BIG R ? Come saranno le trimestrali USA di Luglio ?

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Prospettive economiche

Europa verso la recessione, Amundi spiega cosa vuol dire per i mercati

Vincent Mortier, Group Chief Investment Officer di Amundi, vede un impatto sugli utili societari, con una preferenza per le azioni value e di qualità, che hanno anche il vantaggio di essere complementari in fasi di recessione

 di Virgilio Chelli  24 Settembre 2022 09:30
financialounge -  Amundi recessione Vincent Mortier

E’ in arrivo una recessione in inverno nell’Eurozona per l’aumento del costo della vita, in particolare energia e alimentari, che inciderà sulla domanda, con l’inflazione spinta dalla dipendenza dalla Russia. L’Europa finora ha risposto con misure di sostegno fiscale specifiche per ciascun paese, ma ora l’UE si sta mobilitando per una risposta collettiva. Queste misure possano aiutare nel breve, ma potrebbero risultare inflazionistiche nel medio periodo. Intanto la BCE combatte l’inflazione alzando i tassi, ma così sta anche incidendo sul costo della vita, impegnandosi comunque a prevenire la frammentazione ed evitare che gli spread salgano oltre il livello di comfort.

IMPATTO DEL CALO DEI CONSUMI

Vincent Mortier, Group Chief Investment Officer di Amundi, esplora le conseguenze di una recessione in Europa e l’impatto sui mercati, poiché il calo dei consumi incide sugli utili societari e l’aumento dei tassi influisce sulle valutazioni. Inoltre, una debolezza dell’economia globale sarebbe negativa per le imprese europee molto proiettate a livello internazionale. Mortier ritiene che gli investitori debbano ricercare la qualità in società in grado di resistere, mentre esprime una view leggermente positiva sulla duration degli Stati Uniti in un contesto di rallentamento economico, con una posizione complessivamente neutrale.

LA DISOCCUPAZIONE PUO’ ESSERE CONTENUTA

La recessione attesa nell’Eurozona secondo l’esperto di Amundi “sarà reale”, con un calo della domanda e un possibile aumento della disoccupazione. Ma una recessione lieve e il ricorso a misure di welfare come nella crisi da Covid potrebbero far sì che l’area eviti un aumento significativo dei senza lavoro. Il tutto, secondo Mortier, non è assolutamente una buona notizia per l’azionario europeo, data la forte esposizione internazionale delle aziende dell’area, che realizzano circa il 70% delle vendite all’estero.

ABBASSATE LE STIME DEL PIL GLOBALE

L’esperto di Amundi fa notare che quando l’economia globale cresce di oltre il 3%, la crescita degli utili per azione dell’MSCI Europe tende ad essere positiva, e viceversa. Amundi di recente ha abbassato le previsioni del PIL globale nel 2023 al 2,7% dal 3,1%, implicando che la crescita degli utili sarà molto probabilmente negativa, anche se il consenso del mercato punta a una crescita del 2,2% circa, e andrebbero riviste al ribasso.

AZIONI EUROPEE PIÙ ESPOSTE AL CICLO

Amundi non si aspetta comunque un crollo degli utili dell’ordine di quello sofferto nella Grande Crisi e neanche negli anni ’70, quando il calo negli USA fu di circa il 10%. Gli utili europei scendono sempre più di quelli americani, per la maggior ciclicità dell’azionario. Anche se il mercato ha già valutazioni basse, Amundi nota che questa fase di recessione non è di buon auspicio per i titoli europei, soprattutto dell’Eurozona. In particolare, Mortier ritiene che lo spostamento verso i titoli value e di qualità abbia ancora spazio, ma il passaggio non sarà lineare e dovrebbe essere sempre più guidato dalla selezione bottom-up.

QUALITY E VALUE SONO COMPLEMENTARI

L’esperto di AMundi nota che nell’ambito degli indici MSCI, quality e value sono abbastanza complementari, il secondo è a buon mercato ma non immune da declassamento degli utili in una fase di rallentamento, mentre il primo è solitamente caratterizzato da una duration più lunga e trae vantaggio anche in una fase di recessione, quando la bassa leva finanziaria e la resistenza dei margini diventano un vantaggio.

SHOCK SENZA PRECEDENTI

In ogni caso, gli shock strutturali che l’economia dell’Eurozona sta affrontando oggi sono secondo Amundi senza precedenti, e si riflettono nel forte deterioramento del fair value del cambio dell’euro contro dollaro. Nel caso di interruzione totale delle forniture di gas russo, l’impatto negativo si estenderebbe ulteriormente, portando il cambio sotto l’obiettivo di breve termine di 0,94 di Amundi e avvicinarsi addirittura ai livelli visti solo nei primi anni 2000.

LA CORSA DEL DOLLARO DIPENDE DALLA FED

Ma va attentamente monitorata la Fed, perché un’inversione di rotta verso una politica accomodante porrebbe probabilmente fine alla corsa del dollaro. Lo Yen resta il chiaro perdente del 2022, con il calo di oltre il 20% su dollaro USA da inizio anno. Guardando al futuro, Amundi ritiene che la crescita globale e i tassi USA a lungo termine siano le variabili chiave che potrebbero far pendere la bilancia a favore dello yen. Quando le preoccupazioni per la crescita aumenteranno, la curva dei Treasury probabilmente si invertirà ulteriormente e lo yen tornerà attraente.

Nouriel Roubini avverte la Fed, ecco fino a dove dovrà alzare i i tassi per domare l’inflazione

 di Redazione Finanzaonline

 02/09/2022  19:08

L’economista soprannominato Dr. Doom, Nouriel Roubini, vede la salita dei tassi di interesse negli Stati Uniti ancora a metà strada. In un’intervista a Bloomberg TV, Roubini ha avvertito che gli investitori sono “illusi” se si aspettano che il ciclo di rialzo dei tassi avrà vita breve. A detta di Roubini i tassi dovrebbero arrivare al di sopra del 4%, in un intervallo tra il 4,5% e il 5%, per spingere davvero l’inflazione al 2%.

Negli scorsi mesi lo stesso economista aveva affermato che gli Stati Uniti stanno andando incontro a una profonda recessione visti i tassi di interesse in continua crescita e l’economia è gravata da elevati carichi di debito, definendo “deliranti” coloro che si aspettano una leggera recessione.

Wall Street vola, ecco cosa è piaciuto del Jobs Report. Il 13 settembre il dato clou che indirizzerà la Fed

 di Titta Ferraro

 02/09/2022  17:06

Mercati tonici in scia ai dati emersi dal report occupazionale Usa. Il rallentamento della creazione di posti di lavoro (+315 mila dai +528mila precedenti) era ampiamente atteso (consensus era +30 mila), ma abbinato all’aumento a sorpresa della disoccupazione al 3,7% ha alimentato le aspettative di una Fed più cauta nell’alzare i tassi.

Al momento i principali indici di Wall Street segnano oltre +1% e l’Europa fa molto meglio con rialzi nell’ordine del 3% per Dax e Ftse Mib. “I mercati hanno assimilato l’aumento della disoccupazione come un primo segnale di indebolimento dell’economia statunitense che indurrà la FED ad abbassare i tassi di interesse nel futuro per evitare una recessione”, argomenta Federico Vetrella, Market Strategist di IG Italia, che vede comunque la Fed continuare ad agire aggressivamente sui tassi di interesse nel breve termine fino a che non registrerà un consistente allentamento dell’inflazione.

Adesso lo sguardo si sposta agli appuntamenti delle prossime settimane. “Per la Fed rimane aperta l’ipotesi 50/75 pb nel meeting del 21 settembre. Decisivo sarà il dato sull’inflazione di agosto in pubblicazione il 13 settembre”, asserisce Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte.

C’è poi da guardare la componente salari, che segnano una salita su base annua del 5,2%, meno del +5,3% previsto e in linea con il +5,2% precedente. “In passato, il livello critico preso come riferimento dalla Fed quale segnale di un surriscaldamento dell’economia è stata una crescita annua dei salari del 4%. Al momento, siamo ancora vicini al 6%. È un’ottima notizia per la busta paga, ma è anche una delle cause principali dell’inflazione dilagante che stiamo vivendo”, spiega Callie Cox, US investment analyst di eToro.

La visione di AllianceBernstein per affrontare la possibile recessione sui mercati

AllianceBernstein, in un’analisi firmata da Tiffanie Wong e Vivek Bommi, vede molti elementi a favore delle obbligazioni corporate Investment Grade globali: “Valutazioni interessanti e fondamentali robusti”

 di Virgilio Chelli  1 Settembre 2022 14:20
financialounge -  AllianceBernstein bond investment grade corporate bond Tiffanie Wong Vivek Bommi

Anche in caso di possibile recessione, ci sono segnali molto promettenti per le per le obbligazioni corporate Investment Grade globali. Le valutazioni sono interessanti. I bilanci sono solidi, i free cash flow sono in espansione, la redditività è in aumento, le politiche finanziarie delle imprese sono relativamente prudenti. Di fatto, i fondamentali non sono mai stati così robusti alla vigilia di un rallentamento economico, e èerfino le dinamiche di domanda e offerta potrebbero essere favorevoli.

ALCUNI SONO ANCORA DIFFIDENTI

Lo sottolinea AllianceBernstein in un’analisi di Tiffanie Wong e Vivek Bommi, secondo cui gli investitori creditizi dovrebbero fidarsi dei segnali e saltare a bordo, perché raramente i due esperti hanno visto un momento migliore per investire in obbligazioni corporate Investment Grade. Il mercato è finalmente entrato in un regime di tassi elevati. Al 30 giugno, i rendimenti prevalenti delle obbligazioni corporate Investment Grade globali hanno raggiunto il 4,3%. Gli investitori aspettavano da oltre un decennio un livello così interessante, ma sfortunatamente, a causa del rallentamento della crescita e del timore di recessione, alcuni guardano al settore con diffidenza.

MA SPRECANO UN’OCCASIONE

Ad avviso dei due esperti di Alliance Bernstein sprecano un’occasione, per una serie di motivi. Il primo è rappresentato da valutazioni interessanti. Oggi, nessun titolo corporate europeo presenta un rendimento negativo. E nel giro di pochi mesi, i rendimenti delle obbligazioni corporate USA sono saliti dal 13° percentile al 99° percentile rispetto a un decennio fa. In particolare, i rendimenti obbligazioni corporate investment grade sono al massimo degli ultimi 10 anni e offrono il più significativo differenziale positivo di rendimento rispetto al dividend yield dell’indice S&P 500 dell’ultimo decennio, mitigando il potenziale di ribasso degli asset rischiosi.

RISCHIO DI RECESSIONE COMPENSATO

Infine, gli attuali spread creditizi piuttosto generosi compensano ampiamente gli investitori per il rischio di recessione, considerando soprattutto il punto di partenza, vale a dire fondamentali straordinariamente solidi. Nelle fasi iniziali di un rallentamento, in genere i fondamentali delle imprese sono già deboli. Ma oggi, sottolineano gli esperti di AllianceBernstein, gli emittenti godono di condizioni finanziarie di gran lunga migliori di quelle alla vigilia delle recessioni passate, anche grazie alla lunga fase di incertezza che ha accompagnato la pandemia, e che ha spinto le aziende a gestire bilanci e liquidità in modo prudente, mentre anche gli indici di leva e di copertura, i margini e i free cash flow sono migliorati.

ANALISI SUL MERCATO USA

AllianceBernstein ha condotto un’approfondita analisi storica delle obbligazioni corporate Investment Grade statunitensi, da cui risulta che i bilanci delle imprese sono oggi molto più solidi, e grazie a questo gli emittenti corporate sono in grado di sostenere la pressione e non stanno affrontando un ciclo di downgrade pronunciato, con il rallentamento di crescita e domanda. Inoltre la loro propensione delle aziende ad assumere rischi è chiaramente ridotta.

FATTORI TECNICI IN MIGLIORAMENTO

Anche i fattori tecnici sono destinati a migliorare. In base all’analisi di AllianceBernstein, le crescenti preoccupazioni legate alle vendite di asset delle banche centrali potrebbero essere infondate. La Fed non è mai stata molto attiva nel mercato delle obbligazioni corporate Investment Grade USA, e con l’abbandono del quantitative easing è improbabile che le vendite si ripercuotano sui mercati.

LA BCE NON LIQUIDERA’ LE POSIZIONI

Anche la BCE, se liquiderà il suo enorme portafoglio di obbligazioni corporate Investment Grade, potrebbe inondare il mercato del credito europeo. Ma secondo gli esperti di AllianceBernstein non lo farà. Nel 2018, le banche centrali hanno prematuramente concluso i programmi di acquisto di titoli di Stato, per poi doverli riprendere poco dopo. Secondo AllianceBernstein la BCE non vorrà ripetere questo scenario, che minaccerebbe la stabilità del mercato in un contesto di rallentamento. Potrebbe invece mantenere le obbligazioni corporate Investment Grade e addirittura reinvestire, offrendo ulteriore stabilità al settore creditizio europeo.

POSIZIONAMENTO PER UN RALLY

Per quanto riguarda la domanda, molti investitori rimangono in disparte, avendo sottopesato per anni l’obbligazionario nelle loro asset allocation per i rendimenti eccezionalmente bassi. Ora AllianceBernstein si aspetta che le obbligazioni corporate Investment Grade saranno il primo naturale passo degli investitori nel mercato, grazie al rendimento molto più interessante, e questo posiziona il settore per un rally. Di fatto i flussi di obbligazioni corporate si sono già stabilizzati e potrebbero essere sull’orlo di un’inversione.

Eurozona: ad agosto fiducia consumatori a -24,9 punti

 di Alessandra Caparello

 30/08/2022  

Nel mese di agosto la fiducia dell’economia segna 97,6 punti in flessione dal precedente 98,9 punti mentre la fiducia dei consumatori resta al palo (-24,9 punti),

Guerra e inflazione uccidono la gallina dalle uova d’oro d’Italia

L’economia italiana rischia di cadere in recessione a causa della bilancia commerciale in rosso dopo anni tra guerra e inflazione

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 18 Agosto 2022 alle ore 06:34

Bilancia commerciale KO in Italia

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L’economia italiana quest’anno potrebbe registrare un tasso di crescita superiore alle ultime previsioni del governo, ma ugualmente rischia di cadere in recessione. All’orizzonte ci sono quelle nubi intraviste dal premier Mario Draghi nella sua prima conferenza stampa dopo la caduta del governo che presiede. La crescita del PIL acquisita al termine del primo semestre è del 3,4%. Se questo fosse il dato finale per l’intero 2022, riusciremmo a malapena a coprire le perdite causate dalla pandemia. Prima di essa, la crescita era stata a dir poco stagnante, tant’è che il PIL reale nel 2019 risultava ancora di oltre quattro punti inferiore ai livelli del 2007. A sostenere l’economia italiana negli anni precedenti ci aveva pensato, comunque, la bilancia commerciale, cioè l’export.

Ebbene, è venuta meno anche la nostra principale fonte di crescita. Nel primo semestre di quest’anno, le nostre esportazioni nette sono state pari a -13 miliardi di euro. Nello stesso periodo dell’anno scorso, sfioravano +29 miliardi. Su base tendenziale, quindi, abbiamo perso qualcosa come oltre 40 miliardi di euro, più di due punti di PIL. E non è difficile capire cosa sia accaduto alla bilancia commerciale tricolore. Tra gennaio e giugno, il deficit energetico dell’Italia è esploso da 15,8 a 48,4 miliardi, segnando +32,6 miliardi.

Impatto di guerra e inflazione sull’economia italiana

Cos’è successo? I prezzi delle materie prime importate sono letteralmente esplose nell’ultimo anno. In particolare, petrolio e gas sono schizzati alle stelle, anche a seguito delle tensioni geopolitiche tra Occidente e Russia dopo l’occupazione dell’Ucraina da parte di questa. Il valore delle importazioni, pertanto, ormai supera abbondantemente quello delle esportazioni, le quali eppure nei dodici mesi al giugno scorso superavano i 570 miliardi.

Proprio l’impennata dei prezzi dell’energia sono stati e continuano ad essere concausa fortissima dell’inflazione all’8%.

Se il deficit energetico dell’Italia fosse rimasto invariato, nel primo semestre avremmo registrato una bilancia commerciale in avanzo di quasi 20 miliardi. Sarebbe stato un risultato ampiamente positivo, ma pur sempre inferiore di 9 miliardi al dato dello stesso periodo del 2021. Questo significa che non è solo l’energia a colpire l’economia italiana. Resta il fatto che essa abbia pesato per circa l’80% del peggioramento del saldo.

Bilancia commerciale fuori uso dopo anni

Cosa accadrà all’economia italiana di questo passo? Se la bilancia commerciale nel secondo semestre accuserà lo stesso trend negativo del primo, chiuderà in deficit di 26 miliardi contro il surplus di oltre 44 miliardi nel 2021. A conti fatti, un peggioramento di 70 miliardi, che equivarrebbe a quasi quattro punti di PIL. Ecco perché il governo uscente continua a sostenere l’economia anche a colpi di deficit fiscale. Serve a irrobustire la domanda interna, che con un’inflazione così alta rischia di ingranare anch’essa la retromarcia.

La corsa dei prezzi riduce il potere di acquisto delle famiglie, ergo i loro consumi. E sta già avvenendo. Nel frattempo, la crisi energetica sta colpendo la produzione delle imprese, che alle prese con il rialzo dei tassi non vivono di certo una fase favorevole agli investimenti. In assenza dell’export quale mano santa per la crescita, così com’è stato dal 2014 in avanti, è rimasta la leva fiscale, la quale per un paese con un debito pubblico al 150% è praticamente dipendente dal buon cuore dei mercati, addolcito dalle azioni di BCE e Commissione europea. Senza, sarebbe recessione.

Economia italiana già in frenata, ecco perché il dato di luglio è brutto

Dopo avere sorpreso positivamente nel secondo trimestre, l’economia italiana tira già il freno a mano. Già a luglio i dati sono negativi.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 04 Agosto 2022 alle ore 06:52

Frenata per l'economia italiana

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Il secondo trimestre ha sorpreso positivamente riguardo all’andamento dell’economia italiana. Il PIL è cresciuto dell’1% rispetto ai primi tre mesi dell’anno e del 4,6% su base annua. Abbiamo fatto meglio dell’Eurozona, che si è fermata a +0,7%. Per non parlare della Germania, dove il PIL è rimasto invariato rispetto al primo trimestre e in crescita solamente dell’1,5% su base annua. Un barlume di ottimismo si era diffuso nei giorni scorsi in Italia, tanto che analisti e semplici commentatori avevano notato in quei dati una capacità di “resilienza” dell’economia italiana maggiore del previsto. In effetti, tra inflazione ai massimi dagli anni Ottanta, impennata dei prezzi per le materie prime, crisi energetica e guerra tra Russia e Ucraina, continuare a crescere è stato un mezzo miracolo.

Terziario giù, malgrado il turismo

Ma a luglio l’aria sembra essere già cambiata. Il primo mese del terzo trimestre ha debuttato con un PMI servizi in calo a 48,4 punti dai 51,6 di giugno. E’ stata la prima contrazione dal mese di gennaio. La fiducia delle imprese è stata rilevata ai livelli minimi da 20 mesi. Quando l’indice scende sotto 50 punti, significa che l’attività sta contraendosi. E il terziario incide per quasi i tre quarti del PIL.

Il dato di luglio è negativo per l’economia italiana anche per un motivo assai semplice: la contrazione dei servizi è arrivata in coincidenza con il boom del turismo. A giugno, i turisti superavano i 9 milioni, segnando una crescita di 800.000 sul 2019, l’ultimo anno prima del Covid. Federalberghi ha stimato le presenze di maggio a +33,4% sul 2019, in forte accelerazione dal +10,5% di aprile.

Grazie all’allentamento delle restrizioni anti-Covid, il turismo sta segnando un boom superiore alle previsioni.

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Certo, luglio non era iniziato nel migliore dei modi. La prima settimana fu caratterizzata da numerose disdette a causa della recrudescenza della pandemia e del caos aeroporti in Europa. La ripresa sarebbe avvenuta, tuttavia, nella seconda metà del mese. Ad ogni modo, se il settore terziario arretra malgrado la stagione turistica stia andando a gonfie vele, il segnale per l’economia italiana è pessimo. Significa che tutto ciò che non ruota attorno al turismo starebbe andando male.

Spettro recessione per economia italiana

In Germania, le vendite al dettaglio di giugno sono precipitate del 9,8% su base annua, mai così male da oltre quaranta anni a questa parte. I prezzi al consumo corrono, per cui le famiglie si ritrovano con un minore potere di acquisto. Necessariamente, sono costrette a spendere di meno, ossia a limitare gli acquisti di tutto quanto non sia lo stretto necessario. In Italia, questo fenomeno sta verificandosi in misura inferiore e probabilmente in ritardo, grazie proprio al traino del turismo e al fatto che, rispetto alla Germania, il prezzo del gas incide meno sui bilanci familiari.

Tuttavia, lo spettro della recessione avanza dopo essersi apparentemente allontanato con il dato sul PIL. Il trimestre in corso rischia di sorprenderci negativamente. Del resto, la Russia ha iniziato a chiudere i rubinetti del gas proprio a luglio. Il prezzo è esploso così sopra 200 euro per mega-wattora, segnando un balzo del 400% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Insomma, saremmo solo agli inizi della crisi energetica.

Morgan Stanley: perché l’inflazione è più pericolosa della recessione

Nell’ultimo Global Fixed Income Bulletin, MSIM resta prudente sul posizionamento del portafoglio creditizio nonostante le valutazioni più attraenti, teme di più l’inflazione e l’azione di contrasto delle banche centrali

 di Virgilio Chelli  28 Luglio 2022 12:51
financialounge -  BCE credito daily news Morgan Stanley Investment Management

A giugno inflazione e recessione sono andate in ‘collisione tettonica’ con la seconda che ha avuto la meglio, almeno per ora. I dati economici continuano a segnalare debolezza, mentre le banche centrali continuano o intensificano l’aggressività. Il risultato è stata una performance del mercato globale del credito decisamente pessima rispetto alle serie storiche. A giugno il ritorno sui bond ha spaziato da un -0,88% per i Treasury USA al -9,19% per gli High Yield governativi dei Mercati Emergenti. Ma il dato che più colpisce della prima metà del 2022 è il livello limitato di dispersione: si va dal calo intorno al 20% degli Emergenti al -14% e oltre degli Investment Grade e High Yield americani.

POSIZIONAMENTO CAUTO SUL CREDITO

Lo sottolinea Morgan Stanley Investment Management nel suo ultimo Global Fixed Income Bulletin, mantenendo un posizionamento di portafoglio cauto sul credito. Le valutazioni sono più attraenti, e acquisti opportunistici possono avere senso, ma il rischio resta, più sul fronte dell’inflazione e della reazione delle banche centrali che su quello della recessione. In un contesto di avversione al rischio non sorprende la forza del dollaro USA, che ha mandato in confusione molti investitori negativi sul biglietto verde. Il mercato del credito a giugno ha enfatizzato una volatilità a livelli visti raramente nell’ultimo ventennio con gli investitori costretti a zigzagare tra i timori di inflazione e quelli di recessione.

DIFFICILE ABBATTERE L’INFLAZIONE

Non c’è visibilità su come andrà a finire per economie e mercati, ma secondo il Bulletin di Morgan Stanley IM alcune certezze ci sono. In USA il mercato del lavoro e i bilanci delle famiglie restano solidi e non segnalano una recessione importante con una crescita di nuovi posti creati ben superiore al decennio 2010-2019. Ma proprio questo rende molto difficile far rientrare l’alta inflazione, per cui i tassi reali non possono che salire. Lo hanno già fatto in modo consistente da inizio anno, ma non è così ovvio che siano saliti abbastanza da raffreddare salari e mercato immobiliare, due driver chiave dell’inflazione.

IMPROBABILI RAPIDI ALLENTAMENTI DI FED E BCE

Anche se si può pensare a un picco dell’inflazione già in estate, è improbabile che la Fed allenti così rapidamente come suggerisce l’ottimismo del mercato, che punta a tagli dei tassi già nel 2023. Anche in Europa l’inflazione è tenace, alimentata dal caro energia, e a meno che non precipiti in recessione, le attese di mercato di un rallentamento della Bce sembrano premature, per cui la pressione è destinata a rimanere anche sui rendimenti dei bond europei.

MIGLIORANO LE CATENE LOGISTICHE GLOBALI

Anche nei Mercati Emergenti l’inflazione continua a toccare nuovi massimi, nonostante le banche centrali si siano mosse in anticipo, per cui potrebbe rivelarsi prematura la convinzione che ormai sia esaurita in quest’area la restrizione monetaria. Una buona notizia, sia per i Paesi emergenti che per quelli sviluppati, è che le catene logistiche globali stanno migliorando, anche se lentamente, il che dovrebbe consentire accesso a prezzi più bassi a un’ampia gamma di beni. In ogni caso, Morgan Stanley IM vede volatilità persistente sui corporate bond, sia sul segmento Investment Grade che High Yield, con i rendimenti messi sotto pressione dall’aggressività delle politiche monetarie.

IL DOLLARO FORTE SEGNALA CHE I PROBLEMI RESTANO

Il dollaro americano, di solito un buon barometro delle prospettive economiche e finanziarie, continua a mandare segnali di preoccupazioni. Infatti il biglietto verde tende a essere forte quando le cose vanno male e quando è presente un significativo rischio al ribasso, oppure quando le cose vanno troppo bene, l’inflazione è alta e le economie “devono” rallentare. Sono gli scenari oggi più prezzati dai mercati, che spingono il dollaro. Un soft landing, con meno crescita e meno inflazione, è lo scenario che può favorire una discesa del dollaro. Anche se è lo scenario base di Morgan Stanley, per il Bulletin rimane più una speranza che un fatto.

Credit Suisse: Eurozona in crescita negativa dal terzo trimestre, peggio in Italia e Germania

La revisione al ribasso dell’outlook include anche i Paesi con grandi settori manifatturieri, più penalizzati dal taglio al gas russo, sull’Italia pesa anche lo stress politico interno. Ecco cosa farà la Bce

 di Virgilio Chelli  28 Luglio 2022 07:55
financialounge -  BCE Credit Suisse economia Morning News razionamento gas

Credit Suisse annuncia un significativo cambio di outlook sulle prospettive economiche dell’Eurozona, ha ridotto le previsioni di crescita del PIL dal 2,4% al 2,3% nel 2022 e da 0,7% a -0,2% nel 2023, a fronte di un consenso al 2,7% e all’1,3% rispettivamente. Le nuove previsioni includono una crescita negativa del PIL dal terzo trimestre 2022 fino al primo trimestre 2023, con le maggiori contrazioni in Germania e Italia, paesi con grandi settori manifatturieri che dipendono fortemente dal gas russo, e nel caso dell’Italia, anche per lo stress politico interno.

RAZIONAMENTO GAS ANCORA EVITABILE

Credit Suisse prevede inoltre che la Bce manterrà un atteggiamento aggressivo nel breve termine, a causa dell’inflazione ancora molto elevata, ma la fine del ciclo di aumento dei tassi terminerà nel primo trimestre 2023 con un tasso sui depositi all’1.5%. Secondo Credit Suisse il razionamento del gas in Europa potrebbe ancora essere evitato. La Russia ha ripristinato le forniture di gas attraverso il gasdotto North Stream 1 a seguito della manutenzione.

L’EUROPA È IN GRADO

Ma comunque le forniture sono riprese solo al 40% circa della capacità e sono destinate a ridursi ulteriormente, almeno temporaneamente, dal momento che un’altra turbina sarà messa fuori servizio sempre per manutenzione. Credit Suisse ritiene che la Ue possa essere in grado di evitare il razionamento del gas nonostante la ridotta capacità di North Stream 1 a circa il 20%, ma i rischi sono aumentati significativamente. E in ogni caso, anche se il razionamento venisse evitato, ulteriori aumenti dei prezzi dovuti a incertezze nelle forniture deprimeranno ulteriormente l’attività economica.

LE INDUSTRIE PAGHEREBBERO PIÙ DEI CONSUMATORI

Questo a meno di un taglio totale delle forniture di gas russo, un’ipotesi non prevista dallo scenario di base di Credit Suisse in quanto farebbe perdere ‘leva’ a Mosca. Credit Suisse stima che un taglio totale risulterebbe in una contrazione del PIL dell’Eurozona pari a circa 1-2% nel 2023, coerente con le stime Bce di -1,7%. In caso di razionamento, la priorità sarebbero i consumatori più che le industrie, e tra queste ultime verrebbero protette prima quelle alimentari, la sanità, i fertilizzanti, seguite da acciaio, meccanica, minerario e costruzioni, con in coda gli altri settori non essenziali.

CICLO DELLA BCE PIÙ BREVE DEL PREVISTO

Credit Suisse si aspetta che la Bce resti aggressive a breve termine a fronte dell’alta inflazione, ma anche che raggiunga il picco del ciclo prima di quanto previsto in precedenza, per cui mantiene la previsione di due rialzi da 50 punti base sia a settembre che a ottobre, ma poi solo due rialzi da 25 punti ciascuno a dicembre e febbraio, anticipando la conclusione del ciclo al primo trimestre anziché nel secondo del 2023.

LAGARDE PUNTA AL TASSO NEUTRALE

Il tasso di interesse finale è atteso da Credit Suisse all’1.5%, sostanzialmente dove si collocherebbe il ‘tasso neutrale’, coerentemente con l’indicazione della presidente Lagarde all’ultimo meeting secondo cui “il punto d’arrivo finale della politica rimane quello di aumentare progressivamente i tassi di interesse fino al raggiungimento di un livello di sostanziale neutralità”.

LA RECESSIONE NON ESISTE PIU’!

Scritto il 27 Luglio 2022 alle 09:35 da icebergfinanza

Not A Recession - Mike Keefe Political Cartoon, 05/28/2008

Image source INTOON CARTOONS

Un mondo fantastico quello economico/finanziario, un mondo nel quale le regole le cambi ogni giorno a tuo piacimento, a seconda di come cambia il vento, soprattutto se serve a fottere il prossimo!

In molti mi chiedono perchè non parliamo dell’economia europea o italiana, quelle sono rane bollite, non serve aggiungere altro, la valanga principale arriverà dall’America.

Qualche agenzia di rating inizia a ritoccare il nostro outlook, ma chissenefrega, l’analisi di un bambino qualunque ha più valore, sono delle macchiette ormai.

Per quanto riguarda la situazione politica italiana, al momento opportuno diremo la nostra, nel frattempo solo gossip e niente altro sino al 25 settembre.

Ieri un’altra ondata di pessimi dati in arrivo dall’America che confermano le nostre visioni, la recessione è già iniziata ma loro la negano, vogliono cambiare le regole.

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Quando le vecchie regole non ti piaccino, ti inventi la media mobile del tasso di disoccupazione, ti trovi un’economista a caso e citi la sua teoria.

Bernstein ha suggerito che la “crescita dell’occupazione e altri indicatori economici sono incompatibili con la recessione”. 

Ma alla Casa Bianca, agli economisti immaginari che la frequentano hanno mai spiegato che l’occupazione è un indicatore RITARDATO RITARDATO RITARDATO del ciclo economico?

E certo, nel caso che anche il secondo trimestre fosse negativo, non vale, le regole le decidiamo noi e i profit warning come quello di Walmart non valgono!

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Perchè sai bellezza, la realtà non è bella come la fantasia!

Anche nonna Yellen che è stata governatrice della Fed, non vede alcuna traccia di recessione, nessun rischio, figurati se un segretario al Tesoro può raccontare la verità!

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Dire qualcosa e un minuto dopo negarla è lo sport preferito di questi inutili personaggi.

Ovviamente non puoi dare del bugiardo a questa gente, ma per fortuna ci pensa la realtà!

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Come dice il nostro Lance, ci sono alcuni errori nell’affermazione della Yellen. La produzione industriale sta crollando, come mostrato dal nostro indice composito della produzione economica, che comprende più di 100 punti dati del settore manifatturiero e dei servizi.

Inoltre, né il segretario al Tesoro Janet Yellen né l’amministrazione hanno avuto a che fare con la riduzione del disavanzo. Tale era solo una funzione della scadenza delle bollette di spesa in eccesso nel 2020 e nel 2021. Il disavanzo sta appena tornando alla sua tendenza lineare a lungo termine, come mostrato di seguito. Dato che la linea di tendenza continua a diminuire, ciò suggerisce che l’attuale amministrazione sta spendendo più dei suoi predecessori.

In particolare, quella massiccia ondata di spesa in deficit è ciò che ha guidato la massiccia ondata di crescita economica. La riduzione del disavanzo contribuirà a creare pressioni recessive.

Tuttavia, mentre la signora Yellen può ritenere che non vi sia alcun rischio di recessione, ci sono due indicatori che attualmente non sono d’accordo.

Il primo indicatore ovunque urla recessione, ovvero l’inversione della curva dei tassi,

… i migliori segnali di un inizio recessivo si verificano quando la maggior parte degli spread di rendimento diventa negativa contemporaneamente. Anche allora, possono passare diversi mesi prima che l’economia registri una recessione.

Attualmente, il mercato obbligazionario sconta la crescita economica più debole, il rischio di utili, le valutazioni elevate e un’inversione del sostegno monetario. (Nota il calo quasi verticale dei differenziali di rendimento multipli nelle ultime settimane.)

Storicamente, una recessione si verifica quando il 50% o più delle curve dei rendimenti tracciate si inverte, ogni volta.

Questa è solo storia

Attualmente, il 50% dei 10 spread che seguiamo sono invertiti. Pertanto, vale la pena prestare attenzione ai dati.

Tuttavia, vale la pena notare che  l’utilizzo della  “curva dei rendimenti”  come  strumento di “market timing”  non è saggio, ma ignorare completamente il messaggio è altrettanto sciocco.

Il secondo indicatore, storicamente la migliore misura di recessione, è il  tasso di variazione annuale a 6 mesi del Leading Economic Index (LEI)  . Come mostrato, quando il tasso di variazione a 6 mesi diventa negativo, ciò precede sia le recessioni a titolo definitivo che gli ambienti quasi recessivi.

Più loro negano e più noi abbiamo la certezza che siamo sulla strada giusta!

Ieri avremo scommesso qualunque cosa che le vendite di nuove abitazioni stavano crollando, insieme al record di persone che cancellavano i loro preliminari di acquisto.

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Siamo a oltre il 17% in meno rispetto allo scorso anno, in continua discesa e iniziano ad aumentare i ritardi nei pagamenti delle rate dei mutui e i pignoramenti.

Revisioni negative in tutti e tre gli ultimi mesi, circa 90,000 case vendute in meno.

Rispetto al fantasioso aumento iniziale di maggio, poi rivisto sensibilmente al ribasso il crollo era del 15% in un solo mese.

Il numero di cantieri aperti in questi anni supera la grande bolla che precedette la crisi subprime, sarà una strage se non interviene il Governo e la Banca centrale americana, che ovviamente negano la realtà.

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Come scrive Charlie, le vendite di nuove case negli Stati Uniti hanno raggiunto il minimo di 26 mesi a giugno, in calo del 43% rispetto al massimo del 2020. Tende ad essere un indicatore anticipatore per l’economia, le probabilità di recessione continuano ad aumentare.

Non solo ieri altri indicatori pessimi in arrivo dall’economia USA…

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(ANSA) – NEW YORK, 26 LUG – La fiducia dei consumatori americana, misurata dal Conference Board, è scesa in luglio a 95,7, sotto le attese degli analisti che scommettevano su quota 97.

Nessuna fretta, oggi parla il solito Powell, vediamo se tra le righe suggerisce una pausa, ma preferisco di no, preferisco che continuino ad alzare i tassi il più possibile poi raccogliere i cocci.

Possibile sorpresa in arrivo per ferragosto, così almeno suggerisce il nostro Puntosella, ancora qualche giorno di negatività e poi forse un piccolo rally per i mercati azionari.

Per quanto riguarda i rendimenti,  segnali positivi nelle ultime giornate, se sono rose fioriranno!

Da inizio anno abbiamo centrato 2 grandi obiettivi, la parità euro dollaro con una performance del dollaro superiore al 15% e l’avvertimento di uscire dai mercati azionari, ben prima dell’inizio della guerra, un crollo superiore al 20%. Non solo, abbiamo “indovinato” anche che lo spread sarebbe salito oltre 250 punti e di conseguenza l’opportunità sui nostri bond. Tutto in tempi non sospetti, tutto testimoniato dal nostro OUTLOOK 2020.

Insieme al nostro Machiavelli e ai suoi manoscritti, continueremo a guardare oltre, con la cinematica del nostro Puntosella, con grafici, analisi e evidenze empiriche che da sempre supportano il nostro lavoro.

Nel fine settimana è uscito il nuovo Machiavelli, intitolato “OLTRE LA PARITA’” per tutti coloro che hanno contribuito o vorranno contribuire al nostro viaggio.

Ribadisco per l’ennesima volta che se ci sono problemi di ricezione, firewall, spam, comunicazione tra i diversi provider dovuti a invii multipli,  basta inviare una mail e il nostro STAFF che provvederà a risolvere il problema.

I manoscritti da inizio anno sono stati una bussola perfetta dopo un periodo di crisi, ma come sempre la verità è figlia del tempo.

Germania sull’orlo della recessione, BCE pronta alla crisi per battere inflazione e Putin

Germania vicina alla recessione dopo gli ultimi dati IFO. E la BCE accetterà una crisi di proporzione moderate contro inflazione e Putin.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 27 Luglio 2022 alle ore 06:34

Germania sull'orlo della recessione

Una rondine non fa primavera, ma ormai siamo in presenza di stormi tutti nella stessa direzione. La scorsa settimana, gli indici PMI manifatturiero, dei servizi e composito in Germania sono scesi tutti sotto i 50 punti, segnalando la recessione delle attività nell’economia tedesca. La manifattura ha segnato il punto più basso da 25 mesi, cioè dai primi mesi della pandemia. E lunedì è arrivata la conferma dell’IFO, una sorta di sondaggio condotto tra 9.000 aziende tedesche, solitamente molto accurato nel delineare la congiuntura in corso e prossima della Germania. L’indice è sceso a 88,6 punti dai 92,2 di giugno, anche in questo caso ai minimi da due anni.

Recessione Germania, BCE pronta ad accettarla

La fiducia tra gli imprenditori tedeschi sta scemando sempre più sulla crisi energetica in corso, che qui è ancora più dura e scioccante rispetto al resto d’Europa. La Germania da decenni cresce grazie alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia a basso costo. La necessità di allentarne la dipendenza sta costringendo il governo Scholz a rimpiazzare le materie prime con quelle esportate da altri fornitori, tra cui il Qatar. Ma la transizione si sta rivelando costosa. I prezzi del gas sono alle stelle e dopo l’estate Berlino non esclude di razionarne i consumi. A farne le spese sarebbero necessariamente le attività produttive in ossequio al “primum vivere deinde philosophari”. In un paese freddo il primo obiettivo durante l’inverno consiste nel garantire il riscaldamento a tutte le case. Con buona pace dell’economia, che se la vedrà brutta.

La BCE, reduce da un aumento dei tassi dello 0,50%, dovrebbe bissare a settembre. L’entità della stretta, però, dipenderà dalla congiuntura economica.

E il governatore austriaco Robert Holzmann ha dichiarato che Francoforte accetterà anche l’ipotesi di “una recessione moderata” per battere l’inflazione, salita mediamente nell’Eurozona all’8,6% a luglio. Ovviamente, ha aggiunto, “si augura che non ve ne sarà bisogno”.

La recessione in Germania sembra già in corso, in Italia probabilmente arriverà in autunno. La nostra economia resta sostenuta in questa fase dal boom del turismo. La novità è che la BCE, quindi, non solo non avrebbe paura di tale scenario, ma anzi lo avverte in cuor suo come necessario per non rischiare un’inflazione fuori controllo. Solo la recessione economica avrebbe la forza immediata di far ripiegare i prezzi delle materie prime, i quali già da qualche settimana indietreggiano proprio in previsione di una crisi globale.

La crisi serve per battere la Russia

Peraltro, la recessione porterebbe con sé un altro effetto collaterale gradito alle cancellerie occidentali: ridurrebbe le entrate di petrolio e gas alla Russia. L’enorme avanzo corrente registrato da Mosca nel primo semestre dell’anno ha consentito all’economia russa di reggere all’onda d’urto delle sanzioni e, soprattutto, di finanziare l’impresa bellica in Ucraina. Ma se le materie prime si deprezzassero, il rublo tornerebbe a indebolirsi e il flusso di euro e dollari verso la Russia si prosciugherebbe. Il presidente Vladimir Putin non disporrebbe più di tutto quel tempo per portare avanti la guerra. Almeno è quanto si spera.

Per il momento, la minaccia di uno stop alle forniture di gas pesa sulle aspettative d’inflazione e sull’ottimismo delle imprese riguardo ai prossimi mesi. La recessione in Europa si avvicina e ancora non ci sono segnali di rallentamento dell’inflazione. La BCE dovrà continuare la stretta, pur accettando che l’economia nell’area ripieghi.

Roubini avverte: “L’idea che la recessione sarà breve e superficiale è totalmente delirante”. Ecco perché

 di Aleksandra Georgieva

 26/07/2022  14:30

L’economista soprannominato Dr. Doom Nouriel Roubini, ha affermato che gli Stati Uniti stanno affrontando una profonda recessione visti i tassi di interesse in continua crescita e l’economia è gravata da elevati carichi di debito, definendo “deliranti” coloro che si aspettano una leggera recessione.

“Ci sono molte ragioni per cui avremo una grave recessione e una grave crisi finanziaria e del debito”, ha detto il presidente e amministratore delegato di Roubini Macro Associates a Bloomberg TV. “L’idea che questo sarà breve e superficiale è totalmente delirante”.

Le dichiarazioni arrivano poco prima della riunione della FED dalla quale i mercati si aspettano un ulteriore aumento di 75 punti base, e l’uscita del dato del PIL del secondo trimestre del 2022.

Differenze rispetto a recessione anni ’70 e quella del 2008

Tra le ragioni citate da Roubini c’erano le proporzioni di indebitamento storicamente elevati sulla scia della pandemia. In particolare ha citato l’onere per le economie avanzate, che secondo lui continueranno a crescere, così come in alcuni sottosettori.

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Ciò differisce dagli anni ’70, ha affermato, quando il rapporto debito/PIL era basso nonostante la combinazione di crescita stagnante e inflazione elevata nota come stagflazione. Ma il debito della nazione è aumentato a dismisura dalla crisi finanziaria del 2008, seguita da una bassa inflazione o deflazione a causa di una stretta creditizia e di uno shock della domanda, ha aggiunto.

“Questa volta, abbiamo shock di offerta aggregati negativi stagflazionari e livelli di indebitamento storicamente alti”, specifica Roubini.  “Nelle recessioni precedenti, come le ultime due, abbiamo avuto un massiccio allentamento monetario e fiscale. Questa volta entreremo in una recessione inasprendo la politica monetaria. Non abbiamo spazio fiscale”, prosegue Roubini.

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La preoccupazione che l’aumento dei tassi di interesse spingerà l’economia in una recessione si è intensificata quando la Fed ha inasprito la politica monetaria in modo aggressivo per far scendere l’inflazione, la più elevata degli ultimi quattro decenni. Il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che non riuscire a ripristinare la stabilità dei prezzi sarebbe “errore più grande” che spingere gli Stati Uniti in una recessione, cosa che ha continuato a sostenere si può evitare.

Powell ei suoi colleghi dovrebbero approvare un altro aumento di 75 punti base questo mercoledì dopo aver aumentato i tassi a giugno con una rialzo aggressivo dello 0,75%.

Questa volta, abbiamo una confluenza di stagflazione e di una grave crisi del debito“, specifica Roubini. “Quindi potrebbe essere peggio degli anni ’70 e post-grande crisi finanziaria del 2008”

Candriam: il rallentamento dell’economia impone selettività sull’azionario europeo

Geoffroy Goenen, Head of Fundamental European Equity di Candriam, vede un valzer in tre tempi: il momento del Value, il ritorno al Growth e il via libera ai Ciclici. Non farsi ingannare da rally prematuri

 di Virgilio Chelli  26 Luglio 2022 08:00

Da inizio dell’anno l’azionario europeo, come in altre aree, ha subito una pesante correzione. Il mercato attende che sia raggiunto il punto minimo, da cui ripartire per posizionarsi nel lungo periodo. Geoffroy Goenen, Head of Fundamental European Equity di Candriam, è convinti che le azioni europee si muoveranno come un walzer a tre tempi. Il primo è il tempo del Value, il secondo è il ritorno al Growth, e il terzo è il via libera ai titoli ciclici. Goenen spiega che il forte rialzo dei tassi a lungo termine in USA e Europa incide sulle valutazioni delle imprese e in primo luogo su quelle Quality/Growth.

VICINO IL PICCO DELL’EFFETTO TASSI

L’esperto di Candriam stima che, per ogni aumento di 100 punti dei tassi a lungo termine sia USA che europei, i titoli Quality/Growth possano perdere circa il 15% e si dice convinto di essere vicini a un picco. Ma le valutazioni di molti titoli che erano diventate eccessivamente costose sono tornate a livelli relativamente interessanti. Se le aspettative degli economisti di Candriam sui tassi saranno confermate, sembra più che probabile che la fine della prima fase di sell-off sia vicina.

TENDENZA A SORPRENDERE

Inoltre, la parte Quality/Growth che include titoli innovativi ha la tendenza a sorprendere il mercato al rialzo in termini di utili per azione. Il secondo tema, quello del ritorno al Growth, si inquadra nella prospettiva di seri rischi sui ricavi nei prossimi trimestri. Una volta che il mercato avrà prezzato l’aumento dei tassi, dovrebbe entrare in un “normale” ciclo degli utili. Alcuni vedranno un naturale rallentamento dei profitti, altri resisteranno, e i grandi vincitori saranno quelli che riusciranno a trarre vantaggio dai settori di nicchia in fase di accelerazione.

ACCELERAZIONE DEGLI UTILI

In generale, osserva l’esperto di Candriam, i Growth sovraperformano nei cicli economici ribassisti, ma la selezione resta fondamentale. Molti comparti di nicchia dovrebbero permettere questo livello di visibilità a livello strutturale, o addirittura un aumento di quote di mercato e un’accelerazione degli utili nei prossimi anni, in particolare nei settori della transizione energetica, delle nuove tecnologie dedicate alla sanità, della digitalizzazione o anche dell’automazione.

VIA LIBERA AI CICLICI

Infine il terzo tempo del via libera a titoli ciclici, che dovrebbe essere determinata dal minimo toccato dai mercati, che determinerà il momento in cui gli investitori potranno riposizionarsi sul lungo termine in un mercato rialzista. Sulla parte Growth, secondo l’esperto di Candriam, probabilmente non siamo molto lontani dal minimo, con il Nasdaq che sta lasciandosi ormai alle spalle la maggior parte della correzione.

RIMBALZI PREMATURI OCCASIONI PER VENDERE

Inoltre, prosegue Goenen, è stato storicamente osservato che i mercati anticipano la nuova fase di un ciclo di circa 6-12 mesi, quindi si può prevedere un punto di minimo entro fine 2023. Non si può neanche escludere che il minimo segno di stasi dell’inflazione e della stretta monetaria possa alimentare un rimbalzo nel breve termine, che dovrebbe offrire un’opportunità per prendere profitto piuttosto che vederlo come un segnale di una ripresa economica reale e duratura.

Fed e tassi: annuncio alle porte tra alert inflazione e timori recessione. Cresce paura hard landing, il segnale di pericolo

 di Laura Naka Antonelli

 25/07/2022  11:47

E dopo il BCE-Day, questa settimana toccherà alla Fed di Jerome Powell annunciare la propria mossa anti-inflazione, dunque il prossimo rialzo dei tassi.

Il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, si riunirà domani, per annunciare poi la propria decisione dopodomani, mercoledì 27 luglio: l’ultima volta, alla metà giugno, Powell & Co hanno alzato i tassi di 75 punti base, come scommesso dai mercati, al nuovo range compreso tra l’1,5% e l’1,75%, valore record dal periodo precedente l’esplosione della pandemia Covid-19.

La stretta monetaria è stata la più forte dal 1994, portando alcuni a parlare perfino di Volcker shock , in un contesto in cui è tutto il mondo spaventato dall’inflazione e, di conseguenza, dagli effetti che i rialzi dei tassi tesi a fronteggiare le sue impennate finiscano per provocare un brusco rallentamento dell’economia, peggio ancora un hard landing e dunque una recessione.

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Non per niente Leo Grohowski, chief investment officer presso BNY Mellon Wealth Management, commenta in una intervista rilasciata alla Cnbc che “ovviamente un rialzo dei tassi di 75 punti base è dato già per scontato dai mercati” (il dubbio, piuttosto, è se la stretta monetaria sarà di ben 100 punti base. “Credo che l’interrogativo sia cosa accadrà a settembre. Se la Fed continuerà a confermarsi restrittiva per troppo tempo, allora dovremo aumentare la nostra probabilità di recessione che, al momento, è pari al 60%, nell’arco dei prossimi 12 mesi”.

Le aspettative dei mercati sono di una stretta monetaria, stando al trend dei futures sui fed funds, di 75 punti base, con una probabilità pari al 79%.

Erik Weisman, Chief Economist e Portfolio Manager e Benoit Anne, Director – Investment Solutions Group, presso MFS IM, tratteggiano un quadro della situazione economica americana in vista della riunione della FED di questa settimana nella nota “Vista dall’alto – Nubi grigie all’orizzonte per l’economia statunitense”.

“Non è ancora chiaro se l’economia statunitense riuscirà ad evitare un atterraggio duro. Riteniamo che le probabilità di recessione siano aumentate notevolmente, sulla scia dei timori per la minaccia di un eccessivo inasprimento monetario da parte della Federal Reserve statunitense”.

Weisan si chiede quali possano essere le “implicazioni per i mercati obbligazionari”, spiegando che, “a fronte di uno scenario di recessione sempre più verosimile, la tesi a favore di un netto sottopeso di duration si è indebolita. La probabilità che i tassi a lungo termine salgano di molto rispetto ai livelli attuali è a nostro avviso diminuita. Tuttavia, i tassi sul tratto a breve della curva potrebbero rimanere sensibili a un’inflazione persistentemente elevata, a un mercato del lavoro robusto e a un orientamento restrittivo della Fed, con il rischio di ulteriori aumenti dei tassi a breve. Se i fondamentali macroeconomici continueranno a deteriorarsi e si verificherà una recessione, prevediamo un ampliamento degli spread creditizi, il che renderà necessarie un’attenta analisi e una scrupolosa selezione dei titoli per gestire le esposizioni creditizie”.

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Dal canto loro, nel loro commento odierno sui mercati, gli analisti di Mps Capital Services si sono così espressi:

“I timori recessivi sono tornati a dominare la scena nella giornata di venerdì dopo che, oltre ai PMI dell’Eurozona, anche quelli statunitensi hanno segnalato un forte deterioramento del sentiment delle aziende, con il dato Composite sceso sotto soglia 50 (prima volta dal 2020) per effetto soprattutto di un forte calo del comparto servizi. Gli effetti sui mercati si sono visti soprattutto sui bond governativi, con rendimenti in forte ribasso e tassi monetari che hanno ridimensionato le attese di rialzi Fed per quest’anno. Proprio la riunione dell’Istituto centrale USA sarà al centro dell’attenzione questa settimana, con il board che si trova a fronteggiare una situazione complessa visti i crescenti segnali di rallentamento dell’economia. Un rialzo da 75 pb in questa riunione sembra essere ormai scontato, ma vedremo se il peggioramento del quadro macro porterà il Governatore Powell a segnalare un rallentamento del ritmo di rialzi a tendere. Al momento gli OIS prezzano ulteriori 100 pb di rialzo da settembre a fine anno”.

Il punto è che gli ultimi dati sull’inflazione e anche sul mercato del lavoro Usa spingerebbero la Fed di Powell a mostrare il suo volto più hawkish.

Nel mese di giugno, l’inflazione degli Stati Uniti misurata dall’indice dei prezzi al consumo ha segnato una crescita, su base mensile, dell’1,3%, superiore alle attese di un rialzo mensile pari a +1,1% e oltre l’aumento precedente di maggio, pari a +1%. La componente core, ovvero quella depurata dalle componenti più volatili rappresentata dai prezzi dei beni energetici e alimentari, è aumentata dello 0,7% su base mensile, più del +0,6% atteso e oltre anche il +0,6% precedente. Su base annua, l’inflazione è volata del 9,1%, al nuovo record di sempre, ben oltre il +8,6% previsto e il +8,3% precedente.

L’inflazione core è aumentata su base annua del 5,9%, a un ritmo inferiore rispetto al +6% precedente, ma anche in questo caso più delle attese. Immediata la reazione di alcuni economisti, come quelli di Nomura, che hanno reagito annunciando di prevedere una stretta monetaria fino a +100 punti base nella riunione del Fomc che prenderà il via domani.

LEGGI ANCHE Inflazione Usa continuerà a correre per il 2022 (analisti)

L’outlook hawkish degli esperti sui tassi Usa è stato confermato qualche giorno più tardi dalla pubblicazione del report sull’occupazione Usa di giugno, che ha messo in evidenza una crescita di 372.000 nuovi posti di lavoro, a fronte di un tasso di disoccupazione che è rimasto invariato al 3,6%.

La crescita dell’occupazione è stata decisamente più forte di quanto atteso dagli analisti: sia gli economisti di Goldman Sachs che il consensus avevano previsto un aumento di nuovi posti di lavoro di 250.000 unità, inferiore all’aumento delle payrolls di 390.000 del mese di maggio (numero che è stato rivisto al ribasso, a +384.000 unità).

E invece ancora una volta il mercato del lavoro Usa ha mostrato tutta la sua solidità, fattore che non dovrebbe a questo punto frenare la Fed di Jerome Powell dal continuare ad alzare i tassi in modo aggressivo.

Detto questo, nelle ultime settimane un alert sul rischio di recessione negli Stati Uniti e nel mondo è stato lanciato dal mercato dei Treasuries: indicativo il trend dei tassi dei titoli di stato Usa, con quelli decennali che hanno bucato di nuovo la soglia del 3%, tanto che, sebbene in rialzo, oggi viaggiano poco al di sopra della soglia del 2,8%.

A scivolare sotto il livello psicologico del 3% anche i tassi dei Treasuries a due anni, sebbene la curva dei rendimenti Usa, nel tratto tra 2 e 10 anni, rimanga invertita. E l’inversione della curva dei rendimenti è di per sé considerata segnale anticipatore di una recessione. I tassi dei titoli a due anni oggi viaggiano al di sopra del 2,99%, quindi sostanzialmente al 3% circa.

PMI Eurozona entra in territorio di contrazione economica

 22/07/2022  10:54

I primi riscontri relativi al secondo semestre dell’anno confermano il rallentamento in atto nell’Eurozona. L’S&P Global Eurozone PMI Composite Output Index è sceso a luglio a 49,4 punti dai 52 del mese precedente. Si tratta dei minimi a 17 mesi. L’economia della zona euro si è quindi contratta a luglio, secondo primi indicatori di indagine PMI, con produzione e nuovi ordini entrambi cadono per la prima volta dai tempi del COVID-19 lockdown di inizio 2021. La flessione accelerata della produzione, aggiunge S&P Global, è stata accompagnata da uno stallo della crescita del settore dei servizi poiché è proseguito l’aumento del costo della vita per erodere il vento in poppa della domanda repressa dal pandemia.

USA: crescono le richieste di sussidi di disoccupazione, peggio delle attese

21/07/2022  15:31

In crescita le richieste di sussidi di disoccupazione negli Usa nella settimana del 15 luglio, segnando su base settimanale 251mila unità, in aumento rispetto al precedente 244mila unità.

Il dato delude le attese degli analisti, che erano per richieste pari a 240 mila unità.

CADE IL GOVERNO DRAGHI!

Scritto il 15 Luglio 2022 alle 07:59 da icebergfinanza

Cosa ha detto Draghi a Mattarella e perché il premier ne ha «le tasche piene» (del M5s e non solo) - Open

Ci sono poche cosa da aggiungere a quanto scritto ieri, tutto si è compiuto…

Conte e quel che resta dei 5 stelle, non voteranno la fiducia, Draghi salirà al Colle, Mattarella respingerà la dimissioni e forse, ripeto forse, rimanderà il banchiere in Parlamento per verificare se c’è un’altra maggioranza.

Detto e fatto, senza il forse!

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La coincidenza interessante è che nello stesso istante che Draghi ha rassegnato le dimissioni, l’euro è affondato a un nuovo minimo intorno a 0,995 …

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Ovviamente spread e borsa italiana in fibrillazione!

In un attimo a 228 ma attenzione, prezzi e rendimenti sono tutt’altra cosa e se penso che ieri Di Maio ha ripetuto la storiellina sui tassi dei mutui che aumentano per colpa dello spread mi viene l’orticaria.

Non solo, ha pure detto che è terrorizzato dall’andamento dello spread e della borsa italiana!

E’ lo stesso Di Maio di qualche anno fa, o è un povero ragazzo con il terrore di perdere un posto al sole?

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Direi che con la mossa di Di Maio, i suggerimenti di Draghi a Grillo per eliminare Conte, tutto era già stato scritto o forse chissà!

Ma di questo parleremo nel fine settimana, analisi dettagliata su come potrebbe evolversi il mercato obbligazionario italiano, per la borsa solo cocci.

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Ieri sono usciti i prezzi alla produzione in America, anche qui molto caldi, ma sempre olio strabollito, specchietto retrovisore, ieri il petrolio è sceso sino a sotto i 91 dollari, prezzo che non si vedeva dall’inizio della guerra…

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Continuano a salire soprattutto le richieste di disoccupazione e le trimestrali iniziano nel peggiore dei modi…

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C’è un grosso problema in America e non sono i prezzi della benzina o i costi energetici aumentati rispettivamente del 60,6% e 41,6% anno su anno, i costi degli affitti e delle abitazioni sono in aumento di oltre il 7% ben più del tasso core al 5,9% il che significa che la Fed dovrà continuare ad aumentare i tassi e tenerli in alto più a lungo di quanto sperava.

Poi all’improvviso arriverà la recessione e crolleranno di nuovo a zero.

I prezzi degli affitti valgono un terzo dell’indice dei prezzi al consumo, se non scendono difficile vedere novità.

Nel fine settimana parleremo anche dell’oro.  Sarà difficile ottenere un’inflazione più bassa senza un’ulteriore debolezza immobiliare.

Ma quella sta per arrivare, come uno tsunami!

I mercati sono dalla parte di Draghi

La crisi di governo fa scendere la Borsa e salire lo spread. Neil Mehta (BlueBay Asset Management) auspica un nuovo ‘whatever it takes’ di Draghi per permettere all’Italia di affrontare sfide cruciali

 di Redazione  14 Luglio 2022 14:17
financialounge -  BlueBay Asset Management crisi governo daily news Mario Draghi Neil Mehta

La crisi di governo italiana sta tenendo in apprensione i mercati. Lo spread tra Btp e Bund ha toccato quota 222 punti base, in rialzo del 5% circa mentre il Ftse Mib continua ad affondare e, con perdite del 2,6%, è ampiamente maglia nera in Europa. Le possibili dimissioni di Draghi da presidente del consiglio rischiano di mettere in pericolo la tenuta del Paese in vista di sfida cruciali come l’arrivo dei fondi Pnrr e la crisi energetica.

IN BILICO PACCHETTO AIUTI DA 26 MILIARDI DI EURO

“Le frizioni tra il leader dei 5 Stelle Conte e il premier Draghi sono arrivate al culmine dopo settimane di scontri all’interno del governo di unità nazionale. Se i 5 Stelle di Conte boicotteranno un voto cruciale del governo su un decreto per un pacchetto di aiuti da 26 miliardi di euro, la minaccia di elezioni anticipate nel corso dell’anno aumenterà, mentre Draghi e il Presidente della Repubblica si affanneranno a stabilire se l’attuale governo di unità nazionale ha ancora una maggioranza funzionante o meno”, commenta Neil Mehta, Portfolio Manager, BlueBay Asset Management.

IMPROBABILI ELEZIONI ANTICIPATE

“Riteniamo che, sebbene le probabilità di elezioni anticipate siano aumentate nel corso dell’ultima settimana, rimangano ancora uno scenario improbabile. L’Italia è già riuscita a evitare due volte le elezioni anticipate durante il governo Conte II e l’attuale governo Draghi, e con le elezioni a soli nove mesi di distanza, c’è tutto l’interesse a cercare di mantenere la maggioranza di governo fino ad allora. L’Italia continua a dover affrontare, come gran parte dell’Europa, le sfide derivanti dall’aumento del costo della vita, dall’energia, dal Covid e dall’alta inflazione”, prosegue l’esperto.

“SERVE UN NUOVO WHATEVER IT TAKES DI DRAGHI”

Secondo Mehta molto dipende da Mario Draghi. “Speriamo che Draghi dia segnali di un nuovo “whatever it takes” per portare i cittadini dalla sua parte, come ha fatto con i mercati durante la crisi europea del debito sovrano. Purtroppo, ultimamente non sembra molto fiducioso nel suo ruolo di Primo Ministro. Le sue spalle sono gravate dall’assenza di un sostegno massiccio alla sua politica antirussa e dalle difficoltà legate alla crescita e ai flussi di gas. Putin continua a tirare gli stessi fili per frammentare l’Europa e questo potrebbe giocare a suo favore”, conclude Mehta.

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Secondo l’analisi, può essere una buona diversificazione investire su società che oltre a promettere un ritorno finanziario siano intenzionate a esercitare un impatto positivo sulle persone e sull’ambiente

A recession warning for 2022

  • Data di pubblicazione: 14 luglio 2022
Jerome Powell's Federal Reserve has pledged to cool down red-hot inflation. OLIVIER DOULIERY/Getty Images
Jerome Powell’s Federal Reserve has pledged to cool down red-hot inflation. OLIVIER DOULIERY/Getty Images

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Sizzling inflation, frazzled Americans, and an aggressive Fed walk into a bar — and everyone and their uncles seem to have an opinion on what happens next. 

(Hint: Most of the punchlines aren’t very funny.)

I’m Phil Rosen, and today I’m breaking down why one top Wall Street firm adjusted their economic forecast after yesterday’s new inflation data, and is now expecting a recession to hit sooner rather than later.

Plus, if you didn’t see it yesterday, Insider is seeking nominations for its new series, 100 People Transforming Business — take a gander.

Without a moment to spare…

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1. Bank of America said a mild US recession will arrive this year. Americans are getting bogged down by a so-called “inflation tax,” analysts wrote in a Wednesday note, and it’s weighing on spending power as consumers spend less on goods and services.

Before yesterday, the bank had predicted a growth recession, where the US would avoid an outright contraction of the economy. But BofA swiftly adjusted course the same day new government data was published. 

Yesterday, June’s consumer price index clocked in at 9.1%, above the expected 8.8%, and the bank said broader economic momentum is slowing as financial conditions tighten.

“The Fed has communicated its desire to restore price stability and a willingness to accept at least some pain in labor markets in the process,” BofA analysts wrote. 

But the slowdown isn’t just coming for the US — the IMF is gearing up to slash its global growth forecasts for the second time in three months as inflation, China’s COVID lockdowns, and war in Ukraine hammer economies. 

In a Wednesday statement, the IMF’s managing director, Kristalina Georgieva, pointed to worsening downside risks that have been exacerbated since the last G20 meeting in April. 

In her words: “It’s going to be a tough 2022 — and even possibly a tougher 2023, with increased risk of recession.”

In other news:

2. Top Wall Street firms agree that stocks are set to rally in the second half of the year, but their forecasts vary wildly. JPMorgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley, and others all have predictions for the rest of 2022. See what the heavyweights expect to happen next — and how they say to invest.  

3. A blockchain founder who’s nailed bitcoin’s tops and bottoms just shared new price targets for it and ethereum. He’s advising to wait for the actual bottom, which could be much steeper than previous bear markets. These are the four key things investors should know to navigate the digital asset winter.

4. US stocks are trading at historically cheap prices, according to Morningstar, and investors should be “adding judiciously” while they can get shares at a discount. Here are the 33 best undervalued companies to buy in the second half of 2022.

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5. Here’s a look at the historic level the Consumer Price Index just hit on Wednesday. It accelerated at its fastest rate since 1981, and the reading came in above expectations. Read the full report on what the numbers tell us about the state of the economy.

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Investment Principle: Don’t Always Bet On UpBackground: I’m at a stage in my life cycle that leads me to want to pass along principles that helped me in the hopes that they will help you. Since I have spent most of my life being a global macro investor, I want to help you invest well by giving you my investment principles, but I don’t want to become your investment advisor—i.e. I want to teach you how to “fish” rather than “fish” for you. I do that by giving you brief posts and reports. I’ve been sharing my posts about the changing paradigm that is resulting from the changing world order (which is explained in my book and video) because what is now happening in the markets is due to these things happening. For reasons described, I believe that we are in a paradigm in which the buying power of financial assets will go down because of a combination of 1) actual price declines when money is tight and 2) inflation when it’s loose.One of my investment principles that is very relevant now is “don’t always bet on up.” Always betting on up, which is what almost everybody does, is both a mistake for investors and damaging to the economic system. It’s bad for investors because the downs are typically intolerably large and can persist for long periods of time, and it’s bad for the economic system because it produces highly disruptive and unproductive big cycles. If investments and policies were handled better, investors would be better off and the world would be a better place. In this post I hope to convey how and why. How Does This Dynamic Work? Most everyone wants assets and the economy to go up and most everyone feels richer when the prices of the assets they own rise, even when these assets’ intrinsic values haven’t actually gone up. For example, the prices of most investment assets rose a lot (which people liked a lot) when central banks (most importantly the Fed) created a lot of credit and money. This made debt assets have very unattractive yields for creditors and very attractive borrowing costs for debtors, which led to strong growth and high inflation, which led to central banks tightening, which led to prices falling a lot (which people disliked a lot). That happened even though the intrinsic value of most of these assets didn’t change much. People pay much more attention to prices than intrinsic measures of value like productivity which is bad for the economy because it is productivity and not prices that raises living standards. I think it would be great if we had a market in productivity and focused more on how to raise it. In any case, this dynamic is what produces the money/debt/economic cycle. Keep in Mind What Part of the Cycle We Are in and Keep an Eye Out for What Comes Next Because most everyone wants most everything to go up and because there is a drug called credit that produces both upswings and a byproduct depressant called debt, there is a cycle of accumulating debt liabilities and debt assets that is followed by the reducing of them that happens repeatedly and drives most everything. It is one of the biggest contributors to the “Big Cycle” that I explained much more comprehensively in my book, “Principles for Dealing With the Changing World Order,” and my YouTube video of the same title than I can explain here. Since it’s so important, I urge you to read Chapter 3, “The Big Cycle of Money, Credit, Debt, and Economic Activity,” and Chapter 4, “The Changing Value of Money,” from my book. While credit can easily produce the ups that people want, it creates the downs when the debts have to be paid back which most people don’t want. Nobody wants the downs, so central banks typically inject a new dose of stimulus to more than offset the downward effects of the depressing debt. We see this happen all the time. For example, now in Europe there is a whole lot of debt that’s coming due that would be depressing, especially as there should be a tightening of credit to fight inflation, so policy makers are now arguing among themselves about whether to have the central bank and governments provide more credit and debt to those who are over-indebted to temporarily alleviate the problem. In other words, paying back in hard money is hard (because it causes markets and the economy to go down, which nobody likes) so when it becomes too hard, central banks ease the burdens by printing some money and slipping it to debtors which leads interest rates to be low relative to inflation so the holders of debt assets lose buying power and the debtors get debt relief.What should an investor do in light of all this? Diversify and/or Play the CycleRather than always betting on up, every investor should look at how to diversify one’s portfolio to have some investments that go up when others go down which, if done well, reduces risks more than it reduces returns. While there are sometimes when even a well-diversified portfolio of assets will go down, it won’t go down as much as an undiversified portfolio, and it won’t stay down because a severe and extended period of bad performance is intolerable. I will get into how to do that at another time. Also, one can play the cycle, for example, by selling short as well as going long. I want to have no bias to up or down, so that is what I do. However, I caution you against market timing because it is a zero-sum game that even the best pros find challenging.I will delve into these and other investment principles, and into what’s happening now, in my upcoming posts.

Earning season Usa: Cirdan Capital prevede una crescita negativa degli utili del 3%, l’S&P potrebbe cedere oltre il 20%

05/07/2022

Mancano circa dieci giorni dall’inizio della earning season, periodo in cui avviene il rilascio dei bilanci societari del secondo trimestre del 2022 e, per la prima volta dai tempi del covid, le aspettative sui dati legati agli utili sono ribassiste. Lo si legge nel commento a cura di Marco Oprandi, Head of Cross Asset Solutions di Cirdan Capital, secondo cui i bilanci societari americani dovrebbe vedere, escludendo il settore dell’energetico, una crescita negativa del 3%, con il settore azionario legato ai consumi discrezionali che risulterà il più colpito con una performance negativa del 15%.

Cirdan Capital prevede che le prospettive di recessione e di deterioramento del quadro economico possano portare perdite per l’indice S&P 500 a perdere il 21% rispetto a un 30% in media per il settore azionario, insieme ad una contrazione degli utili con gli EPS (earning per share) a meno 13%, quindi facendo spostare l’attuale valore dato dal consenso di mercato da 230 a 200 dollari. La correzione potrebbe portare, in caso di confermata recessione, ad un ulteriore ribasso degli EPS fino al 25%, e ad un livello minimo dello S&P di 3250.

Bce e scudo anti-spread salva Btp, schiaffo della Germania all’Italia. La Bundesbank di Nagel frena, preferisce OMT-Mes

05/07/2022

Dalla Germania di Joachim Nagel, presidente della Bundesbank, arriva un altolà allo scudo anti-spread salva-Btp a cui la Bce di Christine Lagarde sta lavorando, in vista dell’annuncio sul nuovo bazooka atteso nella prossima riunione della banca centrale europea, in calendario il 21 luglio. Riunione che culminerà, come ha preannunciato Lagarde, in un rialzo dei tassi nell’area euro di 25 punti base: la prima stretta monetaria in più di 10 anni.

Dall’imminente rialzo dei tassi anti-inflazione, l’attenzione si sta spostando da un punto di vista politico sempre di più sullo strumento contro la frammentazione dell’Eurozona, così definito dall’Eurotower. Una formulazione in stile politically correct che si riferisce in concreto alla creazione di uno scudo volto a blindare soprattutto i paesi più indebitati dell’area euro, Italia in primis, dalla speculazione dei cosiddetti squali del mondo della finanza.

O da chi, semplicemente, visti i livelli record dei debiti pubblici dell’Italia e di altri paesi, principalmente del Sud Europa -i cosiddetti paesi periferici – decide di iniziare a smobilizzarne i rispettivi titoli di stato, in quanto percepiti meno sicuri senza la stampella della Bce.

Il 1° luglio è suonato infatti il requiem del programma APP (programma di acquisti di asset o PPA in italiano), con cui Francoforte ha fatto incetta per anni di BTP in particolare, e in generale dei titoli di stato made in Eurozone.

Dalla Germania il monito alla Bce su scudo anti-spread salva-Btp

Un nuovo bazooka che metta in sicurezza l’Italia e i suoi Btp?

La Germania mette i paletti, per voce di Joachim Nagel, numero uno della Bundesbank, ovvero della banca centrale tedesca, ed esponente del Consiglio direttivo della Bce.

Le sue dichiarazioni rievocano in qualche modo quelle del suo predecessore, il falco ex presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che ha dato non poco filo da torcere all’Italia e alla Bce dell’ex numero uno, ora presidente del Consiglio, Mario Draghi.

Storici i suoi appelli volti a frenare i vari aiuti che sono stati sfornatida Draghi, e che sono serviti soprattutto ai paesi marchiati dal peccato del debito, come appunto l’Italia.

Il suo attenti ha riportato alla mente degli italiani anche il rappresentante tra i più noti dell’austerity tedesca, l’ex ministro delle finanze e anche ex presidente del Bundestag Wolfang Schaeuble.

Occhio tra l’altro all’avvertimento che Schaeuble ha lanciato nel 2021, quando ha parlato del rischio di una pandemia del debito.

LEGGI

Con elezioni di settembre e terrore inflazione i falchi tedeschi affilano armi contro PEPP Bce. La regia è ‘sempre’ di Schaeuble-Weidmann

Bundesbank su scudo salva-Btp: potrebbe avere effetti ‘fatali’

Parlando nel corso di un evento che si è tenuto a Francoforte, Nagel ha confermato lo spirito tedesco, lanciando un avvertimento sulle possibili conseguenze negative che il lancio di uno scudo anti-spread potrebbe scatenare.

A suo avviso la Bce dovrebbe essere cauta nel dispiegare nuovi strumenti tesi a contenere i costi di finanziamento delle nazioni più deboli e indebitate dell’area euro: misure del genere dovrebbero essere adottate solo “in circostanze eccezionali e sulla base di condizioni definite in modo preciso”.

Nagel ha osservato che è “praticamente impossibile” stabilire se l’allargamento degli spread tra i tassi dei paesi membri dell’area euro sia giustificato. Di conseguenza, ha aggiunto, “sarei cauto nell’utilizzare gli strumenti di politica monetaria per limitare i premi sul rischio”.

Non solo: sarebbe anche ‘fatale’ se i governi facessero affidamento sul salvagente firmato Bce.

Sarebbe fatale se i governi pensassero che l’Eurosistema fosse sempre pronto ad assicurare condizioni di finanziamento favorevoli agli stati membri” dell’area euro. Insomma, “è chiaro che misure insolite di politica monetaria volte a combattere la frammentazione potrebbero essere giustificate solo in circostanze eccezionali e sulla base di condizioni ben definite”.

Un qualsiasi strumento salva Btp salva euro dovrebbe così avere una natura “strettamente temporanea ed essere strutturato in modo da non ostacolare l’impegno della banca centrale ad abbassare l’inflazione. Ancora, il nuovo bazooka dovrebbe in ogni caso fornire ai governi “incentivi sufficienti” a raggiungere livelli sostenibili di debito.

Bundesbank, Nagel ricorda che scudo salva Btp c’è già. E’ l’OMT (Mes)

Il numero uno della Bundesbank ha sottolineato che le banche centrali “non devono essere portate a prendere decisioni da quelli che sono spesso sviluppi di breve termine che si manifestano nei mercati finanziari”.

Nagel ha ricordato d’altronde quanto diversi economisti mettono già in evidenza nella stessa Italia: uno scudo anti-spread c’è già, e si chiama OMT.

LEGGI

Bce, il rischio tassi e lo scudo salva BTP. Arrivano dettagli ma anche l’alert: ‘Non aprite quel vaso di Pandora. Usate l’OMT (Mes)’

Peccato che politicamente sia a dir poco osteggiato, in quanto fa rima praticamente con MES. Le parole di Joachim Nagel rischiano di provocare tensioni nei rapporti tra l’Italia di Mario Draghi e la Germania di Olaf Scholz.

Sicuramente, rischiano di fomentare un certo populismo del made in Italy che dipinge la Bce, insieme alle principali istituzioni dell’Europa intera, come il lupo cattivo contro l’Italia. Di poco tempo fa è d’altronde l’apriti cielo che si è scatenato in Italia dopo la pubblicazione di un rapporto firmato Goldman Sachs.

LEGGI Italia e tassi BTP: Goldman Sachs fissa la soglia pericolo. L’alert: con elezioni 2023 rischio sostenibilità debito

Oltre alla Germania di Nagel, c’è anche l’Olanda, che ha confermato la sua natura hawkish appena la scorsa settimana, per bocca dello stesso premier Mark Rutte.

“Tocca all’Italia contenere gli spread”. Pur riconoscendo contestualmente che tocca alla Bce decidere il da farsi riguardo all’Italia, Rutte ha aggiunto di avere fiducia nella capacità del presidente del Consiglio Mario Draghi di gestire la situazione, vista “l’enorme credibilità” di cui gode. “Draghi sta portando avanti il piano di riforme (PNRR) sulla scia del programma di resilienza (Recovery Fund-Next Generation EU), e questa cosa di per sé aiuterà a migliorare l’economia italiana”, ha detto il premier olandese.

Bundesbank, Nagel: le tre condizioni per lancio scudo anti-spread Bce

OMT a parte, ha sottolineato Nagel, se proprio la Bce vuole lanciare un nuovo scudo, che vengano date chiare giustificazioni su tre punti:

  • gli spread tra i tassi di interesse sono ingiustificati sulla base dei fondamentali e riflettono gli eccessi dei mercati finanziari
  • Il meccanismo di trasmissione della politica monetaria è messo a rischio in singoli paesi
  • Questi effetti limitano l’abilità della Bce di garantire la stabilità dei prezzi nell’area euro

Della necessità di uno scudo anti-spread si è iniziato a parlare dopo lo shock del Bce-Day, quando Lagarde ha fatto riferimento in modo solo vago all’impegno a evitare la frammentazione finanziaria nell’area euro, preannunciando invece un rialzo dei tassi di 25 punti base da parte della Bce a luglio, uno successivo a settembre che potrebbe essere anche più aggressivo, e altre strette monetarie, andando in avanti, al fine di sconfiggere l’accelerazione dell’inflazione.

Questo, in concomitanza con l’annuncio della fine del QE, piano APP ovviamente incluso. L’esito di questa riunione del Consiglio direttivo dello scorso 10 giugno è stato a dir poco catastrofico: gli investitori hanno tartassato di sell i debiti sovrani considerati più vulnerabili, quelli di Italia e Grecia in primis, scatenando un’impennata dei tassi dei BTP decennali fin oltre la soglia del 4%, nel caso dell’Italia.

Il panico è rientrato solo con la riunione di emergenza indetta dalla Bce per porre fine al collasso, non solo di titoli di stato, ma anche dell’azionario. Lagarde è poi tornata a parlare di questo ennesimo strumento magico salva Italia in occasione del Forum delle banche centrali organizzato dalla Bce a Sintra, in Portogallo, affrontando anche il tema tassi.

Tuttavia, oltre alla generica frase “il nuovo strumento sarà efficace, proporzionato e conterrà salvaguardie sufficienti per preservare la spinta degli stati membri verso una politica fiscale solida”, la presidente della Bce non ha sfornato indicazioni ulteriori.

Reuters ha poi snocciolato rumor sulla natura del nuovo bazooka. Ed è improbabile che quanto emerso dall’articolo dell’agenzia stampa sia piaciuto ai tedeschi.

La Bce avrebbe infatti “diviso i 19 paesi membri dell’Eurozona in tre gruppi: donatori, destinatari degli aiuti e neutrali“: una differenziazione effettuata sulla base del valore degli spread (nel caso dell’Italia spread BTP-Bund) e della velocità con cui gli stessi sono saliti nelle ultime settimane. Tra i paesi donatori indicati dalla Bce ci sarebbero Francia, Olanda e Germania, mentre tra i paesi destinatari degli aiuti comparirebbero Italia, Spagna, Grecia, Portogallo.

Il nuovo strumento sarebbe stato concepito in quanto la Bce si sarebbe resa conto che, anche se effettuati in modo flessibile, i reinvestimenti dei proventi nell’ambito del PEPP non sarebbero sufficienti a blindare i BTP e i bond sovrani più vulnerabili. la Germania deve aver fatto fatica a ingoiare il rospo, anche se, ripetiamo, quelli resi noti sono i rumor su un salva Btp che rimane ancora un mistero.

La natura tedesca si è così riaffacciata con le dichiarazioni di Nagel, in coerenza con quello spirito che un articolo del Financial Times di un bel po’ di anni fa riuscì a descrivere tanto bene. L’FT parlò del predecessore di Joachim Nagel Jens Weidmann, come emblema di una nazione, la Germania, che continua a vedere “il debito come un peccato”. Non per niente la parola “schuld”, debito, significa anche “colpa”.

Figuriamoci se accanto al debito compare poi la minaccia dell’inflazione, altro trauma storico made in Germany.

BLACK SWAN: il cigno nero è servito

Scritto il 5 Luglio 2022 alle 07:37 da Danilo DT

Quante volte sui blog e sui vari siti di finanza si parla del cigno nero, uno scenario apocalittico legato ad eventi che hanno una bassa possibilità di accadere e che, se accadono, possono portare a grandi cambiamenti sul mercato.

Il cigno nero poteva essere l’elezione di Trump, la Brexit, il Covid, ma poi tutti questi eventi si sono poi rivelati non così gravi visto il pronto recupero dei mercato dopo un ovvio periodo di difficoltà.
Nelle ultime settimane, poi ovviamente il cigno nero potrebbe diventare un’esplosione del conflitto ucraino come guerra globale. Ma attenzione. Ho pregherei di fare con me un piccolo ragionamento.

Cosa è alla fine il cigno nero? Un qualcosa che era difficile da prevedere, che forse si poteva anche pensare ma che poi, quando esplode, diventa imprevedibile negli effetti e nella dimensione.
Riprendiamo adesso questa slide di JP Morgan.

Come già ho illustrato in altri post sul blog, praticamente nulla ha salvato, nulla ha decorrelato, nulla ha difeso. Già, proprio il mercato obbligazionario che nell’immaginario delle persone difende, ha fatto delle voragini che verranno recuperate chissà quando.
Guardate questo grafico di BofA. Il peggior anno per il mercato obbligazionario dal 1865. Miglior anno per le commodity dal 1946, il peggior anno dell’azionario dal 1875.

E allora cosa ci stiamo raccontando? Eccolo servito il cigno nero, una bomba atomica sui portafoglio degli investitori che ha colpito tutti indistintamente. Sia chi ha un profilo più dinamico e sia chi era apparentemente più prudente.

Immaginate ora i tempi di recupero per chi ha investito anche sul mercato obbligazionario. Per questi ultimi per assurdo potrebbe solo salvarli una recessione, con una FED che, complice un’inflazione che dovrebbe tendere a scendere, diventa meno proattiva e contribuisce al recupero dei bonds. E se invece non ci sarà la recessione e l’inflazione quantomeno si stabilizzerà, qualcosa con l’equity si dovrebbe recuperare. Ma comunque sia, i tempi per tutti gli investitori non saranno brevi. Il cigno nero, infatti, si lascia sempre delle code di danni pesanti.

STAY TUNED!

WALL STREET: dura resistenza alla recessione

Scritto il 4 Luglio 2022 alle 15:53 da Lukas

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Il quadro del CFTC di Chicago ci riporta uno scenario dove le mani forti, continuano a provare a riacquistare peso ma è molto difficile dire che qualcosa possa cambiare. Andiamo verso una fase di difficile lettura ed alta volatilità. [Guest  post]

Cari amici, anche nella settimana appena trascorsa, nessuna nuova circa la guerra tra Russia ed Ucraina. Il conflitto purtroppo continua, e non s’intravvede ancora nessuna soluzione. Sempre più evidenti e manifeste, invece, le conseguenze politiche, e soprattutto economiche, della stessa. Il marcato rincaro dei prezzi delle commodities, ed in particolare di petrolio e gas, ha minato l’economia dell’intera Europa. E l’inflazione ha raggiunto livelli che non vedevamo ormai da circa 40 anni.

Problemi che potrebbero addirittura aggravarsi ed acuirsi se, come si teme, la Russia interromperà del tutto le proprie forniture di energia all’Europa. A fronte di ciò, le autorità politiche europee, acriticamente allineate ai voleri anglo-americani, appaiono del tutto inermi, ed incapaci di assumere qualsiasi iniziativa. Toccherà pertanto alla BCE, cercare di fronteggiare una situazione che diventa economicamente sempre più grave ed insostenibile. Molto probabile un aumento dei tassi già in questo mese di luglio. Un provvedimento che non risolverà la situazione, anzi la aggraverà, conducendo l’intera Europa verso una sempre più probabile recessione.

Recessione che i mercati azionari, con la loro proverbiale perspicacia, hanno già ampiamente scontato e previsto. Quasi tutti gli indici azionari Usa ed europei registrano infatti perdite di circa il 20 % da inizio d’anno. Molti credono che si sia già raggiunto il bottom, ovvero il fondo della discesa. Un’ipotesi plausibile, ma a mio avviso, un po’ azzardata e prematura. Non s’intravvedono infatti ancora segni tangibili e concreti di una possibile inversione. L’inflazione ha forse raggiunto il suo apice, ma non si scorge come ed in che modo farla nuovamente rientrare nei ranghi desiderati.

Essa è originata, non da un eccesso di domanda, bensì da un deficit d’offerta. Poco possono pertanto politiche monetarie restrittive, e rialzi dei tassi. Bisogna intervenire sulle sue vere cause. E ciò, gira e rigira, significa che è necessario parlare con Putin, sedersi intorno ad un tavolo, e trovare una soluzione sull’Ucraina. Ma è proprio ciò che l’Occidente oggi non vuol assolutamente fare. Quindi come si fa a parlare di bottom dell’azionario, e di possibile inversione del trend ? Il trend s’invertirà quando saranno stati trovati nuovi equilibri politici ed economici, e quando si sarà disegnato un nuovo e diverso ordine mondiale, in grado di reggere e gestire una nuova fase di sviluppo dell’economia capitalistica di produzione.

Al momento tutto ciò ancora non c’è, ma non bisogna disperare, la forza dei fatti e le necessità dell’economia lo imporranno presto.

Dopo le sopra esposte considerazioni, d’ordine personale, andiamo ad esaminare cosa ci indica, al momento, il sistema intermarket. Il dollar index continua a lievitare, + 0,9 %, e raggiunge quota 105,13. I prezzi delle commodities, invece, sentono sempre più aria di recessione, e stornano di un ulteriore 2,54 % in termini reali.

Del tutto coerenti, ed in linea,  i movimenti del mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, cede infatti altri 24 bps e retrocede a quota 2,89 %. Il rendimento dei bonds a 2 anni cede anch’esso 23 bps, e torna a quota 2,84 %. L’inclinazione della yield curve Usa, resta quindi a livelli davvero esigui, soli 5 bps, e ciò fà ritenere sempre più probabile una recessione dell’intera economia occidentale.

I mercati azionari, sia Usa che europei, come detto, sfiorano già il bear market. In particolare, il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, da inizio d’anno storna del 19,74 % e staziona oggi a quota 3.825,33 punti.              .

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : + 41.564

Large Traders :  – 33.176

Small Traders : – 8.388

Non cambia, pertanto, l’assetto del Cot Report sui derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni nelle posizioni dei vari operatori sono state pari a ben 5.460 contratti. In particolare, i Commercial Traders, ovvero le MANI FORTI di questo mercato, acquistano l’intero lotto dei 5.460 contratti long, e consolidano la loro solitaria posizione Net Long. I Large Traders, invece, cedono altri 4.245 contratti long, e rafforzano anch’essi la loro nuova posizione, Net Short. Gli Small Traders, infine, cedono i residui 1.215 contratti long, e rimpinguano la loro posizione, Net Short.

Le movimentazioni di quest’ultima ottava, ci confermano che si sta facendo ogni sforzo per cercare di fermare il down-trend dei valori azionari. Ogni sforzo dal punto di vista, però, prettamente finanziario. Basterà ? Non credo. Questa volta, come già accennato, il problema è prima di tutto politico.

E su questo piano poco o nulla può fare la finanza. E’ necessario che quest’ultima convinca l’Amministrazione Usa a rivedere il proprio orientamento nei confronti della guerra tra Russia ed Ucraina, ed a sedersi intorno ad un tavolo sia con Putin che con la Cina, per riscrivere le regole del futuro sviluppo dell’economia capitalistica. Il compito, al momento, appare alquanto arduo e difficile, se non del tutto impossibile. Per tale motivo ritengo oggi del tutto prematuro parlare già di bottom ed inversione. Riconfermo, pertanto, la mia vision negativa sulle prospettive dei mercati azionari internazionali.

Mercato, quindi, ancora difficile

Guardiamo il grafico del rame per capire se la recessione è realmente vicina

04/07/2022

Si complica la situazione economica globale con un’inflazione galoppante e con la stretta monetaria che si sta facendo più intensa da parte delle banche centrali, e ora gli investitori sono sempre più preoccupati dallo spettro recessione che sta influenzando il sentiment degli operatori sul mercato. Alcuni numeri, come le stime di S&P Global Ratings che vedono una crescita del 2,4% per quest’anno, ma un progresso di solo l’1,6% nel 2023, in calo dalla previsione del 2% elaborata a maggio mostrano uno scenario a tinte fosche. Inoltre, sempre più economisti nel corso delle ultime settimane hanno aumentato la probabilità di recessione che ora è vista al 44% nei prossimi 12 mesi, un livello che solitamente si vede solo quando si è sull’orlo di una recessione.

Se ci fossero dubbi su quanto la situazione si sia complicata, un’ulteriore indicazione pessimista ci giunge dal prezzo del rame, il metallo dalle numerose applicazioni che gli anglosassoni chiamano “doctor copper” ed è ritenuta il barometro dello stato di salute dell’economia globale.

https://2516d903e4446e7a70da378b3da117cc.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html

Il rame dopo il picco di inizio marzo causato dallo scoppio del conflitto in Ucraina è sprofondato nell’ultima settimana ai minimi da 16 mesi e dai massimi si trova in calo del 25%, e questo sembrerebbe confermare la brusca frenata dell’economia globale.

Nel corso della storia il rame è stato infatti più volte in grado di prevedere i punti di svolta nell’economia anticipando i segnali di recessione. Questo è spiegato dalla duttilità del metallo rosso che per le sue proprietà fisico-chimiche è impiegato nella maggior parte dei settori e sistemi produttivi. Il rame, infatti, è un ottimo conduttore di calore e elettricità e per questo è molto usato nelle telecomunicazioni, nei trasporti, nell’edilizia, nell’elettronica, nel settore energetico e in molti altri campi. La Copper Development Association (CDA) stima la percentuale di produzione mondiale di rame consumata da ogni settore e da questo emerge che circa il 65% del rame è assorbito dal settore elettrico, il 25% dal settore industriale, mentre solo il 10% è impiegato dai trasporti e dalle altre aree di produzione.

Quindi la domanda globale di rame è vista come un affidabile indicatore dello stato di salute dell’economia e l’andamento della domanda di una materia prima (e non solo) si riflette nel suo prezzo di mercato. In linea generale un aumento del prezzo del rame indica una forte domanda e quindi un’economia globale in crescita; mentre un brusco calo dei prezzi, come quello a cui stiamo assistendo, potrebbe indicare al contrario una domanda fiacca e un imminente rallentamento economico. In definitiva l’andamento del prezzo del rame è un buon indicatore economico perché se gli ordini di rame vengono ritirati dal mercato, significa che c’è preoccupazione tra i produttori industriali di tutto il mondo e quindi il prezzo del metallo calerà. Al contrario se gli ordini aumenteranno il prezzo salirà indicando un’economia sana.

Nonostante tutto il momento negativo è indicato anche dal movimento degli altri metalli come argento, ferro e platino, tutti metalli che da inizio anno si trovano in calo di oltre il 15%.

Doctor Copper non è infallibile

Come la maggior parte degli indicatori economici anche il Doctor Copper non è infallibile e quindi non dovrebbe essere considerato come l’unico indicatore della salute economica globale. Il prezzo del rame infatti, come tutte le materie prime, è fortemente legato all’andamento della domanda e dell’offerta e ad esempio una temporanea carenza del metallo rosso può portare a un aumento dei prezzi anche se l’economia globale è in rallentamento; così come un eccesso di rame può innescare un calo del suo prezzo nonostante la crescita economica.
Vi sono inoltre altri fattori che possono influenzare artificialmente il prezzo del rame come le tariffe commerciali.

I produttori di rame

Il maggior produttore al mondo di rame è il Cile che produce ogni anno 5.750.000 tonnellate di rame. Il Paese sudamericano a partire dagli anni ’90 ha intensificato molto la produzione del metallo rosso e questo grazie ad una legge sulle miniere che ha attirato investitori privati stranieri. L’aumento esponenziale della produzione di rame in Cile si evince anche dal grafico della U.S Geological Survey che mostra la produzione di rame dei cinque maggiori produttori.

Il secondo maggior produttore è la Cina che raggiunge 1.700.000 tonnellate di rame l’anno ed è anche il più grande consumatore al mondo di rame.A seguire nella classifica dei top produttori abbiamo il Perù (1.380.000 tonnellate all’anno), gli Stati Uniti (1.360.000 tonnellate/anno), la Repubblica Democratica del Congo (1.030.000 tonnellate/anno) e l’Australia (1.000.000).

Problema cileno

Sul fronte della domanda di rame è da segnalare la chiusura della fonderia della società statale cilena Codelco, nonché il più grande produttore di rame al mondo. Lo stop della produzione della fonderia è da ricondursi alle pressioni degli ambientalisti e alla rabbia dei residenti che da mesi si battono per denunciare l’aria fortemente inquinata nella zona produttiva che ha innescato un susseguirsi di casi di avvelenamento. Secondo il Presidente cileno, Gabriel Boric, lo stop dei lavori è un atto dovuto e la produzione ripartirà non appena si sarà risolta la situazione.

GAM: ecco come cogliere le opportunità nel mercato privato delle aziende

Christian Munafo, advisor venture capital di GAM Investments, sottolinea che in USA le quotate si sono dimezzate per il disincentivo di norme e trimestrali. Fonti di rendimento decorrelate nel mercato privato

 di Virgilio Chelli  1 Luglio 2022 14:24

Negli USA, negli ultimi due decenni il numero di società quotate in Borsa si è dimezzato, a significare che anche le opportunità per gli investitori in azioni statunitensi si sono dimezzate. Negli anni ’90, o addirittura negli anni ’80, mediamente una società sostenuta da un venture capital diventava pubblica entro quattro anni dalla nascita, con una capitalizzazione media di mercato di circa mezzo miliardo di dollari. Oggi, società dello stesso tipo rimangono private in media per 12 anni, in alcuni casi per 15 e 20 anni, e nel frattempo crescono fino a una capitalizzazione di mercato molto più grande.

L’EVOLUZIONE DELLE AZIENDE “LATE STAGE”

Lo sottolinea in un’analisi Christian Munafo, advisor venture capital di GAM Investments, citando i casi di aziende come Microsoft, Oracle, Amazon e Google che si sono quotate in Borsa molto prima nel corso dello sviluppo delle proprie attività rispetto a quanto si tende a fare oggi. Significa che le aziende ‘late stage’ e ad alta crescita sostenute da venture capital si stanno evolvendo e trasformando in attività operative molto più grandi nel mercato privato. L’esperto di GAM Investments cita una serie di fattori all’origine di questo sviluppo.

EVITARE LE SFIDE NORMATIVE

Una delle ragioni per cui le aziende rimangono private più a lungo è evitare le sfide normative. Diventare una public company può essere oneroso e costoso, quindi se le aziende possono evitarlo, tendono a scegliere di rimanere private più a lungo. In secondo luogo, le società che rimangono private più a lungo tendono a essere aziende tecnologiche ‘late stage’, ad alta crescita ed elevata innovazione. Queste aziende crescono tra il 50% e il 200% l’anno e, data la loro natura innovativa e dirompente, non vogliono necessariamente essere vincolate a rendere conto dei risultati trimestrali.

IL VINCOLO DELLE TRIMESTRALI

Quando le aziende cercano di sconvolgere un’industria o un settore e si concentrano sull’espansione, essere vincolati alle stime sulle trimestrali può essere limitante. Per questo molte aziende scelgono di rimanere private più a lungo fino a quando non maturano e ottimizzano vari aspetti dei loro modelli di business, dopodiché potranno concentrarsi sul raggiungimento degli utili trimestrali. L’ultimo ma più importante motivo è la quantità di capitale nei mercati privati, che è salita alle stelle.

OLTRE 300 MILIARDI DI DOLLARI NEL VENTURE CAPITAL

L’esperto di GAM Investments sottolinea che l’anno scorso sono stati impegnati più di 300 miliardi di dollari in venture capital, di cui 230 miliardi destinati solo a queste aziende in fase avanzata. Solo nell’ultimo decennio sono stati allocati oltre 1.000 miliardi di dollari in queste società.

COMPLEMENTARI A UN PORTAFOGLIO TRADIZIONALE

In contesti di mercato incerti come quello attuale, GAM Investments è grado di trarre vantaggio dalle dislocazioni macro e negoziare interessanti punti di ingresso, il che significa acquistare titoli con un notevole sconto. Ad avviso di Munafo, si tratta di un ciclo interessante per l’impiego del capitale, che consente a GAM di assicurarsi punti di ingresso interessanti. I mercati privati sono complementari a un portafoglio tradizionale di quotate, conclude Munafo, e possono offrire fonti di rendimento decorrelate.

Borse cadono su alert crescita, tonfo dei titoli Faang. Per Morgan Stanley sarà recessione in Europa ma la Bce non si fermerà

29/06/2022

Tornano prepotenti le vendite sui mercati sui timori di un marcato rallentamento economico. Ieri chiusura in forte calo per Wall Street con lo S&P 500 che ha ceduto il 2,01% a 3.821,55, mentre il Nasdaq Composite ha fatto peggio, capitolando del 3% a 11.181,54 punti complici cali nell’ordine del 5% di big quali Tesla, Meta e Amazon. A Piazza Affari l’indice Ftse Mib torna sotto i 22 mila punti (-0,82% a 21.919 punti)

“Le azioni hanno invertito la rotta nelle ultime 24 ore, mettendo fine all’improvviso al rally del rischio iniziato la scorsa settimana. Sembra che la prevista fine delle misure di lockdown in Cina non abbia prodotto un grande impulso per il sentiment, mentre i timori per una maggiore inflazione e una crescita più lenta rimangono forti”, rimarca la Morning Call di IG.

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Sell copiosi sui titoli FAANG

L’indice NYSE FANG+ Index – che include i cinque titoli principali “FAANG” (Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google di Alphabet) oltre ad altri cinque titoli di crescita tech (Alibaba, Baidu, NVIDIA , Tesla e Twitter) è scivolato indietro ieri del 3,74%. Da inizio anno l’indice delle big tech segna una caduta del 33,5%.

Ieri la lettura della fiducia dei consumatori statunitensi è stata una doccia fredda, scendendo al minimo di 16 mesi e alimentando le preoccupazioni sul fatto che l’economia USA si dirigerà verso una recessione.

Spettro recessione anche per l’Europa

Spettro recessione anche per l’Europa. Gli economisti di Morgan Stanley si aspettano che l’area dell’euro scivoli in una lieve recessione nel quarto trimestre del quest’anno a causa della riduzione delle forniture di energia dalla Russia. Le nuove stime della casa d’affari statunitense sono di una contrazione del PIL dell’Eurozona per due trimestri a cavallo tra 2022 e 2023 per poi ritornare a crescere nel secondo trimestre del prossimo anno, guidata da un aumento degli investimenti.

Nonostante il rallentamento dell’economia, l’attesa di Morgan Stanley è che la Bce andrà avanti con rialzi dei tassi senza sosta da qui a fine anno per contrastare l’inflazione alta; così a fine anno il tasso sui depositi dovrebbe attestarsi allo 0,75% a dicembre, anche se gli economisti non escludono del tutto una possibile sosta dopo settembre se le prospettive economiche peggiorassero.

Oggi riflettori puntati proprio sulle banche centrali con il forum Bce di Sintra che entra nel vivo. Nel primo pomeriggio è in agenda un panel con Powell, Lagarde e Bailey. Sul fronte macro focus sulla lettura finale sul pil del primo trimestre, il cui calo potrebbe ridursi all’1,4% dopo il -1,5% della prima lettura. Grande attesa anche per i dati odierni sull’inflazione tedesca (consensus +8,8% armonizzato Ue a/a a giugno rispetto al +8,7% precedente). Intanto è già uscito il dato sull”inflazione della Renania settentrionale-Vestfalia che segna una decelerazione(+7,5% dal precedente 8,1%) e soprattutto una variazione mensile negativa (-0,1%). Indicazioni che hanno subito portato acquisti sui Bund con il tasso del decennale tedesco sceso all’1,54% dal’1,62% della chiusura di ieri.

The Big Short Michael Burry parla di ‘Bullwhip Effect’, ecco cos’è e riflessi su Fed e scelte d’investimento

28/06/2022

Michael Burry, fondatore di Scion Asset Management e famoso per il film “The Big Short”, ha suggerito su Twitter che il “Bullwhip Effect” sta prendendo piede nel settore retail ed è un qualcosa che va guardato con attenzione dagli investitori anche per capire i riflessi che può avere sulle mosse della Federal Reserve.

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“Questa sovrabbondanza di offerte nel settore retail è l’effetto Bullwhip. Cercatelo su Google. Vale la pena capirlo per i vostri investimenti. Impulsi deflazionistici da questo -> disinflazione entro la fine dell’anno -> La FED torna indietro su tassi e QT -> Ciclici“, recita il tweet di Burry che cita a riguardo un articolo della CNN in cui si parla di come l’aumento dei prezzi dei carburanti e i disagi delle supply chain stiano portando sempre più store a dire alla propria clientela di non restituire gli oggetti indesiderati, contribuendo ad allentare la pressione sulla domanda e quindi a dare impulsi deflazionistici.

‘Tienitelo’, ecco cosa stanno facendo Target & co.

Nelle ultime settimane, alcune delle più grandi catene di negozi, tra cui Target, Walmart, Gap e American Eagle Outfitters, hanno riferito di avere troppe scorte di merci che vanno da vestiti per l’allenamento, giacche e felpe con cappuccio primaverili a mobili da giardino e ingombranti giocattoli per bambini. E questo ha costi molti elevati per loro. Questo eccesso di scorte è conosciuto anche come ‘effetto Forrester’ o ‘effetto frusta’. Quindi, invece di accumulare la merce restituita, i negozi stanno valutando la possibilità di restituire ai clienti i loro soldi e lasciar loro le cose che non vogliono.

Rimborsare i clienti e allo stesso tempo lasciare che si tengano i loro resi non è una pratica nuova. Già diversi anni fa è iniziato con Amazon. Tale offerta ha senso soprattutto per alcuni tipi di prodotti: articoli ingombranti di fascia di prezzo bassa come mobili, elettrodomestici da cucina, decorazioni per la casa, seggioloni, passeggini, passeggini, dove è costoso per il rivenditore coprire le spese di spedizione per il reso.

Michael Burry recentemente aveva sollevato preoccupazioni sull’economia. Non è il solo a ritenere che la Fed farà presto un passo indietro sui tassi. Tra i grandi investitori a sbilanciati in tal senso spicca Ray Dalio che però come scenario prospettico indica una stagflazione che nel corso del 2023 costringerà Fed & co. faranno retromarcia sui tassi.

Scatto di Wall Street, ma S&P -18% YTD. Cathie Wood: ‘siamo in recessione, mea culpa su inflazione’

28/06/2022

Wall Street in rialzo, all’indomani di una chiusura che ha interrotto il trend positivo della settimana scorsa, che ha visto i principali indici azionari Usa riportare la prima settimana con il segno più dal mese di maggio. Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones mette a segno un balzo di 370 punti circa (+1,17%), a 31.807 punti; lo S&P 500 avanza dell’1,09% a 3.941 punti, mentre il Nasdaq sale dello 0,78%, a 11.614 punti.

L’indice S&P 500 rimane ancora in calo del 18% dall’inizio del 2022, ma è in rialzo del 7% dai minimi testati alla metà di giugno. La paura per l’arrivo di una recessione rimane protagonista e oggi è Cathie Wood, ceo di Ark Invest che, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, ha detto di credere che gli Stati Uniti siano “già in recessione e che un grande problema sia rappresentato dalle scorte..il cui rialzo non ho mai visto in tutta la mia carriera. E sono qui da circa 45 anni”.

Wood ha anche fatto una sorta di mea culpa, ammettendo di aver sottovalutato il problema dell’inflazione.

La star della finanza ha ricordato inoltre il dato relativo alla fiducia dei consumatori Usa stilata dall’Università del Michigan che, nel mese di giugno, si è attestato a 50 punti, al valore minimo di sempre.

Il contesto attuale dei mercati, con le vendite che negli ultimi mesi hanno colpito soprattutto i titoli hi-tech, ha penalizzato non poco gli ETF di Ark Invest. Basti pensare al trend dellì’ETF Ark Innovation ETF (ARKK), pari a un calo pari a -52% da inizio anno, e del 66% rispetto al record delle ultime 52 settimane.

Oggi focus sulle banche Usa, in particolare sui grandi colossi di Wall Street, che hanno annunciato le decisioni relative alla loro politica di dividendi.

JP Morgan Chase e Citigroup hanno reso noto che le regole sempre più stringenti sui capitali da detenere le hanno costrette a mantenere invariato l’importo delle cedole.

Dalle rivali sono arrivati annunci decisamente più piacevoli per gli analisti.

Bank of America ha reso noto l’intenzione di alzare i suoi dividendi trimestrali del 5% a 22 centesimi per azione, mentre Morgan Stanley alzerà i dividendi dell’11% a 77,5 centesimi per azione.

Wells Fargo aumenterà le cedole del 20% a 30 centesimi per azione. Ancora meglio Goldman Sachs, che premierà gli azionisti facendo salire i dividendi del 25% a $2,50 per azione.

La scorsa settimana, gli analisti hanno fatto notare che proprio Goldman Sachs è stata la vincitrice degli stress test annuali della Federal Reserve e che, per questo motivo, potrà beneficiare di una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei suoi capitali.

Ieri chiusura negativa a Wall Street, con il Dow Jones Industrial Average che ha perso 62,42 punti (-0,2%), a 31.438,26 punti, lo S&P 500 in calo dello 0.,3% a 3.900,11, e il Nasdaq Composite in flessione dello 0,7%, a 11.524,55 punti.

Sul mercato dei titoli di stato, i tassi dei Treasuries a 10 anni balzano oltre il 3,20%.

Strategist JP Morgan prevede mercati in gran risalita nel 2° semestre, a patto che…

28/06/2022

C’è chi vede già la luce in fondo al tunnel per i mercati, protagonisti di una prima metà d’anno in deciso affanno. JP Morgan ritiene che il  mercato azionario è pronto a vivere una forte seconda metà del 2022, grazie al fatto che l’economia statunitense eviterà la recessione e l’inflazione si dimezzerà.

Inflazione giù

La banca d’affari nel dettaglio prevede che il tasso di inflazione annualizzato si dimezzerà nei prossimi mesi e il calo dell’indice dei prezzi al consumo permetterà alle banche centrali di “fare leva su di loro e di evitare di produrre una recessione economica”. La fiducia della banca deriva dall’opinione che il tasso d’inflazione annualizzato si dimezzerà nella seconda metà dell’anno, passando al 4,2% dal 9,4%, il che “consentirebbe alle banche centrali di fare leva e di evitare di produrre una recessione economica”, ha affermato Marko Kolanovic di JPMorgan.

A patto che…

C’è però un importante precondizione alla base di queste stime. Un calo così netto potrebbe essere determinato solo da un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, che JPMorgan si aspetta nella seconda metà dell’anno, quando i costi economici della guerra diventeranno pienamente reali per molti Paesi, compresa la Russia.  Un calo dell’inflazione sarebbe benvenuto sia per gli investitori che per i consumatori, dopo che la domanda repressa e le interruzioni della catena di approvvigionamento dovute alla guerra e alle chiusure del COVID-19 hanno contribuito a far salire l’inflazione ai massimi da 40 anni.

JPMorgan non solo non prevede che una recessione economica si materializzi a breve, ma si aspetta anche una riaccelerazione della crescita economica globale. “Sebbene la probabilità di recessione sia aumentata in modo significativo, non la consideriamo uno scenario di base per i prossimi 12 mesi. Vediamo infatti un’accelerazione della crescita globale dall’1,3% della prima metà di quest’anno al 3,1% della seconda metà”, ha dichiarato JPMorgan. Secondo gli analisti inoltre, gran parte di questa crescita sarà trainata dalla Cina, la cui economia potrebbe crescere fino al 7,5% nella seconda metà dell’anno, a patto che non riprendano le chiusure. Secondo la banca inoltre la forte crescita si ripercuoterebbe sulle altre economie dei mercati emergenti. L’opinione di JPMorgan, secondo cui non si verificherà alcuna recessione, è ben lontana da quella della maggior parte delle banche di Wall Street; nelle ultime settimane Deutsche Bank, Citi e Wells Fargo hanno valutato le probabilità di una recessione a circa il 50%.

L’ipotesi di forti rendimenti del mercato azionario per il resto dell’anno si basa sulla necessità di evitare una recessione ed è aggravata dal fatto che molte classi di attività sono scambiate dal 60% all’80% al di sotto dei loro massimi, prezzando essenzialmente una profonda e prolungata recessione economica, si legge nella nota. Inoltre, il sentiment e il posizionamento degli investitori sono ai minimi da molti decenni.

“Quindi non pensiamo che il mondo e le economie siano in ottima forma, ma solo che l’investitore medio si aspetta un disastro economico, e se questo non si materializzasse le classi di attivi rischiose potrebbero recuperare gran parte delle perdite del primo semestre”, conclude Kolanovic di Jp Morgan.

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C’è voglia di credere alla ripartenza delle Borse, attenti alle trappole dell’Orso

La ripresa dei flussi sui fondi azionari, sia in Italia che negli USA, mostra che gli investitori retail cominciano a credere all’uscita dalla fase di ribasso. E anche gli analisti di Wall Street continuano ad assegnare BUY

 di Stefano Caratelli  27 Giugno 2022 08:16
financialounge -  azionario borse mercati Wall Street

Sembra proprio che gli investitori ‘retail’ che si affidano ai fondi per allocare i propri risparmi abbiano voglia di crederci. Quelli italiani a maggio hanno comprato fondi azionari per ben 2,5 miliardi, mentre hanno continuato a mostrare poca fiducia negli obbligazionari, con deflussi netti di 3,2 miliardi. Una scarsa fiducia che si è riflessa anche nel collocamento dell’ultimo BTP Italia, ben sotto le attese proprio nella componente retail. Anche in America, un mercato decisamente più grande, gli investitori retail la pensano allo stesso modo. Solo nelle ultime due settimane di maggio e nella prima di giugno hanno messo sui fondi azionari circa 28 miliardi di dollari, ma poi il trend si è invertito e nelle due settimane al 22 giugno i flussi segnavano uscite nette per oltre 20 miliardi, complice la delusione per il fallimento che aveva fatto seguito al rally finale del mese scorso. La sfiducia nelle obbligazioni comunque è rimasta con uscite nette dai relativi fondi per quasi 30 miliardi di dollari nelle ultime cinque settimane rilevate da Refinitiv. È solo ‘voglia’ di credere al recupero delle azioni dopo una prima parte dell’anno decisamente negativa, o qualcosa di più?

LE TRAPPOLE SEMINATE DALL’ORSO

Quando regna l’Orso, a Wall Street come a Milano, il suo divertimento preferito è ingannare i Tori con falsi rally, che sono solo una ghiotta occasione per i ribassisti per vendere ‘high’ e ricomprare ‘low’. L’Orso attuale ha già fatto il giochino tre volte a Wall Street, tra fine gennaio e inizio febbraio, nella seconda metà di marzo e nel finale di maggio, per poi far tornare lo S&P 500 più in basso di dove era partito. La storia dice che potrebbe non essere finita. Gli ultimi due mercati Orso importanti, se si esclude il ‘flash’ a V post Covid del 2020, sono stati quello seguito alla bolla delle dot.com del 2000 e quello innescato del crac Lehman nel 2008-2009. Nel primo caso si possono contare ben 6 falsi rally, prima di toccare il fondo nel 2003 quando il Toro si è rimesso a correre per 5 anni. Nel secondo sono stati solo uno di meno, ma poi la ripartenza è stata spettacolare e la corsa del Toro galoppante molto lunga. La storia ovviamente non si ripete, ma nel suo linguaggio ‘in rima’ sembra invitare a avere ancora un po’ di pazienza.

GRANDE FIDUCIA DEGLI ANALISTI

Non c’è solo lo specchietto retrovisore del passato, ma anche un presente fatto di raccomandazioni degli analisti con i loro BUY, HOLD e SELL. E qui la fiducia sembra molto più diffusa e radicata rispetto alla ‘voglia di crederci’ degli investitori retail. Solo pochi giorni fa Fortune ha pubblicato una tabella basata sui dati di FactSet che riproduce le percentuali delle tre classiche raccomandazioni assegnate ai titoli dello S&P 500 settore per settore.

RATING ULTRA POSITIVI A WALL STREET

Il primo dato sorprendente è rappresentato dai SELL, che supera di poco il 10% solo per i beni di consumo di base, mentre i BUY e gli HOLD sono assegnati con grande generosità. L’altro dato è il favore riservato comunque ai titoli tech, a cui va un 65% di BUY, un 30% e qualcosa di HOLD e solo un 4% di SELL, meglio perfino degli energetici che stanno godendo del rally sfrenato dei prezzi di oil & gas.


EMOZIONE ALIMENTATA DALLE INCERTEZZE

Cosa si può concludere? Gli analisti non sono trader, non devono portare a casa soldi sia che il mercato scende sia che sale, guardano ai fondamentali, aziendali e di settore, e alle prospettive di lungo termine. Sembra difficile che possano sbagliare in massa così macroscopicamente. Forse sono gli indici e le singole quotazioni che in questa prima metà del 2022 non hanno detto la verità sul valore degli asset sottostanti e sono magari stati il riflesso di comportamenti dettati più dalle emozioni che dalle analisi. Ma a loro volta le emozioni sono alimentate dalle incertezze, che abbondano su tutti i fronti, dalla guerra all’inflazione e ora ai timori sempre più diffusi di recessione, dalle tensioni geopolitiche e quelle politiche interne, a cominciare dagli USA, dove la sentenza che ha negato il diritto costituzionale all’aborto ha aumentato le divisioni già molto profonde in un elettorato che tra 4 mesi va a votare per il Congresso e il governo di molti Stati.


BOTTOM LINE

Dalla parte degli analisti ci sono anche i dati macro, non esaltanti ma che a giugno segnalano un’economia globale ancora in espansione, con la componente manifatturiera che continua a fare meglio dei servizi. I titoli dei media continuano a ‘sanguinare’ forse perché così attraggono più audience e sicuramente aiutano l’Orso a seminare le sue trappole. Pazienza unita a una “buona dose di ottimismo” come ha sottolineato di recente una fonte autorevole proprio su Financialounge.com, sono le compagnie migliori con cui trascorrere l’estate.

Week Ahead 27 giugno – 1° luglio: riflettori su inflazione negli Stati Uniti

Agenda economica della settimana.Fonte: Bloomberg

Rimbalzano bene i mercati azionari statunitensi dopo numerose settimane di vendite. Settimana in leggero rialzo per i mercati europei ancora in tensione per più fattori (dettagli su scudo anti-spread, forniture ridotte di gas da parte della Russia, incertezza sulle prossime mosse della BCE).

La prossima settimana è ricca di dati macroeconomici molto interessanti. Il più significativo è quello sull’inflazione negli Stati Uniti. L’indice core PCE è infatti la principale misura di inflazione utilizzata dalla Federal Reserve per le proprie decisioni di politica monetaria. Altri dati macro molto significativi saranno gli indici PMI sul settore manifatturiero, gli ordini di beni durevoli e il PIL 1T negli Stati Uniti.

Lunedì 27 giugno

Coincident Index Giappone;

Prezzi alla produzione, Spagna;

Richieste sussidi di disoccupazione Francia;

Ordini beni durevoli, Stati Uniti;

Indice vendite case in attesa, Stati Uniti;

Martedì 28 giugno

Indice Gfk di fiducia dei consumatori Germania;

Indice di fiducia dei consumatori, Francia;

Vendite industriali, Italia;

Bilancia commerciale, Stati Uniti;

House Price Index, Stati Uniti;

Indice CB su fiducia dei consumatori, Stati Uniti;

Mercoledì 29 giugno

Vendite al dettaglio Giappone, Australia;

Indice di fiducia dei consumatori, Giappone;

Inflazione, Spagna;

Indice di fiducia economica, Zona Euro;

Indice di fiducia industriale, Zona Euro;

Indice di fiducia aziendale, Spagna;

Inflazione Germania;

PIL 1T, stima finale, Stati Uniti;

Scorte di petrolio e derivati, Stati Uniti.

Giovedì 30 giugno

Vendite al dettaglio, Germania, Svizzera;

Produzione Industriale Giappone;

Investimenti stranieri in obbligazioni Giappone;

Indice ANZ di fiducia aziendale, Nuova Zelanda;

Indice manifatturiero NBS PMI, Cina;

PIL 1T, Regno Unito;

Inflazione, Francia;

Disoccupazione, Germania, Italia, Zona Euro;

Asta BTP, Italia;

Inflazione, indice core PCE, Stati Uniti;

Richieste settimanali di sussidi di disoccupazione Stati Uniti.

Venerdì 1° luglio

Indice manifatturiero Ai Australia;

Licenze edilizie, Nuova Zelanda;

Indice S&P manifatturiero PMI Australia, Spagna, Italia, Francia, Germania, Zona Euro, Regno Unito, Stati Uniti;

Disoccupazione, Giappone;

Inflazione, Zona Euro, Italia;

Indice ISM manifatturiero, Stati Uniti;

Numero di trivelle, Baker Hughes, Stati Uniti.

Come lo scudo anti-spread della BCE può affossare il debito pubblico italiano in asta

La BCE prepara lo scudo anti-spread per aiutare il debito pubblico italiano sul mercato, ma rischia di colpirlo alle aste del Tesoro

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 25 Giugno 2022 alle ore 06:26

Debito pubblico italiano alla prova dello scudo anti-spread

La BCE dovrà dimostrare di essere una banca centrale una volta per tutte. Lo scrive nella sostanza il Financial Times di questa settimana con un articolo a firma di Eric Lonergan. Il riferimento è all’annunciato scudo anti-spread allo studio e i cui dettagli tecnici saranno verosimilmente svelati al board di luglio. L’intento è di offrire sostegno ai titoli di stato emessi dai paesi con conti pubblici meno solidi, ma nei fatti la misura servirà soprattutto per mettere in sicurezza il debito pubblico italiano. I rendimenti decennali del BTp sono saliti fin sopra il 4,20% durante la settimana scorsa, circa 250 punti base in più del Bund. Si è reso per questo necessario un board d’emergenza per ridurre la frammentazione finanziaria e guadagnare tempo, prospettando una soluzione strutturale al problema.

Come funzionerebbe lo scudo anti-spread

Ma se dovesse prevalere la linea esternata dal finlandese Olli Rehn e dal collega slovacco Peter Kazimir, ci sarebbe molto poco di cui essere soddisfatti. I due “falchi” sostengono che lo scudo anti-spread non potrà essere né automatico, né incondizionato. In pratica, una copia dell’OMT già varato da Mario Draghi nel 2012 e inefficace nello spegnere la speculazione.

Tecnicamente, trovare una soluzione non sarebbe così immediato. Quando parliamo di spread, facciamo riferimento ai Bund. La BCE li considererà formalmente titoli “benchmark”? Ed eventualmente insieme agli altri emessi da Olanda e Finlandia, in quanto con rating tripla A? Dopodiché, a quale livello fisserà lo spread massimo tollerato e per quali scadenze? E lo dichiarerà? Infine, intervenire a sostegno dei BTp significherebbe contestualmente vendere Bund? Se così non fosse, la liquidità in circolazione aumenterebbe e con essa la corsa dell’inflazione, che la BCE punta a battere con la stretta monetaria in arrivo.

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Effetto dubbi sul debito pubblico italiano

I problemi tecnici non finirebbero qui. Ammettiamo che la BCE riesca a placare le tensioni a carico del debito pubblico italiano. Acquista BTp e vende Bund. Lo spread rientra sotto la soglia massima di tolleranza e i rendimenti italiani scendono. Tutto bene. Senonché ciò equivarrebbe a imporre un prezzo minimo sui nostri titoli di stato. La domanda rischia di scomparire, lasciando il Tesoro senza acquirenti quando emetterà bond alle aste. A quel punto, cosa si fa? La BCE non può per statuto acquistare titoli del debito pubblico sul mercato primario. Il rischio che lo stato italiano non riesca a rifinanziarsi sarebbe concreto.

Qualcuno può eccepire che è quanto accaduto negli ultimi anni tra “quantitative easing” e PEPP. La BCE ha spiazzato gli investitori privati, acquistando bond sovrani dell’Eurozona. Verissimo, ma con la significativa differenza di avere nel frattempo aumentato la liquidità sui mercati, cioè la stessa domanda privata, che effettivamente è stata elevata. Stavolta, acquisterebbe BTp mentre riduce la liquidità alzando i tassi d’interesse. In altre parole, con i due programmi monetari varati rispettivamente nel 2015 e nel 2020 gli spread erano rientrati grazie a un semplice meccanismo di mercato: aumento della domanda complessiva e azzeramento dei tassi. Con lo scudo, sarebbero ridotti artificiosamente. E non è detto che funzioni.

Wall Street scatta al rialzo: DJ +600 punti, Nasdaq +2,6%. Ma El-Erian avverte su segnale mercato Treasuries

24/06/2022

Wall Street in deciso rialzo, nell’ultima sessione della settimana. Alle 16.30 ora italiana, il Dow Jones sale dell’1,91% a 31.264 punti, in crescita di quasi 600 punti e dopo aver bucato la scorsa settimana la soglia di 30.000 punti. Lo S&P 500 avanza del 2,28% a 3.882 punti, mentre il Nasdaq Composite scatta del 2,65% a 11.529. Sul mercato dei Treasuries Usa, i tassi decennali salgono al 3,098%.

La borsa Usa si appresta a chiudere la settimana in territorio positivo, con il Dow Jones salito su base settimanale del 3%, lo S&P 500 del 4% e il Nasdaq Composite del 5%.

In una intervista rilasciata alla trasmissione della CNBC “Squawk Box” Mohamed El-Erian, l’ex ceo di Pimco al momento responsabile consulente di Allianz, parla di un “rally dei mercati da sollievo”, successivo a “sei settimane difficili, a un anno difficile”.

El-Erian avverte tuttavia che dal mercato dei Treasuries Usa stanno arrivando indicazioni di “un rischio più alto di recessione”, in un contesto in cui la Fed di Jerome Powell si appresta ad alzare i tassi di interesse in modo più aggressivo per contrastare le impennate dell’inflazione negli Stati Uniti.

“Il mercato sta dicendo: siate cauti. E questo perchè l’economia si sta indebolendo, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Dunque ci sono due narrative diverse in questo momento nel mercato azionario e in quello dei bond. E il fattore chiave è che, ancora una volta, è il mercato dei bond che sta guidando la Fed, e non la Fed che sta guidando il mercato”.

RECESSIONE …CONSAPEVOLEZZA!

Scritto il 24 Giugno 2022 alle 10:35 da icebergfinanza

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Editorial cartoon, May 10, 2022: Recession

Siamo ormai alla fine del trimestre, ultime operazioni di “window dressing” per migliorare le performance e poi a luglio, molto probabilmente avremo l’ultima gamba di ribasso, come tempesta estiva.

Positivo il calo dei rendimenti e dei prezzi delle materie prime.

In mattinata supporto ai mercati europei arriva dalla Banca centrale di Pechino che incrementa l’iniezione di liquidità nel sistema bancario per quasi 9 miliardi di dollari.

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Ipocriti sino al midollo, l’inflazione energetica è quai esclusivamente opera dell’enorma massa di liquidità immessa e mantenuta nel sistema dalla Fed.

Si preferisce far crollare l’economia, far crollare l’occupazione e nessuna banca centrale risponderà mai delle proprie responsabilità, tranne dire come abbiamo visto ieri che l’economia è fondamentalmente solida.

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La consapevolezza si fa sempre più strada, ieri pessimi dati in arrivo dall’economia americana.

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Continuano a salire le richieste di disoccupazione e gli indici manifatturieri e dei servizi calcolati da Markit e S&P, crollano…

Indice US PMI composito ai minimi da 5 mesi, quello dei servizi anche, la produzione manifatturiera scesa sotto 50 ai minimi da 24 mesi.

Produzione ai minimi da 5 mesi, esport ai minimi da giugno 2020 per l’inflazione e il dollaro forte, come spiega Williamson, capo economista, il ritmo della crescita economica statunitense è fortemente rallentato a giugno, con il deterioramento degli indicatori previsionali che crea uno scenario favorevole a una sensibile contrazione economica nel terzo trimestre. La fiducia delle imprese è a un livello che in genere preannuncia una recessione economica.

In Europa la stessa cosa…

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Si torna a scommettere su quanti tagli saranno necessari alla Fed per salvare l’economia da una depressione.

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Nell’ultima settimana abbiamo suggerito più volte di fare attenzione, i soliti noti si sono scatenati. Ora numerosi supporti di breve sono stati abbattuti. Si scende ancora, poi ci sarà una reazione… l’ultima prima della tempesta estiva!

Tassi BTP -20% da shock Bce, fiducia in scudo anti-spread. Ma il moral hazard? Ex Goldman: errore terribile

24/06/2022

In attesa dello scudo anti-spread firmato Bce, i buy sui BTP e in generale sulla carta italiana continuano: stamattina i tassi sui BTP decennali sono scesi al 3,4%, a fronte di un differenziale tra i tassi dei BTP e quelli dei Bund a 197 punti base.

Nei minimi intraday, i tassi decennali sono capitolati fino al 3,32%, valore inferiore del 20% rispetto ai massimi dal 2013, che sono stati testati il 14 giugno, al 4,17%, prima che la Bce tornasse sui suoi passi, facendo quello che sta diventando un mea culpa sempre più frequente.

Lagarde & colleghi hanno fatto dietrofront, dopo gli annunci shock che hanno stramazzato i mercati azionari e obbligazionari, e non solo dell’area euro, nel corso del BCE Day di giovedì 10 giugno, quando il Consiglio direttivo dell’Eurotower, riunitosi ad Amsterdam, si è mostrato molto più falco di quanto paventato dai mercati, preannunciando una carrellata di rialzi dei tassi al fine di scongiurare l’inflazione dell’Eurozona.

In quell’occasione, la Bce non ha sfornato alcuno scudo anti-spread, fattore che ha mandato nel panico soprattutto chi, tuttora, continua e temere una nuova crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, che abbia come epicentro, tuttavia, non la Grecia, ma l’Italia.

La decisione di scaricare la carta del made Italy ha provocato un boom dei tassi decennali dei BTP fin oltre il 4%, al record dal 2013 a fronte di uno spread BTP-Bund che ha agguantato la soglia pericolo .

I movimenti caotici dei mercati – a essere smobilizzati anche i titoli di altri paesi dell’Eurozona, in particolare quelli periferici – hanno fatto evidentemente saltare sulla sedia Lagarde & co, che hanno così indetto una riunione di emergenza , annunciando alla conclusione del meeting l’intenzione di lavorare a un nuovo strumento contro il rischio di frammentazione dell’area euro, dunque a uno strumento anti-spread  salva-Italia-salva euro.

Lagarde ha fornito poi ulteriori rassicurazioni tanto che, in un colloquio con i ministri delle Finanze dell’area euro. ha ribadito che il nuovo strumento anti-spread verrà lanciato se i costi di rifinanziamento (del debito) delle nazioni più deboli saliranno in modo troppo sostenuto e troppo velocemente.

La numero uno dell’istituzione di Francoforte ha precisato inoltre che il nuovo meccanismo a cui i funzionari della banca centrale stanno lavorando ha come obiettivo quello di impedire che i movimenti irrazionali dei mercati mettano sotto pressione le singole nazioni dell’area euro, in un contesto in cui la Bce si prepara ad alzare i tassi per la prima volta in più di dieci anni. Le promesse e rassicurazioni varie sono state talmente tante che qualcuno si è chiesto se per caso Lagarde e la sua squadra non stiano lavorando a un tetto sullo spread.

Il dibattito è acceso, tra chi vorrebbe che la Bce continuasse a confermarsi flebo dei BTP italiani nonostante la fine imminente del Quantitative easing tradizionale e chi vorrebbe invece che l’Italia iniziasse a svincolarsi dai continui sostegni della banca centrale.

Ex Goldman Robin Brooks (IIF): da Bce ‘terribile errore’

Per niente d’accordo sullo scudo salva Italia si è mostrato l’ex responsabile strategist sul forex di  Goldman Sachs, ora capo economista dell’IIF (Institute of International Finance), Robin Brooks, che ha fatto capire chiaramente con un post su Twitter di ritenere che la stampella che la banca centrale continua a garantire all’economia e ai debiti sovrani dell’area euro sia un “terribile errore”.

Per Brooks, “la minaccia più grande che incombe sulla Bce non è l’inflazione, ma la monetizzazione del deficit”.

Si è ripresentata sui mercati anche la questione del moral hazard.

Ad affrontare la questione è stato in particolare l’economista e docente di economia presso l’Università Bocconi Tommaso Monacelli , che ha anche commentato il tweet di Brooks, dicendosi d’accordo.

“Impossibile negare che la Bce si stia dirigendo verso il finanziamento monetario, un sentiero molto pericoloso. Dal ‘non siamo qui per chiudere gli spread’ – riferimento alla famosa gaffe che la presidente della banca centrale Christine Lagarde fece nel periodo tra i più tragici della pandemia Covid-19 – al “controllo dello spread”, Monacelli ha fatto notare che Lagarde ne ha fatta di strada.

Bce e scudo anti-spread, Monacelli avverte su moral hazard

Così l’economista e docente di economia presso l’Università Bocconi Tommaso Monacelli ha parlato della questione del moral hazard, facendo riferimento all’annuncio della Bce relativo allo strumento anti-frammentazione dell’area euro.

Monacelli ha spiegato la sua opinione su quanto sta avvenendo con alcuni post su Twitter datati 16 giugno.

“La Bce potrebbe lanciare uno strumento anti-frammentazione. Non è chiaro di cosa si tratterà. Ma sta diventando sempre più ovvio che la #BCE sia l’unica a voler fare #WhateverItTakes” per preservare l’euro. I governi dell’Eurozona dovrebbero mostrare di avere la stessa determinazione”.

In tutto questo c’è un lato negativo chiave: il moral hazard.

L’economista della Bocconi teme infatti che i governi allentino la loro disciplina fiscale, consapevoli che tanto, alla fine, gli allargamenti degli spread verranno risolti dalla Bce”. Ed “è qui che risiede il rischio esistenziale. Il fatto che la Bce venga considerata sempre di più responsabile nella difesa dell’euro, e quindi diminuiscano gli incentivi per i governi ad agire per mantenere un certo ordine nei loro conti pubblici”.

Una situazione che, secondo Monacelli, “suona come insostenibile”.

Bce pronta a blindare BTP & Co. Ma attenti a ultimi rumor

Detto questo, occhio al trend dello spread e dei tassi dei BTP delle ultime ore, sulla scia di alcuni rumor che hanno fatto capolino. L’ultimo, riportato dall’agenzia Bloomberg, indica come le promesse della Bce si trovino ancora nel limbo delle parole.

Ovvero?

L’agenzia di stampa, sulla base di alcune fonti di mercato vicine al dossier scudo anti-spread, ha indicato, di fatto, che “la Bce non ha attivato ancora quella potenza di fuoco con cui dovrebbe continuare ad acquistare i bond (il QE tradizione dell’APP, programma di acquisti di asset, scadrà il prossimo 1° luglio, dunque a giorni).

Insomma, di questo strumento anti-frammentazione dell’area euro si continua a sapere davvero poco, dopo il lancio approvato dagli esponenti del Consiglio direttivo della Bce più di una settimana fa, a seguito della nota riunione di emergenza.

Questo significa che la prima linea di difesa contro la speculazione anti-BTP & Co non è diventata ancora operativa.

Vale la pena ricordare quanto emerso dalla riunione di emergenza della Bce del 15 giugno scorso. Nel comunicato diramato al termine del meeting si legge che la Bce “farà ricorso alla flessibilità nei reinvestimenti dei titoli in scadenza acquistati con il QE pandemico, ovvero PEPP”, e, anche, che “il Consiglio direttivo ha deciso di dare mandato ai comitati dell’Eurosistema e ai servizi interni (della Bce) per accelerare i preparativi volti a completare il piano di un nuovo strumento anti frammentazione, da sottoporre alla considerazione del Consiglio direttivo” stesso.

Quindi, il primo passo, o anche la prima linea di difesa, è garantire la flessibilità nelle transazioni di reinvestimento dei titoli in scadenza acquistati con il piano del QE pandemico.

E questa prima linea di difesa non è ancora pronta, il che significa che i reinvestimenti sui titoli acquistati con il PEPP non presentano ancora la caratteristica che è stata tanto invocata, tra l’altro parola tra le più pronunciate dalla presidente della Bce Christine Lagarde.

Di conseguenza, i promotori del termine e dell’adozione soprattutto del parametro della “flessibilità” stanno temendo – riporta ancora Bloonberg – che, fino a quando i reinvestimenti non avverranno in modo flessibile i mercati dei debiti dell’area euro rimarranno vulnerabili lla speculazione. Non per niente lo spread BTP-Bund è tornato attorno alla soglia di 200 punti base nel pomeriggio, mentre i tassi sui BTP decennali, dal minimo intraday del 3,32%, hanno riagguantato il 3,45%.

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Vontobel: serve sano ottimismo, i rendimenti migliori si generano da mercati in calo

Matthew Benkendorf, CIO boutique Quality Growth di Vontobel, mette in guardia contro il panico, richiama alla disciplina e sottolinea che aziende veramente solide contribuiranno a generare rendimenti duraturi

 di Virgilio Chelli  24 Giugno 2022 07:55
financialounge -  Matthew Benkendorf mercati Morning News Vontobel Asset Management

Negli investimenti è essenziale un processo di ricerca disciplinato. Ma ciò che fa superare il traguardo è un sano e duraturo ottimismo. La convinzione che le aziende veramente grandi contribuiranno a generare rendimenti duraturi e composti. Il sano ottimismo è difficile da applicare anche per gli investitori più sofisticati. Nei mercati in ascesa ed euforici come negli ultimi anni, l’ottimismo è stato distorto e tristemente mal riposto. Le SPAC, le criptovalute e le società in iper-crescita senza utili sono state di gran moda.

IN TEMPI DI PANICO SERVE OTTIMISMO

Quest’anno i mercati hanno oscillato verso il pessimismo. L’inflazione è ai massimi da 40 anni e la crescita sembra rallentare. La Banca Mondiale sostiene che l’economia globale potrebbe soffrire una stagflazione stile anni Settanta. La pandemia ancora in corso, la guerra, l’aumento dei prezzi degli alimentari, i persistenti problemi delle catene di approvvigionamento e consumatori che si stanno indebolendo, alimentano la sfiducia. Ma Matthew Benkendorf, CIO boutique Quality Growth di Vontobel, ritiene che in tempi di panico gli investitori hanno bisogno di una dose di sano ottimismo.

NON SCOMMETTERE SU PREVISIONI SPECIFICHE

La miglior linea di difesa per un ottimista, spiega l’esperto di Vontobel, consiste nel trovare aziende con economia di fondo interessante e un flusso di utili sostenibile e prevedibile. Poi, attribuire una valutazione realistica e conservativa, perché come affermava Thomas Edison, “l’opportunità viene mancata da molti perché è vestita in abiti da lavoro e somiglia ad un lavoro”. Il panico del giorno riguarda il potenziale di prolungata iperinflazione stile fine anni ’70 e le sue implicazioni per i mercati azionari. In qualità di investitori bottom-up, Vontobel non sta scommettendo su una specifica previsione di inflazione, ha bisogno che le sue partecipazioni si comportino bene in una serie di scenari macroeconomici plausibili.

IL PRECEDENTE DI FINE ANNI ‘70

Tra fine anni ’70 e inizio anni ’80 si è registrata una notevole sovra-performance da parte dei titoli a crescita qualitativa trattati a valutazioni ragionevoli. HOLT/Credit Suisse ha esaminato la performance relativa di diversi stili di investimento di quel periodo. I titoli quality growth scambiati a valutazioni ragionevoli possono ottenere risultati migliori del mercato durante le fasi di inflazione. Un risultato empirico che ha un senso intuitivo, in quanto le società più redditizie, con potere di prezzo e una leva finanziaria più bassa sono in grado di far fronte meglio alle pressioni sui costi. Vanno invece evitati i titoli scambiati a multipli esorbitanti.

APPROFONDITA RICERCA

L’ottimismo e le prospettive di Vontobel si baseranno sempre su un’approfondita ricerca aziendale, sulla costruzione del portafoglio e sull’applicazione disciplinata della filosofia d’investimento. Stimoli senza precedenti e tassi bassi prolungati hanno scatenato una frenesia nel credito privato che ha contribuito a creare un’illusione di ricchezza in tutti i settori. I prezzi degli asset finiscono per convergere verso un valore che rappresenta il vero valore intrinseco, sia al rialzo che al ribasso, e questo è uno dei motivi per cui Benkendorf è particolarmente ottimista sulle prospettive di crescita della qualità.

PREMIO A LUNGO TERMINE

I migliori investitori sono pazienti, guardano oltre la debolezza del breve termine e tengono d’occhio il premio a lungo termine. Bisogna fare i compiti a casa sulla valutazione e sulla prevedibilità degli utili a lungo termine, separare i fatti dalle speculazioni, e i frutti arriveranno. I mercati difficili non sono da temere, sottolinea l’esperto di Vontobel. Per quanto ci si possa sentire a disagio e le prospettive possano sembrare disastrose, sarà sempre meglio avere una determinazione ottimistica e una chiara tabella di marcia.

Ray Dalio raddoppia la scommessa short sulle azioni europee

23/06/2022

Il fondatore dell’hedge fund più grande del mondo Bridgewater, Ray Dalio, ha rafforzato la scommessa “short”  da 10,5 miliardi di dollari contro le società del Vecchio continente, quasi il doppio rispetto alla scommessa lanciata proprio settimana scorsa che equivale la posizione più “bearish” nei confronti delle società delle europee negli ultimi due anni.

Bridgewater ha reso note le scommesse short contro 28 società europee che includono alcune scommesse al ribasso  superiori a 500 milioni di dollari su singoli titoli quali ASML Holding, TotalEnergies, Sanofi e SAP, secondo i dati di Bloomberg. Il totale della scommessa short è in rialzo rispetto ai 5,7 miliardi di dollari di settimana scorsa lanciata contro 18 aziende europee

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Tutte le società su cui Bridgewater è allo scoperto fanno parte dell’indice Euro Stoxx 50. La mossa arriva in un momento delicato per l’economia dell’area dell’euro, con una crescita in rallentamento a causa dell’aumento dei prezzi, indotto parzialmente dalla guerra in Ucraina.

Venditori allo scoperto a caccia di profitti

I venditori allo scoperto cercano di trarre profitto dal calo dei prezzi delle azioni, vendere titoli presi in prestito e riacquistarli appena scendono di prezzo. Le scommesse al ribasso solitamente aumentano in un contesto di tassi di interesse in crescita e inflazione elevata che loro volta aumentano le possibilità di recessione.

Le scommesse short di Bridgewater sono le più alte da quando l’azienda ha costruito le proprie posizioni al ribasso di 14 miliardi di dollari contro le aziende europee nel 2020 e
prima ancora, una scommessa di 22 miliardi di dollari nel 2018.

Il totale potrebbe essere addirittura maggiore, poiché gli hedge fund sono tenuti a rivelare solo le loro scommesse più grandi.

Wall Street tenta la ripresa post Powell (Fed). Petrolio azzera perdite dopo timori recessione e annunci Biden

23/06/2022 Wall Street in rialzo, dopo la sessione negativa della vigilia, condizionata dalle dichiarazioni del numero uno della Fed, Jerome Powell.

In un’audizione al Senato Usa, Powell ha confermato “il forte impegno” della banca centrale a riportare l’inflazione Usa, che viaggia ai ritmi record degli ultimi 40 anni, ben oltre la soglia dell’8%, al target del 2%. Allo stesso tempo il banchiere centrale ha ammesso che esiste “la possibilità ” di una recessione.

Il soft landing dell’economia, ha precisato, “è il nostro obiettivo”. Ma si tratterà, ha continuato, di un obiettivo “molto sfidante, reso significativamente più sfidante da quanto accaduto negli ultimi mesi: e qui ci riferiamo alla guerra e ai prezzi delle commodities e a ulteriori problemi che hanno colpito le catene di approviggionamento”.

Dopo il rimbalzo della sessione di martedì, Wall Street ha chiuso così negativa: il Dow Jones Industrial Average ha perso 47,12 punti o -0,15%, a 30.483,13 punti; lo S&P 500 ha ceduto lo 0,13% a 3.759,89 punti, mentre il Nasdaq Composite è arretrato dello 0,15% a 11.053,08 punti.

Ma l’azionario Usa, dopo la debolezza iniziale riportata in pre-mercato, cerca la ripresa, in un contesto in cui a dominare è la volatilità.

Pochi minuti dopo l’avvio della seduta a Wall Street, il Dow Jones sale di 146 punti circa (+0,41%), a 30.607 punti; lo S&P 500 avanza dello 0,48% a 3.778, il Nasdaq guadagna lo 0,70% circa a 11.126 punti.

I prezzi del petrolio virano in territorio positivo, dopo le perdite delle ultime ore e della vigilia, che sono arrivate a far capitolare il contratto WTI fino a -7%. Al momento, il WTI scambiato sul Nymex è praticamente ingessato a $106,27 al barile, mentre il Brent sale dello 0,15% rivedendo quota $111,86.

Hanno inciso sul trend del petrolio sia i timori sull’arrivo di una recessione che le dichiarazioni del presidente americano Joe Biden che ieri, come da attese, dopo un incontro con i vertici dei colossi petroliferi Usa, ha chiesto al Congresso Usa di approvare la sua proposta di sospendere per tre mesi la tassa federale sulla benzina.

Obiettivo: aiutare le famiglie americane, sempre più in difficoltà con i prezzi alla pompa schizzati al rialzo.

Biden ha lanciato un appello anche agli stati, chiedendo loro di sospendere le tasse statali, che viaggiano in media a 30 centesimi al gallone.

Ancora, un appello del presidente Usa è stato lanciato all’industria petrolifera, affinché raffini maggiori quantità di petrolio per aumentare l’offerta di benzina.

I tassi sui Treasuries continuano a perdere terreno, con quelli decennali che si attestano attorno al 3,08%.

Mercato del lavoro Usa: richieste sussidi disoccupazione in calo a 229.000 unità

23/06/2022

Nella settimana terminata il 18 giugno, il numero dei lavoratori americani che hanno fatto richiesta per la prima volta per ottenere i sussidi di disoccupazione, è sceso di 2000 unità, a quota 229.000. Gli economisti avevano previsto tuttavia una flessione più sostenuta, a 227.000 unità. Il numero dei lavoratori Usa che continuano a percepire i sussidi di disoccupazione sono pari a 1,315 milioni, come da attese.

Reducing Inflation Will Come at a Great Cost: Stagflation

  • Data di pubblicazione: 21 giugno 2022

Ray Dalio

Ray Dalio 

Founder, Co-Chief Investment Officer, and Member of the Bridgewater Board

172 articoli

For me, hearing supposed “experts” talk about what’s now happening in the markets and economy is like listening to nails scratch against a chalkboard because they are typically saying incorrect things in an erudite rather than commonsense way. Markets and economic movements are driven by much simpler and more commonsense linkages than most people articulate. I tried to describe the most important of these in my 30-minute animated video “How the Economic Machine Works” and I tried to lay out for you how I saw the paradigm shifting over the last 18 months in “The Changing World Order: The New Paradigm,” which have more of the specifics than I will cover here. Here, I just want to talk about fighting inflation and what’s happening pertaining to it.

More specifically, I now hear it commonly said that inflation is the big problem so the Fed needs to tighten to fight inflation, which will make things good again once it gets inflation under control. I believe this is both naïve and inconsistent with how the economic machine works. That’s because that view only focuses on inflation as the problem and it sees Fed tightening as a low-cost action that will make things better when inflation goes away, but it’s not like that. The facts are that: 1) prices rise when the amount of spending increases by more than the quantities of goods and services sold increase and 2) the way central banks fight inflation is by taking money and credit away from people and companies to reduce their spending. They also take buying power away by raising interest rates, which increases the amount of money that has to go toward paying interest and decreases the amount of money that goes toward spending. Raising interest rates also lowers spending because it lowers the value of investment assets because of the “present value effect” (which I won’t get into because it would be too much of a digression), which further lowers buying power. My main point is that while tightening reduces inflation because it results in people spending less, it doesn’t make things better because it takes buying power away. It just shifts some of the squeezing of people via inflation to squeezing them via giving them less buying power. [1] 

The only way to raise living standards over the long term is to raise productivity and central banks don’t do that. 

So, what do central banks do?

Central banks move demand around by providing and withdrawing spending power by influencing the creation and amounts of debt assets and debt liabilities. They do that in a way that naturally produces cycles in markets (bull and bear markets) and economies (expansions and recessions). More specifically, central banks inject doses of stimulation into the system via injecting credit and money into the system, which produces increases in demand for goods, services, and investment assets that are followed by periods of paying back and withdrawals of the stimulations, which produce lows in demand that are depressing. Whenever these depressing periods of paying back become too depressing, central banks typically provide another and even bigger dose of stimulation. They produce the short-term debt cycles (also known as the business cycle), which typically last for about seven years give or take a few.

These short-term debt cycles add up to the long-term debt cycles that typically last about 75 years, give or take about 25. That’s because most everyone wants the ups and not the downs, so the stimulations and debts that central banks produce typically add up over time to produce more ups than downs until the debt assets and liabilities get unsustainably large, at which point they have to go down via some mix of inflation (due to money printing to reduce the debt burdens by monetizing them, which is inflationary), debt restructuring, and paying the debt service in non-depreciated money (which is depressing). 

That is what we have been experiencing. It’s why debts have been increasing relative to incomes at the same time as each cyclical rise and each cyclical decline in interest rates since 1980 has been lower than the one before it until interest rates hit 0%, and since then each central bank printing and buying of debt has been greater than the one before it up until now.

Most fundamentally: 1) one person’s debts are another person’s assets, and 2) one person’s spending is another person’s income (in the way described in “How the Economic Machine Works”), which means 1) when there are a lot of debt liabilities and debt assets outstanding it becomes impossible to make things good for both debtors and creditors, and 2) when the credit/debt creation is curtailed to bring spending in line with incomes, that causes investment, asset prices, and incomes to fall, which cuts spending and is depressing. 

So, what should central banks do to do their job well? 

Central banks should:

  1. Use their powers to drive the markets and economy like a good driver drives a car—with gentle applications of the gas and brakes to produce steadiness rather than by hitting the gas hard and then hitting the brakes hard, leading to lurches forward and backward.
  2. Keep debt assets and liabilities relatively stable and, most importantly, not allow them to get too large to manage well.

To do this they should not allow interest rates and availabilities of money to be either too good or too bad for the debtors or the creditors. 

By these measures central banks policies have not been good. More specifically,

  1. The Fed is moving from printing and buying debt at an annual rate of around $1.5 trillion to selling it at an annual rate of $1.1 trillion, and from sharply lowering interest rates to sharply raising them. For that reason, we experienced the big lurch forward and are now experiencing the big lurch backward.
  2. Because debt assets and liabilities are now very high and because government deficits will remain high, it is virtually impossible for the Fed to push interest rates to levels that are high enough to adequately compensate holders of debt assets for inflation without them being too high to support strong debtors, strong markets, and a strong economy. If the holders of debt don’t get adequate returns they will sell them, which worsens the free market debt supply/demand picture, which either leads to a dramatic cutback in private credit (which is depressing) or the central bank creating more money and buying more debt to fill in the funding hole (which is inflationary). 

In summary my main points are that 1) there isn’t anything that the Fed can do to fight inflation without creating economic weakness, 2) with debt assets and liabilities as high as they are and projected to increase due to the government deficit, and the Fed also selling government debt, it is likely that private credit growth will have to contract, weakening the economy, and 3) over the long run the Fed will most likely chart a middle course that will take the form of stagflation. 

Footnotes

[1] While Paul Volcker’s bone-crushing tightening was followed by an improvement in conditions in the 1980s, a) it took a rise in real short rates to 8.4% and an economic dive that took the unemployment rate to 10.8% to reduce the spending to lower inflation and b) it led foreign countries’ debtors to be squeezed and to cut spending a lot, putting them into 10-year-long depressions. In other words, inflation was reduced by people and companies being painfully squeezed and reducing spending. That’s always the case and will be the case this time.

Disclosures

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Wall Street in rally dopo batosta Fed: DJ +550 punti, Nasdaq +3%. Snobbato dato immobiliare Usa peggiore da 2020

21/06/2022

Wall Street procede in netto rialzo, con il Dow Jones che schizza al rialzo di oltre 550 punti, nonostante le indicazioni poco confortanti arrivate dal fronte macro.

Focus sul mercato immobiliare Usa dopo la pubblicazione del dato relativo alle vendite di case esistenti che, nel mese di maggio, sono scese del 3,4% al ritmo annualizzato su base annua di 5,41 milioni di unità.

Il dato, reso noto dalla National Association of Realtors, ha riportato il trend peggiore dal giugno del 2020, dunque dai primi mesi della pandemia Covid-19.

“Prevedo una ulteriore flessione delle vendite di nuove case”, ha commentato Lawrence Yun, chief economist dell’associazione National Association of Realtors.

In evidenza tra i titoli Tesla, che scatta sul Nasdaq di oltre +8% dopo le ultime dichiarazioni del numero uno Elon Musk, che ha dato precisazioni sui licenziamenti che colpiranno la forza lavoro del colosso produttore di auto elettriche. In un intervento organizzato da Bloomberg, il ceo di Tesla ha detto che Tesla ridurrà la forza lavoro rappresentata dai dipendenti salariati del 10% nel corso dei prossimi tre mesi, allo stesso tempo aumentando il numero dei dipendenti a ore. Musk ha calcolato così che, considerando l’impatto delle misure totali, Tesla licenzierà il 3,5% della sua forza lavoro complessiva, aggiungendo che il numero dei dipendenti coinvolti non “è super significativo”. Il ceo ha infine sottolineato di credere che, “tra un anno, il numero dei nostri dipendenti sarà più alto sia per quanto concerne quelli salariati che quelli che lavorano a ore”.

Alle 16.30 circa ora italiana, il Dow Jones sale di 553 punti (+1,9% circa), a 30.449 punti; il Nasdaq avanza di oltre il 3% a 11.139 punti, mentre lo S&P 500 mette a segno un rialzo del 2,64% a 3.772 punti.

Molto bene le Big Tech come Apple, Amazon, Alphabet e Meta. Tra gli altri titoli, occhio anche al balzo di Kellog, dopo che la società ha annunciato una operazione di spin off che porterà alla creazione di tre società separate. Molto bene anche i titoli delle compagnie aeree: le quotazioni di Spirit Airlines volano di oltre l’8% dopo la decisione di JetBlue di aumentare la proposta di takeover a $33.50 per azione. I tassi sui Treasuries Usa a 10 anni sono in rialzo al 3,28%.

La scorsa settimana, lo S&P ha chiuso in calo su base settimanale del 5,8%, il Dow Jones ha perso il 4,8%, scendendo sotto la soglia dei 30.000 punti per la prima volta dal gennaio del 2021, il Nasdaq ha perso anch’esso il 4,8%.
Motivo: i timori sull’inevitabilità di una recessione, dovuta da una Fed sempre più aggressiva sul fronte dei tassi per sconfiggere l’inflazione galoppante. La banca centrale americana guidata da Jerome Powell ha alzato mercoledì scorso i tassi sui fed funds di 75 punti base, lanciando la stretta monetaria più sostenuta dal 1994.

Occhio a non dare troppa importanza, consigliano tuttavia gli strategist di Goldman Sachs e Morgan Stanley, ai rimbalzi degli indici azionari Usa, che potrebbero rivelarsi molto probabilmente semplici parentesi di un mercato orso.

In particolare, gli strategist di Morgan Stanley guidati da Michael Wilson hanno scritto in una nota riportata da Bloomberg che l’indice S&P 500 dovrà scendere di un ulteriore 15-20%, a 3.000 punti circa, per riflettere a pieno l’intensità della contrazione economica attesa.

“Il mercato orso non sarà finito fino a quando non arriverà la recessione o il rischio di una recessione non sarà rientrato”, si legge della nota degli strategist, che segue i bruschi tonfi che Wall Street ha sofferto la scorsa settimana: lo S&P 500 ormai è in fase di mercato orso, avendo perso più del 20% dai massimi precedentemente testati a gennaio.

BCE, Enria: “Ottimisti su miglioramento prospettive, banche aggiornino piani patrimoniali”

21/06/2022

“Nonostante il contesto attuale complicato e gli aumenti dei tassi, restiamo ottimisti sul miglioramento delle prospettive nei prossimi mesi in Eurozona. Nella situazione attuale, con il contesto macroeconomico in deterioramento, è importante che le banche aggiornino i propri piani patrimoniali” a dirlo è stato Andrea Enria, Chief of the Supervisory Board della BCE, intervenuto come speaker all’ottava edizione della CEO Conference organizzata da Mediobanca e in corso nella sede dell’istituto di piazzetta Cuccia.

Deutsche Bank, l’AD Sewing: ‘inflazione, veleno più forte per l’economia globale. Con stop gas russo recessione più probabile’

21/06/2022

“L’inflazione è il veleno più forte per l’economia globale”. Lo ha detto il numero uno di Deutsche Bank, in un’intervista rilasciata alla CNBC: “Una cosa è chiara: se ci sarà una interruzione improvvisa del gas russo, la probabilità di una recessione che arrivi in anticipo diventa ovviamente più elevata. Non c’è alcun dubbio su questo”, ha detto l’AD di Deutsche Bank, banca numero uno in Germania.

“Direi che nel complesso – ha continuato Sewing – siamo di fronte a una situazione talmente sfidante che la probabilità di una recessione anche in Germania, o in Europa nel 2023 o l’anno dopo, è più alta di quella di ognuno degli anni precedenti, e non solo a causa di questa guerra terribile, ma anche per quello che tutto ciò significa per la politica monetaria” delle banche centrali.

Ma ciò che preoccupa di più il ceo di Deutsche Bank è, per l’appunto, l’inflazione:

“Direi che l’inflazione è ciò che davvero mi preoccupa di più e, di conseguenza, credo che il segnale che riceviamo dalle banche centrali, che si tratti della Fed ma anche della Bce, sia il segnale giusto”. (alzare dunque i tassi per sconfiggere l’inflazione).

“Dobbiamo lottare contro l’inflazione – ha detto Christian Sewing – Perchè alla fine l’inflazione è il veleno più forte per l’economia”.

AllianceBernstein: come navigare la volatilità del mercato azionario

Gli esperti di AllianceBernstein sottolineano l’importanza di guardare a redditività, solidità dei bilanci e investimenti nel futuro per un portafoglio growth in grado di resistere e cavalcare la ripresa

 di Virgilio Chelli  21 Giugno 2022 07:55

I titoli growth sono soggetti a forti pressioni per l’aumento dei tassi che modifica le dinamiche che ne determinano le valutazioni. Ma gli investitori non dovrebbero lasciarsi distrarre dalla volatilità e dovrebbero apprezzare le imprese in grado di assicurare una crescita sostenibile in un’economia stagnante per i loro vantaggi commerciali e il loro potenziale di rendimento. Sono le ’indicazioni di un’analisi di Frank Caruso, Chief Investment Officer US Growth Equities, John Fogarty, Co-Chief Investment Officer—US Growth Equities, e Vinay Thapar, Co-Chief Investment Officer e Senior Research Analyst—US Growth Equities; Portfolio Manager—Global Healthcare, di AllianceBernstein.

ANCHE I TITOLI CICLICI ANDRANNO SOTTO PRESSIONE

I tre esperti sottolineano che le correzioni sono sempre dolorose, ma quest’anno gli investitori in azioni growth hanno subito una vera e propria batosta. Da inizio anno al 27 maggio il Russell 1000 Growth Index ha ceduto il 21,4%, sottoperformando l’S&P 500, che è arretrato del 12,2%. La performance negativa è stata determinata dall’avversione al rischio che ha alimentato significativi deflussi dai fondi investiti in azioni growth. L’aumento dei tassi, inoltre, tende a penalizzare in misura sproporzionata i titoli a più alta crescita, soprattutto se sopravvalutati, perché spinge al rialzo i tassi di sconto usati per calcolare il valore attuale dei cash flow a lungo termine. Ma, nel tempo, secondo gli esperti di AllianceBernstein l’indebolimento dell’economia eserciterà inevitabilmente una maggiore pressione al ribasso sugli utili delle società cicliche rispetto a quelle orientate alla crescita.

RESTANO MOLTE FONTI DI INCERTEZZA

La stretta messa in campo dalla Fed per combattere l’inflazione dilagante avrà il probabile effetto di rallentare la crescita e rafforzare il dollaro, con ricadute negative sui profitti realizzati all’estero dalle multinazionali, mentre la guerra in Ucraina e i lockdown in Cina minacciano di compromettere la crescita mondiale. Inflazione, aumenti dei tassi e interruzioni delle catene di fornitura mettono a rischio le prospettive di una ripresa.

REDDITIVITÀ METRO SEMPRE VALIDO

Le condizioni di mercato e di business sono mutate radicalmente. Ma gli esperti di AllianceBernstein ritengono che alcuni principi duraturi aiuteranno gli investitori a superare con successo l’attuale volatilità, e sottoolineano che un approccio strategico all’investimento in azioni growth dovrebbe essere incentrato sulla redditività. Con l’aumento dei prezzi e la decelerazione della crescita sarà più difficile trovare imprese redditizie. Ma gli Stati Uniti si confermano il mercato più interessante al mondo per individuare società growth con una buona redditività. Sui mercati azionari USA si trovano circa due terzi delle large cap con caratteristiche di crescita redditizia presenti nel mondo.

NON FERMARSI ALLA SOTTOPERFORMANCE A BREVE TERMINE

Sia nelle congiunture favorevoli che in quelle sfavorevoli, secondo gli esperti di AllianceBernstein la redditività offre un quadro delle prospettive future più chiaro di quello dato dagli utili: indicatori come la redditività del capitale investito (ROIC) e la redditività delle attività (ROA) possono fornire una misura più attendibile della performance economica di un’azienda e della sua capacità di produrre risultati nel tempo. Nel corso della recente correzione, le imprese con ROA e ROIC elevati hanno segnato il passo, ma una sottoperformance a breve termine non pregiudica la validità delle metriche di redditività come misura del potenziale di rendimento a lungo termine.

QUALI INDICATORI GUARDARE

Con il deterioramento delle condizioni macroeconomiche, gli esperti di AllianceBernstein credono che la redditività tornerà in auge. ROA e ROIC aiutano a individuare le società con driver di crescita sostenibili in grado di resistere alle pressioni esterne. E bilanci di alta qualità costituiscono un punto di forza. Costruire un portafoglio con queste imprese richiede un approccio selettivo. AllianceBernstein fa i casi opposti di Lincoln Electric Holdings, che ha alzato i prezzi del 19% migliorando i margini lordi di 200 punti base, e di Stanley Black & Decker, che ha aumentato i prezzi del 5% ma i margini lordi sono diminuiti di 800 punti base, per giungere alla raccomandazione di astenersi dal fare generalizzazioni sulla capacità di imprese e settori di affrontare le sfide.

LIQUIDITÀ DA REINVESTIRE

Le imprese che riescono a restare redditizie godono anche del vantaggio di disporre di liquidità in eccesso da reinvestire, ingrediente essenziale per la crescita futura, mentre quando la redditività finisce sotto pressione occorre stare attenti alle imprese che riducono i reinvestimenti. Durante la pandemia, AllianceBernstein ha cercato di verificare che le imprese in forte espansione investissero a sufficienza e anche nelle fasi di stress come quella attuale questo principio fondamentale non ha perso rilevanza. Quindi la qualità indica la direzione da seguire.

POSIZIONARSI PER RESISTERE E POI BRILLARE

La correzione di quest’anno riflette preoccupazioni concrete per il futuro. Le brusche flessioni dei titoli growth destabilizzano gli investitori. Le spinte macro contrastanti impediscono di formulare previsioni con convinzione. Ma proprio quando le prospettive sono incerte, gli investitori attivi possono fare la differenza. Le basse valutazioni di oggi creano i presupposti per un vigoroso recupero e per il reinvestimento in azioni indebitamente penalizzate nella fase di ribasso. Le aziende in grado di fornire regolarmente risultati redditizi possono costituire il fondamento di un portafoglio growth posizionato per resistere a una fase di crescita sottotono e brillare quando si profila la ripresa.

Effetto Bce, Lagarde conferma scudo anti-spread. A Piazza Affari volano banche: UniCredit +5%, Intesa e Banco BPM +4%

20/06/2022

Titoli bancari a Piazza Affari si infiammano a Piazza Affari dopo le dichiarazioni di Christine Lagarde, numero uno della Bce, al Parlamento europeo. Lagarde ha confermato che la banca centrale europea ha promesso agire contro il ripresentarsi dei rischi di frammentazione (dunque, con uno scudo anti-spread). UniCredit è la migliore dell’indice Ftse Mib, in rally di oltre +5%. Molto bene anche Banco BPM +4,7%, Finecobank +4,2% e Intesa SanPaolo + 4,2%. I titoli delle banche italiane sovraperformano l’indice Ftse Mib che, alle 16 ora italiana, sale di oltre l’1% a 22.022,81 punti.

Bce, Lagarde: ‘abbiamo promesso di agire contro ripresentarsi rischio frammentazione’ euro

20/06/2022

“In più, abbiamo promesso di agire contro il ripresentarsi dei rischi di frammentazione (dunque, con uno scudo anti-spread). La pandemia ha lasciato vulnerabilità nell’economia dell’area euro che stanno contribuendo a una trasmissione non equilibrata della normalizzazione della nostra politica monetaria”. Lo ha detto Christine Lagarde, numero uno della Bce, in un intervento alla Commissione di Affari economici e monetari del Parlamento europeo. Lagarde ha definito l’inflazione “una sfida”, contro cui la Bce ha deciso di intervenire con 1) la fine del programma di acquisti di asset (APP-PPA) e con 2) l’aumento dei tassi di 25 punti base a luglio, e una ulteriore stretta monetaria a settembre”.

Bce, Lagarde: ‘attività economica zavorrata da costi energia, problemi catena offerta e maggiore incertezza’

20/06/2022

“L’attività economica è zavorrata dagli elevati costi dell’energia, dai problemi intensificati che hanno colpito la catena dell’offerta e da una maggiore incertezza”. Lo ha detto Christine Lagarde, numero uno della Bce, in un intervento alla Commissione di Affari economici e monetari del Parlamento europeo. “Gli aumenti dei prezzi si sono fatti più diffusi tra i settori, così come i dati sull’inflazione sottostante sono aumentati ulteriormente”, ha continuato Lagarde.

Bce, Lagarde conferma rialzo tassi di 25 pb a luglio e altra stretta a settembre

20/06/2022

“Abbiamo intenzione di alzare i tassi di interesse (dell’area euro) di 25 punti base, nella riunione di luglio”. Lo ha detto Christine Lagarde, numero uno della Bce, in un intervento alla Commissione di Affari economici e monetari del Parlamento europeo. Lagarde ha ribadito quanto annunciato in occasione del Bce Day del 10 giugno scorso, aggiungendo anche che “prevediamo di alzare ancora i tassi, nella riunione di settembre”.

Bce: occhio a BTP dopo Kazaks: ‘non abbiamo in mente target specifici per gli spread’

20/06/2022

“Non abbiamo in mente nessun target specifico per gli spread”. Così Martins Kazaks, governatore della banca centrale della Lettonia ed esponente del Consiglio direttivo della Bce, affossa le speranze di chi, in attesa che la banca centrale guidata da Christine Lagarde dia maggiori indicazioni sullo strumento contro la frammentazione dell’area euro, spera che Francoforte fissi target ad hoc per gli spread.

“Ma stiamo cercando di assicurare una trasmissione appropriata della politica monetaria”, ha continuato Kazaks.

Il banchiere ha ammesso che “l’aumento degli spread si sta confermando molto veloce, mentre è improbabile che i fondamentali siano cambiati in modo altrettanto veloce”.

Al momento lo spread BTP-Bund rimane ancora sotto pressione, attorno a 188 punti base, a fronte di tassi sui BTP a 10 anni che viaggiano al 3,57%, ben al di sotto del 4,17% toccati la scorsa settimana, prima che la Bce annunciasse l’arrivo di uno scudo anti-spread.

Dopo l’Orso arriva sempre il Toro, quando riparte può portare l’S&P 500 a 6000

La previsione dello strategist di BofA Hartnett è basata sulla storia dei cicli passati. Il fondo probabilmente non è stato ancora toccato. Ci sono anche segni di recessione in arrivo, ma potrebbe sbloccare la situazione

 di Stefano Caratelli  20 Giugno 2022 07:53
financialounge -  BofA mercati Michael Hartnett orso toro Wall Street

Venerdì 27 maggio Wall Street finiva in rally mettendo a segno il miglior rialzo settimanale da novembre 2020. Venerdì 17 giugno, nonostante un rimbalzino finale, ha chiuso la peggior settimana da marzo 2020. Le turbolenze che hanno finora accompagnato il 2022 dei mercati non sono finite. Il mercato non ha ancora trovato un “pavimento” solido da cui ripartire, i minimi sono appetibili ma non ancora da comprare perché potrebbero non essere tali e soggetti ad essere ritestati o bucati. Questo se si guardano le cose nell’ottica delle settimane, dei mesi o al massimo dei trimestri. Messe in prospettiva si vede qualcosa di diverso. Storicamente, dopo l’Orso, che ha fatto la sua comparsa ufficiale sullo S&P 500 il 13 giugno, arriva sempre il Toro, che alla fine trascina il mercato a nuovi massimi che fanno impallidire i vecchi. Nella bolla del 2000 lo S&P aveva raggiunto i 1.500 punti, la grande crisi lo ha precipitato a 666 a marzo 2009, poi la risalita fino a superare quota 3.300, la pandemia lo spinge al ribasso fino a 2.200, ma poi riparte fino alle vette oltre 4.800 a cavallo dell’anno.

POSSIBILE BOTTOM A OTTOBRE

Ora siamo a oltre mille punti da quelle vette. Mercati e investitori si chiedono dove sia il “bottom” e soprattutto se è alle spalle o ancora davanti. Ma c’è anche chi si chiede invece dove sia il prossimo picco, mettendo appunto le cose in prospettiva. Lo ha fatto nei giorni scorsi il chief investment strategist di BofA Michael Hartnett, secondo cui al ritorno del Toro mancano pochi mesi, e il nuovo ciclo porterà l’indice benchmark di Wall Street a quota 6.000. Hartnett ha calcolato che in media il mercato Orso infligge un calo del 37,3% e dura 289 giorni. Applicato alla lettera, vorrebbe dire che questa volta finisce il 19 ottobre 2022, quando cade il trentacinquesimo anniversario del Black Monday del 1987, con un bottom a 3.000 punti. Poi dovrebbe tornare il Toro, che sempre secondo i calcoli di Hartnett dura in media 64 mesi con un ritorno alla fine del ciclo del 198%, il che vorrebbe dire uno S&P 500 a 6.000 punti per febbraio 2028.

SEGNI RIALZISTI DAGLI INDICATORI CONTRARIAN

A supporto BofA propone il grafico del più “contrarian” degli indicatori, quello che registra il sentiment rialzista o ribassista degli investitori. Più sono gli Orsi, più è probabile l’arrivo del Toro. E come si vede qui sotto, di Tori oggi in giro proprio non ce ne sono perché sono tutti nel campo opposto.

INDICATORE BULL & BEAR DI BOFA

TRE LIVELLI DA TENERE D’OCCHIO

L’idea è che se nessuno dice di comprare, tutti quelli che pensavano di vendere lo hanno fatto, e la situazione può solo ribaltarsi. In passato, l’indice aveva toccato zero ad agosto 2002, luglio 2008, settembre 2011, settembre 2015, gennaio 2016 e marzo 2020. Con l’eccezione delle recessioni a doppia V, come nel 2002, o di crisi sistemiche, come nel 2008 e 2011, il ritorno a tre mesi dopo lo zero è stato robusto. Hartnett fornisce anche consigli sulla tempistica di ingresso nello S&P 500: sbocconcellare a 3.600, dare qualche buon morso a 3.300 e ingozzarsi a 3.000 punti.

STORIA DIVERSA IN CINA

Per l’azionario europeo fare questo tipo di calcoli è più complicato, lo Stoxx 600 fa la media di 17 situazioni diverse con Francoforte, Milano e Parigi che si muovono su spinte particolari, come lo spread che in Italia influenza i bancari, anche se si muove comunque in linea con l’S&P 500 ai minimi di 52 settimane. La Cina come al solito racconta una storia diversa dal resto del mondo: l’indice azionario CSI 300 ha messo a segno la terza settimana consecutiva in rialzo mentre il China 25 ne ha infilate 5 di seguito prima di tirare il fiato.

CONSUMATORI SFIDUCIATI, POSSIBILE RECESSIONE

Avvicinando lo sguardo dal medio lungo termine a quello che può succedere nelle prossime settimane tutto sembra dipendere come al solito dall’America. I consumi tengono bene, ma i consumatori sono sfiduciati, con l’indice dell’Università del Michigan che indica che una recessione potrebbe essere già iniziata, come mostra il grafico che evidenzia in grigio le contrazioni dell’economia.

E potrebbe anche essere la buona notizia che sblocca tutto, perché storicamente le recessioni segnano il momento del ritorno degli investitori agli acquisti di azioni.

BOTTOM LINE

Non è detto che BofA indovini, ma mettere le cose in prospettiva è essenziale soprattutto in tempi di navigazione a vista praticamente impossibile. Il fondo del ribasso sembra in vista. L’ultimo ciclo del Toro è durato 11 anni esatti ed è partito proprio quando sembrava che non ci fosse fine al panic selling, a marzo del 2009. Per chi ha una riserva di liquidità potrebbe essere vicino il momento di cominciare a impiegarla, stando magari attenti a non farsi ingannare dai rally momentanei. Con l’eccezione della pandemia, di solito il Toro non riparte a razzo.

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