sia finalmente reso conto che i soldi facili sono finiti/QT sta arrivando. Per settimane molti giocatori obbligazionari hanno sostenuto che questa tabella era sbagliata, la Fed avrebbe fatto meno di 4 rialzi/nessun QT. Non dopo i verbali del FOMC della scorsa settimana.

E ti pareva, il nostro Bianco scommette sull’inflazione, sono le stesse cose che loro suggerivano nel 2014 e nel 2018, poi alla fine l’hanno presa nei denti!

Alla fine anche i TIPS, i titoli legati all’inflazione non sono stati una grande scommessa!

CONSIGLI 10 anni Rendimento Bianco

 In parole povere, il mercato obbligazionario ha vissuto una delle peggiori settimane della sua storia perché gli operatori del mercato obbligazionario hanno finalmente “capito” che la Fed ha intenzione di porre fine alla liquidità.

Non scherziamo, lo sapevano dalle ultime settimane di dicembre, ma la narrativa vuole sempre trovare una scusa.

Quindi, se il mercato obbligazionario sta vivendo epiche convulsioni dopo lo spegnimento della stampante della Fed, non consolarti del fatto che il mercato azionario “non capisca”. È così che girano i mercati finanziari, il mercato azionario spesso rimane troppo a lungo e gira per ultimo .

Conclude Bianco, lo spegnimento della stampante, rotative che lavorano a pieno regime ufficialmente o di nascosto dalla crisi subprime. Io invece vi suggerisco di leggervi il nostro Lacy, più convincente che mai nell’ultimo OUTLOOK!

Appuntamento alla primavera 2023, male che vada se faranno il miracolo per inizio 2024.

Ma veniamo al nostro banchiere, dopo la figuraccia per non essersi presentato in conferenza stampa, ieri ha iniziato accusando direttamente tutte le persone che per un motivo o per l’altro non si sono vaccinate o non vogliono vaccinarsi.

Che dire, non male, quella della violenza discriminatoria messa in atto dal governo del banchiere ci mancava. Non solo, ieri il suo pupillo, l’esperto di politica medicinale, Speranza, ha mentito 2 volte nello spazio di qualche minuto.

Prima ha proposto un fogliettino di carta da formaggio con dati risalenti ormai a un mese fa per giustificare l’esplosione dei contagi, poi ha suggerito che le terapie intesive sono occupate in tutta Italia per 2/3 dai non vaccinati.

Premesso che credere nei dati del ministero della propaganda è sempre un problema storico, in realtà i dati suggeriscono che mentro loro vogliono farvi credere che le terapie intensive sono sature, solo il 17 % è occupato.

Immaginando che siano tutti non vaccinati, resta il 17 %, perchè ovviamente non esiste più alcuna altra malattia o patologia.

Ora a me non interessa sapere se il nonno e il nipotino, sono agitati, visto il totale fallimento della loro strategia, ma la storia farà giustizia, prima o poi ne sono sicuro.

Concludiamo con una piccola perla, loro gli scienziati ci raccontano che…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1480790737734283264&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F11%2Fepic-crash-memoria-corta%2F&sessionId=21ead1ac7581a28b7544d9058c78e45f687e9bb0&theme=light&widgetsVersion=9fd78d5%3A1638479056965&width=550px

Il sistema immunitario si potrebbe “anergizzare” (anergia è l’incapacità di un organismo di reagire a infezioni o al contatto di una sostanza inoculata e dotata di potere antigene, ndr). Si rischia l’effetto paradossale di “paralizzare” la risposta immunitaria».

«Non abbiamo mai vaccinato tutta la popolazione mentre imperversava una pandemia di queste dimensioni, in questo caso abbiamo già fatto una scelta anticipando la terza dose a 4-5 mesi, ma penso che non sia una buona idea abbreviare troppo e vaccinare ogni tre mesi — sostiene Abrignani —. Ovviamente nessuno ha esperienza con vaccini a mRNA, quindi ci si basa su quello che è noto dagli altri vaccini e dall’immunologia, ma in base a quello che sappiamo, se si vaccina ogni due-tre mesi per stimolare continuamente la risposta “effettrice”, dopo un po’ potrebbe ottenersi l’effetto contrario. Il sistema immunitario si potrebbe “anergizzare” (anergia è l’incapacità di un organismo di reagire a infezioni o al contatto di una sostanza inoculata e dotata di potere antigene, ndr). Si rischia l’effetto paradossale di “paralizzare” la risposta immunitaria».

Un grande esperimento, più o meno come in Israele, sai bellezza ne parlano tutti, li le dose le fanno una dietro l’altra come le ciliegine peccato che..

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ANERGIZZARE… avanti tutta, auguri Ragazzi!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

Riassunto di un 2021 non privo di sfide ma all’insegna del Toro (e uno sguardo al 2022)

Di Redazione AdviseOnlyGennaio 10, 202201

COMMENTO AL MERCATO

Che anno è stato il 2021? Prima di immergerci nell’anno appena iniziato – che già si profila interessante sotto molti punti di vista (“possa tu vivere tempi interessanti”, recita quella certa antica maledizione cinese) – facciamo una sintesi.

Che anno è stato il 2021, quindi? Un anno nel segno del Toro, anche se non per tutti, e caratterizzato da almeno tre grandi turbolenze: nuove varianti del coronavirus, inflazione e interventismo del governo cinese, che ha spaventato non poco gli investitori internazionali.

Il Toro ha continuato a correre, ma non per tutti

Di fatto, dopo la grande correzione del marzo 2020, i principali listini mondiali sono cresciuti con poche battute d’arresto. L’America, in particolare, ha vissuto un anno sugli scudi, con l’S&P 500 che ha aumentato il suo valore di oltre il 25%.

Un sentiment che è stato largamente condiviso dall’Europa, dove perfino un indice che prima della pandemia non offriva performance esaltanti, come il nostro Ftse Mib, ha guadagnato il 24,7%, con una capitalizzazione che ha raggiunto i 757 miliardi di euro.

Tutto questo grazie all’andamento spedito della campagna vaccinale, alla caduta di molte restrizioni e alla prospettiva di una ripresa di consumi e spostamenti.

La politica delle banche centrali, poi, è rimasta espansiva. E molti governi hanno messo in cantiere ambiziosi piani d’investimento per rilanciare l’economia post pandemica. Negli Stati Uniti lo hanno chiamato Green New Deal, la controparte europea è stata il Next Generation Eu, i cui fondi nel nostro Paese saranno spesi attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (o Pnrr).

Chi non ha partecipato alla festa rialzista è stata la Cina, economia che si era rialzata prima delle altre ma che ha dovuto fare i conti con un anno molto tormentato. Anche il Nikkei giapponese, colpito dalla pandemia e dalle turbolenze asiatiche, ha avuto una performance meno positiva dei colleghi americani ed europei.

Quel pasticciaccio brutto che si è verificato in Cina

Il mercato azionario cinese era andato bene nel 2020, ma ha conosciuto grossi intoppi nel 2021. Il governo guidato dal presidente Xi Jinping è intervenuto in varie occasioni per limitare il potere delle sue big tech.

Alla fine del 2021 ha di fatto stoppato la gigantesca ipo di Antgroup, mentre in estate ha messo nel mirino alcune aziende che si erano quotate a Wall Street come Didi Global, l’Uber cinese, finita sotto investigazione della Cyberspace Administration of China con l’accusa di “violare i regolamenti sulla raccolta di dati personali”.

È poi arrivata la scure sui profitti delle aziende di tutoring scolastico, a cui è stato precluso l’accesso agli investimenti stranieri e imposto l’obbligo di registrarsi come no profit.

Tutti fattori che hanno spaventato non poco gli investitori istituzionali, innescando una raffica di vendite che ha fatto perdere terreno a listini come l’Hong Kong Hang Seng e il Ftse China A50.

Come dimenticare, poi, la crisi del mercato immobiliare cinese, che ha spinto fino al default un gigante come Evergrande il cui titolo ha perso oltre il 90% del proprio valore. Pechino e la banca centrale cinese sono al lavoro per evitare l’effetto domino.

Il caro delle materie prime può strozzare la ripresa

La ripresa economica repentina ha scaldato i prezzi delle materie prime. E se, almeno inizialmente, gli analisti erano per la maggior parte concordi sulla transitorietà dei rincari, adesso ci sono esperti di rilievo, come il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che ritengono l’inflazione ormai un fenomeno strutturale, con cui faremo i conti a lungo.

Nel corso dell’anno si è assistito a un’impennata del prezzo del rame e alla crisi dei semiconduttori, fondamentali per l’automotive e la produzione di molti dispositivi elettronici. Ma si è anche osservato il forte aumento dei costi per l’approvvigionamento di energia, con i prezzi altissimi di carbone e gas naturale.

È cresciuto anche il prezzo del petrolio, con il Brent alle soglie degli 80 dollari al barile e il Wti a 76 dollari, mentre un anno prima erano entrambi intorno ai 50 dollari o meno. Tutto questo si è riversato, oltreché sulle bollette, anche sui costi dei prodotti finali, sui quali gravano anche le difficoltà della logistica, zavorrata fra le altre cose dalle restrizioni pandemiche.

Inflazione e come gestirla: la sfida dell’anno 2022 (e seguenti)

La crisi energetica e il contestuale aumento dei consumi hanno innescato una dinamica inflattiva che sta spingendo le banche centrali a intervenire. La Fed ha già detto che ridurrà il programma di acquisto titoli (facendo quindi tapering) e che potrebbe accelerare il rialzo dei tassi d’interesse già nel 2022.

La banca centrale europea è parsa più cauta: il programma di acquisti in chiave antipandemica (Pepp) terminerà a marzo, ma gli altri programmi rimarranno in piedi.

Una virata restrittiva delle politiche monetarie potrebbe innescare una correzione sui mercati azionari, ma è anche vero che un’inflazione eccessivamente alta potrebbe frenare la ripresa e ridurre i profitti delle aziende. I regolatori avranno il non facile compito di trovare il giusto equilibrio tra le due cose.
 

Omicron e le altre: l’impatto delle varianti sull’economia

Malgrado l’ottimismo che ha caratterizzato, in una varietà di gradazioni, tutto il 2021, il virus ha continuato a rappresentare una grossa fonte di preoccupazione. Tant’è che la maggiore battuta d’arresto dei listini, avvenuta a settembre, è stata proprio in concomitanza con un incremento dei contagi esponenziale in Paesi come Gran Bretagna e Germania.

Ritracciamento anche a novembre, alla notizia dell’arrivo della variante Omicron nel continente europeo e negli States. D’altra parte, l’aumento dei casi è pressoché immancabilmente destinato a ripercuotersi sull’economia, con il calo dei consumi e degli investimenti a fare da cinghia di trasmissione.

Emergenza clima: Glasgow tra accordi e disaccordi

Novembre è stato il mese della Cop26 di Glasgow. Ok limitare l’innalzamento della temperatura media globale a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali e, di conseguenza, il ricorso ai combustibili fossili, quindi avanti con la transizione energetica: ma se per alcuni Glasgow ha rappresentato un passo avanti di portata epocale, per altri ha dato luogo a un compromesso al ribasso insufficiente a frenare il cambiamento climatico.

Metaverso, criptovalute e Nft: la riscossa del virtuale?

Criptovalute sempre sotto i riflettori, con i loro vigorosi rialzi ma anche la loro volatilità da capogiro. La regina del comparto, Bitcoin, ha chiuso il 2021 appena sotto i 41mila euro di valutazione, dai circa 27mila di inizio anno.

Si è parlato tanto di Nft, Not fungible token, un token crittografico che rappresenta l’atto di proprietà e il certificato di autenticità scritto su Blockchain di un bene unico. Ma anche di Metaverso, ossia il mondo digitale parallelo annunciato da Facebook che, per l’occasione, ha anche modificato il suo nome in Meta.

Ma quello di Facebook non è l’unico metaverso su piazza: sulla piattaforma 3D Decentraland, infatti, la sussidiaria di Tokens.com, Metaverse Group, ha speso l’equivalente di 1,8 milioni di dollari per acquistare 4,8 metri quadrati nel distretto della moda.

Quali saranno i fatti salienti di gennaio e dei mesi a venire?

Da monitorare l’andamento dell’inflazione e le contromisure che governi e banche centrali metteranno in campo per limitarne l’impatto sulle economie, ma anche la campagna di vaccinazione anti-Covid, oltre ai nuovi farmaci contro il virus (al vaccino si aggiungerà la pillola di Pfizer, appena approvata anche dall’Ema).

Occhio anche alla partita geopolitica, come la questione Ucraina e il dossier Kazakhstan, che vedono affrontarsi Europa, Stati Uniti e Russia, con possibili ripercussioni anche sulle forniture di gas.

E rimane aperta anche la disputa commerciale e tecnologica tra Stati Uniti e Cina, fronte che continuerà a intrecciarsi con i faldoni belli tosti di Hong Kong e Taiwan.

Attenzione, infine, agli appuntamenti elettorali. In Italia, fari puntati sulla partita per il Quirinale – dal 24 gennaio al via le votazioni per il successore del presidente della Repubblica Sergio Mattarella – e sulla tenuta del governo Draghi, con tutte le potenziali ripercussioni su economia, riforme e, soprattutto, gestione del pacchetto Pnrr.

La RICETTA per salvare i mercati da correzioni shock

Scritto il 20 Gennaio 2022 alle 07:44 da Danilo DT

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NORMALIZZAZIONE. E’ una delle parole più inflazionate in questi giorni. A proposito, INFLAZIONE segue sempre a ruota, state tranquilli.

Detto questo, normalizzazione perché?
Perché il “mood” delle banche centrali è cambiato, perché la liquidità è a livelli sicuramente esagerati e, vista anche un’inflazione apparentemente fuori controllo, bisogna rientrare da questi eccessi.

(…) “Nel nostro scenario base, i mercati e le banche si avviano verso una normalizzazione nel 2022 rispetto agli anni record nel 2020 e nel 2021 e da allora in poi riprendono una crescita modesta”, ha detto agli analisti Jeremy Barnum, Chief Financial Officer di JPMorgan Chase. Barnum evidenziato che i volumi di scambio rimarranno comunque elevati nel 2022: “l’inizio di un ciclo di aumento dei tassi potrebbe essere abbastanza salutare per i ricavi del reddito fisso in particolare”. (…) [Source]

Di messaggi come questi ce ne sono a bizzeffe. Ma attenzione qui si tratta di una normalizzazione diversa da quella che intendo io. Parlavo della normalizzazione del bilancio delle banche centrali.

Sarà un processo per certi versi anche necessario per limitare appunto gli eccessi, ma facciamo sempre attenzione ad una cosa: in questo contesto storico, abbiamo un’inflazione importante soprattutto a causa di uno shock da domanda o da offerta?

Rispondere correttamente a questa domanda può aiutare a capire quale sarà l’atteggiamento delle banche centrali. Un atteggiamento che sarebbe più aggressivo in caso di shock da domanda, ma che diventa più riflessivo in caso di shock da offerta.
Il problema è la carenza di beni e non solo una domanda forte legata alla ripartenza. Quindi per farla breve, è shock da offerta.

Inoltre la generosità dei bilanci delle banche centrali, come abbiamo più volte dimostrato, hanno alimentato indirettamente in modo importante i mercati finanziari. Che, ricordiamolo sempre, sono tuttora guidati da un pugno di titoli che dominano la scena (ricordate questo POST? Non per tutti è sempre festa…)

Sarà un caso? Sarà qualcosa di più? Questo lo scopriremo solo vivendo anche se mi sembra evidente la fortissima correlazione.

NYFANG vs BANCHE CENTRALI

Domanda: ma se le banche centrali veramente iniziano con una normalizzazione importante, dove andranno i titoli facenti parte il NYFANG? Riusciranno a stare in piedi da soli, poggiando le quotazioni su utili sempre più generosi, buyback, dividendi e prospettive iperboliche di crescita?

Ecco perché secondo me la normalizzazione delle banche centrali potrebbe essere più lenta di quanto ci immaginiamo. Sempre che l’inflazione lo permetta, con un unico obiettivo: evitare un crash dei mercati.

PS: le borse correggono? Vero, non è che sia per il timore di una “normalizzazione”?

FIN CHE LA BARCA VA…

Scritto il 20 Gennaio 2022 alle 08:54 da icebergfinanza

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Niente di interessante da raccontare negli ultimi 2 giorni se non che gli algos, insieme a un manipolo di psicopatici drogati ha provato a far saltare il banco, spingendo sempre più su prezzo del petrolio e sui rendimenti mentre i mercati perdevano in media oltre il 5 %, con i tech vicini al 10 %

Nel frattempo fuga di massa dal più grande ETF high yield mondiale!

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Ovviamente per rispondere ai tanti interrogativi, tutto ciò non è altro che la normale dinamica econofisica, di un sistema basato solo su scommesse di branco, dove si associa il gregge.

Ripeto, oggi qualunque quotazione nel breve non ha nulla a che vedere con i fondamentali con quotazione ad esempio sui rendimenti, salite in maniera folle pur a fronte di dati catastrofici sui consumi a novembre e dicembre.

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Spettacolare la violenza con la quale hanno provato a far salire i rendimenti a breve termine, mentre quelli a lungo sono saliti di meno, continuando ad appiattire la curva dei tassi.

Il mercato, lo stesso mercato che ha completamente fallito le aspettative sui tassi anche nel 2014 e 2018, prevede dai 4 ai 6 aumenti di tasso con percentuali vicine al 50 %, ecco perchè continuo a parlare di grande occasione, di occasione clamorosa!

Sarà un miracolo, ripeto un miracolo, se la banca centrale americana riuscirà a fare 2 soli aumenti di tasso che il mercato ha ampiamente scontato, anzi ne sta scontando il doppio, sono tutti sullo stesso lato della barca, lo short squeeze sarà una favola.

L’oro è ormai pronto a esplodere, gli amici di Machiavelli lo sanno bene.

Bruttine le trimestrali uscite recentamente ma non fa nulla, i dati interessano poco.

Fortissima richiesta per l’asta a 20 anni USA ieri, con 20 miliardi piazzati al 2,21%

Non c’è scampo la storia suggerisce che con tassi reali negativi la recessione è assicurata, lo vedremo in dettaglio a febbraio nel prossimo manoscritto.

What tools does the Fed have left? Part 1: Negative interest rates

Per il resto purtroppo in questo sciagurato Paese non abbiamo una Corte suprema come negli Stati Uniti ma un manipolo di giudici che fanno quello che viene loro indicato dal potere.

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Una sentenza semplicemente ridicola, basta suggerire ai senatori e deputati di imparare a volare, ma soprattutto una chiara sentenza che non vuole toccare gli argomenti farlocchi che questo governo criminale alimenta

Inoltre, ieri il presidente del Consiglio di Stato ha temporaneamente sospeso la sentenza del TAR del Lazio, sulla fesseria della tachipirina e vigile attesa, accogliendo il ricorso del ministro Speranza, figurarsi se accadeva il contrario.

Ma ci sono 2 novità in questa spettacolare caduta di stile di questo governo di falliti.

Ieri Silleri ha ammesso mettendoci una toppa che è peggio del buco, la sciatteria dei dati grezzi, farlocchi mostrati dal banchiere e da Speranza, per prendere per il cuolo gli italiani con la gentile collaborazione dell’Istituto Superiore della Sanità…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1483906044153802752&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F20%2Ffin-che-la-barca-va%2F&sessionId=9fcd7b5a5b946c3527125ecb8d9904272dc45b76&theme=light&widgetsVersion=75b3351%3A1642573356397&width=550px

”Io mi dico ministro, quando va da Fabio Fazio si faccia fare la domanda: tra Iss e ministero vi parlate? È incredibile che i suoi uomini abbiano esposto Draghi a una figura di questo tipo”. Massimo Giletti inchioda il ministro della Salute Roberto Speranza dopo la clamorosa gaffe in conferenza stampa con il tragico grafico pieno di errori, dati corretti pochi giorni dopo dall’Istituto Superiore di Sanità.

Come sempre siamo solo noi della libera informazione a riportarvi fatti e misfatti di un governo che controlla ogni giornale e ogni trasmissioni, il ministero della propaganda,

In studio il sottosegretario Pierpaolo Sileri che ha cercato in tutti i modi di spiegare che il ministro non era “responsabile di quella sciatteria. Il ministro fa il ministro, legge i dati che gli vengono forniti” ha ribattuto Sileri.

Ora a pensare male si fa sempre peccato, ma solo un ingenuo può credere che tutto ciò sia avvenuto per sciatteria e non per ”aggiustare i dati” e renderli più conformi alla narrativa.

Ma non è finita qui, perchè i delinquenti in questa immensa crisi antropologica spuntano come funghi, oltre a frequentare i salotti del ministero della propaganda.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1484040286049349634&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F20%2Ffin-che-la-barca-va%2F&sessionId=9fcd7b5a5b946c3527125ecb8d9904272dc45b76&theme=light&widgetsVersion=75b3351%3A1642573356397&width=550px

A tempo debito, questa gente dovrà rendere conto e tutto dipenderà dal Vostro voto. Una commissione di inchiesta a 360° non gliela caverà nessuno, avranno il fiato sul collo, uno per uno. Qualcuno ride, qualcun altro sorride, ma l’hanno fatta troppo grossa a partire dall’insabbiamento del piano pandemico.

Nel frattempo divertiamoci con a presidenza della Repubblica, con per il banchiere e il suo pupillo Speranza c’è sempre tempo.

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

Non solo Super bolla: pianeta Terra a secco di commodities, boom inflazione, crescita più lenta. Jeremy Grantham presenta la sua (nostra) Apocalisse

28/01/2022

Jeremy Grantham, investitore celebre noto per i suoi alert sulle bolle speculative, ha già scioccato trader e investitori di tutto il mondo, parlando di super bolla a Wall Street, e paventando un crollo a ritmi record per la borsa Usa; e già torna sotto i riflettori con un messaggio ancora più allarmante e urgente.

Jeremy Grantham, investitore rinomato in tutto il mondo, presenta le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico. Una sorta di Apocalisse, dove andremo tutti giù insieme alla natura

Nel corso dell’intervista rilasciata alla trasmissione Front Row di Bloomberg, l’esperto ha emesso un altro verdetto da pelle d’oca: il periodo Goldilocks degli ultimi 25 anni, ha detto, è al capolinea e il mondo deve prepararsi a un futuro a secco di materie prime, caratterizzato da inflazione, crescita più lenta e carenza di lavoratori (un fenomeno che si sta già manifestando da parecchio, negli Stati Uniti).

Co-fondatore della società di gestione Grantham, Mayo & van Otterloo ((GMO), 83 anni, Grantham non ha lasciato ai mercati una grande via di scampo.

Jeremy Grantham: diciamo pure addio ai prezzi bassi di petrolio, nickel, rame. Inflazione è ovunque

Dimenticatevi “i prezzi bassi del petrolio, del nichel, del rame” –  ha avvertito l’investitore di fama mondiale -Il cambiamento climatico si sta manifestando con forti inondazioni, gravi siccità e temperature più alte, tutti fattori che non danno certo un aiuto alle coltivazioni”. Tutt’altro: contribuiscono alla loro progressiva e inesorabile distruzione.

In una situazione del genere, la sentenza è quasi fisiologica:

“Vivremo in un mondo di strozzature e di boom dei prezzi ovunque”. Qualcosa di inevitabile, il cui dispiegarsi nessuno riuscirà a fermare, viste la scarsità delle materie prime, i Baby Boomers che si apprestano ad andare in pensione, i tassi di natalità che scendono, i mercati emergenti che maturano e l’esplosione delle tensioni geopolitiche:

Proprio la scorsa settimana Grantham aveva presentato la Quarta Super Bolla della storia degli Stati Uniti, lanciando un alert sull’arrivo imminente di un crash e consigliando agli investitori di scappare dall’azionario Usa.

L’investitore ha detto di ritenere che, così come nel crollo del 1929, in quello delle dot-com del 2000 e nella crisi finanziaria del 2008, questa bolla scoppierà, con la conseguenza che lo S&P 500 capitolerà di quasi il 50% rispetto al picco del 4 gennaio, di fronte ormai a una Fed impotente.  E questo, ammonisce Grantham, perchè “siamo andati ben oltre la capacità del pianeta di sopportarci nel lungo periodo – la natura sta iniziando a morire. E, alla fine, se non facciamo qualcosa, anche noi inizieremo a morire”.

Grantham – che gestisce una fondazione del valore di $2,12 miliardi, nata per proteggere l’ambiente – non si è certo svegliato di colpo: è da circa 10 anni che ha mostrato tutto il suo scetticismo verso le valutazioni astronomiche dei titoli azionari, alzando le spalle di fronte all’entusiasmo fervente che ha accompagnato il mercato toro.

Non tutti lo hanno preso sempre sul serio, in quanto i suoi avvertimenti della serie ‘Apriti Cielo’ non si sono sempre avverati.

Ma il problema del cambiamento climatico non è certo una sua invenzione, così come non lo sono il grande ritiro in pensione dei Baby Boomers e la scarsità delle commodities e del lavoro. Non per niente l’inflazione si è già impennata negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Non per niente non si fa altro che parlare di Fed più o meno hawkish: il ritiro della liquidità monstre storica non riguarda solo i mercati e le borse. L’inflazione riguarda tutto il mondo: e la cosa forse più inquietante, come ha scritto anche Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos, è la natura di questa inflazione, scattata al rialzo principalmente per la rigidità dell’offerta e non per la resurrezione della domanda.

Se vuoi aggiornamenti su Non solo Super bolla: pianeta Terra a secco di commodities, boom inflazione, crescita più lenta. Jeremy Grantham presenta la sua (nostra) Apocalisse inserisci la tua email nel box qui sotto:

SCACCO MATTO!

Scritto il 31 Gennaio 2022 alle 09:36 da icebergfinanza

Nei prossimi giorni avremo molte risposte, le risposte di cui noi non abbiamo più bisogno, sono arrivate, inequivocabili!https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1487905297695977475&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F31%2Fscacco-matto%2F&sessionId=d05651f0adceecf81d861c0e3f0350a8734c4f06&theme=light&widgetsVersion=75b3351%3A1642573356397&width=550px

Mentre gli altri scommettono su 4 o 5 aumenti di tasso, noi osserviamo la curva dei tassi e lo spread a 2 anni, sarà un miracolo se riusciranno a farne 2, poi i tassi torneranno negativi.

Nel primo trimestre, la crescita se va bene sarà ZERO, ma noi scommettiamo in una recessione tecnica, tra il primo e il secondo trimestre.

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La Cina non è messa tanto meglio, molti indicatori segnalano tempesta!

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In parole povere l’ultima grande occasione continua!

Concludiamo con lo spettacolare scacco matto messo a segno dal governo ombra italiano, una magistrale partita a scacchi che ha portato alle rielezione del presidente Mattarella, si quello che aveva preparato gli scatoloni e suggerito che Segni e Leone erano contrari al bis.

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Ma ovviamente, il senso di responsabilità, la pandemia, la fine del mondo in atto lo hanno convinto che altri sette anni al Colle sono una vacanza che vale la pena di rivivere.

Chapeau, complimenti sinceri per il successo totale, netto, inequivocabile, anche se di fronte avevate dei dilettanti allo sbaraglio, mezzo Parlamento che moriva di fame senza il bonifico di sostentamento, ma chapeau.

Complimenti a Ugo Zampetti, prima di tutto, il vero kingmaker dell’intera partita.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1487684737791627264&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F31%2Fscacco-matto%2F&sessionId=d05651f0adceecf81d861c0e3f0350a8734c4f06&theme=light&widgetsVersion=75b3351%3A1642573356397&width=550px

Ora la situazione è questa CINQUINA in attesa della tombola!

Numero, Mario Monti alla presidenza della commissione Paneuropea per la salute.

Ambo, Franco Frattini presidente del Consiglio di Stato che ha bloccato recentemente la sentenza del TAR contro il governo e la criminale strategia ”Tachipirina, vigila attesa. ” del ministro Speranza.

Terno, Giuliano Amato, appena nominato alla guida della Corte Costituzionale, che tanto per non smentirsi ha già messo in chiaro che ricorsi e denuncie li deciderà la scienza.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1487438803342139396&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F31%2Fscacco-matto%2F&sessionId=d05651f0adceecf81d861c0e3f0350a8734c4f06&theme=light&widgetsVersion=75b3351%3A1642573356397&width=550px

La quaterna resta la presidenza del Consiglio, in mano a Mario Draghi, il governo più liberticida, discriminatorio, che incita all’odio sociale più criminale della storia italiana, con decisioni basate su dati errati o palesemente manipolati per incentivi statali.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-3&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1486794543391551494&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F31%2Fscacco-matto%2F&sessionId=d05651f0adceecf81d861c0e3f0350a8734c4f06&theme=light&widgetsVersion=75b3351%3A1642573356397&width=550px

La tombola è la magistrale rielezione di Sergio Mattarella.

Inutile nasconderlo, il più ridicolo e sconcertante di tutti è stato Salvini, nessuna scusa, neanche i franchi tiratori di Forza Italia, quelli saranno ricompensati da Mario Draghi.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-4&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1487570367312969735&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F01%2F31%2Fscacco-matto%2F&sessionId=d05651f0adceecf81d861c0e3f0350a8734c4f06&theme=light&widgetsVersion=75b3351%3A1642573356397&width=550px

Uno che è stato capace di buttare nel cesso un consenso mai visto come i Cinque Stella,  uno che per ”amore” ha consegnato voti e consensi alle peggiori politiche discriminatorie e continuerà a farlo, perchè se non lo facesse è finito. Il risultato è stata la seconda dose di Mattarella, poi arrivera il booster del banchiere.

Lo spread torna a scendere, ma non più di tanto, in fondo, in fondo i mercati sanno che non è ancora finita!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

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