Conoscenza & Consapevolezza

Eccoci a un appuntamento con un nuovo articolo che abbiamo deciso di intitolare Conoscenza & Consapevolezza,assolutamente necessari per evitare di fare la fine di questo struzzo.

andra'tuttobene

Visto che siamo tutti o quasi tutti ,causa Virus Corona ,rinchiusi in casa ,abbiamo pensato di selezionare per Voi 7 Video estremamente utili e interessanti sopratutto per meglio comprendere il momento storico che stiamo vivendo,che di sicuro è complesso.

I 7 Video sono i seguenti :

1) Come funziona la Macchina dell’Economia di Ray Dalio
2) Il furto del DEBITO PUBBLICO, spiegato bene di Guido Grossi
3) Come rubano ai poveri per dare ai ricchi di Valerio Malvezzi
4) Abbiamo messo il Paese nelle mani delle banche speculative   Valerio Malvezzi
5) ITALEXIT ,Europa Inumana ? Notizie Oggi Canale Italia
6) Cosa sai dei Rothschild? Pietro Ratto
7) Cose che Moro Sapeva. Quarant’anni prima di noi – Pietro Ratto

 


Abbiamo deciso di non commentarli in alcun modo lasciando a Voi modo di farlo in maniera autonoma e personale.Siamo certi che alla fine di questi 7 Video Conoscenza & Consapevolezza saranno maggiori per tutti .

Buona Visione !


          Come funziona la Macchina dell’Economia di Ray Dalio


       IL FURTO DEL DEBITO PUBBLICO, SPIEGATO BENE – Guido Grossi


       COME RUBANO AI POVERI PER DARE AI RICCHI – Valerio Malvezzi


      Abbiamo messo il Paese nelle mani delle banche speculative   Valerio Malvezzi


ITALEXIT , Europa Inumana ? Notizie Oggi Linea Sera CANALE ITALIA


Cosa sai dei Rothschild? Pietro Ratto


Cose che Moro Sapeva. Quarant’anni prima di noi – Pietro Ratto



inculoall'europa

 

AD MAIORA !

NEWS ARRIVATE DOPO NOSTRO ARTICOLO

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Sul debito pubblico italiano qualcuno racconta frottole

La finanza straniera è davvero una minaccia per la sostenibilità del nostro debito pubblico, visto che in passato ci siamo raccontati l’esatto contrario?

A fine anno, stando alle stime di Mazziero Research, che si rivelano molto simili a quelle da noi condotte su Investire Oggi, il debito pubblico italiano salirà in prossimità dei 2.600 miliardi di euro, crescendo di circa 180 miliardi in appena 12 mesi. Le copiose emissioni di BTp per finanziare il sostegno ai redditi e il crollo del gettito fiscale provocato dalla pandemia rendono quanto mai necessaria la massiccia adesione dei risparmiatori italiani alle aste del Tesoro per evitare rendimenti crescenti e fuori controllo. Da qui, l’opera di martellamento del governo e delle stesse opposizioni per convincere gli italiani a tornare ad investire sul debito sovrano tricolore.

La vera crisi del debito pubblico è che non serve più all’economia

Le cifre ci dicono che già oggi appena il 30% dello stock sia in mani straniere, inclusa la quota in mano alla BCE, al netto della quale scenderemmo in area 25%. Per il resto, il grosso del debito è detenuto da banche, assicurazioni e fondi privati, ma spicca anche il 17,4% in mano alla Banca d’Italia per effetto degli acquisti di BTp condotti con i programmi monetari deliberati da Francoforte.Dunque, la finanza straniera detiene effettivamente intorno a un quarto del nostro debito, la metà del 2010, quando toccò l’apice storico del 52%. L’internazionalizzazione dei BTp avvenne negli anni Novanta, quando i governi riuscirono ad attirare la fiducia dei mercati con l’aggancio all’euro, la lotta all’inflazione, le privatizzazioni e il risanamento dei conti pubblici, mentre la quotazione dei titoli di stato sul mercato secondario rendeva possibile il trading anche a scopo prettamente speculativo.

Più risparmi italiani e meno capitali stranieri?

Gli investimenti esteri servirono all’Italia per abbattere il costo di emissione del debito, dato che la domanda potenziale si allargava, compensando la crescente diversificazione dei portafogli finanziari domestici, con le famiglie italiane sempre meno attratte dai BTp e sempre più intente a puntare su azioni e bond nazionali e internazionali, seguendo con ritardo un processo che altrove già aveva attecchito da tempo.Adesso, però, le istituzioni ci raccontano una verità diversa, ovvero che per combattere lo spread e minimizzare il rischio di default dovremmo riappropriarci del nostro debito.

I BTp irredimibili di Savona hanno il sapore di un ricatto ai risparmiatori italiani

In sé, questa affermazione non ha alcun senso. Essa parte del presupposto che la finanza straniera sarebbe meno disposta a tollerare le vicissitudini finanziarie, politiche ed economiche del Bel Paese, liberandosi dei BTp alla prima occasione utile. Per contro, sembrerebbe che le famiglie italiane siano ben contente di finanziare lo stato, qualche che siano le condizioni macro e politiche di contorno. Può essere parzialmente vero per il semplice fatto che nessuno più di un italiano stesso riesca a valutare con giudizio la reale gravità della situazione di volta in volta. All’estero, si ha una visione spesso romanzata dell’Italia nel bene e nel male e si tende a drammatizzarne oltremisura gli eventi.Detto questo, senza i capitali stranieri saremmo costretti a finanziare in toto le emissioni di debito con i risparmi domestici. Essi risultano abbondanti, ma se venissero impiegati perlopiù a favore dei BTp, verrebbe meno il sostegno all’economia privata, vale a dire al debito e al capitale di rischio delle società private, che sono quelle che rendono il debito pubblico sostenibile con le loro attività e il pagamento delle imposte. A meno che la finanza straniera non riuscisse a compensare i minori afflussi domestici, spostando la sua attenzione dal debito sovrano al settore privato. Non si vedrebbe, però, perché mai ciò che farebbe male allo stato italiano dovrebbe essere visto positivamente per il settore privato. In altre parole, i capitali esteri destabilizzerebbero i titoli di stato, mentre sarebbero un toccasana per le aziende, stando al racconto che ci viene propinato in questi mesi.

Rischi per le famiglie

La verità sembra molto più prosaica. Riappropriarsi del debito pubblico vorr

ebbe dire per lo stato italiano confidare sul fatto che le famiglie, una volta acquistati BTp, siano meno propense a rivenderlo sui mercati, a differenza degli investitori istituzionali stranieri non direttamente “controllabili”. Se le aste continuassero ad attirare domanda sufficiente, lo spread si restringerebbe e la percezione sull’Italia migliorerebbe, rendendo il nostro debito più sostenibile. Questo discorso contemplerebbe anche il ragionamento sottinteso per cui banche, assicurazioni e fondi domestici siano “dissuasi” dal rivendere i bond.Questa narrazione, tuttavia, è contraria a quella degli ultimi 20 anni, secondo la quale l’internazionalizzazione del nostro debito lo avrebbero reso meno costoso. Delle due l’una: o ci hanno preso per i fondelli sino ad oggi o vogliono farlo adesso. Il non detto di questa “sovranizzazione” risiede nella possibilità per lo stato di rinegoziare il debito nel caso estremo di sua insostenibilità, mettendo le mani nei portafogli domestici e senza così correre il rischio di indisporre i capitali stranieri, che oltre a godere di una forte posizione negoziale, se la darebbero a gambe per lungo tempo dall’Italia, rendendoci un mercato periferico e marginale, nonché privo delle risorse necessarie per finanziare gli investimenti. Per le famiglie, una possibile trappola a cui prestare la dovuta attenzione in tempi di BTp Italia e BTp Futura

Gualtieri: niente patrimoniale, gli NPL delle banche aumenteranno non solo in Italia

“Non abbiamo nel programma di governo una tassa patrimoniale”. Così il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, nel corso di una teleconferenza organizzata da Goldman Sachs.Piuttosto, ha precisato il titolare del Tesoro, il governo punta a canalizzare l’elevato risparmio presente Italia a favore dell’economia reale e delle Pmi.Riguardo al trend del Pil italiano, è stata ribadita la stima di una flessione pari a -8% nel 2020. Gualtieri ha fatto notare che gli outlook della Commissione europea e di Bankitalia non sono molto lontani da quello del governo.Affrontato anche il timore sul rischio di una crescita dei crediti deteriorati delle banche italiane, a causa della crisi del coronavirus COVID-19:“Ovviamente è possibile che con una una crisi e una caduta del Pil si avrà ovunque, non solo in Italia, un aumento dei crediti deteriorati delle banche, ma penso che le misure abbiamo preso consentiranno di contenerne l’aumento”.In generale, l’attesa per l’economia è di “una ripresa”, visto che “la situazione dell’epidemia sta migliorando”, anche se “alcuni settori, come il turismo, stanno subendo un impatto più di altri e gli effetti del coronavirus si faranno sentire più a lungo”.

ITALIA: la PATRIMONIALE nascosta

L’Italia è un paese che si trova in una situazione finanziaria complessa e di difficile gestione. Possiamo definirla molto grave? In chiave prospettica si. Il 160% di rapporto Debito PIL non sarà facile da gestire e da far digerire ai partners dell’Eurozona soprattutto quando l’emergenza Covid-19 sarà venuta meno.
Quando ha illustrato il buon Savona nella sua relazione annuale mette ancora una volta al centro quello che deve diventare (secondo il suo punto di vista) una chiave per la ripartenza a livello strategico. Il Risparmio privato, che è pari a circa 4.500 miliardi di euro, più del doppio del PIL e quasi il doppio del debito pubblico.

(…) Se la pandemia è come una guerra, allora per preservare l’economia occorrono strumenti di guerra. «È auspicabile pertanto che si agisca in due direzioni», suggerisce Paolo Savona, presidente della Consob, l’autorità che vigila sulle società e la Borsa. La prima è quella di «emettere obbligazioni pubbliche irredimibili», ossia senza scadenza, perpetue, «strumento tipico delle fasi belliche, alle quali la vicenda sanitaria è stata sovente paragonata». L’altra strada riguarda il sostegno alle imprese, in cui occorrerebbe sostituire i prestiti a garanzia pubblica con capitale allo stesso modo garantito dallo Stato. (…)

Economia di guerra, perché lo sappiamo, questa è una guerra anche per gli effetti economici che ne stiamo subendo. La sua proposta è chiara. Da una parte si propone l’emissione di nuove obbligazioni irredimibili per finanziare fabbisogni di tipo strutturale e con impatti di lungo termine (ve la ricordate la Rendita Italiana?), dall’altro, fare il possibile per portare risorse direttamente all’economia delle imprese, usando anche forme di azionariato popolare.Attenzione però, andare a garantire ulteriori prestiti alla PMI è complicato, i margini di manovra sono ristretti. La possibilità di azione sull’azionariato popolare è possibile ma per nulla agevole. Una soluzione sarebbero i PIR, una possibilità che fino ad oggi è stata gestita secondo il sottoscritto molto male e fondamentalmente in modo molto commerciale dal settore bancario e ben poco produttivo.E allora cosa si potrebbe ancora fare? Utilizzare in modo ancora più strategico il risparmio degli italiani, “blindando” il problema numero uno, il debito pubblico magari cogliendo due piccioni con una fava. Siamo in guerra e allora occorrono sacrifici.
Una patrimoniale?
In realtà Savona non ha mai parlato di patrimoniale, anche perché per mettere veramente a posto le cose ci vorrebbe un qualcosa di MOLTO invasivo. La soluzione sarebbe una sorta di patrimoniale “indiretta”.Si ragiona di BTP futura, di prestiti irredemibili, insomma di nuovo debito pubblico. La “mission” potrebbe essere quella di “imporre” la sottoscrizione degli stessi al risparmiatore italiano, in modo diretto (sottoscrizione) o indiretto (risparmio gestito) ma con vincoli che le limitino la circolazione e la possibilità di cessione (anche con iniziative commerciali tipo premi vari alla scadenza, che incentivino la tenuta del bond fino a scadenza).In questo modo cercheremo di seguire il modello giapponese, accollandoci tutto il rischio Italia nei nostri portafogli. Ma è questa la soluzione giusta per la ripartenza? Forse sarebbe ben meglio stimolare in qualche modo gli investimenti nel sistema produttivo anziché imporre quella che alla fine sarebbe un prelievo forzoso in cambio di un qualcosa che poi non ha scadenza (prestito irredimibile) che andrebbe a sistemare la contabilità finanziaria ma senza impatti sulla crescita del paese. In barba, tra l’altro, ad uno dei basilari principi del risparmio. La DIVERSIFICAZIONE

Italia: occupazione in calo nel I trimestre, ad aprile ancora più giù al 57,9%. Crescono gli inattivi

Le dinamiche del mercato del lavoro in Italia risentono, a partire dall’ultima settimana di febbraio, delle forti perturbazioni indotte dall’emergenza sanitaria da Covid. Secondo i dati Istat, diffusi oggi, nel primo trimestre 2020, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, registra una forte diminuzione sia rispetto al trimestre precedente (-7,5%), sia rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (-7,7%). “Tali dinamiche – spiega l’istituto di statistica – risultano coerenti con la fase di eccezionale caduta dell’attività economica che, nell’ultimo trimestre, ha risentito degli effetti della crisi sanitaria”.Nei primi tre mesi dell’anno, il numero di persone occupate diminuisce in termini congiunturali (-0,4%), a causa del forte calo dei lavoratori a termine e degli indipendenti. Il tasso di occupazione è pari al 58,8%, in diminuzione di 0,2 punti rispetto al quarto trimestre 2019. Nei dati più recenti del mese di aprile, l’effetto dell’emergenza Covid-19 è più evidente: gli occupati calano di 274 mila unità (-1,2%) rispetto al mese prima e il tasso di occupazione scende al 57,9% (-0,7 punti in un mese).Si riduce per il dodicesimo trimestre consecutivo, e a ritmi ancora più intensi, il numero di persone in cerca di occupazione (-467 mila in un anno, -16,3% su base annua). Dopo la diminuzione nei due precedenti trimestri, aumenta a un ritmo sostenuto il numero dei cosiddetti inattivi di 15-64 anni (+290 mila in un anno, +2,2%). E questo spiega il calo inaspettato del tasso di disoccupazione rispetto sia al trimestre precedente sia a un anno prima. Nel mese di aprile 2020 si accentuano ulteriormente il calo del tasso di disoccupazione e la crescita di quello di inattività.

Banche italiane -31% Ytd. Con COVID salgono NPL, incognita piano bad bank Bce, mentre cresce doom loop con BTP

Brutto periodo per le banche italiane, almeno in Borsa. Nella seduta odierna l’indice settoriale FTSE Italia All Share Banks segna oltre -4%, attestandosi a un valore inferiore del 9% dai massimi dell’8 giugno, così come lo Stoxx Europa 600 Banks. D’altronde, il il Ftse Mib scivola nel primo pomeriggio del 4% circa: UniCredit cede più del 6%, Intesa SanPaolo scivola di oltre -4%, Bper fa -4,8%, Banco BPM -6%, Ubi Banca -4,7%, Banca Mps -6%.Dal 21 maggio all’8 giugno le banche italiane avevano recuperato oltre un terzo del proprio valore, ma da allora il trend è stato negativo. Tanto che, da inizio anno, si confermano il peggior settore a Piazza Affari, con un tonfo superiore a -31% rispetto al -20% dell’indice Ftse Mib. Tra i singoli titoli spiccano il -46% da inizio anno di Bper, -36,5% Unicredit e -35% Banco BPM.Non sono di buon auspicio gli ultimi numeri snocciolati da Bankitalia, che ha reso noto che i bilanci delle banche italiane hanno mostrato che gli NPL lordi degli istituti si sono attestati alla fine di aprile a 71,08 miliardi, salendo rispetto ai 70,95 miliardi di euro del mese precedente. Salita anche l’esposizione ai BTP, a 419,26 miliardi di euro rispetto ai 392,18 miliardi di marzo. Viene da pensare alla nota diramata da Moody’s alla fine di maggio. L’agenzia di rating, riferendosi agli istituti di credito italiani, ha avvertito che gli effetti della pandemia del coronavirus COVID-19 “annulleranno i miglioramenti recenti” riportati sul fronte “della qualità dei prestiti”“La crisi del coronavirus probabilmente rimanderà ulteriori cessioni di crediti deteriorati, alimentando allo stesso tempo un picco di nuovi prestiti problematici. Ciò potrebbe riportare il Npl ratio delle banche italiane a doppia cifra nei prossimi due o tre anni”, si legge nella nota di Moody’s, che ha ricordato che il massimo del NPL ratio, pari al 18%, è stato testato nel 2015, per poi scendere negli anni successivi grazie all’operazione di pulizia portata avanti dal settore, fino a scendere al 6,7% entro la fine del 2019. Il merito di questo ribasso è stato delle “cessioni e cartolarizzazioni incoraggiate dalla Bce”. Tuttavia, l’NPL ratio supera la media della zona euro, pari al 2,7%”. Il fenomeno del miglioramento della qualità degli attivi delle banche in generale dell’Unione europea è stato confermato anche dall’esercizio di trasparenza condotto dall’Autorità bancaria europea, Eba, che ha scritto giorni fa che la media ponderata dell’NPL ratio delle banche Ue è sceso nel quarto trimestre del 2019 al 2,7%, per l’appunto, in flessione di 20 punti base rispetto al terzo trimestre del 2019″. Il valore è stato il più basso da quando l’Eba ha lanciato la definizione armonizzata dell’NPL nei paesi europei”. L’Eba ha fatto notare tuttavia che la dispersione del rapporto tra i paesi europei risulta ampia”.E il COVID-19 rischia di rendere tutto più complicato. La crisi economica definita senza precedenti dalla maggior parte delle istituzioni ha aumentato il rischio e la probabilità dei default societari e, anche senza arrivare agli worst case scenario, alla difficoltà crescente dei debitori di rimborsare i crediti erogati dalle banche. Anche e soprattutto per questo, secondo alcuni rumor riportati da Reuters, la Bce starebbe pensando a uno schema per far fronte a quelle centinaia di miliardi di euro di crediti deteriorati che nasceranno a causa degli effetti economici della pandemia. Una fonte, in particolare, ha affermato che la Bce ha creato una task force per valutare l’opzione di creare una “bad bank” verso cui far confluire la nuova mole di NPL. Lo schema comporterebbe il coinvolgimento del MES (visto come fumo negli occhi da alcuni politici italiani). Il Fondo salva-stati agirebbe in qualità di garante della bad bank, che emetterebbe bond che le banche commerciali acquisterebbero in cambio della cessione di portafogli di crediti deteriorati, neutralizzando così lo shock del virus per le banche europee. Ma oggi la Commissione europea ha chiarito che, al momento, non c’è alcun procedimento formale per la creazione di una bad bank.Focus intanto sulla nota di S&P Global Ratings, con l’analista sul credito Alexandre Birry che ha affermato che “il nostro outlook sul rating è rimasto decisamente negativo, come risultato degli effetti significativi della pandemia del coronavirus e del potenziale impatto di più lungo termine sulla redditività delle banche”. L’agenzia di rating ricorda di aver lanciato 212 azioni sui rating sulle banche, dall’inizio della pandemia fino al 10 giugno, a causa del COVID-19 e/o per lo shock petrolifero. Nonostante questo, il 76% di queste azioni hanno preso la forma di revisioni dell’outlook, con il 30% delle banche che globalmente presentano outlook negativi”.“Prevediamo che i risultati del secondo trimestre faranno più luce sull’impatto relativo della pandemia sulle banche di tutto il mondo, ma il pieno effetto sulla qualità degli asset doventerà probabilmente chiaro più tardi, verso la fine dell’anno – ha continuao Birry – Continuiamo a prevedere che i downgrade sui rating delle banche legati alla pandemia COVID-19 saranno limitati dal rafforzamento dei bilanci delle banche avvenuto negli ultimi dieci anni, dal sostegno che arriverà dalle autorità a favore delle famiglie e dei mercati corporatem, e dal nostro scenario di base, che prevede una ripresa economica sostenuta per l’anno prossimo”.

Vendite su Btp e Piazza Affari, Ocse vede nero per Pil Italia

Piazza Affari in affanno oggi, così come i Btp. L’indice Ftse Mib segna in chiusura un calo dello 0,86% a quota 19.758 punti. I mercati si sono mossi con cautela oggi in attesa dell’esito stasera della riunione Fed.Sull’obbligazionario passo falso dei Btp con tassi in risalita all’1,55% e spread in allargamento a 188 pb. Oggi l’Ocse ha presentato il suo outlook sull’economia globale, prevedendo, nel caso specifico dell’Italia, una contrazione del Pil dell’11,3% nel 2020, nel primo caso, e un tonfo fino a -14%, nel caso in cui si ripresentasse l’emergenza.Domani attesa una maxi-asta Btp per massimi 9,5 mld di euro.A Piazza Affari sotto pressione oggi Bper, maglia nera del comparto bancario con oltre -5% a 2,491 euro. Sulle quotazioni della banca emiliana pesano le indiscrezioni sul dossier Intesa Sanpaolo-Ubi Banca. L’Antitrust non ha dato ancora, infatti, il suo benestare, nonostante il via libera all’Ops della Bce e di Bankitalia. Per ottenere il via libera all’OPS la banca guidata da Carlo Messina potrebbe essere costretta a sacrificare un numero maggiore di sportelli e quindi l’accordo con Bper potrebbe essere rivisto. Secondo indiscrezioni stampa si tratterebbe di un centinaio di sportelli di UBI in più rispetto a quanto preventivato, in aggiunta ai 400-500 già concordati.Male anche Unicredit con -3,3% a 8,63 euro.Dopo una prima parte di giornata positiva, hanno ceduto alle vendite anche i titoli della galassia Agnelli, con in affanno FCA a -2,7%. Già ieri il titolo del Lingotto era stato sotto il fuoco delle vendite sulla possibilità che l’antitrust UEPeggio ha fatto CNH arrivata a oltre -6% per poi chiudere a -5,27%. A deprimere le quotazioni ha contribuito nel pomeriggio lo sgonfiarsi dell’euforia si Nikola Corporation, la startup dei camion ibridi partecipata al 7,11% da CNH. Su Nikola pesa la contromossa di Tesla che vuole accelerare sul lancio del suo camion elettrico. Stando a quanto risulta all’agenzia Reuters, Elon Musk ha detto al suo staff che è arrivato il momento di avviare la produzione in serie del camion commerciale Tesla Semi.Bene oggi Telecom Italia (+0,81%) e Nexi (+2,33%). Quest’ultima è tra i potenziali beneficiari del piano Colao che prevede l’emersione e regolarizzazione del contante (Voluntary Disclosure) e supporto a pagamenti digitali.

ESCLUSIVA – Bce lavora a bad bank per sofferenze da crisi Covid, Mes garante – fonti

© Reuters. Il logo della Banca centrale europea (Bce) fotografato prima di una conferenza stampa riguardo ai risultati della riunione del Consiglio direttivo a Francoforte © Reuters. Il logo della Banca centrale europea (Bce) fotografato prima di una conferenza stampa riguardo ai risultati della riunione del Consiglio direttivo a Francoforte

di Matt Scuffham e John O’Donnell

LONDRA/FRANCOFORTE (Reuters) – La Banca centrale europea sta elaborando un piano per far fronte a centinaia di miliardi di euro di potenziali crediti in sofferenza a seguito dell’epidemia di coronavirus, secondo quanto riferito a Reuters da due persone a conoscenza della questione.Il progetto ha lo scopo di tutelare le banche commerciali da qualsiasi nuova ricaduta della crisi, nel caso in cui l’aumento della disoccupazione comprometta la possibilità di rimborsare i prestiti.Secondo una delle fonti la Bce ha istituito una task force per esaminare l’idea di una ‘bad bank’ che raccolga le sofferenze bancarie in euro e il lavoro sul progetto ha subìto un’accelerazione nelle ultime settimane.La Bce non ha commentato.Il piano prevede che il Meccanismo europeo di stabilità, l’istituzione Ue che può fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell’area dell’euro o alle banche, svolga un ruolo di garante della bad bank, secondo le fonti.Secondo lo schema allo studio, la bad bank emetterebbe obbligazioni che le banche della zona euro acquisterebbero in cambio di portafogli di sofferenze. Le banche potrebbero poi depositare quei bond presso la Bce come collaterale dei finanziamenti erogati da Francoforte, secondo una delle fonti.Le principali banche della zona euro potrebbero essere chiamate a unire le forze per sostenere questo progetto, secondo l’altra fonte.Mentre i Paesi europei sono impegnati a promuovere il piano da 750 miliardi di euro per aiutare le economie colpite dalla pandemia, l’idea di una bad bank e il progetto della Bce potrebbero essere discussi tra i governatori delle banche centrali e i ministri nel corso di quest’anno.Ieri a una domanda sulle bad bank, il responsabile della vigilanza Bce, Andrea Enria, ha detto che anche se appoggia l’idea, giudica “prematuro” discuterne ora perché non è ancora chiaro quanto sarà grave l’impatto della crisi da coronavirus.Enria ha aggiunto che la Bce sta studiando il modo in cui le banche potrebbero affrontare la crisi, se dovesse peggiorare, e ha ricordato che gli istituti dispongono di oltre 600 miliardi di euro di patrimonio e che questo potrebbe essere sufficiente a meno di una seconda ondata di contagi.

Ocse: debito-Pil Italia al 158% in 2020, con seconda ondata coronavirus al 169,9%

Due scenari, uno se la situazione dovesse rimanere la stessa e non si verificasse una seconda ondata di contagi da coronavirus, e un altro nel caso in cui la seconda ondata tanto temuta dovesse esserci. L’Ocse presenta il suo outlook sull’economia globale, prevedendo, nel caso specifico dell’Italia, un boom del rapporto debito-Pil al 158% nel 2020, e al 169,9% in caso di seconda ondata di COVID-19, rallentando nel 2021 ad appena il 165,5%.Nel commentare la crisi scatenata dalla pandemia, la capo economista dell’Ocse Laurence Boone ha parlato di “shock senza precedenti”, con effetti di lungo periodo, invitando tutti alla cautela per quanto concerne la Fase 3.La Fase 3, ha avvertito, “potrà concretizzarsi solo se riusciremo ad avere un vaccino o se il virus verrà debellato. Per ora non ci siamo”.

Olanda © Fornito da HuffPost Olanda

Gli olandesi non demordono. In vista dell’Eurogruppo di venerdì, che dovrebbe ratificare le caratteristiche della nuova linea di credito sulla pandemia istituita nel Meccanismo europeo di stabilità (giovedì verranno messe a punto da una nuova riunione degli sherpa), il ministro delle Finanze de L’Aja Wopke Hoekstra invia una lettera al Parlamento olandese con quelle che secondo il governo devono essere le condizioni di accesso ai prestiti del Salva Stati. Sono cinque. In sintesi: firma di un “memorandum” d’intesa per impegnarsi a spendere i soldi del Salva Stati solo per l’emergenza sanitaria e stabilire un controllo europeo sulle spese. E poi: “analisi dei rischi per la stabilità finanziaria e sostenibilità del debito” del paese che chiede il prestito. E inoltre: durata “breve” dei prestiti.

E’ la conferma che gli Stati membri hanno ancora molto da discutere sulle caratteristiche della nuova linea di credito decisa dall’Eurogruppo dello scorso 9 aprile e con operatività a partire dal primo giugno, insieme al resto del pacchetto di 540 miliardi di euro (Bei, piano Sure della Commissione). Va detto che, se venerdì ci sarà un accordo, un board dei governatori del Mes il 14 maggio potrebbe decidere di rendere operativa la nuova linea di credito pandemica già per quella data.Nel primo incontro degli sherpa (Euroworking group) la settimana scorsa, il governo italiano ha ottenuto che il controllo europeo sui prestiti concessi senza condizionalità si concentri solo sulla destinazione delle spese. Insomma che le risorse (2 per cento del pil, per l’Italia 36 miliardi di euro o poco più) vengano usate solamente per l’emergenza sanitaria. Nessuna troika, sorveglianza rafforzata, sarebbe a dire.Ma nonostante ciò, l’Olanda, paese rigorista e capofila dell’offensiva contro i paesi indebitati del sud Europa nelle trattative sulla risposta alla crisi, ci prova a piantare i suoi paletti. Eccoli.Innanzitutto, scrive Hoekstra ai parlamentari del suo paese: gli Stati che chiedono il prestito del Mes devono sottoscrivere un “memorandum in cui si impegnano a utilizzare la linea di credito per sostegno al finanziamento interno dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, guarigione e i costi relativi alla prevenzione a seguito della crisi Covid-19”.In secondo luogo – continua il documento inviato al Parlamento – la linea di credito sarà disponibile solo per la durata della crisi COVID-19. Terzo, la linea di credito per Stato membro sarà del 2% del prodotto interno lordo come punto di partenza”.Il quarto punto è sui controlli. “Quarto – si legge – è importante che le procedure per la concessione di finanziamenti da parte del Mes, come previsto dal trattato Mes, vengano adeguatamente monitorate”. Per l’Olanda questo vuol dire: “Analisi dei rischi per la stabilità finanziaria, sostenibilità del debito e necessità di finanziamento”. E’ una concezione ben diversa dall’interpretazione italiana, ferma al controllo solo sulla destinazione delle spese.La quinta condizione riguarda la durata del prestito. Anche qui, ci sono divergenze con il sud Europa che punta a prestiti di durata decennale e anche di più, per avere minor peso possibile sul debito. L’Olanda invece chiede che “le linee di credito siano più brevi” rispetto alla storia passata del Mes. “Dopotutto – scrive Hoekstra – la cosa riguarda prestiti a paesi che sono anche attivi sul mercato”, che comunque offre prestiti “a tassi di interesse ragionevoli”. Tradotto: chi ne ha bisogno, può chiedere anche al mercato e non solo al Salva Stati. Ecco perché, continua la missiva, “ci si può aspettare che i prestiti del Mes possano anche essere rimborsati in tempi relativamente brevi”.Il governo de L’Aja ha poi da ridire anche sul costo dei prestiti stessi. Il direttore del Mes Klaus Regling ha proposto di ridurre i tassi di interesse applicati generalmente dal Mes. L’Olanda accetta ma solo a condizione che siano superiori ai costi sostenuti dallo stesso Mes “per mobilitare le risorse necessarie”.“I Paesi Bassi – conclude il ministro delle Finanze olandese nella sua lettera – hanno sempre sottolineato l’importanza di queste condizioni politiche, per assicurarsi che gli Stati membri emergano più forti da una crisi economica e finanziaria”.Insomma, L’Aja pianta i suoi paletti, nonostante il ruolo di mediazione tra nord e sud adottato dalla tedesca Angela Merkel. Si prepara un’altra settimana di trattative, a conferma che quanto stabilito dall’Eurogruppo del 9 aprile scorso non era tutto chiaro e senza incertezze, bensì ambiguo al punto tale da favorire diverse interpretazioni tra gli Stati, a seconda dell’interesse di ognuno. Non certo dell’interesse comunitario, o comunque non ancora.

Fitch declassa l’Italia a BBB-, outlook stabile, il debito a un gradino dal livello spazzatura

La motivazione: “Il downgrade riflette il significativo impatto del coronavirus sull’economia italiana e sulla posizione di bilancio”. Il Mef: “I fondamentali dell’economia e della finanza pubblica sono solidi

MILANO – L’agenzia di rating Fitch ha deciso di ridurre l’affidabilità del debito pubblico italiano portando il giudizio ad un solo livello dal limite minimo junk (spazzatura) e attribuendogli un punteggio di BBB-. L’outlook è stabile. La decisione arriva soltanto quattro giorni dopo il giudizio di Standard & Poor’s che invece aveva lasciato invariato il rating del nostro Paese, a BBB, mantenendo l’outlook negativo. Immediata la reazione del Mef: “Fondamentali dell’economia e della finanza solidi”.
“Il downgrade riflette il significativo impatto del coronavirus sull’economia italiana e sulla posizione di bilancio”, afferma Fitch in una nota prevedendo una contrazione del pil dell’8% nel 2020, con un rapporto debito/pil al 156%. L’outlook stabile riflette invece l’idea che gli acquisti della Bce faciliteranno la risposta dell’Italia alla pandemia e allenteranno i rischi di rifinanziamento.
“L’Italia ha dimostrato un’ampia coesione politica nelle prime settimane della pandemia – continua ancora l’agenzia di rating – e il sostegno per la coalizione di governo è aumentato. Comunque le tensioni politiche sono riemerse nelle ultime settimane. Riteniamo che le tensioni politiche si intensificheranno con il rilassamento graduale delle misure di lockdown e l’attenzione politica si sposterà sull’economia e la risposta comune europea alla crisi”.Fitch inoltre sottolinea un deterioramento dell’outlook del settore bancario. “La profonda recessione amplierà probabilmente i rischi alla qualità del credito e metterà pressione sulla redditività del settore”, osserva, precisando che le misure di appoggio decise dal governo dovrebbero in parte sostenere la qualità degli asset e mitigare l’impatto negativo sulle banche.Il Mef “prende atto” della decisione di Fitch, anticipando la valutazione del rating programmata per il 10 luglio, si legge in una nota aggiungendo che gli effetti sull’economia ricordati da Fitch “sono interamente dovuti a una causa esogena e temporanea”. Il Mef sottolinea  che “i fondamentali dell’economia e della finanza pubblica dell’Italia sono solidi, il sistema produttivo è molto diversificato, con un consolidato surplus commerciale e una posizione finanziaria netta nei confronti dell’estero molto vicina all’equilibrio”. Altre agenzie di rating, scrive ancora il Mef,  “hanno in effetti assunto un atteggiamento più prudente”
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nella nota sottolinea anche la decisione di Fitch “non tiene conto delle rilevanti decisioni assunte nell’Unione europea, dagli Stati che la compongono e dalle istituzioni che ne fanno parte. In particolare, non sembrano adeguatamente valorizzati l’orientamento strategico della Banca Centrale Europea”. Anche ambienti vicini a Banca d’Italia hanno espresso perplessità per la decisione di Fitch.

Fase 2: il 30% di ristoranti, bar e negozi non riaprirà a giugno perché economicamente sconveniente

Il 30% delle attività legate al commercio al dettaglio e alla ristorazione a giugno non sarà in condizione di ripartire e non riaprirà: per almeno un terzo degli imprenditori, la ripresa di alcuni esercizi commerciali è sconveniente sul piano economico, tenuto conto dei costi fissi che non vengono in alcun modo congelati né ridotti (affitti, utenze, tassa sui rifiuti e sul suolo pubblico). A lanciare l’allarme è il Centro studi di Unimpresa, secondo cui con la ampia crisi di questi settori, che vivono anche di lavoro nero, si aprirà un dramma sociale sul versante dell’occupazione. Secondo l’associazione, il crollo del 30% di negozi, bar e ristoranti si potrebbe tradurre, considerando le attività connesse, in una riduzione del giro d’affari complessivo che interessa 250 miliardi di euro di prodotto interno lordo: a questa cifra si arriva partendo dal presupposto che il 60% del pil è legato al mercato interno e che il 30% di questo mercato (ovvero il 18% del totale del pil) potrebbe subire pesanti ripercussioni. Sul fronte delle finanze pubbliche, la riduzione del gettito potrebbe arrivare a 80 miliardi, mentre dalle casse dello Stato continuerebbero a uscire fondi in favore dei nuovi disoccupati.«È ormai certo che migliaia di artigiani non riapriranno e parliamo di circa il 30% delle attività di ristorazione, bar, piccoli negozi di abbigliamento, piccole rivendite di articoli al pubblico. Non riapriranno, perché è antieconomico. Tutte queste piccole attività dovendo riaprire a giugno, si ritroveranno a saldare affitti, tasse e merce in negozio» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, secondo il quale le attività legate alla ristorazione e al commercio al dettaglio «non hanno avuto accesso ai 25 mila euro propagandati dal governo e tutti si dovranno attenere alle nuove disposizioni sulle distanze. In sintesi, un bar che riapre a giugno potrà lavorare con un terzo dei clienti semplicemente perché non li potrà fare entrare nel proprio esercizio. Vuol dire anche un terzo degli incassi, ma con gli stessi costi fissi come bollette, affitti, tassa sul suolo pubblico, rifiuti». Secondo Spadafora «lo Stato non ha le risorse per sostenere queste imprese e probabilmente non avrà i soldi per sostenere la disoccupazione da questa derivate. Inoltre, questo è il settore maggiormente colpito dal nero, ma che di contro, mantiene una certa coesione sociale. Come sappiamo, l’economia ha una forma piramidale. Il grande produce, il medio rivende, il piccolo compra per vendere al cliente finale. Se chiudono o non riaprono migliaia di piccoli esercizi commerciali, a catena saltano per aria tutti gli altri».

Risparmio gestito: a marzo deflussi per 8,7 miliardi a causa delle tensioni per emergenza Covid-19

Marzo in flessione per l’industria del risparmio gestito, a causa dell’emergenza coronavirus. Secondo la Mappa mensile diffusa da Assogestioni, a marzo il settore ha registrato deflussi complessivi per 8,7 miliardi di euro. “Il mese – sottolinea il rapporto – è condizionato dalle tensioni sull’economia mondiale sorte per l’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del Covid-19”. La flessione della raccolta per le gestioni collettive ammonta a -10,5 miliardi, mentre le gestioni di portafoglio mettono a segno flussi in ingresso per +1,8 miliardi.Il patrimonio in gestione si attesta a 2.143 miliardi di euro per effetto della volatilità registrata sui mercati. Il 52% degli AUM (1.114 mld) è investito nelle gestioni di portafoglio, il restante 48% (1.028mld) è impiegato nelle gestioni collettive. Tra i fondi aperti, le preferenze dei sottoscrittori italiani sono indirizzate verso i prodotti monetari (+6,2 mld).

Per l’Italia niente rischio downgrade rating a ‘spazzatura’ nel 2020, ecco le ragioni

Il giudizio di S&P e delle altre agenzie di rating non deve preoccupare l’Italia. Ne è convinto Jesus Castillo, Senior Economist di Natixis. Alla vigilia della decisione di Standard and Poor’s sul rating del debito italiano l’esperto sottolinea come, nonostante le fragilità espresse dall’economia italiana, le agenzie di rating non effettueranno nel breve un downgrading sul debito italiano. “Almeno per il 2020 le agenzie dovrebbero mantenere lo status quo e, in ogni caso, anche qualora intervenissero, non abbasserebbero il giudizio sotto l’investment grade. Al massimo domani Standard and Poor’s si accoderà a Moody’s abbassandolo di un notch ma sempre in area Investment Grade”, argomenta Castillo.All’interno dell’Eurozona, l’Italia è uno dei Paesi la cui solidità finanziaria ed economica sarà messa a dura prova a causa della bassissima crescita da cui partiva (già prima dell’emergenza sanitaria), dall’elevato livello del suo debito e dallo spread. “Con gli attuali rating sul debito italiano che tentennano poco sopra il livello di junk e sono oggetto di outlook negativi da parte di diverse agenzie di rating, ogni ulteriore downgrading rappresenterebbe un tema particolarmente delicato”, aggiunge l’esperto.Il rischio downgrade non vede protagonista solo Standard&Poor’s, ma anche le altre agenzie di rating Moody’s, Fitch e DBRS, che si esprimeranno sul merito creditizio della carta italiana. Dopo S&P di domani, le prossime saranno Moody’s e DBRS entrambe l’8 maggio.Il rating globale S&P sull’Italia è pari a “BBB”con prospettive negative, solo due gradini sopra il livello junk. Frank Gill, S&P director of sovereign ratings per l’EMEA, ha dichiarato la scorsa settimana che l’agenzia non ha visto “l’esigenza immediata di adeguare” il rating.Sia Moody che DBRS aggiorneranno il loro rating l’8 maggio. La classifica di Moody si posiziona su “Baa3”, una sola tacca dal non-investment grade, con un outlook stabile. Il voto di DBRS è “BBB (high)”, con un outlook stabile. L’agenzia canadese considera il rating sovrano di tipo “speculativo” se è uguale o inferiore a “BB”.

Bce anticipa Consiglio Ue e S&P, con bazooka pro-Italia: accetterà in garanzia anche titoli junk

E’ fatta: nella videoconferenza di emergenza indetta ieri e tenuta segreta fino alla fine, la Bce ha sfornato un altro bazooka pro-Italia, prendendo una decisione storica: quella di accettare in garanzia dei prestiti che eroga al sistema finanziario anche i titoli junk. Esattamente, stando a quanto si legge nella nota diramata in serata, titoli che fino allo scorso 7 aprile avevano una valutazione pari a BBB- e che rischiano, con un eventuale downgrade di da parte delle agenzie di rating, di perdere l’investment grade rating e di precipitare nel girone dei titoli junk.

FRANKFURT AM MAIN, GERMANY – MARCH 12: Christine Lagarde (C), President of the European Central Bank (ECB), and Vice president Luis de Guindos (L) arrive for the press conferencefollowing a meeting of the ECB governing board at ECB headquarters on March 12, 2020 in Frankfurt, Germany. The ECB is pursuing measures to counter the economic impact of the rapidly spreading coronavirus. The number of confirmed cases across Europe has reached 25,000. (Photo by Thomas Lohnes/Getty Images)

Non è una coincidenza il fatto che la riunione TOP SECRET sia avvenuta qualche giorno prima del D-Day per l’Italia: quello di domani, venerdì 24 aprile, in cui l’agenzia Standard & Poor’s si esprimerà sul rating del debito italiano, al momento pari a BBB, due livelli al di sopra del livello high-yield o anche junk.
Nella nota di ieri sera, sul proprio sito, la Bce ha reso noto che di aver “adottato misure temporanee al fine di mitigare l’effetto di possibili downgrade sui rating – provocati dalla crisi economica esplosa con la pandemia coronavirus (COVID-19) – sulla disponibilità delle garanzie“.Queste misure, si legge ancora, “hanno l’obiettivo di assicurare che le banche abbiano asset sufficienti che possano mobilitare a a titolo di garanzia, a fronte delle operazioni di liquidità messe in atto dall’Eurosistema”. (che è l’organo dell’Unione Europea che raggruppa la Bce e le Banche Centrali Nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro).Insomma, l’Italia viene blindata, con la Bce che fa da scudo al paese di fronte al rischio che il rating sul debito diventi spazzatura. Il rischio downgrade non vede protagonista solo Standard&Poor’s, ma anche le altre agenzie di rating Moody’s, Fitch e DBRS, che si esprimeranno sul merito creditizio della carta italiana.Indicativo l’articolo dell’FT, che ha annunciato la novità della Bce con il titolo. “ECB loosens collateral rules to accept ‘fallen angel’ bonds”, ovvero “la Bce allenta le regole sulle garanzie per accettare i bond ‘fallen angels‘”. Fallen angels, ovvero angeli caduti. Il riferimento è a quelle obbligazioni, bond, che sono precipitati nel girone del rating junk, perdendo l’investment grade e diventando, per l’appunto, titoli junk. La misura è pro-Italia, dunque, con la Bce che anticipa sia le mosse del Consiglio europeo – che si ‘riunisce’ oggi in videoconferenza – sia quelle di Standard & Poor’s. Ma il fatto che sia pro-Italia non significa che sia solo a favore dell’Italia. Anche perchè, a ben vedere, a rischio spazzatura non è ‘solo’ il debito italiano.Anche perché è improbabile che i BTP italiani si trasformino in titoli junk nella stessa giornata di dopodomani. Male che vada, il downgrade dovrebbe essere di un gradino, consentendo a Roma di vantare ancora l’investment grade.
Nel mese di febbraio l’Ocse ha stimato che, nel settore dei corporate bond non finanziari, ovvero nel mercato delle obbligazioni che vengono emesse dalle società non finanziarie, rischiano la bocciatura a “junk” entro il prossimo anno titoli che hanno un valore complessivo di $275 miliardi. Si tratta di tutti quei bond che potrebbero trasformarsi in fallen angels, nel caso in cui perdessero il rating a tripla B, che rappresenta la valutazione minima per entrare nel circolo degli investment grade.
In realtà, lo scorso 7 aprile, la banca centrale aveva già fatto uno strappo alla regola, decidendo di accettare in garanzia i titoli di stato della Grecia, valutati junk.
Quello strappo alla regola diventa ora la regola, ma anche un messaggio rivolto all’Unione europea, nello specifico al Consiglio Ue, che si riunisce per l’appunto oggi per dare una risposta all’emergenza economica e sanitaria provocata nell’area euro dal coronavirus COVID-19.
Così Bob Michele, responsabile investimenti e numero uno della divisione di reddito fisso globale di JPMorgan Asset Management:
“La Bce sta praticamente inviando un telegramma all’Ue dicendo: se voi aumenterete le spese, noi potremo aumentare i nostri acquisti, per contribuire al finanziamento di quel pacchetto”.
Un pacchetto che non si sa ancora se sarà il bazooka fiscale che la stessa Bce chiede da tempo. Oltre al fondo SURE da 100 miliardi di euro, al sostegno della Bei per garantire fino a 200 miliardi e al MES per 240 miliardi senza condizioni, per le spese sanitarie dirette e indirette, tutti punti già presenti nel documento finale dell’Eurogruppo, i leader europei sono chiamati a discutere in merito a un fondo per la ripresa, il cosiddetto Recovery Fund, che potrebbe emettere bond comuni.
Nel commentare la svolta storica della Bce Alberto Gallo, portfolio manager presso l’hedge fund Algebris Investments, ha detto, stando a quanto riportato sempre dall’FT, che la “Bce sta agendo per limitare l’azione prociclica delle agenzie di rating, e per proteggere i debiti sovrani come quello dell’Italia dai downgrade. Le aziende e le piccole e medie imprese che emettono bond high-yield – ha fatto inoltre notare Gallo – rappresentano una grande parte dell’economia. E’ importante che l’aiuto non vada solo alle grandi società”.
A tal proposito, a fronte di chi ritiene che il primo obiettivo della Bce, con la sua riunione top secret, sia stato quello di correre in aiuto dell’Italia in vista di un possibile downgrade da parte di S&P, c’è chi ribadisce la natura di più ampia portata della misura. Si tratta degli stessi esponenti della Bce che, stando a quanto ha riportato il quotidiano britannico, hanno riferito che la decisione di accettare in garanzia i titoli junk o fallen angels è stata presa piuttosto per sostenere il mercato dei corporate bond, in generale. Aggiungendo che ogni eventuale downgrade del debito sovrano italiano allo status junk potrebbe essere gestito facendo lo stesso strappo alla regola deciso di recente per i bond ellenici.
Sicuramente, di bond che rischiano il declassamento ce ne sono tanti. UBS ha messo in evidenza il problema dei fallen angels ricordando  che, a partire dal 2011, il valore dei bond europei valutati BBB- (un gradino al di sopra dello status junk) è volato dai precedenti 330 miliardi di euro a 1,14 trilioni, a fronte di un’emissione di titoli junk nel mercato high-yield che è balzata da 74 miliardi a 185 miliardi di euro, nello stesso arco temporale. Un problema non proprio da poco.

La nota di Equita sulla svolta Bce su titoli junk

La mossa secondo noi riduce un rischio, benché remoto al momento, di tensione sulla liquidità delle banche legata ad un possibile downgrade di 2 notches da parte di tutte le agenzie di rating che non avrebbe reso immediatamente stanziabili i collaterali delle banche (che in ogni caso la ECB con una mossa ad hoc avrebbe comunque potuto continuare ad accettare come garanzia in operazioni di repos). In base ai nostri calcoli le banche italiane quotate hanno un`esposizione in
ECB, in gran parte rappresentata da TLTRO, per circa 158bn: le banche hanno anche 320bn di ulteriori asset eligible per rifinanziamento (al netto di haircut), di cui la maggior parte (circa 140bn) rappresentati da titoli di stato domestici – che in caso di downgrade a junk da parte di tutte le agenzie di rating (ad un notch dal rating high yield solo per Moody’s, ad oggi) secondo le regole precedenti e senza deroghe ad hoc – non avrebbero potuto essere stanziati come collaterale. La BCE potrà inoltre adottare ‘ulteriori misure per continuare ad assicurare la trasmissione della politica monetaria, seguendo la decisione presa dalla FED ed estendere il programma di acquisto agli emittenti high yield (fino a rating BB-), in modo da attutire l’effetto di potenziali downgrade delle agenzie di rating. Questa decisione potrebbe far scattare un restringimento dello spread dell’intero settore dei bond BB europei, tra gli emittenti italiani segnaliamo
in particolare FCA, LEONARDO e Telecom. Le iniziative annunciate ieri sul funding si sommano a quelle già introdotte nelle settimane scorse (v. nuovi termini TLTRO3) e alla flessibilità introdotta sul capitale che secondo noi consente di liberare – almeno temporaneamente fino a 60bn di risorse che secondo noi possono far fronte a una generazione di NPE pari a 150bn (ie 1.5x lo stock attuale) corrispondenti ad un default rate cumulato di 11.6%”.

Tutta Piazza Affari vale meno di Facebook. Foà (AcomeA Sgr): è il momento giusto per riscoprire le azioni Italia

La crisi sanitaria scatenata dal Covid-19 si è presto evoluta in emergenza economica. I mercati sono stati presi alla sprovvista dalla dimensione globale del problema a cui in questi mesi si è sovrapposto lo shock petrolifero.
Alberto Foà, presidente di AcomeA SGR, spiega come nell’ultimo mese si sono così verificate due situazioni: da una parte il crollo dei mercati azionari (la diminuzione della profittabilità delle aziende porta con sé una diminuzione dei corsi azionari), dall’altra la discesa importante dei mercati obbligazionari. Non sono crollati solo i mercati obbligazionari degli Stati Uniti o europei, ma anche quelli di tanti paesi emergenti, le obbligazioni bancarie, quelle corporate o, ancora, le obbligazioni non investment grade e high yield.

Italia deve riaccendere i motori

In Italia, le imprese sono, in media, meno indebitate rispetto a quelle di altri Paesi. “È evidente, però, che a fronte di una mancanza di reddito, essere poco o molto indebitati è ininfluente, è comunque complicato riuscire a mantenere in attivo il proprio business – spiega Foà – . A oggi la priorità del Governo e delle Regioni deve essere quella di far finire l’emergenza sanitaria. Prima finirà l’emergenza sanitaria, prima tutti i provvedimenti che il governo ha introdotto potranno essere implementati e prima ci potremo allineare con quello che succede nel resto del mondo. Viviamo in una società sempre più interconnessa, perciò per un singolo Stato non è possibile pensare di poter sopravvivere economicamente se gli altri Paesi vanno a fondo.

La scelta di puntare sulle azioni

Dal punto di vista economico il mondo, a un certo punto, si riprenderà, proprio grazie a questo sforzo coordinato a livello mondiale delle banche centrali e dei Governi, seppur con conseguenze negative che non possiamo negare. Per questo, lato strategia di investimento, Foà ritiene che questa fase debba essere usata per aumentare l’investimento in azioni che, in questo momento, sono particolarmente depresse.
La Borsa Italiana è fra quelle in condizioni più critiche, basti pensare che il valore totale delle imprese italiane quotate è oggi uguale al valore di Facebook. Il rapporto fra capitalizzazione di Borsa e Pil in Italia è fra i più bassi del mondo occidentale. A fine 2018, era pari al 36% contro il 148% degli USA, il 107% del Regno Unito, l’88% della Francia, il 66% del Brasile, il 55% della Germania e il 46% dell’Indonesia. “Questo fattore rappresenta uno svantaggio nello scenario competitivo internazionale e rende difficile per le imprese italiane raccogliere capitali freschi per investimenti sul mercato – argomenta Alberto Foà – .  Oggi è un momento molto interessante per investire in Italia anche perché il nostro Paese si caratterizza per avere un rapporto molto elevato fra ricchezza finanziaria privata e reddito disponibile”. A fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane era pari a 9.743 miliardi di euro, 8 volte il loro reddito disponibile.
Gli immobili hanno costituito la principale forma di investimento delle famiglie per un valore di 5.246 miliardi di euro. Il totale delle passività delle famiglie è stato pari a 926 miliardi di euro (principalmente mutui casa). Le attività finanziarie hanno raggiunto 4.374 miliardi di euro, in crescita rispetto all’anno precedente. “Questa ricchezza finanziaria degli italiani è per la stragrande maggioranza investita in obbligazioni, in polizze assicurative a rendimento più o meno garantito. Ci sono 1.500 miliardi depositati in conti correnti, pari a quasi il 100% del PIL. Perché, quindi, prima di chiedere soldi all’Europa, non spingiamo affinché almeno una piccola parte di questa liquidità dormiente, affluisca in Borsa dando sostegno alle nostre imprese? Sosteniamo il sistema Italia. È nostro dovere essere i primi a credere nella nostra economia, una economia, da un punto di vista imprenditoriale, forte e competitiva a livello internazionale”, conclude Foà.

Tesoro: domanda oltre i 110 mld per il nuovo Btp a 5 anni e riapertura del Btp a 30 anni

Circa 360 investitori hanno partecipato al collocamento del nuovo benchmark Btp a 5 anni e del Btp benchmark a 30 anni (riapertura), su ciascun collocamento. Lo ha fatto sapere il Tesoro attraverso una nota stampa che fornisce i dettagli delle due emissioni. La domanda complessiva ha superato i 110 miliardi di euro, quasi equamente ripartiti tra i due titoli. Per entrambi i titoli, poco più della metà del collocamento è stato sottoscritto da fund manager (rispettivamente circa il 51% ed il 53% su 5 anni e 30 anni), mentre le banche ne hanno sottoscritto circa il 30% (33% circa sul titolo quinquennale e 29% circa sul titolo trentennale). Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo hanno acquistato circa il 10% dell’emissione (in particolare sul titolo a 5 anni la quota è stata del 9% circa, dei quali poco oltre il 6% è stato allocato a banche centrali e istituzioni governative, mentre sul titolo trentennale la quota delle banche centrali si è attestata intorno al 7,5% e con la presenza di circa il 3,5% da parte di Fondi Pensione e Assicurativi). Agli hedge fund è stato allocato circa il 7% dell’ammontare complessivo.I due collocamenti hanno visto una partecipazione molto diversificata (circa 40 paesi), con una partecipazione massiccia di investitori esteri. Su entrambi i titoli la quota allocata a investitori esteri è stata pari a circa il 76% (sul titolo a 5 anni) e l’81% (sul titolo a 30 anni). Tra questi, è stata di particolare rilievo la quota sottoscritta da investitori del Regno Unito (circa il 33% sul titolo a 5 anni e il 42% su quello a 30 anni). Il resto del collocamento è stato allocato in larga parte in Europa (circa il 36,3% sul titolo a 5 anni e il 33% su quello a 30 anni), con le quote più rilevanti assegnate a investitori tedeschi (rispettivamente circa il 9% e il 12%), spagnoli (rispettivamente l’11% e il 6%), francesi (rispettivamente il 5% e il 6%).Il collocamento è stato effettuato tramite la costituzione di un sindacato composto da Banca IMI S.p.A, BofA Securities Europe S.A., Deutsche Bank A.G., JP Morgan Securities PLC, Nomura Int e Société Générale Inv. Banking che hanno partecipato in veste di lead manager, mentre tutti gli altri Specialisti in titoli di Stato hanno rivestito il ruolo di co-lead manager dell’operazione.

Italia: fatturato e ordinativi industriali in calo a febbraio

In Italia il fatturato dell’industria ha segnato a febbraio una flessione del 2,1% rispetto al mese precedente. Anche gli ordinativi industriali hanno registrato un calo, pari a -4,4%. La dinamica riflette variazioni negative sia sul mercato interno sia su quello estero, precisa l’Istat, e la flessione è diffusa a tutti i principali raggruppamenti di industrie.Su base annua, quindi nei confronti di febbraio 2019, il fatturato ha mostrato una crescita dello 0,9%, sintesi di una modesta riduzione dello 0,3% per il mercato interno e un marcato aumento del 3,3% per quello estero. Con riferimento al comparto manifatturiero, il settore dei mezzi di trasporto ha registrato la crescita tendenziale più rilevante (+14,1%), mentre l’industria della raffinazione del petrolio ha mostrato il calo maggiore (-9,2%). Gli ordinativi sono invece scesi del 2,6%, con una marcata riduzione del mercato interno (-4,2%) e una sostanziale stabilità per quello estero (-0,2%). La maggiore crescita tendenziale si registra nell’industria farmaceutica (+8,3%), mentre il peggior risultato si rileva nell’industria tessile e dell’abbigliamento (-9,1%).

Istat: a febbraio marcato calo della produzione nelle costruzioni a – 3,4%

Nel mese di febbraio 2020, l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni diminuisce del 3,4% rispetto a gennaio 2020, segnando un marcato calo dopo il considerevole aumento registrato il mese precedente.
Così stima l’Istat secondo cui su base annua, l’indice grezzo della produzione nelle costruzioni mostra un aumento dello 0,7%, mentre l’indice corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 come a febbraio 2019) diminuisce dello 0,3%

Niente di buono dall’indicatore di Buffett ‘mentre la Fed nazionalizza i mercati’

Market Cap to GDP, ovvero il rapporto tra la capitalizzazione di mercato e il Pil di riferimento. Mai come ora questo rapporto, noto come l’indicatore di Buffett, è stato più utile per capire se un indice azionario è sottovalutato o sopravvalutato in base alla media storica.
Il parametro è calcolato prendendo in considerazione il valore complessivo di tutte le azioni quotate in Borsa di un determinato paese, e dividendolo poi per il Pil di quel paese. L’indicatore viene considerato una versione del multiplo del rapporto prezzi/ricavi di una intera economiaIl rapporto valore di mercato azionario/Pil è diventato noto come Indicatore di Buffett negli ultimi anni, quando l’oracolo di Omaha e il fondatore di Berkshire Hathaway commentò in una intervista rilasciata a Fortune Magazine di ritenere che il parametro fosse “probabilmente la misurazione singola migliore delle valutazioni (delle azioni), dato un qualsiasi momento specifico”. Questo, proprio perchè la formula replica il rapporto price-to-sales (prezzi-ricavi) in grande scala, dove i prezzi sono rappresentati dal valore di tutte le azioni a livello aggregato e i ricavi dall’output totale di un paese, ovvero dal suo prodotto interno lordo.LEGGI ANCHE Warren Buffett dispensa consigli agli investitori: le tre regole da seguire prima di acquistare un’azioneUn esempio della media storica dell’indicatore arriva con il grafico seguente compilato dagli analisti di Advisor Perspectives. L’indice azionario che viene preso come riferimento è il Wilshire 5000 Total Market Index, che dà il valore di tutte le azioni scambiate negli Stati Uniti. Il denominatore è rappresentato dalla stima per il Pil del secondo trimestre. Dal grafico emerge che la media storica equivale all’incirca al 75%, con pochi picchi sopra il 100% e alcuni periodi in cui l’indice scende al di sotto del 50%. Più il valore si avvicina al 100%, più il mercato si considera sopravvalutato, mentre più indietreggia, più il mercato si considera sottovalutato.
L’indicatore di Buffett è tornato di attualità nelle ultime sessioni, con l’investitore miliardario Howard Marks che, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, ha detto chiaramente che “il mondo è nei guai” più di quanto il trend dell’azionario possa far credere.
A dare ragione a Marks è stato
Gary Evans del blog Global Macro Monitor, che si è detto d’accordo, non risparmiando qualche stoccata alla Federal Reserve:
“Dopo che la Fed ha, di fatto, nazionalizzato i mercati finanziari, decidendo di salvare anche i junk bond lo scorso 9 aprile e trasformando così Wall Street in una fabbrica sovietica di salsicce, quasi ogni tipo di analisi ha perso completamente di significato”, ha scritto Evans.
Che però, contraddicendosi, un’analisi l’ha fatta, attingendo proprio all’indicatore di Buffett:
“Quello a cui stiamo assistendo ci spaventa da morire“. Il motivo di tutta questa paura lo spiega Evans stesso:
“Il parametro preferito di Warren Buffett è scambiato al suo 94esimo percentile anche “se la disoccupazione sta salendo ai livelli peggiuori dalla Grande Depressione, più della metà della forza lavoro di Los Angela è senza un lavoro, e l’incertezza regna ancora”.
Praticamente, il mercato azionario Usa sarebbe a dir poco sopravvalutato, e starebbe celebrando tuttora – e nonostante le recenti perdite – uno scenario che, in tempi di coronavirus COVID-19 – ha ben pochi motivi per essere celebrato.

Conte: Fase-2 al via il 4 maggio, riapertura sarà differenziata per Regioni

Riapertura il 4 maggio. Il premier Giuseppe Conte lo fa capire nel post pubblicato questa mattina su Facebook in cui dettaglia la possibile road-map delle prossime settimane. Il primo ministro, che ipotizza l’annuncio del piano dettagliato per la Fase 2 entro la fine di questa settimana, rimarca che è ragionevole ipotizzare che sarà applicato a partire dal 4 maggio. “Questo programma deve avere un’impronta nazionale, perché deve offrire una riorganizzazione delle modalità di espletamento delle prestazioni lavorative, un ripensamento delle modalità di trasporto, nuove regole per le attività commerciali – scrive Conte su Fb – . Dobbiamo agire sulla base di un programma nazionale, che tenga però conto delle peculiarità territoriali. Perché le caratteristiche e le modalità del trasporto in Basilicata non solo le stesse che in Lombardia. Come pure la recettività delle strutture ospedaliere cambia da Regione a Regione e deve essere costantemente commisurata al numero dei contagiati e dei pazienti di Covid-19”.

Spread torna a infiammarsi, c’è rischio sovraccarico emissioni Btp

Incipit della settimana con Btp nuovamente sotto pressione e spread che viaggia sui massimi da oltre un mese. Il differenziale di rendimento tra Btp e Bund si riavvicina verso quota 250 con un picco intraday a 247 pb per poi ritracciare leggermente in area 240 pb. Il tasso del Btp decennale viaggia in area 1,95% dopo che settimana scorsa si era spinto fino al 2%. I bond italiani sottoperformano oggi i peers europei insieme a quelli portoghesi che pagano il taglio di outlook annunciato venerdì da Fitch sul paese lusitano. Male anche i Bonos con la banca centrale spagnola che ha indicato una possibile contrazione del PIL fino a -12,4%.Tornando ai Btp, pesano le divisioni in seno alla maggioranza sul nodo MES, ma anche i timori per i conti pubblici on indiscrezioni che vedono il rischio che il deficit schizzi fino al 9-10% quest’anno. Intanto fonti riportate da Reuters vedono il Tesoro pronto a una nuova emissione via sindacato di un Btp a a 7 anni, probabilmente già questa settimana, in modo da non essere vicina a emissioni di fine mese e anche abbastanza distanziata da quella del nuovo BTP Italia annunciato dal 18 al 20 maggio (più il 21

Spagna: banca centrale prevede caduta Pil 2020 fino a un -13,6%

La diffusione del Covid-19 e la conseguente paralisi dell’attività economica causeranno quest’anno una caduta del Pil della Spagna senza precedenti nella storia recente. Lo ha detto il Banco de Espana, la banca centrale del paese, nel suo bollettino economico, stimando per il 2020 un Pil in calo da un minimo del 6,6% fino a un massimo del 13,6% nello scenario peggiore, vale a dire con un lockdown di 12 settimane (circa 3 mesi). L’entità della flessione infatti dipenderà dalla durata del confinamento. Una volta terminata la fase più acuta della crisi, l’attività dovrebbe iniziare a riprendersi a un ritmo che, in ogni caso, “dipenderà dalla percezione del rischio sanitario nei prossimi mesi e dalla capacità di riattivare parte del tessuto produttivo più danneggiato dall’attuale interruzione”. Guardando al 2021, la banca centrale si aspetta che l’economia spagnola recuperi una parte significativa, ma non completa, del flusso di attività e occupazione previsto prima della pandemia.

Germania: Bundesbank, grave recessione. Improbabile una ripresa rapida

“La pandemia di coronavirus e le misure adottate per contenerla hanno fatto precipitare l’economia tedesca in una grave recessione”. Lo afferma l’ultimo rapporto mensile della Bundesbank, la banca centrale della Germania. Attualmente è difficile prevedere quanto sarà ampio il declino dell’attività economica complessiva, in quanto la gravità della recessione dipenderà in gran parte da quando e in che misura le restrizioni introdotte per combattere la pandemia potrebbero essere ulteriormente allentate. Certamente, una ripresa rapida sarà improbabile. “Fino a quando non ci sarà una soluzione medica, è probabile che restino delle restrizioni sostanziali – spiega la Bundesbank – Per questo motivo, al momento sembra improbabile una rapida e forte ripresa economica”.

Effetto coronavirus: impatto redditi famiglie alto, ma mitigato da basso debito e tassi bassi

“Il settore delle famiglie affronta l’attuale congiuntura con una solidità finanziaria maggiore rispetto a quella che aveva alla vigilia della crisi del debito sovrano”. E’ quanto emerge dal bollettino economico di Bankitalia, che mette in evidenza, anche, che “l’impatto della pandemia sui redditi può essere significativo, ma è mitigato dal basso debito, dal livello molto contenuto dei tassi di interesse e dalle misure di contrasto attuate dalle autorità”.

Coronavirus, Bankitalia: calo occupazione sarà più marcato in secondo trimestre

“In Italia il ricorso alla Cassa integrazione guadagni dovrebbe avere attenuato nel mese di marzo l’impatto dell’emergenza sanitaria sul numero di occupati. Nel secondo trimestre l’occupazione potrebbe però contrarsi in misura più marcata, risentendo del mancato rinnovo di una parte dei contratti a termine in scadenza”. E’ quanto emerge dal bollettino economico di Bankitalia,

Prestiti: è boom di richiesta di liquidità da parte di famiglie e imprese a marzo

Effetto coronavirus anche nel mondo dei prestiti. A rilevarlo è l’ultimo Osservatorio Prestiti di PrestitiOnline.it che ha analizzato le richieste di finanziamento da parte dei consumatori italiani nel mese di marzo. I dati mostrano un vero e proprio boom nelle richieste di liquidità, che sono arrivate a rappresentare il 22,8% del mercato. “Un trend che nasce non solo dai tassi estremamente convenienti, inchiodati sui minimi storici, ma molto probabilmente anche da una reale necessità, visto il lockdown imposto dal governo”, spiega Roberto Anedda, direttore marketing di PrestitiOnline.it. In costante aumento anche le richieste di prestiti ai fini del consolidamento, arrivate al 12,5%, mentre tutte le altre finalità perdono quota di mercato. Stabile, invece, l’importo medio richiesto, che si attesta a 10.783 euro

Auto: immatricolazioni Europa crollano del 55% a marzo, Italia fa peggio di tutti

Crollo verticale delle immatricolazioni di auto in Europa a marzo, per effetto del coronavirus. Secondo i dati diffusi oggi dall’European Automobile Manufacturers Association (Acea), lo scorso mese sono state immatricolate nell’Unione europea soltanto poco più di 567mila vetture, evidenziato un calo del 55,1% rispetto a marzo 2019. Nell’area Ue+Efta+Uk la flessione è stata del 51,8% con 853mila immatricolazioni. Tutti i mercati della Ue hanno visto una contrazione, ma la peggiore si è registrata in Italia dove le immatricolazioni sono scese dell’85,4% a 28.326 nuove immatricolazioni. Nel primo trimestre dell’anno, le richieste di auto in Europa (Ue+Efta+Uk) sono scese del 26,3%.

Coronavirus, Fmi: ‘risposta fiscale Italia forte e appropriata. Spetta al paese decidere sul MES’

“L’Italia è tra i paesi più colpiti (dal coronavirus) e, di conseguenza, riteniamo che l’impatto negativo sul Pil sarà in qualche modo più forte che in altre economie del Nord (Europa), al di là dell’impatto immediato, in parte a causa della dipendenza dell’Italia dal turismo”. E’ quanto ha detto Poul Thomsen, direttore del dipartimento europeo del Fmi durante una videoconferenza stampa.“Credo che la reazione della politica fiscale alla crisi – ha aggiunto Thomsen – sia stata forte e del tutto appropriata. La sosteniamo. Riguardo a come finanziarla, se l’Italia dovrebbe avvalersi della possibilità di far ricorso al Mes, questa è una decisione che spetta del tutto all’Italia e alla politica italiana”.Thomsen ha precisato che le previsioni dell’Fmi sul Pil europeo “si basano sull’ipotesi di una graduale normalizzazione dell’attività” a partire dal mese di maggio. Tuttavia, “non sappiamo se questo assunto sia realistico e non sappiamo quanto tempo richiederà la creazione di un vaccino” contro il coronavirus.Per l’Italia, il Fondo Monetario Internazionale prevede un crollo del Pil del 9,2% nel 2020. Nell’Eurozona, l’outlook è di una contrazione del Pil pari a -7,5%.

Yanis Varoufakis boccia in toto il Mes. ‘Prestiti vanno restituiti, così Italia rischia austerity

Prestiti e finanziamenti sono una cosa diversa. Nella situazione attuale di emergenza sanitaria ed economica, i paesi hanno bisogno di finanziamenti, non di prestiti. Anche perchè i prestiti devono essere rimborsati, fanno salire il deficit, e quindi fanno scivolare il beneficiario nella posizione scomoda del debitore. Di quello che, una volta salvato, dovrà rimettersi in riga. E’ questo il ragionamento che ha fatto l’ex ministro delle Finanze greco ed economista Yanis Varoufakis, nel bocciare in toto il MES.
Intervenendo alla trasmissione Dimartedì, Varoufakis è stato chiaro. Intanto, non si tratta affatto di finanziamenti per un valore di 500 miliardi:Non sono 500 miliardi, sono soltanto 28: gli altri sono prestiti, che sono utili ma che, essendo prestiti, vanno restituiti e pesano sul debito – ha detto ancora Varoufakis Il Mes è inutile, non aiuta. Facciamo l’ipotesi che Conte ottenga 500 miliardi dal Mes o anche dai mercati. Questo farebbe salire subito il debito pubblico da 136% al 200% portando il vostro deficit ad almeno il 18% il prossimo anno; dopodichè arriverà Bruxelles il prossimo anno, a Roma, dicendo: ‘Avete un deficit enorme, lo dovete ridurre’ e questo significa austerity. A quel punto, nel momento in cui l’Italia iniziasse a riprendersi, sarebbe l’austerity a colpirla”.Uno scenario a dir poco catastrofico per la ripresa, che verrebbe pagato anche dalla Germania, visto che se la Germania esporta quanto esporta è grazie all’euro.Dunque, “noi non dovremmo neanche chiedere solidarietà a Berlino, ma buon senso, perchè se l’Eurosistema si disintegrasse, l’esito sarebbe dannoso anche per la Germania”.Varoufakis ha messo in evidenza anche la differenza che esiste tra il bazooka anti-Covid sfornato dagli Stati Uniti e quello che l’Unione europea si appresta a varare. “Gli Usa hanno pompato il 6% del Pil nel sistema economico con finanziamenti effettivi, non prestiti. Se l’Europa non creerà gli eurobond, finirà in uno stato di instabilità”.Nel frattempo, la questione Mes continua a dividere la politica italiana. A farsi paladino del Fondo salva stati è l’ex premier e leader di Italia Viva, Matteo Renzi. Così, in una diretta Facebook:
Questa barzelletta del Mes deve finire. Il Mes senza condizionalità significa che ci danno 37 miliardi di euro a condizioni migliori di qualsiasi altro prestito e questi 37 miliardi vanno ai cittadini italiani. Quando grillini e leghisti fanno polemica sul Mes vi stanno prendendo in giro: il Mes è una cosa che aiuta l’Italia e l’Italia userà i 37 miliardi del Mes”.
“In un momento in cui la gente fa fatica – ha continuato – è evidente che nessuno può permettersi il lusso per ragioni ideologiche di buttare via 37 miliardi. Il Mes senza condizionalità, piaccia o non piaccia, è un fatto positivo per l’Italia e l’Europa. Ci serve e lo accetteremo. Lasciate parlare i populisti e i sovranisti alle vongole: hanno detto per anni che dovevamo andare contro l’Europa e l’Europa ci sta salvando. Son quelli che andavano dai gilet gialli anziché andare da Macron, son quelli che inseguivano Orban, altro che fratelli d’Italia…fratelli d’Ungheria“.
A proposito di sovranisti, di Mes sono tornati a parlare oggi sia il leader della Lega, Matteo Salvini, proponendo l’idea dei Bot esentasse sia la numero uno di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. In un post su Facebook Meloni ha definito il Mes un “cavallo di Troika”.
“Spero di essere smentita ma oggi sono convinta che la linea di credito senza condizionalità del Mes per le spese sanitarie rischi di essere un “cavallo di Troika”. Se non restituisci i soldi che chiedi in prestito come dicono loro e nei tempi che stabiliscono, e indipendentemente dalla difficoltà che hai, puoi ritrovarti lo stesso la Troika dentro casa. Se non stiamo attenti, è questo quello che può succedere“.

BTP venduti in attesa Consiglio Ue, spread ai massimi da metà marzo. Tassi 10 anni oltre 2%

Sale la febbre spread, con il differenziale tra i tassi decennali di BTP e Bund che supera quota 240, salendo fino a 245 punti base.I BTP continuano a essere venduti, in attesa del vertice del Consiglio europeo del prossimo 23 aprile, in cui si conoscerà il ‘fato’ della proposta coronabond-eurobond presentata dall’Italia in primis.Si continua a parlare di MES, ovvero dell’opzione del Fondo salva-stati che, secondo alcuni come l’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, aiuterebbe l’Italia con prestiti – dunque non con finanziamenti – che dovrebbero essere poi restituiti, riportando nel paese l’austerity.Lo spread BTP-Bund viaggia al record dal 17 marzo scorso, mentre i tassi decennali tornano a superare il 2%.

Vendite su Btp e petrolio affossano Piazza Affari, Eni e banche in forte calo

Giro di boa di seduta in netta difficoltà per Piazza Affari che paga la fiammata dello spread e il forte calo dei prezzi del petrolio. Il Ftse Mib cede il 2,3% a quota 17.151 punti, in linea con i cali delle altre Borse Ue. Sul fronte bond prosegue oggi la caduta dei Btp con rendimento risalito in area 1,9% e spread che ha oltrepassato anche i 230 pb. “Sui tassi italiani pesano da un lato le discussioni politiche interne sull’utilizzo del MES e le incertezze europee sul Recovery Fund, dall’altro la debolezza dell’economia”, rimarcano gli esperti di MPS Capital Services. Ieri l’FMI ha previsto per quest’anno un calo del PIL italiano del 9,1%.Tra le big di Piazza Affari si segnala l’oltre -3,9% di ENI in scia alla debolezza del petrolio. Le quotazioni del WTI scivolate sotto la soglia dei 20 dollari al barile, sui minimi dal 2002. L’International Energy Agency (Iea) prevede nel 2020 una domanda globale di greggio con un crollo record di 29 milioni di barili al giorno (bpd) della domanda di petrolio ad aprile, a livelli mai visti in 25 anni e nell’intero 2020 il calo sarà di 9,3 milioni di barili al giorno.Sul Ftse Mib fa peggio Saipem con oltre -6%, mentre Tenaris segna -3,4%. In affanno anche il settore bancario con Unicredit che cede il 4,81% a 6,75 euro; molto male anche Mediobanca con -4,9% e Bper con -4,36%, -3,15% UBI e -2,39% Banco BPM.

“È stato un ottimo primo tempo, naturalmente adesso dobbiamo vincere la partita al Consiglio europeo” Così il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a ‘Unomatina’ su Rai1 sull’Eurogruppo. “Sul Mes è stata eliminata ogni condizionalità, si è introdotto uno strumento facoltativo, una linea di liquidità fino al 2% del Pil, si potrà accedere senza condizione”. “Perché il Recovery plan sia reso operativo occorre il via libera del Consiglio europeo, e qui ci sarà la battaglia più dura perché l’Italia chiede che abbia una dimensione grande con l’emissione di bond. Ci sono dei paesi che si oppongono alla proposta, ma noi siamo riusciti a metterla sul tavolo. Daremo battaglia al Consiglio europeo e saremo molto determinati”, aggiunge.

Gentiloni

“Con 500 miliardi i paesi europei si coordinano per una politica economica che affianchi quella monetaria della Bce. È un primo passo, ma è anche la prima volta. Il Fondo per la rinascita è la prossima sfida di questo impegno comune. L’Europa è solidarietà”. Così su Twitter il commissario Paolo Gentiloni all’indomani della riunione dell’Eurogruppo.”Noi non accettiamo il Mes, perché in ogni caso le condizioni ci saranno. Il testo dice di no, ma il trattato dice di sì. Noi lo riteniamo uno strumento non idoneo e molto pericoloso non adesso, ma le conseguenze saranno pagate nel futuro”. Così il capo politico del M5S, Vito Crimi, a ‘Radio anch’io’, su Rai Radio 1. “Il presidente Conte ha le spalle coperte, il governo finora su questa linea è stato forte e duro: no a Mes e sì agli eurobond. Non è stato attivato il Mes, chi ha cominciato con questa manfrina fa male a questo Paese. Nel Consiglio europeo si deciderà. Il Mes apre una linea di credito per i vari Paesi e noi una linea di credito garantita dal Mes non la voteremo. Noi non vogliamo che ci sia neanche nel testo”. Così sempre Crimi, a ‘Radio anch’io’, su Rai Radio 1. “Sentiamo Conte oggi, dobbiamo ancora capire come lui si è esposto all’interno dell’Eurogruppo. Credo che ci stupirà anche in questa occasione. Questa è una proposta” e al Consiglio europeo “bisognerà portare una posizione forte del nostro Paese”, ha aggiunto.

Amendola

Per quanto riguarda il Mes, “sul tavolo dei leader si pone una linea di credito” per la situazione sanitaria. “Valuteremo questa linea e decideremo. Molti Stati anche nostri alleati chiedevano di avere una linea di credito, è una linea facoltativa che si può decidere di attivare o meno. Vediamo di realizzare altri passi avanti. Non c’erano veti accettabili, bisogna lavorare insieme”. Lo ha detto il ministro degli Affari europei, Vincenzo Amendola, esponente del Pd, ad ‘Agorà’ su Rai3.

Salvini

L’accordo trovato dall’eurogruppo è “una sconfitta più che clamorosa” che porterà a una patrimoniale. Lo ha assicurato il segretario della Lega, Matteo Salvini, intervenendo ieri in collegamento a Porta a Porta.

Meloni

“Il ministro Gualtieri ha firmato per attivare il Mes, niente Eurobond e Italia messa sotto tutela. Alla fine hanno vinto i diktat di Germania e Olanda, il Governo in questi giorni ha fatto finta di alzare la voce ma, tanto per cambiare, si è piegato ai dogmi nordeuropei. Non permetteremo a nessuno di banchettare sulla nostra Nazione come già successo in Grecia”. Lo scrive su Facebook la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

La replica di Gualtieri a Salvini e Meloni

Quelle di Salvini e Meloni sul Mes sono “accuse abbastanza grottesche, forse Meloni e Salvini ignorano che il Mes già esiste e prevede delle condizionalità, cioè la troika. L’Eurogruppo ha proposto, non deciso, che il Mes possa offrire oltre agli strumenti che già offre anche uno strumento incondizionato”.”L’Italia non ha deciso di accedere” al Mes. “L’Italia non ha firmato nulla, ha semplicemente consentito che tra le 4 proposte sul tavolo per il Consiglio europeo oltre al Mes con forti condizionalità ci sia anche il Mes senza condizionalità”, ha rimarcato.

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Entra in vigore il decreto per le imprese (Mediaset)

EUROGRUPPO: trovato accordo da 540 miliardi. MES compreso.

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Mi verrebbe da dire che il sistema si sta muovendo in modo quasi spudorato. Proprio perché tutti, chi più chi meno, si sono resi conto della drammaticità del momento.
Impressionante tanto per cominciare la nuova bomba lanciata dalla FED.

(…) Nuovo intervento della Federal Reserve per sostenere l’economia reale degli Stati Uniti. La banca centrale americana ha annunciato una nuova misura per erogare prestiti per un massimo di 2,3 trilioni di dollari a sostegno delle famiglie e delle imprese durante la pandemia di coronavirus. (…) L’annuncio della Fed è arrivato mentre arrivava dal fronte macro l’aggiornamento sulle richieste di sussidi di disoccupazione che a inizio aprile sono state pari a 6,6 milioni, in linea con la settimana precedente.

Il grafico non necessita di commenti. Siamo già ad oltre 6 trillioni di USD. L’impennata del bilancio FED è impressionante e mette a nudo il grande sforzo della banca centrale USA.

a possibile che tutto questo non abbia degli effetti collaterali? Inoltre è normale che la FED, che da sempre sbandiera la sua indipendenza, si metta (giustamente, ci mancherebbe) a disposizione del sistema con un bilancio completamente fuori controllo? Il grafico ci illustra la straordinarietà della situazione, ma nasconde anche tanti problemi che forse non conosciamo fino in fondo. Perché la FED continua imperterrita con questo sostegno (che probabilmente potrebbe essere mlto utile in fase di ripartenza)? Inoltre esiste una exit strategy?

Ma se la FED è proattiva, la BCE come è noto risponde con il suo Unlimited QE e anche le altre banche centrali sono iper-proattive. E che dire dei governi? Trump sta facendo del suo, e adesso anche l’Unione Europea sembra aver trovato delle soluzioni.

Ok, ci sarà anche tanta propaganda, ma forse un accordo è veramente arrivato. In attesa dei dettagli ecco cosa scrive Il Sole.

(…) Il pacchetto proposto comprende un fondo comune di assicurazione per l’occupazione del valore di 100 miliardi di euro, uno strumento della Banca europea per gli investimenti destinato a fornire 200 miliardi di euro di liquidità alle imprese, nonché linee di credito fino a 240 miliardi di euro dal MES agli Stati di sostegno per aiutare le economie a rimettersi in piedi. (…)

Attenzione, però. Non parliamo di MES come lo intendiamo noi. O almeno così sembra. Un MES utilizzabile apertamente a condizione che le cifre abbiano destinazioni molto chiare. La somma porta a 540 miliardi di Euro. Non dovrebbero trattarsi di “garanzie” (come quelle promesse dal Governo) ma di denaro contante e disponibile per sostenere proattivamente l’Unione Europea. Non ci dovrebbe essere traccia dei famosi “Coronabond”.

Mi riservo la facoltà di commentare solo quando conosceremo le condizioni di questo finanziamento “monstre”. Che resta sempre “mini” se paragonato a quello proposto da Trump. Ma è anche vero che è un “di più” che dovrebbe aggiungersi a quanto hanno fatto i Governi locali.

Di questi 540 miliardi quanti andrebbero all’Italia (visto che ve lo starete domandando?) Un calcolo spannometrico mi porta alla cifra di 100 miliardi. Nulla di rivoluzionario, faranno comodo ma non sono certo la cura di tutti i nostri mali.

Asta Btp fa il pienone e spread scende velocemente, boom ordini su Btp 2023 e 2044

L’asta Btp di oggi, una delle più ingenti in termini di emissioni degli ultimi anni, ha visto una calda accoglienza degli investitori con l’assegnazione del massimo dell’ammontare previsto, ossia 9,5 miliardi). Domanda sostenuta in particolare per il Btp triennale che era quello di maggior peso specifico e per le scadenze più lunghe (Btp 2036 e 2044).Nel dettaglio assegnati 4,5 mld di euro del Btp giugno 2023 (range era 4 e 4,5 mld) al tasso di assegnazione dello 0,86%, in rialzo di 13 pb rispetto a un mese fa. Il bid to cover è stato di 1,5 con richieste che hanno superato i 6,7 miliardi.Poi il Btp gennaio 2027 ha visto l’assegnazione di 3 mld (range era 2,5-3 mld) al tasso dell’1,37% con bid to cover di 1,36.Emissione di taglia inferiore invece per le scadenze più lunghe: il Btp marzo 2036 per 1,25 mld emesso al tasso del 2,06% con rapporto di copertura di 1,62; e infine il Btp settembre 2044 per 750 mln al tasso del 2,49% e bid to cover di 1,90.Buona la reazione del mercato con lo spread che si è contratto con decisione dopo l’asta: il differenziale è ora di 196 pb, in calo di oltre 10 pb rispetto a un’ora fa.

Banche: prestiti alle famiglie saliti del 2,5% a febbraio, ma in calo quelli alle imprese

I prestiti al settore privato sono cresciuti a febbraio dello 0,3% sui dodici mesi, contro lo 0,6 del periodo precedente. Nel dettaglio, i prestiti alle famiglie sono aumentati del 2,5% sui dodici mesi (come in gennaio), mentre quelli alle società non finanziarie sono diminuiti dell’1,3% (-1,1 nel mese precedente). E’ ciò che emerge dal consueto rapporto mensile “Banche e monete” di Bankitalia, diffuso oggi.I depositi del settore privato sono cresciuti del 6,2% sui dodici mesi contro il 5,3 in gennaio; la raccolta obbligazionaria è diminuita dell’1,6% sullo stesso periodo dell’anno precedente contro una riduzione del 2,1 in gennaio. Le sofferenze sono diminuite del 17,5% sui dodici mesi (in gennaio la riduzione era stata del 17,4 per cento).

Settore fitness: il 77% delle palestre chiuderà con 3 mesi di stop, oltre 200mila posti di lavoro a rischio

A causa dell’emergenza coronavirus, il settore del fitness e delle palestre potrebbe subire una perdita di 1 miliardo di euro con oltre 200 mila posti di lavoro a rischio, secondo i dati emersi dalla ricerca di IFO (International Fitness Observatory). Dai risultati dell’indagine emerge innanzitutto che il panorama delle palestre in Italia è composto per la maggioranza (59%) da piccoli club indipendenti, solo il 12% appartiene a catene e quasi il 3% in franchising. Il restante 28% è formato da piccoli studi di yoga, pilates, ecc.Rispetto alla componente economica, oltre il 90% dei club ha stimato sul periodo di febbraio e marzo un mancato incasso tra l’80% e il 90%, considerando che le chiusure hanno seguito periodi differenti nelle varie regioni d’Italia. Il settore perde mensilmente tra il 5% a più del 10% sul fatturato annuale, con un impatto economico che, in circa 5 mesi di inattività, si stima potrebbe superare 1 miliardo di incassi. L’Italia, con l’8% del mercato europeo, dopo Germania (20%), Inghilterra (19%) e Francia (9%), era al quarto posto in Europa con oltre 5,5 milioni di persone iscritte in palestra e con un mercato annuale di oltre 2,3 miliardi di euro.d oggi oltre l’83% delle palestre ritiene che le misure adottate finora non siano sufficienti a sostenere il settore, suggerendo tra i provvedimenti principali la sospensione di incombenze fiscali e bollette, forme di finanziamento a fondo perduto, agevolazioni e forme di indennizzo per il danno indotto da cause di forza maggiore.La capacità economica di poter resistere è differente: il 22% dichiara di avere autonomia per 1 mese. In 2 mesi il 61% ritiene di non avere le forze economiche per superare la crisi. Il 77% dei Club potrebbe non farcela in 3 mesi. Al quarto mese di stop, il rischio è quello che oltre l’82% dei club non sopravviva. Solo il 3,4% dei club potrebbe avere le risorse economiche per resistere a cinque mesi di chiusura.

Italia: Coldiretti/Ixé, +20% affamati a Pasqua. Da 4 italiani su 10 azioni di solidarietà

Salgono quest’anno a 3,2 milioni il numero di poveri che hanno bisogno di aiuto per mangiare per effetto delle limitazioni imposte per contenere il contagio e la conseguente perdita di opportunità di lavoro, anche occasionale. E’ quanto emerge da una stima della Coldiretti, in vista della Pasqua. Di fronte a questa emergenza, sono scattate molte azioni di solidarietà. Quasi 4 italiani su 10 (39%) in questi giorni di Pasqua stanno partecipando a iniziative di aiuto attraverso donazioni o pacchi alimentari. Secondo quanto rilevato da Coldiretti/Ixé, l’emergenza e il nuovo clima di solidarietà sociale fra persone, anche sconosciute fra loro, ma accomunate dalla guerra di resistenza contro la pandemia hanno spinto gli italiani a muoversi in favore degli altri: più di un terzo (36%) lo ha fatto con donazioni via web, il 17% ha usato il telefono, mentre 1 italiano su 4 (25%) si è preoccupato di fare la spesa per anziani e disabili mentre una fetta altrettanto importante della popolazione pari al 24% si è dedicato ad acquisto di pacchi alimentari per i bisognosi o aderendo a iniziative di spesa sospesa.

Bce pronta agli straordinari sui Btp, Goldman vede acquisti monstre fino a 700 miliardi

La Bce mette in campo tutto il suo arsenale per sostenere i paesi più vulnerabili in questa fase, a partire dall’Italia. I dati degli acquisti di marzo, mese durante il quale è partito il ‘QE pandemico’ da 750 miliardi di euro, evidenziano un cambio di rotta repentino con boom di acquisti di Btp da parte dell’Eurotower. In aggiunta ieri è arrivato un altro importante segnale passato un po’ in sordina: il Consiglio direttivo della BCE ha approvato misure temporanee miranti ad ampliare la disponibilità di garanzie, facilitando così l’accesso delle banche al finanziamento e sostenendo il credito a imprese e famiglie, anche mediante un aumento della tolleranza al rischio dell’Eurosistema, con una riduzione generalizzata degli scarti di garanzia applicati su tutte le attività conferibili in garanzia. Inoltre l’istituto centrale valuterà ulteriori misure per far fronte agli effetti a possibili downgrade da parte delle agenzie di rating.
Ma quale sarà l’effettivo sostegno della Bce all’Italia sotto forma di acquisti di BTP? Un calcolo lo ha fatto Goldman Sachs che ha rivisto al rialzo, addirittura raddoppiandole, le previsioni dei possibili acquisti di Btp. La casa d’affari Usa ritiene che la Bce potrebbe ampliare in modo significativo la dotazione PEPP di 750 miliardi di euro data l’ampia estensione dela flessibilità operativa. Goldman ritiene che un limite del 50% di tenenzione di bond governativi soddisfi i requisiti legali per gli acquisti illimitati ammissibili ai sensi dell’OMT e questo vincolo implica uno spazio di acquisto di circa 700 miliardi di euro di titoli italiani e 300 mld di titoli spagnoli, pari rispettivamente al 32 e al 27,5% del debito previsto a fine 2020.Goldman ritiene che il PEPP avrà una doppia funzione che lo posiziona a metà strada tra PSPP e OMT. Primo, supportare le condizioni finanziarie, principalmente attraverso la compressione dello spread sovrano. In secondo luogo, le dimensioni considerevoli del PEPP e l’ambiguità costruttiva intorno ai suoi precisi limiti gli consentono di fungere temporaneamente da backstop più ampio per i bilanci pubblici, colmando il vuoto lasciato finora dall’assenza di una risposta fiscale a livello di area dell’euro.

Dati di marzo confermano sforzo doppio della Bce sull’Italia

L’Italia conta sulla sponda della Bce che a marzo, in virtù soprattutto dell’avvio del nuovo piano PEPP, ha acquistato asset complessivi per 66,5 miliardi di euro rispetto ai 23,4 miliardi di febbraio. Di questi i titoli di stato governativi sono stati 37,3 miliardi dai 14,3 mld di febbraio e ben 11,9 miliardi di euro di acquisti hanno interessato i BTP italiani rispetto ai soli 2,2 mld del mese precedente.  Dati che confermano come la Bce stia sfruttando la flessibilità negli acquisti derivante dalla possibilità prevista nel PEPP di derogare dal criterio delle quote di partecipazione al capitale della banca centrale. Gli acquisti di Btp a marzo sono stati praticamente il doppio rispetto al massimo previsto se si fosse seguito il criterio delle quote gli acquisti massimi. Acquisti maggiorati anche per la Spagna mentre sono scesi soprattutto quelli di Bund tedeschi (-6,9 miliardi secondo i calcoli di Pictet).

Aste Bot e Btp, Tesoro a caccia di risorse per 19 miliardi in due giorni

Intanto è in arrivo una doppia maxi-emissione del Tesoro. La necessità di extra-emissioni per fronteggiare l’emergenza Covid-19 ha portato il Tesoro a riesumare le emissioni trimestrali che mancavano da ben 7 anni. Nell’asta odierna verranno offerti Bot con scadenza luglio 2020 per 3 miliardi, in aggiunta ai consueti Bot annuali per 6,5 miliardi. Domani bis con un’emissione altrettanto sostanziosa di Btp a 3, 7, 15 e 30 anni per massimi 9,5 miliardi. Complessivamente quindi 19 miliardi massimi in due giorni.
L’emergenza coronavirus costringerà l’Italia a far lievitare le emissioni nette che UniCredit Research stima fra 121 e 158 miliardi da qui a fine anno.

Le ultime decisioni del consiglio direttivo Bce

Ieri il consiglio direttivo della Bce ha approvato misure temporanee miranti ad ampliare la disponibilità di garanzie, facilitando così l’accesso delle banche al finanziamento e sostenendo il credito a imprese e famiglie, anche mediante un aumento della tolleranza al rischio dell’Eurosistema, con una riduzione generalizzata degli scarti di garanzia applicati su tutte le attività conferibili in garanzia. In una nota pubblicata ieri l’istituto guidato da  Christine Lagarde sottolinea che si tratta di “una serie di misure senza precedenti sui collaterali per mitigare l’inasprimento delle condizioni finanziarie nell’area dell’euro” e che è “complementare alle altre misure di recente annunciate”.
Questo avverrà nel quadro ‘Additional credit claims’, che permette alle banche centrali nazionali di ampliare la portata dei crediti ammissibili per le controparti nelle rispettive giurisdizioni. Con questa estensione, si legge nella nota della Bce, vengono inclusi anche i prestiti garantiti dal governo e dal settore pubblico a imprese, Pmi, lavoratori autonomi e famiglie “al fine di fornire liquidità anche ai prestiti che beneficiano dei nuovi regimi di garanzia adottati negli Stati membri dell’area dell’euro come risposta alla pandemia di coronavirus”.
In secondo luogo, il consiglio direttivo della Bce ha adottato altre misure temporanee, tra cui la decisione di abbassare il livello della soglia minima per i crediti nazionali a 0 euro dai precedenti 25mila euro per facilitare l’uso come garanzia di prestiti da piccole entità societarie. Previsto anche “un aumento, dal 2,5% al 10%, della quota massima di strumenti di debito non garantiti emessi da qualsiasi altro gruppo bancario nel pool di garanzie di un istituto di credito”. Inoltre, la Bce ha deciso di rinunciare “al requisito minimo di qualità creditizia per strumenti di debito negoziabili emessi dalla Repubblica ellenica per l’accettazione come garanzia nelle operazioni di credito dell’Eurosistema”. Tra le decisioni della quella di aumentare temporaneamente il livello di tolleranza al rischio nelle operazioni di credito attraverso una riduzione generale degli scarti di valutazione delle garanzie di un fattore fisso del 20%.
Queste misure, precisa la Bce nel comunicato ufficiale, sono temporanee per la durata della crisi pandemica e legate alla durata del PEPP. Saranno rivalutati entro la fine del 2020, anche considerando la necessità di estendere alcune di queste misure per garantire che la partecipazione delle controparti dell’Eurosistema alla sua liquidità, a condizione che le operazioni non siano influenzate negativamente.

Italia insiste su eurobond, Bce salva BTP e apre a idea anti COVID. Ultima chiamata all’Eurogruppo

Se il piano Marshall anti-COVID che l’Eurogruppo si appresta – così sembra – a lanciare includerà gli eurobond auspicati dall’asse Italia-Francia-Spagna, che si chiamino coronabond o meno, è ancora tutto da vedere.
E’ una delle poche certezze di questa giornata campale: campale per l’Italia e per il futuro dell’Europa, con i ministri delle finanze dei paesi dell’area euro che si riuniranno -in modo virtuale, attraverso una videoconferenza – per sfoderare una risposta comune alla crisi innescata dal coronavirus.

TOPSHOT – Residents wait to be given access to shop in a supermarket in small groups of forty people on February 23, 2020 in the small Italian town of Casalpusterlengo, under the shadow of a new coronavirus outbreak, as Italy took drastic containment steps as worldwide fears over the epidemic spiralled.

Il tweet di Paolo Gentiloni, ex premier e ora commissario Ue agli Affari economici, prima della riunione in videoconferenza, è inequivocabile:

“Di fronte alla crisi più grave dopo la guerra, per i Paesi europei è il momento di fare un altro passo avanti nella risposta comune. Responsabilità e ambizione”.
Il timore, tuttavia, soprattutto dei paesi del Sud Europa,  è che la montagna partorirà il classico topolino.
Nell’articolo “Coronavirus: Is Europe losing Italy?, il Financial Times mette in evidenza la cautela dello stesso europarlamentare ed europeista Carlo Calenda, citando le sue dichiarazioni:
“Dovete capire che il mio partito (Azione) è uno dei partiti più pro-europeisti in Italia. E ora ci sono esponenti che mi scrivono dicendo: “Perchè vogliamo rimanere nell’Unione europea? E’ inutile“.
E la diaspora dal mito dell’Europa sembra colpire sempre più italiani. “L’Italia – ha detto ancora Calenda – è alle prese con una enorme trasformazione. Ci sono migliaia di pro-europei che si stanno muovendo verso questa direzione” di disillusione nei confronti del sogno europeo.
A confermarlo, sottolinea il quotidiano britannico, sono gli stessi numeri: dall’ultimo sondaggio condotto lo scorso mese da Tecnè, è emerso che il 67% degli interpellati ha risposto di ritenere che l’appartenza dell’Italia all’Unione europea sia uno svantaggio per l’Italia, in deciso rialzo rispetto al 47% del novembre del 2018. E la situazione è tale che Lorenzo Pregliasco, sondaggista presso YouTrend, commenta:
Se sono gli stessi attivisti e politici dei partiti europeisti a non essere più sicuri di sapere come si sentono, immaginate quello che pensano gli elettori”.

Eurobond pomo della discordia dell’Europa

Pomo della discordia è il modo in cui i diversi paesi europei vogliono forgiare il cosiddetto piano Marshall o potenza di fuoco anti-Covid.
L’Italia, si sa, appoggia la soluzione dei coronabond o covid bond. In sintesi, degli eurobond: obbligazioni europee che vengano emesse da un organismo comunitario e che permettano di finanziare le iniziative che i paesi europei devono/dovranno intraprendere per risollevarsi dalla catastrofe economica provocata dagli effetti del coronavirus, lockdown in primis.
Basti pensare all’alert lanciato nelle ultime ore dal Censis/Confcooperative e dall’Istat, istituzioni che, non per niente, sono ricorse alla parola shock per descrivere il futuro dei fondamentali economici italiani.
Nel descrivere come si potrebbe intervenire per salvare l’Italia dal disastro Maurizio Gardini, numero uno di Confcooperative, lo ha chiesto chiaramente:
“Da questo shock epocale usciremo vincitori solo con un’Europa unita e solidale. È indispensabile l’emissione di bond europei che non pesino sul debito dei singoli paesi e siano finalizzati a supportare le economie degli stati membri”. E “non è un discorso di ‘falchi’ contro ‘colombe’ – ha fatto notare Gardini – Gli effetti del Covid19 sono insostenibili per i singoli paesi. Anche per quelli che lucrano grazie a imprese che spostano ad Amsterdam la propria sede legale per un fisco di favore”.
Lo stesso auspicio era stato lanciato giorni fa dal centro studi di Confindustria, che ha paventato per l’Italia un crollo del Pil del 6%, scrivendo negli Scenari economici che le istituzioni europee “sono all’ultima chiamata per dimostrare di essere all’altezza della situazione”.
Dopo i primi interventi, infatti, è “cruciale un passo in più”, ovvero “l’introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata”. La sospensione del Patto di stabilità? “Emergenziale, indispensabile ma insufficiente”. Insomma, gli eurobond servono, così come ha ripetuto ieri il premier Giuseppe Conte, nel presentare la potenza di fuoco da 400 miliardi:
“Mes no, eurobond sicuramente sì. Il Mes è uno strumento assolutamente inadeguato, gli eurobond sono la soluzione, una risposta seria, efficace e adeguata”.

Germania spinge ancora su Mes, no eurobond

Eppure, stando ad alcune indiscrezioni riportate dal Sole 24 Ore, in vista della riunione di oggi dell’Eurogruppo, la Germania avrebbe ancora spinto sul Mes, ergo sul Fondo salva-stati.
In una lettera pubblicata su alcuni quotidiani europei, in particolare, i ministri tedeschi Heiko Maas (Affari esteri) e Olaf Scholz (Finanze), hanno sì spezzato una lancia a favore degli aiuti, sotto forma di prestiti generosi, che i paesi in difficoltà dovrebbero ricevere. Ma non hanno parlato di coronabond o, più genericamente, di eurobond. Di nuovo, la risposta è stata MES, anche se senza l’apposizione di condizioni particolari e di vincoli vari.
Tra l’altro, l’FT ricorda la famosa frase proferita dalla cancelliera tedesca Angela Merkel nel 2012, nel bel mezzo della crisi dei debiti sovrani che rischiò di certificare la fine dell’euro. Niente eurobond, “fino a quando vivrò”, disse.
La questione degli eurobond è stata affrontata nelle ultime ore anche da Paolo Gentiloni, commissario Ue per l’Economia e da Thierry Breton, commissario per il Mercato interno e i servizi che, in un intervento su Il Corriere della Sera, hanno auspicato la creazione di un “fondo europeo per la rinascita”, confermando il sostegno alla soluzione degli eurobond.
I due hanno presentato l’idea di “un Fondo europeo espressamente concepito per emettere obbligazioni a lungo termine” a cui destinare risorse di bilancio e dotato di “una governance che consenta di evitare qualsiasi moral hazard”.
C’è però un tedesco che non ha escluso a priori il lancio dei coronabond, e non un tedesco qualsiasi, visto che si tratta di Isabel Schnabel, esponente del comitato esecutivo della Bce.
In un’intervista al giornale greco To Vima, Schnabel ha detto infatti che “l’emissione una tantum dei coronabond potrebbe essere una possibilità” per far fronte all’emergenza coronavirus, aggiungendo che “è chiara la necessità di fornire un aiuto a livello europeo ai Paesi maggiormente colpiti dalla crisi”. Una precisazione non è però mancata. “Ci sono altri strumenti che potrebbero essere utilizzati“.
E tuttavia, guardando ai mercati, è stato proprio l’assist – seppur condizionato a quella frase ‘una tantum’ – della Bce alla prospettiva dei Covid bond a risollevare le quotazioni della carta italiana, dei BTP in particolare, come certificano gli stessi acquisti effettuati dalla banca centrale.
Francoforte ha reso noto, infatti, di aver acquistato la scorsa settimana titoli per un ammontare di 34 miliardi di euro, di cui 30 miliardi attraverso il nuovo piano PEPP (contabilizzati 5 giorni), comunicando contestualmente che, in tutto il mese di marzo, gli acquisti effettuati attraverso i programmi APP e PEPP sono ammontati a 66,5 miliardi (di cui 15,4 miliardi nell’ambito del QE pandemico o di emergenza, il PEPP per l’appunto).
Dai dati emersi riguardo all’utilizzo dell’APP (programma di acquisto di asset), gli acquisti dei titoli di stato governativi a marzo sono stati di 37,3 miliardi (dai 14,3 di febbraio): di questi, ben 11,9 miliardi di euro di acquisti hanno interessato i BTP italiani, rispetto ai soli 2,05 miliardi di euro di Bund tedeschi acquistati.
Insomma, la Bce si sarebbe attivata a sostegno dell’Italia, eurobond o non eurobond.
Non per niente lo spread BTP-Bund a 10 anni è decisamente sotto controllo, e ha aperto oggi in ribasso a 189 punti contro i 191 della chiusura ieri, a fronte di tassi sui BTP decennali all’1,49%.
Il lancio dei coronabond ha il sostegno di nove paesi membri dell’area euro, guidati da Italia, Spagna e Francia che, nel mese di marzo, hanno firmato una lettera chiedendo espressamente l’emissione congiunta di strumenti di debito che vengano garantiti da tutti i paesi dell’area, Germania inclusa.
L’appello è stato però snobbato da tutti, presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen inclusa. La risposta, bene o male, è stata sempre la stessa: MES.

Anas: traffico a marzo sceso del 55%, tengono i mezzi pesanti

Pesante flessione del traffico sulle strade in Italia. Secondo i dati diffusi oggi dall’Anas (Gruppo FS Italiane), a marzo si è registrato su tutto il territorio nazionale una flessione del traffico del 55% rispetto a marzo 2019 e del 52% rispetto al mese prima. A contenere la caduta è il traffico dei mezzi pesanti che a marzo ha evidenziato un calo contenuto, nonostante l’emergenza coronavirus. In particolare, l’indice di Mobilità Rilevata ha registrato sull’intera rete Anas un decremento del 25% rispetto a marzo 2019 e del 24% rispetto a febbraio 2020, quando è cominciata l’epidemia.

Codacons: minora spesa per 2.644 euro a famiglia se chiusura fino a giugno. Unc: dato shock

Se le stime dell’Istat sulla riduzione dei consumi degli italiani pari al -9,9% in caso di chiusura fino a giugno fossero confermate, si avrebbe a fine anno una riduzione complessiva dei consumi per 68,9 miliardi di euro, con una minore spesa pari a -2.644 euro a famiglia. Lo afferma il Codacons, commentando gli scenari sul lockdown diffusi oggi dall’istituto di statistica. Nel caso in cui invece il lockdown fosse fino alla fine di aprile, e quindi una caduta dei consumi prevista del 4,1%, la minore spesa degli italiani sarebbe pari a -28,5 miliardi di euro, con una contrazione dei consumi per -1.095 euro a famiglia, secondo il Codacons.All’allarme sui consumi, risponde anche l’Unione Nazionale dei Consumatori: “Dati shock, che dimostrano come le vendite di febbraio rese note oggi appartengano ad un’altra era”. L’associazione dei consumatori chiede dunque come prima misura, non appena sarà possibile dal punto di vista sanitario passare alla cosiddetta fase 2, di dare la possibilità di uscire dal proprio comune per le situazioni di necessità e, quindi, anche per le spese obbligate, oggi possibili solo dove si abita.

Istat: consumi -10% se si riaprisse a giugno, duro colpo soprattutto per alloggio e ristorazione

L’Istat prova a stimare gli effetti delle misure di contenimento sui consumi, proponendo due scenari, il primo in cui la chiusura delle attività riguarderebbe solo i mesi di marzo e aprile; l’altro in cui la chiusura si estenderebbe fino a giugno. Nel primo caso la riduzione dei consumi sarebbe pari al 4,1% su base annua mentre nel secondo al 9,9%. La riduzione dei consumi determinerebbe una contrazione del valore aggiunto dell’1,9% nel primo scenario e del 4,5% nel secondo.Con la chiusura fino a fine aprile, i comparti dell’alloggio e ristorazione (-11,3%) e del commercio, trasporti e logistica (-2,7%) subirebbero le contrazioni più forti. Anche nel secondo caso, con chiusura fino a giugno, le contrazioni più marcate del valore aggiunto si riferirebbero alle attività di alloggio e ristorazione (-23,9%) e commercio, trasporti e logistica (-6,9%).

Istat: crollo della fiducia a marzo, valori più bassi rispetto alle precedenti crisi

Le prime indicazioni disponibili sull’impatto economico del coronavirus in Italia provengono dal clima di fiducia di famiglie e imprese, che a marzo ha segnato una forte e diffusa flessione con valori che rappresentino i livelli più bassi rispetto al periodo considerato e alle precedenti crisi economiche. L’Istat, nel suo rapporto mensile sull’economia, sottolinea che al momento della rilevazione risultano sospese le attività di 2,2 milioni di imprese (il 49% del totale, il 65% nel caso delle imprese esportatrici), con un’occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%). “Il lockdown delle attività produttive ha quindi amplificato le preoccupazioni e i disagi derivanti dall’emergenza sanitaria, generando un crollo della fiducia di consumatori e imprese”, spiega l’istituto di statistica.

Istat: le misure di contenimento del Covid-19 stanno causando uno shock senza precedenti

Lo scenario internazionale è dominato dall’emergenza sanitaria e le misure di contenimento del Covid-19 stanno causando uno shock generalizzato, senza precedenti storici, che coinvolge sia l’offerta sia la domanda. A sottolinearlo è l’Istat in apertura del suo consueto rapporto mensile sull’economia. L’istituto di statistica precisa che al momento è difficile fare previsioni sull’impatto economico dell’emergenza. “La rapida evoluzione della pandemia rende difficile rilevare l’intensità degli effetti sull’economia reale con gli indicatori congiunturali la cui diffusione avviene con un ritardo fisiologico rispetto al mese di riferimento”, si legge nella nota. Tuttavia, le conseguenze sono già visibili su alcuni indicatori, tra cui il clima di fiducia, crollato tra i consumatori e le imprese, le esportazioni, scese soprattutto nei confronti della Cina, e sulle vendite al dettaglio, aumentate per effetto degli acquisti di beni alimentari.

Pil e debito Italia, la previsione catastrofica degli economisti di UniCredit. Agenzie di rating cosa faranno?

L’Italia è stato il primo paese dell’Europa ad essere colpito dalla morsa di Covid-19 e le ripercussioni saranno catastrofiche sul PIL a detta degli economisti di Unicredit Research. La stima è infatti di un PIL in crollo verticale del 15% nel 2020, peggio rispetto al -13% stimato per l’intera area euro. Stime che sono ben più severe circa l’impatto del virus sull’economia anche rispetto a quelle di Confindustria che aveva indicato -6% per il PIL 2020.

2020 da incubo, ma seguirà un rimbalzo record

Per l’Italia si tratterebbe del peggior calo del PIL degli ultimi 60 anni, ma si potrà consolare parzialmente nel 2021 con un recupero di +9% a detta degli esperti di Unicredit. Il recupero potrebbe già iniziare nella seconda metà dell’anno dopo un primo trimestre che potrebbe segnare -5% su base trimestrale e un secondo trimestre da ben -22% su base trimestrale, in quanto l’intensificazione dello shock dell’offerta si aggiunge allo shock della domanda che ha colpito principalmente i settori dei servizi (ad es. commercio, trasporti e turismo). “Prevediamo un rimbalzo nel secondo semestre, mentre le aziende ricostruiscono gli inventari e la fiducia recupera gradualmente, sostenendo la domanda repressa del settore privato. Eppure, la forza di questa ripresa rappresenta una delle principali incertezze per l’outlook“, argomenta Loredana Maria Federico, Chief Italian Economist di Unicredit.

Andranno di conseguenza sotto stress i conti pubblici con deficit addirittura al 12,2% a fine anno dall’1,9% di fine 2019. Il debito pubblico è visto schizzare dal 134,8% al 167% del PIL.

Verso i giudizi di primavera delle agenzie di rating

L’Italia in questo scenario molto difficile dovrà guardarsi dai giudizi delle agenzie di rating. Già nel secondo trimestre andranno a esprimersi sull’Italia S&P il 24 aprile (BBB, con outlook negativo), l’8 maggio sarà invece il turno di Moody’s (Baa3, outlook stabile) e DBRS (BBB [high], outlook stabile). “Mentre non ci aspettiamo un cambio di valutazione nel mezzo della crisi – asserisce Loredana Maria Federico – è probabile che le agenzie esaminino attentamente la capacità dell’Italia di riprendersi dalla crisi e così da gestire un rapporto debito pubblico/PIL ancora più elevato. Risultati raggiunti prima dell’attuale la crisi per quanto riguarda gli squilibri nei settori privato, esterno e bancario aiuta ad attenuare il rating preoccupazioni delle agenzie.
Fitch, che a sua volta ha outlook negativo sull’Italia (rating BBB), si esprimerà il prossimo 10 luglio.
Sulle agenzie di rating si soffermano anche gli esperti di Bank of America che in prospettiva vedono probabile il downgrade di un gradino da parte di Fitch e S&P visto che l’outlook da loro indicato è già negativo e il profilarsi di un forte deterioramento delle finanze pubbliche e della crescita. Tuttavia, la banca d’affari Usa non prevede un declassamento ulteriore sotto il livello investment grade proprio considerando le ripercussioni finanziarie e politiche di una tale mossa.

C’è chi può far peggio dell’Italia

Nel report intitolato “La madre di tutte le recessioni è arrivata”, Unicredit Research indica un crollo del 6% del Pil mondiale e una ripresa nel 2021 di +8,6%. cali a doppia cifra sono attesi per l’economia Usa (-10,8%) e quella dell’area Euro (-13%) che dovrebbero evidenziare l’anno prossimo rimbalzi sostanziosi rispettivamente di +11,8% e +10%.
A far peggio dell’Italia potrebbero essere Grecia (-18,6%) e Spagna (-15,5%).

Banche ancora nel radar di Fitch su debole outlook Italia

Le deboli prospettive dell’Italia rischiano di mettere sotto pressione le banche del Paese. E’ questo l’alert che lanciano gli esperti di Fitch, secondo i quali il Prodotto interno lordo (Pil) italiano potrebbe registrare un calo del 4,7% nel 2020 con una ripresa del 2,3% nel 2021. “Le nostre previsioni di base riviste mettono in evidenza che le sfide per le banche italiane in questo scenario senza precedenti e la prospettiva di un’economia molto più debole a seguito della pandemia potrebbe intensificare la pressione sui rating bancari”, si legge nel report. Di recente Fitch aveva posto l’attenzione sulle banche, con diversi istituti che hanno un Outlook negativo.

“Riteniamo che le banche con outlook negativo abbiamo lo spazio per uscire dall’attuale crisi con i loro rating intatti, in quanto mostrano punti di forza nei modelli di business e profili finanziari”, aggiunge Fitch sottolineando che “i loro rating rimangono, tuttavia, vulnerabili nonostante questi punti di forza e probabilmente verrebbero declassati se la crisi sanitaria globale non venisse risolta nel secondo semestre del 2020, perché ciò renderebbe meno probabile una forte ripresa nel 2021, mettendo ulteriore pressione sulla qualità degli utili e degli asset”.Un declassamento del rating italiano (BBB / negativo) comporterebbe anche un downgrade delle banche in quanto Fitch ritiene che vi sia una forte correlazione tra il merito di credito delle banche, il profilo di credito sovrano italiano e l’economia nazionale. “Ciò è dovuto all’esposizione delle banche ai mutuatari italiani e alla loro esposizione diretta al debito sovrano tramite i titoli di Stato detenuti”, precisa l’agenzia di rating Usa.Situazione diversa per le banche il cui rating è stato posto in Rating Watch Negative (ovvero Banco di Desio e della Brianza, Banca Popolare di Sondrio, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca Ifis, Bper, Mps e Carige). Le pressioni sui rating per queste banche “sono più imminenti” e “potrebbero essere declassate se gli effetti della pandemia sui loro profili di credito diventassero più evidenti”. I trigger di downgrade, spiegano ancora da Fitch, dipendono dalla situazione di ciascuna banca.

BORSE e MERCATI: dopo il rally, la resa dei conti

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Il mercato frena un po’ la sua corsa. Un rimbalzo che è più che normale nelle fasi di crisi. Prendete tutti i grafici che volete, proposti su siti e sui social, e vedrete che con correzioni impulsive ci sono anche risposte impulsive.
Il rimbalzo era ed è più che motivato. Motivazioni di tipo tecnico, ricoperture varie, ma anche motivazioni fondamentali con una politica fiscale e monetaria in ogni dove estremamente importanti. Banche centrali e governi stanno facendo (quasi) di tutto per evitare che la crisi Coronavirus sia la Caporetto economica per paesi ed imprese.Il mercato quindi è stato alimentato da questi elementi che non sono di poco conto.
L’unico grande problema però è che stiamo facendo la guerra ad un nemico unico, mai visto prima, imprevedibile, e ancora non debellato, il cui impatto a livello economico, finanziario e sociale non è ancora quantificabile.Si stanno facendo i conti senza l’oste? Forse si, ma attenzione, i vari bazooke messi in campo non devono essere sottovalutati. Ci sono impatti che anche a livello finanziario non tarderanno a farsi vedere. Ma altri forse ci metteranno un po’ di più.
Prendiamo ad esempio Wall Street. A conti fatti siamo a circa -20% dai massimi. E stiamo parlando della peggior crisi economica vista dopo la seconda guerra mondiale.

Grafico SP500

Chart SP500 SPX by TradingView

E’ normale una correzione così limitata? Beh, la bomba sganciata dal sistema a sostegno della baracca non è indifferente e anche dal punto di vista emotivo ha un suo perché.
Un confronto con le crisi passate però è d’obbligo. Ok, questa volta stiamo ragionando di una crisi diversa, con un lockdown che però ricordiamolo, arriva quando eravamo già a fine ciclo. Insomma, il mercato arrivava da una vorticosa salita, ci aspettavamo la recessione e cosa ci arriva? Covid-19 e crisi petrolio. Due belle bombe!

Chart comparison

Ma occhio, la resa dei conti ce l’avremo innanzitutto con loro, l’incubo degli investitori e degli analisti. Le trimestrali. Se fino ad oggi abbiamo vissuto di speranze, con le trimestrali avremo modo di tastare con mano sia la situazione delle aziende USA ma anche delle previsioni per il prossimo trimestre.
Tanto per cominciare il Price Earning. Guardiamo quello in versione Forward. Siamo pur sempre sopra la media a 10 anni.

E se poi parliamo di risultati, gli analisti si aspettano che ci sia una crescita per il primo trimestre “solo” dell’1,5%, il peggior dato dal 2016… La faccio breve, siamo sicuri che queste attese siano coerenti?

Inizieremo a fare sul serio tra una settimana, ovvero martedi, quando grandi banche come JPM e Citigroup alzeranno il velo sui conti delle rispettive società. La resa dei conti su quello che è stato (Q1) e su quello che forse sarà (Q2).

TOTAL PANIC o TOTAL CONFUSION? Indicatore contrarian e previsioni incongruenti

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Bank of America rilascia il suo Bull & Bear indicator che si trova al minimo assoluto. E’ a ZERO, segnale potenzialmente contrarian che chiama il BUY. Ma allo stesso tempo si prevede un PIL oltre -10% in USA. Qualcosa non quadra, anche guardando buyback e margin debt.

I mercati hanno già sicuramente fatto un bel movimento correttivo. Si tratta per il solo mercato USA di circa 20 trillioni di USD e spread sul mercato obbligazionario del credito che è salito di oltre 400 bp.
Ma resta il feroce dubbio se già si sta scontando non solo il collasso degli utili societari, ma anche il tasso di default che avremo, il collasso economico che ne consegue oltre che tutte le conseguenze sociali.
Insomma, la mancanza di certezza sotto tutti gli aspetti sembra essere un problema da non sottovalutare, anche perché queste settimane, lo ripeto, abbiamo avuto un movimento di “ricopertura” che lascia il tempo che trova.
Ma ovviamente non tutti sono dello stesso parere. Ed è giusto che sia così, altrimenti non ci sarebbe mercato.
Tra le voci fuori dal coro leggo quelle di Bank of America.
Intanto il loro indicatore Bull & Bear registra un minimo che più minimo non si può.

(…) “Tough for asset prices & volatility to subside until human beings can safely leave their homes; that said … lows on corporate bond & stock prices are in,” wrote Hartnett, whose straightforward and data-filled notes are popular on Wall Street. Secondly, a powerful contrarian “buy” signal for the market has been triggered. Bank of America’s proprietary “Bull & Bear” indicator, which looks at recommended positioning of Wall Street, points to “extreme bear.”(…) 

Il capo economista della stessa BofA M. Hartnett quindi la vede meno grigia di quanto, personalmente, la stia vedendo io. Anche se pure per BofA il mese di aprile potrebbe tornare ad essere difficile.
Intanto però questo indicatore di sentiment, lasciatemi dire, lascia il tempo che trova e potrebbe anche essere utile in determinati condizioni di mercato. E non sono quelle attuali.
Siamo nel bel mezzo di una tormenta che ci porterà ad una recessione senza precedenti. E sorprende persino che la stessa BofA poi se ne esca con una previsione di un PIL USA per il 2020 che collassa a -10,4%.

Non dimentichiamo la sottile linea che lega la previsione macroeconomica con le esigenze commerciali di una realtà che vive sulla gestione del risparmio e che in questi ultimi mesi ha subìto outflow importanti. Che per le case di gestione del risparmio significano miliardi di utili che sfumano.

Ultima cosa. Sponda Goldman Sachs mi mandano questo grafico interessante. Ricordate i buyback? Bene, hanno avuto un impatto determinante nel rally della cosiddetta “bolla da asset”. Nel 2020 causa Covid-19, scenderanno del 50% e anche nel 2021 (prima parte non andranno meglio).

E se ai buyback aggiungiamo anche l’altro tassello, ovvero il debito creato ad hoc per seguire il trend, ovvero il margin debt che permetteva, con volatilità bassa, investimenti a basso rischio sui mercati finanziari (e ritorni molto interessanti) utilizzando la leva finanziaria…. Ecco, un’altra storia destinata a scemare. Questa la situazione registrata ad inizio mese scorso e già dava chiari segnali di frenata. Mancando questi due elementi, sarà difficile a far tornare a gonfiare le quotazioni facilmente. Anche con banche centrali estremamente espansive.

Quindi all’apparenza grande CONFUSIONE. Ma poi nel concreto non è così. Da un lato una reazione di breve del mercato che può essere guidata da indicatori di sentiment che portano ad un rimbalzo anche importante ne breve. Dall’altro lato invece parliamo di un discorso più strutturale, che va oltre al breve termine.

Italia: crolla attività edile per chiusure Covid-19, Pmi costruzioni precipita a 15,9

La chiusura delle imprese e le misure restrittive attuate per cercare di arginare la diffusione del Covid-19 hanno provocato a marzo il crollo record dell’attività edile in Italia. Secondo i dati elaborati da Ihs Markit, l’indice pmi costruzioni in Italia è crollato di quasi 35 punti passando da 50,5 di febbraio a 15,9 di marzo segnalando una rinnovata contrazione dell’attività dell’edilizia. Il tasso di declino è stato inoltre elevato e il più veloce osservato dall’inizio dell’indagine, quindi luglio del 1999

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ITALIA nel BARATRO: un KO che rischia di diventare LETALE

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Non avevamo certo bisogno di grandi conferme: però la violenza del crollo di questo indicatore è semplicemente sbalorditivo.
Torniamo a parlare dell’Italia. Un paese che già di suo era sull’orlo della recessione, sommersa da debito pubblico, da una bassa produttività e da un PIL che non riusciva a salire se non del fatidico “zero virgola”.
La crisi per il Covid-19 ha ovviamente enfatizzato le cose, portando però il povero Bel Paese, che era già in difficoltà, in pieno collasso.
Venerdì è uscito un indice, il Markit/ADACI services PMI, un indice che misura lo stato di fiducia del settore terziario in Italia.MAI e ripeto MAI si è visto l’indice a questi livelli e MAI dico MAI si è visto nella storia un così rapido collasso dello stesso. Ma non solo, le aspettative per la prossima rilevazione sono per un’ulteriore peggioramento.
Qui non si parla di rischio recessione, perché è palese che stiamo vivendo la PEGGIOR recessione della storia. La questione è MOLTO più delicata. Qui stiamo creando il DESERTO economico, l’azzeramento della nostra storia e del nostro potenziale.

(…) Gli effetti della pandemia da Covid-19 hanno colpito il settore italiano dei servizi nel mese di marzo, causando la più rapida contrazione dall’inizio dell’indagine. Le aziende intervistate hanno collegato questa flessione alle misure di emergenza e alle chiusure imposte per arginare la diffusione del Covid-19. (…)

Ovvio, il lockdown ha dato il colpo di grazia. DECAPITAZIONE.

(…) Anche i nuovi ordini e l’occupazione hanno registrato crolli record mentre le aspettative sull’attività sono scese ad un minimo record. (…) L’Indice destagionalizzato delle Attività Economiche, ovvero l’indice principale di questo report, calcolato grazie ad una singola domanda che chiede alle aziende monitorate di paragonare l’andamento dell’attività del mese in corso rispetto a quello precedente, ha indicato a marzo 17.4 precipitando da 52.1 di febbraio (…) Tale tracollo ha indicato il calo più forte dall’inizio della raccolta dei dati (…)

(…) Il tasso di riduzione dei posti di lavoro è stato il più rapido in più di 22 anni di raccolta dati risultando generalmente elevato. (…) L’Indice dell’Attività Futura si è posizionato su un valore inferiore alla soglia neutra di 50.0, facendo intendere che le aziende del settore terziario prevedono un calo dell’attività nei prossimi dodici mesi. L’ottimismo inoltre è crollato al minimo storico. (…)

Se poi vogliamo rincarare la dose, eccovi l’indice composito. Per la cronaca gli Indici Compositi PMI sono medie ponderate degli indici comparabili PMI dei settori manifatturiero e terziario. Tale ponderazione rispecchia la relativa portata dei due settori, manifatturiero e terziario, secondo i dati PIL ufficiali. L’Indice della Produzione Composita in Italia è una media ponderata dell’Indice della Produzione Manifatturiera in Italia e dell’Indice dell’Attività Terziaria in Italia.

Più che normale, cari signori. Perché NESSUNO può sapere quando ci sarà la ripartenza. E questo fatto deve essere di GRANDE aiuto per chi cerca di trovare il bandolo della matassa.
Impossibile stabilire a tavolino quando si uscirà dalla crisi e quando ci sarà la parvenza di una ripartenza. IMPOSSIBILE perché c’è totale INCERTEZZA sul QUANDO questo avverrà. E fino a quando non avremo questo dato, staremo parlando del nulla.
Con questo intendo dire che avremo sempre a che fare con dati macroeconomici pessimi e sentiment ai minimi.
Ecco perché continuo a rompere le scatole con gli unici grafici che contano in questo momento, ovvero questi.

COVID-19 ITALIA: la situazione

CORONAVIRUS: crescita contagi in ITALIA

COVID-19: situazione globale

I primi due grafici ci fanno vedere una situazione in Italia che sarà anche migliorata ma siamo sempre BEN lontani purtroppo da vedere quel famoso appiattimento che poi dovrebbe portare all’azzeramento dell’aumento del numero dei contagiati. Il lockdown ha portato il tasso di contagio a +4% come crescita. Ma ancora si continua a salire. Ma soprattutto occhio all’ultimo grafico. Lasciando da parte la Cina, su cui potremmo discutere per ore, guardate innanzitutto la Spagna, che è quasi al nostro livello di contagio malgrado sia sulla scala temporale circa una settimana indietro rispetto a noi. E poi gli USA. Un grafico semplicemente FUORI CONTROLLO.
Poi ognuno pensi e dica quello che crede. Però a me sembra così.

ITALIA: ora o mai più

Tornando al nostro Bel Paese, discorso che vale ovviamente anche per gli altri stati, occorre quanto prima avere delle risposte ed è FONDAMENTALE secondo me, a questo punto, andare a redigere un piano di IPOTESI per iniziare a ragionare sulla ripartenza, per non farsi cogliere impreparati. Una ripartenza che dovrà essere il più possibile graduale, ma allo stesso tempo sufficientemente dinamica per poter permettere al tessuto economico di ripartire. Questo deva farlo il Governo, SUBITO. Perché lo ripeto, non possiamo farci cogliere impreparati. Non perché io penso che si tornerà come prima ma perché bisogna fare il possibile per salvare tutto il salvabile. E credetemi, ho paura he il salvabile sarà veramente poco.

“Il dilagare del Covid-19 è la crisi di tutti e i Paesi dell’Unione Europea devono affrontare insieme l’emergenza coronavirus, pena il fallimento generale.” (P. Gentiloni)

Questa affermazione da parte di un personaggio che più piacere o meno, vale per l’Italia in primis, perchè da soli non ce la facciamo. Secondo molti, questa è l’occasione che da questa vicenda si possano gettare le basi per un “nuovo modello” di sviluppo economico e sociale. Per certi versi potrebbe anche essere possibile. Ma quello che preoccupa è che manca una qualsiasi organizzazione, coordinamento, piano d’azione. E poi la mentalità: quella il Covid-19 mica se l’è portata via…

(…) “Come ha detto Angela Merkel – ha detto Gentiloni in un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Die Welt – questa crisi è la peggiore dalla seconda guerra mondiale. E questa volta non ci saranno né vincitori né vinti in Europa.”  (…)

Negativo mio caro, la crisi della Seconda Guerra mondiale rischia di diventare una passeggiata sopratutto in vista del “dopo”. Proprio perchè la ripartenza rischia di diventare la nostra agonia e non il “boom economico”.

(…) “Se non troviamo una risposta comune a questa crisi usando argomenti diversi in Italia e in Francia rispetto a Germania o Paesi Bassi. Ecco perché é così importante trovare una risposta comune a questa crisi. Gli Stati europei non hanno futuro da soli. Abbiamo bisogno dell’Europa, del mercato comune, della moneta comune e di tutto quello che abbiamo costruito negli ultimi decenni. In questa crisi dobbiamo anche salvare l’Ue“. (…) (Source)

Beh, credo che ci sia ben poco da salvare nell’UE. Ormai QUEL tipo di UE è finito, morto e sepolto. Se si vuole rifondare, allora è un altro paio di maniche, ma nutro forti dubbi sul “dopo”. Intanto cerchiamo di salvare il salvabile, a qualunque costo, e chissenefrega degli altri paesi. E poi domani, sarà un altro giorno

Emergenza Covid-19 senza fine: ecco quando finirà in Italia secondo Deloitte e quanto impatterà sul PIL

Bisognerà attendere ancora molti mesi prima che Covid-19 molli la presa sull’Italia. Mentre uno studio redatto dall’Istituto Einaudi redatto solo pochi giorni fa vedeva abbastanza vicino l’azzeramento dei contagi, gli esperti di Deloitte spostano molto in avanti nel tempo la fine dell’emergenza sanitaria.

I numeri e i tempi (lunghi) del virus

Alla fine il bilancio sarà molto duro: oltre 120.000 persone in Italia saranno contagiate dal Covid-19 per un periodo lungo circa 150 giorni. Il contagio infatti non si fermerà prima di fine luglio. Tutto questo avrà un impatto sull’economia quantificabile in una perdita di 80 miliardi di euro, pari a circa il 4,6% del Pil nazionale. Ma, una buona notizia c’è: alla fine del contagio, è prevista una ripresa. Sono questi i principali dati che emergono da uno studio di Deloitte che stima il pattern di diffusione del coronavirus e l’effetto economico che l’epidemia avrà in Italia.
Lo studio è basato su modelli costruiti a partire da dati di serie storiche fornite dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dall’European Centre for Disease Prevention and Control su un periodo di riferimento che va dal 31 dicembre 2019 al 26 marzo 2020. Secondo i dati forniti dalle autorità cinesi e riportati dall’Oms viene stabilita al 31 dicembre 2019 l’inizio dell’epidemia: in questa data la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan (Cina) ha riferito di un gruppo di casi sconosciuti di polmonite nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Per quanto riguarda l’Italia, il cosiddetto “paziente uno” è stato ospedalizzato il 18 febbraio e il 21 febbraio i media italiani lo riportarono come il primo caso di cittadino italiano affetto da coronavirus. La storia successiva è nota.Sulla base di tre diversi modelli di previsione che mettono in comparazione l’evolversi della pandemia in Cina e in Italia, lo studio Deloitte prospetta uno scenario in cui il totale dei contagi sarà di oltre 120mila persone con una previsione di data nella quale potrà concludersi il contagio non prima dell’ultima parte di luglio e una durata dell’emergenza sanitaria di oltre 150 giorni.

L’impatto sull’economia

Per quanto riguarda l’impatto economico – ottenuto analizzando i relativi dati nazionali e regionali del valore della produzione resi noti dall’Istat nel 2018 e prendendo in considerazione un periodo ipotetico di emergenza che va dall’inizio del contagio (21 febbraio) alla peggior data prevista per la fine del contagio (25 luglio) – le conseguenze sul Pil italiano vengono stimate in un -4,57% per il 2020 pari a 80,650 miliardi di euro con una perdita stimata di oltre 800 milioni di euro per il primo settore, 13,5 miliardi di euro per il secondo settore e 137 miliardi per il terziario.
Ma non solo previsioni negative. Lo studio di Deloitte indica anche che, alla fine del contagio, è prevedibile un periodo di ripresa dell’economia con un conseguente contraccolpo positivo stimabile tra il 5% e il 10% nei diversi settori.

Tracollo finale di Intesa Sanpaolo (-7,5%), è buio pesto per le banche del Ftse Mib con Unicredit ai minimi storici

Chiusura di ottava con il segno meno per Piazza Affari che paga l’andamento negativo di Wall Street dopo le payrolls Usa peggiori delle attese e la debacle di alcune delle big del listino milanese quali Eni e Intesa Sanpaolo.  Il Ftse Mib ha così chiuso sui minimi di giornata a quota 16.384 punti (-2,67%).

Intesa Sanpaolo maglia nera tra le banche

Tracollo a fine giornata per Intesa Sanpaolo che ha ceduto il 7,55% a quota 1,392 euro, sui nuovi minimi a quasi 7 anni e con un saldo Ytd di oltre -41%. Martedì 31 marzo il cda di Intesa ha sospeso il dividendo a seguito della raccomandazione Bce a tutte le banche europee. L’intento dela banca guidata da Carlo Messina è però di riproporlo entro fine anno in subordine alle indicazioni che arriveranno dalla Bce.
Prosegue la striscia negativa del titolo Unicredit  (-3,52% a 6,54 euro) che con il calo odierno si riporta sui minimi storici. Solo nell’intraday del 16 marzo scorso era stato toccato un livello più basso (6,42 euro). Da inizio anno le quotazioni del titolo sono scese del 51%, tra i peggiori performer di tutto il Ftse Mib. Ieri intanto è arrivato l’accordo con sindacati per 5.200 uscite attraverso pensionamenti anticipati volontari nei prossimi 4 anni con accesso al Fondo di Solidarietà di settore. “Sebbene le uscite volontarie siano inferiori alle aspettative (5.200 contro 6.000 previsti), consideriamo positivamente la conclusione dei negoziati con i sindacati in Italia, Germania e l’Austria con un risultato coerente con gli obiettivi del piano aziendale Team 23, che sono già integrati nelle nostre stime”, commentano gli analisti di Banca IMI.

Italia: pressione fiscale salita al 51,2% nel IV trimestre, reddito disponibile famiglie in calo

La pressione fiscale in Italia è stata pari al 51,2% nel quarto trimestre del 2009, in aumento di 1,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ ciò che emerge dal rapporto Istat, diffuso oggi. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha subito nel quarto trimestre una diminuzione, dopo la crescita osservata nei primi nove mesi dell’anno. La riduzione del potere d’acquisto è stata più
accentuata per la dinamica positiva dell’inflazione. Le famiglie hanno tuttavia mantenuto un livello stabile dei consumi nel quarto trimestre,
con una marginale riduzione della propensione al risparmio. Nel dettaglio, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente in termini nominali e dello 0,4% in termini reali (potere d’acquisto). La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è diminuita di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, attestandosi all’8,2%.

VIX: continua la discesa!

Scritto il alle 14:12 da Danilo DT

L’indice VIX è conosciuto come l’indice della paura, visto che va a misurare la volatilità dei derivati sullo SP500. Lo abbiamo visto nei giorni caldi della Crisi del Coronavirus sfiorare addirittura quota 90.
Livelli mai visti, anche ai tempi di Lehman Brothers.

La cosa che mi è stata segnalata è una pseudo divergenza. Infatti se lo SP500 fatica a trovare una sua dimensione, è abbastanza chiaro che il VIX continua con la sua discesa.
Questo è quindi un segnale potenzialmente bullish? Ma neanche per sogno. Infatti la discesa della volatilità è normale con una ripresa del mercato, ma attenzione, siamo pur sempre oltre quota 50. Siate onesti, quando avete visto il VIX sopra area 50? Non di sicuro negli scorsi mesi. Quindi fintanto che il VIX non torna quantomeno in area 25, diventa difficile poter affermare che la volatilità sia realmente impostata positivamente e proattivamente per sottointendere una ripartenza dei mercati.

CHART VIX by TradingView

STAY TUNED!

Danilo DT

Piano Ue Sure bond un contentino? Italia vuole ancora Covid bond, ma la risposta è sempre Mes

Bruxelles lancia il suo bazooka Sure anti-disoccupazione, con tanto di Sure bond. Il piano prevede, di fatti, l’emissione di obbligazioni comuni, fattore che il commissario agli Affari economici ha definito nelle ultime ore “un passo forse storico”. Il fondo Sure, ha spiegato l’ex premier, di fatto “è la prima risposta comune dei Paesi europei” allo shock economico che l’area euro è condannata a vivere di nuovo, questa volta a causa dell’impatto negativo della diffusione del coronavirus e della relativa malattia COVID-19. “E’ il primo passaggio simbolico, forse storico, verso la messa in comune dell’impegno attuale e futuro” dei diversi Paesi Ue – puntualizza il commissario – Qui stiamo parlando di mettere insieme le forze economiche tra Paesi che hanno livelli di debito e di accesso ai mercati diversi per una situazione di emergenza e questi Sure bond sono il primo esempio”. Ma come funzioneranno questi bond? Gentiloni ha spiegato – in un’intervista rilasciata ieri a RadioRai . che i “bond saranno emessi sul mercato dalla stessa Commissione, che ha una tripla A, a tasso bassissimo, e presta queste risorse con scadenze di lungo termine ai vari Paesi”.
Detto questo, quali sono le aperture effettive di Bruxelles all’opzione coronabond o eurobond? Lasciando perdere le chiacchiere, le scuse della stessa presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen all’Italia (per il comportamento, piuttosto, dell’amica Olanda), c’è da dire che l’apertura c’è, accompagnata però sempre da “ma” e “se”.Indicativa a tal proposito è la lettera che è stata pubblicata oggi sul Sole 24 Ore e che porta la firma di Klaus Regling, ovvero del numero uno proprio del MES, che continua, così come la questione degli eurobond-coronabond-covidbond, a dividere i paesi del Nord europea da quelli del Sud europa.Regling frena di nuovo sui covidbond con la necessità di fare in fretta e di non sprecare tempo. Tra l’altro, strumenti per finanziare le spese che dovranno essere sostenute dai paesi dell’area euro per rimettere in piedi un’economia già messa in ginocchio dal virus di Wuhan, a suo avviso esistono già: “Nel breve periodo, almeno per il 2020, la solidarietà europea dovrebbe prendere forma attraverso un pronto ricorso alle istituzioni esistenti – la Commissione europea, la Banca europea per gli investimenti (Bei) e il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) – e i loro strumenti già in essere”.Ovvero? Oltre a far riferimento al piano Sure lanciato ieri ufficialmente dalla Commissione, ovvero a un piano per la creazione e il finanziamento di una cassa di integrazione europera, Regling ha parlato della Bei e, per l’appunto, del Mes.“La Bei ha proposto un Fondo di garanzia paneuropeo che comprenderebbe 25 miliardi di euro di garanzie da parte degli Stati membri, che potrebbero essere usati come leva per mobilitare 200 miliardi di euro di finanziamenti aggiuntivi per piccole e medie imprese, imprese a media capitalizzazione e grandi aziende nell’economia reale. Il Mes, con la sua potenza di fuoco finanziaria inutilizzata di 410 miliardi di euro, potrebbe offrire linee di credito a basso tasso di interesse”.
Queste soluzioni avrebbero il vantaggio di essere adottate in modo celere.
Tra l’altro “la Bei (e in misura minore la Commissione europea) emette obbligazioni di questo tipo per tutti e 27 gli Stati membri dell’Unione Europea e il Mes per i 19 Paesi della zona euro. Queste tre istituzioni emettono titoli di debito mutualizzati, cioè debito europeo, già da molti anni. Oggi hanno circa 800 miliardi di euro di debito europeo in essere. Tutte e tre garantiscono finanziamenti a tassi di interesse ben al di sotto dei costi di finanziamento della maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea e hanno dimostrato di essere efficienti ed efficaci, anche in circostanze avverse. E potrebbero esserlo ancora di più in questo momento”. Ma perchè sì ai Sure bond e no ai coronabon o comunque agli eurobond? Ferdinando Giugliano di Bloomberg scrive esattamente quali ostacoli l’emissione dei coronabond comporterebbe. Tre sono i fattori che rendono difficile la loro emissione: “In primo luogo, non è chiaro quale istituzione dovrebbe emetterle e come l’emissione dovrebbe essere pagata. Idealmente, l’Eurozona necessita di un Tesoro con un budget federale, ma ciò sarebbe difficile, ora, da creare e richiederebbe tra l’altro che i governi rinunciassero ad alcune loro entrate fiscali in un momento di grande stress finanziario. In secondo luogo, i trattati Ue comprendono una clausola che impedisce ai paesi di salvarsi l’un l’altro con operazioni di bailout. Gli eurobond, i coronabond o Covid bond così come si chiamerebbero, richiederebbero un cambiamento ai trattati che, a sua volta, richiederebbe voti parlamentari e referendum. Insomma, “il processo sicuramente non sarebbe veloce, in un contesto di emergenza come quello attuale, in cui il mondo intero è alle prese con una pandemia. Terza difficoltà a lanciare gli eurobond è che lipotetico tesoro federale pretenderebbe controlli sulle spese degli stati membri, per evitare che si arrivi alle spese folli”.
Un iter a dir poco tortuoso in una situazione, avverte Regling, in cui “la gravità della situazione medica e l’estensione dei danni economici e sociali previsti richiedono un’urgente prova di solidarietà all’interno dell’Europa”.
Sulla necessità di agire con urgenza preme il numero due della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, intervistato da La Repubblica, presentando il piano Sure lanciato ieri: “Serve una risposta rapida e senza precedenti. Nelle ultime settimane abbiamo sospeso il Patto di stabilità e il divieto di aiuti di Stato alle imprese. Inoltre ci sono state le decisioni della Bce. Oggi portiamo un nuovo pacchetto: l’obiettivo è di preservare quanto più possibile imprese e occupazione. Più aziende salviamo, più posti di lavoro manteniamo, più veloce sarà la ripresa economica. Ecco perché abbiamo proposto “Sure”, uno strumento che avrà fino a 100 miliardi da prestare ai governi nazionali a condizioni vantaggiose per sostenere gli ammortizzatori sociali. Inoltre abbiamo accordato massima flessibilità su come usare i fondi europei: potranno essere impiegati senza co-finanziamento nazionale e trasferiti tra le regioni di un Paese”.
Sul funzionamento di Sure, alla domanda “come raccoglierete i 100 miliardi di “Sure”, Dombrovisks ha risposto che “chiediamo ai governi di fornirci garanzie per 25 miliardi: a quel punto la Commissione andrà sui mercati per raccogliere soldi che presteremo a condizioni favorevoli ai paesi che li richiederanno. “Sure” è interessante per i Paesi che hanno alti costi di finanziamento sui mercati». Ma se quei 2.770 miliardi mobilitati contro la crisi, tra le “iniziative Ue e quelle dei singoli governi”, non dovessero bastare? Il falco Ue ha la risposta pronta: “Abbiamo mobilitato il 3% del Pil di denaro fresco e il 16% in garanzie”.
Sugli eurobond “sappiamo che stanno preparando delle proposte e sul tavolo c’è già quella francese. La Commissione lo ha detto chiaramente: siamo aperti a ogni opzione, abbiamo bisogno di una risposta ambiziosa, coordinata ed efficace contro la crisi. Siamo pronti a facilitare questo lavoro”. Secondo Dombrovskis però “È logico usare il Mes come prossima linea di difesa perché è già capitalizzato e ha già capacità di prestito. Dobbiamo trovare un compromesso pragmatico, una soluzione su misura per questa crisi che ci permetta di attivarlo. Una qualche forma di condizionalità è legalmente necessaria, ma non stiamo parlando di una classica condizionalità macroeconomica”.
Le cosiddette condizionalità di cui parla Dombrovskis sono le stesse che innervosiscono e spaventano gli italiani, visto che l’erogazione di aiuti dal Mes potrebbe essere, per l’appunto, condizionata all’apposizione di condizioni anche stringenti. Lo stesso commissario agli Affari economici Ue, l’ex premier Paolo Gentiloni, aveva mostrato scetticismo verso la possibilità di ricorrere al MES. Quel fondo, aveva spiegato commentando che il bond non è una parolaccia, “era stato creato in un’altra crisi, una crisi finanziaria in cui c’erano Stati da salvare sul piano finanziario, come la Grecia, il Portogallo e altri, con delle condizionalità pesantissime e con dei programmi di rientro molto pesanti”.
Di conseguenza, a suo avviso “questo strumento così concepito, con queste condizionalità, non è adatto alla crisi attuale. Il che non vuol dire e ha ragione il presidente (del Consiglio) Conte, che con diverse regole non si possa usare anche questo”. (Conte ha infatti aperto a un MES a patto però che “l’utilizzo dei fondi strutturali europei non ancora spesi” avvenga “con la più ampia flessibilità”. Ovvero: “senza più i vincoli di cofinanziamento nazionale o di particolari destinazioni funzionali o territoriali”.
E contro il Mes parla oggi anche il leader della Lega Matteo Salvini, in collegamento con Telelombardia:
“Per quello che promette l’Europa italiani hanno capito che prima lo vedo poi ci credo, perchè per il momento l’Unione Europea ha dimostrato tutto il suo vuoto la sua lontananza, i suoi egoismi. L’Europa sta dimostrando tutta la sua assenza”. E’ l’appunto dell’ex vicepremier ed ex ministro dell’Interno, che commenta così l’iniziativa Sure della Commissione europea. In ogni caso “ancora ieri qualcuno, i tedeschi e i francesi, hanno usato la parola Mes, che fa rima con fregatura, furto, rapina. Perchè il Mes è un trattato che sostanzialmente prevede che ti presto uno, me lo restituirai con gli interessi e non potrà essere che una patrimoniale su risparmi e casa o un aumento dell’età pensionabile. Possono metterci gli aggettivi che vogliono, leggero, light, simpatico, carino… Ma è una truffa”.
Dal canto suo, nella risposta alle scuse all’Italia che sono arrivate ieri con la lettera di Ursula von der Leyen, il premier Giuseppe Conte non manca di rimarcare il bisogno di andare al di là degli egoismi nazionali, e si oppone ancora al Mes: “Al termine dell’ultimo Consiglio europeo dello scorso 26 marzo, ci siamo dati due settimane di tempo per raccogliere questa sfida. Purtroppo, alcune anticipazioni dei lavori tecnici che ho potuto visionare non sembrano affatto all’altezza del compito che la storia ci ha assegnato. Si continua a insistere nel ricorso a strumenti come il Mes che appaiono totalmente inadeguati rispetto agli scopi da perseguire, considerato che siamo di fronte a uno shock epocale a carattere simmetrico, che non dipende dai comportamenti di singoli Stati. È il momento di mostrare più ambizione, più unità e più coraggio”.
Conte chiede a Bruxelles più determinazione: “Il 2020 sarà uno spartiacque nella storia della Ue Ciascun attore istituzionale sarà chiamato a rispondere, anche ai posteri, delle proprie posizioni e del proprio operato.Solo se avremo coraggio, se guarderemo davvero il futuro con gli occhi della solidarietà e non col filtro degli egoismi, potremo ricordare il 2020 non come l’anno del fallimento del sogno europeo ma della sua rinascita”.
Idem il ministro dell’economia Roberto Gualtieri che definisce “passo importante” il lancio del piano Sure anti-disoccupazione. Tra l’altro, afferma in un intervento al Tg1, anche “dalla Bce sono state messe in campo “risorse importanti”. Detto questo, “pensiamo che lo sforzo comune europeo debba essere ancora maggiore. Insieme ad altri Paesi, e a una fetta crescente dell’opinione pubblica europea, stiamo chiedendo una risposta straordinaria che porti all’emissione di titoli comuni per affrontare l’emergenza”. Dunque, l’Italia rimane ferma sulla proposta di emettere i Covid bond.

Italia: Pmi servizi in caduta libera a marzo, il livello più basso di sempre a 17,4 punti

Crollo record dell’attività del terziario in Italia, a causa della pandemia da Covid-19. A marzo l’indice Pmi servizi si è attestato a 17,4 punti, in caduta libera dai 52,1 punti del mese prima e sotto le attese degli analisti ferme a 22 punti. Si tratta della più rapida contrazione dall’inizio dell’indagine a gennaio 1998. Le aziende intervistate hanno collegato questa flessione alle misure di emergenza e alle chiusure imposte per arginare la diffusione del Covid-19. Anche i nuovi ordini e l’occupazione, ha rilevato l’istituto Ihs Markit che redige l’indagine, hanno registrato crolli record mentre le aspettative sull’attività sono scese ad un minimo record.Considerando anche le difficoltà del manifatturiero, Lewis Cooper, economist presso la Ihs Markit, ha dichiarato: “Nel complesso, i dati di marzo indicano tempi estremamente impegnativi per l’economia italiana dove la portata dell’impatto sulla produzione, sull’occupazione e gli investimenti probabilmente peserà a lungo sull’intera società”.Si ricorda che il Pmi (Purchasing Managers Index) è un indice che nasce da un’indagine condotta sui direttori d’acquisto delle principali aziende del paese per testare le opinioni sull’andamento del comparto. Un valore del Pmi superiore ai 50 punti indica un’economia in espansione mentre un valore inferiore rappresenta una fase di contrazione.

Borsa spinta in alto da balzi Eni, Poste e Atlantia. Tra le banche soffre ancora Unicredit

Piazza Affari torna a salire dopo il passo falso della vigilia. Il Ftse Mib ha chiuso oggi a +1,75% a quota 16.834 punti. Il driver principale sui mercati oggi è stato il movimento del petrolio, arrivato a un balzo del 28% in scia alle parole di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che l’Arabia Saudita e la Russia dovrebbero ridurre la produzione di greggio di almeno 10 milioni di barili al giorno nel tentativo di sostenere i prezzi del petrolio. Trump ha twittato che dopo aver parlato con il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman, che ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin, i due avrebbero concordato di fermare la guerra dei prezzi e tagliare la produzione. “Mi aspetto e spero che ridurranno di circa 10 milioni di barili, e forse molto di più che, se succede, sarà grande per l’industria petrolifera e del gas”, si legge in un tweet delle 16:32 di Trump.
https://twitter.com/realDonaldTrump/status/1245720677660925952

Eni e Saipem scatenate

Rush del petrolio che ha innescato la salita dei titoli oil: Eni è balzata del 6,93% a 9,846 euro dopo che nell’ultima ora di contrattazioni si era spinta anche oltre il muro dei 10 euro. Meglio ha fatto Saipem con +8,87%, mentre Tenaris si è fermata a +4,59%.Contrastati i bancari con Intesa Sanpaolo salita dello 0,21% dopo una giornata altalenante, calo dell’1,18% per Unicredit. Molto bene invece Mediobanca (+3,48%), tra i titoli più penalizzati del settore dall’inizio della crisi Covid-19 insieme a Unicredit.Infine, calo dello 0,81% per Bper che ieri sera ha annunciato la sospensione del dividendo in scia alla raccomandazione arrivata dalla Bce.
Nel campo del risparmio gestito scatto a +2,25% per Azimut e addirittura +5,14% per Poste Italiane.

Male il duo Fca-Ferrari

Nuova seduta fiacca per Fca (-0,6). Da inizio anno il titolo del gruppo guidato da Mike Manley ha registrato un calo di oltre il 50%, in uno scenario che vede il comparto dell’auto tra i più penalizzati in Europa alla stregua dei bancari. I numeri delle immatricolazioni di nuove auto in Italia a marzo confermano il tracollo che si temeva con oltre -85%. “Aprile sarà anche peggio”, dice Equita che conferma una raccomandazione buy e target price di 10,9 euro per Fca. In attesa che le concessionarie tornino operative, “da più parti vengono invocati incentivi alla rottamazione che riteniamo probabili”, sottolineano gli esperti della sim milanesi.
Male anche Ferrari (-0,95%). Oggi gli analisti di Banca Imi hanno confermato la raccomandazione add sul titolo della Rossa di Maranello, ma hanno rivisto al ribasso il target price che passa da 180 a 166,2 euro. “Stiamo aspettando un aggiornamento della guidance 2020 alla luce dell’epidemia di Covid e nonostante la revisione al ribasso delle nostre stime per l’esercizio in corso manteniamo la nostra valutazione positiva Ferrari”, spiegano gli esperti di Imi sottolineando che “il posizionamento del gruppo, la solida raccolta ordini, la capacità di gestire le consegne e la lista d’attesa, oltre al suo forte impegno strutturale nel dare priorità ai margini e al free cash flow rispetto ai ricavi garantiscono una maggiore resilienza e una migliore protezione dell’attuale scenario tra titoli automobilistici e industriali italiani”, rimarcano gli analisti.

Atlantia concede il tris

Infine terza consecutiva in forte rialzo per per Atlantia (+5,92% a 12,71 euro. A sostenere le quotazioni, le voci di un nuovo incontro fra i vertici di Atlantia ed il ministro delle infrastrutture Paola De Micheli. Lo riporta La Repubblica, secondo cui la possibile intesa potrebbe includere circa 2 miliardi di risarcimenti per il crollo del ponte di Genova, un taglio delle tariffe (ipotesi del 5%) e impegni su manutenzioni straordinarie.
Tutto ciò, secondo il quotidiano, a fronte di un riassetto nel capitale di Autostrade per l’Italia (Aspi) con Atlantia che scenderebbe sotto il 50% (intorno al 40% secondo La Repubblica). Cdp e F2i entrerebbero con quote importanti e paritarie e potrebbero essere interessati anche fondi infrastrutturali esteri come Macquarie, mentre Allianz ed il fondo Silk Road dovrebbero almeno confermare il 12%.

Sito Inps giù, Codacons presenta esposto: ‘vicenda di gravità inaudita, chiediamo commissiamento

Una vicenda di una gravità inaudita che deve portare la magistratura a indagini immediate per accertare le responsabilità di quanto accaduto. Lo afferma il Codacons, che sul caso del sito Inps andato in tilt presenta oggi un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, e che chiede il commissariamento dell’istituto.“La violazione della privacy dei cittadini è un reato penale, e quanto accaduto oggi richiede l’apertura di una formale inchiesta da parte della magistratura – spiega il presidente Carlo Rienzi – Occorre accertare come sia stata possibile la diffusione di dati sensibili degli utenti, e verificare se vi siano state falle nella progettazione del sito Inps e del sistema per accedere al bonus da 600 euro per i lavoratori”.Presenteremo oggi stesso un esposto, e a fronte delle inefficienze dell’Inps chiediamo al Governo di azzerare i vertici dell’ente e disporre il commissariamento immediato dell’Istituto con la nomina di un commissario che curi tutte le procedure relative alle misure contenute nel decreto ‘cura Italia’.Così ha commentato il caso, al Tg1, il presidente dell’Inps Pasquale Tridico: “Purtroppo negli ultimi giorni abbiamo ricevuto diversi attacchi da parte di hacker che hanno creato delle forti disfunzioni. Stamattina questi attacchi sono proseguiti e hanno causato disfunzioni ulteriori, tanto è che abbiamo chiuso il sito al pubblico” .Il sito dell’Inps è stato assediato dal traffico record degli utenti, a partire dall’una di questa notte. Un numero molto elevato di cittadini ha fatto accesso allo scopo di presentare richieste per il bonus babysitter e per l’indennità da 600 euro a favore dei lavoratori autonomi. Le misure sono state varate per far fronte all’emergenza economica esplosa in Italia insieme all’emergenza sanitaria da coronavirus COVID-19.

Bonus 600 euro: Unimpresa, il denaro probabilmente arriverà con grande ritardo

Il sito dell’Inps è in panne: non si apre e l’accesso è impedito sia in modalità utente persona fisica sia in modalità “patronato”. Ne consegue che per le aziende e i cittadini è di fatto impossibile inoltrare la domanda finalizzata a ricevere il bonus da 600 euro previsto dal decreto-legge del governo sul coronavirus. Lo denuncia Unimpresa: “ce lo aspettavamo e questo è solo l’antipasto per i prossimi sussidi pubblici: la macchina informatica e burocratica dello Stato non è in grado di gestire una situazione così complessa, con milioni di operazioni da effettuare in pochissimo tempo. Il risultato è che il denaro, probabilmente, arriverà agli interessati con grande ritardo e con conseguenze pesantissime per le famiglie”, teme il responsabile dei patronati Unimpresa, Giuseppe Fortunato.

Umore nero delle Borse, aprile fa paura. Focus sui titoli del Ftse Mib sotto pressione oggi

Non inizia sotto i migliori auspici il mese di aprile. Wall Street preannuncia un avvio in forte calo e il Ftse Mib segna nella prima ora di contrattazioni un calo di oltre il 2% a quota 16.689 punti. L’indice guida di Piazza Affari nella seconda metà di marzo si era parzialmente risollevato guadagnando circa il 20% dai minimi toccati nella settimana centrale di marzo.
Chiusura debole ieri di Wall Street (-1,84% il Dow Jones) a cui si aggiunge la negatività dei futures (quasi -3%) complice l’impennata degli infetti negli Stati Uniti con New York epicentro con oltre 75 mila contagi. Il presidente americano Donald Trump in serata ha avvertito che gli americani devono prepararsi a far fronte a “due settimane che saranno molto, molto dolorose”, a causa dell’escalation del coronavirus negli Usa. I funzionari della Casa Bianca stimano tra 100.000 e 240.000 morti negli Stati Uniti.

Il timore degli operatori che è ad aprile, dopo il recupero nell’ultima parte di marzo, i mercati tornino a guardare con preoccupazione alla veloce crescita dei casi Covid-19 negli Usa e il crescente timore che la recessione sarà violenta e allo stesso tempo meno breve di quanto previsto in un primo momento. Ieri Goldman Sachs ha stimato un crollo del 34% annualizzato del Pil Usa nel secondo trimestre 2020.  

Intesa e UBI sotto pressione, torna a cadere FCA

Sul parterre di Piazza Affari calo di oltre il 3% di Intesa Sanpaolo che ieri ha annunciato la sospensione del dividendo. La banca intende riproporre la distribuzione della cedola in autunno una volta che sarà arrivato anche il nulla osta della Bce. Il ceo Carlo Messina ha posto l’accento sulla forza patrimoniale della banca e sul fatto che gli azionisti possano aspettarsi nei prossimi mesi dei dividendi elevati e sostenibili.
Tra le banche cade del 2,8% UBI Banca. Anche l’istituto bergamasco ha sospeso il dividendo. Alla luce dello stop dei dividendi, l’OPS di Intesa Sanpaolo su UBI diventa più conveniente per quest’ultima; ai prezzi di Intesa di ieri (1,4884), la valutazione implicita di UBI diventa 2,53 euro rispetto a 2,33 euro in caso di pagamento del dividendo – con un ulteriore premio dell’8%.
Tra le big segnano cali nell’ordine dell’1,5% anche Enel ed Eni, con quest’ultima che ieri era balzata di oltre il 7% cavalcando anche il rimbalzo del petrolio.
Tra i peggiori figura FCA (-3,68% a 6,327 euro) che paga i deboli riscontri delle immatricolazioni in Francia a marzo in attesa dei dati italiani in arrivo stasera. Intanto Fca, nel corso di una videoconferenza con le organizzazioni sindacali alla presenza dello Chief Operating Officer (COO) di FCA per l’area EMEA Pietro Gorlier, ha confermato il piano industriale e il percorso di fusione con Psa, che certamente subiranno un ritardo data la situazione dettata dall’emergenza COVID-19.

Sale controcorrente Pirelli

Controcorrente con un rialzo dell’1,5% il titolo Pirelli, arrivato fino a +4% in avvio dopo che Brembo ha annunciato di essere entrata nel capitale del colosso dei pneumatici con una quota pari al 2,43% del capitale di Pirelli. Bembo precisa che ha deciso di investire in Pirelli adottando un approccio non speculativo e di lungo periodo. Sempre ieri il miliardario cinese Niu Yishun avrebbe comprato a termine (2023) il 5% di Pirelli da ChemChina. “Per Pirelli pur essendo positivo l`arrivo di nuovi azionisti stabili non escludiamo sia il preludio a qualche operazione straordinaria in un periodo di crisi macro e codi timori che abbiamo già espresso in passato sul trend del price-mix”, commenta Equita SIM.

Mercati reduci da un trimestre record in negativo

Ieri si concluso un trimestre disastroso per l’azionario globale. Stando a quanto emerge dai dati forniti da Dow Jones Market Data, l’indice Dow Jones ha perso nei primi tre mesi dell’anno più del 23%, riportando il tonfo più forte, su base trimestrale e nel primo trimestre dell’anno, dei suoi 124 anni di storia; perdite superiori a -20% anche per lo S&P 500, che ha sofferto la debacle più sostenuta dalla crisi finanziaria del 2008.
Il virus ha infettato nel mondo più di 800.000 persone, provocando quasi 40.000 decessi. Indicazioni importanti sull’impatto del virus arriveranno oggi, con la lettura finale dell’indice Pmi manifatturiero a marzo di Germania, Francia, Italia, Eurozona e Gran Bretagna. Per l’Italia e la zona euro in uscita anche i dati sulla disoccupazione a febbraio. Nel pomeriggio dagli Stati Uniti giungeranno il sondaggio Adp sui nuovi occupati, come anticipazione dei più importanti dati sul lavoro di venerdì, oltre che l’indice Ism manifatturiero e la spesa edilizia.

Goldman Sachs vede deficit Italia balzare al 10%, debito-Pil al 160%. Su misure anti-COVID ‘più probabile ricorso a MES che coronabond’

“L’outlook fiscale dell’area euro ha subìto un forte deterioramento”. E’ quanto scrive in una nota Goldman Sachs, prevedendo che il rapporto deficit-Pil potrebbe salire in Italia e in Spagna fino al 10%.“Considerato il forte rallentamento e le misure fiscali che sono state adottate, ci aspettiamo ora un aumento considerevole di deficit e debiti – si legge nella nota di Goldman Sachs – Sebbene l’incertezza sia elevata, il deficit governativo salirà probabilmente al 10% del Pil sia in Italia che in Spagna, al 7% in Francia”.In questa situazione, gli economisti del colosso bancario Usa stimano che il rapporto debito-Pil dell’Italia potrebbe balzare fino al 160%, e al 120% nel caso di Spagna e Francia.“Questo deterioramento dell’outlook fiscale – si legge ancora nella nota – ha aumentato i timori sulla sostenibilità fiscale dei paesi del Sud Europa”.In un momento in cui è più che attuale il dibattito sulla necessità di contrastare l’impatto economico negativo del coronavirus, Goldman Sachs scrive che le priprie simulazioni “mettono in luce l’importanza di un meccanismo efficiente di condivisione del rischio fiscale”. Tale meccanismo, infatti, “fornirebbe un aiuto a quei paesi (come l’Italia), alle prese con bilanci deboli”.Goldman Sachs ricorda che “i governi dell’area euro stanno considerando alcune opzioni di condivisione del rischio che potrebbero dare un supporto ai paesi più deboli da un punto di vista fiscale. Una prima opzione è quella di emettere in via congiunta un bond, che potrebbero essere utilizzato per finanziare i costi associati alla crisi scatenata dal coronavirus. La seconda considera la possibilità che l’ESM o MES in Italia, ovvero il Meccanismo europeo di stabilità, eroghi una linea di credito dietro la richiesta di condizioni flessibili. In questo modo si potrebbe attivare lo strumento OMT (Outright Monetary Transactions) della Bce, che comporterebbe in via potenziale un acquisto illimitato di titoli di debito”.Goldman Sachs ritiene più probabile la seconda opzione rispetto alla prima, in quanto “gli ostacoli di natura politica per l’emissione congiunta di bond appaiono ancora elevati, visto che verrebbe considerata alla stregua di una mutualizzazione del debito da parte dei paesi nordici”.“Di conseguenza, ci aspettiamo che i paesi dell’area euro raggiungano un accordo su una linea di credito da parte del MES (noto anche come Fondo salva stati), a fronte di una condizioni limitate, insieme al ricorso all’OMT. Nel frattempo, prevediamo che il Programma di acquisti di emergenza pandemici della Bce (PEEP) contribuiscano alla sostenibilità del debito, contenendo i rendimenti dei bond dei paesi sudeuropei”.Da segnalare che l’ipotesi coronabond caldeggiata in particolare dal premier Giuseppe Conte è stata ulteriormente affossata oggi con la pubblicazione, sul Financial Times, dell’opinione del direttore dello stesso MES, Klaus Regling.Secondo Regling l’emissione dei bond incontrerebbe un ostacolo nel fattore tempo, in quanto sarebbero necessari tra uno e tre anni per creare una nuova istituzione europea capace di di emettere i cosiddetti Coronabond:Un altolà ai coronabond è arrivato nelle ultime ore anche con
le dichiarazioni del portavoce del ministero delle finanze tedesco, Dennis Kolberg che, in conferenza stampa a Berlino, che ha ribadito che il meccanismo europeo di stabilità (Mes) dispone di “strumenti” adeguati per agire contro la crisi economica provocata dal coronavirus. In poche parole, la Germania ha detto per l’ennesima volta no all’opzione degli eurobond.

Italia rischia depressione: Pil -6% e debito 147% con coronavirus ‘meteorite’. Alert da Confindustria e Bankitalia

L’ansia da coronavirus non la nasconde nessuno, tanto meno le istituzioni del calibro di Bankitalia e Confindustria. D’altronde, è ancora prematuro capire quanto costeranno all’Italia e all’Europa quelle misure di contenimento, di lockdown e quarantena, che sono state varate nella speranza di contenere il diffondersi del coronavirus. Di ansia da coronavirus ha parlato oggi espressamente il numero uno di Bankitalia, Ignazio Visco, in occasione della relazione all’assemblea dei partecipanti al capitale, con cui ha presentato il bilancio di Palazzo Koch.
Visco ha snocciolato numeri e paure, parlando per l’appunto di un’ansia, che l’Italia e l’Europa condividono con il mondo intero. La situazione in cui rischia di trovarsi l’economia italiana è drammatica, e il governatore non ha certo cercato di indorare la pillola:“L’impatto del coronavirus sul sistema economico-finanziario sarà di proporzioni molto ampie e profonde“, ha detto, aggiungendo che, oltre all’ansia, “il Paese, l’Europa, il mondo intero” condividono anche la difficoltà “nell’affrontare una sfida straordinaria”.“La repentina diffusione del nuovo coronavirus (Covid-19), oltre a minacciare gravemente la salute della popolazione e a mettere sotto estrema pressione i sistemi sanitari, ha sconvolto le nostre abitudini di vita, i processi di lavoro, il funzionamento delle scuole e delle università; l’impatto sul sistema economico-finanziario sarà di proporzioni molto ampie e profonde“.Ma se le parole di Visco hanno messo sicuramente sull’attenti gli italiani, già consapevoli del fatto che, oltre all’emergenza sanitaria, ci sarà anche un’emergenza economica da fronteggiare, quelle del Centro studi di Confindustria avranno probabilmente seminato, in alcuni, un vero e proprio panico.

L’ALLARME DRAMMATICO LANCIATO DA CONFINDUSTRIA: PIL -6%
Dopo Visco un alert più drammatico è stato lanciato dal Centro studi di Confindustria, che ha scioccato tutti con le sue previsioni sul Pil italiano del 2020, e non solo. “Mai nella storia della Repubblica ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni”, si legge nella premessa del rapporto.
Le stime, così come si legge negli Scenari economici stilati dal CSC, sono da incubo: si teme un crollo del prodotto interno lordo italiano pari a -6%, nel 2020, fermo restando però il presupposto che, nel mese di maggio, venga superata la fase acuta dell’emergenza sanitaria.  Altrimenti, per il Csc se “la situazione sanitaria non evolvesse positivamente, le previsioni economiche andrebbero riviste al ribasso”.
Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare, d’altronde, una percentuale ulteriore di Pil dell’ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro.
Malcelata una certa impazienza degli economisti, accompagnata a irritazione, per quello che è stato descritto come un mancato intervento deciso da parte di Bruxelles sebbene, e questo è stato riconosciuto, alcune iniziative siano state comunque prese:
“Le istituzioni europee – si legge negli Scenari economici – “sono all’ultima chiamata per dimostrare di essere all’altezza della situazione (…)..Dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. I massicci interventi della Bce, che hanno fermato per ora l’impennata dello spread sovrano per l’Italia; la sospensione di alcune clausole del Patto di Stabilità e Crescita, per la finanza pubblica; le misure temporanee sugli aiuti di Stato”. Tutto questo, tuttavia, non basta. E’ infatti “cruciale un passo in più”, ovverol’introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata”. (riferimento al pomo della discordia che ha aperto nuove fratture in Europa, ovvero ai coronabond).
L’Europa, hanno auspicato gli economisti, è chiamata infatti a compiere “azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere duraturamente sul nostro modello economico e sociale”.
Già la crisi dei debiti sovrani del 2011, secondo gli economisti di Confindustria, aveva messo in evidenza le criticità dell’Unione europea. Oggi, si ripropongono gli stessi problemi: “I limiti dell’assetto della governance europea sono nuovamente evidenziati dall’attuale crisi sanitaria. Il piano proposto finora dalla Commissione Ue è poca cosa e come al solito lascia ai singoli paesi la responsabilità di gestire la crisi. La sospensione del Patto di stabilità è emergenziale, indispensabile ma insufficiente”.
D’altronde, il Centro Studi di Confindustria stima che a fine 2020 il rapporto deficit-Pil dell’Italia salirà al 5% del Pil, per poi scendere al 3,2% nel 2021. Il rapporto debito pubblico/Pil è atteso inoltre  al 147% nel 2020, per l’effetto congiunto dell’ampliamento del deficit legato all’emergenza Covid-19 e della caduta del Pil nominale (-5,2%). Per il 2021, la previsione è di un calo al 144,3%.
Molto male anche per il tasso di disoccupazione, atteso salire all’11,2% dal 9,9% del 2019.
“Solo con soluzioni di salvaguardia dell’occupazione – ha così avvertito il Csc di Confindustria- si potrà contenere la distruzione di posti di lavoro”.
Con le imprese a rischio, l’Italia è a rischio:
“E’ urgente evitare che il blocco dell’offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili, tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi, e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive”. Gli appelli non si fermano: Bisogna evitare che “la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per imprese che prima dell’epidemia avevano bilanci e prospettive solide”.
Il coronavirus viene definito, in quanto shock che viene dall’esterno, come “un meteorite”, che rischia di provocare una “depressione prolungata” con un “aumento drammatico delle disoccupazione e un crollo del benessere sociale”.  E’ dunque vitale “agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri Paesi si stanno già muovendo in questa direzione”. Ultima chiamata all’Europa, insomma, perchè agisca presto. Ma ultima chiamata, sembra, anche all’Italia, al governo italiano, affinché vada oltre il decreto cura Italia.

Alt cedole da Bce: banche tramortite in Borsa ma la notizia non è negativa. E occhio ai bond AT1

UniCredit, ma anche Intesa SanPaolo, Banca Generali, Banca Mediolanum. Le banche italiane si allineano alla raccomandazione -diktat della Bce e decidono di rinviare almeno fino all’ottobre del 2020 il pagamento delle cedole e le operazioni di buyback. Obiettivo: liberare liquidità necessaria per a finanziare l’economia, dunque le famiglie e le aziende, in tempi di shock da coronavirus.
Tra chi paga lo scotto più grande in Borsa c’è Intesa SanPaolo: d’altronde, la banca guidata da Carlo Messina è la più generosa sul fronte dividendi di tutta Piazza Affari con un dividend yield di oltre il 10% considerando i livelli attuali del titolo. Il dividendo previsto da Intesa era di 0,192 euro, pari a un monte di 3,36 miliardi cash, con payout ratio dell’80%.Di conseguenza, il titolo è stato sospeso al ribasso più volte, arrivando a crollare di oltre il 7%, a quota 1,45 euro. E di certo non è andata bene a Unicredit, che ha sofferto un tonfo fino a -8%.Gli analisti di Equita SIM commentano le indicazioni della Bce nella nota: “Report in uscita: la BCE ‘raccomanda’ di non pagare dividendi fino ad ottobre 2020: impatto positivo per gli Additional Tier 1″.Dal report, emerge che proprio Intesa SanPaolo dovrebbe trarre, a dispetto del tonfo in borsa, il maggior beneficio dal rispetto della raccomandazione di Francoforte.Così la SIM riassumendo l’alt ai dividendi raccomandato dalla Bce:
“La BCE ha chiesto alle banche di non pagare i dividendi fino ad almeno ottobre 2020, in modo da avere un maggiore cuscinetto di capitale e continuare e sostenere l’economia reale. Questa decisione non include il divieto riguardo al pagamento delle cedole su AT1. Riteniamo quindi che la raccomandazione BCE possa sostenere le valutazioni di questo strumento e che il mercato valuterà positivamente i seguenti elementi, che riducono il rischio di sospensione del pagamento della cedola:

  • l’allentamento dei requisiti patrimoniali per le banche (che si traduce in un trigger MDA più basso);
  • un’applicazione più flessibile delle regole prudenziali;
  • un ulteriore buffer di capitale che deriva dagli utili non distribuiti (30 miliardi di euro a livello aggregato secondo le stime della BCE).

“Riteniamo quindi – si legge ancora nella nota di Equita SIM – che la decisione della BCE deve essere letta positivamente: il pagamento delle cedole dal punto di vista regolamentare non è a rischio ma rientra nella discrezionalità degli emittenti. Allo stesso tempo, l’incertezza del quadro macro spingerà probabilmente la preferenza degli investitori verso quegli emittenti più solidi in termini di asset quality e ratios patrimoniali e quindi meglio equipaggiati per affrontare le incertezze dei prossimi mesi.
A tal proposito, Equita cita, “tra gli emittenti italiani, Intesa, dato che beneficerà di una generazione di capitale di 113 punti base dalla cancellazione del dividendo del 2019, dopo la decisione della BCE. Il beneficio è meno rilevante per tutti gli altri emittenti (+20-40 bps).
Dal canto suo gli analisti di Mediobanca Securities sottolineano che, nel caso di UniCredit, la scelta si tradurrà in una aggiunta al suo CET1 ratio di 37 punti base, facendo notare che il congelamento delle cedole e dei buyback azionari “sono neutrali per i pagamenti dei bond AT1 e per gli strumenti CASHES”.
Non tutti seguono però le indicazioni delle banche centrali sulla sospensione dei dividendi e delle operazioni di riacquisto di azioni proprie (indicazioni che sono arrivate anche dagli States, come dimostrano i casi di titani del calibro di JP Morgan, Citi e Goldman Sachs).
UBS, per esempio, colosso bancario elvetico, ha confermato il versamento del dividendo a titolo dell’esercizio 2019, nonostante le raccomandazioni della Finma, l’authority svizzera dei mercati finanziari che, così come la Bce, ha raccomandato alle banche quotate in Borsa di sospendere le cedole.
Nelle ultime ore, oltre a UniCredit, hanno accettato la richiesta della Bce anche Banca Generali e Banca Mediolanum.

Coronavirus, UniCredit dice a Bce: rinvia dividendi e buyback. Ecco l’effetto su Cet1 Ratio

UniCredit accoglie la raccomandazione della Bce annunciando l’intenzione di rinviare i dividendi e le operazioni di buyback azionario (riacquisto di proprie azioni). La nota arriva in serata, con una decisione presa nel corso di un consiglio di amministrazione straordinario. Il titolo non accoglie positivamente la notizia, scivolando a Piazza Affari dell’8%, in una giornata caratterizzata anche dal sell off su Intesa SanPaolo.
La banca, si legge, “rinvia le delibere sul dividendo dell’esercizio 2019 e sul riacquisto di azioni proprie”.La decisione di UniCredit è in linea con quanto la Bce aveva auspicato nella sua raccomandazione alle banche.L’appello è arrivato dal Supervisory Board – organismo della Bce preposto al controllo degli istituti di credito dell’area euro – che ha precisato che la richiesta si riferisce ai dividendi relativi al 2019 e al 2020, almeno fino al 1° ottobre 2020.“La Bce si aspetta che le banche continuino a finanziare le famiglie, le piccole imprese e le grandi aziende”.UniCredit si è subito allineata alle richieste, manifestando l’intenzione di sostenere le Fondazioni azioniste nel loro ruolo di supporto nei territori in cui sono arrive.
Nella nota dell’istituto di Piazza Gae Aulenti, si legge infatti che l’obiettivo è di “sostenere le Fondazioni azioniste di UniCredit a continuare a svolgere il loro ruolo fondamentale sui territori in cui operano”. Di conseguenza, “il Gruppo ha deciso di offrire loro finanziamenti senza interessi fino a un valore pari all’ammontare dei dividendi”.

UNICREDIT RINVIA DIVIDENDI E BUYBACK: I DETTAGLI

UniCredit “comunica che il Consiglio di Amministrazione ha deliberato di ritirare – senza modificare l’ordine del giorno dell’Assemblea degli Azionisti convocata per il 9 aprile 2020 – le proposte di deliberare: la distribuzione di un dividendo per l’esercizio 2019 di 0,63 euro per azione a valere sulle riserve di utili; l’autorizzazione all’acquisto di azioni proprie fino a 467 milioni di euro (non superiori a 67 milioni di azioni UniCredit) e l’annullamento delle azioni proprie che potranno essere acquistate in virtù della suddetta autorizzazione”.
Così il numero uno della banca, l’amministratore delegato Jean Pierre Mustier:
“In questa situazione senza precedenti -è più importante che mai supportare le Fondazioni bancarie nostre azioniste aiutandole a garantire la continuità del loro straordinario impegno a favore delle comunità e dei territori in cui operano. Per questo motivo abbiamo deciso di offrire finanziamenti dedicati senza interessi alle nostre Fondazioni che sono all’origine del nostro Gruppo”.
Il “Consiglio si riserva il diritto di convocare una nuova Assemblea degli azionisti per ripresentare le tre proposte ritirate, subordinatamente a una revisione della raccomandazione da parte della Bce. Tale assemblea potrà essere convocata solo dopo il 1° ottobre 2020 o a seguito di una eventuale nuova raccomandazione della Bce sull’argomento, a meno che le condizioni di mercato o le conseguenze della pandemia di Covid-19 non consentano tale linea d’azione”, si legge.
Su quelle che saranno le conseguenze di questa scelta sul conto economico, l’istituto “non dedurrà più, come effettuato fino ad ora, il dividendo dell’esercizio 2019 dal capitale Cet1 a fini prudenziali” e ciò “avrà un effetto positivo di 37 punti base sul Cet1 ratio”.
UniCredit, dunque, “modificherà la politica dei dividendi per l’esercizio 2020 e non accantonerà nessun dividendo nel 2020”. L’istituto guidato da Mustier ha precisato che “questa decisione è neutrale relativamente ai pagamenti di cedole dei titoli At1 e per gli strumenti Cashes”.
Il cda ha infine tenuto a precisare che, “grazie al successo di Transform 2019, UniCredit ha una solida posizione finanziaria sia in termini di capitale che di liquidità. Ha un modello di business resiliente e diversificato, un fatto che, ancora una volta, è stato riconosciuto dalle agenzie di rating internazionali che hanno recentemente rivisto i rating bancari alla luce della pandemia di Covid-19′. Inoltre, è stato ricordato che “sia Fitch che Moody’s hanno confermato il rating emittente e l’outlook di UniCredit’

 

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