Calendario Fed : gli incontri del 2021

Chiunque abbia letto le nostre analisi pensiamo abbia ampiamente compreso , l’importanza che diamo e abbiamo dato alle azioni combinate e corali delle Banche Centrali , ma sopratutto alla FEDERAL RESERVE.

Calendario Fed : gli incontri del 2021

In questo periodo abbastanza complesso dei Mercati Finanziari ci pare di “intendere” più che timori di uno scenario inflattivo ,che è comunque da tenere ben presente , un tentativo da parte sopratutto dei Mercati USA di “scontare” eventuali cambiamenti della Politica Monetaria della FEDERAL RESERVE in anticipo .

In poche parole sembra quasi che sia data per scontata e prossima un’azione della FEDERAL RESERVE o sulla riduzione del QE o sul fronte tassi , sopratutto visto il forte rialzo delle Materie Prime da Agosto 2020 a oggi che potrebbe non essere per nulla alla fine anzi.

E forse il problema è proprio questo per Powell e la FEDERAL RESERVE.

Come sempre i Mercati anticipano o provano ad anticipare situazioni future ( o meglio gli algoritmi e le intelligenze artificiali che guidano gli HFT che noi cerchiamo sempre di comprendere il prima possibile).

Prova di ciò è il fatto che sia il Dow Jones (dopo un top storico oltre i 35000 punti ) ,sia il Nasdaq (dopo un top storico di 14078 punti ) e sia lo S&P (dopo un top storico a 4244 punti ) da qualche ottava a questa parte  hanno cominciato ad avere brusche variazioni di direzione , intraday e non con   frequenti gap up e gap down che disorientano molto i traders e gli investitori rendendo molto complicato fare posizione sia in una direzione che nell’altra.

Anche la volatiltà ha un andamento molto incerto e inconsueto , salendo e scendendo ripetutamente come forse mai dal 2009 a oggi abbiamo visto .

SFI TRADING ADVISOR si è oramai convinta che fino al 15-16 Giugno 2021 , vale a dire , alle date del prossimo meeting della FEDERAL RESERVE questa situazione potrebbe con elevate probabilità continuare .

E siccome rispettiamo MOLTO e non combattiamo MAI contro la FEDERAL RESERVE , attenderemo con calma questo Meeting che a nostro giudizio potrà sicuramente  dare direzione ai Mercati molto chiara e sopratutto duratura.

Fino ad allora , armiamoci di pazienza e guardiamo con  attenzione questi 5 :

NASDAQ valore chiave 13048 (fondamentale livello di  riferimento operativo)

QQQ        valore chiave     315 (fondamentale livello di riferimento operativo)

S&P         valore chiave    4050 (fondamentale livello di riferimento operativo)

GRANO    valore chiave     680 (fondamentale livello di  riferimento operativo)

STM          valore chiave 24-26 (fondamentali livelli di  riferimento operativo)

Sono tutti valori da non perdere e molto importanti (per le nostre analisi in essere ) come sicuramente chi legge i nostri articoli ben sa.

La Voce del Padrone arriverà tra meno di un mese !

Ad Maiora !

CALENDARIOFED

fed

SITUAZIONE “MAGNIFICI 5” AL 23 DICEMBRE 2021

NASDAQ valore chiave 13048 (fondamentale livello di  riferimento operativo)

QQQ        valore chiave     315 (fondamentale livello di riferimento operativo)

S&P         valore chiave    4050 (fondamentale livello di riferimento operativo)

GRANO    valore chiave     680 (fondamentale livello di  riferimento operativo)

STM          valore chiave 24-26 (fondamentali livelli di  riferimento operativo)

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TOP “MAGNIFICI 5” AL 23 DICEMBRE 2021

NASDAQ valore raggiunto  16770 

QQQ        valore raggiunto       408,70

S&P          valore raggiunto      4745 

GRANO    valore raggiunto       874,30 

STM          valore raggiunto 46,33

fantastica

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Pictet: “Ecco perché i mercati non sono spaventati da una Fed falco”

Andrea Delitala e Marco Piersimoni (Pictet Asset Management) spiegano che quanto emerso al meeting di dicembre della banca centrale statunitense è in linea con le aspettative degli operatori

 di Leo Campagna  24 Dicembre 2021 – 13:30

Dopo alcuni trimestri in cui il presidente della Fed Jerome Powell ha predicato la teoria della pazienza in nome del nuovo paradigma del Flexible Average Inflation Targeting (FAIT), la banca centrale statunitense ha ribaltato la propria retorica. Nella riunione di dicembre è stato posto un limite virtuale alla crescita dei prezzi, arrivando anche ad affermare che un’inflazione eccessiva nuove al raggiungimento della piena occupazione.

NORMALIZZAZIONE PIÙ RAPIDA DELLE POLITICA MONETARIA

“L’annuncio di un incremento del ritmo della riduzione degli acquisti sul mercati non ha spaventato i mercati” fanno sapere Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. La normalizzazione più rapida della politica monetaria era infatti stata ampiamente anticipata. Pertanto la contrazione di 30 miliardi di dollari di acquisti al mese dal prossimo gennaio, il doppio rispetto agli attuali 15 (decisi a novembre), fino ad arrivare ad azzerarsi a marzo, non ha provocato scossoni sui listini.

TRE RIALZI DEI TASSI USA NEL 2022

Da marzo in poi, la politica monetaria tornerà ad agire sui tassi di interesse (Lift-off) e solo successivamente (in un futuro non precisato) sul riassorbimento della liquidità (Quantitative Tightening). In linea con questo scenario delineato dal mercato le ultime proiezioni della Fed in merito al sentiero dei tassi, con tre rialzi nel 2022 (fino a tre mesi fa era uno solo), e tre ulteriori gradini da scalare nell’anno successivo. “Anche questo aggiornamento ha registrato una reazione degli operatori di mercato estremamente disciplinata, dal momento che le proprie aspettative risultano legittimate”, spiegano i due esperti di Pictet AM.

IL FOCUS DELLA FED SARÀ SULL’INFLAZIONE SALARIALE

Da qui in avanti, il focus della Fed sarà sull’inflazione salariale, in particolare la dinamica delle retribuzioni reali (ossia al netto dell’inflazione), la cui crescita non dovrà superare i guadagni in termini di produttività se si vuole scongiurare il rischio di una spirale inflattiva. “Oggi appare una possibilità alquanto remota, alla luce della variazione annua dei salari reali attualmente in territorio negativo a causa del recente picco di inflazione” riferiscono Delitala e Piersimoni che poi aggiungono: “Tuttavia, nel momento in cui il carovita si normalizzerà (per effetto del riallineamento tra domanda e offerta dopo i temporanei colli di bottiglia legati alla pandemia), i salari reali torneranno a crescere”. Se la produttività non riuscirà a tenere il passo, l’intervento della Fed sarà risoluto per non perdere il controllo dell’inflazione.

CAMBIO DI ORIENTAMENTO DA PARTE DELLA FED

Resta il fatto che la reazione composta del mercato al cambio di orientamento da parte della Fed si può spiegare con l’apprezzamento di una svolta che, a fronte di dati di inflazione persistente, sembra essere il modo giusto per ristabilire la credibilità dell’istituto sulla capacità (e sulla volontà) di adempiere al mandato di stabilità dei prezzi. “Non si può comunque escludere che la linea morbida della tolleranza apparentemente accantonata, possa essere riadottata qualora la ripresa economica fosse meno solida delle aspettative o l’inflazione rientrasse più rapidamente del previsto” commentano Delitala e Piersimoni.

CICLO ECONOMICO ECCEZIONALE

D’altra parte, le indicazioni dei Policy Makers hanno un valore limitato nel tempo. “Questo ciclo economico eccezionale, scandito dallo shock pandemico intermittente, risulta difficile da interpretare in tutte le sue implicazioni macroeconomiche. Dovremo pertanto abituarci a questa minore affidabilità delle promesse delle banche centrali e alla volatilità che da essa potrebbe scaturire” concludono i due manager di Pictet Asset Management.

Fed, cosa può succedere con l’inflazione non più “transitoria”

Morgan Stanley IM sottolinea le difficoltà che la Fed avrà nel contrastare l’inflazione senza sconvolgere i mercati. Il possibile impatto di Omicron e la situazione delle filiere globali consigliano un’esposizione al rischio prudente

 di Virgilio Chelli  22 Dicembre 2021 – 14:16

Analizzando il recente andamento dei mercati, il team Global Balanced Risk Control (GBaR) di Morgan Stanley Investment Management evidenzia come il settore azionario dell’energia, che più aveva brillato nel corso del 2021, da novembre ha incontrato difficoltà, esibendo la performance mensile settoriale peggiore rispetto agli altri segmenti. Intanto la volatilità, dopo un periodo in cui era rimasta relativamente contenuta, ha rialzato la testa: un ruolo importante è stato giocato dall’impatto della variante Omicron sull’economia. Per Andrew Harmstone e Manfred Hui, responsabili del team, sebbene non sia ancora chiaro quanto grave sia la nuova variante e se i vaccini assicureranno una difesa adeguata, l’incertezza è senz’altro stata un catalizzatore sufficiente per causare un arretramento dei mercati. A questo si aggiunge l’attesa che i tassi d’interesse siano destinati ad aumentare, seppur solo in misura moderata.

LA SVOLTA DELLA FED

Sul sentiment di mercato ha indubbiamente pesato la svolta restrittiva della Federal Reserve americana, evidente sin da quando il presidente Jerome Powell ha dichiarato che non è più corretto utilizzare il termine “transitorio” per descrivere l’inflazione, generando una reazione negativa da parte dei mercati. Se la variante del virus dovesse causare ulteriori problemi e strozzature sul fronte dell’offerta, l’inflazione si potrebbe inasprire. In questo contesto di rischio più elevato, secondo il team GBaR di Morgan Stanley IM, una normalizzazione dei tassi che non sconvolga i mercati, ma che contrasti efficacemente le pressioni inflazionistiche, sta diventando sempre più difficile da raggiungere.

INTERROGATIVI SULLE STROZZATURE DELLE FILIERE GLOBALI

Su mercati incombe l’interrogativo sui problemi delle filiere produttive globali, dato che non è chiaro quanto a lungo ancora dureranno. Le strozzature hanno pesato sulle economie globali per buona parte del 2021, causate dall’azione concomitante della domanda generata dalla pandemia e dai colli di bottiglia logistici. Harmstone e Hui citano le indagini settoriali secondo cui il 50% degli operatori ritengono che sarà necessario attendere fino alla fine del primo semestre del 2022 per una normalizzazione, mentre per il 33% quest’ultima arriverà solo alla fine del 2022.

ESPOSIZIONE PRUDENTE AL RISCHIO

Guardando al futuro e alle implicazioni per gli investimenti, il team di gestione di Morgan Stanley IM ritiene che le incertezze su intensità e tempi del rientro degli stimoli delle banche centrali suggeriscano di mantenere un’esposizione al rischio prudente. Dopo aver limato il sovrappeso nel segmento value a settembre, il team GBaR ha ridotto all’interno dei portafogli da loro gestiti il sovrappeso anche nel segmento growth a novembre, riducendo inoltre l’esposizione al settore energia e rafforzando invece, in chiave tattica, le posizioni nei titoli delle società internet cinesi.

PRESE DI BENEFICIO SUI TITOLI ENERGETICI

Da gennaio 2021 il team di Morgan Stanley IM deteneva un sovrappeso nell’energia globale, nell’ambito della rotazione verso i settori ciclici e value. Allora infatti i titoli energetici statunitensi ed europei venivano scambiati con uno sconto rispetto al mercato. Ma successivamente la tendenza al rialzo ha mostrato segnali di esser giunta al capolinea, e di conseguenza, i gestori del GBaR hanno ridotto le posizioni per operare una presa di profitto.

SOVRAPPESO SUL SETTORE INTERNET CINESE

A settembre 2021 invece è stata introdotta nei portafogli una posizione di modesto sovrappeso nelle azioni internet cinesi, tenendo conto dei solidi fondamentali, della stabilizzazione di un quadro normativo diventato meno favorevole e delle valutazioni interessanti, grazie al calo di oltre il 50% dal picco del febbraio 2021. Più di recente il team Global Balanced Risk Control ha rafforzato questa posizione, ritenendo di essere in prossimità del minimo causato dal ciclo normativo restrittivo e alla luce di valutazioni che rimangono interessanti.

Wall Street: Nasdaq continua a fare peggio, futures -0,90%. ‘Azioni growth penalizzate da Fed più hawkish’

17/12/2021

Futures Usa in lieve calo dopo le perdite di ieri, che hanno colpito soprattutto il Nasdaq. L’indice hi-tech è capitolato del 2,47%, soffrendo la sessione peggiore da settembre. Il Dow Jones ha chiuso piatto, con una variazione pari a -0,08%, mentre lo S&P 500 ha ceduto lo 0,8%. Alle 12.10 circa ora italiana, i futures sul Dow Jones perdono lo 0,08%, quelli sullo S&P 500 arretrano dello 0,33%, mentre quelli sul Nasdaq cedono lo 0,90%, a conferma di come il Nasdaq continui a sottoperformare il mercato.

“Con la Federal Reserve che diventa più hawkish e le attese di tassi di interesse più alti, gli investitori stanno riducendo la loro esposizione verso le azioni growth – ha commentato alla Cnbc Jim Paulsen, responsabile strategist degli investimenti di The Leuthold Group – Di solito, le azioni growth mostrano una duration più elevata rispetto ai titoli value, in quanto una quota più alta dei loro flussi di cassa sarà ricevuta in un futuro più distante”.

I tassi sui Treasuries Usa riflettono tuttavia più la paura per la diffusione della variante Omicron che per l’inflazione. I tassi decennali sono scesi fino all’1,42%, mentre i trentennali oscillano attorno all’1,8538%. Nessun dato macro Usa rilevante è atteso per la giornata di oggi. I trader tentano ancora di digerire la carrellata di annunci di politica monetaria arrivati ieri da diverse banche centrali e il rafforzamento del tapering da parte della Fed di Jerome Powell annunciato due giorni fa.

La Fed di Jerome Powell ha annunciato l’altroieri una forte accelerazione del tapering, il programma di riduzione degli acquisti di asset che la banca centrale effettua ogni mese. A partire dal mese di gennaio del 2022, gli acquisti di asset passeranno a 60 miliardi di dollari di bond (rispetto ai $120 miliardi al mese acquistati con il piano originario di Quantitative easing lanciato nel 2020, per contrastare gli effetti della pandemia Covid).

Dal dot plot del Fomc è emerso che gli esponenti della Fed prevedono per l’anno prossimo tre rialzi dei tassi, rispetto a una sola stretta che era stata precedentemente prevista per l’anno prossimo. La Fed ha lasciato i tassi sui fed funds invariati nella forchetta compresa tra lo zero e lo 0,25%.

Focus sulla Bank of England, che ieri ha annunciato di aver alzato i tassi per la prima volta dall’inizio della pandemia Covid-19, nonostante l’intensificarsi dei timori sulla diffusione della variante Omicron. La Commissione di politica monetaria della BoE (MPC), ha votato per aumentare i tassi dal minimo storico dello 0,1% allo 0,25%, comunicando di ritenere che le pressioni rialziste sull’inflazione siano superiori ai rischi all’economia derivanti dalla nuova variante.

D’altronde, il dato ufficiale relativo all’inflazione UK misurato dall’indice dei prezzi al consumo ha indicato un balzo, a novembre, del 5,1%, sulla scia del boom dei prezzi energetici e delle strozzature che stanno colpendo l’economia. Il target di inflazione della Bank of England è pari al 2%.

Qualche giorno prima un avvertimento contro il rischio di un nulla di fatto sui tassi da parte della Bank of England era arrivato dal Fondo Monetario Internazionale.

La Bce dal canto suo ha deciso di confermare la riduzione degli acquisti di asset che avvengono con il QE pandemico PEPP, bazooka che terminerà nel marzo del 2022. Christine Lagarde & Co hanno annunciato però contestualmente il rafforzamento del programma tradizionale di Quantitative easing, il cosiddetto APP.

E nel comunicato è scritto chiaramente che “gli acquisti netti del PEPP potrebbero anche essere ripresi, se necessario, per contrastare gli shock negativi connessi alla pandemia”. Il piano APP continuerà al ritmo di acquisti di asset per un valore di 20 miliardi di euro, per poi rafforzarsi a 40 miliardi nel secondo trimestre del 2022 e ridursi a 30 miliardi nel terzo trimestre.

Nel secondo trimestre, gli acquisti torneranno al ritmo di 20 miliardi di euro al mese.

Oggi è stato il turno della Bank of Japan guidata da Haruhiko Kuroda, che ha annunciato di aver confermato il target dei tassi di interesse di breve termine al -0,1%, e il target dei tassi dei titoli di stato a 10 anni attorno allo zero.

L’istituzione ha tuttavia annunciato anche il lancio del tapering dei suoi acquisti di corporate bond e di commercial paper, decidendo così di ridurre le misure di sostegno lanciate con l’esplosione della pandemia Covid-19.

Sotto i riflettori le tensioni tra Cina e Stati Uniti, dopo ladecisione dell’amministrazione Biden di inserire nella black list delle aziende sanzionate più di 30 società cinesi, con l’accusa di violazione dei diritti umani e di sviluppo di tecnologie che mirano al controllo delle menti -brain control weaponry e che rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Fed più hawkish: tassi fermi allo zero, ma fine tapering anticipata a marzo 2022. Dot plot: l’anno prossimo tre rialzi tassi

15/12/2021

Il tapering del QE della Fed terminerà nel marzo del 2022, e non nel mese di giugno, come precedentemente previsto dalla banca centrale americana. E’ quanto ha annunciato il Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, al termine della riunione di due giorni che si è conclusa nella giornata di oggi.

Dal dot plot del Fomc emerge che gli esponenti della Fed prevedono per l’anno prossimo tre rialzi dei tassi, rispetto a una sola stretta che era stata precedentemente prevista per l’anno prossimo.

La Fed ha lasciato i tassi sui fed funds invariati nella forchetta compresa tra lo zero e lo 0,25%.

Fed Day è qui, le previsioni su tapering, tassi e dot plot: ecco fino a dove arriveranno i tassi nel 2024

15/12/2021

“In occasione della riunione della FED di oggi, ci aspettiamo che il Federal Open Market Committee (Fomc, braccio di politica monetaria della Fed) imprima un’accelerazione alla riduzione del ritmo di acquisto di asset, già introdotta a seguito della riunione di novembre dopo una forte crescita economica (offerta di lavoro e crescita dei consumi) e un aumento delle pressioni inflattive”. Così François Rimeu, Senior Strategist di La Française AM, nella nota con cui anticipa ciò che la Fed potrebbe annunciare oggi, alle 20 ora italiana, in merito alla direzione della politica monetaria Usa.

“In dettaglio – scrive Rimeu – riteniamo che la FED annuncerà il raddoppio del ritmo del tapering, arrivando a 30 miliardi di dollari al mese a partire da metà gennaio 2022 (inizialmente aveva annunciato la cifra di 15 miliardi). Ciò comporterebbe la fine del Quantitative Easing a marzo 2022 (e non a giugno). Di conseguenza, il grafico dot plot mostrerà rialzi dei tassi prima del previsto: due l’anno prossimo (0,625%) e altri cinque fino al 2024 (tre nel 2023, dell’1,375%, e due nel 2024, dell’1,875%). I FED fund di lungo periodo rimarranno invariati al 2,5%”.

Per il senior strategist di La Française AM, “le dichiarazioni programmatiche rifletteranno questi cambiamenti di politica monetaria più aggressiva”.

D’altronde, “stando alle ultime affermazioni del presidente Powell, la FED non sosterrà più che l’inflazione più alta sia ‘temporanea’. Powell continuerà tuttavia a sottolineare che le pressioni sui prezzi dovrebbero allentarsi entro il prossimo anno. Metterà anche in risalto il fatto che continuare ad avere un’alta inflazione può mettere a rischio la durata dell’espansione economica e, perciò, costituirebbe un pericolo per quanto riguarda il fronte dell’occupazione, ovvero il secondo mandato del Federal Open Market Committee. Ci aspettiamo inoltre che il presidente Powell sottolinei che le prossime decisioni di politica monetaria dipenderanno dai dati macro-economici”.

“Siamo dell’idea che il SEP (Summary of Economic Projections) mostrerà una crescita inferiore per il 2021 (dal 5,9% al 5,5%), ma una crescita più alta del PIL nel 2022 (dal 3,8% al 3,9%), con una crescita invariata nel 2023 e 2024 (rispettivamente al 2,5% e al 2%). Infine – continua l’esperto – il FOMC dovrebbe rivedere le proprie previsioni di un’inflazione del PCE (Personal Consumption Expenditures/Spese personali di consumo) più alta, con previsioni in aumento dal 4,2% al 5,3% nel 2021, dal 2,2% al 2,4% nel 2022, e invariate nel 2023 e 2024, rispettivamente al 2,2% e al 2,1%”.

“In sintesi – conclude l’esperto – nel caso in cui l’inflazione continuasse a rimanere alta, ci aspettiamo che il Presidente Powell prepari gli investitori ad aumenti dei tassi di interesse nel 2022. Ci aspettiamo che metta in evidenza che la politica della FED continuerà a essere flessibile e che le tempistiche sui rialzi dei tassi dipenderanno dai dati. Con i trader che stanno già pesando l’impatto potenziale di una politica monetaria meno generosa, non c’è margine d’errore. Crediamo che vedremo alta volatilità ma, alla fine, un esito ‘prudente’ della riunione, che sottolinei la forte incertezza del momento”.

Settimana cruciale per azionario con Fed, Bce, BoE, SNB, Bank of Japan. Occhio al forex

13/12/2021

Inizio di settimana positivo per l’azionario in Asia. L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione in rialzo dello 0,71% a 28,640.49, la borsa di Shanghai avanza dello 0,46%, Hong Kong +0,36%, Sidney +0,35%, mentre Seoul è una eccezione negativa con una flessione dello 0,26%. Un assist positivo arriva da Wall Street, con i futures sulla borsa Usa in crescita, dopo che lo S&P 500 e il Nasdaq hanno concluso la migliore settimana di contrattazioni dal febbraio di quest’anno, con l’indice benchmark che ha testato venerdì scorso un nuovo record.

I futures sul Dow Jones salgono di oltre 100 punti, quelli sullo S&P 500 avanzano dello 0,30%, mentre quelli sul Nasdaq 100 incassano lo 0,29%.

Settimana cruciale per i mercati, con le riunioni delle banche centrali tra le più importanti del mondo: il Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, si riunirà nella giornata di domani per diramare l’annuncio dopodomani mercoledì 15 dicembre.

Il giorno successivo, 16 dicembre, si riunirà la Bce di Christine Lagarde. Sempre giovedì 16 dicembre saranno annunciate le decisioni di politica monetaria della Bank of England.

In settimana anche gli annunci della Swiss National Bank (SNB) e della Bank of Japan.

La Federal Reserve ha già indicato di essere pronta a intervenire, rafforzando ulteriormente il tapering appena lanciato, che per ora prevede un taglio degli acquisti di asset al mese di $30 miliardi, rispetto al totale che ammontava ogni mese a $120 miliardi.

Particolarmente da falco sono state le dichiarazioni, degli ultimi giorni, del presidente della Fed Jerome Powell, che ha affermato che sarebbe forse il caso di smettere di affiancare l’aggettivo “transitorio” alla parola “inflazione”.

Secondo gli economisti, Powell & Co annunceranno così, al termine della riunione del Fomc, una accelerazione del tapering, che dovrebbe anticipare la fine del programma di Quantitative easing prima della scadenza fissata al giugno del 2022.

La Bce di Christine Lagarde starebbe lavorando invece su un compromesso tra il prendere provvedimenti contro l’inflazione galoppante in Eurozona, e la necessità di continuare a garantire un supporto al mercato dei titoli di stato dell’area. Alcuni economisti interpellati da Bloomberg hanno fatto notare che Lagarde sarebbe orientata a porre fine al PEPP, il QE pandemico con cui ha acquistato titoli di stato dell’area euro dallo scoppio della pandemia Covid-19, nel marzo del 2022.

Nel frattempo, a detta degli economisti, gli acquisti dovrebbero smorzarsi, passando dai 68 miliardi di euro di acquisti dei mesi di novembre e ottobre, a 50 miliadi di euro al mese di acquisti di asset nel mese di febbraio.

Gli economisti ritengono tuttavia che la Bce potrebbe decidere di potenziare l’altro programma tradizionale di acquisti, (asset purchase programme-APP) dai 20 miliardi di euro di asset che vengono tuttora rilevati ogni mese con il piano a un valore doppio nel secondo trimestre del 2022.

Gli acquisti dovrebbero poi tornare all’ammontare originario dei 20 miliardi di euro al mese entro l’ottobre del 2022. Nel luglio del 2023, la Bce, secondo le previsioni degli economisti, dovrebbe infine lanciare un tapering dell’APP della durata di tre mesi, portando a zero gli acquisti tradizionali dei bond.

Sul forex, il rapporto euro-dollaro è ribasso dello 0,18%, poco al di sotto della soglia di $1,13. Il dollaro-yen sale dello 0,10% a JPY 113,50; la sterlina cede sul dollaro lo 0,17% a $1,3249; l’euro arretra sullo yen dello 0,07% a JPY 128,23, mentre sul franco svizzero scende dello 0,05% a CHF 1,0417.

Goldman Sachs, l’AD Solomon: ‘decisioni Congresso Usa e Fed avranno un impatto sui mercati più forte della pandemia’ Covid

07/12/2021

Le decisioni del Congresso Usa e della Federal Reserve avranno sui mercati e sull’economia un impatto superiore di quanto lo avrà la pandemia. Parola del numero uno di Goldman Sachs, l’amministratore delegato David Solomon.

Da segnalare come l’ammontare totale dei bazooka fiscali e monetari lanciati da Capitol Hill e dalla Fed di Jerome Powell per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia Covid è stato di circa $10 trilioni dal marzo del 2020. Il problema è che entrambi i sostegni sono destinati a essere smorzati (quello della Fed lo è già stato con il lancio del tapering degli acquisti di asset).

“Non credo che ci troviamo in un nuovo paradigma, in cui il mondo è fondamentalmente diverso. Ma ci vorrà del tempo per fare passi in avanti – ha detto Solomon, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, nel programma ‘Squawk Box’ – In questo contesto, credo che le politiche monetarie e fiscali avranno un impatto maggiore sulla traiettoria dei mercati rispetto a quello che avrà la pandemia, da questo momento in poi”.

Riguardo alla minaccia dell’inflazione negli Stati Uniti, Solomon ha detto che “chiaramente assistiamo a un’inflazione reale nell’economia”, aggiungendo che è possibile che gli investitori non abbiano scontato del tutto la fiammata dei prezzi.

“Credo che abbiamo assistito per un periodo significativo di tempo a una inflazione più bassa del trend e che ora ci sia la possibilità reale che avremo una inflazione superiore al trend per un altro periodo di tempo. Ciò non significa che le cose debbano essere come negli anni ’70, ma quando si pensa a periodi in cui c’è stata l’inflazione, si pensa a periodi in cui l’inflazione ha danneggiato i prezzi degli asset e ha rallentato la propria abilità di fare soldi con quasi tutti gli asset”.

In questo contesto, Solomon ha aggiunto di ritenere che “non assisteremo agli stessi ritorni dell’azionario e di molti altri asset nel corso dei prossimi anni di quelli che abbiamo visto negli ultimi due anni”.

Rally di Natale? Troppe incertezze e sorprese negative in agguato

Omicron, inflazione, Fed, tassi e corsa di Biden alla spesa pubblica incombono su un mercato diviso tra prese di beneficio e acquisti sui ribassi. E anche il fronte geopolitico, dall’Ucraina a Taiwan, potrebbe riscaldarsi

 di Stefano Caratelli  6 Dicembre 2021 – 7:25

Sul mercato, sia azionario che obbligazionario, è in atto un vero e proprio tiro alla fune tra due schieramenti: chi approfitta delle turbolenze che si susseguono per comprare sui ribassi cogliendo opportunità, e chi sui rimbalzi successivi vede invece l’occasione di portare a casa il profit, visto che i principali indici di Wall Street segnano ancora rialzi a due cifre da inizio anno. S&P 500 e Nasdaq viaggiano al 20% e qualcosa sopra la partenza del 2021 e il Dow Jones con il Russell 2000 segnano un più che rispettabile aumento di oltre il 12%. C’è anche un terzo partito, che quando le azioni sbandano va a cercare riparo nei T-bond facendo salire i prezzi e scendere i rendimenti, che alla chiusura di venerdì 3 dicembre sulla scadenza a 10 anni sono rientrati in area 1,3%, nonostante il capo della Fed Jay Powell qualche giorno prima avesse cancellato l’aggettivo ‘transitorio’ dall’inflazione. Per chi aveva comprato i Treasury il giorno prima del ponte del Thanksgiving, quando si avvicinavano all’1,7%, un bel capital gain in una decina di giorni.

IN ATTESA DELLA FED IL 15 DICEMBRE

Sul mercato pesano molte incertezze che rendono quanto meno problematico il tradizionale rally natalizio. Le principali riguardano l’inflazione, la Fed e i tassi di interesse, poi c’è la variante Omicron e le possibili conseguenze sulla ripartenza delle economie, e infine la più sottovalutata ma forse la più importante nel medio periodo: la corsa alla spesa pubblica dell’amministrazione Biden, che di qui alle elezioni di mid-term tra 11 mesi può solo continuare, e che continua a pompare dollari in un’economia che non ne ha più bisogno, con l’effetto di alimentare l’inflazione sul lato della domanda e aumentare le pressioni salariali, invogliando gli americani a non cercare lavoro perché tanto a riempirgli le tasche di dollari ci pensa lo Zio Sam. La Fed, dopo aver sancito davanti al Congresso che l’inflazione non è più temporanea, scoprirà le carte solo nella serata europea del 15 dicembre. Vedremo se Powell conferma l’accelerazione del tapering, vale a dire la riduzione degli acquisti di titoli, implicando che i tassi potrebbero iniziare a salire già nella prima metà del 2022. Si può notare che l’avvocato prestato alla politica scelto da Trump per guidare la banca centrale ha aspettato di essere confermato per altri 4 anni da Biden per revocare la transitorietà dell’inflazione.

AUTO ELETTRICA PROSSIMO TARGET?

Omicron sembra ancora la minaccia meno minacciosa, finora è stato usato più come scusa per le prese di beneficio da chi pensa che sia arrivato il momento di togliere dal tavolo un po’ dei guadagni accumulati soprattutto su certi titoli, come ad esempio Facebook, che nella nuova versione Meta sta sconfinando in territorio Orso insieme a Netflix. Una corsa a portare a casa il profit potrebbe investire un segmento che ha corso moltissimo, l’auto elettrica. I 118 produttori tradizionali quotati capitalizzano solo il 40% dell’intero settore veicoli elettrici inclusi, che fanno invece il 60%, come mostra il grafico qui sotto, nonostante il loro fatturato sfiori il 100% del totale. Le prese di beneficio anche qui sono già partite, ma le varie Tesla, Lucid, Rivian o NIO viaggiano ancora a livelli stratosferici rispetto ai fondamentali.

BlueBay: mercati meno spaventati dall’ultima variante del Covid-19

Potremmo assistere a un’accelerazione dei rendimenti dei Treasury se le preoccupazioni per la diffusione di Omicron risultassero meno gravi del previsto

 di Leo Campagna  5 Dicembre 2021 – 9:00

Mercati finanziari in tilt alla fine della scorsa settimana alla notizia della nuova variante Omicron del virus Covid-19. Ad alimentare la corsa ai beni rifugio (flight to quality) il timore che la nuova variante risultasse resistente al vaccino e provocasse una battuta d’arresto sostanziale nella ripresa economica, che ha preso slancio nel corso di quest’anno.

ABBIAMO IMPARATO A CONVIVERE CON IL VIRUS

“La prossima settimana sono attese molte più notizie riguardo alla Omicron e al suo probabile impatto su economie, società e mercati finanziari. Speriamo che l’analisi continui a confermare che molte delle paure espresse intorno alla nuova variante siano state ampiamente esagerate. Abbiamo imparato a convivere con il virus e dubitiamo che questo cambierà” commenta Mark Dowding, CIO di BlueBay, asset manager specializzato nel reddito fisso.

I PRIMI DATI DAL SUDAFRICA

I primi dati dal Sudafrica e da altri Paesi hanno suggerito che se è vero che la nuova variante Omicron sembra rivelarsi più trasmissibile della Delta, è altrettanto evidente come le ospedalizzazione non subiscano un rialzo altrettanto significativo. “Finora, soltanto il 2% dei casi da Omicron ha portato all’ospedalizzazione una settimana dopo, rispetto a un tasso di ospedalizzazione del 10% durante l’ondata Delta. Se questa tendenza verrà confermata nei prossimi giorni, allora potrebbe suggerire che i sintomi in questa variante possono essere più lievi che in altri ceppi, o che i vaccini continuano ad essere altamente efficaci nel prevenire malattie gravi, o entrambi” riferisce Dowding.

IN EUROPA AFFIORA QUALCHE CRITICITA’

In Europa, tuttavia, affiora qualche criticità. Ad oggi, i bassi livelli di decessi cumulativi da Covid-19 in Paesi come la Germania, rispetto all’Italia, al Regno Unito o agli Stati Uniti, indicano livelli più bassi di immunità al virus, e questo può rendere più probabile un lockdown, dal momento che la quota di letti di terapia intensiva occupati da pazienti affetti da Covid-19 continua a salire. In tutti i casi, l’impatto della Omicron dovrebbe essere più temporaneo e meno grave di quello che è avvenuto con l’ondata Delta questo autunno.

UN AUMENTO ANTICIPATO DEI TASSI USA

Se fosse confermato, è possibile che la Fed confermi la sua posizione da falco quando si riunirà il mese prossimo. La banca centrale USA sembra infatti in gran parte aver scartato i rischi da virus per il momento: Powell ha segnalato una svolta verso una riduzione più rapida degli acquisti di asset e un aumento anticipato dei tassi durante l’audizione al Congresso insieme a Janet Yellen questa settimana. “Da tempo sosteniamo che almeno una parte dell’inflazione non può essere catalogata come “transitoria”, e siamo lieti di vedere che la Fed si avvicina alle nostre opinioni” puntualizza il CIO di BlueBay.

LA FED E LA PRESSIONE SUI PREZZI

La Fed ha bisogno di mettere sotto controllo le pressioni sui prezzi, mentre il mercato del lavoro continua a irrigidirsi sullo sfondo di livelli di partecipazione strutturalmente più bassi. Peccato che i mercati finanziari restino convinti che un aumento dei tassi sia capace di compromettere le prospettive economiche. “Riteniamo che i tassi d’interesse possano salire in misura sostanziale ben prima che la politica monetaria diventi restrittiva, alla luce del fatto che i tassi d’interesse reali permangono in territorio profondamente negativo” argomenta Dowding.

UNA TRANSIZIONE VERSO UN REGIME DI RENDIMENTI PIU’ ELEVATI

Il manager continua a credere che nelle prossime settimane possa materializzarsi una transizione verso un regime di rendimenti più elevati . “Pensiamo che potremmo aver visto i minimi dei rendimenti dei Treasury durante queste ultime settimane e che ci sarà spazio per generare performance positive alla fine dell’anno. Anzi, possiamo anche sperare che se la Omicron si rivelerà meno grave delle precedenti varianti della COVID-19, allora potremmo effettivamente assistere a un’accelerazione dei tassi dei Treasury” conclude il CIO di BlueBay.

Powell svela nuovi piani Fed: ‘serve un tapering accelerato’. Wall Street non la prende bene

30/11/2021

Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, nel corso dell’audizione al Senato Usa ha affermato che il rischio di una maggiore inflazione è aumentato e che la banca centrale statunitense discuterà nella prossima riunione circa l’opportunità di concludere il tapering con qualche mese di anticipo. Il prossimo meeting Fed è in programma il 14-15 dicembre. Pertanto si prospetta la possibilità di una riduzione degli acquisti mensili di obbligazioni a un ritmo più rapido rispetto al programma di $ 15 miliardi in meno al mese deciso all’inizio di novembre. “A questo punto, l’economia è molto forte e le pressioni inflazionistiche sono più elevate, ed è quindi opportuno, a mio avviso, considerare di concludere il tapering dei nostri acquisti di asset… forse qualche mese prima”, ha affermato Powell. “Mi aspetto che ne discuteremo nel nostro prossimo incontro”.

A ottobre l’inflazione statunitense ha toccato il +6,2% annuo, livello più alto dal lontano 1990.

Parole di Powell, che abbinate agli avvertimenti del ceo di Moderna sul rischio che la variante Omicron fiacchi l’efficacia dei vaccini Covid, stanno alimentando le tensioni tra gli investitori con gli indici di Wall Street arrivati a cedere oltre l’1,7% e volatilità schizzata nuovamente (+24%in area 28 punti).

Il ceo di Moderna, Stephane Bancel, ha dichiarato al FT di ritenere che i vaccini esistenti siano meno efficaci contro la nuova variante del Covid. E lo stesso Bancel aveva spiegato ieri che per sviluppare un vaccino specifico che contrasti la variante Omicron potrebbero essere necessari alcuni mesi. In aggiunta, Regeneron Pharmaceuticals ha affermato che il suo trattamento con anticorpi COVID-19 e altri farmaci simili potrebbero essere meno efficaci contro la variante Omicron.

Powell 2 fa subito capire che sarà una Fed più aggressiva contro l’inflazione. Scenario 2022 a tutta rialzo tassi mette KO Nasdaq, Borse UE e bitcoin

23/11/2021

Jerome Powell resta saldo in sella alla Federal Reserve. Il presidente Joe Biden ha optato per la riconferma di Powell come presidente della Federal Reserve e i mercati, dopo una prima reazione positiva, hanno storto il naso soprattutto alla luce dei toni subito più da falco mostrati da Powell.

A pagare dazio è stato in particolare il Nasdaq (-1,26%) proprio in virtù del diffondersi del timore che la Fed si mostri più aggressiva sul fronte tassi. Male anche le Borse UE oggi con Piazza Affari e Dax in calo rispettivamente dell’1,7% e dell’1,5% complici anche gli sviluppi sul fronte contagi.

Rialzo tassi Fed: JP Morgan presenta outlook tabella di marcia. Occhio anche a stime Goldman Sachs e Morgan Stanley

19/11/2021

Gli economisti di JP Morgan ritengono che la Federal Reserve potrebbe alzare i tassi sui fed funds Usa nel settembre del 2022. E’ quanto riporta Bloomberg, aggiungendo che il team guidato da Michael Feroli crede che l’obiettivo della piena occupazione, negli Stati Uniti, sarà soddisfatto entro la metà dell’anno prossimo.

Gli economisti di JP Morgan rimangono comunque più dovish dei colleghi di Goldman Sachs, per esempio, che prevedono una stretta monetaria nel mese di luglio.

Gli economisti di Morgan Stanley credono invece tuttora che la Fed non alzerà i tassi prima del 2023.

Tornando a JP Morgan, gli economisti prevedono che la prima stretta da parte del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, nel settembre del 2022 sarà seguita da un’altra stretta a dicembre e da altre successive in ognuno dei trimestri successivi.

Per Feroli & Co, il ciclo di rialzo dei tassi si concluderà quando il tasso di inflazione su base adjusted tornerà allo zero.

Wall Street debole post vendite al dettaglio. Bullard lancia appello ai falchi, invoca tapering Fed più aggressivo in vista rialzo tassi I trim 2022

16/11/2021

Wall Street debole: alle 15.38 ora italiana circa, il Dow Jones sale dello 0,23% a 36.169 punti; lo S&P 500 è piatto con una variazione pari a +0,05% a 4.684 punti; piatto anche il Nasdaq, con una variazione pari a -0,01% a 15.851 punti.

Pubblicato il dato relativo alle vendite al dettaglio di ottobre, salito dell’1,7%, più del +1,2%-1,5% atteso dal consensus degli analisti. Escluse le vendite di auto, il dato ha messo a segno un rialzo dell’1,8%, mentre escluse le vendite sia di auto che di benzina il rialzo è stato pari a +1,4%.

Comunicato anche il dato relativo alla produzione industriale, salito dell’1,6%, più del doppio rispetto al +0,7% atteso e rispetto al precedente calo pari a -1,3% di settembre. L’utilizzo della capacità produttiva è salito al 76,4%, più del 75,9% atteso e rispetto al precedente 75,2%.

Proprio oggi due colossi americani delle vendite al dettaglio hanno pubblicato i risultati di bilancio relativi al terzo trimestre dell’anno.

Si tratta di Wal-Mart e Home Depot.

Il colosso del fai da te Home Depot ha chiuso il terzo trimestre con un utile e un fatturato che hanno battuto le attese degli analisti. A sostenere i risultati di bilancio è stata la decisione di diversi cittadini americani di lanciarsi in nuovi progetti per rinnovare o semplicemente ristrutturare le loro abitazioni. Nel terzo trimestre fiscale terminato il 31 ottobre scorso, l’utile netto di Home Depot è salito a $4,13 miliardi, o $3,92 per azione, rispetto ai $3,43 miliardi, o $3,18 per azione, dello stesso periodo dell’anno precedente. Gli analisti avevano previsto un eps di $3,40. Le vendite nette sono avanzate del 9,8% a $36,82 miliardi, oltre i $35,01 miliardi stimati dal consensus. Le vendite su base comparata sono aumentate del 6,1%, rispetto al +2,2% atteso. Il titolo sale di oltre +2%.

Migliori delle attese anche i risultati di bilancio di Wal-Mart, che ha beneficiato della decisione di diversi consumatori americani, attanagliati dalla paura dell’inflazione, di tornare a fare acquisti nei supermercati, dove i prezzi sono di norma più convenienti rispetto a quelli stabiliti dagli altri retailer più specializzati nella scelta dei prodotti.

L’utile netto del gigante Usa è sceso a $3,11 miliardi, o $1,11 per azione, rispetto ai $5,14 miliardi, o $1,80 per azione, del terzo trimestre del 2020. Escludendo le voci straordinarie di bilancio, l’utile per azione è stato pari a $1,45, meglio degli $1,40 attesi dal consensus.

Il fatturato è salito del 4% circa a $140,53 miliardi dai $134,7 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso, meglio dei $135,60 miliardi stimati dagli analisti.

Le vendite su base comparata di Wal-Mart negli Usa sono aumentate del 9,2% – escluse le vendite di benzina- oltre il +6,9% atteso.

Wal-Mart ha rivisto al rialzo le stime sull’eps su base adjusted del 2021, dalla precedente forchetta compresa tra $6,20 a $6,35 a 6,40 dollari. Il titolo scende di mezzo punto percentuale.

Focus sui tassi sui Treasuries, con quelli a 10 anni che salgono all’1,628% e quelli a 30 anni che superano la soglia del 2%.

Occhio alle dichiarazioni rilasciate da James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, noto per le sue dichiarazioni hawkish, che non si è smentito neanche oggi.
Bullard ha detto che la Fed dovrebbe inaugurare una politica monetaria più restrittiva nel corso delle prossime due riunioni, e che un eventuale ulteriore taglio degli acquisti di bond, con un tapering in rafforzamento a $30 miliardi al mese, aprirebbe la strada a un primo aumento dei tassi alla fine del primo trimestre del 2022.

Tra gli altri titoli, Tesla continua a confermarsi protagonista indiscussa a Wall Street nel bene o nel male, ormai da una decina di giorni. Nelle ultime ore si è appreso che il fondatore e ceo Elon Musk ha venduto altre azioni Tesla per $930 milioni, dopo gli smobilizzi della scorsa settimana, che erano ammontati a $6,9 miliardi. Ieri le vendite che si sono abbattute sull’azione hanno portato la capitalizzazione del colosso produttore di auto a scendere sotto il muro dei 1000 miliardi di dollari.

Nelle ultime ore è arrivato anche l’annuncio di JP Morgan, che ha comunicato di aver fatto causa a Tesla, accusandola di violazione in flagrante di un contratto che le controparti avevano siglato anni fa, avente per oggetto warrant sulle azioni. Nella denuncia depositata presso la corte federale di Mahnattan, il colosso bancario ha chiesto un risarcimento di $162,2 milioni.

Da segnalare che la scorsa settimana è stata la peggiore settimana per Tesla in più di un anno: il titolo è in calo di oltre il 17% dallo scorso 8 novembre. Ma in avvio di seduta Tesla avanza del 2% circa.

Focus su altri titoli quotati a Wall Street, dopo le novità emerse da alcuni articoli dedicati alle mosse di Berkshire Hathaway, holding creata e gestita da Warren Buffett, sul proprio portafoglio di investimenti.

Il gruppo ha annunciato di aver azzerato il suo investimento nel colosso farmaceutico americano Merck, riducendo al contempo le partecipazioni detenute anche nelle aziende farmaceutiche AbbVie e Bristol-Myers. Buffett ha ridotto anche le quote possedute nei colossi delle carte di credito Visa e Mastercard.

L’oracolo di Omaha ha puntato su una società che detiene i diritti di autore sui medicinali prodotti da altre aziende farmaceutiche, ovvero su Royalty Pharma (RPRX): l’investimento effettuato è stato pari a $475 milioni.
Buffett & Co hanno fatto shopping anche di una quota $99 milioni nel retailer di decorazione dei pavimenti Floor & Decor Holdings.

Royalty Pharma è volata di oltre il 14% in premercato dopo la prova di fiducia arrivata da Berkshire, e ora mette a segno un rialzo di oltre il 3%. Molto bene anche Floor & Decor, con il titolo che balza di oltre il 6%.

Preview Fed: dalla riunione di oggi in arrivo 3 elementi chiave (analisti)

03/11/2021

Saranno tre gli elementi cruciali che potrebbero emergere dalla riunione di oggi della Federal Reserve, secondo la casa d’affari Mirabaud AM: la programmazione del tapering, le valutazioni sull’inflazione “transitoria” e l’attuale impatto della pandemia.

“Per quanto riguarda il tapering prevediamo l’annuncio di una diminuzione degli acquisti mensili di asset di 15 miliardi di dollari al mese (il ritmo attuale è di 120 miliardi), a partire da metà novembre – sostiene Gero Jung, Chief Economist Mirabaud AM – Questo porrebbe fine al Bond Asset Purchase Program, il programma di acquisto di obbligazioni, entro giugno dell’anno prossimo: ciò creerebbe le condizioni per un possibile rialzo dei tassi di interesse nel 2022, se le pressioni sui prezzi rimarranno alte”.

In secondo luogo, sarà decisivo il linguaggio impiegato per parlare dell’inflazione e della sua natura temporanea. Sin dalla riunione di aprile, le dichiarazioni del FOMC hanno descritto gli alti livelli di inflazione come “un dato che rifletteva perlopiù fattori transitori”.

“Anche se non ci saranno nuove proiezioni sulle variabili macroeconomiche (a novembre non saranno pubblicati i cosiddetti “dot plot”), la conferenza stampa darà al presidente Jerome Powell l’opportunità di aggiornare gli analisti sull’inflazione, così come sugli effetti che sta avendo la pandemia”, sottolinea l’esperto.

Lunedì 1 Novembre

Indice PMI Caixin manifatturiero, Cina;

Vendite al dettaglio, Germania;

Indice PMI manifatturiero, Stati Uniti;

Indice ISM manifatturiero, Stati Uniti.

Martedì 2 Novembre

Meeting RBA decisione sui tassi, Stati Uniti,

Indice PMI manifatturiero, Francia, Germania, Zona euro;

Licenze edilizie, Canada;

Trimestrali USA: Pfizer, Amgen.

Mercoledì 3 Novembre

Indice PMI Caixin servizi, Cina;

Disoccupazione, Zona euro;

Stima ADP nuovi occupati, Stati Uniti;

Ordine alle fabbriche, Stati Uniti;

Indice ISM non manifatturiero, Stati Uniti.;

Scorte di petrolio e derivati, Stati Uniti;

Meeting FOMC, politica monetaria Federal Reserve, Stati Uniti.

Trimestrali USA: Qualcomm.

Giovedì 4 Novembre

Bilancia commerciale, Australia;

Vendite al dettaglio, Australia;

Indice PMI servizi, Francia, Germania, Zona euro;

Meeting Norges Bank, decisione sui tassi, Norvegia;

Prezzi alla produzione, Zona euro;

Meeting Bank of England, decisione sui tassi, Regno Unito;

Bilancia commerciale, Stati Uniti;

Richieste settimanali sussidi di disoccupazione; Stati Uniti.

Trimestrali USA: Alibaba, Moderna, Airbnb.

Venerdì 5 Novembre

Comunicato RBA su politica monetaria, Australia;

Vendite al dettaglio, Zona Euro;

Non farm payrolls, Stati Uniti;

Disoccupazione, Stati Uniti.

Trimestrali USA: Berkshire Hathaway.

Tapering con effetto immediato e aumento tassi: le previsioni sulle prossime mosse dalla FED

Dal Brasile alla BoE passando per la BCE per finire il 2 e 3 novembre con il meeting della Federal Reserve. Gli ultimi 15 giorni protagoniste sui mercati sono le banche centrali  con diversi incontri per parlare di politica monetaria. Con l’inflazione alta, la crescita incerta e i continui rallentamenti sull’offerta e nuovi rischi al ribasso (ad esempio, una crisi energetica in Europa e in Cina, turbolenze nel settore immobiliare cinese, crescente incertezza geopolitica), tutti gli istituti centrali si trovano ad affrontare sfide simili ma con percorsi di politica monetaria sono divergenti.  Le Banche centrali nelle economie sviluppate hanno generalmente adottato un approccio più cauto sul ritiro delle misure di stimolo di emergenza introdotte all’inizio della crisi del Covid. Questa settimana, la Banca del Canada ha adottato un tono hawkish, suggerendo che la ripresa potrebbe avvenire già nell’aprile del prossimo anno. Al contrario, la Banca centrale europea e la Banca del Giappone hanno mantenuto le proprie posizioni per il momento, in quanto devono affrontare le prime fasi della ripresa e pressioni inflazionistiche sottostanti più contenute.

 Preview Fed: le previsioni degli analisti

 La prossima settimana tutti gli occhi saranno puntati sulla Fed e sulla Banca d’Inghilterra. È probabile che la Fed inizi il tapering, sulla base dei progressi sostanziali verso i propri obiettivi di inflazione e occupazione dal dicembre dello scorso anno. Nel frattempo, la Banca d’Inghilterra potrebbe diventare la prima grande banca centrale dei paesi sviluppati a impegnarsi nel lift-off, dato che ha segnalato che potrebbe aumentare i tassi entro la fine dell’anno (molto probabilmente un aumento di 15pb allo 0,25%) sottolinea Silvia Dall’Angelo, Senior Economist per la divisione internazionale di Federated Hermes.

 Soffermandosi ancora sulla Federal Reserve, secondo gli analisti di ING con il programma di QE che ha fatto il suo lavoro e i casi di Covid che si placano, potrebbe essere arrivato il momento di annunciare un rallentamento del tasso di acquisti di asset. Il QE finirà nella prima metà del 2022 e l’attenzione si sta già spostando sui rialzi dei tassi. “Ci aspettiamo un minimo di due rialzi il prossimo anno”. “Non pensiamo che gli aumenti dei tassi di interesse saranno lontani. Abbiamo previsto da tempo due aumenti dei tassi di interesse nella seconda metà del 2022 – una volta a settembre e una volta a dicembre. Tuttavia, dato l’evidente intensificarsi delle pressioni inflazionistiche, i rischi sono sempre più sbilanciati verso una posizione più aggressiva da parte della Federal Reserve e tre rialzi, a partire da luglio” concludono.

 Secondo Tiffany Wilding, economista esperta di America Settentrionale di PIMCO, è largamente previsto che la Fed annuncerà la prima riduzione del ritmo mensile degli acquisti di obbligazioni alla prossima riunione del 2-3 novembre del FOMC.  “Siamo concordi e ci aspettiamo che la Fed riduca il ritmo di 15 miliardi di dollari al mese, il che porrebbe fine al programma entro la riunione del FOMC di metà giugno 2022. Se la Fed ha fatto con successo questo annuncio sul tapering senza troppa volatilità di mercato, ora deve affrontare la sfida di gestire le aspettative sui tassi di fronte agli elevati rischi di inflazione” continua Wilding. “ 

La nostra previsione di riferimento vede ancora l’inflazione tornare al target alla fine del 2022 e il primo rialzo dei tassi della Fed nel 2023”. Secondo Franck Dixmier, Global CIO Fixed Income of Allianz Global Investors, è importante che la Fed recuperi un certo margine di manovra per garantire la credibilità del suo obiettivo di stabilità dei prezzi e per ancorare le aspettative di inflazione a livelli coerenti con questo obiettivo. Pertanto, secondo l’analista, con la pressione sulle aspettative di inflazione, che sono ben al di sopra dell’obiettivo di medio termine della Fed, si prevede l’annuncio di lancio del tapering con effetto immediato, un cambiamento nella forward guidance della Fed, poiché il ciclo di rialzo dei tassi precedentemente presentato al mercato non sembra più appropriato nelle circostanze attuali. “La nostra aspettativa – conclude l’esperto – è quella di un aumento moderato e molto graduale dei tassi”.

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NEWS ARRIVATE DOPO NOSTRO ARTICOLO

Wall Street: futures positivi dopo migliore settimana da inizio anno. Fed attesa al varco questa settimana

13/12/2021

Futures Usa positivi dopo che lo S&P 500 e il Nasdaq hanno concluso la migliore settimana di contrattazioni dal febbraio di quest’anno, con l’indice benchmark che ha testato venerdì scorso un nuovo record.

I futures sul Dow Jones salgono di oltre 100 punti, quelli sullo S&P 500 avanzano dello 0,30%, mentre quelli sul Nasdaq 100 incassano lo 0,29%.

L’indice Dow Jones ha terminato la scorsa settimana con un guadagno settimanale del 4%, interrompendo la scia negativa di quattro settimane e riportando la migliore settimana dal mese di marzo.

Lo S&P 500 ha incassato – sempre su base settimanale – un guadagno del 3,8% e il Nasdaq Composite è avanzato del 3,6%: entrambi gli indici della borsa Usa hanno riportato il rialzo settimanale più sostenuto dall’inizio di febbraio, lasciandosi alle spalle i timori per la variante Omicron.

A rincuorare gli investitori è stata la pubblicazione, lo scorso venerdì, del dato sull’inflazione Usa relativo all’indice dei prezzi al consumo, il cui balzo è stato pressocché in linea con le attese ed evidentemente già prezzato dai mercati.

Il dato è salito a novembre dello +0,8% su base mensile, scattando al rialzo del 6,8% su base annua, raggiungendo così il record dal giugno del 1982.

Gli economisti intervistati da Dow Jones avevano stimato un rialzo del 6,7%, anche in questo caso al record dal 1982, rispetto al 6,2% del mese di ottobre.

L’inflazione Usa core misurata dall’indice dei prezzi al consumo esclusi i prezzi dei beni energetici e dei beni alimentari, è salita dello +0,5% su base mensile, scattando al rialzo dal 4,6% al 4,9% su base annua, in linea con le attese.

Sebbene in forte crescita, i numeri sull’inflazione non hanno riservato grandi sorprese, fattore che ha rasserenato il sentiment sui mercati.

C’è da dire che la Federal Reserve ha già indicato di essere pronta a intervenire, rafforzando ulteriormente il tapering appena lanciato, che per ora prevede un taglio degli acquisti di asset al mese di $30 miliardi, rispetto al totale che ammontava ogni mese a $120 miliardi.

Particolarmente da falco sono state le dichiarazioni, degli ultimi giorni, del presidente della Fed Jerome Powell, che ha affermato che sarebbe forse il caso di smettere di affiancare l’aggettivo “transitorio” alla parola “inflazione”.

La riunione del Fomc – braccio di politica monetaria della Fed – inizierà domani 14 dicembre, per concludersi dopodomani 15 dicembre con l’annuncio sui tassi: secondo gli economisti, Powell & Co annunceranno una accelerazione del tapering, che dovrebbe anticipare la fine del programma di Quantitative easing prima della scadenza fissata al giugno del 2022.

Minute Fed: inizio tapering QE a metà novembre, con riduzione mensile di acquisti di $15 miliardi

14/10/2021

La Federal Reserve di Jerome Powell potrebbe iniziare a ridurre l’ammontare di asset che acquista ogni mese nell’ambito del suo programma di Quantitative easing, lanciando così il tapering, a partire dalla metà di novembre. E’ quanto emerge dalle minute relative all’ultimo meeting di settembre.

Il tapering potrebbe essere avviato attraverso una riduzione degli acquisti di $10 miliardi per i Treasuries Usa e di $5 miliardi per i titoli garantiti dai mutui, per un ammontare complessivo di $15 miliardi al mese. Al momento, con il suo programma di QE, la Fed acquista asset per un valore totale di $120 miliardi al mese.

Dai verbali è emerso che gli esponenti del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, nel corso del meeting di settembre, hanno manifestato preoccupazione per il trend dell’inflazione, affermando che potrebbe durare di più “rispetto a quanto previsto al momento”.

Fed, Bullard presenta la sua ricetta di politica monetaria: fine tapering in I trimestre 2022, poi primo rialzo tassi in primavera o estate

13/10/2021

Inizio tapering a novembre; fine tapering nel primo trimestre del 2022; primo rialzo tassi sui fed funds nella primavera o nell’estate del 2022. E’ la ricetta di politica monetaria che James Bullard, presidente della Federal Reserve di St. Louis, da sempre uno degli esponenti più hawkish della banca centrale Usa, ha presentato, nel corso di una intervista rilasciata alla Cnbc.

Bullard ha detto di credere in un miglioramento della situazione sanitaria, in quanto contro il Covid-19 ci saranno ulteriori armi, come le terze dosi dei vaccini, farmaci per il trattamento della malattia, vaccini anche per i più piccoli.

A suo avviso, l’economia Usa versa inoltre in buone condizioni nonostante il presentarsi della variante Delta nel corso del terzo trimestre dell’anno. Ancora, per Bullard entro la prossima primavera il tasso di disoccupazione potrebbe tornare ai livelli precedenti la pandemia.

Riguardo all’inflazione, invece, sebbene sia “ragionevole” pensare che scenderà da sola, “esiste anche qualche rischio che si rafforzi ulteriormente”.

Infine, la probabilità che si manifesti in Usa una recessione è per lui “eccezionalmente bassa, in questo momento”.

Ripresa Pil Usa dal Covid meno esaltante delle attese: da Goldman Sachs i nuovi downgrade

11/10/2021

Dopo la diffusione del report occupazionale Usa di settembre – a dir poco deludente, e per la seconda volta consecutiva – Goldman Sachs ha annunciato di aver tagliato le stime sulla crescita del Pil degli Stati Uniti.

Il downgrade è contenuto per il 2021:

si prevede ora per l’anno in corso un’espansione del prodotto interno lordo degli States pari a 5,6% su base annua,  poco al di sotto del +5,7% precedentemente atteso.

La revisione al ribasso è invece decisamente più importante per il 2022, per cui si stima una crescita del 4%, contro il +4,4% dell’outlook precedente.

Inflazione sottostimata, crescita Pil sovrastimata?

Preoccupa il fatto che, la scorsa settimana, gli analisti del colosso bancario americano avevano alzato (di nuovo) l’outlook sull’inflazione di fine 2021, misurata dalla componente core dell’indice PCE, dal 3,80% stimato lo scorso mese, al 4,25%, a fronte di un tasso di inflazione headline del 4,64%, rispetto al 4,12% precedentemente previsto.

Il messaggio è chiaro: inflazione sottostimata, crescita sovrastimata.

E’ vero che Goldman Sachs ha motivato l’upgrade dell’outlook sull’inflazione con le strozzature “temporanee” delle catene di approviggionamento: ma il rialzo delle stime sulla crescita dei prezzi, unito al taglio dell’outlook sulla crescita economica, non è di buon auspicio, soprattutto perché gli upgrade (dell’inflazione) e i downgrade (del Pil) da parte degli esperti della banca si stanno facendo sempre più frequenti.

L’outlook si accompagna a quello che emerge dal GDPNow tracker della Fed di Atlanta, che ora stima una crescita del Pil Usa, nel terzo trimestre dell’anno, pari ad appena +1,3%, non solo decisamente lontana dalla stima del consensus di Wall Street più bullish, pari a +5%, ma spaventosamente lontana anche dalle previsioni degli economisti più cauti, che sono di una crescita di poco inferiore al 3%.

Tornando a Goldman Sachs, per la precisione, gli analisti hanno tagliato l’outlook sul Pil del primo trimestre del 2022 dal +5% precedentemente atteso al +4,5%; per il secondo trimestre si prevede ora una crescita del 4%, rispetto al +4,5% precedente; per il terzo trimestre il taglio è stato dal 3,5% al 3%.

Unico fattore positivo è l’upgrade delle stime sulla crescita del Pil Usa nel quarto trimestre del 2022, che passano dal +1,5% precedentemente atteso al +1,75%.

La carrellata di downgrade è arrivata per l’appunto dopo la pubblicazione del report sull’occupazione Usa di settembre, da cui è emerso che, il mese scorso, l’economia made in Usa ha creato soltanto 194.000 nuovi posti di lavoro, ben al di sotto della crescita attesa dal consensus degli analisti, pari a +500.000 unità, e facendo ancora peggio rispetto a quanto atteso dagli stessi analisti di Goldman Sachs, che avevano previsto una crescita di 600.000 nuovi posti di lavoro.

E’ vero che il dato di agosto è stato rivisto al rialzo a +366.000 unità dalla crescita di 235.000 unità inizialmente resa nota. Ma la delusione ha fatto comunque il bis per il secondo mese consecutivo visto che, per agosto, gli analisti avevano previsto un rialzo di +720.000 nuove buste paga.

Doccia fredda da report occupazionale Usa, che farà la Fed?

Il brutto dato ha alimentato nuovi dubbi, per l’ennesima volta, in un tapering della Fed entro la fine dell’anno, facendo riapparire lo spettro della stagflazione. Spettro della stagflazione che da un po’ innervosisce i mercati e che è stato paventato anche da economisti del calibro di Nouriel Roubini.

Così ha commentato il dato sull’occupazione Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.

“C’era tantissima attesa per le cifre macroeconomiche sul mondo del lavoro americano per cercare di avere più certezze sulle prossime mosse della Federal Reserve. I mercati scontano ormai da qualche settimana che la Fed possa annunciare il processo di tapering ovvero di riduzione degli stimoli monetari già dalla riunione di inizio novembre. Il dato molto deludente sulla creazione di posti di lavoro a settembre ha tuttavia aumentato i dubbi sulle tempistiche di intervento”.

Diodovich ha precisato che la view di IG rimane quella secondo cui “l’intervento della Fed sia assolutamente necessario” e anche urgente: “non è più possibile aspettare. L’aumento della crescita dei salari evidenziato nel report sul mondo del lavoro incrementa le possibilità che le pressioni inflazionistiche possano assumere un carattere di persistenza e non essere temporanee come affermato dai banchieri centrali statunitensi”.

Insomma, “crediamo che Jerome Powell possa avere ancora qualche dubbio con la deludente crescita dei nuovi impieghi ma una inflazione non controllata è un problema ben peggiore“.

Di conseguenza, “pensiamo che la Fed possa annunciare l’inizio del processo di tapering nel meeting del Fomc di novembre. Riteniamo che gli acquisti di Treasuries e MBS saranno ridotti in modo graduale. Per il rialzo dei tassi d’interesse le nostre previsioni rimangono ancora a metà 2022”.

Matt Peron, Direttore della Ricerca presso Janus Henderson, ha commentato così il report occupazionale:

“Il report sulle retribuzioni di venerdì mattina ha segnato una battuta d’arresto, molto al di sotto delle aspettative, almeno dal titolo. Tuttavia, l’occupazione domestica ha retto in maniera importante, suggerendo che l’economia di base è ancora in una fase di forte crescita. Nel complesso, anche se va monitorato, il report evidenzia una continua risalita dei guadagni, alimentati da un forte potere di spesa dei consumatori, fondamentale per i mercati azionari. Inoltre, può stimolare il dibattito sul cambiamento nel corso della politica della Fed, in particolare con riferimento al prossimo tapering, anche se riteniamo sia improbabile”.

Dal canto suo Paul Donovan, Chief Economist di UBS Global Wealth Management, ha detto che “il report sull’occupazione Usa diffuso venerdì scorso ha ricordato due elementi chiave del ciclo di dati pandemici: guardate le revisioni, minimizzate gli aggiustamenti stagionali“.

Ovvero?

“I dati continuano a essere rivisti al rialzo – ha spiegato Donovan – è niente è stagionalmente normale quest’anno. La conclusione dell’intera situazione occupazionale è che niente fermerà la Federal Reserve dal ridurre i suoi acquisti di bond (che avvengono, con il Quantitative easing, per un valore di $120 miliardi al mese)”.

Eppure la ripresa dell’economia Usa dalla pandemia Covid-19 non sarebbe così esaltante, sicuramente non come si era scommesso.

Goldman Sachs più cauta anche per cambiamento abitudini consumatori

Così Goldman Sachs spiega le ragioni del suo downgrade sul Pil Usa:

“In primo luogo, il sostegno fiscale dovrebbe essere ridotto in modo significativo fino alla fine dell’anno – hanno scritto gli analisti, ricordando come gli aiuti arrivati da Washington stiano arrivando al capolinea”.

Ora, si legge, “sebbene manteniamo un outlook positivo per i redditi delle famiglie, in quanto la ripresa del mercato del lavoro e la crescita dei salari che interessa in modo particolare i lavoratori che percepiscono bassi salari dovrebbero mantenere il reddito al di sopra del suo trend pre-pandemico fino alla fine del 2022, il calo delle rimesse provocherà probabilmente una flessione delle spese da parte di alcune famiglie. In secondo luogo – ha aggiunto Goldman Sachs – le spese per i servizi dei consumatori dovranno recuperare velocemente per compensare il calo delle spese per l’acquisto di beni, visto che queste si normalizzeranno dai livelli attualmente elevati. Questa situazione si confermerà probabilmente sfidante, a fronte del numero di casi COVID che rimane elevato, e di molte persone che si sentono in qualche modo meno a loro agio nell’impegnarsi in molte delle attività che facevano parte della loro routine prima della pandemia. In più, per le attività come andare al cinema, molti individui non prevedono di tornare a spendere come prima per almeno altri sei mesi, il che lascia pensare che ci potrebbe volere ancora un po’ di tempo per assistere a una piena normalizzazione dell’attività economica”.

Goldman Sachs rivela di essere meno ottimista anche nell’ammettere che la riaccumulazione delle scorte, a suo avviso, non arriverà secondo il ritmo precedentemente previsto, tanto che il modello della banca ora “stima che l’offerta di semiconduttori (la cui scarsità ha provocato la crisi dei chip, che si affianca tra l’altro al Global Energy Crunch) non migliorerà fino al primo semestre del 2022“. Insomma, “la riaccumulazione delle scorte sarà posticipata”. E ciò significa che “queste stime implicano un’accelerazione moderata della crescita nel breve periodo, ma una decelerazione entro la fine del 2022”.

Nasdaq -2,83% con tassi più alti. Il martedì nero di Wall Street contagia l’Asia: borsa Tokyo cede oltre -2%

29/09/2021

Effetto Nasdaq sulle borse di Tokyo e dell’Asia-Pacifico.Forti smobilizzi alla borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei 225 che è arrivato a scendere del 2,45% nei minimi intraday. Male anche il resto dell’Asia, con la borsa di Seoul in flessione dell’1,9% circa. Sell off anche sulle borse cinesi con lo Shanghai Composite -1,8%. La borsa di Hong Kong limita i ribassi, con il titolo Evergrande che balza del 10% circa.Il colosso sviluppatore immobilare cinese sull’orlo del default ha comunicato alla borsa di Hong Kong che venderà la quota di partecipazione che detiene nella Shengjing Bank, pari a 1,75 miliardi di azioni, alla Shenyang Shengjing Finance Investment Group, per un valore di 5,70 yuan per azione, allo scopo di raccogliere liquidità, a fronte di un debito monstre di $300 miliardi.Nella giornata di ieri, l’accelerazione dei tassi dei Treasuries Usa – con quelli decennali saliti fin oltre l’1,55% – ha scatenato forti smobilizzi sui titoli tecnologici, con il risultato di aver portato il Nasdaq Composite a capitolare del 2,83% a 14,546.68, in quella che è stata la peggior seduta del listino dal 18 marzo.Lo S&P 500 ha ceduto il 2,04% a 4.352,63, menre il Dow Jones Industrial Average è affondato di 569,38 punti a 34.299,99. Il tonfo dei titoli tecnologici Usa ha avuto un effetto domino in Asia: scendono Softbank, Samsung Electronics, Tencent e Alibaba.In particolare il sottoindice dei tecnologici della borsa di Hong Kong, ovvero l’Hang Seng Tech index crolla di oltre il 2%.Dopo il martedì nero di Wall Street, i futures sugli indici azionari Usa stanno puntando ora verso l’alto. Nella giornata di ieri la fuga dall’hi-tech ha affossato le quotazioni di Facebook, Microsoft, Alphabet e Amazon.

Tensioni su tassi Treasury affossano le Borse, Piazza Affari KO con -5% Stm. ENI unica a salvarsi

28/09/2021

Sell-off globale oggi sui mercati azionari con i timori di inflazione che tornano a preoccupare gli investitori. Inoltre, i dati deboli sulla fiducia dei consumatori hanno aggravato le preoccupazioni sul rallentamento della crescita economica degli Stati Uniti.

Le aspettative di inflazione più alta su entrambe le sponde dell’Atlantico stanno alimentando il timore che le banche centrali alzino i tassi di interesse prima del previsto. A tal proposito, dal discorso che Jerome Powell al Senato Usa emerge che l’inflazione è vista “elevata e probabilmente rimarrà tale nei prossimi mesi, prima di rallentare”.

A Wall Street cali nell’ordine dell’1,8% per lo S&P 500 e addirittura -2,6% per il Nasdaq. Impennata della volatilità con l’indice Vix in area 24 (+28%). Sul fronte tassi il Treasury decennale Usa viaggia ai top da giugno toccando oggi un picco a 1,56%, mentre il biennale è ai massimi a un anno e mezzo. Rendimenti in rialzo anche in Europa.

Wall Street: sell off sui titoli delle Big Tech, Nasdaq -1,7%. Focus su Powell mentre è emergenza tetto debito Usa

28/09/2021

Wall Street in ribasso, sotto pressione sono soprattutto i titoli tecnologici, che portano il Nasdaq a scivolare dell’1,7%. In perdita di oltre l’1% anche lo S&P 500, mentre il Dow Jones arretra di 255 punti (-0,73%).

I titoli delle Big Tech e growth in generale pagano il balzo dei rendimenti dei Treasuries, scatenato dal timore di una inflazione più alta e duratura del previsto. In particolare i tassi decennali dei titoli di stato Usa sono volati fino all’1,55% nelle contrattazioni overnight, con gli investitori che hanno scommesso sul tapering imminente della Fed, a causa del balzo dell’inflazione negli Stati Uniti.

I sell off colpiscono in particolare i titoli delle Big Tech Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Alphabet, Nvidia, AMD e Tesla.

Bene invece i titoli dei colossi energetici come Exxon, che beneficiano dell’impennata dei prezzi del petrolio, che ha visto il Brent superare quota $80 per la prima vota in tre anni e il WTI balzare oltre $76 al barile.

I tassi sui Treasuries Usa sono tornati ai massimi da giugno da quando, la scorsa settimana, la Federal Reserve di Jerome Powell ha indicato che avvierà “presto” il tapering degli acquisti di asset che effettua ogni mese per un valore di $120 miliardi.

Sono stati tra l’altro pubblicati alcuni estratti del discorso che il presidente della Federal Reserve Jerome Powell terrà oggi al Congresso Usa, in audizione alla Commissione bancaria del Senato.

Il numero uno della banca centrale americana ha avvertito chiaramente che, negli Stati Uniti, l’inflazione potrebbe durare più a lungo di quanto atteso:

“L’inflazione è elevata e probabilmente rimarrà tale nei prossimi mesi, prima di moderare il passo – dirà oggi Powell al Congresso – Con l’economia che continua a riaprire e le spese che rimbalzano assistiamo a una pressione al rialzo sui prezzi, causata in particolare da strozzature nell’offerta in alcuni settori. Questi effetti si stanno dimostrando più sostenuti e duraturi di quanto anticipato, ma si smorzeranno e, così facendo, l’inflazione tornerà a scendere verso il nostro obiettivo di lungo periodo, pari al 2%”.

“Noi, alla Fed – dirà ancora Powell – faremo il possibile per sostenere l’economia per tutto il tempo che sarà necessario affinché la ripresa sia completa”.

Powell parlerà poi mercoledì alla Commissione di servizi finanziari della Camera.

A pesare sul sentiment della borsa Usa è anche la decisione dei repubblicani del Senato di bloccare una proposta di legge dei democratici che avrebbe finanziato le spese del governo federale fino a dicembre, sospendendo inoltre fino a dicembre del 2022 il tetto sul debito.

Il Congresso deve riuscire ad approvare nuovi finanziamenti per il governo entro la giornata di venerdì e alzare il tetto sul debito, se vuole evitare un default Usa senza precedenti.

Buoni dati dal fronte macro.

Nel mese di luglio l’indice dei prezzi delle case degli Stati Uniti stilato da S&P Case-Shiller è salito dell’1,5% su base mensile, facendo lievemente peggio del rialzo dell’1,7% atteso e rallentando rispetto al precedente incremento dell’1,8%.

Su base annua il dato è balzato del 19,9%, rispetto al +20% stimato e contro il +19,1% di luglio, confermando comunque la solidità del mercato immobiliare Usa.

Fed, Powell prepara fine flebo monetaria. Aumentano i falchi: tapering alle porte e fino a sette rialzi tassi entro il 2024

23/09/2021

Per ora i mercati finanziari non sanno ancora quando il tapering verrà annunciato e, quindi, quando la Fed di Jerome Powell inizierà a ridurre gli acquisti di asset che effettua ogni mese per un valore di $120 miliardi; sanno però che il tapering verrà lanciato presto.E sanno che è aumentato il numero degli esponenti del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, che prevedono un rialzo dei tassi sui fed funds già l’anno prossimo. Non solo: dal dot plot si apprende che il Fomc ritiene che i tassi saranno alzati tra le sei e le sette volte entro la fine del 2024.

Per ora rimangono allo zero, nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%, come annunciato ieri dalla Commissione di politica monetaria della Fed (il Fomc, per l’appunto). E come da attese.

Niente di nuovo (solo in apparenza), visto che la Fed è stata chiara nel lanciare un preciso messaggio: il rialzo dei tassi avverrà dopo il tapering. E, visto che la data del lancio del tapering non è ancora nota, inutile temere ORA una stretta monetaria. Iniziare tuttavia a prepararsi per l’anno prossimo, in quanto il numero dei falchi che planano sulla Fed è in chiaro aumento.

Detto questo, nella giornata di ieri trader, economisti, strategist e investitori aspettavano indicazioni sul tapering, che però sono arrivate in modo poco chiaro. Nel comunicato ufficiale del Fomc si legge che “la Commissione ritiene che, se si continueranno a fare progressi in modo ampio come atteso, una moderazione nel ritmo di acquisti di asset (che avvengono con il piano di Quantitative easing della Fed) potrebbe essere presto giustificata”. Dunque, il tapering avverrà “presto”.

Maggiori informazioni, più che altro sulla durata, sono state fornite poi dal presidente della Fed Jerome Powell nella conferenza stampa successiva all’annuncio dei tassi:

“Sebbene nessuna decisione sia stata presa (in merito alla data del tapering), i partecipanti (al Fomc) hanno in generale ritenuto che, fino a quando l’economia rimarrà sulla giusta strada, un processo di tapering graduale che si concluda attorno alla metà dell’anno prossimo sia probabilmente appropriato”.

Tapering alle porte, ecco quando finirà la droga monetaria

Quindi, la flebo anti-pandemica che la Fed ha assicurato ai mercati e all’economia l’anno scorso, con il presentarsi dell’incubo Covid-19, dovrebbe concludersi entro la metà dell’anno prossimo. Basta QE anti-Covid, insomma.

Fine della droga monetaria, così come i più critici definiscono l’assist della banca centrale Usa alla finanza americana, che avviene attraverso lo shopping di bond.

Wall Street ha chiuso positiva, con il Dow Jones salito di oltre 300 punti, soprattutto in rialzo per la prima sessione delle ultime cinque, con un guadagno giornaliero record dal 20 luglio scorso. E’ vero che l’indice delle blue chip ha ritracciato dai massimi intraday, quando era volato di oltre 500 punti. Ma finalmente Wall Street ha mostrato una capacità di reazione positiva, dopo un settembre che ha confermato la sua cattiva reputazione, almeno per le borse.

Le parole della Fed sono state in parte confortanti: “Powell & Co hanno praticamente ammesso che l’economia americana è abbastanza forte da poter stare in piedi da sola e che la banca centrale può iniziare a rimuovere gli stimoli monetari che sta fornendo dall’inizio della crisi del Covid – ha commentato Chris Zaccarelli, chief investment officer di Independent Advisor Alliance, secondo quanto riportato dalla Cnbc. Che ha aggiunto che, “sebbene questo autunno potrebbero presentarsi altre turbolenze, siamo costruttivi sull’economia Usa in generale, e riteniamo che valga la pena acquistare ogni dip (ovvero posizionarsi sull’azionario acquistando titoli dopo un forte calo), in quanto i fondamentali sono ancora solidi e la recessione appare a questo punto distante di più di un anno”.

La Fed e i rialzi di Wall Street hanno avito un effetto positivo sull’azionario globale, come dimostra il trend delle borse asiatiche, dove si continua a monitorare il caso Evergrande. Bene anche le borse europee.

Nessun taper tantrum sui mercati, in apparenza: la prova è anche nel trend dei Treasuries Usa: dopo gli annunci della Fed i tassi a 10 anni sono scesi di 1,7 punti base all’1,307%, mentre quelli a 30 anni hanno ceduto 3,5 punti base all’1,822%. C’è da dire, tuttavia, che i tassi di breve termine hanno puntato verso l’alto.

“La curva si sta appiattendo…se nel 2023 ci saranno tre rialzi dei tassi e nel 2024 ce ne saranno altri tre, vorrà dire che la politica monetaria sarà più restrittiva rispetto a quanto previsto in precedenza”, ha commentato alla Cnbc John Briggs, responsabile della strategia macro globale presso head NatWest Markets.

Fed, dot plot hawkish: aumentano falchi pro-rialzo tassi in 2022

Nel suo commento giornaliero sui mercati finanziari Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr, ha così scritto:

“Alle 20, lo statement ha riportato più o meno le modifiche attese. Si è sottolineato il recupero dei settori colpiti dalla pandemia, ma anche che la variante Delta ha frenato la ripresa. L’inflazione è stata definita “elevata”, anche se è rimasta intatta la notazione sui fattori transitori. La modifica principale è dove si riconosce che, se i progressi verso i target procedono come da attese, una riduzione del ritmo degli acquisti potrebbe rendersi necessaria “presto” (soon). In altre parole, se non cambia il quadro, il tapering inizierà a novembre. Rilevanti anche le modifiche alla Dot plot, con 9 membri su 18 che vedono almeno un rialzo dei Fed Funds l’anno prossimo (2 membri hanno cambiato idea, quindi ora la mediana è a metà) e 3 dei nove che ne vedono 2. Parecchio movimento anche nel 2023 con una mediana all’1%, e l’1,85% al 2024. In generale un outcome in linea con le attese, ma con la dot plot a dare un hawkish tilt. Li per li, però, il mercato non se ne è dato per inteso. Dopo un sussulto iniziale, i rendimenti e il dollaro hanno preso a calare, e l’azionario ha preso la via del rialzo, accompagnato dai metalli preziosi. E’ sembrata la reazione di un mercato sollevato perchè non vi sono state sorprese particolari in senso restrittivo, sorprese che però si aspettavano davvero in pochi. Il quadro è un po’ cambiato con la conferenza stampa, quando Powell ha aggiunto un po’ di dettagli allo scarno testo. Di fatto il Presidente ha chiarito senza mezzi termini che le condizioni per una riduzione del ritmo degli acquisti potrebbero essere centrate al prossimo meeting, e che il tapering potrebbe essere concluso entro metà del prossimo anno. I mandati su prezzi e occupazione sono praticamente raggiunti e vi è una larga maggioranza nel FOMC per agire”.

A scontare lo scenario comunque più hawkish della Fed – emerso soprattutto con il dot plot – è stato sicuramente il dollaro, che è salito al record in un mese nella sessione di ieri (Dollar Index a 93,526), spingendo l’euro verso importanti livelli di supporto. Al minimo dell’ultimo mese, l’euro è sceso fino a $1,1684 all’inizio delle contrattazioni asiatiche, a un passo dal minimo del 2021, pari a $1,1664, e non lontano dal supporto di $1,1602 che, se bucato al ribasso, secondo l’analisi tecnica potrebbe far scivolare la moneta unica fino a $1,14. Oggi l’euro è però in ripresa, e risale sopra quota $1,17, a fronte del trend del dollaro che, come ha fatto notare Sersale, ha iniziato a scendere.

Vale la pena esaminare  il dot plot, documento che raccoglie le previsioni sui tassi dei 18 membri del Fomc.

La nuova edizione indica che ora la commissione è divisa su un rialzo dei tassi già nel 2022, con 9 esponenti contrari e 9 favorevoli almeno a una stretta monetaria.

Non solo: per la fine del 2023, si prevedono dai tre ai quattro rialzi dei tassi, e da qui a entro la fine del 2024 se ne stimano tra i sei e i sette.

Lo scenario del dot plot ha portato i futures sui fed funds a scommettere così con una probabilità del 50% su un rialzo dei tassi a ottobre del 2022 e con una probabilità del 100% su un aumento dei tassi di 25 punti base a dicembre del 2022.

Dal dot plot emerge sostanzialmente che i tassi sui fed funds saliranno entro la fine del 2024 fino all’1,8%, ben oltre le attese dei mercati, a fronte di un tasso di lungo termine pari al 2,5%.

Fed, per il 2021 Fomc taglia stime Pil e alza outlook inflazione

Nella giornata di ieri, il Fomc ha diramato anche le nuove proiezioni sull’economia Usa: La Commissione prevede ora una crescita del Pil al ritmo del 5,9% nel 2021, rispetto al +7% stimato a giugno.

Rivisto invece al rialzo l’outlook per il 2023, dal +3,3% precedentemente atteso al +3,8%. Per il 2023, la crescita economica attesa è stata migliorata dello 0,1%, al 2,5%.

L’outlook della Fed conferma anche un’inflazione più forte rispetto alle stime di giugno.

L’inflazione core è vista salire al tasso del 3,7% quest’anno, rispetto al +3% precedentemente atteso. Includendo le componenti volatili rappresentate dai prezzi energetici e dei beni alimentari, il Fomc stima un tasso di inflazione generale al 4,2% nel 2021, rispetto al +3,4% previsto a giugno.

Per gli anni 2022-2023, l’inflazione core è attesa a +2,3% (rispetto al precedente outlook +2,1%), e al 2,2%, lo 0,1% in più rispetto alle precedenti previsioni.

L’inflazione generale è invece attesa al +2,2% per il 2022-2023, quasi in linea con le stime di giugno.

Le proiezioni della Fed sul tasso di disoccupazione Usa del 2021 sono state peggiorate. Per quest’anno, si prevede un tasso di disoccupazione di fine anno al 4,8%, in calo dall’attuale 5,2%, ma superiore al 4,5% previsto a giugno.

Detto questo, il presidente della Fed Jerome Powell ha precisato in conferenza stampa che non c’è bisogno di numeri incredibili sull’occupazione Usa per iniziare a ridurre la politica monetaria accomodante, dunque per lanciare il tapering.

“Per me, non è necessario un report occupazionale super solido, forte, da urlo – ha detto Powell – Sarebbe necessario un report sull’occupazione ragionevolmente positivo, per credere che il target sia stato centrato. Altri della commissione ritengono che l’obiettivo sia stato già centrato. Altri vorrebbero assistere a ulteriori progressi”.

Fed, Powell non la vede né come Roubini né come Jamie Dimon

Powell ha parlato sia di crescita sia della grande spina nel fianco degli investitori rappresentata dal timore che la banca centrale Usa stia ignorando l’allarme inflazione, se non il pericolo stagflazione, come ha avvvertito il professore di economia presso la New York University’s Stern School of Business e presidente di Roubini Macro Associates Nouriel Roubini, paventando crisi deflazionistiche del debito.

E come ha detto anche il numero uno di JP Morgan, il ceo Jamie Dimon, presentando la possibilità che la Fed sia costretta ad agire in modo forte l’anno prossimo, una volta ammesso il fatto che l’inflazione Usa NON ha un carattere transitorio.

Powell non la vede invece così, tanto che ieri ha detto che, pur riconoscendo che “i problemi che hanno colpito l’offerta si stanno confermando più forti e duraturi di quanto anticipato”, queste strozzature nella catena di approviggionamento che stanno facendo salire i prezzi e che sono state provocate a suo avviso dagli effetti della pandemia Covid-19, si smorzeranno, consentendo al tasso di inflazione Usa di tornare verso l’obiettivo della Fed, pari al 2%.

Inoltre, “le indicazioni sulle aspettative sull’inflazione di più lungo termine sono ancora in linea con gli obiettivi di più lungo periodo”, ha detto il timoniere della banca centrale Usa.

ING, inflazione non transitoria. Primo rialzo tassi a settembre 2022

Il team di ING guidato da James Knightley, responsabile economista globale, ha commentato quanto emerso dalla Fed con una nota, in cui ha scritto che, “con una inflazione che appare sempre meno transitoria, continuiamo a prevedere un aumento dei tassi nel settembre del 2022”.

“Continuiamo a pensare che l’inflazione sarà molto più persistente di quanto la Fed ritiene, a causa delle continue limitazioni che stanno colpendo la catena dell’offerta, e anche per la carenza di personale nel mercato del lavoro e per altre strozzature nella produzione, che è improbabile che migliorino in modo significativo entro la fine di quest’anno e, forse, anche entro buona parte dell’anno prossimo. Ciò – si legge nella nota dell’esperto – manterrà elevati i costi. Lo stesso Beige Book della Fed ha già avvertito che ‘diversi distretti hanno indicato che le aziende anticipano aumenti significativi dei loro prezzi di vendita nei prossimi mesi”.

Inoltre, “con l’ultima ondata del Covid che mostra segnali di indebolimento, prevediamo anche una riaccelerazione dell’attività fino al quarto trimestre, che porterà a nostro avviso più esponenti della Fed a sostenere un aumento dei tassi nel 2022 nel dot plot che verrà aggiornato a dicembre. Noi stimiamo un primo rialzo dei tassi nel settembre del 2002, seguito da un altro a dicembre”

La Fed prende tempo sul tapering, Wall Street reagisce positivamente

Powell ribadisce che gli acquisti di titoli verranno moderatamente ridotti, ma non indica tempistiche precise, mentre i tassi restano saldamente vicini allo zero con un primo rialzo possibile nel 2022

23 Settembre 2021 –

Nella prima riunione dopo la pausa agostana la Federal Reserve, come da attese, ha tenuto i tassi fermi ben ancorati vicino allo zero, ha ridotto le attese di crescita economica per quest’anno e ha confermato che inizierà a ridimensionare gli acquisti di titoli, che oggi viaggiano al ritmo di 120 miliardi di dollari al mese. Tuttavia, non ha fornito indicazioni specifiche né sulla tempistica del tapering né sulle sue dimensioni, anche se il mercato si aspetta che l’avvio del rientro dello stimolo potrebbe partire già quest’anno. Nel comunicato ufficiale del FOMC si afferma che, se i progressi economici proseguono come atteso, sarà presto appropriata una moderazione del ritmo degli acquisti di titoli.

NESSUNA DECISIONE ANCORA PRESA

In conferenza stampa, il Chairman Jerome Powell ha detto che la Fed è ‘pronta ad agire’, ma ha precisato che nessuna decisione è stata ancora presa, anche se i membri del FOMC ritengono che, nella misura in cui la ripresa economica resta in atto, un processo di tapering graduale con un orizzonte intorno alla metà del prossimo anno sia appropriato. In ogni caso, il FOMC ha votato all’unanimità di tenere i tassi di interesse fermamente ancorati vicino allo zero, stimando che un primo rialzo potrebbe arrivare entro il 2022, una volta concluso il tapering. Wall Street ha indubbiamente apprezzato le indicazioni della Fed consolidando in chiusura un rialzo intorno all’1% dei tre principali indici, che a questo punto sembrano essersi scrollati di dosso i timori legati al caso Evergrande.

FED PIU’ VICINA AI SUOI OBIETTIVI

Powell ha sottolineato che la Fed si sta avvicinando ai suoi obiettivi di ulteriori sostanziali progressi sia sul versante dell’inflazione che soprattutto su quello dell’occupazione, anche se non sono ancora stati raggiunti pienamente, soprattutto sul fronte del mercato del lavoro. Nell’ultimo aggiornamento delle previsioni, la Fed ha ridotto le attese di crescita e aumentato quelle di inflazione, portando la stima del PIL per quest’anno al 5,9% contro il 7% di giugno e innalzando l’attesa di aumento dei prezzi al 3,7% sempre per l’anno in corso contro il 3% stimato a giugno. Ma nel medio termine le attese sull’inflazione restano orientate a un rientro già nel 2022.

FIDUCIOSO SUL RECUPERO DELL’OCCUPAZIONE

Anche le proiezioni sull’occupazione sono diventate leggermente meno ottimiste, passando da una stima del tasso di disoccupazione a fine anno al 4,8%, dal 4,5% di giugno, ma Powell ha precisato che non servono numeri sorprendenti su questo fronte per procedere a una blanda uscita dalla politica monetaria ultra-accomodante. Per Powell, come per gli altri membri del FOMC, saranno sufficienti dati ragionevolmente positivi sulla creazione di posti di lavoro per giudicare che siamo sulla strada giusta.

Wall Street attende Fed, focus su avvertimenti Dimon (JP Morgan). Credit Suisse: sell off Disney esagerato, margine rialzo +27%

22/09/2021

Wall Street in rialzo in attesa del verdetto della Fed sui tassi e su eventuali cambiamenti alla propria politica monetaria, atteso per le 20 circa ora italiana.

Il bilancio di settembre rimane tuttavia negativo; l’indice S&P 500 ha perso il 3,7% dall’inizio del mese, incluso il calo dell’1,7% della sessione di lunedì, che si è confermata la peggiore da maggio. Il Dow Jones è in ribasso del 4% da inizio mese.

Alle 15.40 circa ora italiana, pochi minuti dopo l’inizio della sessione, il Dow Jones sale dello 0,59% a 34.120 punti; il Nasdaq avanza dello 0,18% a 14.772 punti; lo S&P 500 mette a segno un rialzo dello 0,44% a 4.373 punti.

Attesa per le dichiarazioni che il numero uno della Federal Reserve Jerome Powell proferirà nella conferenza stampa successiva alla diffusione del comunicato, in merito al tapering.

Soprattutto, la Fed annuncerà il tapering oggi?

Molti economisti ritengono che la banca centrale americana posticiperà l’annuncio a novembre.

Al termine della riunione iniziata ieri, il Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve – sfornerà i propri annunci sui tassi, snocciolando anche i nuovi outlook sulla crescita dell’inflazione e sul Pil degli Stati Uniti. E rivelando il dot plot, dunque l’insieme delle previsioni sull’andamento dei tassi da parte dei suoi esponenti.

“Credo che annunceranno di aver discusso di tapering, ma non credo che forniranno qualche dettaglio”. Così il responsabile degli investimenti della divisione globale di reddito fisso di BlackRock, Rick Rieder, alla CNBC. “A mio avviso presenteranno un contesto da cui emergerà che potrebbero iniziare a lanciare il tapering a novembre o dicembre”.

Ha detto la sua, nel Fed-Day, anche Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan:

“La Fed non può essere sempre proattiva. A volte deve essere reattiva”.

Dimon ritiene che, a un certo punto, è possibile che la Fed sia costretta ad ammettere che l’inflazione Usa sia tutto fuorché un fattore temporaneo o transitorio. Interpellato dalla CNBC-TV18, il ceo del colosso bancario Usa ha detto di prevedere una ulteriore fiammata dell’inflazione nel corso dei prossimi mesi che, probabilmente, costringerà la Fed ad agire velocemente, anzi, a reagire in modo forte.

E’ dunque possibile che, se l’inflazione si confermerà molto più alta delle attese, “i freni della banca centrale Usa si incepperanno, la liquidità sarà ritirata, e la reazione sarà enorme. Non è una previsione che sto facendo, ma è possibile che la Fed debba fare qualcosa, a un certo punto, l’anno prossimo”, ha detto Dimon.

Tra i titoli sotto i riflettori a Wall Street male FedEx, che ha ceduto fin oltre -6% dopo che il colosso di spedizioni ha pubblicato un bilancio che ha meso in evidenza un calo dei profitti nel corso del trimestre precedente, a causa dell’aumento del costo del lavoro. Il gruppo ha comunicato un utile per azione di $4,37 per azione, 54 centesimi al di sotto di quanto atteso dagli analisti di Refinitiv.

Male anche Adobe, con le quotazioni del colosso software in ribasso fino a -4% nonostante i risultati trimestrali migliori delle previsioni. La società ha riportato un utile per azione di $3,11, più dei $3,01 per azione stimati, su un fatturato di $3,94 miliardi, rispetto ai $3,89 miliardi attesi.

Protagonista è anche Disney, dopo la pubblicazione di una nota della divisione di ricerca di Credit Suisse. Gli analisti hanno affermato che il brusco sell off che ha colpito le quotazioni a seguito della dichiarazione del colosso americano – che prevede una crescita degli abbonati inferiore alle attese – è stato esagerato, al punto che, a suo avviso, il titolo avrebbe un margine di rialzo fino a +27%.

Ieri Disney ha perso più del 4% dopo che il ceo
Bob Chapek ha parlato di ostacoli, nel quarto trimestre dell’anno, per il servizio di video streaming, aspettandosi anche un ritardo nella produzione, sebbene “nel brevissimo termine”. L’AD in sostanza ha annunciato che la programmazione del quarto trimestre sarà inferiore “rispetto a quanto ci saremmo potuti aspettare”, fattore che condizionerà la crescita degli abbonati.

Disney ha stimato una crescita degli abbonati al proprio servizio Disney + a 230-260 milioni entro il 2024. Nel mese di agosto il gigante Usa ha comunicato di avere 116 milioni di abbonati al servizio.

Preview Fed: nessuna data su tapering, verificare possibile modifica linguaggio comunicato e i dots

22/09/2021

Sono ore di attesa sui mercati in vista di quello che è considerato il market mover di giornata: ovvero la riunione della Federal Reserve (Fed). Il comunicato ufficiale è atteso alle 20 ora italiana a cui seguirà la conferenza stampa del presidente Jerome Powell.

“Dalla riunione non ci attendiamo che sarà indicata la data ufficiale di partenza del tapering, ma Powell a meno di eventi eccezionali, dovrebbe confermare l’idea che partirà entro fine anno”, affermano da Mps Capital Services che invitano a monitorare due aspetti. Il primo, indicano, è il comunicato per vedere se vi sarà una modifica al linguaggio, che potrebbe mostrare una Fed più hawkish qualora in merito al tapering venisse inserito l’appellativo “soon” ovvero “procederemo presto con il tapering”, o viceversa mostrare un atteggiamento più dovish nel caso in cui venisse indicato che “il tapering partirà nei prossimi meeting” e questo potrebbe aprire le porte anche al 2022. Il secondo riguarda la nuova nuvola dei Dots, che per la prima volta includerà anche il 2024, per vedere se sarà anticipata o meno la tempistica del primo rialzo dei tassi attualmente previsto nel 2023.

Fed Day: verso un tapering dovish e slegato da svolta sui tassi. Ma ceo JP Morgan teme che piani Powell saranno presto stravolti

22/09/2021

Jerome Powell e i suoi colleghi che fanno parte del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, sono chiamati a dirimere una matassa molto intricata facendo molta attenzione a non spaventare eccessivamente i mercati. Il tema più discusso è ovviamente quello sulle tempistiche e sulle modalità del tapering, ossia la riduzione graduale degli acquisti di asset. In secondo luogo i dot plot, l’insieme delle previsioni sull’andamento dei tassi dei suoi esponenti.

C’è chi teme una svolta hawkish e in tal senso il ceo di JP Morgan, Jamie Dimon, ritiene che a un certo punto la Fed il prossimo anno si potrebbe trovare costretta ad ammettere che l’inflazione Usa sia tutto fuorché un fattore temporaneo o transitorio. Ammissione che costringerebbe la banca centrale a reagire in maniera più repentina.

Tapering sì, ma tassi fermi ancora a lungo

Quella di settembre potrebbe rivelarsi una riunione spartiacque per la Fed. Il Comitato dovrebbe aprire ufficialmente la discussione sulla riduzione degli acquisti di titoli, senza però dare indicazioni precise su modi e tempi del tapering. La svolta per il programma di acquisti dovrebbe, a detta dell’ufficio Studi di Intesa Sanpaolo, essere annunciata nei dettagli a novembre, con un inizio previsto per dicembre.

Nella conferenza stampa, Powell dovrebbe confermare che il progresso richiesto per la riduzione degli acquisti è già stato raggiunto sul fronte dell’inflazione, mentre per la massima occupazione è “molto buono”, ma richiede ancora qualche conferma. Gli economisti di Intesa si  aspettano che la Fed sottolinei la netta differenza fra le condizioni per il tapering e quelle per la svolta sui tassi: per quest’ultima, i tempi sono ancora molto lontani e non collegati direttamente al programma di acquisti. Per questo, sarà molto importante l’aggiornamento delle proiezioni economiche, che includeranno anche il 2024. 

Tre scenari

Sono tre i possibili scenari secondo le recenti indiscrezioni di stampa. In primis nessun riferimento a un inizio del tapering a fine 2021, prolungamento dell’approccio “wait and see” e cambiamento delle strategie monetarie solamente quando saranno raggiunti gli obiettivi del dual mandate; in secondo luogo il riferimento a inizio del tapering entro fine 2021 ma senza fornire precise indicazioni (implicitamente significherebbe un avviso a novembre per una partenza a dicembre); e infine l’annuncio dell’inizio della riduzione degli stimoli monetari a novembre.

Analisti non si attendono cambi di rotta 

Secondo Filippo Diodovich, Senior Strategist IG Italia, il secondo scenario è quello più probabile nonostante le recenti dichiarazioni di alcuni membri del FOMC per un tapering il prima possibile (il “sooner rather than later” era, infatti, stato espresso con parole diverse da Bullard, Fed di St Louis, Harker, Fed di Philadephia, George, Fed di Kansas City, Kaplan, Fed di Dallas, e Bostic, Fed di Boston). “Riteniamo che la maggioranza di membri dovish possa quindi scegliere di rimandare l’annuncio e lasciare solamente indizi su un prossimo tapering entro fine 2021 cercando di prendere ancora tempo per valutare lo stato di salute del mondo del lavoro, le pressioni inflazionistiche, la ripresa economica, gli sviluppi della pandemia e anche i possibili rischi per la stabilità finanziaria a causa del collasso del gigante del settore immobiliare cinese Evergrande” conclude Diodovich.

Nonostante un ambiente ancora incerto, la Fed dovrebbe riaffermare i suoi piani per iniziare il tapering, in modo da non perdere la fiducia che ha guadagnato nei mercati come sostiene Franck Diximier, Global CIO Fixed Income of Allianz Global Investors. Il presidente della Fed Jerome Powell dovrebbe rimanere cauto, tuttavia afferma Diximier, e rimandare qualsiasi annuncio concreto sul calendario e sul ritmo della riduzione degli acquisti fino alle riunioni del FOMC di novembre o dicembre. Tuttavia, continua l’esperto, riteniamo che la Fed non possa rischiare di fare un passo indietro e di sperperare la fiducia che si è costruita sui mercati grazie al suo lavoro di comunicazione. La Fed dovrebbe quindi consolidare le aspettative degli investitori chiarendo le sue intenzioni nella riunione di settembre.

François Rimeu, Senior Strategist di La Française AM non si aspetta ulteriori indugi da parte della banca centrale USA quanto piuttosto l’annuncio dell’inizio del tapering a partire dalle prossime riunioni. “Ci aspettiamo che il FOMC mantenga i tassi di interesse invariati. L’annuncio più importante di questa riunione del FOMC potrebbe essere il “dot plot”. Non pensiamo che la mediana delle previsioni per il 2022 e il 2023 cambierà (nessun rialzo nel 2022 e due rialzi nel 2023), ma il 2022 è sicuramente difficile da prevedere. La mediana delle previsioni per il 2024 dovrebbe evidenziare tre rialzi” continua Rimeu. “Siamo convinti che il capo della FED Powell manterrà un tono accomodante e minimizzerà qualsiasi segnale potenzialmente forte proveniente dal “dot plot”. Inoltre, dissocerà l’inizio del tapering dal rialzo dei tassi”.

JP Morgan, Dimon nel Fed-Day: possibile che sia costretta ad ammettere che inflazione non è temporanea. E che reagisca in modo forte

22/09/2021

“La Fed non può essere sempre proattiva. A volte deve essere reattiva”. Parola di Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, che parla di politica monetaria, tapering e tassi Usa proprio nel Fed-Day.

Oggi, al termine della riunione iniziata ieri il Fomc – braccio di politica monetaria della Federal Reserve di Jerome Powell – sfornerà i propri annunci sui tassi, snocciolando i nuovi outlook sulla crescita dell’inflazione e sul Pil degli Stati Uniti. E rivelando, anche, il dot plot, dunque l’insieme delle previsioni sull’andamento dei tassi dei suoi esponenti.

Dimon ritiene che, a un certo punto, è possibile che la Fed sia costretta ad ammettere che l’inflazione Usa sia tutto fuorché un fattore temporaneo o transitorio.

Interpellato dalla CNBC-TV18, il ceo del colosso bancario Usa ha detto di prevedere una ulteriore fiammata dell’inflazione nel corso dei prossimi mesi che, probabilmente, costringerà la Fed ad agire velocemente, anzi, a reagire in modo forte.

E’ dunque possibile che, se l’inflazione si confermerà molto più alta delle attese, “i freni della banca centrale Usa si incepperanno, la liquidità sarà ritirata, e la reazione sarà enorme. Non è una previsione che sto facendo, ma è possibile che la Fed debba fare qualcosa, a un certo punto, l’anno prossimo”, ha detto Dimon.

Oggi, ciò che tiene gli operatori di tutto il mondo con il fiato sospeso sono le dichiarazioni che il numero uno della Federal Reserve Jerome Powell proferirà nella conferenza stampa successiva alla diffusione del comunicato del Fomc, in merito al tapering. Powell prenderà la parola attorno alle 20.30 ora italiana.

La Fed annuncerà il tapering oggi? Molti economisti ritengono che la banca centrale americana posticiperà l’annuncio a novembre.

“Credo che annunceranno di aver discusso di tapering, ma non credo che forniranno qualche dettaglio”. Così il responsabile degli investimenti della divisione globale di reddito fisso di BlackRock, Rick Rieder, alla CNBC. “Credo che presenteranno un contesto da cui emergerà che potrebbero iniziare a lanciare il tapering a novembre o dicembre”.

Wall Street: futures Usa positivi aspettando la Fed. La view di BlackRock

22/09/2021

I futures Usa sono positivi, con quelli sul Dow Jones Industrial Average che avanzano in particolare di oltre 220 punti (+0,66%), a 34.028; i futures sullo S&P 500 sono in rialzo dello 0,62% a 4.370, mentre i futures sul Nasdaq salgono dello 0,39% a 15.082 punti.

Ieri giornata contrastata per Wall Street: il Dow Jones ha ceduto lo 0,15%, lo S&P 500 è arretrato dello 0,1% dopo aver vissuto il giorno peggiore dal mese di maggio, mentre il
Nasdaq Composite è salito dello 0,2%.

Dall’inizio di settembre, il Dow Jones ha perso il 4% e lo S&P ha fatto -3,7%.

Occhi puntati sempre sulla crisi dello sviluppatore immobiliare cinese Evergrande, sull’orlo del default.

“Gli investitori attendono segnali di un intervento da parte del governo, volto a prevenire un default disordinato”, ha scritto in una nota riportata dalla Cnbc la banca di Singapore DBS. “Le turbolenze di mercato legate a Evergrande si sono intensificate nelle ultime sessioni, in quanto gli investitori hanno interpretato il silenzio del governo come l’assenza di un sostegno ufficiale”.

I mercati finanziari globali attendono però ora soprattutto il grande evento market mover di oggi e delle sessioni a venire: l’annuncio della Fed sui tassi, che gli analisti danno per confermati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%.

Ciò che tiene gli operatori con il fiato sospeso sono le dichiarazioni che il numero uno della Federal Reserve Jerome Powell proferirà nella conferenza stampa successiva alla diffusione del comunicato, in merito al tapering.

Soprattutto, la Fed annuncerà il tapering oggi? Molti economisti ritengono che la banca centrale americana posticiperà l’annuncio a novembre.

“Credo che annunceranno di aver discusso di tapering, ma non credo che forniranno qualche dettaglio”. Così il responsabile degli investimenti della divisione globale di reddito fisso di BlackRock, Rick Rieder, alla CNBC. “Credo che presenteranno un contesto da cui emergerà che potrebbero iniziare a lanciare il tapering a novembre o dicembre”.

E’ arrivata intanto la decisione della Bank of Japan guidata da Haruhiko Kuroda, che ha lasciato oggi invariato il target dei principali tassi di riferimento del Giappone, come da attese:

il target dei tassi dei titoli di stato giapponesi a 10 anni è rimasto fermo allo zero per cento, mentre il target dei tassi di breve termine è stato lasciato al -0,10%.

Confermato anche il bazooka monetario con cui la banca centrale acquista ETF al limite annuale di 12 trilioni di yen (equivalente di $110 miliardi). La BOJ ha diramato un outlook ancora debole per l’economia del Giappone, parlando di “ripresa del trend”, ma anche di un’economia che rimane “gravi condizioni”, a causa dell’impatto della pandemia Covid-19.

Mix stagflazione + crisi debiti? Roubini rifiuta lo scenario panglossiano: più che al Goldilocks pensate a Cassandra

22/09/2021

Ottimismo e ritorno del reflation trade; l’avverarsi di uno scenario Goldilocks per l’economia; oppure stagflazione e surriscaldamento, con tanto di nuova crisi dei debiti: l’economista Nouriel Roubini presenta i quattro scenari a cui fanno fronte i mercati, indicando quale di questi, a suo avviso, sia il più probabile. Sicuramente non quello più roseo.

“Lo scenario panglossiano prezzato al momento dai mercati finanziari potrebbe rivelarsi alla fine un sogno impossibile – avverte – Più che concentrarsi sul Goldilocks, gli osservatori economici dovrebbero ricordare Cassandra, i cui avvertimenti vennero ignorati fino a quando fu troppo tardi“.

Insomma no. Per Nouriel Roubini, Mr. Doom, professore di economia presso la New York University’s Stern School of Business e presidente di Roubini Macro Associates, non viviamo nel migliore dei mondi possibili, e forse, nonostante la figura accattivante del dottor Pangloss di “Candido”, o “l’ottimismo di Voltaire”, bisognerebbe iniziare ad accettare, semplicemente, la realtà dei fatti.

Che, secondo Roubini, è tutto fuorché rassicurante.

“Nel medio termine, con il persistere degli shock vari negativi dell’offerta che colpiranno l’economia globale, potremmo finire con una stagflazione o con un surriscaldamento decisamente peggiori (rispetto alla stagflazione attuale moderata)”, con “una stagflazione totale, caratterizzata da una crescita più bassa e da una inflazione più elevata”.

A quel punto, “la tentazione di abbassare il valore reale degli elevati ratio nominali dei debiti a tasso fisso porterebbe le banche centrali a essere accomodanti nei confronti dell’inflazione, piuttosto che a combatterla e a rischiare un crash economico e dei mercati – sottolinea Roubini, aggiungendo che il problema sarebbe rappresentato dal fatto che “i ratio dei debiti (rispetto al Pil) di oggi (sia quelli privati che pubblici) sono molto più alti rispetto a quelli della stagflazione degli anni ’70”.

Di conseguenza, “gli agenti pubblici e privati alle prese con troppi debiti e con entrate-redditi molto più bassi diventerebbero insolventi una volta che il premio sul rischio di inflazione portasse i tassi di interesse a salire”. Il risultato sarebbe un “contesto di crisi stagflazionistiche del debito nei prossimi anni su cui ho lanciato l’avvertimento”.

In un precedente commento, Roubini aveva scritto infatti che il mondo rischia una stagflazione peggiore sia degli anni ’70 sia del periodo 2007-10. E questo perchè “i rapporti di debito sono molto più elevati che negli anni ’70 e il mix di politiche economiche espansive e shock negativi dell’offerta minaccia di alimentare l’inflazione piuttosto che la deflazione, gettando le basi per la madre delle crisi stagflazionistiche del debito nei prossimi anni”.

Così nell’articolo “The Looming Stagflationary Debt Crisis” dello scorso 30 giugno:

“Anni di politiche fiscali e monetarie ultra accomodanti hanno messo l’economia globale sullo stesso percorso di un treno che si muove lentamente ma che è destinato a schiantarsi nei prossimi anni”. Roubini aveva aggiunto:

Quando si presenterà il crash, la stagflazione stile anni ’70 si combinerà a una spirale di crisi dei debiti dell’era post-2008, lasciando le banche centrali in una posizione impossibile” da gestire.

Nel presentare il grande spettro che aleggia sui mercati, Roubini illustra però anche gli scenari che si stagliano all’orizzonte dei mercati e delle economie globali.

Primo scenario Roubini: il ritorno del reflation trade

Ci sono quattro scenari che potrebbero seguire alla ‘stagflazione lieve” degli ultimi mesi, afferma l’economista. Che fa il punto della situazione, ricordando che “la ripresa avvenuta nella prima metà del 2021 ha lasciato il passo, di recente, a una crescita a un ritmo decisamente inferiore e a un balzo dell’inflazione ben superiore al target del 2% delle banche centrali, a causa degli effetti della variante Delta, dei problemi dell’offerta che hanno interessato sia il mercato dei beni che del lavoro, e per la scarsità di alcune commodities, input intermedi, beni finali, lavoro”.

“Negli ultimi mesi, i rendimenti dei bond sono scesi e finora la recente correzione del mercato azionario è stata modesta, riflettendo forse le speranze che la stagflazione modesta si confermi temporanea”.

Partendo da qui, Roubini tiene a precisare nel suo articolo Goldilocks Is Dying che la realizzazione dei “quattro scenari dipenderà dall’accelerazione o decelerazione della crescita, o da un’inflazione che rimarrà più alta in modo persistente o che rallenterà il passo”.

In generale, “gli analisti e la maggior parte delle autorità anticipano uno scenario ‘Goldilocks’, caratterizzato da una crescita più forte e da una inflazione in moderazione, in linea con il target del 2% delle banche centrali. Secondo questa view, il recente episodio stagflazionistico è dovuto in larga parte all’impatto della variante Delta”. Dunque, “una volta che questa scemerà, così faranno anche le crisi che stanno colpendo l’offerta, sempre che non emergano nuove varianti del virus. A quel punto, la crescita dovrebbe accelerare e l’inflazione scendere”.

Vale la pena sottolineare che per economia Goldilocks si intende quell’economia che non è surriscaldata al punto tale da innescare un’inflazione superiore alle attese, e che non è neanched debole al punto da dare il via a una recessione.

Il termine si riferisce dunque a un’economia che versa nel suo stato ottimale, caratterizzato da piena occupazione e stabilità economica.

Di norma, elementi chiave di un’economia Goldilocks sono un basso tasso di disoccupazione, un aumento dei prezzi degli asset (titoli azionari e prezzi degli immobili), bassi tassi di interesse, una crescita del Pil veloce ma costante e una bassa inflazione: insomma, uno scenario secondo Roubini che, almeno allo stati attuale delle cose, è panglossiano, stile Candido di Voltaire. 

E’ in questo scenario di mondo migliore dei migliori mondi possibili, per dirla anche con le parole di Lebneiz, che il mercato starebbe praticamente scommettendo.

In questo primo scenario (panglossiano, per l’appunto), tornerebbe alla ribalta l’outlook di un “reflation trade” già apparso all’inizio dell’anno, quando si sperava che una eventuale crescita più forte avrebbe supportato utili più solidi e anche prezzi dei titoli azionari più alti – ricorda Roubini .

Si tratta di “uno scenario roseo, che vedrebbe l’inflazione rallentare, portando le aspettative sull’inflazione a essere ancorate attorno al 2%”, a fronte di “rendimenti dei bond che salirebbero in modo graduale insieme ai tassi di interesse reali:  le banche centrali si troverebbero nella posizione di avviare il tapering del Quantitative easing senza far tremare i mercati azionari o obbligazionari. Sull’azionario, ci sarebbe una rotazione dagli Stati Uniti ai mercati esteri (Europa, Giappone e mercati emergenti) , passando dai titoli tecnologici, growth e difensivi, a quelli value e ciclici”.

Secondo scenario Roubini: overheating dell’economia

“Il secondo scenario prevede il ‘surriscaldamento’. In questo caso – continua Nouriel Roubini – la crescita accelerebbe il passo e i problemi che stanno colpendo l’offerta sparirebbero. L’inflazione, tuttavia, rimarrebbe ostinatamente alta, in quanto le sue cause si confermerebbero non temporanee”.

In questo contesto, “con i risparmi non spesi e la domanda legata alla ripresa già alta, la prosecuzione di politiche monetarie e fiscali ultra-accomodanti gonfierebbe ulteriormente la domanda aggregata. La crescita che emergerebbe sarebbe accompagnata da un’inflazione superiore al target in modo persistente: verrebbe così smentita la convinzione delle banche centrali, secondo cui gli aumenti dei prezzi sarebbero semplicemente temporanei”.

“La risposta del mercato a una tale fase di riscaldamento dipenderebbe a quel punto dal modo in cui le banche centrali reagirebbero – si legge ancora nel report di Mr. Doom – Se le autorità rimanessero indietro nel reagire, i mercati azionari potrebbero continuare a salire per un po’, visto che i rendimenti reali dei bond rimarrebbero bassi. Tuttavia, il conseguente aumento delle aspettative di inflazione finirebbe per far salire sia i rendimenti nominali che quelli reali dei bond, in quanto i premi sul rischio dell’inflazione salirebbero, forzando una correzione dell’azionario. In alternativa, se le banche centrali diventassero hawkish e iniziassero a combattere l’inflazione, i tassi reali salirebbero, facendo salire anche i rendimenti dei bond, e costringendo così l’azionario a soffrire una correzione ancora maggiore”.

Terzo scenario Roubini: stagflazione

Il terzo scenario è rappresentato da una “stagflazione che continuerebbe a essere presente, e dunque da una inflazione elevata e da una crescita (economica) molto più lenta nel medio termine. In questo caso, l’inflazione continuerebbe a essere alimentata dalle politiche monetarie, del credito e fiscali accomodanti. Le banche centrali, catturate in una trappola del debito a causa di rapporti di indebitamento elevati sia pubblici che privati, faticherebbero a normalizzare i tassi senza scatenare un crash dei mercati finanziari. In più, un insieme di shock negativi dell’offerta persistenti nel medio termine potrebbe ridurre la crescita nel corso del tempo e far salire i costi della produzione, contribuendo alle pressioni inflazionistiche”.

“Così come ho notato in precedenza – continua Roubini – questi shock potrebbero essere provocati dalla de-globalizzazione e dall’aumento del protezionismo, dalla balcanizzazione delle catene di approviggionamento globali, dall’invecchiamento demografico nelle economie emergenti e in via di sviluppo, dalle restrizioni sulle immigrazioni, dal decouplig tra la Cina e gli Stati Uniti, dagli effetti del cambiamento climatico sui prezzi delle commodities, dalla pandemia, dalle guerre cibernetiche, e dai contraccolpi derivanti dalle disuguaglianze in termini di reddito e di ricchezza. In questo scenario, i rendimenti nominali dei bond salirebbero molto e le aspettative sull’inflazione diventerebbero disancorate. Anche i tassi reali sarebbero più elevati (anche nel caso in cui le banche centrali non reagissero subito), in quanto la crescita dei prezzi rapida e volatile farebbe salire i premi sul rischio dei bond a più lungo termine. In queste condizioni, i mercati azionari sarebbero orientati verso una forte correzione, capitolando potenzialmente in una condizione di mercato orso (riflettendo almeno una flessione del 20% rispetto ai loro ultimi massimi).

Quarto scenario Roubini: via al New Normal

L’ultimo scenario si basa sul rallentamento della crescita. In questo caso, “l’indebolimento della domanda aggregata si rivelerebbe non più un timore transitorio ma il precursore di un New Normal, in modo particolare se gli stimoli monetari e fiscali venissero ritirati troppo presto”.

Di conseguenza, “la minore domanda aggregata e la crescita più lenta si tradurrebbero in una inflazione più bassa, l’azionario sarebbe colpito da una correzione per riflettere l’outlook peggiore sulla crescita, e i rendimenti dei bond scenderebbero ulteriormente (in quanto i rendimenti reali e le aspettative di inflazione sarebbero inferiori).

“Quali di questi scenari è il più probabile?”, si chiede l’economista. “Sebbene la maggior parte degli analisti di mercato e delle autorità politiche stiano promuovendo lo scenario Goldilocks, la mia paura è che lo scenario di un surriscaldamento sia più saliente”, sottolinea Roubini, che rifiuta dunque qualsiasi scenario panglossiano, dunque di ottimismo eccessivo.

E che, di conseguenza, la stagflazione si insedi con tutta la sua potenza nel mondo, facendo avverare non il migliore dei mondi possibili, quanto, piuttosto, le tremende previsioni di Cassandra. Che beneficerebbe sicuramente della fiducia di Mr. Doom.

BlackRock non vede rischi di mercato legati al tetto del debito federale Usa

La grande casa d’investimento, che di recente ha abbassato il giudizio sull’azionario Usa, ritiene che verrà trovato un accordo al Congresso e evitata la possibilità di un default tecnico

22 Settembre 2021 – 8:00

Il problema del tetto all’indebitamento federale americano è al centro dell’attenzione dei mercati forse più della riunione del FOMC della Federal Reserve da cui domani dovranno uscire indicazioni sull’avvio di un moderato tapering nei prossimi mesi. Il BlackRock Investment Institute si attende che il Congresso alla fine raggiungerà un accordo per superare lo sfondamento del tetto, mentre non vede grandi possibilità che il Government Federale sia invece costretto a un default tecnico, come conseguenza di una violazione delle norme sui limiti all’emissione di debito. Per questo gli asset a rischio potrebbero subire qualche temporanea spinta al ribasso dopo la recente corsa al rialzo, ma BlackRock preferisce guardare oltre la volatilità di breve periodo e restare posizionata pro-rischio nei prossimi 6-12 mesi.

IL DEBITO USA RESTA SOTTOPESATO

Lo indica nelle sue conclusioni il Weekly Market Commentary del BlackRock Investment Institute, ricordando che la grande casa USA recentemente ha abbassato il suo giudizio sull’azionario USA a ‘neutral’ su base tecnica per invece passare all’upgrade dell’azionario europeo, a cui sta passando la staffetta della ripartenza globale post-pandemia, mentre rimane la posizione di ‘sottopeso’ sui titoli del debito pubblico americano. L’orientamento pro-rischio viene mantenuto a fronte di uno scenario che vede le pressioni inflazionistiche allargarsi negli USA, anche se l’indice dei prezzi al consumo ha rallentato ad agosto. Ora il focus è comunque sulle banche centrali, da cui comunque BlackRock non si aspetta strette anticipate causate dall’inflazione, a cominciare dalla Federal Reserve.

TETTO AL DEBITO SFONDATO 78 VOLTE DAL 1960

BlackRock sottolinea che gli USA devono alzare il limite all’indebitamento federale, autoimposto ogni anno con decisione del Congresso, per evitare un ‘default tecnico’, ma aggiunge di non vedere rischi particolari e considera anche molto limitate le possibilità che si debba ricorrere, come successo più volte in passato in occasioni analoghe, a uno shutdown federale temporaneo. BlackRock ricorda che il Congresso ha fatto ricorso a concessioni di sfondamento del tetto all’indebitamento federale ben 78 volte dal 1960. La precedente sospensione biennale del tetto, causa pandemia, è scaduta a luglio e le conseguenze potrebbero arrivare già a ottobre se il Congresso non agisce.

L’IMPATTO SUI PACCHETTI DI SPESA

Il BlackRock Investment Institute ricorda le differenze con i precedenti casi di sfondamento del tetto al debito, tra cui l’inflazione in aumento, ma mantiene la convinzione che sarà trovata una soluzione e che il problema non dovrebbe impattare le prospettive del pacchetto di investimenti infrastrutturali da 1.000 miliardi di dollari. Questo pacchetto ha già l’appoggio dei due schieramenti, mentre vede la possibilità di una riduzione dell’altro pacchetto da 3.500 miliardi di dollari, destinati a spese sociali e al contrasto del riscaldamento globale e accompagnati da aumenti delle tasse, su cui non c’è ancora convergenza politica.

POSSIBILE AUMENTO DELLA VOLATILITÀ

Alla fine, conclude l’analisi del BlackRock Investment Institute, il Congresso raggiungerà un accordo sull’innalzamento del tetto all’indebitamento, ma probabilmente non prima che il Tesoro abbia esaurito la capacità di spesa residua di cui ancora dispone, per cui si potrebbe arrivare a fine ottobre o addirittura a inizio novembre. La buona notizia è che comunque nessuno dei due grandi partiti vuole un default tecnico, per cui il tema del debito federale non dovrebbe rappresentare un rischio importante per il mercato, ma se si arrivasse a uno shutdown anche breve la volatilità potrebbe aumentare.

Wall Street rimbalza dopo stop vigilia, aspettando gli annunci Fed di domani

21/09/2021

Anche gli indici azionari Usa rimbalzano in avvio, dopo lo scivolone di Wall Street della vigilia in scia ai timori per gli sviluppi del colosso immobiliare cinese Evergrande. Cresce anche l’attesa per la riunione della Federal Reserve (Fed), iniziata oggi e che culminerà domani con l’annuncio di politica monetaria (e la conferenza del presidente Powell). Nei primi istanti di contrattazioni a New York prevalgono gli acquisti: l’indice Dow Jones sale dello 0,35%, mentre l’S&P500 e il Nasdaq avanzano rispettivamente dello 0,39% e dello 0,44 per cento.

Sul fronte Fed, l’incognita è se arriverà o meno l’annuncio del tapering del QE, con cui la Fed di Jerome Powell acquista $120 miliardi di asset al mese. Su questo fronte, Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia sostiene che “la maggioranza di membri dovish possa quindi scegliere di rimandare l’annuncio e lasciare solamente indizi su un prossimo tapering entro fine 2021 cercando di prendere ancora tempo per valutare lo stato di salute del mondo del lavoro, le pressioni inflazionistiche, la ripresa economica, gli sviluppi della pandemia e anche i possibili rischi per la stabilità finanziaria a causa del collasso del gigante del settore immobiliare cinese Evergrande”.

Intanto ieri lo S&P 500 ha sofferto la seduta peggiore dallo scorso maggio, scendendo dell’1,7% a 4.357.73; il Dow Jones è crollato di 614,41 punti, a 33.970,47 mentre il Nasdaq Composite ha riportato una flessione del 2,19% a 14.713,90. Le vendite hanno portato lo S&P a scivolare a un livello inferiore del 4,1% rispetto al suo record.

Borsa Usa, per Morgan Stanley più probabile scenario ‘Ice’ che ‘Fire’. JP Morgan getta acqua sul fuoco

21/09/2021

Le vendite che si sono abbattute su Wall Street dall’inizio di settembre sono per caso solo l’antipasto di ciò che accadrà alla borsa Usa da qui alla fine dell’anno?

In un momento in cui gli operatori di mercato si interrogano non solo sulla sostenibilità dei rialzi del mercato, ma anche su quella della ripresa del Pil Usa e del Pil mondiale post Covid-19, Morgan Stanley lancia l’allarme bearish:

l’azionario made in Usa potrebbe soffrire un crollo del 20%, sia per il ritiro degli stimoli fiscali che hanno tenuto a galla l’economia, che per il rallentamento della crescita.

La nota, riportata dalla Cnbc, è firmata da Mike Wilson, strategist della divisione del mercato azionario del colosso bancario americano.

“Considerati gli stimoli fiscali straordinari lanciati durante la recessione, siamo preoccupati che l’inevitabile decelerazione della crescita finisca per essere molto peggio di quanto atteso al momento”. Questo, ha continuato Wilson, “è uno scenario ‘Ice’, che porterebbe a una correzione di transizione di metà ciclo, per lo S&P 500, più forte rispetto al solito, pari al 20%”.

Wall Street, Morgan Stanley presenta scenari Ice e Fire

L’outlook “Ice”, spiega Wilson, si verificherebbe nel caso in cui si presentassero una revisione al ribasso degli utili e un rallentamento dei dai macro.

Gli analisti guidati dallo strategist hanno illustrato anche un altro scenario, “Fire”: un outlook più positivo o meglio dire meno negativo, che si concretizzerebbe nel caso in cui la Fed iniziasse a rimuovere le misure accomodanti lanciate, adottando così il tapering, a fronte di un surriscaldamento dell’economia (e dunque dell’inflazione Usa). A tal proposito, si riunisce oggi il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed di Jerome Powell, che annuncerà le proprie decisioni di politiche monetaria domani, mercoledì 22 settembre.

LEGGI Fed: variante Delta tarpa le ali ai falchi. Tapering sì ma non immediato, ecco quando e di quanto saranno alzati i tassi

Gli scenari di Morgan Stanley per Wall Street, dunque, sono due: uno scenario “Ice” (ghiaccio) e uno”Fire” (Fuoco).

Lo scenario Ice, considerato più probabile, sarebbe “distruttivo”, visto che darebbe il via a una correzione del 20% dell’indice S&P 500, mentre quello “Fire” provocherebbe una correzione del 10% che Wilson ha definito “modesta e salutare”.

“Sarà Fire o Ice? Non lo sappiamo, ma lo scenario Ice sarebbe peggiore per i mercati, e noi crediamo che sarà quella la direzione – hanno scritto gli analisti – Crediamo che la transizione di metà ciclo finirà con una correzione che alla fine colpirà lo S&P 500”.

Wall Street: JP Morgan ci crede ancora

Non è invece così pessimista JP Morgan, tutt’altro: in particolare Marko Kolanovic, responsabile strategist dei mercati globali ha minimizzato anche il tracollo di ieri di Wall Street, che ha visto il Dow Jones crollare di più di 600 punti e lo S&P riportare la sessione peggiore dal mese di maggio, sulla scia dell’ansia per la imminente riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed – e anche per il panico legato al caso del colosso immobiliare cinese Evergrande, sull’orlo del default.

Stando a quanto riportato dalla Cnbc, Kolanovic ha scritto in una nota di ritenere che il forte sell off abbia trasformato le azioni Usa in una opportunità di acquisto.

“Riteniamo che il sell off di mercato sia stato scatenato in primo luogo dai flussi tecnici di vendite da parte degli advisor di trading sulle commodity e dagli hedger sulle opzioni, in un contesto di scarsa liquidità, e dalla reazione eccessiva dei trader discrezionali nei confronti dei rischi percepiti”, ha commentato Kolanovic.

Mercati finanziari: periodo denso di eventi, ma nel complesso ancora positivo

Secondo Stefan Rondorf (Allianz Global Investors) crescita globale solida e banche centrali non inclini a ridurre gli stimoli, rendono probabile la prevalenza dell’entusiasmo alle incertezze per gli eventi delle settimane

18 Settembre 2021 – 7:45

Dopo un’estate tutto sommato relativamente tranquilla sui mercati finanziari, stiamo per entrare in una fase tutt’altro che noiosa. Nelle prossime settimane sono infatti previsti importanti eventi politici e una serie di riunioni di banche centrali in un contesto caratterizzato da un’inflazione sorprendentemente elevata.

RIUNIONI DI SETTE BANCHE CENTRALI

“La prossima settimana, ben sette banche centrali – negli USA, nel Regno Unito, in Giappone, Indonesia, Sudafrica, Turchia e Brasile – si riuniranno ma i riflettori saranno puntati principalmente sulla Federal Reserve”, fa sapere Stefan Rondorf, Senior Investment Strategist, Global Economics & Strategy di Allianz Global Investors nel suo commento settimanale “The week ahead”.

LA FED POTREBBE AVVIARE IL TAPERING

L’autorità monetaria USA, alla luce del possibile raggiungimento del nuovo target di inflazione media e dei possibili progressi sul mercato del lavoro, potrebbe avviare il tapering (ovvero la riduzione degli acquisti di asset sul mercato) verso fine anno. “Si tratta di una decisione che non dovrebbe sorprendere gli operatori più attenti invece alle tempistiche del primo rialzo dei tassi. In base ai dot chart (il diagramma a punti) si potranno ricavare alcune preziose indicazione in più circa i piani della Fed. Al momento l’inasprimento dei tassi dovrebbe iniziare nel primo trimestre del 2023”, specifica Rondorf.

LE ELEZIONI IN GERMANIA

La prossima settimana sono previste sia le elezioni in Canada, e sia, soprattutto, le votazioni in Germania. “L’interesse dei mercati finanziari dovrebbe focalizzarsi sulla volontà del nuovo esecutivo di mantenere una politica fiscale rigorosa e sulla futura politica climatica. Un’indicazione in questo senso potrebbe giungere dal prezzo del carbonio per i consumatori tedeschi. La speranza è che la formazione del governo non si riveli troppo complicata”, puntualizza il manager di Allianz Global Investors.

PMI FLASH DI SETTEMBRE

Tornando all’ambito macro economico, oltre alle riunioni delle banche centrali citate in precedenza, c’è un lungo elenco di annuncio di dati in calendario, a cominciare da quelli particolarmente importanti relativi ai PMI flash di settembre, concentrati nella giornata di giovedì. “L’attenzione è sulla leggera flessione della curva dei contagi da variante Delta in alcuni Paesi e sul fatto che possa contribuire a stabilizzare gli indici dei servizi. Inoltre sarà rilevante verificare se i persistenti problemi lungo le filiere continueranno a pesare sul sentiment delle aziende del comparto manifatturiero”, riferisce Rondorf.

INDICE TEDESCO IFO SULLA FIDUCIA DELLE IMPRESE

Sempre mercoledì sarà pubblicato l’indicatore dell’UE sulla fiducia dei consumatori mentre venerdì toccherà all’indice tedesco Ifo sulla fiducia delle imprese. Saranno resi noti pure i prezzi al consumo di agosto in Giappone (probabilmente sempre inferiore a quello delle altre economie avanzate) e i molteplici dati sul mercato residenziale negli USA.

IL CONTESTO APPARE TUTTORA SOLIDO

Nel complesso, secondo il manager di Allianz Global Investors, il contesto appare tuttora solido, anche se alcune indagine segnalano una maggiore aspettative di volatilità. Per esempio, un sondaggio di Deutsche Bank mostra che quasi il 70% degli intervistati, prevalentemente investitori professionali, immagina temporanee battute d’arresto sul mercato azionario da qui a fine anno. Diverse indagini sul sentiment degli investitori, come quella condotta dalla American Association of Individual Investors (AAII), segnalano una normalizzazione del clima di mercato dopo il grande ottimismo della primavera.

FONTE DI ENTUSIASMO

“Alla luce del fatto che ci sono conferme su una crescita globale solida e superiore al livello tendenziale e che le banche centrali non sembrano inclini a ridurre gli stimoli, riteniamo probabile che gli eventi delle settimane possano rivelarsi fonte di entusiasmo e non di incertezza” conclude il Global Economics & Strategy di Allianz Global Investors.

Agenda dei mercati: mercoledì scatta l’ora della riunione Fed

17/09/2021

L’attenzione degli investitori la prossima settimana si concentrerà sulla riunione della Federal Reserve (Fed), con il Fomc che si riunirà il 21 e 22 settembre. “Non ci attendiamo dall’incontro l’annuncio di un tapering, ma il governatore Powell dovrebbe confermare l’idea che un annuncio avverrà entro la fine dell’anno. Da monitorare anche l’aggiornamento della cosiddetta nuvola dei dots, per vedere se verrà anticipato o meno la tempistica del primo rialzo dei tassi attualmente previsto nel 2023 – affermano gli strategist di Mps Capital Services -. Inoltre, per la prima volta saranno pubblicate anche le stime sui tassi per il 2024, con il mercato dei futures sul libor a 3 mesi che prezzano un rialzo e mezzo”.

Wall Street incerta in giorno quattro streghe. Goldman Sachs teme balzo volatilità nel prossimo mese. Fed attesa al varco

17/09/2021

Wall Street ancora cauta, in un mese che storicamente si conferma negativo per la borsa Usa. Il Dow Jones scende dello 0,05% a 34.735 punti; lo S&P arretra dello 0,22% a 4.463 punti, il Nasdaq scende dello 0,31% 15.132,81 punti.

Ieri il Dow Jones Industrial Average ha perso 63 punti, dopo aver ceduto fino a -274 punti nei minimi intraday; lo S&P 500 è sceso dello 0,16%, mentre è andata meglio al Nasdaq Composite, che ha beneficiato dei buy su Netflix, Microsoft e Amazon.

Di certo non è di aiuto oggi la decisione degli analisti di JP Morgan di tagliare il proprio outlook sul Pil Usa relativo al terzo trimestre, dalla crescita pari a +7% precedentemente attesa a +5%.

Detto questo, la settimana si conclude in territorio positivo.

Il Dow Jones ha guadagnato lo 0,41%, lo S&P 500 è salito dello 0,34%, il Nasdaq Composite ha fatto, su base settimanale, lo 0,44%.

Il mese di settembre rimane invece negativo, con il Dow Jones che ha perso l’1,7%, lo S&P 500 indietreggiato dell’1,1% anche se inferiore di appena l’1,6% rispetto al massimo assoluto e il Nasdaq in flessione dello 0,5%.

Oggi giornata particolare per Wall Street, alle prese con il giorno delle “quattro streghe”, ovvero della scadenza dei futures sugli indici azionari, delle opzioni sugli indici azionari, delle opzioni sulle azioni e dei futures sulle singole azioni.

In una nota pubblicata nella giornata di oggi, John Marshall, responsabile della divisione di ricerca sui derivati di Goldman Sachs, ha scritto di prevedere “un incremento della volatilità nel corso del prossimo mese a causa dell’aumento stagionale dell’incertezza degli investitori, l’incertezza continua legata al virus, e ai catalizzatori significativi rappresentati dalle politiche monetarie e fiscali”.

Marshall ha ricordato tra l’altro che la volatilità dell’indice S&P 500 è aumentata di solito del 27% nel periodo compreso tra agosto e ottobre.

Tra i titoli Invesco in rialzo a Wall Street, dopo le indiscrezioni del Wall Street Journal, secondo cui la società di gestione degli investimenti sarebbe in trattative per una operazione di fusione con la divisione di asset management di State Street.

Le fonti hanno precisato che l’accordo non è tuttavia imminente e potrebbe anche non concretizzarsi. Il titolo Invesco ha messo a segno un rialzo fino a +7%, mentre State Street riporta un lieve calo.

Attenzione intanto alla novità emersa ieri con l’annuncio di Goldman Sachs Asset Management, che ha deciso di puntare sui FAANG del futuro, con un nuovo ETF azionario: si tratta del Goldman Sachs Future Tech Leaders Equity ETF (ticker GTEK), che punta su quelle società tecnologiche caratterizzate da una capitalizzazione di mercato inferiore ai $100 miliardi con sede sia nei paesi avanzati che nei mercati emergenti.

La scommessa dell’ETF è di scovare quelle società destinate a diventare per l’appunto, come riassume l’acronimo FAANG, le nuove Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Facebook. Di questi cinque titoli, la maggior parte è in ribasso, Netflix è debole, mentre Amazon segna un debole rialzo.

L’attesa degli investitori a questo punto è per il meeting del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, che si terrà la prossima settimana per due giorni, con l’annuncio sui tassi e sulle prossime mosse di politica monetaria il prossimo mercoledì 22 settembre. Gli operatori si chiederanno se sarà in quell’occasione che la Fed di Jerome Powell annuncerà ufficialmente il tapering del QE. Alcuni esperti ritengono più probabile che l’annuncio formale arrivi nel mese di novembre.

Preview Fed: cosa aspettarsi dalla riunione di settembre? La view di Pimco

17/09/2021

Settimana prossima l’attenzione dei mercati sarà rivolta alla Federal Reserve (Fed) che mercoledì sera annuncerà la sua decisione di politica monetaria. Cosa aspettarsi alla luce degli ultimi sviluppi macro? Secondo Pimco, è probabile che la banca centrale americana riaffermi la sua volontà di ridurre il ritmo mensile di acquisti di asset, ovvero il cosiddetto tapering, più avanti nel corso dell’anno.

“Questa riconferma – sostiene Tiffany Wilding, economista esperta di America Settentrionale di Pimco – arriverà probabilmente sotto forma del cosiddetto “preavviso” che il presidente Powell ha promesso da quando il comitato ha annunciato la forward guidance per gli acquisti di asset lo scorso gennaio”.

A quando quindi l’annuncio del tapering? Secondo Pimco, potrebbe arrivare a novembre o a dicembre. “Ci siamo aspettati a lungo che il comitato annunciasse la sua decisione sul tapering alla riunione di dicembre, ma crediamo che ci sia una discreta possibilità che lo faccia già nel mese di novembre”, risponde l’esperta, che però ricorda come a novembre ci sia anche la cosiddetta “data X” del tetto del debito del Tesoro (la data in cui il Tesoro finirà i finanziamenti), e per questa ragione aggiunge: “sospettiamo che la decisione sul tapering sarà comunque rimandata alla riunione di dicembre”.

Il Nobel Stiglitz: “Powell probabilmente verrà sostituito, ecco perché”

Ospite di Axa Investment Managers, Joseph Stiglitz ha fatto il punto sulle prospettive economiche e sulla sostenibilità negli investimenti

 16 Settembre 2021 – 14:06

Tra gli appuntamenti più attesi dell’undicesima edizione del Salone del Risparmio, in corso al Mi.Co. di Milano, c’era sicuramente l’intervento del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, ospite della conferenza di Axa Investment Managers dal titolo “Chi paga il conto?”

INFLAZIONE TRANSITORIA

Per il momento lo stanno pagando i consumatori, visto che l’inflazione continua a crescere. E la prima domanda rivolta a Stiglitz da Alessandro Tentori, chief investment officer di Axa IM, ha riguardato proprio la natura di questa impennata: transitoria o strutturale? Secondo il premio Nobel per l’economia del 2001, è per lo più transitoria, dovuta a dei colli di bottiglia, per esempio nella produzione di chip, che a breve verranno risolti.

POWELL IN BILICO

L’altro tema affrontato è stato quello delle politiche monetarie: “Sarebbe buono per l’economia mondiale se potessimo abbandonare i tassi zero – ha detto Stiglitz – perché ciò ha provocato una distorsione dei prezzi e l’aumento del rischio nei portafogli. Ma nel breve non credo ci saranno cambiamenti nella politica monetaria”. Anche perché il mandato di Jerome Powell alla guida della Federal Reserve è in scadenza a febbraio: “Se ne sta parlando molto nelle ultime settimane – ha proseguito Stiglitz – e credo che il suo incarico non verrà rinnovato perché serve una personalità che sia focalizzata su tematiche più ampie come il cambiamento climatico, la concentrazione del mercato, le disuguaglianze”. Insomma, per la Fed viene auspicato un modello più simile a quello della Bce, che con la revisione strategica ha già iniziato il percorso verso tematiche di portata più ampia, non di politica monetaria nel senso più stretto del termine.

CAMBIO DELLA POLITICA ECONOMICA

Ovviamente non sono mancate domande sugli effetti della pandemia, e l’ex advisor economico del presidente Clinton (dal 1995 al 1997) non si è tirato indietro: “Con la pandemia ci siamo accorti che stavamo viaggiando senza la ruota di scorta. Ma ora anche la politica economica americana sta virando verso un modello più industriale, per esempio nella produzione di semiconduttori”. Per dirla con le parole di Stiglitz, “ci siamo accorti che non fare nulla ha un costo molto alto”, affermazione valida anche per la transizione energetica e la sostenibilità in generale. Per i Paesi le cui economie sono basate sull’estrazione di petrolio il modello indicato da Stiglitz è la Norvegia, “capace di reinvestire in modo corretto il patrimonio generato dai combustibili fossili”. Per le aziende, invece, Facebook è stato indicato come un modello da non seguire: “Ha ignorato per troppo tempo le preoccupazioni sulla qualità dell’informazione e ora ha una reputazione pessima, che allontana i giovani talenti della Silicon Valley”.

COME PROTEGGERSI DALL’INFLAZIONE

Nella conferenza organizzata da Axa Investment Managers si è parlato anche di strategie di investimento e portafogli con Pietro Martorella, client group Southern Europe e Chris Iggo, Cio core investments, che ha indicato i bond inflation linked come una delle opzioni a disposizione degli investitori per resistere alla crescita dell’inflazione. Una scelta che ha fatto particolarmente piacere a Stiglitz, che ha ricordato come, durante l’esperienza alla Casa Bianca, abbia sostenuto l’introduzione di questi strumenti di investimento andando contro la pressione di Wall Street. Lo stesso Iggo, inoltre, ha sottolineato come dalla sostenibilità possano arrivare opportunità interessanti, non solo andando a individuare le aziende problematiche, ma anche scegliendo i leader della transizione.

Ray Dalio è ancora ‘cash is trash’: ‘ho un po’ di Bitcoin, anche se potrebbe andare a finire come bolla tulipani in Olanda’

16/09/2021

Cash is trash, ovvero il contante è spazzatura, e in questo contesto una buona alternativa al contante è rappresentata dal Bitcoin: la metamorfosi di Ray Dalio, fondatore dell’hedge fund numero uno al mondo Bridgewater Associates, è avvenuta, e in realtà già da un po’ di tempo.

“Credo che valga la pena considerare tutte le alternative al cash e tutte le alternative ad altri asset finanziari – ha detto Dalio, in un’intervista rilasciata qualche ora fa alla Cnbc – Ho una certa quantità di soldi investita in Bitcoin”.

Già a maggio l’investitore miliardario, tra le voci più ascoltate di Wall Street, aveva ammesso di avere “alcuni Bitcoin”, dicendo chiaramente di preferire la criptovaluta numero uno al mondo alle obbligazioni.

Segnali di iniziale ‘pentimento’ da parte di Ray Dalio per il modo in cui si era espresso negli anni precedenti nei confronti delle criptovalute erano emersi già alla fine del 2020, anno della pandemia Covid-19.

E’ probabile che mi stia perdendo qualcosa”, aveva detto, manifestando i suoi dubbi sull’universo cripto. Qualche settimana dopo arrivava il chiarimento: “il Bitcoin e altre valute digitali sono interessanti alternative ad asset simili all’oro”, sottolineava.

Il Bitcoin, aveva spiegato, “potrebbe servire in un’ottica di diversificazione dall’oro e da altri asset riserve di valore. La cosa principale è avere alcuni di questi tipi di asset nel proprio portafoglio, azioni incluse, e diversificare”.

In quell’occasione, il gestore aveva manifestato anche il timore che la criptovaluta potesse essere affondata dai vari governi. Allo stesso tempo, nel marzo di quest’anno, Dalio precisava il motivo per cui riteneva che il cash fosse diventato ormai trash. Qualcosa che, come ha detto lui stesso, pensa tuttora.

Nell’intervista rilasciata alla CNBC, pur sottolineando – di nuovo – che il Bitcoin non ha un valore intrinseco, ovvero che si tratta di un asset che non ha il supporto dei fondamentali, così come non dispone di un valore obiettivo, Dalio ha detto di detenere un po’ di Bitcoin nel suo wallet.

D’altronde, ha precisato: “Ci sono così tante cose, guardando le cose da una prospettiva storica, che non hanno avuto un valore intrinseco, piuttosto hanno avuto un valore percepito. Tante cose che sono diventate prima hot e poi sono andate giù. Potrebbe andare a finire in un modo o nell’altro. Bisogna solo essere consapevoli di ciò che si ha di fronte”

“Potrebbe essere come i tulipani in Olanda – ha detto ancora Dalio, riferendosi a quella bolla ripresa molto spesso da voci illustri del mondo dell’alta finanza – come Jamie Dimon di JP Morgan – come metro di paragone per la bolla presunta del Bitcoin. Altro pentito poi convertito al Bitcoin, Dimon aveva descritto il rally della moneta digitale alla stregua di un fenomeno peggiore della bolla dei tulipani.

Dalio ha fatto notare l’atteggiamento contrastato dei governi di tutto il mondo nei confronti delle criptovalute:

C’è El Salvador che lo ha accettato, e ci sono India e Cina che cercano di liberarsene. E poi ci sono gli Stati Uniti, che parlano di come regolamentarlo”. ù

La minaccia arriva proprio dai governi: “Se (il Bitcoin) avrà davvero successo, le autorità di regolamentazione faranno di tutto per distruggerlo”, ha detto Dalio, aggiungendo di ritenere che riusciranno alla fine”distruggerlo, perché hanno i mezzi per farlo”.

Fino a quel momento, perchè non avere una quantità dell’asset nel proprio portafoglio, rimanendo vigili e consapevoli dei rischi a esso connessi?

Certo, Dalio ha ammesso di detenere una percentuale più piccola del token digitale nel suo portafoglio, rispetto all’esposizione che ha invece sull’oro.

Da segnalare che la criptovaluta numero uno al mondo non è riuscita più a testare i massimi superiori ai $60.000 testati in primavera. Ma negli ultimi 12 mesi ha visto comunque quadruplicare il suo valore. Al momento i prezzi viaggiano oltre i $48.000, in base alla rilevazioni di Coindesk.

WALL STREET: VALUE TIME?

Scritto il 16 Settembre 2021 alle 08:02 da Danilo DT

Potrei parlarvi dell’inflazione USA che è stata meno elevata del previsto. Il che va a confermare quanto già si era detto e allora tralasciamo. Potrei parlarvi ancora della Cina ma i dati macroeconomici deboli fanno parte di quel progetto di miglior equidistribuzione dei redditi e di ricerca di maggior equilibrio (e controllo) economico. Il mio parere sull’argomento l’ho già espresso.

Vi illustro invece un rapido aggiornamento del grafico già proposto in passato, ovvero il rapporto tra due sub-index dello Sp500. Il grafico del SP500 Growth vs lo SP500 Value.
Come sapete negli ultimi mesi, il predominio del settore growth è stato schiacciante, ma poi abbiamo rivisto anche il value che per un periodo ha sovraperformato proprio il growth. Ma poi i titoli a maggior crescita hanno ripreso il sopravvento. Ora ci troviamo quasi ai livelli di inizio settembre 2020, esattamente un anno fa, ovvero il momento in cui il growth ha segnato il passo verso il value.

SP500: growth vs value

Potrebbe essere un ottimo segnale. Quantomeno per giocare una scommessa mantenendo però l’esposizione sull’equity. Prendete nota dei relativi corsi, ne riparliamo più avanti.

Il prezzo dell’energia esplode e mette a repentaglio la ripresa dell’economia

Il prezzo dell’energia elettrica continua a salire e si diffonde il timore che possa rallentare la crescita dell’economia dopo il Covid

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 15 Settembre 2021 alle ore 15:56

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha espresso il timore che il prezzo dell’energia elettrica possa esplodere presto del 40%. E ciò, nonostante il governo Draghi abbia stanziato 1,2 miliardi di euro per contenere i rincari delle bollette al 10%. Il prezzo del petrolio si è impennato quest’anno del 40%, salendo in area 70-75 dollari. Le quotazioni sono trainate dalla ripresa della domanda dopo lunghi mesi di consumi in crollo verticale per via delle restrizioni imposte dai governi contro il Covid.

E poi c’è la difesa dell’ambiente. Il prezzo dell’energia sale anche perché inquinare costa molto di più che in passato. L’Unione Europea fissa per ciascuna delle circa 11.000 fabbriche sparse sul suo territorio quote annuali di inquinamento, superate le quali il soggetto che inquina deve acquistare i permessi sul mercato da altri soggetti che dispongono di quote rimaste inutilizzate. In sostanza, sul mercato ci si scambia quote di CO2. Quest’anno, i loro prezzi sono letteralmente esplosi, arrivando a un massimo storico di 62,75 dollari per tonnellate nei giorni scorsi. Un anno fa, arrivavano a stento a 26 dollari.

Prezzo dell’energia su, l’ambientalismo costa

Questo sistema di aste è finalizzato ad incentivare il disinquinamento. Chi inquina meno, viene pagato da chi inquina di più. E di anno in anno, le quote di inquinamento massimo consentite dalla UE sono volutamente abbassate per raggiungere gradualmente l’obiettivo di tagliare le emissioni inquinanti del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di centrare la neutralità carbonica entro il 2050. L’altra faccia della medaglia è quella a cui stiamo assistendo in questi mesi: prezzo dell’energia alle stelle.

Facciamo tutti presto ad applaudire Greta Thunberg.All’atto pratico, le ricette per ridurre l’inquinamento velocemente hanno un costo, che ricade sulle famiglie. La stangata in bolletta sarebbe l’ultimo avvenimento di cui avremmo bisogno in una fase delicata come questa di rimbalzo del PIL dopo il Covid. Una maggiore spesa per luce e gas, a parità di redditi, comporterà minore disponibilità di spesa per altre voci di consumo.

L’Italia è particolarmente esposta al problema, non possedendo materie prime con cui attutire il colpo. Finora, abbiamo beneficiato di tassi d’inflazione nettamente più bassi della media europea e, soprattutto, di economie come la Germania. Il rischio è che dissipiamo questo vantaggio, finendo per subirne le conseguenze sulle esportazioni, una voce fondamentale per la nostra economia nell’ultimo decennio.

Il tapering incombe: alla scoperta del fattore decisivo per il portafoglio d’investimento nei prossimi mesi

11/09/2021

Se ne sente parlare sempre più, ma in molti non sanno che il tanto temuto tapering da parte delle banche centrali è importante per il proprio portafoglio d’investimento. Tapering, che letteralmente significa “assottigliamento” e, nel lessico della Federal Reserve, la banca centrale americana, quando era guidata da Ben Bernanke, ad assottigliarsi è, in particolare, il programma di acquisti di titoli noto come Quantitative easing. Tramite l’acquisto di titoli obbligazionari, in particolare Buoni del Tesoro Usa e mortgage-backed securities, la Fed accresce la liquidità in circolazione (e, così facendo, anche il suo bilancio).

A fornire le risposte più comuni ad una serie di domande sul tapering è Althea Spinozzi, Senior Fixed Income Strategist per BG Saxo che spiega in un formato accessibile, cosa è successo con il tapering in passato e cosa potrebbe significare per i mercati oggi.

Cosa significa tapering e cos’è il Quantitative Easing (QE)?

Quando i membri della Federal Reserve parlano di tapering, si riferiscono al graduale rallentamento degli acquisti di assets su larga scala. Quindi, si tratta di ridurre il ritmo di espansione del bilancio della Fed, noto anche come Quantitative Easing (QE). Il passo successivo al tapering è considerare se reinvestire i titoli in scadenza o ridurre il suo bilancio. La banca centrale può decidere se ridurre gradualmente il suo bilancio lasciando “decorrere” i titoli in scadenza senza reinvestirli o se vendere le attività.

Il QE si riferisce ai programmi di acquisto di asset delle banche centrali creati per stimolare l’economia. È una forma di politica monetaria usata per aumentare l’offerta interna di denaro e stimolare l’attività economica. Le banche centrali ricorrono al quantitative easing quando il tasso di interesse a breve termine precipita a zero, ma l’economia ha ancora bisogno di sostegno. L’idea alla base del QE è che esso aiuta l’economia riducendo i tassi d’interesse e rendendo meno costosi i prestiti aziendali e i mutui. Comprando debito pubblico e Mortgage-Backed Securities (MBS), le banche centrali riducono l’offerta di questi strumenti nel mercato. Gli investitori che decidono di tenere questi strumenti devono alzare le loro offerte, spingendo così i rendimenti verso il basso. Sulla scia della pandemia di Covid, la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse a breve termine a zero a marzo 2020. A partire da luglio 2021, la Federal Reserve ha acquistato 80 miliardi di dollari di Treasuries USA e 40 miliardi di MBS per stimolare l’economia e garantire una rapida ripresa economica.

Attualmente, la Fed sta acquistando Treasuries in un’ampia gamma di scadenze per mitigare lo shock provocato dal COVID-19. In passato, invece, il QE era concentrato quasi esclusivamente sulle scadenze a lungo termine. Quindi il tapering di oggi potrebbe avere un impatto diverso sulla curva dei rendimenti.

Cos’è un “taper tantrum”?

“Taper tantrum” si riferisce a un particolare episodio accaduto nel 2013. Dopo tre cicli di QE per stimolare l’economia seguiti alla crisi finanziaria globale (GFC), l’allora presidente della Fed Ben Bernanke decise una diminuzione degli acquisti nel maggio 2013. Il mese successivo, prese il via un piano di tapering. I rendimenti salirono dal 2,2% al 3% durante l’estate, nonostante Bernanke e altri membri della Fed avessero sottolineato che qualsiasi riduzione sarebbe stata graduale e non sarebbe stata collegata a nessun aumento dei tassi di interesse. L’improvviso aumento dei rendimenti dei treasury statunitensi provocò deflussi di capitale e deprezzamento della valuta nei mercati emergenti come Brasile, India, Turchia e Sudafrica. Indipendentemente da ciò, le banche centrali partirono con il tapering nel dicembre dello stesso anno, riducendo il ritmo degli acquisti di asset di 10 miliardi di dollari al mese, partendo da 85 miliardi di dollari. Il programma di acquisto di asset si chiuse nell’ottobre 2014. La Federal Reserve, guidata da Janet Yellen, ha iniziato a ridurre gli stimoli un anno dopo.

Perché la Fed sta cercando di ridurre il ritmo degli acquisti di asset?

Perché l’economia non ha più bisogno di stimoli. Si stima che l’economia statunitense crescerà di un impressionante 6% quest’anno e del 4% l’anno prossimo. Allo stesso tempo, le pressioni inflazionistiche e l’eccessiva assunzione di rischio nei mercati hanno accelerato significativamente rendendo la fine del QE una conseguenza naturale. Tuttavia, Jerome Powell ha recentemente evidenziato che sono necessari “ulteriori progressi sostanziali” per iniziare il tapering. Queste osservazioni possono essere collegate all’obiettivo di piena occupazione. La Fed guarda al tasso di disoccupazione pre-COVID, che era di circa il 3,5% e lo ha fissato come obiettivo ma il rischio in questo caso è che l’economia si surriscaldi e che il programma di QE continui a stimolare la crescita dell’inflazione.

Il tapering nel 2021 può provocare un altro “taper tantrum”?

Rispetto al 2013, Jerome Powell ha cercato di disaccoppiare i colloqui sul tapering con gli aumenti dei tassi di interesse. Infatti, ha detto chiaramente che il tapering precederà qualsiasi considerazione di aumento dei tassi. Inoltre, il tapering non significa che il bilancio della Fed si ridurrà presto. Continuerà a crescere (anche se ad un ritmo più lento) fino al termine del tapering, continuando in questo modo a fornire uno stimolo all’economia. Da questo punto di vista, il tapering non dovrebbe essere un grande game-changer per il mercato obbligazionario.

Tuttavia, il tapering dà un segnale riguardo le future intenzioni politiche della banca centrale, influenzando i tassi di interesse a lungo termine. Le aspettative di politiche meno accomodanti possono stimolare un sell-off nella parte lunga della curva dei rendimenti prima ancora che la Federal Reserve inizi a contemplare la riduzione del suo bilancio.

È anche importante sottolineare che il tapering potrebbe essere introdotto nell’ultimo trimestre dell’anno, quando potremmo vedere il ”reflation trade” tornare in vita mentre la crescita e l’inflazione continuano ad essere sostenute.

In conclusione, potremmo non incorrere in un taper tantrum, come è successo nel 2013. Tuttavia, l’aumento dei rendimenti potrebbe essere spiegato dalla situazione macroeconomica e accelerato dalle intenzioni di politica monetaria della Fed.

Perché ridurre le dimensioni del bilancio della Fed può essere più problematico del tapering?

Il motivo – conclude l’esperto di BG Saxo – risiede nel fatto che l’aumento dell’offerta di asset sui mercati, a fronte di una domanda che rimane invariata, potrebbe provocare un aumento dei rendimenti, stringendo così le condizioni economiche. Dalla crisi finanziaria globale, la Federal Reserve ha deciso di ridurre lentamente il suo bilancio solo una volta da ottobre 2017 a settembre 2019. Tuttavia, non è finita bene. A metà settembre 2019, i tassi del mercato monetario hanno subito un’impennata   a causa della scadenza dell’imposta sulle società e dell’aumento dell’offerta di Treasury USA. La Federal Reserve ha dovuto annunciare un’operazione repo overnight per aggiungere riserve al sistema. Un mese dopo, la Fed ha dovuto reintrodurre il QE acquistando buoni del Tesoro al ritmo di 60 miliardi di dollari al mese. Ha continuato a farlo fino al secondo trimestre del 2020, quando è arrivato il Covid. Fattore che ha costretto la Fed ad intensificare ulteriormente le misure di stimolo.

Wall Street: falsa partenza per il Dow Jones. La settimana per la borsa Usa è negativa. Boom inflazione, prezzi produzione +8,3%

10/09/2021

Tentativo di recupero fallito per il Dow Jones che, dopo un avvio promettente, torna in territorio negativo. L’indice delle blue chip perde terreno per la quinta sessione consecutiva, azzerando i guadagni messi a segno nelle prime battute della seduta, superiori ai 200 punti.

Per la borsa Usa, l’esito della settimana è negativo: il Dow Jones ha sofferto la seconda settimana consecutiva di perdite, in flessione dell’1,5%; lo S&P 500 ha ceduto lo 0,9% su base settimanale, il Nasdaq Composite lo 0,5%.

Alle 16.20 circa ora italiana, il Dow Jones cede lo 0,16% a 34.825 punti circa; lo S&P 500 è piatto con una variazione pari a +0,05% a 4.494 punti, il Nasdaq è invece in rialzo dello 0,21% a quota 15.277.

Il Nasdaq ieri ha perso per la seconda sessione consecutiva, riportando una perdita per due sedute consecutive per la prima volta dalla metà di agosto.

Focus sulla pubblicazione del dato relativo all’inflazione Usa misurato dall’indice dei prezzi alla produzione che, nel mese di agosto, è volato dell’8,3% su base annua, riportando la crescita più forte da almeno il 2010. Su base mensile, l’accelerazione è stata dello 0,7%, al di sopra del +0,6% stimato dal consensus di Dow Jones.

L’indice dei prezzi al consumo, relativo al mese di agosto, sarà diffuso martedì prossimo. Attesa per il meeting del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, del prossimo 21 settembre: l’interrogativo è se arriverà in quell’occasione l’annuncio del tapering del piano di acquisti di asset.

Ieri la Bce di Christine Lagarde ha annunciato che ridurrà gli acquisti che effettua mensilmente con il bazooka monetario PEPP.

Tuttavia, Lagarde non ha voluto parlare di ‘tapering’ e si è limitata a dire che la banca centrale sta semplicemente “ricalibrando gli acquisti”.

In generale, gli analisti ritengono che sia la Fed che la Bce, nonostante il tapering, continueranno a rimanere dovish.

Dal fronte geopolitico, la notizia della conversazione tra Joe Biden e Xi Jiping, durata 90 minuti: i due presidenti si sono trovati concordi nel decidere di evitare che la competizione tra gli Stati Uniti e la Cina si traduca in un conflitto. Il primo colloquio in sette mesi tra il presidente americano e l’omologo cinese non è andato male, fattore che ha inizialmente rasserenato i mercati.

Permane tuttavia l’ansia legata alla diffusione della variante Delta. Oggi la Cnbc ha riportato quanto detto da Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, in occasione di un discorso tenuto all’inizio di questa settimana, nel corso di un evento organizzato dal the London School of Hygiene and Tropical Medicine.

Fauci ha lanciato un appello perché anche i bambini vengano vaccinati.

Le autorità sanitarie del Mississippi hanno annunciato ieri la morte di un bambino nello stato Usa (la settima in un mese) -, di età inferiore a 1 anno, a causa di complicazioni dovute al Covid, mentre sono otto le donne incinte che hanno perso la vita a causa del coronavirus a partire dal 1° agosto.

il board BCE di oggi dovrà decidere cosa fare dopo la fine del PEPP, ecco l’impatto sui nostri conti

Oggi si tiene il board della BCE, al quale i governatori centrali dovranno decidere il da farsi sugli stimoli monetari anche dopo il Covid

09 Settembre 2021 

Si tiene oggi il sesto board della BCE. E c’è tutta la sensazione che sarà una riunione di svolta per il Consiglio dei governatori, chiamati a decidere se e in quale misura ridurre gli acquisti di bond con il PEPP, dando vita al “tapering”. L’inflazione nell’Eurozona ad agosto è salita al 3%, massimo da 10 anni. E la crescita economica nel secondo trimestre è stata del 2,2% rispetto al trimestre precedente e del 14,3% su base annua. Considerando che ormai oltre il 60% della popolazione nell’area risulta completamente vaccinata contro il Covid, l’esigenza di mantenere intatto l’apparato degli stimoli monetari varato in piena emergenza appare obiettivamente venire meno.

In questi mesi, la BCE ha acquistato la media di 20 miliardi di bond a settimana con il PEPP, qualcosa come oltre 80 miliardi al mese. Il programma prevede fino a 1.850 miliardi da spendere entro marzo 2022. Non è detto che sarà sfruttato per intero. Ad ogni modo, la riduzione degli acquisti rischia di impattare negativamente sulle economie dell’Eurozona più indebitate, tra cui l’Italia. La minore domanda della BCE colpirebbe i prezzi dei titoli di stato di nuova emissione e ne farebbe salire i rendimenti, accrescendo i costi d’indebitamento.

Meno PEPP e più QE dal board BCE

Per ovviare al problema, il board BCE entro dicembre sarebbe chiamato ad annunciare l’aumento degli acquisti con il “quantitative easing”. Si tratta del programma monetario ordinario, fissato attualmente a 20 miliardi di euro al mese. Vi chiederete che senso abbia ridurre l’uno per aumentare l’altro. Non sarebbe solo un fatto di forma, bensì pure di sostanza. Il passaggio di testimone dal PEPP al QE segnalerebbe ai mercati la fine della pandemia, almeno nei suoi effetti più truci per le economie, ma al contempo anche la necessità di proseguire l’opera di sostegno all’inflazione per il medio-lungo termine.

Potenziare il QE significa in buona sostanza riconoscere che la reflazione in corso non intacchi le aspettative d’inflazione pluriennali e non preoccupi Francoforte. I “falchi” del board BCE avrebbero da ridire sul punto, guidati dalla Bundesbank. Ma verrebbero accontentati proprio dalla minore flessibilità del QE. Qui, gli acquisti devono essere ancorati alle dimensioni delle singole economie dell’area e non l’istituto non può detenere più di un terzo del debito sovrano di uno stato. Questa seconda condizione rischia di essere presto infranta da Germania e Olanda, dati i rispettivi bassi rapporti di indebitamento.

Gli analisti si aspettano che dopo il PEPP, le dimensioni del QE saranno portate a 40-60 miliardi mensili. E state ben certi che Francoforte calibrerà gli acquisti sulla base delle necessità previste degli stati. Insomma, continuerà a monetizzare i debiti, al fine di tenere sotto controllo i rendimenti. D’altronde, il QE è arrivato ad essere di 80 miliardi al mese sotto Mario Draghi. E non possiamo escludere che torni a quei livelli con la scusa che le stime d’inflazione per il futuro restino sotto il target.

Il tapering è qui, Bce lascia tassi interesse invariati ma ‘ritmo acquisti netti PEPP moderatamente inferiore rispetto ai due trimestri precedenti’

09/09/2021

La Bce ha annunciato di aver confermato i tassi di interesse dell’area euro, annunciando tuttavia che il Consiglio direttivo della Bce, “sulla base di una valutazione congiunta delle condizioni di finanziamento e delle prospettive di inflazione ritiene che possano essere mantenute condizioni di finanziamento favorevoli con un ritmo degli acquisti netti di attività nel quadro del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP) moderatamente inferiore rispetto ai due trimestri precedenti”.

Fed, Beige Book: crescita economia rallenta, inflazione sale. In metà distretti forti pressioni

09/09/2021

L’economia degli Stati Uniti ha sofferto un rallentamento, che ha portato il suo tasso di crescita a indebolirsi lievemente a “un ritmo moderato”. E’ quanto emerge dal Beige Book, il rapporto sulle condizioni economiche degli Stati Uniti che la Fed pubblica otto volte l’anno e la cui ultima edizione si riferisce ai mesi di luglio e agosto.

Il rallentamento è stato attribuito ai timori legati alla situazione sanitaria in Usa, legati alla diffusione della variante Delta.

“La decelerazione dell’attività economica è da attribuire in gran parte alle al dietrofront nei viaggi, nelle uscite fuori a cena, nel turismo, che ha colpito la maggior parte dei distretti, e che ha rispecchiato i timori sulla sicurezza dovuti all’aumento dei casi della variante Delta e, in alcuni casi, a restrizioni internazionali ai viaggi”, si legge nel report.

Allo stesso tempo, riguardo all’inflazione, il Beige Book ha confermato che le aziende americane stanno facendo fronte a un aumento dei costi, aggravato dalla carenza delle materie prime e dei beni di produzione; in molte aree, secondo la Federal Reserve, le aziende saranno probabilmente costrette a riversare l’aumento dei costi sui consumatori.

Dal rapporto della Fed è emerso che, in generale, l’inflazione “è solida a un ritmo elevato”: la metà dei 12 distretti esaminati dalla banca centrale ha indicato una “forte” pressione e l’altra metà che ha parlato di pressioni “moderate”.

Tuttavia, i dettagli del rapporto mostrano che il problema dell’inflazione sta aumentando. Il parametro dell’inflazione preferito dalla Fed ha segnato un rialzo del 3,6% nel mese di luglio, e diversi altri indicatori hanno riportato una crescita ancora più elevata.

Columbia: cosa aspettarsi dalla riunione Bce di domani

Secondo Adrian Hilton (Columbia Threadneedle Investments) anche se il ritmo degli acquisti di titoli della Bce verrà ridotto, sarà sempre una protezione contro un aumento significativo degli spread

Crescita e inflazione  di Leo Campagna  8 Settembre 2021 – 7:30

Pur rimanendo sostanzialmente in linea con le previsioni del mercato, ad agosto l’inflazione tedesca ha registrato un’ulteriore lieve accelerazione, portando la variazione su base annua dei prezzi al consumo al +3,9%, rispetto al +3,8% di luglio. L’inflazione armonizzata, quella calcolata da Eurostat per poter confrontare reciprocamente il carovita nei paesi appartenenti all’Unione Europea, ha registrato una variazione pari a +0,1%, portando la variazione annua al +3,4%, in rialzo rispetto al +3,1% del mese precedente.

RIDURRE IL RITMO DEGLI ACQUISTI DI OBBLIGAZIONI

“Se a questi dati si aggiungono le dichiarazioni di alcuni falchi del consiglio della Banca centrale europea (Holzmann, Weidmann), non si può escludere che venga deciso di ridurre il ritmo degli acquisti di obbligazioni se la Bce vuole evitare di utilizzare l’intera dotazione del PEPP molto prima della data prevista per la fine del programma” riferisce Adrian Hilton, Head of Global Rates and Emerging Market Debt di Columbia Threadneedle Investments.

LE CONDIZIONI APPAIONO MOLTO PIÙ FAVOREVOLI DI SEI MESI FA

D’altra parte, fa notare il manager, deciderlo nel meeting di domani appare ragionevole. Il ritmo degli acquisti è stato incrementato a marzo per contrastare un inasprimento indesiderato delle condizioni di finanziamento nella zona euro. “È vero che le voci del sentiment dei falchi nell’ultima settimana ha contribuito a un leggero aumento dei rendimenti nelle ultime settimane (il tasso dei Bund decennali è passato dal -0,485% di metà agosto all’attuale -0,369%), ma le condizioni appaiono molto più favorevoli di sei mesi fa” spiega Hilton.

REVISIONI AL RIALZO DI CRESCITA E INFLAZIONE

Inoltre, come sottolinea il manager di Columbia Threadneedle Investments, in questo meeting è molto probabile che la Banca centrale europea presenti alcune revisioni al rialzo delle sue previsioni di crescita e di inflazione, il che aiuterebbe a spiegare la decisione di ridurre il ritmo di acquisto di titoli sul mercato. Questo, tuttavia, non significa un disimpegno della Bce a sostenere le condizioni di finanziamento favorevoli nella zona euro.

IL RUOLO CRUCIALE DELLA FORWARD GUIDANCE

“Il ruolo cruciale della forward guidance e la permanenza del Qe (programma di acquisto di titoli da parte della Banca centrale europea) come parte dello strumentario politico rendono molto probabile che il PEPP (programma di acquisto per affrontare l’emergenza del Covid-19) venga esteso oltre marzo. Riteniamo tuttavia prematuro sia un annuncio della Bce in questo meeting, e sia che l’APP (Expanded Asset Purchase Program, la definizione tecnica del Quantitiative Easing) venga potenziato e ampliato al punto da permettergli di assumersi più peso politico”, puntualizza Hilton.

IL RISCHIO CHIAVE DELL’ESISTO DELLE ELEZIONI TEDESCHE

Dal punto di vista del mercato obbligazionario, il manager, pur prevedendo movimenti dei rendimenti dei titoli di Stato europei all’interno di intervalli abbastanza stretti nei prossimi mesi, segnala un rischio chiave: l’esito delle elezioni tedesche. “Nel nostro scenario base non si ipotizza la formazione di un governo di coalizione di sinistra che prometta una politica fiscale permanentemente più espansiva o che cerchi di sfidare il “freno al debito” costituzionale tedesco. Un contesto che potrebbe spingere al rialzo i rendimenti” afferma l’Head of Global Rates and Emerging Market Debt di Columbia Threadneedle Investments.

UNA PROTEZIONE CONTRO UN AUMENTO SIGNIFICATIVO DEGLI SPREAD

In conclusione, Hilton ritiene che l’impegno della Bce a mantenere condizioni di finanziamento favorevoli in tutta l’Eurozona, anche se il ritmo degli acquisti di PEPP sarà ridotto, continuerà a rappresentare una protezione contro un aumento significativo degli spread, una condizione peraltro cruciale per i paesi più indebitati.

Il lavoro della Federal Reserve si complica dopo i dati sull’occupazione negli USA ad agosto

Il mercato del lavoro negli USA cresce ai minimi da mesi e invia segnali contrastanti alla Federal Reserve, stretta tra opposti timori.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 06 Settembre 2021 alle ore 07:57

Sono stati assai deludenti i dati sui posti di lavoro non agricoli negli USA ad agosto. Secondo il Dipartimento del Lavoro, risultano cresciuti di 235.000 unità, ai minimi da sette mesi. Un sondaggio Bloomberg aveva stimato una crescita media di 733.000. Sempre ad agosto, infatti, i lavoratori americani che non hanno potuto lavorare a seguito della pandemia sono lievitati a 5,6 milioni dai 5,2 milioni di luglio. Ad ogni modo, tasso di disoccupazione giù dal 5,4% al 5,2%.

Non è finita, però. Contro un consensus Reuters del +4%, i salari orari sono cresciuti del 4,3% e le ore settimanali lavorate sono scese da 34,8 a 34,7. Dopo un iniziale ribasso, il rendimento a 10 anni del Treasury è salito ben sopra l’1,30%. E’ il segno che il mercato abbia inteso la pubblicazione dei dati come complessivamente uno stimolo per la Federal Reserve ad avviare il “tapering”, cioè a ridurre gli stimoli monetari.

I dati sul lavoro USA complicano la vita alla FED

In realtà, la fotografia che emerge da questi numeri complica il lavoro del governatore Jerome Powell. Da un lato, gli effetti della pandemia sull’occupazione risultano più seri di quanto già previsto; dall’altro, l’inflazione potrebbe continuare a correre se è vero che i salari stanno accelerando a ritmi superiori alle attese. Dunque, si evince che il mercato del lavoro resti ben al di sotto dei livelli pre-Covid, con 5,3 milioni di posti in meno. Contemporaneamente, però, il rischio inflazione s’intensifica.

Powell dovrebbe sia mantenere espansiva la politica monetaria per sostenere la crescita economica, sia avviarne la normalizzazione per evitarne l’eccessivo surriscaldamento. In sostanza, segnali contrastanti e probabilmente destinati ad acuirsi nei prossimi mesi, non solo negli USA. La pandemia sta facendo rimanere a casa milioni di lavoratori, che mancano negli stabilimenti non producono la quantità richiesta dai consumatori di beni e servizi.Peraltro, gli stimoli fiscali molto generosi sarebbero dietro a questo paradosso: le restrizioni anti-Covid stanno venendo meno, per cui la gente è tornata grosso modo libera di muoversi e comprare, mentre molte famiglie preferiscono ricevere il sussidio, anziché tornare in fabbrica.

Il resto lo stanno facendo le interruzioni delle catene di produzione, spesso per mancanza di materie prime come i chip per l’industria elettronica, delle auto, degli elettrodomestici e delle energie alternative. Negli USA, l’inflazione è già salita al 5,4% e nell’Eurozona al 3%. Le banche centrali iniziano a temere di non poter fingere di girarsi dall’altra parte ancora a lungo. Ma senza stimoli monetari, le economie rischiano una debacle con l’accumulo di debiti che diverrebbero più onerosi da rifinanziare.

Sboom payrolls non scuote Wall Street, indici giù di poco. Tapering Fed slitta?

03/09/2021

La cocente delusione dal mercato del lavoro statunitense porta vendite su Wall Street, seppur contenute. Il Dow Jones cede lo 0,3% a 35.33 punti, -0,2% per lo S&P 500 e -0,1% per il Nasdaq. Tra i singoli titoli tengono bene le Big Tech con Apple a -0,03%.

Nel mese di agosto negli Usa sono stati creati 235.000 nuovi posti di lavoro, peggio delle stime. Gli economisti intervistati da Bloomberg avevano previsto una creazione di 750.000 nuovi posti di lavoro dai +943.000 di luglio. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 5,4% al 5,2%, in linea con le attese.

Le non farm payrolls ad agosto hanno subito un brusco rallentamento poiché l’aumento dei casi di Covid e dei ricoveri ha reso i consumatori e le imprese più cauti. “L’effetto più positivo è che i fondamentali sottostanti sono in buona forma con le aziende che desiderano chiaramente assumere, ma stanno lottando per trovare personale. In ogni caso, un tapering della Fed di settembre sembra improbabile adesso”, asserisce James Knightley, capo economista internazionale di Ing, che invece vede buone possibilità di una mossa a novembre.

Goldman vede trend strutturale debole del dollaro nonostante la Fed

Ormai il tapering in arrivo della banca centrale USA è prezzato, mentre il mercato si focalizza sulla tempistica del futuro possibile rialzo dei tassi e sulle conseguenze per il dollaro rispetto alle valute del G10

Tapering in arrivo  di Virgilio Chelli  4 Settembre 2021 – 10:00

Ora che il tapering della Fed è ormai prezzato, gli investitori guardano a dati e indicazioni della banca centrale per quanto riguarda invece il rialzo dei tassi e l’impatto sul mercato valutario e in particolare l’andamento possibile del dollaro rispetto alle altre monete del G10. A questo scopo, si può usare un modello ciclico a breve termine, oppure un modello fattoriale. Nel caso che la Fed decidesse di alzare I tassi di 50 punti base entro fine del 2024, a parità di alter condizioni, il dollaro dovrebbe apprezzarsi di circa il 2,5-4% rispetto alle altre valute del G10.

LA FED DOVREBBE RESTARE COLOMBA

Lo ipotizza una Economic Research di Goldman Sachs firmata da Karen Reichgott Fishman e Zach Pandl, che tuttavia mantengono l’aspettativa di una Fed che resta ‘colomba’, il che, insieme all’attuale valutazione elevata del dollaro e alla ripresa globale in atto, punta a una debolezza strutturale del biglietto verde, che rappresenta la view della stessa Goldman Sachs. Secondo gli esperti della grande casa, con l’ultima ondata di contagi del Covid che probabilmente ha toccato il picco, il dollaro può iniziare a indebolirsi sui principali cross, anche se ci vorrà tempo perché il mercato inizi a prezzare il prossimo possibile rialzo dei tassi della Fed.

GRADUALMENTE VERSO IL TAPERING

Tenendo conto delle dichiarazioni di Jay Powell al simposio di Jackson Hole, il tapering, vale a dire la riduzione degli acquisti di titoli della banca centrale, dovrebbe venir formalizzato come ‘in arrivo’ a partire dalla riunione del FOMC di settembre, da cui potrebbe uscire una specie di ‘preavviso’ di un inizio vero e proprio in occasione del FOMC di novembre, che verrebbe implementato a partire da dicembre. Il percorso del possibile aumento dei tassi di interesse resta invece lontano, e sarà comunque dettato dai dati che provengono dal fronte economico, a cominciare da quelli su occupazione e inflazione.

POSSIBILE RIALZO DI 100-150 PUNTI BASE NEL 2024

In ogni caso il FOMC di settembre dovrà aggiornare il quadro delle aspettative macroeconomiche e produrre il consueto dot-plot, vale a dire le aspettative sui tassi a breve espresse dai diversi componenti dell’organo decisionale di politica monetaria. Gli esperti di Goldman non prevedono comunque un approccio aggressivo e si aspettano due possibili rialzi nel corso del 2024 per un totale cumulativo di 100 punti base, mentre una proiezione più aggressiva arriverebbe a 150 punti base da conseguire in quattro mosse sempre nel 2024.

DOLLARO SOSTANZIALMENTE DEBOLE IN PROSPETTIVA

In entrambi i casi il rialzo non implicherebbe un apprezzamento particolarmente sensibile del dollaro rispetto alle principali valute, in uno scenario a cui concorrono comunque una molteplicità di fattori, che inducono Goldman a mantenere comunque la visione di un dollaro in prospettiva sostanzialmente debole. Tra questi gli esperti di Goldman Sachs ne citano soprattutto due, il fatto che la Fed potrà permettersi di aspettare grazie al rallentamento della crescita e al rientro dell’inflazione, e che l’atteso scenario pro-ciclico dei mercati globali di solito coincide con un dollaro meno forte.

Usa: variante Delta azzoppa crescita occupazione ad agosto, posti lavoro creati meno di 1/3 di quelli attesi. Fed di Powell posticiperà tapering?

03/09/2021

Shock dal report occupazionale Usa di agosto, comunicato oggi: la delusione è grande, per non dire enorme. Dal dato diramato dal dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti è emerso che, ad agosto, l’economia americana ha creato appena 235.000 nuovi posti di lavoro, molto peggio delle stime.

Gli economisti intervistati da Dow Jones avevano previsto una creazione pari praticamente al triplo, ovvero di 720.000 nuove buste paga.

Il tasso di disoccupazione Usa è sceso invece dal 5,4% al 5,2%, in linea con le attese.

La creazione dei nuovi posti di lavoro è stata la più bassa dal gennaio del 2021 e ha fatto seguito al boom di luglio, pari a +1,053 milioni di buste paga (dato rivisto al rialzo dal rialzo di 943.000 nuovi occupati inizialmente resi noti.

Gli analisti di Bloomberg hanno commentato così il report:

“La decelerazione delle assunzioni riflette probabillmente sia la crescita dei timori per la veloce diffusione della variante Delta del Covid-19, sia le difficoltà (delle aziende) nel reclutare i profili di cui hanno bisogno”.

Tra le altre voci, la partecipazione alla forza lavoro, che è rimasta praticamente piatta, al 61,7%, deludendo il 61,8% previsto dal consensus.

Attenzione inoltre ai salari, che hanno accelerato il passo, in crescita di ben il 4,3% su base annua e dello 0,6% su base mensile, ben oltre le attese, pari rispettivamente a +4% e +0,3%.

La conferma del rialzo dell’inflazione e della debolezza nell’occupazione sembra suonare il campanello di allarme della stagflazione, ovvero di quella situazione in cui la crescita del Pil rimane anemica a fronte di una escalation dei prezzi. Certo non si può parlare affatto di crescita anemica del Pil negli Usa: questo non impedisce tuttavia a qualche economista pessimista di interrogarsi sulla sostenibilità della ripresa.

Detto questo, l’occupazione non è messa poi così male, in generale, se si considera la revisione al rialzo dei posti di lavoro creati a luglio, che hanno superato la soglia di un milione, a cui si è unito anche l’upgrade del numero di giugno, con le buste paga riviste al rialzo a +962.000 unità, rispetto alle 938.000 unità rese note due mesi fa.

Ma un altro dato di fatto è che l’occupazione rimane ben al di sotto, in generale, dei livelli precedenti l’esplosione della pandemia Covid, visto che la forza lavoro complessiva è inferiore rispetto a quel periodo di tempo di 2,9 milioni di unità.

Il dato ripropone il dilemma del tapering da parte della Fed. Dall’attesissimo discorso proferito dal presidente della Federal Reserve Jerome Powell in occasione del simposio di Jackson Hole erano emerse indicazioni dovish.

Mercati post dato Usa: Wall Street giù ma non di tanto, fiammata euro oltre $1,19

Con la pubblicazione del report occupazionale, ora qualche economista mette in dubbio che il tapering possa essere annunciato secondo i desiderata di Powell, ovvero entro la fine dell’anno.

Le aspettative di una Fed ancora dovish non bastano però a tranquillizzare gli investitori, con Wall Street che viaggia in ribasso dopo il dato, anche se non più di tanto, proprio per l’assist QE che si prevede durerà ancora moltol’euro è arrivato a salire fino a $1,1906, in crescita dello 0,60%, estendendo i rialzi già incassati nei giorni scorsi in attesa di un annuncio del tapering anche da parte della Bce; il rialzo dell’inflazione misurata dai salari viene allo stesso tempo prezzato dai Treasuries Usa, con i tassi decennali che salgono all’1,329% e i trentennali che avanzano all’1,95%.

“Il rapporto di oggi riflette un forte dietrofront della crescita dell’occupazione, probabilmente a causa dell’impatto della variante Delta sull’economia Usa, sebbene agosto sia un mese anche notoriamente difficile da monitorare in modo accurato, a causa delle vacanze estive“, ha fatto notare Tony Bedikian, responsabile dei mercati globali presso Citizens.

E da ING è arrivato il commento di James Knightley, responsabile economista internazionale, che ha ricordato quanto emerso dalla Federazione nazionale Usa delle aziende indipendenti, ovvero dalla (NFIB) :

Dai dati è risultato che le aziende vogliono assumere, ma che semplicemente non ci sono lavoratori disponibili: è per questo che i salari crescono. Di conseguenza, nel caso in cui i casi di Covid dovessero scendere nelle prossime settimane e, altro fattore importante, l’offerta di lavoro aumentare, potremmo assistere a una riaccelerazione significativa della creazione dell’occupazione”.

In tutto questo, l’economista di ING ha messo in evidenza che, “riguardo al tapering della Fed, il presidente Powell rimane più cauto rispetto a molti suoi colleghi, a causa del riaffacciarsi del Covid che lo porta, come ha detto intervenendo al simposio di Jackon Hole, a rimanere sull’attenti verso “quelle manovre che possono essere lanciate nei momenti sbagliati”.

Tra le altre frasi chiave di Powell – si legge nel report di ING – quella che afferma che “c’è ancora molta strada da fare per raggiungere la piena occupazione” prima che la Fed possa dire che la condizione di “un ulteriore progresso significativo” sia stata soddisfatta”.

Knightley ha puntualizzato che “l’occupazione Usa rimane al di sotto di 5,33 milioni rispetto al picco raggiunto nel febbraio del 2020: di conseguenza, molto probabilmente questo fattore zavorrerà l’entusiasmo di diversi presidenti dei distretti della Fed su un annuncio (del tapering) che veniva dato a settembre”.

ING ritiene che il report di oggi avalli l’outlook di “un annuncio che arrivi piuttosto a novembre, con l’inizio della riduzione degli acquisti di asset (che avviene al momento per $120 miliardi al mese) che potrebbe partire a dicembre”.

AllianceBernstein: ecco perché le banche centrali stanno aprendo all’inflazione

AllianceBernstein ritiene che gli obiettivi sempre più ampi delle politiche monetarie e la tolleranza sul crescente livello dei debiti pubblici stiano preparando il terreno all’arrivo di una nuova era inflazionistica

Politica monetaria  di Virgilio Chelli  3 Settembre 2021 – 7:50

Già lo scorso anno AllianceBernstein aveva maturato la convinzione che il mondo stia per entrare in una nuova era inflazionistica, in parte perché il Covid-19 ha spinto ulteriormente il debito governativo oltre il punto di non ritorno, e in parte per la velocità con cui sono stati messi in campo l’attivismo fiscale e il finanziamento semi-monetario. Gli esperti della grande casa d’investimento si dicono inoltre colpiti dal consensus che si sta formando intorno all’idea che l’indebitamento non sia più così importante: i policymaker in USA ed Europa hanno sostenuto enormi pacchetti di stimolo, indipendentemente dai limiti di spesa o dai divieti ai finanziamenti monetari, mentre la politica monetaria e quella fiscale sono sempre più integrate tra loro.

I NUOVI OBIETTIVI DELLE BANCHE CENTRALI

Darren Williams, Director—Global Economic Research, e Guy Bruten Chief Economist—Asia-Pacific, di AllianceBernstein, ritengono per questo che i nuovi obiettivi che si pongono le banche centrali aprano le porte al ritorno dell’inflazione. Le banche centrali si trovano a dover gestire numerose sfide, come disuguaglianza, cambiamento climatico e gestione del debito, e gli esperti di AllianceBernstein si chiedono tenere sotto controllo l’inflazione rimarrà ancora l’obiettivo primario, per rispondere che, con l’evolversi delle priorità, l’inflazione è destinata a muoversi nettamente al rialzo. Fino a poco fa il compito delle banche era mantenere la stabilità dei prezzi, ma oggi sono state coinvolte su molti fronti, e se l’inflazione diverrà solamente uno dei tanti obiettivi, c’è il rischio che venga messo da parte per focalizzarsi su tematiche più pressanti.

POCHI PRECEDENTI STORICI

Williams e Bruten sottolineano che la pandemia ha già obbligato le banche centrali ad ampliare i mandati, mentre per i governi non sarebbe stato possibile sostenere le economie lasciando che il debito raggiungesse i massimi storici senza l’aiuto dell’espansione dei bilanci e degli acquisti delle banche centrali. Nei Paesi sviluppati la maggior parte continua a porsi un target di inflazione circa al 2%, ma sembra stiano già iniziando a distogliere l’attenzione dall’obiettivo. Quasi mai nella storia fasi di inflazione elevata hanno preso le mosse da un tentativo esplicito di spingere i prezzi al rialzo, mentre di solito è salita in maniera indiretta mentre i policymaker perseguivano altri obiettivi. AllianceBernstein si aspetta che nei prossimi anni avvenga lo stesso, perché nuovi temi, come cambiamento climatico e populismo, potrebbero spingere la politica verso una direzione che, nel tempo, genererebbe un aumento dell’inflazione, che sarà ritenuto un prezzo accettabile.

LA LEZIONE DI KEYNES

Secondo gli esperti di AllianceBernstein, oggi i governi stanno affrontando difficoltà enormi, forse anche esistenziali, ed è difficile pensare che il regime inflazionistico nel prossimo decennio rimarrà invariato. Quando all’inizio degli anni Venti scriveva dell’inflazione galoppante che aveva spazzato via i risparmi in tutta Europa, John Maynard Keynes ha avvertito di non considerare le esperienze recenti “parte del tessuto sociale permanente”, né tralasciare il “monito delle sventure passate”.

SEMPRE UNA SCELTA POLITICA

Negli anni Sessanta, ricordano ancora gli esperti di AllianceBernstein, il leader della controrivoluzione monetarista Milton Friedman affermava al contrario che “l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”, ma questo è invece solo un aspetto. È fondamentale, concludono Williams e Buten, anche il regime politico che consente la creazione di queste condizioni monetarie. E per questo ritengono più corretto affermare che l’inflazione è sempre e dovunque una scelta politica: dopo tutto, non siamo forse convinti che l’inflazione al 4,0% sia un piccolo prezzo da pagare per salvare il pianeta?

REVERSE REPO… COUNTDOWN!

Scritto il 2 Settembre 2021 alle 11:07 da icebergfinanza

In questi ultimi 2 giorni, molti sono i segnali che preannunciano uno spettacolare tramonto all’orizzonte.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd192aWRlb19wb3J0YWxzXzEyMzU2Ijp7ImJ1Y2tldCI6ImxvZ28iLCJ2ZXJzaW9uIjo0fX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1432693644969062401&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F09%2F02%2Freverse-repo-countdown%2F&sessionId=3c9448a19cfe0d8d88ef75f58ec2b6dd87f6ace3&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

La contrazione del Pil canadese non dovrebbe lasciare indifferenti, il Pil è andato inaspettatamente negativo per il secondo trimestre a seguito di enormi revisioni negative mensili.

L’istituto Statistics Canada ha dichiarato martedì che il prodotto interno lordo si è contratto a un tasso annualizzato dell’1,1% nel secondo trimestre, mancando le aspettative per un’espansione del 2,5% in un sondaggio di Bloomberg

I dati includevano sostanziali revisioni al ribasso per i due mesi durante i quali gran parte del paese era in isolamento per contenere Covid-19, ma non includeva dettagli sulla causa dei cambiamenti, che hanno portato alla riduzione della produzione nei settori dei servizi colpiti dalla crisi.

Stesso problema per l’Australia…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd192aWRlb19wb3J0YWxzXzEyMzU2Ijp7ImJ1Y2tldCI6ImxvZ28iLCJ2ZXJzaW9uIjo0fX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1433013028073742337&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F09%2F02%2Freverse-repo-countdown%2F&sessionId=3c9448a19cfe0d8d88ef75f58ec2b6dd87f6ace3&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Ieri sono usciti una serie di dati in America, che perlomeno suggeriscono prudenza, in attesa della salute del mercato del lavoro attesa in uscita per domani, anche se spesso i dati della Adp sono poco attendibili.

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Negli ultimi 2 mesi i dati del BLS, come potete vedere nel grafico qui  sopra, hanno suggerito un mercato del lavoro molto più in forma di come viene dipinto nel settore dei servizi privati, visto che la Adp non rileva l’occupazione statale.

Anche ieri il dato era ampiamente sotto le previsioni dei soliti economisti di maniera.

Ciò che conta è che anche il riferimento all’occupazione dell’indice manifatturiero ISM suggerisce cautela, visto che è tornato nuovamente a segnalare contrazione e questo spesso e volentieri non sbaglia quasi mai e indirizza il dato di domani.

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Ma occupiamoci ora di Europa, visto che gli ultimi dati sull’inflazione che corrispondono al picco, hanno messo in agitazione i soliti nipotini della Repubblica di Weimar…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd192aWRlb19wb3J0YWxzXzEyMzU2Ijp7ImJ1Y2tldCI6ImxvZ28iLCJ2ZXJzaW9uIjo0fX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1432672829758128131&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F09%2F02%2Freverse-repo-countdown%2F&sessionId=3c9448a19cfe0d8d88ef75f58ec2b6dd87f6ace3&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Esplodono al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato europei, soprattutto quelli dei nostri BTP come se domani arrivasse la fine del mondo. In realtà non è successo nulla di particolare, i movimenti sono stati insignificanti, chi è intelligente sa che la ECB è in trappola come la Fed, non hanno scampo non potranno mai alzare i tassi o ridurre oltri certi limiti gli acquisti.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-3&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd192aWRlb19wb3J0YWxzXzEyMzU2Ijp7ImJ1Y2tldCI6ImxvZ28iLCJ2ZXJzaW9uIjo0fX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1404818641531588617&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F09%2F02%2Freverse-repo-countdown%2F&sessionId=3c9448a19cfe0d8d88ef75f58ec2b6dd87f6ace3&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Giusto per non smentirsi continua la strepitosa seria al rialzo dei REVERSE REPO, un record dietro l’altro senza fine…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-4&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd192aWRlb19wb3J0YWxzXzEyMzU2Ijp7ImJ1Y2tldCI6ImxvZ28iLCJ2ZXJzaW9uIjo0fX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1432806124365959170&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F09%2F02%2Freverse-repo-countdown%2F&sessionId=3c9448a19cfe0d8d88ef75f58ec2b6dd87f6ace3&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Negli ultimi giorni sempre più evidenti le crepe nel mercato monetario con il tasso effettivo sceso allo 0,08%, con una sensibile riduzione delle emissioni da parte del Tesoro USA che creano problemi di collaterale disponibile sul mercato, come vi abbiamo raccontato nei dettagli nell’ultimo manoscritto.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-5&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd192aWRlb19wb3J0YWxzXzEyMzU2Ijp7ImJ1Y2tldCI6ImxvZ28iLCJ2ZXJzaW9uIjo0fX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1433353118100738048&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F09%2F02%2Freverse-repo-countdown%2F&sessionId=3c9448a19cfe0d8d88ef75f58ec2b6dd87f6ace3&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Il limite minimo della Federal Reserve per i mercati dei finanziamenti overnight si sta dimostrando incapace di reggere il diluvio di liquidità.

I titoli del mercato monetario che vanno dai buoni del Tesoro agli accordi di riacquisto continuano a essere scambiati al di sotto dello 0,05%, il tasso di offerta sulla struttura di pronti contro termine inversa overnight, che dovrebbe fungere da pavimento per il front-end. La Fed nella riunione di giugno aveva alzato il tasso di cinque punti base per aiutare a sostenere il buon funzionamento dei mercati dei finanziamenti a breve termine.

Una pressione al ribasso, davvero pericolosa per l’intero mercato dei fondi monetari, come abbiamo visto all’inizio di agosto.Un certo numero di aziende, tra cui Vanguard Group, ha chiuso i principali fondi del mercato monetario lo scorso anno dopo aver lottato per coprire i costi operativi in ​​un ambiente a basso tasso di interesse.

Come abbiamo suggerito nei prossimi mesi nuovi record nei reverse repo, porteranno a cali nei rendimenti a lungo termine.

Il dollaro inoltre, come vedremo nel prossimo Machiavelli, è vicino alla svolta definitiva.

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

Debito a stelle e strisce: la questione del tetto torna ad agitare gli investitori

02/09/2021

Mentre il Congresso americano fa progressi sulla legislazione sulle infrastrutture, è il tetto del debito USA  ad essere motivo di preoccupazione per gli investitori.

Il tetto del debito rappresenta il limite di quanto debito gli Stati Uniti possono emettere per pagare le spese precedenti e future. Essendo stato sospeso dall’agosto 2019 fino al 31 luglio 2021 dovrà essere alzato a ottobre o novembre, quando il Tesoro degli Stati Uniti probabilmente esaurirà le “misure straordinarie” per finanziare le attività del governo. Anche se è opinione diffusa che, naturalmente, il Congresso alzerà il tetto del debito – non farlo sarebbe quasi impensabile e danneggerebbe politicamente i democratici – la strategia per attuarlo rimane oscura nella migliore delle ipotesi, il che potrebbe agitare i mercati finanziari e potrebbe accrescere le possibilità di un errore politico.

Le implicazioni sui mercati di un tetto del debito vincolante

Secondo Libby Cantrill, Head of Public Policy di PIMCO, i mercati sono apparsi finora ottimisti circa le prospettive di evitare un evento dirompente in merito al tetto del debito questo autunno. Tuttavia, una lezione dai precedenti episodi è che non si può fare affidamento sui mercati come indicatore di allarme preventivo.

Le implicazioni di mercato di un tetto del debito vincolante sono complicate continua l’esperto e siccome il Tesoro dovrebbe ridurre i saldi di cassa con l’avvicinarsi del tetto, è probabile che attinga ai titoli. Questo calo dell’offerta potrebbe causare un calo dei rendimenti dei titoli di stato – una mossa controintuitiva. Una fuga verso la sicurezza dei titoli di stato derivante dalla più ampia avversione al rischio del mercato potrebbe spingere ulteriormente verso il basso i rendimenti.

“A nostro avviso sarebbe un errore per gli investitori presumere che non ci sarebbero grandi implicazioni di mercato se il Congresso non riuscisse ad affrontare il tema del tetto del debito questa volta. Come abbiamo osservato sia a settembre 2019 che a marzo 2020, la liquidità del mercato dei finanziamenti è fondamentale per il suo funzionamento, e la sicurezza percepita del debito pubblico statunitense ne è il fondamento. Pertanto, è importante non interpretare erroneamente la calma e la pazienza esemplificate nelle attuali condizioni di mercato come uno stato di diminuzione dei rischi. Invece, gli investitori dovrebbero tenere gli occhi aperti nei riguardi di sacche di volatilità mentre ci dirigiamo verso la fine del 2021” conclude  Cantrill.

In un articolo del 22-10-2020 ci si chiedeva quale sarebbe stato il Market Mover del 2021 visto il “tramonto” del Covid19

https://solofinanzaindipendente.wordpress.com/2020/10/22/2-0-2-1-lanno-del-bufalo-ma-doro/

Penso sia chiaro…da 6 mesi

‘Fed merita presidente più green e severo con mercati’. ‘Biden non lo riconfermi

’https://solofinanzaindipendente.wordpress.com/2021/05/19/calendario-fed-gli-incontri-del-2021/

Investing.com – La Federal Reserve ha confermato, con voto unanime, gli attuali tassi d’interesse sui Federal funds (0-0,25%) e il quantitative easing da 120 miliardi mensili, con le nuove proiezioni che invece mostrano due aumenti dei tassi nel 2023.

Tassi e acquisti obbligazionari rimarranno tali fino a quando non saranno stati compiuti “ulteriori progressi sostanziali verso l’obiettivo di massima occupazione” e fino a quando l’inflazione “non sarà aumentata al 2% ed è sulla buona strada per superare moderatamente il 2% per qualche tempo”.

In dettaglio, si legge nella nota della banca centrale, l’obiettivo del Fomc è quello di “raggiungere la massima occupazione” con inflazione “al tasso del 2% nel lungo periodo”. Il braccio esecutivo cercherà un ‘inflazione “moderatamente al di sopra del 2% per un po’ di tempo”, in modo tale che il tasso l’inflazione medio “resti del 2% nel tempo” così come “le aspettative di inflazione a lungo termine”.

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‘Fed merita presidente più green e severo con mercati’. La carica di Ocasio Cortez, Tlaib e Pressley contro Jerome Powell: ‘Biden non lo riconfermi’

31/08/2021

Sostituire Jerome Powell e far salire sullo scranno più alto della Federal Reserve un banchiere centrale più green e anche più severo con i mercati: è l’obiettivo della sinistra americana rappresentata dalle deputate Alexandria Ocasio-Cortez, Rashida Tlaib e Ayanna Pressley, che hanno chiesto ieri, ufficialmente, la testa di Jerome Powell, intensificando le pressioni sul presidente Usa Joe Biden.

Jerome Powell ha fatto il suo ingresso nella banca centrale nel 2012, quando è stato scelto dal presidente Barack Obama per un seggio del board della Fed. Successivamente, è diventato numero uno della Fed nel febbraio del 2018 con Donald Trump. Il suo mandato scade nel 2022.

Il rapporto tra Jerome Powell e Donald Trump, qualcuno ricorderà, è stato inizialmente molto tormentato, per le continue lamentele e continui attacchi del presidente americano, che inizialmente ha accusato il banchiere di essere troppo falco.

La pandemia Covid-19 e il pronto intervento della Fed hanno spento le polemiche, e al momento Powell gode di un ampio sostegno bipartisan, da parte repubblicana e democratica.

Non è invece amato sicuramente da Alexandria Ocasio-Cortez (AOC), che reputa che questo sia il momento giusto, in attesa della scadenza del mandato, per iniziare a pensare con chi sostituirlo.

Perchè? E’ tutto scritto nero su bianco in una lettera congiunta firmata da altre deputate come Rashida Tlaib, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato del Michigan e dall’afroamericana Ayanna Pressley, deputata per lo stato del Massachusetts. La lettera è stata pubblicata da POLITICO.

Il trio Ocasio-Cortez-Tlaib-Pressley è noto per rappresentare la sinistra radicale della politica americana. Così si legge nella nota:

“Mentre circola la notizia di una possibile rinomina del presidente della Federal Reserve Jerome Powell, chiediamo al presidente Biden di immaginare una Federal Reserve focalizzata sull’eliminazione dei rischi climatici e che si impegni a promuovere l’uguaglianza economica e razziale. Lanciamo un appello all’amministrazione Biden affinché sfrutti questa opportunità per nominare un nuovo presidente della Fed”.

Nella missiva il lavoro di Powell viene riconosciuto. Il banchiere “ha introdotto cambiamenti positivi” facendo sì che la banca centrale desse maggiore enfasi all’importanza di raggiungere la piena occupazione.

Tuttavia, le tre deputate hanno scritto chiaramente di desiderare per la presidenza della Fed un banchiere che sia più aggressivo nella regolamentazione dei mercati e nell’affrontare i cambiamenti climatici.

“Sotto la sua leadership (di Powell), la Federal Reserve ha fatto davvero molto poco per mitigare il rischio che i cambiamenti climatici comportano per il nostro sistema finanziario”, hanno scritto nella missiva Ocasio-Cortez (N.Y.), Tlaib (Mich.) e Pressley (Mass.), che siedono tutte nella Commissione dei Servizi Finanziari dell Camera Usa.

A firmare la lettera sono stati anche i deputati democratici Chuy García (D-Ill.), altro esponente della commissione, e Mondaire Jones (D-N.Y.)

Ocasio Cortez ha fatto parlare di sé soprattutto nel caso -e- caos GameStop, la meme stock che ha riportato all’inizio dell’anno guadagni stratosferici e non avallati da ragioni attinenti ai fondamentali. Alexandria Ocasio- Cortez ha cercato di capire in particolare il ruolo di Robinhood che, così come hanno fatto altri broker, nel momento in cui il caso GameStop ha iniziato ad esplodere, ha iniziato a imporre limitazioni alle operazioni di trading del titolo GameStop, così come al trading di altri titoli entrati nelle grazie dei Redditors, come AMC Entertainment, Koss, BlackBerry, Bed Bath & Beyond, Naked Brand Group e Nokia (tutti titoli shortati dai fondi).

Fidelity: la tolleranza della Fed sull’inflazione sarà messa alla prova

La grande casa continua prevedere che la banca centrale americana sarà cauta nel rientro dello stimolo e che il rialzo dei tassi sia molto lontano, ma l’inflazione sarà più persistente

31 Agosto 2021 – 14:02

Dopo l’atteso intervento di Jerome Powell al simposio di Jackson Hole, Fidelity International continua ad aspettarsi che la Federal Reserve sia cauta e misurata nel ridimensionare lo stimolo monetario, e vede un rialzo dei tassi ancora improbabile prima del 2023. Ma, in un’analisi sulla politica monetaria americana, afferma anche di credere che alcune forze inflazionistiche, tra cui gli aumenti salariali, probabilmente si dimostreranno più persistenti di quanto la Fed preveda attualmente. E poiché queste forze alimentano le aspettative di inflazione, il tasso reale potrebbe rimanere al di sopra dell’obiettivo più a lungo, mettendo alla prova la tolleranza di Powell al superamento del quadro di inflazione media flessibile.

POSIZIONAMENTO NEGATIVO SULLA DURATION

Ma prima che la visione transitoria venga messa in discussione, Fidelity si aspetta un modesto irripidimento della curva e rimane negativa sulla duration nelle decisioni tattiche di asset allocation, con una preferenza per le aree a più alto rendimento del mercato del credito. A Jackson Hole, il presidente della Fed ha inviato secondo Fidelity tre messaggi chiave. Il primo ha confermato che sono stati raggiunti “ulteriori progressi sostanziali” sull’inflazione e “chiari progressi” anche nel mercato del lavoro. Con la strada spianata per il tapering, la Fed potrebbe iniziare a ridurre i suoi acquisti di asset quest’anno.

TEMPISTICA DEL TAPERING SCOLLEGATA DAI TASSI

Il secondo è la sottolineatura che il picco di inflazione in corso è transitorio, pur riconoscendo la possibilità che l’aumento dei salari sposti verso l’alto in modo strutturale le aspettative. Infine il messaggio più forte di Powell: scollegare la tempistica del tapering da quella del rialzo dei tassi di interesse, arrivato dopo mesi di speculazioni di mercato sul potenziale legame tra le due decisioni. Tapering e tassi viaggeranno invece su due binari separati. I messaggi sulla tempistica del tapering sono stati limitati, e a meno di grandi sorprese sui dati, secondo Fidelity il FOMC di settembre sarà probabilmente usato per inviare il segnale iniziale, mentre l’annuncio formale su tempi e ritmo arriverà solo a novembre o dicembre.

AGGIUNTA FLESSIBILITÀ ALLE OPZIONI

Rompendo il legame tra il tapering e l’innalzamento dei tassi, secondo Fidelity, Powell ha aggiunto una certa flessibilità alle opzioni della Fed dopo la fine del tapering, il che sembra prudente non per la persistente incertezza sul Covid e il suo impatto sull’economia, ma anche per gli effetti incerti del tapering stesso sulle condizioni finanziarie generali. Disconnettere le due cose potrebbe anche aver unito i membri del Federal Open Market Committee, data la spaccatura tra i più falchi, pronti a iniziare il tapering quest’anno e a far salire i tassi nel 2022, e quelli più cauti che preferiscono aspettare.

LA TOLLERANZA DELLA FED SARÀ TESTATA

Riconoscendo esplicitamente due diversi livelli di controllo per tapering e il rialzo dei tassi, secondo Fidelity Powell ha fatto un passo avanti verso un ulteriore chiarimento del quadro di riferimento dell’inflazione media flessibile. Avendo superato le soglie d’inflazione e del mercato del lavoro per il tapering, la tolleranza per i progressi su entrambi i fronti sarà più alta quando si tratterà di aumentare i tassi. Ma quanta tolleranza la Fed può davvero permettersi, conclude Fidelity, dipenderà dal se, o piuttosto dal quando, la visione transitoria dell’inflazione sarà messa in discussione.

Inflazione: cosa conviene fare agli investitori per proteggere i loro portafogli

30/08/2021

A cura del Team Investimenti di Fineco Asset Management

L’accelerazione dell’inflazione, e se questa sia solo temporanea, rappresenta probabilmente il tema centrale per gestori, banchieri centrali e per chiunque debba fare scelte sui mercati nei prossimi anni.

La pandemia e la volontà di sostenere l’economia nella fase di ripresa hanno prodotto acquisti di bond e bassi tassi di interesse, in entrambi i casi su livelli mai visti: la durata di questo sostegno porta di conseguenza a farsi domande in merito all’inflazione e alla sua parabola da qui in avanti.

Le stesse banche centrali hanno ricalibrato i loro mandati nei confronti dell’elemento inflattivo, ritenendo che una inflazione più alta del livello obiettivo in certi periodi può considerarsi accettabile, se non addirittura incoraggiata. Le aspettative sull’inflazione sono certamente salite e i vari settori dell’economia si attendono un aumento dei prezzi.

Se le banche centrali non sono più percepite come guardiane del contenimento dell’inflazione, non sorprende che vi sia consenso circa futuri aumenti dei prezzi. Tuttavia, se è vero che le aspettative di una risalita dell’inflazione sono cresciute, storicamente queste non sono eccessivamente alte.

I banchieri centrali parlano di fenomeno transitorio, guidato dalla considerazione che sia un fattore di breve termine dovuto al brusco stop dell’attività economica nel 2020 e alla rapida ripresa del 2021.

Da una prospettiva più ampia osserviamo come più volte negli ultimi venti anni siano stati annunciati periodi di crescita inflattiva che non si sono poi materializzati, a tal punto che quanti si erano posizionati in risposta a questi allarmi sono rimasti delusi e hanno assorbito perdite.

Vi sono state diverse ragioni negli ultimi due decenni per i bassi livelli di inflazione, come l’import dalla Cina dove costo del lavoro e di produzione sono rimasti molto bassi e a lungo. Tuttavia questi argomenti sono oggi più deboli.

Anche il tema forte degli scettici sul ritorno dell’inflazione, la globalizzazione, non è più così convincente. Come si evince da Goodhart & Pradhan nel loro studio del 2007 ‘I fattori demografici ribalteranno tre trend globali pluridecennali’, queste forze ‘disinflattive’ erano già in recessione prima della pandemia.

Certamente più l’inflazione persiste, meno sarà facile definirla transitoria: in questo contesto le banche centrali devono giustificare politiche accomodanti e allo stesso tempo monitorare la persistenza dell’inflazione. Il vero problema per loro sarà contenere l’inflazione senza scontentare i mercati e strozzare la ripresa.

In questo contesto torneranno a fare quello che hanno sempre fatto, inizieranno a essere meno accomodanti, ma senza nessuna fretta e osservando ancora per mesi l’inflazione.

Oggi appare quindi importante per un investitore avere la giusta protezione contro l’inflazione nella costruzione del proprio portafoglio, sia, ad esempio, tramite azioni ‘value’, sino ad oggi trascurate dai mercati, che tollerino rialzi dei tassi, o con strumenti inflation-linked che facciano da scudo contro l’effetto corrosivo dell’inflazione.

Jackson Hole, Powell (Fed) tiene a bada i falchi: tapering entro fine anno, ma molta strada da fare prima di rialzo tassi

27/08/2021

Sia ben chiaro che il lancio di un eventuale tapering del QE da parte della Federal Reserve non implicherebbe un rialzo dei tassi immediatamente successivo. E’ quanto emerge dal discorso che il numero uno della Fed Jerome Powell ha proferito in occasione del simposio di Jackson Hole, che anche in questa edizione del 2021, per il secondo anno consecutivo, si tiene in forma virtuale, a causa della pandemia Covid-19.

E, come atteso da diversi analisti, Powell ha parlato proprio di Covid, o per la precisione di variante Delta, indicando da un lato che il tapering avverrà entro la fine di quest’anno, e sottolineando dall’altro lato l’importanza che la Fed non faccia una mossa al momento sbagliato nel rispondere a variazioni temporanee dell’economia, come quelle che si stanno manifestando quest’anno.

“Nel meeting recente di luglio del Fomc (il braccio di politica monetaria della Fed) sono stato dell’idea, così come la maggior parte dei partecipanti che, se l’economia fosse cresciuta ampiamente così come avevamo anticipato, sarebbe stato allora appropriato iniziare a ridurre il ritmo degli acquisti di asset (QE) quest’anno – ha detto il banchiere centrale – Il mese seguente ha confermato i maggiori progressi che sono stati compiuti (dall’economia), come dimostrato dal solido report occupazionale di luglio”.

Ma Powell ha ricordato anche che, dal mese di luglio, “c’è stata anche una maggiore diffusione della variante Delta”.

Di conseguenza, ha continuato, “monitoreremo attentamente i dati in arrivo e l’evolversi dei rischi” e, “anche dopo la fine dei nostri acquisti di asset, i nostri investimenti in strumenti finanziari di più lungo termine continueranno a supportare condizioni finanziarie accomodanti”.

Insomma, “il timing e il ritmo dell’imminente riduzione degli acquisti di asset (tapering) non rappresenteranno alcuna indicazione diretta del timing con cui i tassi di interesse saranno alzati”.

Riguardo ai tassi, infatti, ha spiegato il timoniere della banca centrale Usa, “abbiamo articolato un test diverso e molto più severo”.

Powell ha fatto notare che, sebbene il tasso di inflazione Usa si aggiri in modo solido attorno al target della Fed, pari al 2%, “abbiamo molta strada da fare per raggiungere la massima occupazione”, condizione sine qua non affinché i tassi sui fed funds possano tornare a essere alzati, dopo essere stati portati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25% in risposta all’esplosione della pandemia Covid-19, lo scorso anno

Jackson Hole, Powell: ‘monitoreremo attentamente dati in arrivo ed evolversi dei rischi’

27/08/2021

“Monitoreremo attentamente i dati in arrivo e l’evolversi dei rischi”. Così il presidente della Fed Jerome Powell, nel discorso sull’outlook dell’economia Usa, in occasione del meeting di Jackson Hole, che anche in questa edizione del 2021 si tiene in forma virtuale. “Le prospettive sono buone per compiere ulteriori progressi verso il target della massima occupazione”, ha aggiunto Powell.

Jackson Hole, Powell (Fed): da luglio più progressi nel lavoro, ma anche maggiore diffusione variante Delta

27/08/2021

“Dal mese di luglio ci sono stati più progressi nell’occupazione, ma c’è stata anche una maggiore diffusione della variante Delta”. Così il presidente della Fed Jerome Powell, nel discorso sull’outlook dell’economia Usa, in occasione del meeting di Jackson Hole, che anche in questa edizione del 2021 si tiene in forma virtuale.

“Negli ultimi mesi, l’outlook per il mercato del lavoro è migliorato in modo considerevole”, ha sottolineato il timoniere della banca centrale americana.

La Fed anticipa un tapering morbido entro l’anno, Wall Street reagisce bene

Jerome Powell nell’intervento al simposio di Jackson Hole ha scoperto con grande cautela le carte sul tapering: comincerà entro l’anno mentre di rialzo dei tassi non si parla neanche

Il discorso  di Virgilio Chelli  27 Agosto 2021 – 16:31

Nell’attesissimo intervento al simposio di Jackson Hole, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha indicato che la banca centrale dovrebbe cominciare a ridimensionare in parte lo stimolo monetario prima della fine dell’anno, anche se continua a vedere molto lontani nel tempo possibili rialzi dei tassi di interesse. Powell ha rilevato che l’economia ha raggiunto un livello al quale non necessita più molto sostegno da parte della politica monetaria, il che significa che la Fed dovrebbe iniziare a ridurre l’ammontare degli acquisti di titoli, che oggi viaggia al ritmo di 120 miliardi di dollari al mese, man mano che proseguono i progressi dell’economia.

IL TAPERING NON VUOL DIRE CHE I TASSI SALIRANNO

“La tempistica e il ritmo della futura riduzione degli acquisti di asset non è diretto a rappresentare un segnale diretto sulla tempistica del rialzo dei tassi”, ha sottolineato Powell lasciando intendere che una stretta monetaria vera e propria è ancora molto lontana nel tempo. I capo della Fed ha aggiunto che mentre l’inflazione è saldamente in linea con l’obiettivo del 2% fissato dalla Fed, c’è ancora molta strada da fare per raggiungere l’obiettivo della piena occupazione, confermando in questo modo che la banca centrale si muoverà con cautela e flessibilità per non compromettere l’obiettivo forse più importante in questa fase di uscita dalla crisi da pandemia.

EVITARE SOPRATTUTTO LA DISOCCUPAZIONE

Powell ha comunque insistito sul fatto che considera l’elevata inflazione attuale un fenomeno del tutto transitorio, spiegando nel dettaglio i motivi della sua analisi. In ogni caso il capo della Fed ha lasciato intendere che i dati su crescita, inflazione e occupazione verranno monitorati con grande attenzione, e che la Fed è pronta ad aggiustare il tiro in un senso o nell’altro se la situazione lo dovesse richiedere. In particolare, con un recupero ancora parziale del mercato del lavoro, quello che va evitato è un prolungato periodo di elevata disoccupazione, ha sottolineato Powell.

INDICI DI WALL STREET IN RIALZO, T-BOND TRANQUILLO

Le parole del capo della Fed sono piaciute a Wall Street, con i tre principali indici che si muovono in territorio positivo dopo le prime anticipazioni del suo intervento, mentre il rendimento del T-bond a 10 anni non registra particolari oscillazioni, mantenendosi poco sopra l’1,3%.

Wall Street: futures Usa in rialzo in attesa dato inflazione e discorso Powell in meeting Jackson Hole

27/08/2021

Wall Street attende il discorso di Jerome Powell, presidente della Fed, che sarà proferito finalmente oggi, venerdì 27 agosto, in occasione del simposio di Jackson Jole.

I futures sul Dow Jones salgono dello 0,22% circa, quelli sul Nasdaq dello 0,29%, quelli sullo S&P 500 fanno +0,26% in attesa della pubblicazione dell’indice core PCE, importante termometro dell’inflazione che sarà pubblicato proprio oggi, alle 14.30 ora italiana.

Euro-dollaro poco mosso, in rialzo dello 0,08% a $1,1761. Tassi Treasuries Usa a 10 anni piatti all’1,344%.

Powell è chiamato dai mercati a smorzare i toni decisamente hawkish che sono arrivati da alcuni esponenti della Fed, favorevoli al tapering del Quantitative easing.

Intervistato da Yahoo Finance, il presidente della Fed di Dallas Robert Kaplan si è detto convinto della resilienza dell’economia americana nei confronti della variante Delta. A suo avviso, ha dunque sottolineato,un rialzo dei tassi Usa nel 2022 sarebbe così appropriato.

In merito al tapering del QE, Kaplan ha sottolineato che gli acquisti degli asset che la Federal Reserve di Jerome Powell sta portando avanti con il suo programma di QE, per un valore di $120 miliardi al mese, hanno fatto il loro dovere e che ora non sono più adatti alla situazione.

Commenti hawkish anche da Esther George, presidente della Fed di Kansas che, in una intervista rilsciata alla Cnbc ha affermato che, “visti i progressi a cui abbiamo assistito”, la riduzione del programma di acquisti “è appropriata”.

Nessuna precisazione è arrivata tuttavia su quando il tapering dovrebbe iniziare. Ma, “guardando alla crescita dei posti di lavoro che è avvenuta lo scorso mese e ai livelli di inflazione in questo momento, credo che l’economia non abbia bisogno di un tale livello di stimoli (monetari)- ha puntualizzato George – Preferireo dunque parlare di tapering più prima che dopo”.

Le dichiarazioni dei falchi hanno depresso ieri il sentiment, insieme alla la notizia dell’attacco suicida all’aeroporto di Kabul, avvenuto ieri.

“Ai mercati non piace l’incertezza e l’incertezza in Afghanistan è alta e l’impressione è che stia aumentando”, ha commentato alla Cnbc Bob Doll, chief investment officer di Crossmark Global Investments.Gli attacchi kamikaze sarebbero stati due, compiuti dall’Isis.

Cresce tuttavia l’ansia per la variante Delta e per le conseguenze che potrebbe avcere sull’economia Usa.

I numeri snocciolati nelle ultime ore sui nuovi contagi da Covid-19 negli Stati Uniti sono i seguenti, in base ai dati del New York Times riportati dal sito Marketwatch.com.

Nell’ultima settimana che si è conclusa ieri, giovedì 26 agosto, la media giornaliera dei nuovi casi di Covid-19 è salita in Usa a 156.296 unità, in crescita del 24% rispetto a due settimane fa.

La media giornaliera dei decessi è aumentata a 1.233 unità, con un balzo del 100% in due settimane, e oltre quota 1000 per la prima volta da marzo.

La media giornaliera per le ospedalizzazioni è salita a 96.586, in rialzo del 29% nelle ultime due settimane.

Dai dati dell’agenzia federale Centers for Disease Control and Prevention emerge che il numero di persone che sono state totalmente vaccinate negli Stati Uniti si attesta a 172,2 milioni, il 51,9% della popolazione totale degli States.

Jackson Hole: Powell, colomba o falco? Cosa aspettarsi secondo gli analisti di IG

27/08/2021

Oggi pomeriggio il presidente della Fed, Jerome Powell, interverrà virtualmente al simposio di Jackson Hole. Il suo discorso sarà seguito da vicino dagli operatori per cercare di carpire qualche indicazione sulle prossime mosse della banca centrale americana, e in particolare su tempi e modi della riduzione degli acquisti (il cosiddetto tapering). Cosa aspettarsi? “Le nostre attese sono per un nulla di fatto – indica Filippo Diodovich, Market Strategist di IG – Powell cercherà di prendere ancora tempo prima di annunciare l’inizio del processo di riduzione degli stimoli monetari. I timori sulla diffusione della variante delta e i problemi economici che potrebbe causare nei prossimi trimestri suggeriscono che il presidente della FED possa prolungare l’atteggiamento “wait and see” della Fed”.

Secondo l’esperto, i dati macro e le prospettive economiche su inflazione, Pil e disoccupazione che saranno preparate per la riunione di settembre saranno determinanti per capire le tempistiche e il ritmo del processo di tapering. “Manteniamo la view che l’annuncio del processo di tapering avverrà nel meeting di settembre con inizio a novembre/dicembre 2021”, segnala Diodovich.

Cosa è il simposio di Jackson Hole?
Il forum è organizzato dalla Federal Reserve di Kansas City dal 1978 a Jackson Hole, una valle nello Stato dello Wyoming, famosa, oltre che per il simposio, per i suoi impianti sciistici. Il meeting riunisce banchieri centrali, membri del Federal Reserve System, esponenti di grandi organizzazioni finanziarie, accademici, giornalisti e autorità politiche statunitensi. Ogni anno il simposio ha un tema. Quello di quest’anno è “Macroeconomic Policy in an Uneven Economy” ovvero le politiche macroeconomiche in un’economia squilibrata. I temi degli ultimi due anni erano: nel 2020 “Navigare il prossimo decennio, implicazioni per la politica monetaria” e nel 2019 “Sfide per la politica monetaria”.

Wall Street nervosa post Pil Usa. Ansia Jackson Hole dopo parole hawkish Esther George (Fed). Si attendono chiarimenti da Powell

26/08/2021

Nel giorno in cui inizia la riunione tanto attesa di Jackson Hole e in cui il governo americano comunica di aver rivisto al rialzo il dato sul Pil Usa relativo al secondo trimestre dell’anno, Wall Street continua a optare per l’attendismo. Lo S&P e il Nasdaq hanno riportato ieri nuovi valori record di chiusura con il primo che, durante i massimi intraday, ha superato la soglia dei 4.500 punti per la prima volta in assoluto. A pochi minuti dall’inizio della seduta, il listino benchmark di Wall Street è ingessato, viaggiando attorno alla parità e vicino ai massimi assoluti a 4.494 punti;

Il Dow Jones segna un lieve rialzo a 35.490 punti, mentre il Nasdaq è anch’esso poco mosso attorno a 15.038 punti.

Focus a tal proposito sulle stime snocciolate dai gestori, strategist e broker che sono stati interpellati da Reuters. A loro avviso, dopo aver incassato il suo 50esimo record dall’inizio dell’anno, il listino terminerà il 2021 attorno ai livelli attuali, per poi incassare un rialzo del 5% entro la fine del 2022.

Il vero market mover della borsa Usa e dell’azionario globale arriverà domani, con il discorso di Jerome Powell, numero uno della Fed. Il governatore parlerà alle 16 ora italiana: l’attesa è soprattutto per il destino che Powell riserverà al bazooka monetario QE con cui la Fed acquista ogni mese asset per un valore di $120 miliardi. Alcuni analisti, menzionando il rinnovarsi dei timori per la pandemia Covid-19, a causa della variante Delta, hanno ventilato la possibilità che il tapering, a prescindere da quando verrà annunciato, avvenga in modo lento. E che sostanzialmente la Fed rimanga in qualche modo dovish.

Tuttavia il grande annuncio sul tapering – qualunque sia – ci sarà davvero nel corso di questa nuova edizione del simposio di Jackson Hole?

Paolo Zanghieri, economista senior di Generali Investments, mette in guardia gli investitori verso il rischio di rimanere delusi:

“Riteniamo che potranno rimanere delusi coloro che si attendono una precisa comunicazione circa le modalità e le tempistiche del tapering sugli acquisti di asset”, ha detto Zanghieri, aggiungendo che sarà la prossima riunione del Fomc del 22 settembre l’occasione più appropriata per affrontare la questione tapering, visto che nel meeting saranno snocciolate le nuove stime sull’economia.

“Il nostro scenario base, partendo dal presupposto che la variante Delta resti sotto controllo, prevede un annuncio formale a novembre, seguito dall’implementazione a dicembre”, ha puntualizzato l’economista.

Nel frattempo un’indicazione sul tapering, proprio da Jackson Hole, è arrivata da Esther George, presidente della Fed di Kansas.

Le sue dichiarazioni sono state in realtà da falco: George ha affermato in una intervista rilsciata alla Cnbc che, “visti i progressi a cui abbiamo assistito”, la riduzione del programma di acquisti “è appropriata”.

Nessuna precisazione è arrivata tuttavia su quando il tapering dovrebbe iniziare.

“Guardando alla crescita dei posti di lavoro che è avvenuta lo scorso mese e ai livelli di inflazione in questo momento, credo che l’economia non abbia bisogno di un tale livello di stimoli (monetari)- ha detto George – Preferireo dunque parlare di tapering più prima che dopo”.

Tra i titoli, occhio al trend positivo di Salesforce, in rialzo dopo aver comunicato utili e una forward guidance migliori delle previsioni, e di Zoom Video, che beneficia della nota di Morgan Stanley, che prevede per le quotazioni un margine di rialzo pari a +18%.

Tornando ai dati macro, il prodotto interno lordo degli Stati Uniti è salito nel secondo trimestre dell’anno del 6,6%. Lo ha reso noto il dipartimento del Commercio Usa, rivedendo al rialzo il dato dal +6,5% inizialmente reso noto. Gli analisti avevano tuttavia previsto un upgrade più sostenuto, fino a +6,7%. Tra le componenti del Pil occhio alle spese per consumi, riviste al rialzo dal +11,8% precedentemente comunicato a +11,9%; le esportazioni sono state riviste al rialzo dal +6% al +6,6%, le importazioni dal +6,7% al +7,8%, gli investimenti aziendali dal +8% al +9,3%, la spesa dei consumatori sui beni durevoli al +11,3% dal +9,9% del dato preliminare.Male invece gli investimenti nel mercato immobiliare, scesi dell’11,5%, più della flessione del 9,8% inizialmente comunicata.

Novità anche dal mercato del lavoro, con il dipartimento americano che ha reso noto che, nella settimana terminata il 21 agosto scorso, il numero dei lavoratori Usa che hanno fatto domanda per ricevere i sussidi di disoccupazione per la prima volta, è salito di 4.000 unità, a quota 353.000, peggio del calo a 345.000 stimato dal consensus.

La media mobile delle ultime quattro settimane si è attestata a 366.500 unità, rallentando rispetto ai 378.000 della settimana precedente.

Gli americani che continuano a percepire i sussidi di disoccupazione sono 2.862.000, rispetto ai 2.865.000 della settimana precedente.

Jackson Hole, questa volta il mercato non si farà sorprendere dal tapering

Luke Hickmore, gestore obbligazionario di Aberdeen Standard Investments, non si aspetta uno scenario simile a quello del 2013 e prevede che la Fed non ridurrà gli stimoli prima di novembre

Virgilio Chelli  26 Agosto 2021 – 14:00

Oggi, a differenza del 2013 quando i mercati furono colti di sorpresa e reagirono male all’annuncio del tapering da parte dell’allora capo della Fed Bernanke, la banca centrale guidata da Jay Powell non è l’unica ad acquistare asset. Banca d’Inghilterra, Bce, Banca del Giappone e la Royal Bank of Australia stanno ancora comprando asset ed espandendo i bilanci. Inoltre, il mercato ha parlato di tapering (riduzione degli acquisti da parte delle banche centrali a sostegno dell’economia) tutto l’anno ed è difficile che si faccia sorprendere visto che si aspetta ampiamente che succeda qualcosa. Inoltre, la variante Delta, che al momento incide negativamente sulla crescita, potrebbe spingere Powell a rimandare qualsiasi commento sul tapering. È possibile, quindi, che non se ne parli prima della riunione di settembre, e che se ne veda un blando esordio non prima di novembre.

ATTESISSIMO INTERVENTO A JACKSON HOLE

Lo sostiene Luke Hickmore, gestore obbligazionario di Aberdeen Standard Investments, in un commento proprio alla vigilia dell’attesissimo intervento del presidente della Fed Powell al simposio della Fed di Kansas City che inizia venerdì 27 agosto a Jackson Hole, in Wyoming. Hickmore ricorda che da molti anni mercati e investitori hanno seguito con attenzione l’annuale simposio alla ricerca di indicazioni sui futuri cambiamenti di politica monetaria da parte della Fed, che con il Federal Open markets Committee è l’arbitro dei tassi di interesse e del quantitative easing negli Stati Uniti: un momento importante per cogliere il consensus del mercato sui futuri cambiamenti di politica.

IL PRECEDENTE DELL’ANNO SCORSO

L’anno scorso, Powell definì le nuove linee di politica monetaria per dichiarando, essenzialmente, che avrebbe tentato di abbattere la disoccupazione, lasciando che l’inflazione si risvegliasse, ricorda Hickmore, mentre quest’anno il mercato ha atteso dettagli su tempi e modalità della riduzione dei programmi di acquisto di asset da parte della Fed. L’inflazione è rimasta elevata, anche se è destinata a scendere in futuro, e la crescita si sta riprendendo, mentre anche la disoccupazione sembra in calo.

QUANDO BERNANKE COLSE I MERCATI DI SORPRESA

L’ultimo tapering della Fed, nel 2013, causò il cosiddetto Taper Tantrum sui mercati, dopo che l’allora presidente Ben Bernanke, parlando al Congresso il 22 maggio, aveva dichiarato che “se il miglioramento continuerà e saremo convinti che sarà duraturo, allora potremo ridurre il nostro ritmo di acquisti”. I rendimenti obbligazionari passarono da circa il 2% al 4% prima della fine del 2013, gli spread di credito si allargarono di circa 20 punti base abbastanza rapidamente e l’S&P500 scese di circa il 5% fino a metà giugno prima di recuperare la stabilità.

UNA STORIA NON DESTINATA A RIPETERSI

La storia sta per ripetersi? Jerome Powell sta per dare il via a un Taper Tantrum 2 a Jackson Hole? L’esperto di Aberdeen Standard Investments ritiene di no. E anche se, durante l’apparizione virtuale venerdì al simposio di Powell dovessimo scoprire i dettagli su quando e quanto velocemente si avvierà il tapering, non si aspetta di assistere a un nuovo Tantrum sui mercati. A differenza del 2013, sottolinea Hickmore, la Fed non è l’unica banca centrale ad acquistare asset. Banca d’Inghilterra, Bce, Banca del Giappone e Royal Bank of Australia stanno ancora comprando asset ed espandendo i bilanci. Nel 2013 la Fed causò uno shock molto più grande in quanto era l’unica banca che acquistava asset in quel momento.

VERSO UN BLANDO ESORDIO DEL TAPERING A NOVEMBRE

Inoltre il mercato parla di tapering da tutto l’anno. Gli shock inflazionistici hanno portato a molte speculazioni sul tapering della Fed e a un modesto movimento verso l’alto dei rendimenti, ma nessun Tantrum. È difficile sorprendere un mercato che si aspetta ampiamente che succeda qualcosa, sottolinea Hickmore, secondo cui Powell potrebbe anche non menzionare il tapering, data la recrudescenza del Covid che al momento incide negativamente sulla crescita. È possibile, quindi, conclude l’esperto di Aberdeen Standard Investments, che qualsiasi discorso sul tapering venga posticipato a settembre e che se ne veda un blando esordio a novembre.

Il mondo ha paura di Jackson Hole, ecco perché dal mercato arrivano segnali preoccupanti

Il mercato lancia segnali preoccupanti in vista del simposio di Jackson Hole. Gli investitori temono il ritorno alla normalità.

26 Agosto 2021 alle ore 11:44

Domani, il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, parlerà al simposio di Jackson Hole, un appuntamento annuale per fare il punto sulla politica monetaria della principale banca centrale del pianeta. Ieri, in attesa che ciò accada il rendimento a 10 anni dell’Italia è schizzato di 10 punti base allo 0,67%, il maggiore incremento giornaliero da un anno a questa parte. Stamattina, le borse europee sono in calo, con il Dax 30 di Francoforte a -0,75% intorno alle ore 11.20.

Il mercato ha paura di Jackson Hole. Teme che Powell finirà per annunciare la svolta monetaria, ovvero il ritiro graduale degli stimoli e/o il rialzo dei tassi USA nel medio termine. Finora, il boom dei debiti sovrani e privati è stato percepito sostenibile in piena pandemia per l’accomodamento monetario estremo di tutte le principali banche centrali. Finché i tassi restano azzerati e i debiti vengono monetizzati, nessun problema.

Tuttavia, l’inflazione inizia a mordere. Negli USA, è salita al 5,4%, mai così alta dal 2008. Le catene del valore sono saltate a causa dei “lockdown”, con strozzature dell’offerta che rendono difficile per le imprese tenere testa alla pur debole domanda, per quanto quest’ultima in ripresa con l’allentamento delle restrizioni. I prezzi stanno esplodendo. Nei mesi scorsi, diverse materie prime hanno toccato i massimi storici e anche il Baltic Dry Index (BDI) va in questa direzione: +305% da inizio anno e ai massimi dal 2008. Il BDI capta i prezzi per affittare un cargo per il trasporto di merci solide.

Paura per rialzo dei tassi e fine degli stimoli monetari

Ebbene, per affittare un Panamax, ossia una nave che riesce a transitare per lo stretto di Panama, servono ormai 34.615 dollari al giorno.Questo significa che i costi di trasporto stanno impennandosi, ripercuotendosi sui prezzi delle merci importate. Del resto, che molti beni e servizi costino ben più di anche solo qualche mese fa è sensazione comune. Chi è andato o ancora si trova in vacanza nel nostro Paese, sa che affittare una camera d’albergo o un semplice B&B è diventato oneroso, in qualche caso proibitivo.

Possono le banche centrali continuare ad ignorare quanto sopra? Questa è la domanda che gli investitori stanno iniziando a porsi seriamente. Va bene la tolleranza di tassi d’inflazione più alti del target, ma non di livelli tali da minacciare la stabilità dei prezzi e mettere a repentaglio la reputazione degli stessi istituti. Ma questo vuol dire una cosa molto semplice: le magagne lasciate in eredità dalla pandemia si vedrebbero molto presto. Gli stati iper-indebitati non potrebbero più rifinanziarsi a costi semi-nulli e le loro finanze rischierebbero di andare a gambe per aria. Lo stesso dicasi per le imprese dalla struttura finanziaria fragile.

Si sapeva sin dall’inizio che si sarebbe arrivati prima o poi a questo punto, ma i mercati hanno calciato il barattolo, scontando stimoli sempre più duraturi e forse anche la volontà di governi e banche centrali di “cancellare” con qualche escamotage tecnico almeno i debiti contratti a causa della pandemia. Ora che si avvicina l’ora X, inizia a diffondersi la paura che ci siamo tutti fatti un film che non esiste.

Jackson Hole, l’attesa sale: perchè i mercati potrebbero essere delusi dalle parole di Powell

26/08/2021

Di anno in anno rappresenta uno degli appuntamenti più importanti sui mercati di fine agosto. Si tratta del simposio di Jackson Hole che prende ufficialmente il via stasera e che vedrà in primo piano già domani l’intervento del presidente della Fed, Jerome Powell. Lo storico appuntamento estivo, a cui di solito partecipano i principali banchieri centrali ed economisti di tutto il mondo (‘capitanati’ dal governatore della banca centrale Usa, Jerome Powell), quest’anno si svolgerà tra il 26 e il 28 agosto. L’evento, organizzato dal 1978 dalla Federal Reserve di Kansas City fra le Rocky Mountain del Wyoming, avrà quest’anno come focus “La politica macroeconomica in un’economia irregolare”.

Mercati appesi alle parole di Powell

Quali sono le parole che pronuncerà Powell? Questo l’interrogativo che continua a rincorrersi sui mercati, al momento riempito solo dalle previsioni degli economisti e degli operatori. Sicuramente, anche l’appuntamento 2021 (sempre virtuale, come lo scorso anno) si apre con aspettative elevate. Come ammette Paolo Zanghieri, economista senior di Generali Investments.

“In ogni caso, riteniamo che potranno rimanere delusi coloro che si attendono una precisa comunicazione circa le modalità e le tempistiche del tapering sugli acquisti di asset“, afferma l’esperto che indica due motivazioni a supporto della sua tesi. Il primo riguarda “gli ultimi dati che si confermano positivi, ma lo slancio si sta attenuando e i timori sull’inflazione non sono aumentati. Inoltre, la variante Delta del Covid si sta diffondendo in fretta, aumentando il rischio di lockdown parziali in alcuni degli stati più grandi. I dati sull’occupazione di luglio sono stati molto incoraggianti, ma il tasso di partecipazione, uno dei benchmark che la Fed utilizza per stabilire lo stato del mercato del lavoro, resta sottotono”. Il secondo punto invece ruota attorno al FOMC (cui spetta la decisione finale sul tapering) “non ha avuto l’opportunità di riesaminare la situazione, per valutare come si rapporta con la visione ‘rosea’ dell’economia delineata nei verbali della riunione di luglio. Inoltre, i verbali stessi hanno indicato chiaramente che non vi è ancora una timeline per il tapering”.

In questo quadro, la riunione del 22 settembre costituirà un’occasione più appropriata per mettere in guardia sull’incombente tapering, poiché includerà anche i dati aggiornati circa la crescita e le previsioni su occupazione e inflazione. “Il nostro scenario base, partendo dal presupposto che la variante Delta resti sotto controllo, prevede un annuncio formale a novembre, seguito dall’implementazione a dicembre”, aggiunge Zanghieri.

Anche per Alan Levenson, capo economista Usa di T. Rowe Price, il discorso di Powell non riserverà grandi sorprese. “Non ci aspettiamo grandi sorprese dal discorso di Powell al Simposio di Jackson Hole, rispetto a quanto emerso dalla sua conferenza stampa dello scorso 28 luglio e dai verbali del meeting del Fomc di quello stesso giorno- afferma l’economista -. Riguardo all’acquisto di titoli da parte della Fed, dai verbali del Fomc è emerso che è stata raggiunta la soglia degli ‘ulteriori sostanziali progressi’ in vista dell’inizio del taper per quanto riguarda il target di inflazione al 2% della Fed, ma non in relazione a quello della ‘massima occupazione’”. I policymaker hanno indicato che il taper con tutta probabilità inizierà a fine 2021 o inizio 2022, a condizione che gli sviluppi sul fronte economico siano in linea con le attese.

Jackson Hole, teatro di annunci in passato
Sale l’attesa per l’appuntamento di Jackson Hole che già in passato è stato il palcoscenico di annunci. Tra i più importanti c’è quello di Ben Bernanke del 2012, quando ha annunciato il terzo round del programma di quantitative easing (QE) della Fed. Nel 2014, fu l’allora presidente della Bce, Mario Draghi, che colse l’occasione per gettare le basi del primo programma di quantitative easing dell’istituto di Francoforte. E da ultimo, lo scorso anno il presidente della Fed, Jerome Powell, in apertura dei lavori del Simposio di Jackson Hole annunciò la svolta storica della banca centrale americana, lanciando la politica dell’Average Inflation Targeting (AIT), ovvero del target di inflazione media del 2%, che ha portato a un allungamento dell’era di tassi bassi.

BlackRock: ecco perché l’inflazione farà bene agli asset reali

Steve Cornet, Head of US research and Strategy, di BlackRock Real Assets, vede a medio termine un regime d’inflazione più alta che può favorire buone performance degli asset reali

Virgilio Chelli  25 Agosto 2021 – 14:00

I rendimenti degli asset reali, come immobili e infrastrutture, hanno una correlazione positiva con l’inflazione, soprattutto quando questa è combinata con un’elevata crescita economica. Gli asset reali infatti sono in grado di catturare l’inflazione facendo leva su un incremento del reddito legato a una maggiore crescita degli affitti, all’occupazione e all’aumento della domanda del bene sottostante, come l’elettricità. Steve Cornet, Head of US research and Strategy, di BlackRock Real Assets, prevede un regime di inflazione più elevato nel medio termine ed esplora i motivi per cui gli asset reali possono avere una buona performance, analizzando le strategie di investimento da adottare.

L’IMPATTO SULLE LOCAZIONI DI IMMOBILI

Cornet affronta per primo il tema delle locazioni di immobili, specialmente quelle a lungo termine per uffici e industrie, che includono aggiustamenti annuali a un determinato tasso, generalmente influenzato dall’indice dei prezzi al consumo. In Europa e sempre più nel Regno Unito, osserva l’esperto di BlackRock Real Assets, le locazioni hanno spesso legami espliciti con l’inflazione, di solito con un cap and collar all’1-3%. Le locazioni di hotel, self-storage e appartamenti sono di breve termine, con rivalutazioni più frequenti al passo con un’inflazione crescente.

IL REDDITO DEGLI ASSET INFRASTRUTTURALI

Poi ci sono le opportunità di generazione di reddito degli asset infrastrutturali, molti dei quali hanno un legame esplicito con l’inflazione attraverso regolamentazioni, accordi di concessione o contratti, il che fornisce una protezione naturale dall’inflazione. Gli asset infrastrutturali, sottolinea Cornet, hanno contratti che generano ricavi a lungo termine, e che derivano da regimi di prezzi contrattati o regolamentati e sono basati su sussidi o accordi aziendali di acquisto di energia elettrica, che possono essere legati a indicatori di inflazione come gli indici dei prezzi al consumo e alla produzione.

LA CRESCITA SPINGE DOMANDA E INFLAZIONE

Secondo l’analisi dell’esperto di BlackRock, una maggiore crescita economica si traduce in maggiore domanda, che determina a sua volta la crescita dei prezzi. Nei periodi di maggior crescita, c’è un legame implicito con l’inflazione nelle infrastrutture energetiche ed elettriche. L’aumento della domanda e l’aumento dei costi di costruzione si traducono in una crescente pressione sui prezzi di elettricità e gas naturale. Sempre più spesso nello spazio dell’energia rinnovabile, i contratti sono fissati a un prezzo fisso senza indicizzazione all’inflazione o a un volume fisso. L’aumento delle entrate in entrambi gli scenari, secondo Cornet, deriverà da un volume maggiore o da prezzi più alti.

L’ECCEZIONE DELLE ENERGIE RINNOVABILI

Lo sviluppo delle energie rinnovabili rappresenta un’eccezione alla regola, perché la domanda per questi asset è così forte che lo sviluppo rimane attraente anche se i costi di costruzione aumentano. I costi di produzione per l’eolico e il solare, osserva l’esperto di BlackRock, stanno scendendo grazie alle economie di scala e ai miglioramenti tecnologici. La maggiore produttività di questi asset, conclude Cornet, può compensare eventuali aumenti dei costi di costruzione.

Jackson Hole alle porte, “probabili accenni al tapering ma con una sfumatura dovish”

25/08/2021

Questa settimana l’attenzione è rivolta tutta a Jackson Hole, l’evento organizzato dalla Fed di Kansas City che ogni anno chiama a raccolta i banchieri delle banche centrali. Grande attesa soprattutto per l’intervento del numero uno della Fed, Jerome Powell, previsto per venerdì 27 agosto.

“Nel messaggio politico principale dalla conferenza di Jackson Hole di quest’anno – intitolata ‘Macroeconomic Policy in an Uneven Economy’ – ci aspettiamo qualche accenno al tapering seppur con una certa sfumatura dovish”, afferma Gero Jung, capo economista di Mirabaud Asset Management. “In generale, ci viene ricordato che la riduzione degli acquisti di asset o il tapering non rappresentano un ‘quantitative tightening’ – sottolinea l’economista -. Il bilancio della Fed continuerà infatti a crescere per tutto quest’anno”.

Per quanto riguarda il tapering, dall’ultima riunione del Fomc di luglio è emerso che è probabile una diminuzione degli acquisti di asset nel corso dell’anno, dato l’ampio consenso tra i membri del Fomc, che rende particolarmente importante la tempistica di un annuncio ufficiale della Fed. “Questa settimana non ci aspettiamo un annuncio formale, ma è più probabile che Powell si concentri sulla portata dei recenti dati sull’occupazione, pur mettendo in guardia contro l’impatto della variante Delta sull’attività economica”, aggiunge Jung secondo il quale oltre alla questione della tempistica del tapering – maggiori dettagli saranno probabilmente rivelati alla riunione del 22 settembre – sarà cruciale la possibilità di spostare nel medio termine le aspettative per un’azione della Fed.

I prezzi di mercato (secondo i futures sui Fed funds) continuano a prevedere due rialzi dei tassi di 25 punti base da qui alla fine del 2023, con un primo rialzo verso febbraio 2023, ampiamente in linea con la view della stessa Fed, in base agli ultimi dot plot. “Qualsiasi segnale sui possibili cambiamenti nella politica della Fed potrebbe avere un impatto sul mercato ancora più importante della questione sulla tempistica specifica del tapering”, conclude l’economista.

Borsa Tokyo piatta, record borsa Mumbai mentre Hong Kong si sfiamma. Countdown a Jackson Hole, cosa dirà Powell?

25/08/2021

Nell’azionario asiatico l’euforia dei giorni scorsi – testimoniata da due giorni consecutivi di rally della borsa di Hong Kong – lascia il posto a una maggiore cautela: elemento che accomuna le borse mondiali, in attesa dell’evento market mover di questa settimana (e anche delle prossime): il discorso di Jerome Powell, numero uno della Federal Reserve, al simposio di Jackson Hole.

Piatta la borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei 225 che ha chiuso la sessione con una variazione pari a -0,03% a 27.724,80 punti. Borsa di Seoul +0,27%, meglio lo Shanghai Composite, in rialzo dello 0,65%, Sidney +0,40%, mentre l’Hang Seng di Hong Kong cede al momento lo 0,40% dopo essere balzato di oltre il 2% alla vigilia.

Powell parlerà venerdì 27 agosto alle 16.00 ora italiana, nel simposio di Jackson Hole, evento annuale atteso con trepidazione dalla comunità finanziaria internazionale, spesso teatro o anticipatore di grandi annunci da parte della Fed.

Nelle ultime ore, sta prevalendo la sensazione tra gli operatori che difficilmente Powell indicherà in questa occasione un calendario per la riduzione del sostegno monetario da parte della Fed, e in particolare la riduzione degli acquisti di asset (il cosiddetto tapering), che avvengono per un valore di $120 miliardi al mese.

I mercati penderanno letteralmente dalle labbra di Powell, sperando in indicazioni più precise su quando il temuto annuncio sul tapering del QE potrebbe arrivare.

Edward Moya, analista senior dei mercati presso Oanda, ha commentato che “la Fed potrebbe anche fare un annuncio sul tapering a settembre o novembre, ma probabilmente il tapering andrà avanti in modo lento, senza alcun impegno riguardo all’aumento dei tassi di interesse”.

Il discorso di Powell sarà intitolato “The Economic Outlook”.

In una nota riportata qualche giorno fa dalla Cnbc l’economista di Nomura Aichi Amemiya ha sottolineato che, “visto il recente deterioramento dei dati (macro) e vista la situazione pandemica, intravediamo il rischio che Powell si concentri sull’aumento dell’incertezza, a causa del recente aumento delle infezioni da Covid-19”.

Di conseguenza “come minimo – si legge ancora nella nota di Amemiya – crediamo che i recenti commenti arrivati dai funzionari della Fed sostengano la nostra view di un annuncio del tapering a dicembre, nonostante il Fomc preferirebbe il mese di novembre, stando a quanto emerso dal meeting di luglio”.

L’attesa è dunque per una Fed che sarà meno falco di quanto temuto.

Tra le borse asiatiche oggi si è messa in evidenza la borsa di Mumbai, in particolare l’indice di riferimento Sensex, che ha testato un record assoluto attorno a 56.118 punti, nelle prime ore di contrattazioni, per poi proseguire poco mosso.

Si smorza l’euforia che ha investito nei giorni scorsi l’indice Hang Seng della borsa di Hong Kong: dopo i rally, che in alcuni casi sono stati a doppia cifra per alcuni titoli, Tencent (+0,85%), Meituan (+2,80%), e JD.com (+4,6%) continuano comunque a rimanere solide.

Ritraccia invece Alibaba.

Proprio ieri, l’autorità di cybersecurity di Pechino ha diramato nuove disposizioni alle società cinesi che vogliano quotarsi in Borsa, incluse quelle che hanno intenzione di lanciare Ipo alle borse estere.

Ieri a Wall Street il Dow Jones Industrial Average è salito di 30,55 punti, meno dello 0,1%, a 35.366,26 punti. Lo S&P 500 è avanzato dello 0.1% al nuovo massimo di chiusura di 4.486,23 punti. Il Nasdaq Composite ha guadagnato lo 0.5% a 15.019,80, testando anch’esso un nuovo record di chiusura.

INFLAZIONE… REVERSE REPO DEJA VU!

Scritto il 23 Agosto 2021 alle 07:00 da icebergfinanza

Come scrive Wikipedia si tratta di un fenomeno psichico rientrante nelle forme d’alterazione dei ricordi che provocano la sensazione di un’esperienza precedentemente vissuta una sorta di «falso riconoscimento».

Mentre tutti con il nasino all’insù aspettano le parole di Powell nel fine settimana a Jackson Hole, non si sente più parlare di Godot inflazione, nessuno lo aspetta più!

Tutti preoccupati per il tapering, ovvero il lento e inesistente ridimensionamento della liquidità sui mercati ma in realtà, il prosciugamento è già in atto, gli amici di Machiavelli lo sanno, quello che sta avvenendo sul mercato monetario è quello che il mercato non comprende.

La storiella dei reverse repo in pochi l’hanno capita, è denaro che le banche non sanno più dove mettere, ma soprattutto denaro che le banche non possono o non vogliono prestare, perché il cavallo non ha sete.

La Fed immette ogni mese liquidità per 120 miliardi e contemporaneamente la drena, la ritoglie!

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Per essere più chiari, 1.115.656 miliardi sono spariti dal mercato e quindi di cosa stiamo parlando?

Qualcuno di Voi ha già ricevuto dalla sua banca l’invito a non fare altri depositi, a non tenere troppa liquidità sul conto, magari con la minaccia di chiudere il conto o meglio di far pagare questa liquidità?

Vi ricordate Anna, si Anna Schwartz la signora che insieme a Milton Friedman era considerata la regina del monetarismo , venerata all’interno della Federal Reserve una donna senza peli sulla lingua, che qualche anno fa, prima di morire, ha accusato la banca centrale americana di essere essa stessa la principale responsabile della bolla del credito.

” Non vi sarebbe stato alcun fenomeno subprime se la Fed avesse vigilato, è il momento di dire le cose come stanno, ammettere i propri errori e voltare pagina(…)

Ma soprattutto…

“Liquidity doesn’t do anything in this situation. It cannot deal with the underlying fear that lots of firms are going bankrupt…”

Beata saggezza cara nonnina, si la liquidità non serve a nulla in questa situazione, a nulla! Per comprendere quello che sta accadendo come sottolineo da tempo, bisogna prima fare lo sforzo di comprendere la natura dell’attuale “disturbo” del mercato.

Tutto ciò che accade, non è dovuto alla mancanza di liquidità, ma alla mancanza di fiducia del mercato sulla capacità dei debitori di onorare i propri debiti, i bilanci delle imprese finanziarie non sono credibili. Come dice Anna, tenendo in piedi aziende fallite, non si fa altro che prolungare la crisi, l’agonia dell’economia.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1429365175187034114&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F%3Fp%3D42473&sessionId=10ad67205d01c3301e159bbfff3e8ed74955f8b2&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Chiaro ora il concetto?

Si chiama deflazione da debiti è il trend secolare e principale da oltre un decennio ma gli ignoranti continuano a chiamarla inflazione, reflazione o addirittura stagflazione.

Studiare costa troppo, tirare a indovinare meno…

https://icebergfinanza.finanza.com/2014/10/03/deflazione-da-debiti-cosa-potrebbe-accadere/embed/#?secret=Aljwhq1cTF

Noi siamo gli UNICI in Italia che ve lo raccontano da oltre 12 anni!

Quindi tornando a noi, i fondi monetaria stanno per esplodere, non ha senso mettere denaro in un fondo comune monetario, le banche non sanno più dove mettere la liquidità in eccesso, non è questo il problema del mercato ma un problema di solvibilità!

La Fed paga le banche per drenare liquidità dal mercato, ma soprattutto le paga perché i rendimenti dei fondi monetari sarebbero scesi in negativo e i clienti avrebbero dovuto pagare. Non ha senso mettere i soldi in un fondo comune monetario oggi!

Ma torniamo all’inflazione, abbiamo previsto il picco nei mesi scorsi e il picco è arrivato!https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1429203190029987840&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F%3Fp%3D42473&sessionId=10ad67205d01c3301e159bbfff3e8ed74955f8b2&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Il petrolio è già entrato nel territorio dell’orso, – 20 % dai massimi e noi ve lo abbiamo preannunciato con Machiavelli. Ora le medie mobili, richiamano il prezzo ancora più in giù verso le sabbie mobili!

Lo so che non era facile, vi capisco, loro analisti ed economisti vi raccontavano che l’inflazione saliva per la pandemia, le riaperture, il collo di bottiglia e altre amenità varie.

Salivano solo grazie alla speculazione, ovvero un manipolo di psicopatici che non sapevano dove mettere il denaro che i banchieri centrali regalavano loro, visto che nell’economia reale in pochi chiedevano prestiti.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1426101670195482625&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F%3Fp%3D42473&sessionId=10ad67205d01c3301e159bbfff3e8ed74955f8b2&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Quello che è successo al legname è solo un esempio ma ve ne potrei fare a decine!

La carenza di materie prime e soprattutto di chip è solo speculazione commerciale, non esiste alcun motivo dopo oltre un anno dallo scoppio della pandemia da giustificare la situazione attuale, tranne la speculazione che vuole prezzi più alti ma che non riesce a vendere.

A loro non resta che la favoletta di Jackson Hole, a noi il gran finale!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

Mercati in attesa di segnali sul tapering della Fed

Grande attesa per le indicazioni di Powell a Jackson Hole, che potrebbe dare più dettagli su tempi e dimensione della riduzione degli acquisti. Gli investitori sperano soprattutto che mantenga flessibilità

21 Agosto 2021 – 9:30

Come da manuale, le sorprese di mezz’agosto non sono mancate per i mercati in questo 2021: i talebani che si riprendono Kabul molto prima di quanto previsto da Biden, il nuovo crackdown cinese sui big tech in nome della privacy condito con le critiche ai miliardari, dati americani decisamente non bellissimi sul fronte dei consumi e della fiducia dei consumatori. La ciliegina sulla torta è il ritorno del tormentone del tapering, vale a dire l’inizio di una graduale riduzione degli acquisti di titoli da parte della Fed, che ora viaggiano al ritmo di 120 miliardi di dollari al mese. Ad alimentare quest’ultimo fattore di nervosismo è stata la pubblicazione dei verbali della Fed relativi alla riunione del FOMC di fine luglio, che hanno fatto emergere una banca centrale un po’ più divisa sul che fare di quanto ci si aspettasse. Sia a livello di indici azionari di Wall Street che di mercato dei bond del Tesoro il mercato sembra aver tenuto sostanzialmente bene, anche perché questa volta il tapering in arrivo è stato telegrafato con grande anticipo.

UNA MOSSA IN GRAN PARTE PREZZATA

Che la Fed possa rallentare un po’ gli acquisti già nel 2021, facendolo capire nell’intervento di Jay Powell atteso a fine mese a Jackson Hole, in Wyoming, al simposio della Fed di Kansas City, e poi confermando alla riunione in calendario del FOMC nella seconda metà di settembre. Proprio a Jackson Hole l’anno scorso Powell aveva anticipato la svolta sull’inflazione, passando dalla linea ‘preventiva’ a quella della tolleranza rispetto al superamento anche significativo dell’obiettivo del 2%. Sui mercati, sembrerebbe proprio, il tapering è già iniziato e prezzato, sia dalle azioni che dai rendimenti sulla parte lunga della curva. Quello che gli investitori vorrebbero sentirsi dire da Powell e colleghi è che la Fed resterà comunque flessibile: magari comincia a ridurre gli acquisti, ma poi i dati consigliano di fermarsi e lo fa, e non si legherà le mani a un calendario rigido e a quantità prefissate.

NON MANCANO I MOTIVI PER ESSERE PRUDENTI

Anche perché motivi di restare pronti a cambiare strada non mancano: i consumi americani stanno facendo un po’ fatica, la fiducia dei consumatori misurata dall’indice dell’Università del Michigan è tornata ai livelli immediatamente successivi all’esplosione del Covid, anche se lontana dai minimi post grande crisi e post crisi del debito europeo, la variante Delta incombe minacciosa. E poi ci sono la geopolitica e la Cina, sia per il suo ruolo nei confronti del nuovo Afghanistan tornato talebano, sia per il susseguirsi di strette regolatorie. Una novità di questa edizione del simposio di Jackson Hole è l’assenza della presidente della Bce Christine Lagarde. Forse non vuol trovarsi a dover rispondere a domande imbarazzanti nel caso in cui Powell dovesse far capire che il tapering della Fed è imminente.

L’EUROPA SULLA CARTA SEMBRA AVVANTAGGIATA

Sulla carta, lo scenario di una Fed che parte con il tapering mentre la Bce tira diritto con il PEPP sembra molto positivo per l’Europa, che avrebbe più margini di manovra degli americani per far ripartire l’economia e sarebbe aiutata anche da un dollaro prevedibilmente più forte, sia sul versante della ripresa che su quello del risveglio dell’inflazione. Forse gli investitori vedono i mercati europei più vulnerabili di quelli americani a un possibile rallentamento globale e all’aumento delle tensioni geopolitiche legate a Afghanistan e Cina. Sembra comunque sicuro che i mercati possano contare, tapering o non tapering, sul fatto che la Fed ha la situazione sotto controllo e non vuol perderlo.

Jackson Hole alle porte, cresce attesa per possibili indicazioni su avvio tapering Fed

20/08/2021

Il simposio di Jackson Hole. Sarà questo l’evento principale della prossima settimana. Lo storico appuntamento estivo che ospiterà diversi banchieri centrali Fed L’evento, organizzato dal 1978 dalla Federal Reserve di Kansas City fra le Rocky Mountain del Wyoming, a cui di solito partecipano i principali banchieri centrali ed economisti di tutto il mondo (tra cui il governatore della banca centrale Usa, Jerome Powell), quest’anno si svolgerà tra il 26 e il 28 agosto.

“Dall’evento potrebbero emergere (come accaduto già in passato) indicazioni importanti relativi all’avvio del tapering della Fed, alla luce dei recenti dati sull’occupazione USA e della divergenza all’interno del board Fed sulle tempistiche della riduzione degli acquisti”, commentano gli strategist di Mps Capital Services, presentando il calendario dei principali appuntamenti sui mercati della prossima settimana.

ASPETTANDO JACKSON HOLE!

Scritto il 19 Agosto 2021 alle 09:30 da icebergfinanza

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L’ultimo manoscritto uscito qualche settimana fa descrivendo cosa stava accadendo nei minimi particolari nel mercato monetario americano è stato decisamente profetico.

Ieri nuovi massimi storici sui REVERSE REPO!https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1428097572409856002&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F08%2F19%2Faspettando-jackson-hole%2F&sessionId=16b377f48e07cd45eefd9ad1fefb168e0fb56e19&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Come direbbe il buon Machiavelli siamo solo a metà dell’opera.

Noi un’idea ce la siamo già fatta, aspettiamo Jackson Hole per la conferma definitiva!

Ieri tutti a tremare perché chi non è mai riuscito a indovinarne una negli ultimi 40 anni suggerisce nelle minute che è ora di iniziare il tapering, peccato che non sanno chi comanda realmente, chi è il giudice che decide alla Fed!

Anche lui mister GreenBack, ha lasciato la firma!https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1428240521844101122&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F08%2F19%2Faspettando-jackson-hole%2F&sessionId=16b377f48e07cd45eefd9ad1fefb168e0fb56e19&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Sono settimane che vi stiamo preparando all’evento, non conta la pessima figura fatta dagli americani in Afghanistan, non importa se ci sono problemi con il tetto del debito, se l’economia non va poi tanto bene, nel commercio sono altre le cose che contano, soprattutto in un mercato dove passano oltre 4 trilioni di dollari al giorno!

Noi vi abbiamo raccontato l’ABC del mercato valutario in questi anni.

Nuovo minimo da novembre per l’euro, si quello che sai adesso che arrivano i soldini del recovery fund…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1428248523691134979&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F08%2F19%2Faspettando-jackson-hole%2F&sessionId=16b377f48e07cd45eefd9ad1fefb168e0fb56e19&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Ci fermiamo qui aggiungiamo solo i numeri di un mercato immobiliare in forma strepitosa…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-3&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1428033506270224390&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F08%2F19%2Faspettando-jackson-hole%2F&sessionId=16b377f48e07cd45eefd9ad1fefb168e0fb56e19&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Sintesi! Sono tre mesi che analisti e giocolieri della finanza falliscono le aspettative, i dati ci riportano indietro sino a scendere sotto il picco  prepandemico!

A loro non resta che la favoletta di Jackson Hole, a noi il gran finale!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

Bullard teme il peggio: rischio aumento tassi dirompente se si sbaglia su inflazione. Il super falco Fed disegna un tapering lampo

19/08/2021

“Se la Federal Reserve interpreta male la forza dell’inflazione futura per ritardare l’inasprimento della politica monetaria ora, potrebbe richiedere cambiamenti molto dirompenti e rapidi nella politica monetaria”. Così ieri il presidente della Federal Reserve di St. Louis James Bullard, da sempre uno dei membri più hawkish della banca centrale Usa. “Potremmo davvero metterci nei guai se ci impegniamo per un’uscita ritardata dai bassi tassi di interesse e dagli attuali 120 miliardi di dollari di acquisti mensili di obbligazioni”, ha ammonito Bullard durante un’intervista concessa a MarketWatch.

Ieri sera dai verbali del FOMC di luglio è emerso che la maggioranza dei membri del board della Federal Reserve ritiene opportuno l’avvio del tapering entro la fine dell’anno.

Il presidente della Fed di St. Louis, che sarà membro votante della Fed nel 2022, spinge quindi per un tapering da subito e che sia veloce, terminando già entro la fine di marzo. Ciò darebbe alla Fed la possibilità di iniziare ad aumentare i tassi di interesse se l’inflazione rimanesse ostinatamente alta.

Il precedente del 2014

Il ritmo di uscita dal QE indicato da Bullard appare decisamente proibitivo visto che nel 2014 la Fed impiegò 12 mesi per terminare il tapering dagli 85 mld $ di acquisti mensili (attualmente il QE è invece di ben 120 mld al mese).

Bullard ritiene inoltre che la Fed debba far sì che il suo bilancio si riduca organicamente una volta che la banca centrale terminerà il tapering (Il bilancio si ridurrà naturalmente se la Fed non sostituirà i titoli che maturano). Un tale atteggiamento rappresenterebbe una svolta rispetto al precedente tapering della Fed nel 2014. All’epoca, i funzionari della Fed volevano vedere il tasso di interesse di riferimento della banca centrale salire sostanzialmente prima di consentire al bilancio di ridursi.

Bullard non vede contraccolpi per economia da diffondersi variante delta

Bullard in generale non vede l’economia USA pagare lo scotto del diffondersi della variante delta in quanto “imprese e le famiglie si sono adattate alla pandemia. Le aziende hanno trovato il modo di produrre i loro prodotti e servizi e le famiglie hanno trovato il modo di continuare a consumare.

Il presidente della Fed, Jerome Powell, nel discorso tenuto martedì si era mostrato più cauto riguardo alla variante delta, affermando che non era ancora chiaro come avrebbe potuto avere un impatto sull’economia.

Tapering si avvicina e mercati vanno in fibrillazione. Super dollaro dopo minute Fed, KO petrolio e le altre commodity

19/08/2021

La Federal Reserve è pronta ad agire e il rischio di un imminente avvio del tapering si fa sentire sui mercati. Dopo la chiusura debole di Wall Street (oltre -1% per Dow Jones e S&P 500), oggi aprono in netto calo anche i mercati europei. Piazza Affari non è da meno con il Ftse Mib che cede l’1,3% a 26.017 punti (toccato minimo in avvio a 25.900 punti). Timori di un prossimo inizio del tapering che hanno spinto le vendite anche sul petrolio (-2,5% il WTI in area 63,5 $) con un apprezzamento del dollaro (massimi a 9 mesi). In calo anche oro e argento.

Tra i titoli di Piazza Affari segnano il passo soprattutto i ciclici con flessioni marcate per i titoli della galassia Agnelli: -1,96% CNH, -2,3% Exor e -2,18% Stellantis. Con la recrudescenza dei casi Covid il settore automotive rischia di pagare l’aggravarsi della crisi dei chip. Toyota Motor, stando a quanto riporta la stampa nipponica, potrebbe trovarsi costretta a ridurre la produzione globale a settembre del 40% rispetto al suo piano precedente a causa della carenza mondiale di semiconduttori.

Al tappeto anche il settore oil con ENI a -2% in area 10,15 euro. Molto male anche i finanziari con -1,4% per Intesa e Unicredit, –1,6% Bper e -1,12% Poste Italiane.

Verso tapering entro fine anno

A dettare l’umore ai mercati è quanto emerso ieri dalla Fed. “I verbali del FOMC si sono presi la colpa dello scoppio dell’avversione al rischio nei mercati globali. Gli indici sono scesi bruscamente sulla scia dei verbali, che indicano un ampio consenso sulla riduzione degli acquisti di attività verso la fine dell’anno”, rimarcano stamane gli esperti di IG.

Dai verbali della riunione di luglio del Fomc è infatti emerso che la Federal Reserve sta valutando l’avvio del tapering entro la fine dell’anno. La maggior parte dei membri del board ha notato che, a condizione che l’economia dovesse evolversi come previsto, hanno ritenuto opportuno iniziare a ridurre il ritmo degli acquisti di asset quest’anno. “Nessuna decisione però è stata ancora presa e le tempistiche sono ancora oggetto di discussione”, precisano le minute Fomc.

Fed pronta al tapering a fine anno, verbali metttono un freno a Wall Street

19/08/2021

La Federal Reserve (Fed) studia l’avvio del tapering entro la fine dell’anno. È questo uno dei principali spunti emersi dalle minute della riunione del Fomc del 27-28 luglio. “La maggior parte dei partecipanti ha notato che, a condizione che l’economia dovesse evolversi ampiamente come previsto, hanno ritenuto opportuno iniziare a ridurre il ritmo degli acquisti di asset quest’anno – si legge nei verbali – perché hanno visto il criterio del Comitato di ‘sostanziali ulteriori progressi’ appare soddisfatto rispetto all’obiettivo di stabilità dei prezzi e vicino dall’essere centrato l’obiettivo di massima occupazione”. Nessuna decisione però è stata ancora presa e le tempistiche sono ancora oggetto di discussione.

Intanto queste indicazioni hanno messo sotto pressione Wall Street che ha chiuso la seduta infrasettimanale in rosso: il Dow Jones ha terminato in calo dell’1,08%, l’indice S&P500 ha frenato dell’1,07% e il Nasdaq ha messo a segno un calo di circa lo 0,9%.

“I verbali della riunione del Fomc di luglio mostrano una Fed piuttosto divisa sulla maggior parte delle tematiche, ma riconoscono che ci stiamo avvicinando molto al punto del tapering”, commentano gli economisti di ING aggiungendo che “per quanto riguarda i rischi per le prospettive, c’è una chiara preoccupazione per il rallentamento dei tassi di vaccinazione e l’aumento della variante Delta Covid in gran parte del Paese che potrebbe avere un impatto sulla storia di crescita”.

Ecco come trasformare il tapering della Fed da rischio ad opportunità

Brad Tank, CIO Fixed Income di Neuberger Berman spiega perché un eventuale tapering della Fed di mortgage-backed securities (MBS), emessi dalle agenzie governative, potrebbe creare opportunità per gli investitori

La strategia  di Redazione  18 Agosto 2021 – 13:44

Uno dei principali temi di discussione quotidiana nei mercati finanziari riguarda il cosiddetto tapering. Cioè le tempistiche e la velocità con cui la Federal Reserve statunitense si muoverà per ridurre gli acquisti mensili di Treasury e di MBS (Mortgage-Backed Securities, i titoli garantiti da ipoteca), emessi dalle agenzie governative.

L’INTENZIONE DELLA FED

“L’intenzione della Fed è di operare con sufficiente trasparenza per consentire ai mercati di esprimersi senza scossoni” fa sapere Brad Tank, Chief Investment Officer – Fixed Income di Neuberger Berman L’elevato grado di attenzione all’ultima dichiarazione di Jerome Powell, presidente della Banca Centrale, nella quale ha rivelato che nel board della Fed “si sta parlando di voler discutere del tapering” è più che comprensibile alla luce dell’impatto dirompente del tapering iniziale subito dopo la crisi finanziaria globale del 2009.

UNA VARIAZIONE DI 100 PUNTI BASE

Nell’attuale contesto di mercato, una variazione di 100 punti base (+1,0%) nei rendimenti dei Treasury decennali avrebbe oggi un fortissimo impatto sul valore degli asset finanziari. La precedente esperienza porta ad escludere, tra gli operatori, una replica di quanto avvenne allora: ci si aspetta, semmai, che la Fed possa modulare le proprie mosse proprio per evitare simili ripercussioni. In attesa di conoscere l’evoluzione della situazione, un aspetto che viene abbastanza trascurato è il rapporto che lega i Treasury agli MBS.

UN TERZO DEGLI ACQUISTI NETTI DELLA FED È INDIRIZZATO AGLI MBS

“Un terzo degli acquisti netti della Fed (pari a 120 miliardi di dollari) è indirizzato agli MBS emessi dalle agenzie governative e le autorità hanno lasciato intendere che le operazioni di riduzione degli interventi seguirà criteri proporzionali” spiega Tank. L’esperto, partendo dalla constatazione che gli MBS scambiano attualmente a circa 15 punti base (+0,15%) al di sopra della loro media triennale, ritiene che tale media possa costituire un ragionevole livello obiettivo quando il tapering avrà inizio, con una variazione potenziale massima di 30 punti base (0,30%).

EMISSIONI AL DI SOPRA DEI 1.000 MILIARDI DI DOLLARI

Dall’inizio della pandemia le emissioni nette in questo segmento si sono attestate abbondantemente al di sopra dei 1.000 miliardi di dollari sulla scia dei tassi ai minimi storici e del boom del mercato delle abitazioni. Emissioni che hanno registrato imponenti acquisti da parte della Fed e, aspetto piuttosto insolito per una fase di inizio del ciclo, sostanziosi acquisti anche da parte delle banche commerciali che, a differenza del 2008-2009, sono riuscite a superare la crisi mantenendo intatti capitale e rating.

IL RECENTE RALLY DEI TREASURY

“Nel recente rally dei Treasury (tra maggio e la settimana scorsa), l’apprezzamento degli MBS è risultato circa la metà rispetto ai Treasury. Ne abbiamo approfittato in chiave tattica vendendo Treasury per acquistare MBS, ritenendo possibile un’inversione parziale causata da una flessione dei tassi. Nel caso di un allargamento degli spread riconducibile al tapering, procederemo probabilmente con ulteriori acquisti” sottolinea Tank.

NON TEMERE IL TAPERING MA USARLO A PROPRIO VANTAGGIO

Gli MBS passthrough di agenzia (i titoli garantiti da ipoteca con la struttura finanziaria più semplice) sono un asset fondamentale nella maggior parte dei portafogli obbligazionari investment grade e multisettoriali di Neuberger Berman. “Al momento l’esposizione è un po’ al di sotto delle loro medie di lungo periodo ma, non appena si conoscerà l’exit strategy della Fed, questo importante mercato dovrebbe riuscire a recuperare valore. Ecco perché sosteniamo che invece di temere il tapering sia consigliato usarlo a proprio vantaggio” conclude il Chief Investment Officer – Fixed Income di Neuberger Berman

oggi discorso Powell in attesa delle minute Fed

17/08/2021

Avvio di contrattazioni in calo per le principali Borse europee, nonostante i nuovi record messi a segno ieri da Wall Street. Nei primi minuti di scambi prevalgono i segni meno con il Dax di Francoforte che lo 0,37%, mentre il Cac40 di Parigi indietreggia dello 0,45% e il Ftse 100 segna una flessione dello 0,17 per cento. Gli investitori si muovono in un contesto internazionale che resta incerto per via delle preoccupazioni legate alle turbolenze in Afghanistan ma anche per prospettive dell’economia cinese dopo i dati inferiori alle attese diffusi ieri.

E si segue da vicino la Federal Reserve (Fed). In attesa dei verbali del Fomc relativi alla riunione di luglio in uscita domani sera, oggi si attende un discorso del presidente della Fed, Jerome Powell, per un aggiornamento sullo stato di salute della più grande economia globale. Intanto in una intervista a Cnbc, il presidente della Fed di Boston, Eric Rosengren, ha dichiarato che sarebbe pronto a iniziare a ridurre gli acquisti di asset già questo autunno. E ieri il “Wall Street Journal” ha riferito che i funzionari della Fed stanno valutando di concludere gli acquisti di asset entro la metà del 2022, se la ripresa economica continuerà. Insomma, nelle ultime settimane si sta assistendo a un cambio delle attese sulle mosse di politica monetaria della Fed con sempre più membri del board che spingono per l’avvio il prima possibile del tapering, ossia la riduzione graduale degli acquisti di asset.

Il calendario macro prevede oggi la seconda stima del Pil della zona euro per il secondo trimestre 2021. Per gli Stati Uniti sono diversi gli appuntamenti da cerchiare in rosso in agenda, tra cui le vendite al dettaglio, la produzione industriale e la fiducia dei costruttori Nahb. Inizia oggi il comitato permanente del Congresso nazionale che si concluderà venerdì 20. Una riunione di quattro giorni che dovrebbe discutere di una legge anti-sanzioni a Hong-Kong e Macao.

Attesa per parole Powell, tapering si avvicina

Oggi focus sul discorso del presidente della Fed, Jerome Powell, con il consensus all’interno del board della banca centrale Usa che è sempre più verso un avvio del tapering (riduzione degli acquisti di asset) già in autunno. Il presidente della Fed di Boston, Eric Rosengren, si è espresso in tal senso e secondo quanto riporta il Wall Street Journal i funzionari della Fed stanno valutando di concludere gli acquisti di asset entro la metà del 2022, se la ripresa economica continuerà.

Il calendario macro oggi prevede la stima preliminare del Pil della zona euro per il secondo trimestre 2021. Per gli Stati Uniti sono diversi gli appuntamenti da cerchiare in rosso in agenda. A cominciare dalle vendite al dettaglio anticipate, segue la produzione industriale e la fiducia dei costruttori Nahb.

Tapering subito e QE azzerato in poco tempo, board Fed soffia sul collo di Powell per preparare mercati a nuovo spartito

16/08/2021

Annuncio a settembre via già a ottobre. Le ultime settimane stanno vedendo cambiare velocemente le attese sulle mosse di politica monetaria della Federal Reserve con sempre più membri del board che spingono per l’avvio il prima possibile del tapering, ossia la riduzione graduale degli acquisti di asset. L’ultima tornata di riscontri economici – con mercato del lavoro in gran salute e inflazione ancora ai top pluriennali – ha rafforzato questa view e adesso il mercato attende al varco Jerome Powell per vedere se anche il presidente della banca centrale statunitense si mostrerà meno accomodante rispetto al passato. Domani già un primo test con Powell che ha in programma in discorso pubblico, ma la prova del nove sarà il simposio di Jackson Jole di fine agosto che tradizionalmente ha segnato dei momenti spartiacque con annunci di svolte nella politica monetaria.

Intanto, oggi il Wall Street Journal riferisce che i funzionari della Fed stanno valutando di concludere gli acquisti di asset entro la metà del 2022, se la ripresa economica continuerà. In alcune recenti interviste e interventi pubblici, in molti hanno sostenuto questo calendario, che permetterebbe di aumentare i tassi di interesse prima di quanto attualmente previsto. Lo scorso dicembre la banca centrale Usa ha dichiarato che avrebbe continuato il ritmo attuale degli acquisti fino a quando i membri del Fomc non avessero concluso di avere raggiunto “ulteriori progressi sostanziali” verso gli obiettivi di inflazione media del 2% e occupazionali.

Esponenti Fed sempre più hawkish 

Le ultime tornate di interviste e commenti pubblici dei funzionari FED mostrano un crescente supporto per una tempistica del tapering più rapida di quanto i mercati si aspettassero solo un mese fa.

Christopher Waller, economista e membro del board della Fed, così come i presidenti delle banche della Fed Eric Rosengren, Robert Kaplan e Jim Bullard hanno pubblicamente chiesto che ci sia il via libera al tapering già nel meeting di settembre. Raphael Bostic, presidente della Fed di Atlanta, ha sostenuto l’inizio del tapering tra ottobre e dicembre, suggerendo che potrebbe anche favorire un annuncio a settembre.

Si tratta di un gruppo consistente di esponenti Fed che non sono considerati falchi, anzi in passato sono stati tra i più sonori sostenitori di un forte impegno della Fed per sostenere l’economia all’inizio della pandemia.

A poco più di un mese dal meeting di settembre (21-22 settembre) cosa potrebbe far cambiare le carte in tavola e permettere a Powell & co. di temporeggiare ancora? Le uniche incognite al momento potrebbero essere un rallentamento marcato del mercato del lavoro nel mese di agosto o letture dell’inflazione che si attenuano. Ma ad oggi le previsioni vanno più nella direzione di un’inflazione che rimarrà alta nel prossimo anno. Un sondaggio Reuters della scorsa settimana ha rilevato che settembre è il nuovo consenso per l’annuncio del tapering, mentre fino a un mese fa la lancetta era spostata su novembre.

Taper tantrum evitato, tassi Treasury sotto controllo

Powell ha più volte rimarcato di vedere l’impennata dell’inflazione come temporanea. L’obiettivo principale del banchiere centrale in questi mesi è stato quello di evitare un tapering tantrum, una ripetizione del brusco sell-off del mercato obbligazionario del 2013 innescato dal presidente della Fed Ben Bernanke che parlava di un’eventuale riduzione degli acquisti di asset.

Powell sembra aver raggiunto quell’obiettivo con i suoi colleghi della Fed che parlano apertamente di tapering ormai da diversi mesi e le azioni sono aumentate e i rendimenti obbligazionari, sebbene volatili, sono rimasti generalmente bassi. Il tasso del Treasury a 10 anni viaggia in area 1,25%, in calo di 10 punti circa nelle ultime due giornate complici anche i timori di un rallentamento economico (crollo fiducia Usa ai minimi dal 2011 e deboli dati economia cinese a luglio).

Fed valuta fine acquisti titoli entro metà 2022 (WSI)

16/08/2021

I funzionari della Fed stanno valutando di concludere gli acquisti di asset entro la metà del 2022, se la ripresa economica continuerà. È quanto si legge nell’edizione online del “Wall Street Journal”. In alcune recenti interviste e interventi pubblici, in molti hanno sostenuto questo calendario, che permetterebbe di aumentare i tassi di interesse prima di quanto attualmente previsto. Lo scorso dicembre la banca centrale Usa ha dichiarato che avrebbe continuato il ritmo attuale degli acquisti fino a quando i membri del Fomc non avessero concluso di avere raggiunto “ulteriori progressi sostanziali” verso gli obiettivi di inflazione media del 2% e occupazionali.

INFLAZIONE USA: stop del rally. Normalizzazione in atto?

Scritto il 13 Agosto 2021 alle 09:41 da Danilo DT

Uno dei grandi spauracchi del momento è sicuramente il tasso inflazione. La ripartenza post lockdown ha infiammato i prezzi sia alla produzione che al consumo, facendo temere ad un’inversione che potesse diventare incontrollabile.
Per fortuna qualcosa sta cambiando, o meglio si sta normalizzando.

Il picco di inflazione temporaneo associato alla riapertura sta già iniziando a svanire poiché i prezzi che erano depressi durante la pandemia continuano a normalizzarsi e la domanda dei consumatori di autoveicoli continua a moderarsi.

CPI ieri, oggi e…domani?

L’indice dei prezzi al consumo (CPI) a luglio è stato dello 0,47% in più rispetto a giugno su base destagionalizzata. Questo è il tasso di inflazione mensile CPI più lento da febbraio 2021 (0,35%) e significativamente più lento rispetto a giugno (0,90%). L’inflazione attualmente registra solo 1,1 deviazioni standard più velocemente rispetto alla media di gennaio 1995-febbraio 2020, rispetto alle 2,7 deviazioni standard più veloci di giugno.

Su base mensile si vede il raffreddamento, e su base annuale l’inizio della stabilizzazione. Per capire meglio cosa è accaduto e come la situazione si sia “normalizzata basta guardare le componenti dell’indice CPI, prendendo i dati dal BLS. 

Il primo grafico era lo stato dell’arte alle rilevazioni precedenti.

Il secondo invece illustra la realtà attuale, con un’evidente frenata anche delle voci più volatili.

l cambiamento più evidente è nei veicoli usati. Dopo che i prezzi sono aumentati del 10,5% a giugno, contribuendo per circa 0,35 punti percentuali all’inflazione mensile, i prezzi sono rimasti sostanzialmente stabili a luglio. Sull’indice hanno pesato molto il petrolio e ancora auto e camion usati anche se in modo meno determinante, come appena spiegato.

Certo, è presto per cantare vittoria e per poter dire che l’allarme inflazione è completamente rientrato (in virtù anche di quello che ho scritto in passato) ma quantomeno possiamo dire che la corsa al rialzo del CPI quantomeno si è congelata.

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IL PICCO DELL’INFLAZIONE!

Scritto il 12 Agosto 2021 alle 08:55 da icebergfinanza

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E finalmente venne il giorno della verità, il picco dell’inflazione è stato raggiunto come solo noi avevamo preventivato a luglio, ora una stabilizzazione e poi un’implosione deflattiva.

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Cominciamo dai numeri. L’inflazione mensile di luglio si è attestata allo 0,5% per il tasso principale, in calo dallo 0,9% di giugno, e allo 0,3% per il core, anch’esso in calo dallo 0,9%.

C’è chi dice che è solo una pausa, noi suggeriamo che è la pausa definitiva.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1425440736875536386&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F08%2F12%2Fil-picco-dellinflazione%2F&sessionId=3bc17f861301437ed1a552616e538fe45cbba562&theme=light&widgetsVersion=1890d59c%3A1627936082797&width=550px

Notevole come abbiamo preannunciato il ridimensionamento delle tariffe aeree e del settore legato alle auto usate e noleggio, come era naturale attendersi. Tali componenti continueranno molto probabilmente a ridurre l’inflazione nei mesi a venire.

Oltre 100.000 contagi al giorno in America contribuiranno inoltre a fermare la domanda nei prossimi mesi, raffreddando le aspettative di inflazione.

L’inflazione salariale è pura illusione. Oggi usciranno i prezzi alla produzione altro elemento necessario a fare luce su quanto sarà alta l’inflazione e per quanto tempo.

Nel dettaglio l’indice core è sceso e questo è quello che conta, nonostante l’indice energetico aumentato del 23,8 %.

I prezzi dell’energia sono uno dei principali fattori che hanno contribuito ai recenti aumenti dei prezzi al consumo negli Stati Uniti. Altri fattori trainanti dell’inflazione includono auto usate e a noleggio, affitti, tariffe aeree, ristoranti e assicurazioni auto.

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Ebbene tutti questi fattori hanno subito un ridimensionamento a luglio e siamo solo all’inizio.

Qualcuno si  è preoccupato per l’inversione dei rendimenti ma era naturale che dopo una corsa sfrenata ci fosse un rimbalzo.

Se qualcuno si illude che i dati sull’occupazione di venerdì siano reali, auguri, adeguamenti stagionali e altre cosuccie hanno fatto uscire un dato che è una clamorosa fake news, come vedremo a breve.

In realtà anche secondo gli analisti di JPMorgan in agosto assisteremo a un crollo impressionante dell’occupazione, con dati che arrivano sino a soli 50 mila posti creati con un massimo di 300 mila circa, una doccia fredda che arriverà al momento opportuno.

Il prossimo dato sui consumi ci sarà da divertirsi, in uscita martedì 17 agosto, quando il mercato sarà più sottile di un filo di ragnatela.

Nel frattempo…

“Domanda incredibilmente forte” per la vendita odierna di 41 miliardi di dollari di titoli del Tesoro a 10 anni. Gli acquirenti indiretti “hanno preso 31,66 miliardi di dollari (77,3 %) dell’asta,  un record:” Charles Retzky di Mizuho. I rendimenti a 10 anni sono scesi quando è diventato chiaro che c’è ancora molta domanda a questi livelli.

Dopo la solida asta a 3 anni di martedì, ieri abbiamo avuto la più solida e spettacolare asta a 10 anni della storia del Tesoro americano, se li sono letteralmente strappati di mano.

Il Bid to Cover è passato da 2,39 a 2,65, il più alto da maggio 2020; naturalmente era molto al di sopra della media delle ultime sei aste a 2,42.

Noi non abbiamo alcuna fretta, i fatti ci stanno dando ragione, uno dopo l’altro, ora abbiamo anche il dollaro vicino a livelli che potrebbero far chiudere quasi tutte le scommesse su un crollo della moneta verde.

State sintonizzati e preparatevi a vedere cose mai viste.

Nel frattempo, dopo l’illusione di giugno, i nuovi prestiti in Cina tornano a crollare, tutti i dati hanno sorpreso al ribasso a luglio, prestiti alle imprese, il credito bancario ombra continua a contrarsi.

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Anche il petrolio da quando è uscito l’ultimo manoscritto di Machiavelli è crollato del 9% per poi rimbalzare, ma sarà un rimbalzo del gatto morto.

Soli, sempre controcorrente, contro tutti e contro tutto ma vincenti alla fine!

Buon ferragosto a tutti.

Grazie a tutti coloro che hanno sostenuto il nostro lavoro, buona Estate a Voi e alle Vostre famiglie!

A loro non resta che la favoletta di Jackson Hole, a noi il gran finale!

Report inflazione USA non cambia spartito Fed su tapering. Mercati guardano bicchiere mezzo pieno con nuovi record DJ e S&P 500

11/08/2021

I segnali di rallentamento dell’inflazione statunitense sono accolti con favore dai mercati. Nessuna grande sorpresa, ma le pressioni inflattive appaiono più moderate, soprattutto guardando alla componente core. L’inflazione Usa ha segnato un progresso annuo del 5,4% a luglio. Escludendo le componenti volatili alimentari ed energetiche, il cosiddetto CPI core è aumentato del 4,3% rispetto a luglio 2020. La variazione mensile della componente core è inferiore alle attese (consensus era +0,4%) e decisamente inferiore al +0,9% m/m fatto segnare a giugno. Indicazioni che fanno intravedere la possibilità che il picco per l’inflazione sia stato raggiunto.

Il dato odierno non apporta comunque novità sostanziali sul possibile timing del tapering. Il prossimo momento chiave è il simposio di Jackson Hole (26/28 agosto) in cui Powell potrebbe rendere noto che siamo più vicini al tapering. Occorrono ancora conferme, in attesa soprattutto dei dati sul mercato del lavoro di settembre e ottobre, a meno di dati di settembre incredibilmente sopra le attese, ipotesi quest’ultima che, al momento, appare meno probabile alla luce anche delle riaperture delle scuole oggi in USA che potrebbero rallentare nel breve il processo di incremento di coloro che cercano attivamente lavoro”, argomenta Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte.

Ftse Mib allunga striscia vincente, bene i titoli esposti a piano infrastrutturale

Non si è fatta attendere la reazione dei mercati con Wall Street che ha aperto sui nuovi massimi storici portandosi dietro le Borse europee. Piazza Affari ha aggiornato i massimi dal 2008 con il Ftse Mib che ha chiuso a 26.457 punti (+0,98%).

Sponda all’ottimismo dei mercati arriva anche dal via libera del Senato degli Stati Uniti al piano infrastrutturale da 1.000 miliardi di dollari. Ieri il voto favorevole ha segnato una vittoria significativa per il presidente Joe Biden e adesso il via libera della Camera appare una formalità visto che la maggioranza è democratica.

Tra le blue chip milanesi si distinta oggi Buzzi (+3,28% a 22,66 euro) che si giova proprio del via libera al piano infrastrutturale Usa, così come Prysmian (+2,87%) e Interpump (+2,6%) che come Buzzi vedono una buona fetta del loro fatturato realizzato negli Stati Uniti.

Oggi in spolvero anche le banche (+3,82% Banco BPM, +2,4% Unicredit, +2,95% Bper e +1,7% Intesa). In generale oggi si è mosso bene tutto il settore bancario UE con i conti di ABN Amro che hanno evidenziato il ritorno all’utile e del pagamento del dividendo.
Scatto anche per Telecom Italia a +3,19% in area 0,3948 euro.

ROAD to TAPERING: target in autunno?

Scritto il 10 Agosto 2021 alle 11:44 da Danilo DT

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La strada è segnata, il tapering è stato citato diverse volte dalla FED, sempre morbidamente perché bisogna non creare panico ma allo stesso tempo dare consapevolezza a tutti che è una manovra ormai programmata e necessaria. Quando? Forse già in questo 2021, magari in autunno inoltrato.

Sempre per usare il bastone e la carota, si susseguono pareri dei vari membri del board FOMC, spesso discordanti ma che stanno cercando in linea di massima di forzare un po’ i tempi. L’impennata del tasso inflazione è considerato dai più “temporaneo”. Ma non dimentichiamo mai che la componente “costo del lavoro” ancora non è entrata a “gamba tesa” sull’indicatore e quindi non si escludono novità nel medio termine. Novità di cui ovviamente nessuno parla perché scatenerebbe preoccupazioni. Anche perché, poi, lo stesso Biden sembra “frenato” proprio a causa dell’inflazione già troppo elevata.

Intanto il presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, tuona con un messaggio abbastanza forte: ha detto di aspettarsi che la banca centrale statunitense inizi a ridurre gli acquisti di asset tra ottobre e dicembre ma anche di essere favorevole ad anticipare questa data se il mercato del lavoro proseguisse con i ritmi visti di recente.

Nota bene: qui non parliamo di salari ma di disoccupazione USA. Non siamo in piena occupazione ma i dati sotto questo aspetto stanno fortemente migliorando. Il grafico parla chiaro. Guardate l’andamento della disoccupazione USA, ma anche dell’inflazione (a breve termine). Inoltre Bostic e il collega della Fed di Richmond, Tom Barkin, hanno detto di ritenere che l’inflazione abbia già raggiunto l’obiettivo della Fed del 2%.

Quello relativo ai prezzi è uno dei due requisiti da centrare prima di prendere in considerazione un incremento dei tassi. E domani aspettiamo il sondaggio della Fed di New York, con le aspettative di inflazione nel breve termine che si prevedono ancora elevate.

Curva dei tassi USA

Detto questo, sono evidenti le ripercussioni sulla curva dei tassi ma attenzione, rispetto a quanto potrebbe succedere, gli scostamenti non sono così netto. Qui sopra vedete la curva dei rendimenti USA. In blu la curva di oggi. Come potete vedere, solo la curva rozza (un anno fa) era in condizioni molto differenti.

Oggi siamo accostati a quanto vedevamo praticamente in tutto l’ultimo anno. Ma allo stesso tempo, la curva di 5 anni fa non è così. Già, perché la politica monetaria ha messo le sue basi molto tempo fa e quindi un’analisi storica a 5 anni potrebbe essere limitativa. Intanto però mi domando se ha senso pensare ad un chiaro irripidimento della curva nelle prossime settimane se veramente fossero confermate le date di partenza del tapering.

Certo, la FED cerca di controllare e gestire la situazione e questo è sicuramente un punto a favore della stabilizzazione della curva, anche perché se va “fuori controllo” ci rimette tutto il mercato, economia ed equity in primis, con effetti devastanti su tutto il tessuto economico e finanziario. Si andrebbe a distruggere tutto e questo non deve accadere, l’atterraggio deve essere morbido.

Questa è la grande scommessa della FED e di tutte le banche centrali..

Lavoro Usa oltre le attese, Powell sempre più vicino a intervenire per normalizzare politica monetaria

06/08/2021

Sui mercati c’era tanta attesa per le cifre macroeconomiche sul mondo del lavoro americano per cercare di prevedere le prossime mosse della Federal Reserve (Fed) dopo le dichiarazioni di molti membri del FOMC (Clarida, Bullard) che sono andate a smentire l’atteggiamento ultra-accomodante del presidente della banca centrale Usa, Jerome Powell, mostrato nell’ultima riunione del Consiglio Direttivo.

“I dati sul fronte occupazionale statunitense sono stati molto positivi, con l’unica nota dolente del tasso di partecipazione alla forza lavoro ancora lontano dai valori di febbraio 2020. Bisogna anche ricordare che a luglio non sono stati calcolati i possibili effetti delle recenti misure restrittive introdotte negli Stati Uniti per limitare i possibili contagi legati alla variante delta. Il report è tuttavia straordinariamente positivo e conferma come il mondo del lavoro statunitense è sul sentiero giusto per tornare ai livelli pre-pandemici”, Filippo Diodovich, senior strategist IG Italia, dopo la pubblicazione dei dati sull’occupazione Usa per il mese di luglio.

Diodovich crede che Jerome Powell possa avere molti problemi a mantenere un atteggiamento “wait and see” con un mondo del lavoro sempre più vicino agli obiettivi della FED e con le pressioni inflazionistiche sempre più elevate. Al coro dei membri più falchi all’interno del FOMC si aggiungeranno anche i moderati per convincere l’intera commissione che è arrivato il momento di annunciare l’inizio del processo di riduzione degli stimoli monetari. Secondo gli esperti, la Fed potrebbe annunciare l’inizio del processo di tapering nel meeting di settembre quando saranno comunicate anche le nuove proiezioni sulle principali variabili macroeconomiche. IG Italia ritiene che gli acquisti di Treasuries e MBS saranno ridotti a partire da dicembre in modo graduale. Per il rialzo dei tassi d’interesse il sentiero è ancora lungo (ultimo trimestre 2022, primo trimestre 2023).

Novità su ‘Fed pensiero’ a Jackson Hole    

06/08/2021

I mercati si ridestano con le buone indicazioni arrivate dal lavoro americano che ha accelerato a luglio, con un aumento dei psoti di lavoro migliore delle aspettative. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione è calato più del previsto, dimostrando un ulteriore slancio dell’occupazione americana che resta ancora alle prese con le sfide in tema di assunzioni. Il tutto ha innescato anche la reazione positiva di Piazza Affari che è la migliore in Europa. A Milano, l’indice Ftse Mib ha rimesso nel mirino la soglia psicologica dei 26 mila punti. In questo momento l’indice guadagna oltre l’1% a quota 25.933 punti, trainato al rialzo dai bancari. Protagoniste assolute Bper e Banco Bpm che salgono rispettivamente dell’8% e del 6,7%. Entrambe reduci dalla recente comunicazione dei risultati del primo semestre dell’anno.

Come ogni primo venerdì del mese, alle 14:30 ora italiana, il dipartimento del lavoro Usa ha presentato i principali dati del mese di luglio. Nel dettaglio, le buste paga nei settori non agricoli, le cosiddette non-farm payrolls, sono aumentate di 943mila unità a luglio, in rialzo rispetto agli 938mila posti di lavoro di giugno (dato rivisto da +850 mila unità) contro +870mila del consensus Bloomberg. E cala più del previsto il tasso di disoccupazione che si è attestato al 5,4% contro il 5,9% della passata rilevazione. Il consensus Bloomberg indicava un dato pari al 5,7 per cento. A completare il quadro le indicazioni in arrivo sui salari medi orari che su base mensile hanno mostrato un rialzo dello 0,4% in linea con la passata rilevazione.

Come sottolineano da Bloomberg, queste cifre segnano un ulteriore passo verso l’obiettivo della Federal Reserve (Fed) di ulteriori progressi “sostanziali” nella ripresa del mercato del lavoro. Alcuni funzionari della banca centrale Usa, tra cui il presidente Jerome Powell e il governatore Lael Brainard, hanno indicato che per la ripresa del mercato del lavoro c’è ancora molta strada da fare prima che la Fed possa iniziare a ridurre gli acquisti di asset.

Aspettando Jackson Hole

Intanto la prossima settimana, arriverà un nuovo importante test a livello macro. Gli occhi degli investitori saranno, infatti, tutti puntati sull’inflazione statunitense di luglio attesa in lieve rallentamento ma comunque sopra il 5%, in uscita mercoledì 11 agosto. “Conferme di persistenti pressioni inflazionistiche tornerebbero a favorire il biglietto verde, ma affinché il dollaro possa avviare un recupero più duraturo è necessario che anche gli altri dati relativi alla crescita, soprattutto con riferimento al mercato del lavoro, confermino la solidità della ripresa in essere”, commentano gli esperti dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo nella ‘Forex Flash’ di oggi, rimarcando che per procedere verso il tapering la Fed vuole infatti osservare progressi significativi su entrambi i fronti.

Tra gli altri dati da seguire, segnalano gli esperti, in particolare la seconda stima del Pil del secondo trimestre (soprattutto perché la prima lettura aveva deluso) il 26 agosto, e gli ISM, manifatturiero e non, rispettivamente l’1 e il 3 settembre. Prima del FOMC del 22 settembre la Fed avrà comunque a disposizione anche l’employment report del 3 settembre e i nuovi dati di inflazione, il 14 settembre. Intanto, per seguire l’evolversi del pensiero della Fed saranno da tenere monitorati i vari discorsi in programma, con particolare attenzione agli interventi di Jackson Hole (26-28 agosto).

Fed dà fiato al rally delle Borse, il tapering può aspettare. A Piazza Affari è il giorno dei conti per tante big del Ftse Mib

29/07/2021

Piazza Affari trova sponda nella Fed che ha temporeggiato, come da attese, sulla comunicazione relativa al tapering. L’indice Ftse Mib sale dello 0,46% a 25.384 punti . Tra le blue chip milanesi si muove bene ENI (+1,11%) in attesa dei conti trimestrali. In lieve calo invece Enel (-0,4%) che lei alle prese oggi con il test conti. Scatto a +3% di Stm che ha chiuso il secondo trimestre con un utile netto di 412 milioni di dollari e ricavi migliori delle attese (+43,4% a/a), spinti dalla forte domanda di chip. Anche le previsioni per il terzo trimestre superiori alle stime di mercato. Il produttore di chip italo-francese stima per il terzo trimestre ricavi netti a 3,20 Mld$, sopra le stime di mercato di 3,08 Mld$, ed un margine lordo al 41%.

Tra i migliori oggi anche Stellantis (+1,25%) che trova sponda della revisione al rialzo della guidance da parte del colosso tedesco Volkswagen.

Fed rimane dovish, tempi non maturi per tapering

Ieri sera della Federal Reserve ha lasciato i tassi invariati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25% con una  visione di un’economia in ripresa, con solo temporanee pressioni sull’inflazione. Il presidente della banca centrale Usa, Jerome Powell, ha nuovamente frenato le speculazioni su un imminente tapering del QE. “Il nostro approccio – ha detto – è essere il più possibile trasparenti. Non abbiamo raggiunto ancora quella situazione caratterizzata da ulteriori progressi significativi. Riteniamo di avere ancora un po’ di strada da fare per arrivarci”. Per progressi significativi ulteriori si intendono progressi nell’occupazione e nell’inflazione che, evidentemente, non sono ancora tali secondo la Fed da avallare l’avvio del tapering.

Powell ritiene che sono stati fatti progressi nel mercato del lavoro, ma non sono ancora “sostanziali” verso l’obiettivo della massima occupazione. Quando gli è stato chiesto sul tapering nella conferenza Powell ha chiosato “vorrei vedere alcuni numeri sul mercato del lavoro forti”. Comunque il board ne ha iniziato a parlare di riduzione degli acquisti e nelle prossime riunioni continuerà la discussione. “Questo induce a pensare che l’annuncio verosimilmente ci sarà a novembre o dicembre”, argomentano gli esperti di MPS Capital Services. In merito alle modalità del tapering Powell ha dichiarato che difficilmente ridurranno gli MBS prima dei Treasury, mentre un rialzo dei tassi, che al momento non è nel loro radar, dovrebbe avvenire idealmente dopo la fine del QE. Intanto, al Senato USA è stato raggiunto un accordo bipartisan sul piano infrastrutturale (pacchetto da 550 Mld$)

Raffica di trimestrali in arrivo

Oggi attenzione al Pil Usa relativo al secondo trimestre, oltre che alle nuove richieste di sussidi alla disoccupazione. A livello societario prosegue spedita la stagione dei conti, con i risultati di Credit Suisse, Nokia, Nestle, Shell, Telefonica, e Volkswagen. In Italia sono in programma i CdA sui conti di ben 14 società del Ftse Mib: Amplifon, Azimut, Banca Mediolanum, Enel, ENI (uscita risultati domani), Inwit, Leonardo, Mediobanca, Recordati, Saipem, Snam, Stmicroelectronics, Terna e Unicredit (uscita risultati domani).

Fed lascia tassi invariati attorno allo zero, Powell frena ancora speculazioni tapering

29/07/2021

Come da attese, la Federal Reserve di Jerome Powell ha lasciato i tassi sui fed funds invariati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%. Powell ha tentato nuovamente di frenare le speculazioni su un imminente tapering del QE: “Il nostro approccio – ha detto – è essere il più possibile trasparenti. Non abbiamo raggiunto ancora quella situazione caratterizzata da ulteriori progressi significativi. Riteniamo di avere ancora un po’ di strada da fare per arrivarci”. Per progressi significativi ulteriori si intendono progressi nell’occupazione e nell’inflazione che, evidentemente, non sono ancora tali secondo la Fed da avallare l’avvio del tapering

INTERMARKET: i messaggi da growth, value e curva tassi

Nei post precedenti ho messo in evidenza le peculiarità del mercato che abbiamo potuto notare nelle ultime settimane.
In questo post volevo mettere in evidenza la “ripartenza” del growth, da molti dato come “morente” a seguito di un rally partito da quando il mercato è rinato sulle ceneri delle prime notizie sul Covid-19.

Però attenzione, non è un caso. Certo, le eccellenti trimestrali USA hanno dato una grossa mano, ma non è solo questo il motore della ripartenza del tech. Guardate l’andamento del differenziale tasso USA.

Analizzare il trend 10y-2y dà l’idea di come la curva dei tassi si stia muovendo. Dopo una fase di “steepening” ecco che ritorna ad essere “flat” e quindi si appiattisce.
Le motivazione le abbiamo spiegate in questo post (link). Quindi capite che in ambito intermarket ci sono delle dinamiche che vanno a giustificare certi movimenti che per alcuni gestori sono addirittura considerati “misteriosi”.

In realtà il mercato riesce sempre ad essere trasparente e le motivazioni, si possono trovare. Occorre però fare delle analisi attente e possibilmente sostenibili.

La scommessa che sta facendo il mercato (scusate se ripeto cose già scritte) è molto legata a due fattori:

  • crescita
  • inflazione

I prezzi al consumo negli Stati Uniti sono ai TOP dell’ultimo decennio. Però tutti pensano ad una fase transitoria. O meglio, il mercato sta scontando questo.
Occorre però ricordare che ci sono ancora DUE tasselli importanti che possono rovinare queste previsioni.

Il primo è legato alle materie prime (qualcuno ha seguito il rally del Dr. Copper?) e poi il costo del lavoro, che ancora non ha reagito in modo importante al rialzo, cosa che mi aspetto nei prossimi mesi.
Quindi la logica dovrebbe portare a scontare non un’inflazione che dovrebbe tornare a scendere, ma addirittura a salire ulteriormente. Ma come detto, il mercato questo non lo sconta.

Questo lo si vede proprio dalla curva del differenziale di tasso, illustrata nel primo grafico.
Quindi tassi che sulla parte lunga tornano a scendere e società growth che possono tornare ad accedere a capitale a tassi più bassi, e comunque inferiori agli ipotetici tassi di crescita.

I problemi salterebbero fuori se l’inflazione diventa strutturalmente più elevata, incidendo sulla crescita economica, sui tassi di interesse e su tutte le dinamiche sopra descritte. Un “worst case” che nessuno si augura in questo momento

Fed: oggi l’annuncio e la conferenza di Powell. Ecco la condizione mancante per il tapering (analisti)

28/07/2021

Il focus principale della riunione odierna della Federal Reserve (Fed), considerando che le attese sono per tassi di interesse invariati, sarà incentrato sulla exit strategy, con il presidente Jerome Powell che ha anticipato l’impegno del FOMC a dare un “preavviso” rispetto al tapering. “Pensiamo che sia troppo presto per annunciare formalmente la decisione di avviare il tapering – sostiene Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud Asset Management – poiché una condizione preliminare cruciale, cioè ulteriori e sostanziali progressi nei dati economici, è lontana, come sottolineato dallo stesso presidente della Fed durante la sua ultima relazione al Congresso. In particolare, saranno importanti i progressi nel mercato del lavoro”.

Secondo l’esperto di Mirabaud AM, sarà molto probabile che una decisione più formale sul tapering possa arrivare alla riunione di settembre, a patto che i dati sull’occupazione siano davvero sostanziali. Il simposio di Jackson Hole di fine agosto sarà un’altra occasione per annunciare ulteriori sviluppi.

CRAZY BOND MARKET: inflazione alle stelle e tassi al tappeto!

Scritto il 27 Luglio 2021 alle 13:58 da Danilo DT

This time is different.
Questo è il titolo di un celebre libro, più volte citato dall’autore di questo blog. Ma questa volta occorre dire che qualcosa è veramente differente quantomeno a livello di logiche di mercato. Il motivo è fin troppo semplice e lampante.

Tasso inflazione: in salita ovunque

Notizia stra-nota a tutti. Il tasso inflazione, causa ripartenza globale, decolla in ogni dove, soprattutto negli USA. Ma la tendenza sembra comunque chiara ovunque.
Se quindi l’inflazione è tendenzialmente in aumento (anche se non ancora dichiarata “strutturale” e quindi impennata transitoria ma tendenza rialzista mai messa in discussione) la logica ci porta a pensare ad un mercato che reagisce con aspettative di tassi di interesse al rialzo. E invece…

Tassi di interesse: tavola rendimenti globali

Vi sembra che in questa tavola ci siano rendimenti così entusiasmanti? Ho segnato i tassi negativi in rosso cosi rimangono ben evidenti. Notate per esempio l’Eurozona, a 10yr è ancora a rendimento negativo. Ma se la tendenza non vi è chiara…

…adesso potrete notare che non solo i tassi NON sono saliti ma sono tornati a scendere. Il caso USA è emblematico. Mai si è registrata nella storia una situazione simile. Inflazione così alta con tassi così bassi.

Il grafico di IrrilevantInvestor è eloquente. Ma che sta succedendo? Beh, lo sappiamo benissimo. Il mercato è pilotato. Innanzitutto dalla FED che fa carte false per tenere i tassi al tappeto (come anche la BCE). Tenete conto che, fonte Bloomberg, nel 2020 il 54% delle emissioni governative Usa sono poi state acquistate da Governo e FED stessa. Un buyer quindi poderoso. E il mercato non osa certo mettersi contro a questo buyer. Don’t fight the FED. E quindi diventa “facile” far prima crollare i tassi e poi lasciarli al tappeto.

Inoltre c’è il solito problema. Si chiama TINA: There Is No Alternative.

E poi il sentiment. Finchè è alle stelle, c’è fiducia sul futuro e anche sull’operato delle banche centrali che quindi dovranno andarci molto caute nel comunicare ai mercati eventuali cambi di strategia monetaria.

Ad aiutare poi i mercati sono anche i profitti di Wall Street. i bond HY non possono che beneficiare di uno scenario del genere in quanto gli emittenti diventano più solidi agli occhi degli investitori. Oggi le quotazioni sono veramente generose ma il mercato tiene benissimo i prezzi. Proprio grazie ai profitti. Il 34,5% delle società, infatti, ha profitti in aumento. Cose mai viste in passato. Anche questo è “different”. Chart by Axios.

Insomma, this time is different, nel bene e nel male. Finora tutto ok, il progetto e chiaro, vedremo se in questo momento, in cui stiamo facendo la storia, il treno riesce a non deragliare.

Fed e il temuto avvio discussione sul tapering: ecco cosa successe a Treasury e S&P 500 nel 2013

27/07/2021

Inizia oggi una due giorni di summit da parte del board della Federal Reserve e il momento è ideale per discutere su come si sono comportati  i tassi del Treasury a 10 anni e l’S&P 500 quando la Fed ha ridotto gli acquisti del QE nel 2013.

Sulla scia della Grande Recessione, ci sono voluti circa cinque anni perché la banca centrale americana iniziasse a rallentare il suo controverso programma di acquisto di obbligazioni su larga scala, rendendo il 2013 l’anno del “taper tantrum”.

Taper tantrum e la necessità di mantenere i nervi saldi

E mentre sembrava che i mercati azionari e obbligazionari degli Stati Uniti fossero impazziti nel 2013, un esame attento della performance dell’S&P 500 in quell’anno tumultuoso mostra che alla fine è andata piuttosto bene per gli investitori azionari che hanno mantenuto la rotta. Dopo una flessione di circa il 6% dopo l’annuncio del taper della Fed, l’S&P 500 ha terminato l’anno in rialzo di circa il 30%, secondo il Wells Fargo Investment Institute.

Allo stesso tempo, il rendimento del Treasury a 10 anni è quasi raddoppiato in sei mesi da un minimo di quasi l’1,5% a circa il 3,1% a dicembre, portando ad un aumento dei costi di prestito che si è propagato attraverso l’economia statunitense, dai proprietari di immobili commerciali alle società statunitensi. “L’inflazione più alta, l’aumento dei tassi di interesse a lungo termine e una Fed meno dovish potrebbero potenzialmente causare una pausa nel mercato”, ha sottolineato Chris Haverland, stratega azionario globale del Wells Fargo Institute, in una nota.  “Tuttavia, le azioni hanno storicamente eseguito bene attraverso questi eventi, anche se c’è stata una certa pressione di vendita iniziale”.

Haverland pensa che la Fed possa annunciare piani per ridurre i suoi acquisti di asset più avanti nel corso dell’anno, il che potrebbe sollevare i tassi del Tesoro a più lunga scadenza, compreso il decennale, dal suo attuale range dell’1,3%. “Se il mercato si corregge, lo vedremmo come un’opportunità per riempire le nostre posizioni azionarie che possono essere al di sotto degli obiettivi strategici o tattici”, ha detto. Durante la pandemia, la Fed ha acquistato circa 80 miliardi di dollari di Treasurys ogni mese e 40 miliardi di dollari di titoli garantiti da ipoteca di agenzia (MBS), mentre aumentava il suo bilancio a circa 8,2 trilioni di dollari. Alcuni funzionari della Fed hanno discusso se sia il momento giusto per iniziare a ridurre l’acquisto di MBS come primo passo per ritirare il  sostegno profuso, soprattutto perché il mercato immobiliare statunitense è stato sotto pressione durante la crisi COVID.

Mercati europei ancora in rialzo, attese per una Bce con toni dovish

22/07/2021

L’attenzione dei mercati è tutta rivolta oggi alla riunione estiva della Banca centrale europea (Bce), un meeting che assume ancora più importanza visto che sarà il dopo il riesame della strategia avvenuto nelle scorse settimane. Come sempre l’annuncio ufficiale sui tassi è previsto alle 13.45, mentre a partire dalle 14.30 è prevista la conferenza stampa del presidente Christine Lagarde in cui spiegherà i dettagli degli annunci e delle decisioni prese. Quando è trascorsa circa una ora dall’avvio degli scambi nel Vecchio continente sono i segni positivi a prevalere: il Cac40 e il Dax salgono rispettivamente dello 0,87% e dello 0,63%, mentre il Ftse 100 mostra un lieve calo dello 0,13 per cento. Positiva anche Piazza Affari, con l’indice Ftse Mib che mostra un rialzo dello di quasi lo 0,9% a 24.893,13 punti.

“Oggi cruciale sarà l’esito della riunione Bce che, recependo la nuova strategia di policy (passaggio a un target di inflazione simmetrico con possibilità di fasi temporanee di overshooting dell’inflazione), rivedrà la forward guidance”, segnalano gli esperti dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo sottolineando che “se il nuovo indirizzo verrà formulato in modo da indicare un approccio di policy di fatto più accomodante ne dovrebbe venire indebolito”. “La riunione si preannuncia movimentata, dal momento che prevede il recepimento del nuovo quadro di riferimento della Bce nel suo orientamento strategico. Pertanto, le disposizioni in materia di politica monetaria saranno quasi certamente riviste in maniera significativa per giustificare l’obiettivo d’inflazione del 2% ‘simmetrico’”, aggiunge Peter Allen Goves, fixed-income research analyst di MFS IM, aggiungendo che “benché questa settimana non ci aspettiamo nessun cambiamento formale rispetto alla politica vigente, crediamo che ci sarà un orientamento accomodante”.
Dello stesso avviso gli strategist di Mps Capital Services, secondo i quali “gli operatori stanno probabilmente arrivando all’incontro con attese che la strategy review possa portare ad un atteggiamento ancora più accomodante da parte dell’istituto di Francoforte”. In particolare, secondo gli esperti la Bce dovrebbe indicare l’impegno a mantenere i tassi ufficiali ai loro livelli attuali o inferiori fino a quando l’inflazione raggiunga il 2% in modo sostenibile. “Difficilmente potrà andare oltre una modifica puramente ‘estetica’, formale/di facciata, date le divergenze interne e considerato che la discussione sulla ricalibrazione dei piani di acquisto titoli (tra questi il PEPP) sembrerebbe essere rimandata almeno a settembre. Il tono è atteso confermarsi piuttosto dovish, ma il mercato già lo prezza in buona parte”, aggiungono da Mps.

I mercati sembrano, almeno per il momento, avere scacciato le forti perdite viste in avvio di settimana e il motivo di questa ripresa sarebbe da ricercare nelle indicazioni societarie e nella possibilità che le banche centrali rimangano ancora accomodanti. Sui mercati, sottolinea Michael Hewson, chief market analyst di CMC Markets UK, “la preoccupazione che l’aumento dei contagi della variante Delta possa rallentare la ripresa economica, sembra essere stata messa da parte per ora, dopo una giornata di aggiornamenti positivi che hanno mostrato che le aziende potrebbero essere in grado di soddisfare le aspettative dell’intero anno su ricavi e profitti”.

Per quanto riguarda gli altri appuntamenti di giornata, sono diversi i dati in uscita nel pomeriggio per gli Usa, tra i più attesi l’aggiornamento settimanale con le nuove richieste di sussidi, il leading index e le vendite di case esistenti. Per la zona euro in arrivo alle 16 anche la fiducia dei consumatori. Per la stagione delle trimestrali in arrivo i numeri di Intel e Twitter.

Preview Bce, grande attesa per altre (imminenti?) sorprese firmate Lagarde. Ipotesi metamorfosi PEPP, i bazooka non sono finiti. Eccoli

20/07/2021

Grande attesa per dopodomani giovedì 22 luglio, quando entrerà in vigore la nuova strategia di politica monetaria della Bce annunciata da Christine Lagarde lo scorso 8 luglio. Nuovi annunci potrebbero muovere ulteriormente i mercati.Cosa aspettarsi dal meeting di dopodomani?
Diversi analisti hanno già snocciolato le loro previsioni, con alcuni che hanno messo in rilievo la nuova minaccia alla crescita dell’economia dell’area euro rappresentata dalla recrudescenza del Covid-19, a causa della diffusione della variante Covid-19.

Vale la pena di ricordare il contenuto del grande annuncio – la cui importanza alla fine è stata ridimensionata tuttavia da molti economisti – dell’8 luglio scorso, quando Lagarde ha inaugurato una nuova era per l’Eurotower, rivedendo al rialzo il target di inflazione dal valore “vicino ma poco al di sotto al 2% simmetrico.
“Fino a poco fa  le aspettative su questo meeting (di dopodomani, 22 luglio) erano state basse, dopo che nella precedente riunione la Bce aveva rivisto al rialzo il proprio outlook per il Pil del 2021, dal 4% al 4,6% – ha spiegato Michael Hewson, responsabile analista di mercato di CMC Markets UK – Negli ultimi mesi ci sono state lamentele tra i paesi del Nord Europa riguardo al ritmo degli acquisti di asset (da parte della Bce, attraverso l’APP e il PEPP, quest’ultimo QE pandemico), accompagnate da una certa insistenza a porre fino al piano (PEPP) entro la fine di marzo del 2022″, come da scadenza.
Vista la situazione odierna, è improbabile che un simile appello venga rilanciato proprio ora.
“Con i casi di infezioni da virus che stanno aumentando ancora e alcune aree dell’economia europea che sono particolarmente vulnerabili all’aumento dei contagi, è altamente improbabile che la Bce decida di ritirare i propri stimoli, visto che l’attività economica rimane lontana dal ritorno alla normalità – ha spiegato Hewson in una nota – Abbiamo già sentito che la Bce ha modificato il suo mandato sull’inflazione, al fine di cercare di dotarsi di una maggiore flessibilità nella politica monetaria. Il mandato precedente era cercare di tenere l’inflazione al 2% o al di sotto della soglia nel medio termine. Il nuovo mandato dà alla banca centrale un target di inflazione più flessibile e più dovish, pari al 2%. Questo cambiamento consentirà alla banca centrale di tollerare rialzi temporanei dell’inflazione rispetto al suo target”.
Per l’analista, il cambiamento è tuttavia “più di stile che di sostanza, considerato il mancato successo della Bce nel centrare il suo precedente mandato”.

Bce: come cambierà la forward guidance sul PEPP?

Insomma, “dovremmo sapere di più cosa la Bce spera di raggiungere in occasione della conferenza stampa (di Lagarde successiva alla riunione del Consiglio direttivo del prossimo 22 luglio, per l’appunto), insieme ai dettagli su come cambierà la forward guidance sul programma PEPP. Al momento, il QE pandemico – continua Hewson – vale 1,85 trilioni di euro e la sua scadenza è prevista almeno per il marzo del 2022. Probabilmente questa data verrà cancellata, visti i commenti di Lagarde, secondo cui le misure di emergenza non saranno ritirate presto. Tuttavia, ci potrebbe essere una resistenza considerevole da parte di alcuni esponenti del Consiglio direttivo, e dunque qualsiasi decisione potrebbe non essere unanime” (cosa di cui, come ha detto lei stessa, non stupirebbe neanche Christine Lagarde”.
Pasquale Diana, Senior Macro Economist di AcomeA SGR, ridimensiona quello che è stato definito un grande annuncio della Bce, riferendosi al cambiamento del target di inflazione comunicato lo scorso 8 luglio.
Intanto, la premessa di Diana:
“La presentazione della Strategy Review della BCE di due settimane fa è stata vista come un non-event dal mercato. L’opinione prevalente è che la review rende ufficiale ciò che si sospettava da tempo (il target era già de facto 2%, non ‘poco sotto il 2%’), e i cambiamenti all’indice di inflazione (con l’inclusione di Owner Occupied Housing) sono lontani nel tempo. La critica più comune è stata che la trasparenza riguardo al target di inflazione è benvenuta, ma la mancanza di dettagli – come, ad esempio, nuovi strumenti – su come raggiungere un target del 2% è stata una delusione”.
L’economista senior ha fatto notare che, “dopo l’annuncio della Strategy Review, la stessa Lagarde ha indicato che ci sarebbero stati altri sviluppi a breve. A che cosa si riferiva? È chiaro che la forward guidance della BCE deve cambiare, per riflettere il nuovo target. Al momento, lo statement dice questo: “The Governing Council expects the key ECB interest rates to remain at their present or lower levels until it has seen the inflation outlook robustly converge to a level sufficiently close to, but below, 2% within its projection horizon”. La nuova forward guidance dovrebbe parlare in maniera più esplicita di “close to 2%”.
“Tutto qui? – si chiede Diana – Difficile dirlo. Se davvero cambiasse solo questo, allora in effetti il meeting di luglio sarebbe un non-event (come per altro ci si aspettava). Che cos’altro potrebbe succedere? Ci sono varie possibilità, ma ne menziono solo un paio qui di seguito. I programmi di acquisti: Il PEPP, iniziato a marzo 2020 in piena emergenza pandemica, consente alla BCE di comprare sul mercato con flessibilità e discrezione. Dopo marzo 2022, la BCE cercherà probabilmente di trasferire parte della flessibilità del PEPP all’APP, il programma di acquisti principale. La BCE potrebbe (a luglio o nei meetings seguenti) iniziare a parlare di questo come di uno degli strumenti nuovi per portare le aspettative d’inflazione al 2%. Ad esempio, il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme, per l’appunto QE pandemico) potrebbe diventare un “PRPP” (Pandemic Recovery Purchase Programme), e quindi diventare uno strumento per comprimere gli spread ben oltre il 2022. Questo sarebbe visto come molto dovish dal mercato”.
Un’altra ipotesi è che la Bce potrebbe annunciare “una forward guidance più aggressiva”.
Ovvero?
“La BCE potrebbe decidere di annunciare che alzerà i tassi solo quando l’inflazione realizzata (e non quella attesa) avrà raggiunto l’obiettivo. Se davvero la Banca Centrale andasse in questa direzione, sarebbe un cambiamento molto significativo. Ricordiamo, infatti, che l’inflazione in Eurozona negli ultimi dieci anni è stata in media dell’1,2%, poco più della metà del target. Annunciare che i tassi saliranno solo in presenza di inflazione già stabilmente al 2% sarebbe un segnale molto forte per il mercato (chiaramente dovish).Ciò detto, dobbiamo sempre tenere a mente che sia sull’evoluzione del PEPP che sulla forward guidance la Lagarde dovrà riuscire nel compito di conciliare posizioni discordanti tra i vari membri del Governing Council, il che non sarà facile. Una battaglia ancora più difficile a mio avviso sarà combattuta tra i ministri delle finanze, ovvero tra chi vuole tornare alle regole del Patto di Stabilità al più presto e chi, invece, non vede l’ora di cancellarlo per sempre”.

Outlook mosse Bce firmato Morgan Stanley

Secondo gli analisti di Morgan Stanley, “due cambiamenti sono plausibili nel meeting di luglio”.
Il primo è “l’aggiustamento della forward guidance”, in particolar modo la “revisione della sua formulazione, in modo che incorpori il linguaggio della revisione della strategia, che preme sulla necessità di una risposta di politica monetaria più potente e persistente quando i tassi sono vicini alla soglia più bassa. Il secondo è la guidance su cosa verrà dopo il PEPP:
“Ci aspettiamo un qualche linguaggio sulla transizione da una politica monetaria pandemica (PEPP-TLTRO) a una nuova politica di “New Normal”. In questo caso, non prevediamo alcuna decisione di politica monetaria, ma stimiamo un impegno generico ad allentare gradualmente il PEPP fino al marzo del 2022. Praticamente, crediamo che la Bce continuerà a fare acquisti dopo il PEPP attraverso un programma APP (quello che esisteva già prima del PEPP, il classico piano di Quantitative easing) più flessibile e potenziato, visto il debole outlook di medio termine sull’inflazione”.
Riguardo alle divisioni interne alla Bce, “nel breve periodo – scrivono ancora da Morgan Stanley – così come è emerso dalle minute di giugno, intravediamo una linea di demarcazione più netta tra falchi e colombe. Con i rischi al rialzo sull’inflazione e al ribasso sulla crescita, la crepa potrebbe allargarsi in autunno, con il rischio di una sferzata hawkish o di un attivismo dovish. Nel nostro scenario di base, prevediamo una transizione fluida:
“Con un outlook che si fa più incerto, crediamo che la Bce preferirà aspettare l’arrivo di ulteriori dati prima di agire, con le decisioni chiave che saranno prese in autunno, quando ci sarà maggiore chiarezza sulla ripresa. A settembre, vista la diffusione della variante Delta, ci aspettiamo che la Bce riconfermi l’attuale ritmo più alto degli acquisti PEPP. Riguardo a cosa prenderà il posto del PEPP, intravediamo un accordo bilanciato, in autunno, che vedrà i falchi ottenere un’intesa per far scadere il PEPP secondo l’attuale tabella di marcia, e le colombe che i spingeranno poi per un APP esteso e più flessibile. Uno scenario di rischio è rappresentato dalla lotta tra colombe attiviste e i falchi pro-normalizzazione:
“se domineranno le colombe, potremmo ritrovarci con una guidance che manterrà l’attuale ritmo di acquisti che avviene con il PEPP, l’estensione della risposta di emergenza, la chiarezza su un piano APP più grande e più flessibile. Se invece avranno la meglio i falchi, potremmo ricevere il segnale che il tapering inizierà a settembre, che l’impegno sarà di porre fine al PEPP come prestabilito, e che ci sarà una guidance su quale strumento prenderà il posto, comunque in misura modesta, dell’APP, con alcune flessibilità o nessuna”.

AXA IM Italia: ma è cambiato davvero qualcosa?

Attenzione anche al messaggio di Alessandro Tentori, CIO di AXA IM Italia, che riflette sulla recente strategy review della BCE:
“Più ripenso alla presentazione di Lagarde e all’importante mole di dati e di analisi fornita dalla BCE sul tema della nuova strategia di politica monetaria e più mi rendo conto che il bicchiere è mezzo vuoto. Nella nostra call settimanale con gli investitori abbiamo esaminato gli aspetti salienti della review di Francoforte, ma rileggendo le slide mi sorge un dubbio: è cambiato davvero qualcosa? Vediamo allora insieme gli aspetti critici di questa review, aspetti che probabilmente necessitano di ulteriori chiarimenti, per non dire di un ‘fine tuning’. Non cambia l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi – spiega Tentori – escludendo così una strategia duale come quella adottata dalla Federal Reserve”.
“Cambia la definizione di stabilità dei prezzi – continua il cio – da “vicino, ma sotto il 2% simmetrico. Non me ne vogliano gli stimati banchieri centrali di Francoforte, ma questo non mi pare un salto quantico della politica monetaria. È vero che il target simmetrico è di comprensione più immediata. È però anche vero che il target simmetrico non elimina il cosiddetto ‘zero lower bound’, cioè quel limite infimo oltre il quale una banca centrale ha difficoltà a spingere i tassi e a produrre un effetto di easing della politica monetaria. Vista la dinamica strutturale dei tassi di equilibrio – non solo in Eurozona, ma anche in tutte le economie avanzate – fatico a credere che un cambiamento quasi esclusivamente formale della definizione di stabilità dei prezzi sia sufficiente a scongiurare il rischio di deflazione in futuro“.
“Il target simmetrico – continua il responsabile di investimenti di AXA IM Italia -introduce invece un cambiamento dell’approccio, della filosofia della politica monetaria, che passa da preventiva a persistente. Si va così a scongiurare lo scenario di una banca centrale troppo in anticipo sul ciclo, eliminando così dalle aspettative dei mercati la possibilità di un ‘errore’ stile 2011. Così facendo si introduce un elemento di inerzia, di pazienza rispetto al ciclo economico. Se vogliamo, questa non è nient’altro che la versione europea dell’approccio ‘data dependent’ di Washington. Entrambe le banche centrali si mostrano disposte a cambiare l’orientamento della politica monetaria solo quando i dati avranno confermato lo scenario e il rischio di una mossa azzardata sarà minimo. Da cinico quale sono – è una questione di anagrafe –sono molto curioso di vedere all’opera questo approccio persistente nel caso di una recessione. Qual è il punto critico qui? Semplicemente, non sono convinto che una banca centrale adotterà l’approccio paziente, persistente e ‘data dependent’ con l’economia in frenata e il tasso di disoccupazione in rapido aumento. Come sappiamo, la dinamica di un ciclo economico in espansione è molto diversa da quella di un ciclo in rallentamento. È invece molto positivo a mio avviso che la BCE tenga conto della complessità dell’interazione tra politica fiscale e politica monetaria, notando che la somma di queste due frecce non è sempre necessariamente due. Così come post-Lehman – conclude Tentori – la politica fiscale di austerità ‘remava contro’ (con il Fondo Monetario Internazionale di Strauss-Kahn e di Lagarde in testa al plotone), così la politica fiscale attuale parrebbe amplificare lo sforzo di politica monetaria. Come già scritto in passato, i vari programmi fiscali – in particolare NGEU ovvero Recovery Fund Next Generation EU – sono un’importante scommessa non solo per il futuro economico e sociale, ma anche politico come nel caso dell’Unione Europea. Da questo punto di vista, invece, mantengo la mia view di un bicchiere mezzo pieno”.

Nuove chiusure per variante Delta e inflazione, i due temi oggi al centro della riunione BCE

Il board presieduto da Christine Lagarde dovrà barcamenarsi tra due scenari opposti ed entrambi negativi per l’economia europea.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 22 Luglio 2021 alle ore 07:42

Si tiene oggi la riunione della BCE, sulla quale si addensano grandi attese negli ultimi giorni, a seguito degli eventi che stanno riguardando l’Eurozona. L’istituto sarà chiamato, anzitutto, a spiegare il nuovo target d’inflazione. E’ stato ridefinito al 2% dal precedente “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. L’aspetto più interessante riguarda la sua natura “simmetrica”, vale a dire che Francoforte tollererà tassi d’inflazione più alti del 2%, nel caso in cui in precedenza questi fossero stati inferiori a tale soglia.

Questa riunione della BCE cade in un momento particolare, ambiguo per l’economia dell’Eurozona. Da un lato, il principale rischio è costituito dallo spettro delle richiusure a causa del dilagare dei contagi con la variante Delta. Il Covid torna a fare paura e i governi stanno già imponendo alcune restrizioni per frenare i nuovi casi, a distanza di poche settimane dal loro allentamento. L’impatto sulla ripresa potrebbe essere notevole. La stagione turistica alimenta buona parte del PIL nel Sud Europa e il calo delle prenotazioni e il boom delle disdette lasciano supporre che si sia trattato di una falsa ripartenza questa estate.

Riunione BCE con vista a settembre

Per contro, l’inflazione è tornata ad alzare la testa. A giugno, è scesa leggermente dal 2% all’1,9%, restando nei pressi del target. Proprio l’allentamento delle restrizioni anti-Covid lascia supporre che i prezzi al consumo, specie relativi ai servizi, continuino a lievitare. E malgrado la ridefinizione del target d’inflazione, la BCE non potrebbe continuare a ignorare a lungo uno scenario inflazionistico.

C’è da scommettere che “falchi” e “colombe” oggi si confronteranno con argomentazioni altrettanto valide. Rischi al ribasso e al rialzo per la crescita dell’area sono entrambi possibili.Per il momento, ciò dovrebbe spingere la riunione della BCE a rinviare ogni decisione ai prossimi incontri. Fino a settembre, l’istituto si è impegnato a mantenere invariati i ritmi con cui settimanalmente acquista obbligazioni con il PEPP. Dopodiché arriverebbe una prima revisione. E non è detto che ciò avvenga già al prossimo board del 9 settembre. Ci sarà probabilmente da attendere l’esito delle prossime elezioni federali in Germania, in programma per il 26 settembre.

Per il momento, la buona notizia per l’Italia è che nessun rialzo dei tassi sia stato ipotizzato, così come che gli acquisti di BTp resteranno invariati per un altro paio di mesi e verosimilmente saranno ridotti non drasticamente nei mesi successivi. Già si parla persino di estendere ulteriormente il PEPP a dopo marzo e/o di potenziare il “quantitative easing”. Insomma, la BCE resta espansiva anche nel medio termine.

Come l’alta inflazione negli USA può pesare sulle nostre tasche

La Federal Reserve rassicura sulla “temporaneità” della crescita dei prezzi, ma sono in tanti a pensare che così non sia

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 19 Luglio 2021 alle ore 08:52

Per la prima volta nella storia americana, i rendimenti delle obbligazioni “spazzatura” in dollari giacciono sotto il livello d’inflazione. I primi sono scesi al minimo storico e sotto il 4%, mentre la seconda si è impennata ai massimi del 2008, al 5,4% a giugno. Prima del Covid, i rendimenti “junk” più che doppiavano la crescita tendenziale dei prezzi: oltre 5% contro oltre il 2,5%. Questo significa che, allo stato attuale, neppure investendo negli asset più a rischio si riesce a proteggere il potere di acquisto.

Una simile condizione equivale a sostenere che non abbia più alcun senso risparmiare e che, al contrario, sia più saggio consumare tutto il reddito. Da inizio 2020, gli USA stanno monetizzando circa 30 punti di PIL di deficit per contrastare la pandemia. Nell’Eurozona, per quanto i numeri siano più bassi, è accaduto e continua ad accadere lo stesso. Con la differenza che da noi, complice un rimbalzo del PIL più ritardato e meno accentuato, l’inflazione resta contenuta (scesa dal 2% all’1,9% a giugno). L’immensa liquidità così venutasi a creare sta affluendo sul mercato dei beni e servizi, gonfiandone i prezzi.

L’alta inflazione e il ricordo degli anni Ottanta

Ad ogni modo, l’alta inflazione americana rischiamo di pagarla noi cittadini europei. E’ accaduto nella storia esattamente 40 anni fa. L’allora neo-presidente Ronald Reagan aveva da poco vinto le elezioni presidenziali grazie a un programma tra l’altro di lotta all’inflazione, la quale era ormai schizzata alla doppia cifra. La causa allora era la seconda crisi petrolifere del 1979, scatenata dalla Rivoluzione Islamica in Iran. La Federal Reserve di Paul Volcker alzò repentinamente i tassi. Nel frattempo, lo stesso faceva la Banca d’Inghilterra con il governo dell’agguerrita signora Margaret Thatcher In breve, la stabilità dei prezzi fu centrata in entrambe le economie, ma i tassi d’interesse esplosero ovunque nell’Occidente.E stati come l’Italia si ritrovarono a pagare una quota di PIL sempre più elevata per onorare il debito.

Rispetto agli anni Ottanta, esiste la BCE. E non è una differenza da poco. La credibilità dell’euro ci consentirebbe di guadagnare tempo e di rinviare la stretta monetaria. I deflussi dei capitali verso il mercato americano, qualora i tassi USA fossero alzati, non sarebbero probabilmente così immediati e sostenuti come quando esistevano le monete nazionali. Tuttavia, sarebbe solo questione di tempo per l’appunto. Prima o poi, pagheremo l’alta inflazione americana, a meno che le banche centrali non concordino di tollerare per un periodo non così breve una crescita dei prezzi ben superiore ai target dichiarati. Sarebbe un modo pacchiano di ridurre i rapporti debito/PIL degli stati. A quel punto, pagheremmo non tanto come contribuenti, bensì come consumatori e lavoratori: la perdita del potere di acquisto ridurrebbe i nostri stipendi reali e la capacità di consumare.

INFLAZIONE TRANSITORIA… LIQUIDITA’ PERENNE!

Scritto il 15 Luglio 2021 alle 09:00 da icebergfinanza

Come scritto ieri ormai il mercato ha preso la sua decisione e a poco servono inutili rimbalzi che lasciano il tempo che trovano, anche se la fuori le oche dell’inflazione continuano a strillare…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1415287836538982403&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F15%2Ftransitoria-liquidita-perenne%2F&sessionId=5fe6e92522c53f91efa095836ace6368bdaaffc0&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

(Teleborsa) – Si confermano in crescita i prezzi alla produzione USA a giugno. Secondo il Dipartimento del Lavoro americano (BLS), i prezzi alla produzione sono cresciuti dell’1% su base mensile, rispetto al +0,8% del mese precedente. Il dato risulta superiore alle attese degli analisti, che erano per un incremento dello 0,6%.

Su base annua i prezzi hanno registrato un incremento del 7,3% dopo il +6,6% di maggio e al +6,8% del consensus.

I prezzi dei beni e servizi “core”, ovvero l’indice depurato dalle componenti più volatili quali il settore alimentare e quello dell’energia, segnano un +1% su mese da un precedente +0,7% (consensus +0,5%), mentre su anno registrano un +5,6% dal +4,8% precedente e al +5,1 atteso.

Più o meno come il prezzo del legname, mesi e mesi a spiegare che era solo speculazione, inutile speculazione…

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Ma quali aspettative di inflazione, la gente la fuori potete intervistarla quanto volete ma non sanno nulla, non capiscono nulla e le interviste sono facilmente manipolabili.

E’ bastato l’accenno ad un accordo in casa OPEC + per aumentare la produzione e subito il prezzo del petrolio è crollato, non solo anche grazie al grande aumento delle scorte dei distillati e

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Certo movimenti tecnici, ma fate molta attenzione il bello deve ancora iniziare.

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Abbiamo scritto nei mesi scorsi che il crollo del credito in Cina avrebbe avuto ripercussioni sulle materie prime e sulla crescita cinese, ebbene il PMI ufficiale dei servizi è sceso a 52,3 a giugno da 54,3 a maggio, mentre la sua controparte indice Caixin ha mostrato un calo molto più ripido da una lettura forte a poco sopra 50, la linea tra espansione e contrazione. Il dato di crescita del PIL principale è stato del 7,9% su base annua leggermente deludente.

E infine l’unica cosa che conta, ovvero cosa decideranno i giudici nel concorso di bellezza, o meglio l’unico giudice che conta…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1415422030166601734&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F15%2Ftransitoria-liquidita-perenne%2F&sessionId=5fe6e92522c53f91efa095836ace6368bdaaffc0&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Il chairman della Federal Reserve Jerome Powell, parlando al Congresso americano in occasione della testimonianza semestrale di politica monetaria, ha offerto ai mercati una “dottrina” rassicurante: la Federal Reserve non ha oggi fretta di ritirare il suo ampio sostegno all’economia e continua a considerare le pur innegabili impennate dell’inflazione esacerbate da fattori transitori.

Con tanti saluti a Jackson Hole!

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I danni tecnici sono abbastanza rilevanti!

In sintesi, si ascolta e si intervista solo coloro che da 12 anni parlano di inflazione, prevedono inflazione, sbagliando sempre e comunque, mentre il trend macro secolare è la deflazione da debiti.

Per chi vuole conoscere la realtà, questo è l’articolo in assoluto più letto su GOOGLE, il più letto della storia di Icebergfinanza, unico in Italia a raccontarvi la realtà…

https://icebergfinanza.finanza.com/2014/10/03/deflazione-da-debiti-cosa-potrebbe-accadere/embed/#?secret=QLfbvEoUym

Non solo storia e analisi ma anche risultati spettacolari con il reddito fisso!

A loro non resta che la favoletta di Jackson Hole, a noi il gran finale!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare

FOMC: Powell rassicura i mercati. Ma incuriosisce l’andamento della curva dei tassi di interesse

Scritto il 15 Luglio 2021 alle 07:42 da Danilo DT

Avanti tutta. Nulla da segnalare.
Ecco, il post potrebbe concludersi anche cosi. Trimestrali che nel complesso vanno a gonfie vele e FED che continua ad essere rassicurante.
E sempre parlando di sintesi, ecco il succo del messaggio di Jerome Powell di oggi:

(Teleborsa)  – I progressi del mercato del lavoro, e dell’economia statunitense in generale, non sono ancora sufficienti per ridurre gli acquisti di asset da parte della Federal Reserve (FED), la banca centrale americana. A dirlo è il numero uno della FED, Jerome Powell, secondo quanto si legge nel testo del discorso di apertura che terrà più tardi davanti al Congresso.

Non poteva essere altrimenti. Il discorso rispecchia quanto già si è detto e quanto già sapevamo. Ricordate cosa vi ho detto in passato? Il focus assoluto sarà sul mercato del LAVORO. E difatti Powell ci ricorda nel discorso appena fatto e che potrete riprendere CLICCANDO QUI , che le condizioni del mercato del lavoro sono migliorate ma c’è ancora da fare strada:e poi ovviamente una menzione per il tasso inflazione che resterà elevato ma non per molto. Ed i motivi li abbiamo spiegati nei precedenti post.

Testimony by Chair Powell on the semiannual Monetary Policy Report to the Congress – Federal Reserve Board

Ma questo non significa che il TAPERING è accantonato. Infatti malgrado tutto questo, nei prossimi meeting verrà discusso se sarà il caso ricominciare a parlarne.
Insomma ormai conosciamo i nostri polli. Si mettono le mani avanti e si pone la questione al mercato partendo da molto lontano. Infatti prima si tornerà a parlarne, poi si deciderà se farlo, poi quando e come. Tutto con estrema calma ed in modo graduale senza traumatizzare nessuno. Mercati in primis.

Visto che è un percorso molto attento e predefinito, anche per semplici dinamiche temporali, escluderei JACKSON HOLE come momento per clamorose decisioni (a meno che le cose scappino di mano nel brevissimo termine). JH è a fine agosto, lo anticipa solo un meeting FOMC a fine luglio. Insomma, se il lavoro non raggiunge la piena occupazione e l’inflazione decolla definitivamente, difficile ritrovarci con delle soprese sotto l’ombrellone. E questa è secondo me la notizia più importante, che insomma dovrebbe permetterci delle ferie tranquille a tutti.

Per mettere però un po’ di pepe, vi posto però anche un grafico che ho creato e che è sempre stato molto concreto. Misura il differenziale di tasso su determinate scadenze per i bond USA, ovvero lo spread

  • 10y-2y
  • 10y-3m
  • 30y-3m

Vedete che le tendenze sono molto simili. Questi grafici danno la percezione di come si stia impennando la curva dei tassi. Facendo in confronto con le “recession band” possiamo quindi capirne il percorso ciclico. La cosa che un po’ mi ha allertato e incuriosito, è il recente comportamento proprio di tutti i tre differenziali di rendimento. Sarà sicuramente una pausa di riflessione. Perché se così non fosse, potrebbe diventare un problema. Attenzione però… e se anche in questo grafico ci si ritrovasse con un “effetto riflesso” della sapiente mano del sistema?

Fed, Powell: ‘mercato del lavoro ha ancora molta strada da fare, tapering QE rimane lontano’

14/07/2021 1

“Il mercato del lavoro ha ancora molta strada da fare, l’inizio della riduzione degli acquisti di bond rimane lontano”. E’ quanto dirà il numero uno della Federal Reserve Jerome Powell nel suo intervento di metà anno al Congresso Usa, previsto a mezzogiorno ora di New York nella giornata di oggi (le 18 ora italiana). La dichiarazione è stata ripresa dal testo del suo discorso, i cui estratti sono stati riportati dal Wall Street Journal.

Fed, Powell al Congresso Usa: ‘l’inflazione modererà il passo, è transitoria’

14/07/2021

“L’inflazione modererà il passo, è transitoria”. E’ quanto dirà il numero uno della Federal Reserve Jerome Powell nel suo intervento di metà anno al Congresso Usa, previsto a mezzogiorno ora di New York nella giornata di oggi (le 18 ora italiana). La dichiarazione è stata ripresa dal testo del suo discorso, i cui estratti sono stati riportati dal Wall Street Journal.

Inflazione Usa sale ancora: Fed “resterà data dependant”

13/07/2021

“L’inflazione americana si conferma molto forte e probabilmente in grado di superare i mesi estivi su livelli ancora molto sostenuti. Resta l’impressione che questa spinta sia legata a fattori transitori (ad esempio collegata ad alcune componenti del basket tipo energia, acquisto auto, tariffe aeree) che nei mesi prossimi dovrebbe man mano assorbirsi”. A dirlo Antonio Cavarero, head of Investments in Generali Investments partners, dopo il dato sull’inflazione Usa. In particolare, l’indice dei prezzi al consumo è volato a giugno del 5,4% su base annua, al ritmo più veloce degli ultimi 13 anni, ben oltre il +4,9% atteso dal consensus e dopo il +5% di maggio.

Adesso l’interrogativo che continuerà ad aleggiare è: come agirà la Fed? Secondo Antonio Cavarero, la banca centrale Usa “resterà data dependant, ovvero estremamente attenta ad analizzare i dati che arrivano su diversi fronti, evitando che i mercati diventino troppo condiscendenti verso la politica fin qui decisamente accomodante.”

Inflazione Usa: indice prezzi al consumo accelera il passo +5,4%. Balzo core a record dal 1991

13/07/2021

L’inflazione Usa continua ad accelerare il passo: nel mese di giugno, l’indice dei prezzi al consumo è volato del 5,4% su base annua, ben oltre il +4,9% atteso dal consensus. Escluse le componenti più volatili dei prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato è balzato del 4,5%, rispetto al +4% stimato dal consensus, dopo il +3,8% di maggio e al record dal settembre del 1991.

L’indice è salito dello 0,9% su base mensile, rispetto al +0,5% atteso e al +0,6% precedente.

In rialzo dello 0,9% anche la componente core, ovvero il dato ex prezzi dei beni energetici e alimentari, rispetto al +0,4% atteso e al +0,7% di maggio.

Bullard: ‘un po’ preoccupato che la Fed stia alimentando bolla immobiliare’

13/07/2021

“Sono un po’ preoccupato che la Fed stia alimentando bolla immobiliare”. Lo ha detto James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, in una intervista rilasciata al Wall Street Journal, sottolineando di ritenere che gli Stati Uniti versino in una condizione “molto buona per lanciare il tapering”.

Bullard non è al momento esponente votante del Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve – ma lo sarà presto, a partire dall’anno prossimo.

Fed, Bullard: ‘non prevedo alcun rialzo dei tassi fino a fine 2022’

13/07/2021

“Non prevedo alcun rialzo dei tassi fino a fine 2022”. Lo ha detto James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, in una intervista rilasciata al Wall Street Journal, sottolineando comunque di ritenere che gli Stati Uniti versino in una condizione “molto buona per lanciare il tapering”.

Bullard non è al momento esponente votante del Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve – ma lo sarà presto, a partire dall’anno prossimo

Fed, Bullard: ‘è il momento giusto per iniziare a ritirare le misure di stimolo, sì al tapering’

13/07/2021

“E’ il momento giusto per iniziare a ritirare le misure di stimolo, e vogliamo farlo in modo attento e gentile”. Lo ha detto James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, in una intervista rilasciata al Wall Street Journal.

“Credo – ha aggiunto Bullard – che ci troviamo in una posizione molto buona per lanciare il tapering”.

Bullard non è al momento neanche esponente votante del Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, ma lo sarà presto, a partire dall’anno prossimo.

AllianzGI: lecito attendersi un aumento della volatilità

Allianz Global Investors segnala il continuo miglioramento degli indicatori economici globali ma anche divergenze crescenti, con gli USA al picco, la Cina in decelerazione e l’Europa che non è ancora al massimo

AllianzGI  di Virgilio Chelli  10 Luglio 2021 – 9:30

I mercati sono arrivati al giro di boa del 2021 sulla scia di continui rialzi che li hanno portati ai massimi storici, nonostante la “variante Delta” abbia riacceso il dibattito su nuove restrizioni, soprattutto in Asia. Nel suo ‘weekly outlook’ Allianz Global Investors rivela che i suoi indicatori proprietari sono migliorati per il tredicesimo mese consecutivo a giugno, ma aggiunge che le divergenze a livello settoriale e geografico sono sempre più ampie: decelerazione del momentum in Cina, crescita USA che ha toccato il picco nel secondo trimestre 2021, Europa e resto del mondo che raggiungeranno la massima espansione solo nel terzo trimestre.

MERCATI CONCENTRATI SULL’INFLAZIONE

Nell’outlook titolato ‘Ottimismo’, Stefan Scheurer, Director, Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors non esclude che i mercati continuino a concentrarsi sugli indicatori dell’inflazione globale, in accelerazione da gennaio e saliti nell’ultimo mese sulla scia di solidi effetti base, rincaro delle commodity, riduzione degli output gap e strozzature sempre più evidenti nel quadro della riapertura delle economie. Crescita più solida e aumento dell’inflazione hanno indotto le banche centrali dei mercati emergenti ad assumere posizioni più restrittive, con i Paesi “high-yield” che sono stati i primi a compiere un’inversione di rotta.

ALCUNI EMERGENTI COSTRETTI A STRINGERE

Scheurer sottolinea che i timori sulla credibilità nella lotta all’inflazione e la necessità di garantire stabilità finanziaria hanno indotto alcune nazioni ad avviare un inasprimento dei tassi, come Turchia, Brasile e Russia, mentre anche in diversi mercati emergenti caratterizzati da tassi bassi, come Ungheria e Repubblica Ceca, la normalizzazione della politica monetaria è ormai prossima. In Asia invece numerosi Paesi emergenti devono fare i conti con la rapida diffusione della variante Delta e con prospettive di crescita meno incoraggianti. Diverse banche centrali dei Paesi emergenti seguono comunque l’esempio del Fed e, senza abbassare la guardia, tollerano pressioni sui prezzi “transitorie”.

ATTESA PER I DATI AMERICANI

Ora i mercati si concentrano sul dato dell’inflazione al consumo USA in uscita martedì , che insieme alla fiducia dei consumatori rilevata dall’Università del Michigan potrebbero dare indicazioni sulla politica monetaria USA. Nell’Eurozona usciranno i dati sulla produzione industriale e nel Regno Unito quelli sui prezzi. In Asia la Cina sarà ancora al centro della scena con i dati su commercio e PIL del secondo trimestre, che dovrebbero puntare a un ulteriore rallentamento della crescita innescando probabili richieste di stimoli monetari e fiscali.

PREVEDIBILE AUMENTO DELLA VOLATILITÀ

Dopo una solida ripresa, rileva in conclusione l’outlook di AllianzGI, l’economia mondiale è entrata in una fase più matura del ciclo, e i segnali che l’ottimismo sia ormai prossimo al picco si moltiplicano. Le stime di consensus sul PIL per molti Paesi appaiono già ambiziose, e ulteriori progressi dei dati macro globali non sono più sorprese tali da trainare il trend rialzista. Anche gli indicatori tecnici riflettono grande ottimismo e lo stesso vale per la liquidità. Pertanto, secondo Scheurer, “è lecito attendersi un aumento della volatilità”.

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Cos’è la storia che la BCE ha cambiato il target d’inflazione e cosa significa per noi in concreto?

Dopo oltre 20 anni a Francoforte rivedono l’obiettivo di politica monetaria e ciò avrà implicazioni anche per la vita pratica di tutti i giorni.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 09 Luglio 2021 alle ore 07:35

Se ne parlava da oltre un anno e finalmente la BCE ha annunciato di avere rivisto il suo target d’inflazione dopo oltre 20 anni dalla sua nascita. Sinora, l’obiettivo della sua politica monetaria consisteva nel perseguire un tasso d’inflazione nel medio termine “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. L’espressione risultava un po’ confusa, tanto che il board si è deciso dopo mesi di lavoro di rivedere la definizione. Adesso, l’obiettivo è più chiaramente di un 2% nel medio termine, cioè nell’arco di un anno.

Non è l’unica novità emersa dalla revisione. L’inflazione al 2% è intesa in modo simmetrico nel tempo. Questo significa che se per un certo periodo l’inflazione nell’Eurozona risulta inferiore all’obiettivo, la BCE tollererà che salga al di sopra di esso per un po’ di tempo, al fine di compensare il mancato raggiungimento del target in precedenza. E viceversa. Non è una precisazione di poco conto. Nell’Eurozona, l’inflazione giace sotto il target sin dall’inizio del 2013, cioè da oltre 8 anni. In teoria, la BCE dovrebbe tollerare tassi d’inflazione sopra il 2% per un lungo periodo di tempo.

Target d’inflazione, i dubbi dei tedeschi

Ad ogni modo, non esisterebbe alcun automatismo. A differenza della Federal Reserve, che ha formalizzato il carattere “simmetrico” e automatico del target d’inflazione, dal board di Francoforte si sollevano critiche e perplessità sul punto. Il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, ritiene che se la BCE si mostrasse tollerante verso una crescita tendenziale dei prezzi superiore al suo obiettivo, i mercati ne dedurrebbero che intenda tenere bassi i costi di emissione del debito dei governi nell’area. E questo rischierebbe di essere percepito come una mancanza di indipendenza dal potere politico.

All’atto pratico, la revisione del target significa che la BCE non correrà ad alzare i tassi d’interesse e/o a ridurre gli stimoli monetari (acquisti di bond, in primis) non appena l’inflazione avrà raggiunto e finanche un po’ superato la soglia del 2%. Ciò offrirà ai governi maggiore tempo per continuare a rifinanziarsi sui mercati a costi bassi. Per contro, la perdita del potere di acquisto delle famiglie aumenterebbe nel corso degli anni, specie se il nuovo target surriscaldasse le aspettative d’inflazione del mercato, inducendo le imprese ad alzare i prezzi a ritmi superiore rispetto a quanto avvenuto in questi anni.

Ancora una volta mercati guardano alla Fed: mercoledì arrivano le minute, ecco cosa attendersi

05/07/2021

Mercoledì appuntamento con i verbali della Fed relativi all’ultima riunione di giugno. Secondo alcuni esperti, le minute potrebbero dare spunti circa le tematiche di discussione per il tapering, in particolare circa la tempistica e le modalità.

Come ricorda Michael Hewson, chief market analyst di CMC Markets UK, l’ultima riunione della Fed ha suscitato non poche increspature nei mercati azionari nei giorni successivi, spingendo inizialmente i rendimenti verso l’alto lungo la curva e facendo crollare i mercati azionari. “Ciò si è rivelato in qualche modo di breve durata, ma i commenti del giorno successivo del presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, hanno chiaramente spaventato alcune persone mentre sosteneva un aumento dei tassi nel 2022, molto prima dei ‘dots’”, spiega Hewson sottolineando che “anche se appare facile respingere i commenti di Bullard poiché quest’anno non è un membro votante, l’anno prossimo lo sarà e come tale il suo voto conterà. Questo intervento sembra confondere ulteriormente il messaggio su quando la Fed si muoverà in risposta alle preoccupazioni sull’inflazione”.

È toccato ancora una volta al presidente della Fed, Jerome Powell, e a John Williams della Fed di New York cercare di gettare acqua sul fuoco, affermando che mentre l’inflazione potrebbe aumentare ulteriormente ed è un po’ più alta del previsto, ma ritengono ancora che sarà in gran parte transitoria e che il loro principale focus è il mercato del lavoro. “Con questo in mente, l’attenzione principale della Fed appare più sul mercato del lavoro, e meno sull’inflazione – afferma Hewson -. I verbali di questa settimana ci daranno una visione più chiara delle discussioni che hanno portato allo spostamento dei dots, nonché delle preoccupazioni del comitato sulla possibile isteresi nel mercato del lavoro”.

Usa: a giugno creati 850.000 nuovi posti di lavoro. Ma aumento disoccupazione libera Fed da tentazioni hawkish

02/07/2021

Il mercato del lavoro americano continua a rafforzarsi, ma senza alimentare troppo il taper tantrum, ovvero la paura, tra gli investitori, che la Fed stacchi la spina del QE e alzi i tassi prima del previsto e prima di quanto emerso dal dot plot della sua ultima riunione.
Nel mese di giugno l’economia degli Stati Uniti ha creato 850.000 nuovi posti di lavoro, ben oltre le attese. Gli economisti di Dow Jones avevano previsto una crescita dei nuovi posti di lavoro di 706.000 unità, dopo il rialzo delle buste paga di 559.000 di maggio.

Il tasso di disoccupazione è salito a giugno al 5,9%, facendo peggio delle attese degli analisti, che avevano previsto una flessione dal 5,8% di maggio al 5,6%. Il numero dei disoccupati è aumentato dai 9,316 milioni a 9,484 milioni di persone.
Nuove informazioni sul trend dell’inflazione Usa – che è il fattore che più spaventa gli investitori, in quanto il rafforzamento dei prezzi, soprattutto se duraturo e non temporaneo come stimato dal numero uno della Fed Jerome Powell, rischierebbe davvero di anticipare una stretta monetaria – sono arrivate con la pubblicazione dei salari.
Su base annua, il rialzo è stato importante, pari a +3,6% su base annua, molto oltre il +2% del mese precedente, anche se a un ritmo lievemente inferiore al +3,7% atteso. Su base mensile, i salari hanno rallentato invece il passo, scendendo dal +0,5% al +0,3% in media, in linea con le stime.
Dal dato, emerge praticamente che non c’è necessità, al momento, che la Federal Reserve agisca da pompiere tentando di sfiammare le pressioni inflazionistiche.
La crescita dei salari si spiega con la difficoltà contro cui diverse aziende americane si imbattono nel cercare di reclutare nuovi dipendenti.
D’altronde, dal Beige Book della Fed di giugno è emerso che la carenza di forza lavoro disponibile è più raddoppiata rispetto al mese di gennaio, e le stesse società FedEx (FDX) e Paychex (PAYX) hanno rilevato problemi nell’assumere nuovo personale.
Alcuni analisti e funzionari hanno sottolineato inoltre come molti americani non siano ancora rientrati attivamente nella forza lavoro Usa, a causa dei benefit contro la disoccupazione che sono stati varati da Washington. Questi aiuti dovrebbero comunque essere ritirati, nel corso dell’estate, almeno nella metà degli Stati Usa, per scadere poi nell’altra metà entro l’inizio di settembre.
Per la precisione, i salari medi orari di tutti i dipendenti del settore privato non agricolo sono saliti a giugno di 10 centesimi a $30,40, dopo i +13 e i +20 centesimi rispettivamente di maggio e aprile.
A confermare come molti americani non si siano messi ancora alla ricerca di un posto di lavoro è il tasso di partecipazione alla forza lavoro, rimasto inchiodato al 61,6%, come a maggio, lievemente al di sotto del 61,7% previsto.
I dati di aprile e maggio relativi alla creazione di nuovi posti di lavoro sono stati rivisti rispettivamente al ribasso di 9.000 unità (dai +278.000 inizialmente resi noti a +269,000), e al rialzo di 24.000, unità, dai +559.000 inizialmente comunicati a +583.000. Prendendo in considerazione le revisioni nel loro complesso, si evince che l’occupazione di aprile e maggio è stata rivista al rialzo di 15.000 nuovi occupati.ù

Dati Usa sul lavoro liberano la Fed da tentazione hawkish

Michael Hewson, responsabile analista dei mercati presso CMC Markets UK, ha commentato il report occupazionale sottolineando che la Fed dovrebbe rimanere con il pilota automatico inserito fino al quarto trimestre, a prescindere da qualsiasi cosa faccia.
I dati sul lavoro, specialmente il tasso di disoccupazione che è aumentato, potrebbero infatti convincere Powell & Co a desistere da qualsiasi tentazione hawkish:
il numero dei disoccupati è d’altronde pari a 9,5 milioni circa, rispetto ai 5,7 milioni di disoccupati del periodo pre-pandemico.
Così l’ufficio studi di IG Italia commenta i dati rilasciati dall’US Bureau of Labor Statistics (BLS) sui Non Farm Payroll (NFP) statunitensi.
La nota include l’analisi di Filippo Diodovich, Senior Strategist IG Italia, sulle prossime mosse della Federal Reserve, in conseguenza alle cifre macroeconomiche sul mondo del lavoro americano:
“I dati sul fronte occupazionale statunitense sono stati molto contrastati. Molto superiore alle attese la creazione di nuovi impieghi ma hanno deluso le altre cifre del report sul lavoro USA. Il tasso di disoccupazione è salito contro le aspettative della vigilia e il tasso di partecipazione alla forza lavoro è rimasto molto al di sotto rispetto ai livelli pre-pandemici. Il mercato dopo una certa volatilità iniziale ha reagito con acquisti sull’azionario e vendite sul dollaro sulla convinzione che il recupero dei livelli pre-pandemici per il mondo del lavoro sarà molto graduale e gli obiettivi prefissati dalla FED sono ancora lontani dall’essere raggiunti. Crediamo, quindi, che anche nel prossimo meeting della FED del 27/28 luglio il presidente del Federal Reserve System Jerome Powell lascerà le strategie monetarie invariate con gli acquisti nel piano di Quantitative Easing fermi a 120 miliardi di dollari mensili, nonostante le dichiarazioni di alcuni banchieri centrali del FOMC (come il presidente della FED di Dallas, Kaplan, che predicavano misure meno dovish già da subito). Ancora per un po’ di tempo Powell potrà mantenere la politica monetaria ultra-accomodante a sostegno dell’economia americana e dei mercati azionari”.
“Crediamo, tuttavia – si legge ancora nella nota – che presto la FED inizierà il processo di normalizzazione della politica monetaria. Pensiamo che la FED possa annunciare l’inizio del processo di tapering nel forum di Jackson Hole (26-28 agosto) e dare i dettagli dell’operazione nel meeting del FOMC di settembre quando saranno comunicate anche le nuove proiezioni sulle principali variabili macro. Riteniamo che la FED interverrà prima annullando gli acquisti di MBS (40 mld di dollari mensili) e poi nel corso del 2021/2022 riducendo gradualmente gli acquisti di Treasuries. Per il rialzo dei tassi d’interesse il sentiero è ancora lungo”.
Tornando ai numeri sulla crescita di nuovi posti di lavoro, da segnalare che l’aumento più forte delle buste paga è stato registrato dai settori del tempo libero e alberghiero, quelli più colpiti dalla pandemia: qui sono stati creati a giugno altri 343.000 nuovi posti di lavoro dopo il rialzo di 306.000 di maggio.
Nel comparto dei servizi, il commercio al dettaglio ha creato 67.100 posizioni, più del doppio rispetto a maggio; nel settore manifatturiero, la crescita dei posti di lavoro è invece rallentata, pari a +15.000 unità dopo il rialzo di 39.000 unità di maggio.
Boom per l’occupazione nel settore pubblico, balzata di 188.000 unità a giugno.
Nessun taper tantrum sui mercati, per l’appunto. Wall Street è positiva, con gli indici S&P 500 e Nasdaq che toccano nuovi massimi storici; i tassi sui Treasuries decennali rimangono inchiodati sotto la soglia dell’1,5%, come prima della pubblicazione del dato, all’1,44% circa.
Il dollaro perde smalto anche se in rialzo sulla moneta unica. Detto questo, la moneta unica recupera terreno, rispetto a prima della diffusione del report occupazionale, quando aveva rischiato anche quota $1,18.

INFLAZIONE: THE DEVIL IS IN THE DETAILS

Scritto il 5 Luglio 2021 alle 08:00 da icebergfinanza

Come sempre i dettagli fanno la differenza e il diavolo venerdì era nei dettagli del rapporto sull’occupazione, non bastano i numeri, i bond vigilantes avevano anticipato tutto portando i rendimenti del trentennale di nuovo vicini al 2 %.

Ora tutti ad attendere Jackson Hole, qualche volpe che spera che il petrolio arrivi a 100 dollari per incendiare di nuovo l’inflazione che in realtà è solo un enorme fake, creato ad arte per speculare, alimentato dalla pandemia…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1411787012038930433&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F05%2Finflazione-the-devil-is-in-the-details%2F&sessionId=1c9b8e52f7c03810792591172270173d1a8f63c4&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Se togliamo tutte le dinamiche transitorie di questi mesi, fattori transitori ed eccezionali, l’inflazione è addirittura scesa dall’inizio della pandemia, non quella quotidiana con cui fanno i conti imprenditori e consumatori, ma quella che usano i giuristi del concorso di bellezza per decidere dove andranno i tassi.

Prima che qualcuno mi ricordi che è aumentato tutto, ribadisco che quella è l’inflazione per fessi, si quella è l’inflazione che esiste dalla notte dei tempi, quella con la quale QUOTIDIANAMENTE i furbi fregano i fessi, aumentando prezzi spesso senza motivo a partire dalla benzina sino ai generi alimentari, per non parlare di affitti, case, sanità e via dicendo.

Ovviamente i fessi non si sono accorti di come l’euro li ha fatti fessi per davvero!

Ci sarebbe da ridere per ogni mese passato a raccontare che l’inflazione era fuori controllo a leggere quanto scrive Pimco, ma come tutto qui, il prossimo anno si scende di nuovo al 1,5 %?Immagine

Ma torniamo al dato sul lavoro americano, 850.000 posti che sono in realtà per lo più temporanei, effimeri, illusori, in realtà l’occupazione dell’indagine sulle famiglie è diminuita, la forza lavoro è diminuita.

Il tasso di disoccupazione ha ripreso a salire.

L’indagine sulle famiglie non ha mostrato alcun cambiamento nel rapporto occupazione/popolazione o nel tasso di partecipazione alla forza lavoro. Il tasso di disoccupazione è leggermente aumentato, poiché l’occupazione nell’indagine sulle famiglie è diminuita di 18.000 unità.

Il precedente mese è stato rivisto al ribasso, anche se solo di 9000 unità, quella di aprile al rialzo di 24.000, a forza di ricevere sussidi gli americani che hanno deciso di non fare più lavori a part time sono aumentati di 1,17 milioni una cifra enorme. I lavoratori a tempo pieno sono diminuiti di 103.000 unità.

I maggiori guadagni di posti di lavoro sono stati nell’istruzione statale e locale (229.700), nei ristoranti (194.300) e negli hotel (75.100). I guadagni nell’istruzione statale e locale indicano che le scuole stanno tornando all’insegnamento in classe, sebbene l’occupazione sia ancora in calo di 583.000 unità rispetto al livello pre-pandemia. Anche la categoria delle arti e dello spettacolo ha mostrato un grande guadagno di 73.600, poiché molti luoghi che erano stati chiusi a causa della pandemia hanno potuto riaprire a giugno.

Il settore della vendita al dettaglio ha aggiunto 67.100 posti di lavoro. Il settore manifatturiero ha aggiunto 15.000 posti di lavoro, ma è ancora in calo di 481.000 rispetto ai livelli pre-pandemia. La crescita del settore è stata rallentata dalla perdita di 12.300 posti di lavoro nell’industria automobilistica, il risultato di continue carenze. I lavori di costruzione sono diminuiti di 7.000, il terzo calo consecutivo. Questo probabilmente riflette anche la carenza di materiali.

L’orario medio settimanale di tutti i dipendenti privati ​​è sceso di 0,1 ore a 34,7 ore. Le ore settimanali medie di tutti i dipendenti che forniscono servizi privati ​​sono scese di 0,1 ore a 33,7 ore. Le ore settimanali medie dei produttori sono diminuite di 0,2 ore più altre 0,1 ore in una revisione negativa a 40,2 ore.

Come scrive Dean Baker Senior economist presso il Center for Economic and Policy Research…

 I settori che pagano meno hanno avuto aumenti ancora più rapidi, con i salari nel settore della vendita al dettaglio che sono aumentati a un tasso annuo dell’11,7 percento negli ultimi tre mesi, ma solo del 2,5 percento anno su anno. Per i ristoranti il ​​tasso annuo è del 25,1 percento e dell’11,2 percento su base annua. Questi forti aumenti salariali nella parte inferiore sono impressionanti, ma non è probabile che siano inflazionistici poiché rappresentano una quota relativamente piccola del monte salari totale. La paga oraria media complessiva è aumentata del 3,6% rispetto al livello di un anno fa.

Le ore calano leggermente

Un elemento che non si adatta alla diffusa storia di carenza di manodopera è un piccolo calo della durata della settimana lavorativa media da 34,8 ore a 34,7 ore, dopo un calo simile a maggio. Se i datori di lavoro avessero davvero difficoltà a trovare lavoratori, ci aspetteremmo di vederli cercare di lavorare con i dipendenti che hanno più ore.

Il calo delle ore è incoraggiante anche dal punto di vista della produttività.Con la crescita del PIL che probabilmente supererà l’8,0 percento e le ore in aumento a un tasso annuo di circa il 4,0 percento, sembra che assisteremo a un altro quarto di crescita della produttività molto forte.

E come ci ricorda qualcuno di nostra conoscenza, la produttività è DEFLATTIVA!

Lower Productivity Points To Slower Growth And Higher Inflation | Seeking Alpha

https://icebergfinanza.finanza.com/2021/06/14/inflazione-la-produttivita-e-deflattiva/embed/#?secret=9mIKS1YbZ8

La quota di disoccupati di lunga durata aumenta di 1,2 punti percentuali al 42,1 per cento appena sotto il picco della recessione e un livello superato solo in pochi mesi nella Grande Recessione.

Anno su anno, i salari sono aumentati da $ 29,35 a $ 30,40.

Tutto qui il famigerato aumento degli stipendi e certo se aumentano solo i salari che prima erano da fame, che rischi ci sono per l’inflazione salariale, ZERO!

Nel frattempo quasi un trilione di dollari è stato ritirato dal mercato e con il livello di leva finanziaria esasperata il rischio di un serio incidente soprattutto in estate è dietro l’angolo…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1411786006920114176&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F05%2Finflazione-the-devil-is-in-the-details%2F&sessionId=1c9b8e52f7c03810792591172270173d1a8f63c4&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

I problemi stanno fermentando nei tubi che corrono sotto Wall Street. E ancora una volta le banche chiamano Zoltan Pozsar.

Gli investitori hanno iniziato a immagazzinare centinaia di miliardi di dollari presso la Federal Reserve ogni notte, e nessuno è abbastanza sicuro di cosa significhi. Per le risposte, molti si rivolgono all’analista di Credit Suisse di 42 anni, di origine ungherese, noto per aver previsto con precisione i movimenti di mercati arcani come i riacquisti inversi con dichiarazioni tra cui: “Così inizia la sterilizzazione delle riserve”.

Il Global Money Dispatch di Pozsar, pubblicato almeno due volte a settimana, è la prima lettura per trader, banchieri e politici interessati al funzionamento interno del sistema finanziario, elogiato per la sua visione completa e l’analisi convincente. L’ultimo tema caldo: i quasi trilioni di dollari che si accumulano in un programma della Fed un tempo oscuro e poco utilizzato, noto come strumento di riacquisto inverso .

State sintonizzati, nei prossimi mesi e anni, assisterete alla più spettacolare esplosione di ilusioni della storia, dall’inflazione alle crypto. Quando? Non lo so e non mi interessa, se vi piace giocare al casinò, accomodatevi, io ho altro da fare, la serenità finanziaria non è un gioco.

VARIANTE DELTA: quarta ondata Covid-19 in arrivo

Anche se è evidente che “la ruota è tornata a girare”, come è vero che le vaccinazioni stanno andando bene, ma è altrettanto vero che non bisogna abbassare la guardia.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità i contagi in Europa sono tornati a crescere la scorsa settimana dopo 10 settimane consecutive di flessione e ci sarebbero tutte le condizioni per una nuova ondata, la quarta.

Uno scenario che il mercato non sconta assolutamente o che forse considera non così invasivo. A distorcere lo sguardo sono sicuramente i dati del bollettino del ministero della Salute, con soli 21 decessi e 882 i nuovi casi registrati ieri su 188.474 tamponi processati.
Il tasso di positività è pari a 0,46%. Cioè, sembra proprio che tutto vada per il meglio quanto meno per l’Italia a cui questi dati si riferiscono.

Attenzione però a questi altri grafici. Il primo è relativo all’impatto delle varie varianti. Notate come la “variante“ Delta sta diventando progressivamente predominante a livello dimensionale.

E soprattutto, grafico ben più inquietante, questo è l’andamento in stati come UK, Russia, Portogallo e Sud Africa del Covid.

Voi mi direte, ma sono grafici limitati ad alcuni paesi. Vero, e allora andiamo a vedere il VERO grafico da monitorare, ovvero quello dei contagi a livello globale. E qui bisogna lanciare un alert.

I grafici sono due, uno più sintetico con il G7 vs i paesi emergenti, più il secondo grafico con una ripartizione più geografica. Su entrambi è evidente l’appiattimento delle curve e la ripartenza verso l’alto. Quarta ondata. Ora avete capito a cosa si riferisce l’OMS di cui parlavo prima.

MORALE: raggiungiamo il successo se i grafici si APPIATTISCONO e non tornano ad impennarsi. In caso contrario potremmo avere un nuovo grosso problema, proprio mentre stiamo alimentando la ripartenza.

FMI: stretta Fed già nel 2022, Usa verso crescita record

Economia1 ora fa (02.07.2021 10:19)3© Reuters.

Di Alessandro Albano 

Investing.com – La Federal Reserve potrebbe non aspettare la fine del 2023 per intervenire sui tassi d’interesse, restringendo gli stimoli monetari già nella prima metà del prossimo anno.

E’ quanto si legge nell’ultimo assessment del Fondo Monetario Internazionale sull’economia statunitense pubblicato giovedì, secondo il quale il Marriner S.Eccles Building potrebbe iniziare a chiudere il rubinetto del QE già “nella prima metà del 2022”, con i primi aumenti dei tassi post pandemia che potrebbero arrivare “alla fine del 2022 o all’inizio del 2023”.

Nella valutazione del FMI, si sottolinea come le misure potrebbero essere portate avanti “solo se le proiezioni di base e le ipotesi di politica fiscale verranno realizzate entro quella data”. Secondo le nuove proiezioni, il Fondo prevede che il PIL reale degli Stati Uniti cresca del 7% nel 2021, “il ritmo più veloce in una generazione”, seguito da un’espansione del 4,9%, +1,9% e +1,7% rispettivamente nel 2022, 2023 e 2024.

Guardando i prezzi al consumo, l’istituzione mondiale vede un tasso di inflazione al 4,3% per il 2021 e al 2,4% per entrambi il 2022 e 2023. Il tasso di disoccupazione medio dovrebbe poi raggiungere il 4,4% nel 2021, il 3,1% nel 2022 e il 3% nel 2023. 

Lato fiscale, il maxi piano di spesa proposto dal presidente Joe Biden, che si articola attraverso l’American Jobs Plan incentrato sulle infrastrutture e l’American Families Plan basato sulla spesa sociale, potrebbe aumentare la crescita del PIL di un valore cumulato di circa 5,25% dal 2022 al 2024.

Secondo FXStreet, “date le maggiori probabilità di aggiustamenti della politica monetaria della Fed, gli ultimi commenti del FMI possono aiutare il dollaro USA pesando sui prezzi delle materie prime”.

Inflazione Usa: cosa c’è dietro l’aumento e quanto durerà

Il team Global Balanced Risk Control di Morgan Stanley IM ritiene possibile che l’inflazione rimanga sostenuta per qualche tempo e che i tassi aumentino prima di quanto preveda la Fed, ma escludono un aumento incontrollato dei prezzi

L’analisi  di Virgilio Chelli  30 Giugno 2021 – 7:50

Mercati e investitori continuano a chiedersi se l’inflazione statunitense sia una realtà destinata a perdurare o una situazione transitoria. In parte è dovuta all’effetto base, e a sostenerla è anche la rapidità con cui si sta colmando l’output gap post-pandemia. L’economia non è ancora tornata a pieno regime, e per attirare lavoratori potrebbe essere necessario un aumento dei salari, che a sua volta potrebbe contribuire ad alimentarla. La Federal Reserve sembra ritenere l’impennata dell’inflazione un evento transitorio e, poiché si concentra sulle dinamiche di lungo termine, ha fatto il possibile per calmare i mercati, ma prima o poi presumibilmente dovrà iniziare a ridimensionare il proprio intervento, e a lungo andare sarà costretta ad aumentare i tassi.

POSSIBILE VOLATILITÀ AZIONARIA

Andrew Harmstone e Manfred Hui, responsabili del team Global Balanced Risk Control (GBaR) di Morgan Stanley Investment Management, affermano che nel loro scenario di base l’inflazione resterà per qualche tempo sopra il 2% e i tassi aumenteranno prima di quanto non preveda la Fed, escludendo però un’inflazione fuori controllo. Inoltre, anche una robusta crescita senza effetti inflazionistici è in grado di esercitare pressione sui rendimenti reali, e un loro aumento significativo potrebbe comportare volatilità sul fronte azionario che, date le attuali valutazioni elevate, si presenta vulnerabile.

RIDOTTA L’ESPOSIZIONE AL RISCHIO

A seguito dell’aumento dell’inflazione e tenendo in considerazione i possibili scenari, il team GBaR a metà del mese di maggio ha ridotto l’esposizione al rischio, sia per la volatilità manifestata dai mercati azionari, sia per il fatto che a suo avviso la forza della ripresa potrebbe già essere riflessa nei prezzi, in un contesto di accelerazione dell’inflazione e di possibile aumento dei tassi. Tutto ciò è in linea con la prospettiva del team, che prevede un aumento della volatilità verso la fine dell’anno, quando inizieranno a prospettarsi alcuni rischi, come un aumento delle tasse o un ridimensionamento del piano di acquisti da parte della Fed.

SOTTOPESO DEL CREDITO USA INVESTMENT GRADE

Per quanto riguarda il credito investment grade statunitense, il team GBaR è passato da un posizionamento neutrale a sottopeso, prevedendo che nel breve termine gli spread rimangano compressi, ma a causa delle valutazioni elevate il potenziale rialzo derivante dall’apprezzamento di capitale è minimo e il carry ridotto non offre, a loro avviso, un premio al rischio interessante. Nell’azionario value statunitense è stata invece incrementata l’esposizione, ampliando la posizione aperta in aprile.

CONFERMATA LA PREFERENZA PER I TITOLI CICLICI USA

Si conferma la predilezione da parte del team GBaR di Morgan Stanley Investment Management per i titoli ciclici e value statunitensi, che stanno beneficiando delle riaperture e della forte ripresa dell’economia. Le revisioni degli utili continuano a essere favorevoli e i titoli value sono ancora scambiati a sconto rispetto a quelli growth. Sebbene a livello di fondamentali non vi siano state variazioni, il team ha visto confermare le proprie previsioni: dopo il passaggio a sovrappeso a metà del mese di aprile, i titoli value hanno sovraperformato l’indice S&P 500.

Ethenea: ecco quando la Fed inizierà a ridurre gli stimoli monetari

Andrea Siviero, Investment strategist di Ethenea, ritiene che il presidente Jerome Powell comunicherà in anticipo le sue decisioni di politica monetaria per evitare una grave correzione dei mercati

28 Giugno 2021 – 15:12

La Federal Reserve americana comunicherà in anticipo le sue decisioni sull’inizio della riduzione dello stimolo monetario, il cosiddetto tapering, per evitare una grave correzione dei mercati. Il presidente Jay Powell ha spesso evidenziato che qualsiasi cambiamento di strategia da parte della Banca Centrale sarà comunicato con largo anticipo. È l’analisi di Andrea Siviero, Investment strategist di Ethenea Independent Investors, che al momento non si aspettiamo un aumento dei tassi di interesse fino al 2023.

COMUNICAZIONE ANTICIPATA AI MERCATI

Se i tassi non dovrebbero subire aumenti fino al 2023, argomenta Siviero, è probabile che il processo di normalizzazione inizi prima, con una riduzione degli acquisti mensili di asset da parte della banca centrale statunitense, il cosiddetto tapering. Anche in questo caso, spiega l’esperto di Ethenea, la Banca Centrale statunitense darà comunque indicazioni anticipate ai mercati, e se si dovesse assistere a un inasprimento prematuro della politica monetaria, ciò sorprenderebbe gli operatori e creerebbe probabilmente una grave correzione dei mercati.

LA SVOLTA SULL’APPROCCIO ALL’INFLAZIONE

Nel 2020 la Fed ha cambiato il suo approccio di politica monetaria passando all’Average Inflation Targeting vale a dire che è disposta a lasciare che l’inflazione superi temporaneamente il target del 2% per compensare i periodi in cui è stata inferiore. Dopo aver mancato l’obiettivo per un periodo prolungato, secondo Siviero la Fed non è dispiaciuta dell’aumento delle aspettative d’inflazione, poiché aiuta ad ancorare le aspettative a medio termine a un livello più alto. La Fed considera comunque l’attuale picco inflazionistico transitorio, favorito dalla risposta senza precedenti alla pandemia, dal balzo dei prezzi delle materie prime, dalle interruzioni della catena di approvvigionamento e da un effetto base anno su anno particolarmente importante.

TRAIETTORIA NATURALE DI CRESCITA E INFLAZIONE

Ma, prosegue Siviero nella sua analisi, una volta che l’economia globale recupererà il livello pre-pandemia, è probabile che la crescita torni alla traiettoria naturale con l’inflazione dovrebbe riprendere l’andamento pre-pandemico. La Fed si aspetta comunque che forze strutturali predominanti come la demografia, la globalizzazione e il progresso tecnologico, manterranno una pressione deflazionistica nel medio termine. Per quanto riguarda la zona euro, Siviero osserva che la ripresa è in ritardo rispetto a quella statunitense.

IN EUROPA LA BCE CONTINUERÀ LA POLITICA ESPANSIVA

L’esperto di Ethenea sottolinea che il processo di vaccinazione sta prendendo velocità e i contributi previsti dal Recovery Fund saranno probabilmente erogati in corso d’anno, aiutando le economie della zona euro a ripartire progressivamente, con la Bce che si è chiaramente impegnata a continuare a sostenere la ripresa attraverso una politica espansiva. Le pressioni inflazionistiche nella zona euro sono comunque contenute, e Siviero non si aspetta un inasprimento troppo affrettato della politica monetaria della Bce

HOUSING CRASH 2021

Scritto il 24 Giugno 2021 alle 11:34 da icebergfinanza

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C’è ben poco da raccontare in questi giorni mentre i mercati vengono sostenuti per presentare un bel trimestre agli investitori e in Italia qualche fesso chiede la sovranità nei confronti del Vaticano mentre da anni l’abbiamo persa nei confronti dell’Europa.

Certo il banchiere ci racconta che il nostro è uno Stato laico, ma la fesseria sul Parlamento libero poteva risparmiarsela, proprio lui che con una letterina ha messo a tacere il Parlamento italiano e poi quello greco.

“Il governo non entra nel merito della discussione. Questo è il momento del Parlamento, non è il momento del governo”

Ci sarebbe da farci sopra una risata, ma lasciamo perdere e andiamo oltre.

Se a qualcuno interessa ma non credo, in America scoprono che i prezzi troppo alti e soprattutto il rialzo dei tassi sui mutui stanno facendo scendere le vendite di nuove abitazioni in mezzo alla stagione principe del mercato immobiliare.

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Le vendite di nuove case di maggio sono scese a -5,9% rispetto a +0,2% stimato e il -7,8% nel mese precedente (rivisto al ribasso da -5,9 %) prezzo medio  +18,1% a/a  374.400  dollari e prezzo medio di vendita a 430.600.

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Siamo tornati al livello pre-pandemia, ma come e i ruggenti anni 20?

Ovviamente la speculazione si disinteressa dei dati reali e si compra a caso sperando che la festa non finisca mai.

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Le richieste di nuovi mutui continuano a precipitare, come le vendite nel sud del Paese, il più popolato, dalla Florida alla California, un collasso di oltre il 15 %..

Oltre al crollo di maggio, il Census Bureau ha rivisto aprile pesantemente al ribasso da 863.000 a 817.000.

La ripresa economica, la grande illusione continua a indebolirsi, anche le vendite di case esistenti testimoniano che non c’è fiducia e non c’è reddito per accompagnare l’ennesima bolla immobiliare americana, l’edilizia abitativa sta rallentando e c’è poca domanda di prestiti, non vi racconto poi il mercato commerciale.

La sintesi sta tutto nella deflazione da debiti, la gente ha la fobia del debito o i soldi glieli regali e li spendono tutti in un colpo solo o l’economia è morta, senza lo Stato le fesserie sul libero mercato sepolte.

Stress test, Fed: banche Usa tutte promosse, da luglio boom dividendi e buyback. In Italia scalpitano azionisti Intesa e altri. A breve verdetto Bce

25/06/2021

E ora, per la gioia degli azionisti delle grandi banche di Wall Street, un bel boom di dividendi? Presto per dirlo, ma gli analisti intervistati da Reuters avevano già previsto fino a $130 miliardi di cedole e di buyback azionari a partire dal mese di luglio, una volta che i colossi avessero superato gli stress test della Fed.
E così è stato: le 23 banche più importanti degli Stati Uniti hanno superato la prova. Lo ha annunciato la stessa Federal Reserve nella giornata di ieri, dopo la chiusura dei mercati. Gli istituti considerati, ha detto la Fed di Jerome Powell, riuscirebbero a fronteggiare facilmente una grave recessione, in quanto tutte hanno a disposizione capitali “ben al di sopra” dei livelli minimi richiesti in caso di un forte rallentamento dell’economia.

Immediata la reazione in Borsa, con il sottoindice di riferimento dei titoli bancari KBW Bank Index salito dell’1,5% alle 17 ora di New York, dunque nelle contrattazioni dell’afterhours dopo l’annuncio.
Avendo superato gli stress test, le banche americane non saranno più sottoposte alle limitazioni imposte sull’erogazione dei dividendi e sulle operazioni di buyback azionari, che hanno dovuto osservare a partire dal 2020, a causa dell’esplosione della pandemia Covid-19, fino a oggi.
Non che la Fed, vale la pena precisarlo, sia stata alla fine così severa con gli istituti di credito: sicuramente non come la Bce, che è stata la più rigida con le banche (dell’Eurozona), imponendo loro addirittura lo stop alle cedole e la sospensione di operazioni di buyback già alla fine di marzo del 2020.
Motivo: liberare capitali, per canalizzarli in prestiti a favore dell’economia azzoppata dalla crisi COVID-19 e di aziende e famiglie assetate di liquidità. No dividendi relativi al 2019 e al 2020, aveva  precisato il Supervisory Board della banca centrale europea.
In America erano state invece otto tra le principali banche a decidere, a metà marzo del 2020 che, nel corso del secondo trimestre, avrebbero fermato le operazioni di buyback azionario, “in linea con il nostro obiettivo congiunto di utilizzare il nostro capitale e la nostra liquidità significativi per fornire il massimo sostegno alle persone, alle piccole imprese, e all’economia in senso più ampio, attraverso i prestiti e altri servizi importanti”.
Le otto banche erano state JP Morgan, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of New York Mellon, State Street, Bank of America.
Poi, alla metà di giugno del 2020, era arrivata la decisione della Fed, che aveva stabilito per le principali 34 banche americane il divieto di buyback e limitazioni (dunque, paletti ma non uno stop totale) alla distribuzione delle cedole nel terzo trimestre dell’anno.

In Eurozona si aspetta verdetto Bce: dividendi ghiotti per…

Ben altra storia quella della Vigilanza della Bce, che ha lasciato a bocca asciutta gli azionisti delle banche e società finanziarie dell’Eurozona, diventando così bersaglio di non poche critiche arrivate direttamente dal mondo dell’alta finanza: tra gli appelli, si ricordano quelli dell’ex ceo di UniCredit Jean Pierre Mustier e Lorenzo Bini Smaghi
Il no alle cedole della Bce aveva infatti avuto orti ripercussioni sulle quotazioni dei titoli bancari. La fine della dieta ferrea per gli azionisti è stata annunciata solo alla metà di dicembre, e non è stata certo un via libera incondizionato all’erogazione di dividendi e ai buyback: ‘evitare o limitare distribuzione fino a 30 settembre 2021’, stabiliva la Vigilanza di Andrea Enria, che toglieva lo stop totale, vero, introducendo però una ghigliottina sulle cedole.
“La Bce prevede che i dividendi e le operazioni di buyback azionari rimangano al di sotto del 15% dei profitti cumulati del periodo 2019-2020, e che non siano superiori ai 20 punti base del Common Equity Tier 1 (CET 1) – recitava la nota, che confermava le indiscrezioni sulla possibile imposizione di un cap, di un tetto massimo, sui dividendi. Ancora: “Le banche che intendono pagare i dividendi o riacquistare le proprie azioni devono essere in utile e disporre di traiettorie di capitali robuste”. La Vigilanza informava, anche, che le raccomandazioni sarebbero rimaste valide fino al settembre del 2021.
C’è insomma ancora da aspettare,  anche se una rassicurazione è arrivata recentemente da Luis De Guindos, vicepresidente della Bce. Una data cruciale sarà il prossimo 23 luglio, e c’è chi pregusta già ghiotte cedole in arrivo:
nel caso dell’Italia, in particolare, per Intesa SanPaolo. Occhio alla classifica, che vede protagoniste anche UniCredit, Banca Mediolanum e Banca Generali.
Tornando alle banche americane e all’annuncio della Fed, i 23 istituti più importanti degli Stati Uniti hanno superato la prova in quanto, nonostante la crisi, disporrebbero ancora di più del doppio dei livelli capitali minimi richiesti.
Lo scenario simulato dalla Fed per gli stress test è quello di “una grave recessione globale” che colpirebbe il mercato immobiliare commerciale e i detentori di corporate bond, provocando un tasso di disoccupazione pari al 10,8% e un crollo di Wall Street del 55%.
Secondo gli analisti, la promozione degli istituti si tradurrà in un aumento delle operazioni di buyback e dei dividendi agli azionisti di decine di miliardi di dollari, a partire dal mese di luglio.
In ogni caso, la Fed ha dato istruzioni alle banche affinché aspettino la sessione di lunedì per annunciare modifiche alle loro politiche di remunerazione.
Così ha commentato alla Cnbc Ken Usdin, analista di Jefferies: “Fino a quando i loro livelli di capitale rimarranno al di sopra di quelli richiesti e di altri parametri, ogni trimestre le banche potranno fare tecnicamente quello che decidono di fare con i dividendi e i buyback”.
Certo, non tutte le indicazioni arrivate dalla Fed sono state positive. Tutt’altro: visto che, nel caso in cui lo scenario di grave crisi economica ipotizzato si concretizzasse, tutte le banche esaminate incorrerebbero in una perdita di quasi mezzo trilione di dollari, pari per la precisione a $474 miliardi. Grazie alle munizioni di cui dispongono sotto forma di capitali, le stesse riuscirebbero comunque a continuare a erogare crediti all’economia reale.
A questo punto, si attende una carrellata di comunicati stampa per la giornata di lunedì, in base a quanto stabilito dalla Fed.
Gli analisti di Morgan Stanley sono positivi: “Abbiamo superato la crisi, i limiti temporanei che la Fed ha imposto ai ritorni di capitale scadono il 1° luglio, e le banche hanno eccessi di capitali significativi. Dunque, ci aspettiamo  aumenti delle cedole”.

Fed, Powell versione dovish cerca di rimediare a danno Bullard. ‘Inflazione non da anni ’70, nessun rialzo tassi preventivo’

23/06/2021

“La Fed non alzerà i tassi di interesse in via preventiva”. E’ quanto ha detto il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, nella sua audizione alla Camera dei Rappresentanti Usa, cercando di dare un messaggio chiaro ai mercati, confusi dopo l’esito della riunione del Fomc degli scorsi 15-16 giugno e ulteriormente tramortiti dalle dichiarazioni hawkish, lo scorso venerdì, del presidente della Fed di St Louis James Bullard, che ha sganciato la vera bomba sui mercati.

Al momento Bullard non è esponente votante del Fomc, ma lo sarà presto, a partire dall’anno prossimo. A Powell, ieri, è toccato il compito di smorzare le preoccupazioni sul trend dell’inflazione degli Stati Uniti: l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo si è impennata infatti del 5% nei mesi di aprile e maggio. Ancora peggio l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi alla produzione, schizzata a maggio del 6,6%.
Nella riunione della scorsa settimana, Powell & Co sono stati costretti ad ammettere che le pressioni inflazionistiche potrebbero confermarsi più forti del previsto. Risultato: ora dal dot plot emergono due rialzi dei tassi nel 2023quando nella riunione di marzo si stimava un nulla di fatto almeno fino al 2024. I mercati sono rimasti tuttavia ulteriormente confusi dall’incertezza mostrata dal presidente della Fed che. nella conferenza stampa successiva all’annuncio delle novità Fed, ha consigliato una lettura cum grano salis.
Ieri Powell ha avuto così l’occasione di chiarire esattamente cosa pensa del trend dell’inflazione Usa e, dunque, se sia giustificato o no – e fino a che punto lo sia -da parte dei mercati prezzare il tapering del Quantitative easing e un rialzo dei tassi in anticipo rispetto alle previsioni.

Powell fa la colomba, ma i mercati scontano rialzo tassi prima fine 2022

L’occasione il numero uno della Fed l’ha colta, riducendo l’ansia sui mercati. Non del tutto, però, visto che i futures sui fed funds scommettono sempre di più su una stretta monetaria prima della fine del 2022.

Fermo restando che “un’inflazione al 5% non è accettabile – ha detto nel suo discorso alla Camera Usa –  riteniamo che l’inflazione legata alla riapertura delle economie si smorzerà nel corso del tempo”.
Il timoniere della banca centrale Usa ha assicurato che “non alzeremo i tassi perché riterremo che l’occupazione sia troppo alta”, ripetendo che “i dati (macro) in arrivo dimostrano che i fattori alla base dell’inflazione si smorzeranno nel corso del tempo“.
Insomma, Powell ritiene che l’inflazione sia “transitoria”.
Il numero uno della Fed ha precisato al Congresso Usa di credere, anche, che ci voglia “ancora molto tempo prima della ripresa del mercato del lavoro”.
In occasione del suo discorso, Powell è stato assediato dalle domande dei Repubblicani della Sottocommissione sulla crisi del coronavirus della Camera dei Rappresentanti Usa, che hanno paventato il pericolo di iperinflazione per l’economia americana.
“E’ molto, molto improbabile” che l’inflazione vada verso quelle condizioni di iperinflazione che caratterizzarono gli anni 70 e gli inizi degli anni ’80, quando schizzò al di sopra del 10%, ha spiegato il banchiere centrale: “Noi crediamo che ciò a cui stiamo assistendo ora sia un’inflazione in particolari categorie di beni e servizi che sono direttamente interessati da questo evento storico unico (pandemia Covid) che nessuno di noi ha mai vissuto in precedenza”.
E, ancora, la situazione attuale è provocata da “una domanda estremamente forte di lavoro, beni e servizi” e dal fatto che “il fronte dell’offerta è stato colto un po’ alla sprovvista”.
Jerome Powell ha garantito che, in ogni caso, la Fed sarà vigile nel suo ruolo. “Avete una banca centrale che è impegnata a garantire la stabilità dei prezzi, che ha definito cos’è la stabilità dei prezzi e che è fortemente preparata a utilizzare i suoi strumenti per un’inflazione che si aggiri attorno al 2%. Tutti questi fattori mi suggeriscono che un episodio simile a quello a cui abbiamo assistito negli anni ’70….non credo proprio che qualcosa di simile a quello possa accadere”.

POWELL…RELAX!

Scritto il 23 Giugno 2021 alle 09:00 da icebergfinanza

Rimango sempre più convinto che il mercato sia stupido, che le aspettative razionali sono una delle più colossali fesserie mai premiate, addirittura con un premio Nobel.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1407584073648939008&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F06%2F23%2Fpowell-relax%2F&sessionId=4ad76bfb855daa776ab3c3bfe9b1a8d79fbd9f58&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Ieri tutti con il nasino all’insù ad ascoltare il solito banchiere centrale che vende aria fritta…

AGI – Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha riaffermato in audizione davanti al Joint Economic Committee del Congresso, l’intenzione della banca centrale degli Stati Uniti d’incoraggiare una ripresa “ampia e inclusiva” del mercato del lavoro e di non aumentare i tassi d’interesse troppo rapidamente basandosi solo sulla paura di un’inflazione in rialzo.

Non alzeremo i tassi preventivamente perché temiamo il possibile rialzo dell’inflazione. Aspetteremo prove dell’inflazione effettiva o di altri squilibri”, ha detto Powell, ribadendo che si tratta di un “aumento temporaneo”. I recenti aumenti dei prezzi “non parlano di un’economia tesa nella sua totalità. Ciò richiederebbe tassi d’interesse più elevati – ha spiegato il numero uno della Fed – ma provengono da categorie direttamente colpite dalla riapertura” dell’economia.

“Un’inflazione al 5% non è accettabile”, ha puntualizzato. E ha spiegato: “Buona parte dell’inflazione arriva dai settori più colpiti” dalla pandemia di Covid, e ha ribadito che si tratta di un aumento “temporaneo” che svanirà nel tempo. Ho fiducia – ha detto incalzato dalle domande – che si tratta di un’inflazione transitoria”. Ma allo stesso tempo ha ammesso: “È difficile dire quando questo aumento legato alla pandemia si raffredderà“.

Te lo diciamo noi entro la fine dell’anno tutta questa speculazione sarà un ricordo perchè questo scienziato non ha il coraggio di dire anche che buona parte del rialzo dei prezzi è dovuto alla criminale politica monetaria che lui porta avanti, ovvero solo semplice speculazione.

“Una parte piuttosto sostanziale, o forse tutto il superamento dell’inflazione, proviene da categorie che sono direttamente interessate dalla riapertura dell’economia come auto e camion usati”, ha detto ancora rispondendo a una domanda.

Riconfesso di non sentirmi a mio agio a dirlo ma Powell ha ragione sarà tutto transitorio, ma in giro c’è troppa gente che ha fatto scommesse sull’inflazione e in questi giorni ha preso una batosta.

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. “Abbiamo un’occupazione instabile e un’inflazione più elevata“, ha affermato il rappresentante Jim Jordan, un repubblicano dell’Ohio, riferendosi agli obiettivi della Fed imposti dal Congresso di garantire la massima occupazione e prezzi stabili.

E certo occupazione instabile, fragile e ora ci si mette pure il mercato immobiliare che sta per crollare, quarto mese consecutivo di calo per le vendite di abitazioni esistenti, il livello più basso degli ultimi 11 mesi dalla ripresa post covid e meno male che ci sono gli stimoli.

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Quindi Bullard e le sue dichiarazioni valgono come il due di picche, i motivi per cui non ci sarà alcun rischio per un rialzo dei tassi ve lo abbiamo spiegato come meglio non potevamo nell’ultimo manoscritto.

“L’ inflazione è aumentata notevolmente negli ultimi mesi. Ciò riflette, in parte, le letture molto basse dall’inizio della pandemia che escono dal calcolo; il trasferimento dei passati aumenti dei prezzi del petrolio sui prezzi dell’energia al consumo; il rimbalzo della spesa mentre l’economia continua a riaprire; e il fattore esacerbante dei colli di bottiglia dell’offerta, che hanno limitato la rapidità con cui la produzione in alcuni settori può rispondere a breve termine. Man mano che questi effetti transitori sull’offerta diminuiscono, l’inflazione dovrebbe tornare verso il nostro obiettivo di lungo periodo.”

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Li vedete i pallini qui sopra, per il 2023 cinque di questi non prevedono alcun rialzo dei tassi,  per il 2024 pure.

Segnatevi questi nomi… POWELL BRAINARD e CLARIDA come diceva il buon Keynes in un concorso di bellezza conta solo come voteranno i giudici ma soprattutto i giudici che contano, ovvero quelli che vi ho segnalato fermi a ZERO sino almeno al 2024, il resto è puro contorno!

La scorsa settimana, Lance Roberts ha ricordato a tutti quello che scriviamo da mesi…

“ Si prega di prestare attenzione a questo spread poiché mostra che i produttori non possono trasferire l’inflazione ai loro clienti.  Pertanto, l’inflazione trattenuta, e con questa misura, molto, eroderà i margini di profitto e i guadagni in futuro”.

Ciò è gravemente problematico date le valutazioni attuali dei mercati che qualche buontempone si ostina a tenere su giocando con i soldini che la FED regala.

Il più grande e intelligente suggerimento che abbiamo dato ai nostri clienti in questi mesi è quello di non shortare questi mercati, lasciarli andare, questa è una bisca clandestina non è un mercato.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1407312592046075910&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F06%2F23%2Fpowell-relax%2F&sessionId=4ad76bfb855daa776ab3c3bfe9b1a8d79fbd9f58&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

I dati COT  (Commitment Of Traders)  , che sono eccezionalmente importanti, sono l’  unica fonte delle partecipazioni effettive dei tre gruppi critici al commercio delle materie prime prosegue Lance

  • Trader commerciali:  questo gruppo è composto da trader che utilizzano contratti futures a fini di copertura. Le loro posizioni superano i livelli di segnalazione della CFTC. Questi trader sono solitamente coinvolti nella produzione e nella lavorazione della merce sottostante.
  • Trader non commerciali:  questo gruppo è composto da trader che  non  utilizzano contratti futures per la copertura e le cui posizioni superano i livelli di segnalazione CFTC. Sono in genere grandi trader come stanze di compensazione, commercianti di commissioni sui futures, broker stranieri, ecc.
  • Piccoli trader:  le posizioni di questi trader non superano i livelli di reporting della CFTC e, come suggerisce il nome, di solito si tratta di piccoli trader.

I dati che ci interessano sono il secondo gruppo di  operatori non commerciali (NCT.)

Gli NCT sono il gruppo che specula su dove credono che si dirigerà il mercato.

Mentre ci si aspetterebbe che questi individui siano  “più intelligenti”  degli investitori al dettaglio, scopriamo che sono soggetti alla  “fallacia umana”  e alla  “mentalità del gregge”  come tutti gli altri.

Quindi lasciamoli giocare perché l’economia non farà prigionieri!

Qualcuno è rimasto sorpreso dall’inversione delle ultime ore, dopo uno spettacolare rally di ben 45 basic point che ha portato il trentennale sotto il 2 % sino a sfiorare la media mobile a 1,92. Normale, ci vuole pazienza, importante è che la rotta è segnata.

Negli ultimi 5 manoscritti c’è tutto quello che serve per comprendere la rotta e sino ad ora non abbiamo sbagliato nulla, l’ultima occasione è ancora sotto gli occhi di tutti!

Ray Dalio vede la Fed nei guai: altro che tapering, un minimo tocco al freno può mandare in tilt mercati (ed economia)

Rischio mercati finanziari in subbuglio

I timori legati ai futuri rialzi dei tassi Usa hanno spaventato i mercati finanziari. La curva dei rendimenti si è appiattita violentemente, con i rendimenti a breve e medio termine che sono saliti bruscamente la scorsa settimana mentre i rendimenti a lungo termine sono scesi; sempre la scorsa settimana, il dollaro è salito e le azioni sono scese, anche se quelle orientate alla crescita hanno sovraperformato. Così ha spiegato Ray Dalio, investitore miliardario e fondatore di Bridgewater Associates, il più grande hedge fund del mondo, parlando con l’economista ed ex segretario al Tesoro Lawrence Summers al Qatar Economic Forum. Sia Dalio che Summers ritengono che si stia andando verso un periodo di surriscaldamento e inflazione che potrebbe minacciare la ripresa economica.
Dalio ha avvertito che sarà difficile evitare un surriscaldamento dell’”inflazione monetaria” a causa di una marea di emissioni di obbligazioni. Con il deficit degli Stati Uniti destinato ad aumentare, il paese dovrà vendere molte obbligazioni agli investitori, nonostante i tassi di interesse molto bassi e i tassi di inflazione reale negativi, o corretti per l’inflazione, ha detto Dalio. Tutto questo arriva nello stesso momento in cui i mercati dei capitali cinesi e altri mercati dei capitali stanno diventando più attraenti per gli investitori globali. “Ciò crea una situazione di domanda/offerta che può portare ad ulteriore inflazione monetaria perché non ci sarà abbastanza domanda per acquistare quei titoli”, ha detto Ray Dalio. Di conseguenza, la Fed non sarà in grado di ridurre o diminuire i propri acquisti di obbligazioni e potrebbe dover effettivamente aumentare tali acquisti per evitare che i tassi di interesse salgano, ha detto.
La Fed non può realizzare strette senza avere grandi effetti negativi sui mercati ha chiosato Dalio ricordando che “abbiamo visto la reazione dei mercati quando la Fed ha anche solo accennato a una stretta. Non penso che possano stringere molto senza avere un grande effetto negativo”.
“È facile dire che la Fed dovrebbe stringere, e penso che dovrebbe farlo – spiega il fondatore di Bridgewater Associates – . Ma penso che vedrete un mercato molto sensibile, e un’economia molto sensibile. Solo il minimo tocco su quei freni ha l’effetto di danneggiare i mercati e anche di passare all’economia”.

Euforia Reddit, chiude hedge fund short su GameStop. Ma Michael Burry avverte: febbre meme stock e criptovalute finirà con ‘la madre di tutti i crash’

22/06/2021

Meme stock à la GameStop: chi vince nella nuova guerra, inaugurata quest’anno a Wall Street, tra il mondo dorato degli hedge fund e la comunità degli investitori retail?
E’ forse presto per dirlo, ma fa sicuramente notizia il fatto che, probabilmente a causa della carica dei piccoli trader partita dal forum online Reddit, un fondo speculativo è stato costretto a chiudere i battenti: si tratta del fondo principale, stando a quanto riporta il Financial Times, dell’hedge fund londinese White Square Capital, gestito dall’ex trader di Paulson & Co Florian Kronawitter.

L’hedge fund, stando a quanto emerge da una lettera inviata ai clienti e ad alcune fonti vicine al dossier interpellate dall’FT, ha detto agli investitori che sarà costretto questo mese a chiudere il suo principale fondo e a restituire il capitale, a seguito di un processo di revisione del proprio modello di business.
Tutto per colpa, si potrebbe dire, di GameStop, titolo che ha fatto tanto parlare di sé all’inizio dell’anno, oggetto di destinazione dei poderosi buy degli investitori amatoriali.
La carica degli acquisti ha inferto un duro colpo a White Square che, al picco della sua attività, gestiva asset per un valore di $440 milioni e che, solo nel mese di gennaio, ha sofferto una perdita a due cifre su base percentuale.
La chiusura del fondo, spiega l’FT, è una delle prime di un hedge fund provocate dalla popolarità delle cosiddette meme stock, alimentata dalla febbre dei piccoli investitori, che si sono coordinati sui forum online come WallStreetBets di Reddit e altri, in alcuni casi lanciando deliberatamente una crociata contro le scommesse short degli hedge fund.
Così facendo, hanno fatto volare titoli di società dai fondamentali dubbi come il retailer di videogiochi GameStop e la catena di sale cinema AMC Entertainment: entrambi gruppi che, dopo la parentesi di inizio anno, sono tornati protagonisti nelle ultime settimane, travolti da volatilità a livelli record, prede di isterici sell e buy.
Giusto per fare un esempio e per capire meglio il trend folle esploso a Wall Street: il titolo GameStop è salito da un valore inferiore ai $20 all’inizio dell’anno a oltre $480, al massimo testato a gennaio. Per non parlare del fenomeno AMC Entertainment che ha iniziato il mese di giugno a un valore superiore del 3000% da inizio anno.
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Inevitabili le perdite accusate dagli hedge fund come Melvin Capital e Light Street Capital, fondi che comunque rimangono operativi.
Nel caso di White Square Capital, Kronawitter ha chiarito che “la decisione di chiudere è legata alla riflessione sulle sfide che hanno interessato il modello equity long-short”. Ovvero? “Ci sono troppi pesci nel lago che adottano la stessa strategia long-short. Il margine tradizionale viene eroso da altri investitori, c’è un eccesso di offerta del capitale”.
Un’altra fonte vicina all’hedge fund ha riferito al quotidiano finanziario britannico che la decisione di chiudere il fondo non ha nulla a che vedere con il rally delle meme stock, visto che – ha aggiunto la fonte – il fondo ha recuperato terreno velocemente dalle perdite di gennaio, recuperando una “buona fetta”.
Sarà: sta di fatto che chiude un fondo che aveva scommesso contro GameStop. E Melvin Capital, numeri alla mano, ha perso quest’anno il 44,7% fino alla fine di giugno, mentre Light Street ha fatto -20,1%.
Kronawitter, che ha lavorato in precedenza presso Merrill Lynch e nell’hedge fund del miliardario americano John Paulson aveva permesso a White Square Capital di riportare guadagni a doppia cifra percentuale nel 2015 e nel 2016, mentre l’anno scorso – ha riferito un’altra fonte – ha assicurato al fondo un guadagno del 19%.

Michael Burry su cripto e meme stocks: finirà con la madre di tutti i crash

A proposito di miliardari, un avvertimento non sugli hedge fund ma sulle stesse meme stocks e anche sulle criptovalute è stato lanciato qualche giorno fa da Michael Burry, il trader che nel 2008 ha fatto guadagnare al suo fondo d’investimento circa 2,6 miliardi di dollari scommettendo un miliardo di dollari sul crollo del mercato immobiliare americano: la sua storia è stata raccontata nel libro di Michael Lewis ‘The Big Short’ e nel successivo film La grande scommessa.
“Tutta questa febbre-speculazione scatenata nel mondo retail provocherà la madre di tutti i crash”, ha scritto in un tweet l’investitore Mr Big Short“.
Quando le cripto scenderanno e le meme stock cadranno, ha scritto ancora Michael Burry, “le perdite di #MainStreet saranno grandi quasi quanto interi paesi“.
Burry ha aggiunto che, ad alimentare questa febbre, è il cosiddetto fenomeno FOMO, acronimo di Fear of Missing Out, paura di perdere l’occasione che, a suo avviso, sta gonfiando il valore degli asset a livelli insostenibili.
Ora numero uno del fondo Scion Asset Management, Mr Big Short ha lanciato l’allarme anche sui cripto fan, che si stanno indebitando in modo a suo avviso incosciente, pur di acquistare le loro criptovalute preferite.

Inflazione e rialzo tassi, ecco cosa dirà oggi Powell (Fed). Ed ecco cosa farà Lagarde (Bce) secondo Goldman Sachs

22/06/2021

Ora più che mai i mercati pendono dalle labbra di Jerome Powell, numero uno della Fed, che testimonierà oggi alla Camera dei rappresentanti Usa, parlando della risposta che la banca centrale americana ha dato alla pandemia Covid-19.
Le sue dichiarazioni, che sono state diramate nella serata di ieri, dovrebbero avallare l’assunto secondo cui la Federal Reserve inizierà presto a discutere sulla necessità di rimuovere alcune di quelle misure straordinarie di stimoli monetari, senza precedenti, che sono state lanciate nel 2020 come risposta all’emergenza del coronavirus.

“Dall’ultima volta che ci siamo incontrati, l’economia ha riportato un miglioramento sostenuto – dirà Powell, in base al comunicato sul suo discorso al Congresso, reso noto dalla Fed – Le ampie vaccinazioni si sono unite a interventi di politica monetaria e fiscale senza precedenti, fornendo un forte sostegno alla ripresa. I dati relativi all’attività economica e all’occupazione hanno continuato a rafforzarsi e, quest’anno, il Pil reale si appresta a segnare la fase di crescita più veloce degli ultimi decenni“.

Fed: Powell costretto a fare i conti con l’inflazione

Ancora, sul nodo inflazione, che Powell è stato costretto e sarà costretto di nuovo, oggi, ad ammettere che si è rafforzata, dopo la bomba che pochi giorni fa è stata sganciata da James Bullard, presidente della Fed di St. Louis.
Venerdì scorso Bullard ha detto di intravedere una prima stretta monetaria già nel 2022, ovvero già il prossimo anno. A detta dell’esponente del Fomc che non ha diritto di voto, ma che lo avrà a partire dal 2022, la pandemia sta per finire ed è naturale che a un certo punto si riducano gli stimoli e la banca centrale diventi più hawkish per contenere le pressioni inflazionistiche. Bullard stima l’inflazione correre al 3% quest’anno e al 2,5% nel 2022 prima di tornare all’obiettivo del 2% della Fed.
D’altronde, era stato lo stesso Fomc a ufficializzare qualche giorno prima, dopo la riunione di due giorni, la decisione di rivedere al rialzo l’outlook sul outlook sul Pil e sull’inflazione Usa.
A tal proposito si ricorda che dal dot plot del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, ora emerge che, in media, gli esponenti dell’istituzione stimano in media due rialzi dei tassi nel 2023, quando nella riunione di marzo prevedevano un nulla di fatto almeno fino al 2024.

Bce: Lagarde convinta del fatto suo non convince Goldman

“L’inflazione è aumentata in modo notevole negli ultimi mesi”, dirà Powell al Congresso. Allo stesso tempo, il presidente della Fed ribadirà che la maggior parte della crescita dei prezzi è, a suo avviso, frutto di un effetto temporaneo e che l’inflazione Usa dovrebbe tornare al 2% nel lungo termine.
Powell parlerà all’indomani del discorso proferito dalla numero uno della Bce, Christine Lagarde che, in un discorso al Parlamento europeo, ha affermato che l’accelerazione delle pressioni inflazionistiche Usa, dovrebbe avere un impatto limitato sull’area euro.
Certo, il contagio dell’inflazione potrebbe verificarsi “attraverso il canale diretto dei beni importati dagli Usa e attraverso meccanismi di aspettative e commerci indiretti”. Ma, nel complesso, gli effetti sull’inflazione dell’Eurozona saranno “moderati”. E comunque, ha fatto notare Lagarde, “non credo che davvero possiamo paragonare la situazione americana a quella dell’area euro”. Si tratta di economie, ha ribadito, “che si trovano in una situazione diversa in termini di cicli, in termini di inflazione, e anche in termini di aspettative sull’inflazione”.
Lagarde ha aggiunto, anche, che “l’outlook per l’economia (dell’Eurozona) sta diventando più luminoso, grazie al miglioramento della situazione della pandemia. Le pressioni dei prezzi dovrebbero in qualche modo aumentare, quest’anno, “a causa degli ostacoli temporanei dell’offerta e per la ripresa della domanda domestica, ma dovrebbero rimanere contenute”.
In ogni caso, la presidente della Bce ha riferito che la banca centrale sarà “estremamente attenta” alle trattative sui salari per monitorare qualsiasi rischio possa interessare i prezzi, e ha aggiuntoche al momento “non ci sono ragioni gravi per ritenere che i salari vengano negoziati a un livello che possa rafforzare i fattori sottostanti dell’inflazione”.
In ogni caso, ha continuato, non è questo il momento di permettere ai tassi di interesse dell’area euro di salire, visto che la Bce è orientata – e questo è diventato ormai un mantra per Lagarde – a mantenere condizioni di finanziamento favorevoli.
“Un aumento sostenuto dei tassi di mercato potrebbe tradursi in un irrigidimento delle condizioni di finanziamento che sono importanti per l’economia intera – ha detto, ripetendo quanto inciso nel comunicato del Consiglio direttivo della Bce relativo alla riunione dello scorso 10 giugno – Un irrigidimento sarebbe prematuro e rappresenterebbe un rischio per l’attuale ripresa economica e l’outlook sull’inflazione”.
Attenzione tuttavia al commento di Goldman Sachs sulla Bce, diramato nelle ultime ore, con il capo economista dell’Europa che, in un colloquio con la Cnbc, ha detto che, visto che il Fomc si appresta ad effettuare aggiustamenti di politica monetaria, “il Consiglio direttivo (della Bce) dovrebbe diventare più fiducioso nella possibilità di iniziare a ridurre gli acquisti che avvengono con il piano PEPP, verso la fine dell’anno”.
L’esperto ha riconosciuto che la Bce “non ha fretta di seguire la Fed nell’accelerare i tempi di uscita” dalle misure straordinarie anti-Covid. Nonostante ciò, crede che la banca centrale europea inizierà a ridurre gli acquisti del PEPP nella riunione di settembre e verso il quarto trimestre dell’anno.

Ray Dalio: la Fed potrebbe alzare i tassi prima del previsto. Ecco il motivo

Il paese dovrà vendere molte obbligazioni agli investitori, nonostante abbiano tassi di interesse molto bassi e tassi reali negativi.

di Pietro Pisello , pubblicato il 22 Giugno 2021 alle ore 08:48

Ray Dalio, l’investitore miliardario e fondatore del più grande hedge fund del mondo: Bridgewater Associates, ha appena dichiarato che la Federal Reserve potrebbe iniziare ad alzare i tassi d’interesse prima di quanto gli investitori si potessero aspettare e che i responsabili politici avrebbero già iniziato a discutere l’eventuale rallentamento delle misure accomodanti. Ecco cosa sta succedendo.

Ecco perché, secondo Ray Dalio, La Fed potrebbe alzare i tassi d’interesse prima del previsto

La curva dei rendimenti, ha spiegato Ray Dalio, si è appiattita violentemente. In particolare, i rendimenti a breve e medio termine hanno visto un forte aumento la scorsa settimana, mentre i rendimenti a lungo termine sono diminuiti; sempre la scorsa settimana, il dollaro è salito alle stelle e le azioni alla fine sono scivolate.

Ray Dalio, in una una recente dichiarazione pubblicata da bloomberg.com, ha avvertito che sarà difficile evitare un surriscaldamento dell’inflazione a causa di un’ondata di emissioni obbligazionarie.

Un altro aspetto sottolineato da Ray Dalio è il fatto che il deficit degli Stati Uniti destinato ad aumentare. Il paese “dovrà vendere molte obbligazioni” agli investitori, nonostante abbiano tassi di interesse molto bassi e tassi di inflazione reali negativi o corretti per l’inflazione.

Come se non bastasse, ciò avviene nello stesso momento in cui i mercati dei capitali cinesi e altri mercati dei capitali stanno diventando più attraenti per gli investitori globali.

“Ciò crea una situazione di domanda/offerta che può portare ad ulteriore inflazione monetaria perché non ci sarà abbastanza domanda per acquistare quei titoli”, ha detto Ray Dalio.

Così la Fed non potrà ridurre e i propri acquisti di obbligazioni e, anzi, potrebbe dover essere costretta a intensificarli.

TREASURIES: MAMMA MI SI E’ APPIATTITA LA CURVA!

Scritto il 21 Giugno 2021 alle 08:45 da icebergfinanza

Un fine settimana davvero interessante quello della settimana scorsa, interessante ed entusiasmante con tanti saluti ai profeti della stagflazione o reflazione.

Nel fine settimana è uscito il nuovo manoscritto dal titolo ANACICLOSI dedicato a tutti coloro che sostengono il nostro viaggio.

Nella notte il trentennale ha abbattuto quota 2 %, polverizzandola!

Questo è solo un assaggio del più grande SHORT SQUEEZE della storia.

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In meno di un mese chi avesse investito nel trentennale americano avrebbe guadagnato intorno al 9 %! Ecco il significato della grande occasione più volte ricordata in questi mesi.

E’ stato un massacro tecnico quello verificatosi in questi due ultimi giorni, disintegrata la curva dei rendimenti con lo spread 5/30 e 2/30 anni letteralmente crollato.

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Poi è arrivato James Bullard uno che nella Federal Reserve vale come il 2 di picche…

(ANSA) – ROMA, 18 GIU – Potrebbe essere appropriato per la Federal Reserve iniziare ad aumentare i tassi di interesse già dalla fine del prossimo anno, in previsione di un’inflazione al di sopra dell’obiettivo del 2%. Lo ha detto il presidente della Fed di St.Louis, James Bullard in un’intervista alla Cnbc chiarendo che sulla tempistica del rialzo del costo del denaro “abbiamo messo sul tavolo l’ipotesi di iniziare a partire dalla fine del 2022”. (ANSA).

Apriti cielo, sono piovuti asini che volavano ovunque!

Nel 2015 hanno fatto lo stesso, sono saliti sino al 2,5 % numero magico, una catastrofe.

Se qualcuno spiegasse a Bullard che l’aumento del debito e il calo della crescita sono tali  che il prossimo ciclo di inasprimento dei tassi, sarà semplicemente ridicolo, perché l’economia americana difficilmente può permettersi condizioni finanziarie più rigide.

Attenzione, siamo in mezzo alla più imponente e spettacolare fase di stimoli monetari e fiscali della storia e la banca centrale americana sta per rifare il più clamoroso degli errori, anzi lo ha già fatto, vista l’altissima correlazione tra il dollaro e i prezzi delle materie prime, il che farà crollare le aspettative di inflazione.

Accade lo stesso nel 2013!

Come scritto più volte questa volta sarà terrificante, la curva ha subito un notevole appiattimento nelle ultime 48 ore caso estremamente insolito dato che la Fed non ha ancora iniziato ad alzare i tassi.

Ciò ha coinciso anche con un notevole calo delle aspettative di inflazione.

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L’enorme domanda repressa di rendimento da parte degli investitori di tutto il pianeta porterà a un dollaro sempre più forte e un impatto disinflazionistico maggiore più rapidamente di quanto presunto.

Giusto per ricordare a colore che sono concentrati solo esclusivamente sull’America, i prezzi al consumo in Giappone sono scesi di nuovo a maggio ottavo calo consecutivo

Japan Inflation Rate

Trilioni di yen non sono serviti a fare ripartire l’inflazione! Spero che il messaggio sia chiaro! Come suggerisce Snider l’inflazione giapponese, la sua mancanza, non è solo una preoccupazione giapponese. Ci dice molto su quello che deve essere il vero stato dell’economia globale senza stimoli fiscali.

L’intera curva è stata venduta alla luce di questa svolta . Le scadenze a più lungo termine hanno recuperato.

Ciò ha lasciato la curva seriamente più piatta rispetto a prima della riunione del FOMC. Cosa significa questo?

Uno, ha un’atmosfera molto simile al 2018 in quanto il mercato sta prendendo in parola i politici. Potrebbero anche essere in grado di aumentare i tassi ad un certo punto nei prossimi anni, ma se mai lo faranno, sarà, come nel 2018, per le ragioni sbagliate. Per quanto riguarda le prospettive a lungo termine, non è cambiato molto indipendentemente dal dot plot (ricorda quanto siano stati inutili i puntini da quando sono stati introdotti).

(…) L’errore politico è stato in primo luogo pensare che ci fossero solide ragioni economiche per aumentare i tassi. Anche i dati, solo successivamente rivisti , mostrano che quella giustificazione non c’è mai stata, almeno non nella realtà in primo luogo. Il mercato obbligazionario – con prima le sue curve di appiattimento – ha continuato ad avvertire che i rialzi dei tassi erano inappropriati a causa del fatto che l’economia non era  forte, mai in pericolo di inflazione, ed era sempre più probabile che tale debolezza materiale avrebbe prodotto una recessione se non una depressione

È proprio quello che è successo a partire dall’ottobre 2018.

Questa settimana, la curva si è appiattita più o meno allo stesso modo anche se in scala più piccola, così come, va sottolineato, da livelli nominali molto più bassi. E le cifre sull’inflazione giapponese sono attinenti a questo cambiamento di forma della curva nel modo in cui dimostrano ulteriormente i fattori globali che Powell e il FOMC hanno ignorato e continueranno a ignorare sostenendo invece l’esistenza di meno rischi al ribasso.

Bene la verità è figlia del tempo, ci spiace per tutti coloro che assaporavano la nostra disfatta, non è ancora finita ma stiamo per vincere per l’ennesima volta la nostra ULTIMA scommessa!

Lagarde (Bce): crescita area euro beneficia anche di stimolo fiscale Usa

21/06/2021

Il presidente della Bce, Christine Lagarde, ha rimarcato oggi che l’attività economica migliorerà fortemente nella seconda metà del 2021, sostenuta da un robusto rimbalzo della spesa dei consumatori e da solidi investimenti delle imprese. L’istituto centrale vede il pil reale balzare del 4,6% nel 2021, del 4,7% nel 2022 e del 2,1% nel 2023. A detta della Lagarde una sponda importante alla crescita UE arriverà anche dal pacchetto di stimolo fiscale Usa.

Non farsi distrarre dalla “grande confusione” su tassi e inflazione

La Fed non è diventata un falco ma solo appena meno colomba. E i rendimenti dei Treasury raccontano solo un riposizionamento tattico per la stanchezza del rally dei titoli ciclici

Trend secolari intatti  di Stefano Caratelli  21 Giugno 2021 – 8:24

Partiamo da un paio di ‘grani di sale’ di verità raccolti navigando in rete, ovviamente su siti a stelle e strisce. Il primo è che l’ultima riunione del FOMC della Fed, che ha fatto inflazionare il termine ‘falchi’ su giornali e tv, ha segnato in realtà solo ‘il picco’ dell’atteggiamento da colomba di Jay Powell e compagni, una vetta da cui si può solo cominciare a scendere verso valle, magari con passo cauto da montanaro perché le discese sono più pericolose delle salite. Il secondo ci dice che Powell ha e continuerà ad avere ‘tolleranza zero’ non sull’alta inflazione, come i banchieri centrali degli anni ’80 del secolo scorso, ma sull’alta disoccupazione. Quindi, parafrasando la prima strofa di Blowing in the Wind di Bob Dylan, forse la domanda giusta da farsi è “quanto dovrà volare ancora la colomba Fed prima di potersi adagiare sulla pianura di una ripresa robusta con piena occupazione sostenibile e duratura?”. Visto che il volteggiare di falchi immaginari attirati dall’inflazione galoppante in arrivo non ha prodotto l’impennata dei rendimenti dei Treasury profetizzata dai guru, spesso autoproclamati tali, sta girando un’altra profezia che sembra altrettanto infondata: l’appiattimento della curva dei tassi USA, che potrebbe preannunciare una recessione in arrivo.

S&P 500 E CURVA DEI RENDIMENTI DEI TRASURY A 1 E 10 ANNI (RECESSIONI IN GRIGIO) A GIUGNO 2021

CONTORSIONI SULLA CURVA DEI TASSI

Quello della curva piatta, che potrebbe diventare invertita, e annunciare una recessione in arrivo indotta da una forte inflazione che erode i redditi degli americani facendo calare i consumi e mandando in crisi le imprese, sembra il classico tormentone estivo che si tira fuori quando non succede niente di importante e non si sa cosa scrivere. E allora si lavora un po’ di fantasia, magari su media considerati autorevoli che ci mettono sopra un titolo che gronda sangue. È successo anche due anni fa, quando per motivi tecnici legati alla stagionalità i tassi americani a breve puntarono temporaneamente al rialzo facendo ‘invertire’ per poco la curva e scatenando previsioni di recessione in arrivo. Le inversioni della curva, vale a dire i tassi a breve che superano il livello di quelli a lunga, sono storicamente un predittore abbastanza accurato delle recessioni, come mostra la chart qui sopra, ma intanto devono ‘succedere’, non basta che i rendimenti dei Treasury a 10 e 30 anni scendano di una manciata di punti base restando però in area 1,5-2,1% mentre i tassi a breve sono a zero.

SUI TREASURY SOLO GIOCO DI DOMANDA E OFFERTA

In effetti poi la recessione annunciata due anni fa arrivò, la più profonda ma anche la più breve dal dopoguerra, non certo per l’inversione della curva di otto mesi prima, ma per lo shock della pandemia. Quello che spesso molti guru dimenticano, inoltre, è che i rendimenti sulle scadenze lunghe dei Treasury sono solo un’indicazione, molto approssimativa, sulle aspettative di inflazione future, ma soprattutto il risultato, molto concreto, del gioco della domanda e dell’offerta. In una settimana che ha visto il Dow Jones lasciare sul terreno oltre 1.200 punti, la peggiore da ottobre, è abbastanza verosimile che i dollari tolti dal tavolo dell’azionario siano andati a parcheggiarsi sui Treasury, che garantiscono comunque il rendimento più elevato dei paesi avanzati, facendo meccanicamente salire i prezzi e scendere i rendimenti. Altra notazione, il Nasdaq, vittima predestinata dei presunti falchi della Fed, ha invece tenuto bene, finendo la settimana più o meno dove l’aveva iniziata, mentre l’S&P 500 ha limitato i danni, forse perché su quest’indice la componente tech è sempre più pesante.

SHOCK E CONTRO-SHOCK, ANDATA E RITORNO

Guardando indietro agli ultimi 18 mesi, siamo passati dal si salvi chi può di marzo-aprile 2020 a un cauto ottimismo degli investitori, nonostante il rally dei mercati trainati dai tech USA, fino alle elezioni americane di novembre. Poi, con l’arrivo del tandem Biden-Yellen con le tasche strapiene di soldi da spendere, è saltato il tappo, la storia d’amore con la rivoluzione tecnologica si è presa una pausa, ed è partita la corsa a cavalcare il tema della ripresa economica sostenuta dai vaccini con i vecchi titoli ciclici a farla da protagonisti. Ora sembra si sia tornati al punto di partenza di un paio d’anni fa. L’inflazione non è il mostro degli anni 70 ed è destinata a per tornare in soffitta, il nuovo superciclo delle commodity sembra molto là da venire e comunque circoscritto ad alcuni materiali ben limitati, i grandi temi della digitalizzazione, dell’innovazione, della sanità, sembrano destinati a tornare alla ribalta. Sullo sfondo il confronto secolare USA-Cina con la variante di Biden che cerca e trova sponde in Europa e forse anche nella Russia di Putin.

BOTTOM LINE

Ci aspettano mesi di volatilità, soprattutto sul fronte dei dati macroeconomici, che prima sono stati ‘drogati’ dallo shock della pandemia e poi dalla violenza del rimbalzo. Sono destinati a stabilizzarsi su un sentiero di crescita moderata e bassa inflazione, soprattutto nei paesi sviluppati, ma non sarà un percorso lineare. Qualche ‘volatilità di riflesso’ ci sarà anche sui mercati, ma gli investitori non devono lasciarsi spaventare, e magari impiegare i mesi estivi per studiare un riequilibrio dei portafogli più ancorato ai trend di lungo periodo.

TREASURIES: SHORT SQUEEZE!

Scritto il 18 Giugno 2021 alle 09:46 da icebergfinanza

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Giornata epica quella di ieri come non se ne vedevano da qualche mese!

Mentre dotti, medici e sapienti prefiguravano esplosioni di tassi e inflazione ovunque, i bond vigilantes hanno spremuto come limoni tutti coloro che stavano scommettendo contro i titoli di Stato americani.

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Quindici figure, punti base su un rendimento trentennale in una sola giornata, non si vedevano dai tempi della pandemia.

Non solo, interessante anche la dinamica del dollaro, passato da oltre 1,21 a scendere ieri sotto 1,19.

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Chi avesse acquistato un trentennale la sera stessa della riunione della FED in un solo giorno avrebbe portato a casa un risultato combinato di oltre il 4,5 % non male per un noioso titolo di Stato.

Ieri siamo stati profeti, abbiamo accennato all’inizio dell’appiattimento della curva dei tassi e subito, giornata memorabile, l’accelerazione dell’ultima grande occasione.

Il rendimento dell’obbligazione a 30 anni è sceso di 13 punti base oggi dopo aver tenuto il passo ieri quando altri rendimenti sono aumentati su tutta la linea.

Molti pensavano che il rendimento delle obbligazioni a lungo termine fosse diretto verso il 3 o 4 % per non scendere mai più sotto il 2,0%.

Bene, la verità è figlia del tempo e il bello è solo all’inizio. Ora una pausa e poi obiettivi ambiziosi. Ci sarebbe da ridere nell’osservare come il mercato ha risposto alle previsioni di rialzo dei tassi dei governatori della FED.

Questa volta saranno costretti a ridurre i tassi in negativo non avranno il tempo di alzarli e allora si farà la storia e l’ultima grande occasione sarà compiuta.

ALGO TIME: vola l’USD, collassano ORO e commodity sulla paura della EXIT STRATEGY

Scritto il 18 Giugno 2021 alle 07:39 da Danilo DT

Mi tocca riprendere per forza il post di ieri sul Meeting FED perché, come volevasi dimostrare, nell’effettivo cambia niente ma è bastato lasciare intendere qualcosa e subito il mercato ha preso posizione.
Tra le tante cose dette, è stato chiaro il messaggio sui tassi di interesse che potrebbero crescere più del previsto a partire dal 2023.

Signori, 2023, credo che di acqua sotto i ponti ne passerà ancora tantissima. E allora qual è il messaggio che può aver cambiato qualcosa? Quello sul tapering? In realtà non è cambiato nulla anche se si è lasciato intendere che a settembre si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di avviare proprio il tapering a fine anno. Anche in questo caso si parla di mesi, ma il mercato in questo momento guarda molto avanti e cerca di anticipare i tempi proprio perché si ha paura che qualcosa cambi e allora, per non restare sul treno in corsa che va verso il precipizio, meglio scendere subito.

Tranquilli, la mia metafora era volutamente eccessiva e quindi non voglio spaventare nessuno, ma credo di aver reso l’idea. Ma è impressionante in ambito intermarket cosa è successo.

• Tassi che si alzano prima del tempo
• Usd che sull’Eur spara un rally notevole
• Oro che reagisce di conseguenza

Guardate i due grafici di EURUSD e GOLD. Chart by Tradingview.

Sono la fotocopia l’uno dell’altro. Sento puzza di algoritmi, trading system e AI. Anche molte altre commodity sono collassate. Ritiro della leva finanziaria? Presa di profitto? Ci può stare, e ormai dobbiamo abituarci. Un mercato in mano agli algos, può raggiungere picchi di volatilità anche inimmaginabili. E di certo il cigno nero (che può essere più o meno grande) ora ha un nome. Inflazione? Ni, perchè dipende anche dall’inflazione ma non solo da lei. Il vero cigno nero è la paura dell’inizio della EXIT STRATEGY.

Wall Street gelata da Bullard (Fed), Dow Jones -400 punti. Euro buca $1,19, rialzo tassi Usa ancora più vicino?

18/06/2021

Effetto Bullard sui mercati finanziari globali. L’azionario peggiora ovunque, con Wall Street che inaugura la seduta in forte ribasso. Il Dow Jones apre in calo di oltre -400 punti, per poi ridurre le perdite, rimanendo comunque sotto forte pressione, in flessione di 362 punti (-1,07%), a 33.461 punti. Lo S&P 500 arretra dello 0,74% a 4.191 punti circa, mentre il Nasdaa scende dello 0,27%, limitando i danni, a 14.124 punti. Il Dow Jones si appresta a chiudere la settimana peggiore da gennaio.

Occhio alla nuova impennata del dollaro che, prima delle parole di James Bullard, era già avviato a chiudere la settimana con il rialzo più forte da settembre, a scapito dell’euro. La valuta Usa estende i guadagni oltre il +1,6% incassato dall’inizio della settimana, affondando ulteriormente l’euro che, in perdita dello 0,34%, buca anche la soglia di $1,19, scivolando a $1,1867.

La sterlina perde sul dollaro più di mezzo punto percentuale a $1,3841; il dollaro avanza anche sullo yen, in rialzo dello 0,16% a JPY 110,39.

Tutto per le parole di Bullard, che ha detto di intravedere un primo aumento dei tassi di interesse già nel 2022 poiché l’inflazione aumenta più rapidamente di quanto previsto in precedenza.

L’esponente della Fed, intervistato dalla CNBC, ha rimarcato come le attese siano ora di un anno migliore di quello che ci si aspettasse sul fronte della ripresa economica, e ha aggiunto, anche, che l’inflazione sta marciando a un passo più spedito di quanto stimato.

L’outlook di Bullard risulta più hawkish rispetto a quelle medie emerse dal Federal Open Market Committee (FOMC) di questa settimana, con i dot plots che indicavano fino a due aumenti nel 2023.

La Fed più hawkish non avrà convinto il mercato dei Treasuries Usa – i rendimenti decennali salgono comunque dopo le parole di Bullard all’1,5% – , ma ha dato sicuramente una bella scossa al forex, in particolare al dollaro. E, di riflesso, all’euro.

Tanto che gli analisti di Goldman Sachs e di Deutsche Bank hanno prontamente abbandonato le loro view bullish sulla moneta unica. Nella nota “European Daily: ECB—No Rush to Follow the Fed”, ovvero “BCE-Nessuna fretta di seguire la Fed”, gli analisti di Goldman si sono così espressi:

“Non riteniamo che il Consiglio direttivo (della Bce) seguirà la Fed nel comunicare un timing anticipato della sua politica di exit, incluse variazioni al piano APP o l’eventualità di un primo rialzo dei tassi”. Le “pressioni inflazionistiche rimangono molto più contenute nell’area euro, e sono anni che l’inflazione continua a rimanere al di sotto dell’obiettivo della Bce in modo persistente e significativo”.

Di conseguenza, hanno scritto gli esperti di Goldman Sachs, “crediamo che la Bce manterrà una politica altamente accomodante per molto più tempo rispetto a quello che farà la Fed, con il QE che andrà avanti fino alla metà del 2023 e nessun rialzo dei tassi fino al 2025. Prevediamo che la revisione della strategia della Bce rafforzerà la divergenza di politica (monetaria nei confronti di quella Usa), con l’adozione di un target di inflazione simmetrico del 2% e una forward guidance più forte, che indicherà che la politica rimarrà accomodante, nel periodo della ripresa, in modo significativo”.

Si avvia a conclusione la settimana in cui market mover indiscussa è stata la Fed, con la riunione del Fomc del 16-17 giugno, culminata con una carrellata di annunci e dichiarazioni del presidente Jerome Powell.

La Fed ha annunciato ieri di aver lasciato il target sui fed funds invariato al range compreso tra lo zero e lo 0,25%, indicando tuttavia che i tassi potrebbero essere alzati già nel 2023, dopo aver detto nel mese di marzo di non intravedere la necessità di alcuna stretta monetaria almeno fino al 2024.

Dal dot plot – documento che indica le aspettative di ciascun esponente del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed – è emerso che le aspettative della banca centrale Usa sono, in media, di due rialzi dei tassi nel 2023.

“L’inflazione è aumentata in modo notevole e rimarrà elevata”, ha detto Jerome Powell, riconoscendo che “esiste la possibilità che le pressioni inflazionistiche siano persistenti”.

Per questo, “se cogliesssimo segnali di una inflazione che si stesse muovendo in modo persistente al di sopra dell’obiettivo, saremmo pronti ad aggiustare la posizione della politica monetaria”. Allo stesso tempo, Powell ha invitato i mercati a prendere quanto emerso dal dot plot cum grano salis: una precisazione che ha confuso ulteriormente i mercati. A fare chiarezza sembra essere stato, ora, proprio il collega James Bullard.

AllianzGI vede mercati tranquilli e inflazione sotto controllo

Allianz Global Investors vede mercati e banche centrali tranquilli, grazie a un’inflazione che punta a rientrare con rendimenti obbligazionari in lieve calo. Ma salgono i prezzi di abitazioni e lusso19 Giugno 2021 – 10:00

I mercati sembrano molto tranquilli, almeno è questo che suggeriscono i fattori tecnici dopo la pubblicazione dei dati economici e degli indicatori di stress sistemico, come quelli della Banca centrale europea o della Fed di Kansas City, mentre grazie all’accelerazione delle vaccinazioni, molti Paesi si stanno risollevando dallo shock indotto dalla pandemia. E’ ancora presente qualche tensione sul mercato del lavoro, soprattutto negli USA, anche in Europa gli indicatori sull’inflazione puntano verso l’alto, con i prezzi al consumo in Germania saliti del 2,5% su base mensile, l’incremento più elevato dal 2011, mentre cresce anche l’utilizzo della capacità produttiva.

ATTESE DI INFLAZIONE SALDAMENTE ANCORATE

Lo rileva Allianz Global Investors nel fare il punto sulla settimana con il suo weekly outlook dal titolo “Massima tranquillità”, a cura di Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research, secondo cui le attese inflazionistiche sono ancora “saldamente ancorate” e i rendimenti obbligazionari registrano persino un lieve calo. Le attese inflazionistiche implicite negli swap sull’inflazione puntano infatti verso il basso, mentre le attese inflazionistiche ricavate dai sondaggi sono leggermente diminuite negli Stati Uniti e restano stabili su livelli modesti nell’area euro. Nessuno insomma sembra aspettarsi un incremento dei prezzi al consumo a lungo termine.

PREZZI IN RIALZO NEL LUSSO

Ma per i prezzi degli asset più pregiati o di maggior valore, sottolinea l’esperto di AllianzGI, è tutta un’altra storia: l’indice S&P/Case-Shiller dei prezzi delle abitazioni è in rialzo da qualche tempo, il Liv-ex Fine Wine 100 Index evidenzia un notevole incremento, come pure l’indice S&P dei beni di lusso globali. Sono saliti anche i prezzi di auto d’epoca e diamanti. E l’oro è più caro rispetto a qualche mese fa. Unica eccezione il bitcoin, un asset trainato dalla liquidità, anche se la moneta virtuale ha comunque una vita propria.

MOLTO TRANQUILLE ANCHE LE BANCHE CENTRALI

AllianzGI vede “molto tranquille” anche le banche centrali, dopo che si sono riuniti sia il FOMC statunitense che la Bank of Japan, e ritiene che, nel complesso, le autorità monetarie manterranno probabilmente una linea molto accomodante in termini di liquidità. La prossima settimana sarà dominata dagli indicatori anticipatori e del sentiment, con l’indice di attività dell’Università di Chicago, la fiducia dei consumatori dell’area euro e l’indice della Fed di Richmond. Sono attesi anche i PMI manifatturiero e dei servizi dell’Eurozona, Gran Bretagna e USA, e il manifatturiero di Giappone.

IL RALLY AZIONARIO HA PERSO UN PO’ DI SLANCIO MA TREND INTATTO

Sarà poi la volta dell’indice ifo sulla fiducia delle imprese tedesche e dei beni durevoli negli USA. L’indice ifo è un indicatore estremamente importante per la Germania, e quindi della fiducia dei consumatori di Germania e Regno Unito. Quanto al quadro tecnico, AllianzGI nota che ultimamente il rally azionario ha perso un po’ di slancio, con alcuni indicatori di forza relativa dei maggiori listini che segnalano una situazione di lieve ipercomprato, ma per S&P 500, NASDAQ, Topix, FTSE 100 e DAX 30 il trend rialzista sembra ancora intatto.

INFLAZIONE GIUDICATA TRANSITORIA

Il momentum tecnico è quindi favorevole alle azioni, sottolinea AllianzGI, mentre i rendimenti delle obbligazioni governative, come Treasury e Bund, dovrebbero stabilizzarsi o persino diminuire leggermente a fronte dell’attuale quadro tecnico. Secondo AllianzGI sono sviluppi in linea con le attese del mercato sulla transitorietà dei rialzi dell’inflazione. Gli incrementi dei prezzi potrebbero essere infatti causati da effetti di recupero una tantum, ma anche dagli ingenti pacchetti fiscali e dall’abbondante liquidità, che sosterrà la domanda per molto tempo. Ma proprio l’attuale tranquillità dei mercati, osserva in conclusione AllianzGI, lascia spazio a possibili sorprese negative sull’inflazione.

Bullard (Fed) paventa primo rialzo tassi già nel 2022, allerta tapering mette KO Wall Street e Borse Ue

18/06/2021

Il presidente della Federal Reserve di St. Louis, James Bullard, vede un primo aumento dei tassi di interesse già nel 2022 poiché l’inflazione aumenta più rapidamente di quanto previsto in precedenza. L’esponente Fed, intervistato dalla CNBC, ha rimarcato come le attese sono ora di un anno migliore di quello che ci si aspettasse sul fronte della ripresa economica e anche l’inflazione sta andando oltre le attese.

La stima di Bullard risulta più hawkish rispetto a quelle medie emerse dal Federal Open Market Committee (FOMC) di questa settimana, con i dot plots che indicavano fino a due aumenti nel 2023.

A detta di Bulard la pandemia sta per finire ed è naturale che a un certo punto si riducano gli stimoli e la banca centrale diventi più hawkish per contenere le pressioni inflazionistiche. Bullard stima l’inflazione correre al 3% quest’anno e al 2,5% nel 2022 prima di tornare all’obiettivo del 2% della Fed.

I future di Wall Street hanno accelerato al ribasso dopo le parole di Bullard (cede oltre l’1 per cento per quello sul Dow Jones) con il ritorno dei timori di tapering. Il Dow Jones si avvia a chiudere la peggior settimana da gennaio. Male anche le Borse Ue con -1,5% circa le Ftse Mib e Dax.

Oro (-5%) e argento (-6%) grandi sconfitti con Fed hawkish. Rally dollaro mette KO anche il rame

17/06/2021

L’oro scivola bruscamente in scia al forte apprezzamento del dollaro Usa dopo che la Federal Reserve ha segnalato che potrebbe aumentare i tassi di interesse prima del previsto. I prezzo spot del metallo giallo segna quasi -5% a 1.770 dollari l’oncia, sui minimi a oltre un mese e mezzo. Peggio fa l’argento che segna -6,5% a sotto quota 26$. In affanno anche i metalli industriali con rame a -3%.

Il dollaro statunitense, che di solito si muove inversamente all’oro, ha toccato dopo la Fed il massimo in due mesi con rendimenti dei Treasury Usa in rialzo.

A scuotere il mercato le indicazioni offerte ieri dalla Federal Reserve , con i tassi di interesse che potrebbero aumentare prima del previsto.
Dalla riunione della Fed è emerso che i dot plot, ossia la media delle aspettative sui tassi di ciascun esponente del Fomc, indicano due aumenti dei tassi nel 2023. La Fed ha rivisto al rialzo le stime sulla crescita dell’inflazione a +3,4% quest’anno, ben oltre il +2,4% atteso nel precedente outlook. Jerome Powell ha anche ammesso che l’inflazione è più alta e potrebbe essere più persistente di quanto si pensasse in precedenza.

FOMC: cosa porta di nuovo il meeting FED

Scritto il 17 Giugno 2021 alle 08:29 da Danilo DT

Il FOMC mi dà l’occasione di tornare a scrivere per analizzare fondamentalmente cosa di nuovo ci ha raccontato il buon Jerome Powell nell’ultimo FOMC. La nota parla abbastanza chiaro: che sia cambiato veramente qualcosa rispetto a prima, direi che è duro dirlo. Può essere una questione di prospettive, ma mai come in questo periodo le prospettive dipendono da fattori difficilmente prevedibili.
La domanda quindi che mi pongo è la seguente: quanto può essere corretta una previsione oggi targata 2023?

(Teleborsa)  – La Federal Reserve conferma una politica monetaria accomodante e ribadisce “l’impegno ad utilizzare la gamma completa di strumenti per sostenere l’economia degli Stati Uniti in questo momento difficile, promuovendo in tal modo i suoi obiettivi di massima occupazione e stabilità dei prezzi”.

Questo è quanto emerge dal comunicato del FOMC, il Comitato di politica monetaria della banca centrale americana, che ha confermato i tassi sui FED funds ai minimi storici, in un range compreso tra lo zero e lo 0,25%. Reiterato anche il piano di quantitative easing, che proseguirà ad un ritmo di 120 miliardi di dollari al mese , di cui 80 miliardi in Treasuries e circa 40 miliardi in ABS.

Beh, il messaggio qui sopra non lascia spazio all’immaginazione. Tutto come previsto, tutto come era prima. Eppure il mercato vede qualche ombra all’orizzonte. Ombra sulla politica monetaria, ben inteso.

1) due aumenti dei tassi FED entro la fine del 2023
2) inflazione, ovvio, prevista in salita
3) PIL rivisto al rialzo: +7% nel 2021 (+6,5% la stima di marzo), mentre per il 2022 è stata confermata una crescita dell’economia Usa del 3,3%.
4) Tasso di disoccupazione al 4,5% per il 2021 e al 3,8% nel 2022

Il PIL superiore è una notizia così negativa? Ovvio che no, ma potrebbe pur sempre essere fonte di inflazione e questo il mercato lo teme. Infatti Powell avverte.

(…) «se vedessimo segni che l’andamento dell’inflazione o le aspettative di inflazione di lungo termine si muovano in modo notevole e persistente al di sopra i livelli coerenti con il nostro obiettivo, saremo pronti a modificare l’orientamento della politica monetaria». (…) [Jerome Powell]

Tutto questo è sintetizzabile dal nostro FED dot plot, lo schema dove con dei puntini vengono riportati ogni tre mesi le previsioni dei vari governatori su dove si troveranno i tassi di interesse ed il loro andamento.

FOMC DOT PLOT: leggera salita

I pallini giallo sono le previsioni dei governatori nell’ultimo FOMC (con mediana linea gialla), quelli rossi sono le previsioni di tre mesi fa (con mediana linea arancione puntinata). I FED Funds ovviamente si muovono di conseguenza. Come potete notate i pallini gialli per il 2022 e soprattutto 2023 sono mediamente più “in alto” (ecco perchè la mediana è più “impennata”.

Ma come dicevo prima, in questo contesto è quantomai complicato fare previsioni tonto che la stessa FED avverte. Non dare troppa importanza a queste indicazioni.

E questo vale anche per inflazione e PIL. Il messaggio che però ci vogliono mandare è il seguente: ci troviamo con un’economia USA che corre più velocemente del potenziale e che quindi pone il rischio di un surriscaldamento. Ma è presto anche per parlare di tapering. Tutto rinviato a fine anno. E allora… cosa è cambiato? Nulla.
Ma non voglio fermarmi qui e con l’occasione vi riporto due grafici che mi sono creato tempo fa e che possono aiutare per capire lo ”stato dell’arte”, o quantomeno per comprendere come ragiona la FED.

Qui trovate:

1) Inflazione: è la componente più volatile del moment ma anche la più importante. La previsione è che questo picco rientri nel futuro prossimo. Se così non fosse, signori, ci sarebbe un bel problema. Se invece rientra e si normalizza è una manna dal cielo per i mercati
2) Tasso disoccupazione: siamo lontani (si fa per dire) dalla piena occupazione e quindi la FED ha ancora del lavoro da fare, non avendo centrato l’obiettivo.
3) Crescita PIL: correlato all’inflazione, sta ripartendo bene ma occorrerebbe forse una crescita più controllata.

Qui invece trovate:

1) Stipendio medio: ricordate cosa vi dico sempre? Occhio all’andamento dei salari, una delle componenti più strutturali dell’inflazione. Sono saliti ma non al livello voluto da Biden. Al momento sotto questo punto di vista, sono ampiamente sotto controllo. Bene per i mercati
2) Tasso di occupazione: è molto migliorato ma guardate quanto dista dai livelli di inizio 2020. C’è ancora molto lavoro per la FED.
3) Tasso disoccupazione: già visto prima

Da questi grafici possiamo quindi dire che al momento lo scenario non è minimamente cambiato e i discorsi del FOMC sono logica circostanza dopo gli ultimi picchi legati all’inflazione temporanea. Adesso bisognerà capire come si muoveranno i salari e ovviamente nel breve l’inflazione. Ma i Dot Plot ci disegnano uno scenario che potrebbe ancora essere rivisto.

Tanto ormai lo avete capito. Chi comanda, oltre al tasso inflazione, sono le condizioni del LAVORO. Stipendi e tasso di occupazione in primis, soprattutto in ottica TAPERING.

Wall Street futures negativi dopo il Fed Day. Parole Powell confondono, ma il dollaro sceglie interpretazione hawkish

17/06/2021

Futures Usa negativi all’indomani del Fed Day. I futures sul Dow Jones cedono lo 0,27% a 33.816 punti; i futures sullo S&P 500 cedono lo 0,30% a 4.200; i futures sul Nasdaq arretrano dello 0,46% a 13.908 punti.

La Fed di Jerome Powell ha annunciato ieri di aver lasciato il target sui fed funds invariato al range compreso tra lo zero e lo 0,25%, indicando tuttavia che i tassi potrebbero essere alzati già nel 2023, dopo aver detto nel mese di marzo di non intravedere la necessità di alcuna stretta monetaria almeno fino al 2024.

Dal dot plot -documento che indica le aspettative di ciascun esponente del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed – è emerso che le aspettative della banca centrale Usa sono, in media, di due rialzi dei tassi nel 2023.

“L’inflazione è aumentata in modo notevole e rimarrà elevata”, ha detto Jerome Powell, numero uno della Fed, nella conferenza stampa successiva alla pubblicazione del comunicato da parte del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve Usa. Powell ha continuato riconoscendo che “esiste la possibilità che le pressioni inflazionistiche siano persistenti”. Per questo, “se cogliesssimo segnali di una inflazione che si stesse muovendo in modo persistente al di sopra dell’obiettivo, saremmo pronti ad aggiustare la posizione della politica monetaria”.

La Fed ha d’altronde rivisto al rialzo le stime sulla crescita dell’inflazione a +3,4% quest’anno, ben oltre il +2,4% atteso nel precedente outlook. Inoltre, la componente core dell’inflazione misurata dal PCE (indice delle spese personali) è attesa ora in crescita del 3% nel 2021, molto più del +2,2% previsto a marzo; per il 2022, si prevede poi un rialzo del PCE core pari a +2,1%.

La Fed ha migliorato anche l’outlook sulla crescita del Pil Usa dal +6,5% atteso a marzo a +7% per il 2021. Riviste al rialzo anche le attese per la crescita del Pil reale del 2023 a +2,4%, rispetto al precedente outlook di una espansione pari a +2,2%, mentre le stime sul 2022 – pari a un’espansione del Pil del 3% – sono state lasciate invariate.

Riguardo al tasso di disoccupazione Usa, per il 2021 le previsioni sono rimaste di un calo al 4,5%. Per il 2022 e il 2023 le stime sono rispettivamente del 3,8% e al 3,5%. E’ stato così migliorato l’outlook per il 2022, anno per il quale nel mese di marzo la Fed aveva previsto un calo limitato al 3,9%.

Allo stesso tempo, Powell ha messo le mani in avanti, consigliando a trader e investitori di non prendere alla lettera quanto inciso nel dot plot: il banchiere ha tenuto a precisare, infatti, che il tapering del QE non è imminente e che le previsioni contenute nel dot plot sui due rialzi dei tassi nel 2023 devono essere prese “cum grano salis”.

In particolare, sul tapering, è ricorso a un gioco di parole:

“Potete pensare a questo meeting come a quello in cui abbiamo parlato della possibilità di parlarne”, ha detto Powell, con una frase che è sembrata essere la prosecuzione di quella proferita lo scorso anno, quando aveva detto che la Fed “non stava neanche pensando alla possibilità di pensare ad alzare i tassi”.

Le frasi poco chiare di Jerome Powell creano scompiglio sui mercati.

Interpellato dalla Cnbc, Michael Arone di State Street Global Advisors ha sottolineato che “esiste una decorrelazione tra il sommario delle proiezioni economiche e quello che è scritto nel comunicato. Il grande interrogativo è se ‘questo (ovvero l’inflazione) è transitoro o più permanente?’. La Fed non ha aiutato a fare chiarezza su questo punto”.

Immediata la reazione dei mercati: ieri i tassi sui Treasuries Usa a cinque anni sono saliti fino a +10 punti base allo 0,88%; i tassi sui Treasuries a 10 anni sono balzati all’1,575%. Oggi i rendimenti decennali ritracciano all’1,562%. E’ il dollaro che sembra scontare più di tutti la prospettiva di un rialzo dei tassi Usa da parte della Fed prima del previsto: il Dollar Index è salito fino al massimo in otto settimane di 91,445 nelle contrattazioni dei mercati dell’Asia-Pacifico.

Focus sull’euro, che accelera al ribasso, perdendo più di mezzo punto percentuale, -0,53%, a $1,1932; Il dollaro si è rafforzato anche sullo yen a JPY 110,825, al record dallo scorso 1° aprile, per poi ridurre i guadagni. Al momento segna una variazione pari a +0,03% a JPY 110,78; la valuta americana si rafforza anche nei confronti della sterlina, con il cambio GBP-USD che scende sotto la soglia di $1,40 per la prima volta in più di cinque settimane, in perdita dello 0,30% a $1,3946. La sterlina sale invece nei confronti dell’euro (EUR-GBP -0,24% a 0,8556), che cede a sua volta nei confronti dello yen lo 0,48% a JPY 132,15. Sul franco svizzero, la moneta unica sale invece dello 0,20% a CHF 1,0920.

Ieri il Dow Jones, che ha perso fino a 300 punti durante gli annunci della Fed, ha chiuso in calo di 265,66 punti a 34.033,67 punti, lo S&P 500 ha ceduto lo 0,54% a 4.223,70 punti, mentre il Nasdaq Composite è arretrato dello 0,24% a 14.039.68.

Fed Day è qui ma segnale partenza tapering sarà sparato a Jackson Hole. L’inflazione metterà Powell con spalle al muro? Il rischio di un dot plot più da falco

16/06/2021

Il Fed Day è arrivato: oggi, al termine della riunione di due giorni, il Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve guidata da Jerome Powell – farà una carrellata di annunci sulle decisioni prese sui tassi Usa e sulla politica monetaria che intende adottare nei prossimi mesi.
In un momento in cui il bilancio della Fed è arrivato a gonfiarsi fino a oltre $8 trilioni, intasato di asset di cui la banca centrale americana ha fatto incetta al fine di preservarne-aumentarne il valore, e in un momento in cui la paura dell’inflazione ossessiona alcuni operatori, l’attenzione è soprattutto sulle stime che il Fomc snocciolerà sulla crescita dell’economia e dell’inflazione Usa.

Finora la Fed ha rassicurato i mercati, affermando che il balzo dell’inflazione è solo temporaneo, e che parlare di tapering è prematuro.

Ma non tutti condividono questa convinzione. D’altronde, proprio ieri, un altro alert sull’inflazione Usa è arrivato con la pubblicazione dell’indice dei prezzi alla produzione, importante termometro del trend dell’inflazione che, a maggio, ha segnato la crescita più forte di tutti i tempi.
Il dato ha seguito la comunicazione, giorni fa, dell’altro termometro dei prezzi: l’indice dei prezzi al consumo, sempre di maggio, che è volato al record dal 2008 per il secondo mese consecutivo, mostrando una inflazione core al record in quasi 30 anni.

Oggi il Fed Day: annuncio tapering nel 2021?

Le previsioni su ciò che dirà e farà oggi Powell rimangono rassicuranti: da un sondaggio della Cnbc dedicato alle mosse della Fed è emerso infatti che gli analisti ritengono che la politica monetaria della Federal Reserve rimarrà ultra accomodante almeno fino alla fine del 2021.
La maggior parte degli analisti interpellati ha detto di ritenere che quest’anno l’annuncio del tapering ci sarà, ma che il vero tapering non inizierà prima del gennaio del 2022.
Per la precisione, secondo gli intervistati, la Fed di Jerome Powell annuncerà il tapering, dunque la riduzione degli acquisti di asset che avvengono al momento per un valore di $120 miliardi al mese, nell’ambito del piano QE, nel meeting del Fomc del prossimo ottobre.
La vera riduzione degli acquisti mensili inizierà poi nel gennaio del 2022, lo stesso mese indicato dal consensus nel precedente sondaggio di aprile.
Allo stesso tempo, tuttavia, gli interpellati hanno detto di prevedere il primo rialzo dei tassi nel novembre del 2022, un mese prima di quanto previsto nel sondaggio precedente.
Inoltre, per la prima volta dal dicembre del 2018, un analista ha detto di prevedere un rialzo dei tassi addirittura nella giornata di oggi.
Il team degli economisti di ING guidato da James Knightley ha scritto in una nota che, dalla riunione del Fomc di questi giorni, non dovrebbe emergere “alcun cambiamento al range del tasso target, compreso tra lo zero e lo 0,25%, così come dovrebbe rimanere intoccabile il piano QE di acquisti da $120 miliardi, che prevede ogni mese acquisti di Treasuries per un valore di $80 miliardi e acquisti di strumenti finanziari garantiti dai mutui per $40 miliardi.
Tuttavia – hanno puntualizzato dalla divisione di ricerca del colosso olandese – riceveremo aggiornamenti sull’outlook e anche sul grafico del dot plot della Fed, e i mercati guarderanno se ci saranno segnali di ripensamento rispetto all’assunto secondo cui i dati sull’inflazione hanno una natura transitoria”.
Per quanto nella stessa Fed si stiano manifestando tensioni tra i vari esponenti (da alcuni viene messa proprio in dubbio la natura temporanea dell’inflazione), gli esperti di ING ritengono che sia probabile che l’istituzione dia maggior enfasi al report occupazionale Usa di maggio che, come hanno fatto notare alcuni analisti, ha messo in evidenza un rafforzamento del mercato del lavoro, ma non tale da scatenare l’ansia FedE che dire della maxi delusione per il dato precedente di aprile?.
“Con il livello dell’occupazione che, negli States, è ancora inferiore di sette milioni di unità rispetto a quelli del febbraio del 2020, la Fed potrebbe usare questi dati per giustificare l’assunto secondo cui sarebbe troppo presto discutere del tapering del QE”.
Detto questo, ING non esclude lo scenario di “piccoli passi verso il tapering”, facendo riferimento alle recenti dichiarazioni del presidente della Fed di Philadelphia Patrick Harker, che ha detto che “potrebbe essere arrivato il momento di pensare alla possibilità di pensare al tapering”.
In questa situazione, ING ritiene che il quadro diventerà chiaro in occasione del simposio annuale di Jackson Hole della fine di agosto. Sarà questo evento che “sparerà un colpo per dare il segnale di partenza (al tapering)”, si legge ancora nella nota, che aggiunge che il via alla nuova fase “sarà poi formalmente riconosciuto in occasione del meeting del Fomc di settembre (quando ci sarà il prossimo aggiornamento dell’outlook da parte della Fed)”. Ancora, gli economisti ricordano, nel pronosticare l’ipotesi dei “baby steps” verso il tapering, che è che stata la stessa Fed “a prometterci di darci molti preavvisi”.

Cosa emerge dall’ultimo dot-plot della Fed

Gli analisti della divisione di ricerca della banca olandese vanno avanti, ricordando il dot plot della Fed di marzo, quello più recente. Da quel dot plot – il dot plot è il documento in cui ogni trimestre gli esponenti della Fed indicano quali saranno i livelli che, a loro avviso, i tassi di interesse Usa testeranno nel breve, medio e lungo termine – è emerso che la maggior parte degli esponenti del Fomc prevede che i tassi rimarranno ai livelli attuali, attorno allo zero, fino al 2023 e per tutto il 2023. Insomma, il primo rialzo dei tassi non dovrebbe avvenire prima del 2024.
ING ricorda: “in termini di tassi di interesse, il dot plot della Fed di marzo  ha mostrato che quattro dei 18 esponenti della Fed prevedono un aumento dei tassi il prossimo anno, e 7 ritengono che ci sarà un aumento dei tassi entro la fine del 2023. Di conseguenza, la maggioranza crede che come minimo dovrà arrivare il 2024 prima che la Fed lanci il primo rialzo dei tassi di interesse”.
Ma gli esperti continuano, scrivendo nel report di “credere ancora che il primo rialzo dei tassi sarà all’inizio del 2023, con il rischio che si agisca anche prima, visto che le cicatrici legate alla pandemia ancora presenti nella catena dell’offerta significano che l’offerta stessa farà fatica a mantenere il passo con la forza della domanda”.
Inoltre, “in un contesto in cui le aziende hanno il potere sui prezzi, i lavoratori stanno iniziando a fare pressioni per ottenere salari più alti”.
E ancora, “i costi del mercato immobiliare saranno più pronunciati e persistenti, e di conseguenza noi non siamo affatto fiduciosi, come la Fed, che l’inflazione si rivelerà solo un fenomeno transitorio”.
Non per niente ING “stima al momento una inflazione Usa che rimarrà sopra il 4% fino ad almeno il primo trimestre del 2022 e una inflazione core sopra il 3% almeno fino al secondo trimestre del 2022. E più questa situazione durerà, più alta sarà la probabilità che diventi radicata e rappresenti una minaccia all’obiettivo di stabilità dei prezzi della Fed”.

Ma poi il QE serve davvero ora, all’economia Usa?

Tornando al sondaggio della Cnbc, dei 35 economisti intervistati, l’86% ha detto di credere che l’attuale livello degli acquisti di asset (che la Fed effettua ogni mese per un valore di $120 miliardi) non sia necessario al funzionamento del mercato. Si tratta di un grande aumento rispetto alla percentuale che aveva risposto allo stesso modo nel sondaggio di aprile.
Un numero ancora più alto di esperti, pari all’89%, ha riferito che, a suo avviso, gli acquisti di asset non sono più necessari per sostenere l’economia, in netto rialzo rispetto al 65% che così aveva risposto ad aprile.
Riguardo all’inflazione, il 63% ha detto che, per l’economia, il rischio è sufficientemente alto da convincere la Fed a ridurre gli acquisti di asset ora.
L’inflazione accelererà in modo più veloce, dimostrandosi più persistente di quello che la Fed prevede. Detto questo, l’inflazione non altererà in modo significativo la tabella di marcia della Fed per ritirare il QE o alzare i tassi di interesse”, ha commentato Mark Vitner, senior economist at Wells Fargo Corporate Investment Bank.
Per il 2021, gli economisti interpellati dalla Cnbc prevedono un aumento dell’indice dei prezzi al consumo CPI, su base annua, pari a +3,88%, in forte rialzo rispetto al +2,76% previsto ad aprile. In media, la stima è di un picco del CPI al 5,3% nel novembre del 2021.
Sulla crescita del Pil Usa, infine, l’outlook è di una crescita superiore a +6,4% nel 2021, in lieve ribasso rispetto alla precedente stima superiore a +6,5%. Il tasso di disoccupazione è previsto scendere al 4,9% quest’anno, e in generale ING crede che l’economia americana tornerà del tutto ai livelli pre-pandemia entro il quarto trimestre di quest’anno.

Ethenea: la Fed ora potrebbe davvero ridurre gli acquisti di titoli

Canada, Nuova Zelanda, Gran Bretagna e Norvegia hanno già iniziato a ridurre gli stimoli. La Fed resta cauta, ma se sbagliasse i tempi, l’inflazione potrebbe schizzare oltre il 4-5% e restarci a lungo

15 Giugno 2021 – 15:23

Con la ripresa economica globale che avanza e spinge le quotazioni al rialzo su quasi tutti i mercati, gli investitori e gli osservatori tornano a parlare di tapering, vale a dire la riduzione del supporto della politica monetaria fornito dalle banche centrali. Per ora, Fed, Bce e Bank of Japan mantengono un atteggiamento cauto su questa possibilità, mentre diversi istituti centrali di minori dimensioni stanno già riducendo i propri acquisti obbligazionari, peraltro senza causare sconvolgimenti sui mercati.

PER LA FED ORIZZONTE IN AUTUNNO

Sono le considerazioni di Tobias Burggraf, Portfolio manager di Ethenea Independent Investors, secondo cui le consultazioni della Fed sul tapering non cominceranno prestissimo e per l’adeguamento del programma di acquisti obbligazionari dovremo attendere l’autunno. Per la Bce bisognerà invece aspettare ancora più a lungo e non si prevede alcuna stretta monetaria prima del 2022. Ma le banche centrali di Canada, Inghilterra, Nuova Zelanda, e di diversi paesi europei al di fuori della Zona Euro, stanno già iniziando a ridimensionare le politiche accomodanti, senza peraltro causare un crollo dei mercati finanziari.

PRIMA IL CANADA SEGUITO DA NUOVA ZELANDA

L’esperto di Ethenea ricorda che in aprile la Bank of Canada ha annunciato che avrebbe ridotto il proprio programma di acquisti obbligazionari di 1 miliardo di dollari canadesi, pari al 25% del totale, facendo rafforzare la valuta nazionale e causando l’ampliamento degli spread tra i titoli di Stato canadesi e i Treasury statunitensi. A fine maggio poi, la Banca centrale neozelandese ha sorpreso i mercati dichiarando che potrebbe aumentare i tassi di riferimento già nella seconda metà del 2022, e in seguito all’annuncio, il dollaro neozelandese si è apprezzato e i rendimenti obbligazionari locali sono aumentati.

UNA SERIE DI MOSSE IN EUROPA

In Europa, Bank of England ha dichiarato di voler ridurre il ritmo degli acquisti di obbligazioni, portandoli da 4,4 a 3,4 miliardi di sterline alla settimana, mentre l’Ungheria ha annunciato un rialzo dei tassi al fine di impedire che l’inflazione possa sfuggire al controllo, e in Polonia e in Repubblica Ceca la situazione è simile: l’inflazione è superiore agli obiettivi delle banche centrali, per cui aumentano le pressioni per un inasprimento monetario. La Banca centrale svedese ha confermato l’intenzione di terminare il proprio programma di Quantitative Easing verso la fine del 2021, la Banca centrale norvegese ha annunciato che innalzerà i tassi di riferimento nella seconda metà del 2021, e la Banca centrale dell’Islanda ha già inasprito la propria politica monetaria alzando i tassi sui depositi vincolati a sette giorni.

STRATEGIA NON PRIVA DI RISCHI

Fed, la Bce e la Bank of Japan mantengono invece un atteggiamento più cauto, destinato secondo l’esperto di Ethenea a perdurare, ed accolto favorevolmente dai mercati, soprattutto dagli investitori obbligazionari, che generalmente non apprezzano le sorprese. Ma è una strategia non priva di rischi, perché nessuno sa con sicurezza come si evolverà l’economia. Forse il futuro darà ragione alla Fed, che si aspetta una ripresa in tempi molto più lunghi di quelli auspicati. Ma se la Fed dovesse sbagliarsi, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, con un surriscaldamento dell’economia e a un’impennata dell’inflazione ben oltre il 4-5%, con la possibilità che resti a lungo su questi livelli, secondo l’analisi di Ethenea.

FORSE È ARRIVATO IL MOMENTO

In tal caso, la frenata della Fed sarebbe ancora più brusca e dolorosa. La conclusione di Burggraf è che “forse per l’istituto centrale statunitense questo è davvero il momento giusto per avviare la graduale riduzione degli acquisti di obbligazioni, ovvero portarli lentamente al termine: le altre banche centrali stanno dimostrando che questa tattica potrebbe funzionare”.

Le previsioni sul meeting di oggi della Federal Reserve

Christian Hantel, Senior Portfolio Manager di Vontobel, analizza le possibili mosse della Fed dopo il rialzo dell’inflazione

15 Giugno 2021 – 7:50

Dopo la Bce, che settimana scorsa ha minimizzato i timori di ritorno dell’inflazione mantenendo invariato il programma di acquisti del Pandemic Emergency Purchasing Programme, ora è la volta della Federal Raserve guidata da Jay Powell, che nella due giorni del FOMC che si chiuderà con la conferenza stampa dello stesso Powell nella serata europea di mercoledì 16 giugno, con Wall Street ancora aperta ma le Borse europee già chiuse. C’è consenso sul fatto che la Fed manterrà invariata la politica monetaria fatta di tassi zero e di acquisti di titoli, ma c’è molto dibattito sulla possibilità che si inizi a parlare, più o meno velatamente, di tapering, vale a dire di inizio dell’uscita dallo stimolo monetario.

NON SI DOVREBBE PARLARE DI TAPERING

Il termine tapering ha iniziato a essere usato nel 2013, quando l’allora presidente della Fed Ben Bernanke iniziò a parlare di conclusione del Quantitative Easing lanciato per contrastare gli effetti della grande crisi finanziaria del 2008-09, causando qualche turbolenza sui mercati. Ora, secondo un commento di Christian Hantel, Senior Portfolio Manager di Vontobel, ci si può aspettare che la Fed di Powell faccia eco ai commenti secondo cui la Banca centrale non dovrebbe iniziare a parlare di tapering nelle prossime riunioni, ma potrebbe cominciare a toccare il tema dicendo che la Fed non è ancora a quel punto. Questo, secondo Hantel, darebbe alla Fed abbastanza flessibilità per rispondere ai dati in arrivo consentendole di rimanere ancora su una linea da ‘colomba’.

DISOCCUPAZIONE ANCORA LONTANA DALL’OBIETTIVO

L’esperto di Vontobel sottolinea che l’inflazione e il mercato del lavoro americano rimangono i principali indicatori di riferimento per le decisioni della Fed. Entrambi stanno migliorando, ma il tasso di disoccupazione è ancora lontano dall’obiettivo della Banca centrale, ed è probabile che ribadisca mercoledì che l’inflazione è ancora transitoria e che qualsiasi riferimento alla tempistica del taper sembra ancora prematuro e quindi omesso dalla discussione della riunione di giugno del FOMC.

POSSIBILI INDICAZIONI A JACKSON HOLE

Forse, secondo l’esperto di Vontobel, la Fed ne potrebbe cominciare a parlare con cautela dopo l’estate, con la possibilità di aggiungere un riferimento più forte al simposio di Jackson Hole a fine agosto, già utilizzato dallo stesso Powell lo scorso anno per annunciare la svolta ‘tollerante’ sull’inflazione, e fare in modo di affrontare il tema in termini più ufficiali alla riunione di settembre, assicurando così una politica a piccoli passi che possa essere ben digerita dal mercato

La nuova alleanza Usa-Europa contro la Cina voluta da Biden

L’America fa poche concessioni a Pechino, ma a differenza di Trump cerca supporto dagli alleati. Intanto sembra rientrata l’aggressività sulle tasse, ma resta il rischio di un errore della Fed

Stefano Caratelli  14 Giugno 2021 – 8:26

Solo poco più di 4 anni fa il leader cinese Xi Jinping dalle nevi del World Economic Forum di Davos ammaliava i leader europei e non come un ‘pifferaio magico’, presentandosi da campione del libero mercato globale, minacciato dal neo-protezionismo pericoloso e potenzialmente guerrafondaio di Donald Trump, che appena insediato alla Casa Bianca aveva dichiarato la ‘guerra dei dazi’ al colosso orientale, ma anche ai tedeschi e perfino agli alleati del Nafta canadesi e messicani. Joe Biden avrebbe dovuto restaurare il mondialismo di Obama inaugurando un ‘vogliamoci bene’ globale su scambi e competizione tecnologica, facendo finalmente pagare ai ricchi americani il costo degli stimoli anti-Covid e persino dando di nuovo via libera ai programmi nucleari dell’Iran. Il quadretto che ci restituisce il G7 in Cornovaglia è decisamente un po’ diverso. Biden non solo non ha fatto pace con Xi, ma lancia accuse ai cinesi di concorrenza sleale che vanno oltre i prezzi stracciati e gli abusi tecnologici, e si spingono alla denuncia del ‘lavoro forzato’, fino alla sfida ‘belt and road’ di Pechino, con il grande piano infrastrutturale globale a guida G7.

PIATTAFORMA PER IL G20 DI ROMA

Un’agenda per ora tracciata solo a grandi linee, che sposta comunque sul piano più alto della politica le rivendicazioni puramente economiche di Trump alla Cina, e che toccherà probabilmente a Mario Draghi trasformare in qualcosa di accettabile anche per i colossi emergenti al G20 di Roma che presiederà a novembre, probabilmente facendo la parte del ‘poliziotto buono’, come sta già lasciando intendere, lasciando a Biden quella del ‘cattivo’. Rispetto a Trump, la visione di fondo di Biden non sembra molto diversa, prima viene l’America poi il resto del mondo. Solo che alla guerra The Donald ci andava da solo sparando tweet notturni contro tutti e tutto, mentre Joe sta cercando di costruire un’alleanza occidentale per andare più forte al confronto con il rivale globale cinese, e invece di esporsi come un bersaglio sui social fa filtrare le sue intenzioni sui media tradizionali ancora autorevoli, come il WSJ e la Reuters, per vedere l’effetto che fanno, e se non è esaltante non insiste.

FORSE TOLTO DAL TAVOLO IL RISCHIO TASSE

È stato così per la tassa sui capital gain dei ricchi, qualcuno ne ha sentito parlare ultimamente? Oppure per l’aumento delle tasse della Corporate America, rimasta sostanzialmente nel cassetto e sostituita con la ‘global minimum tax’, perfetta per raccogliere applausi ma poco praticabile nel concreto. Agli alleati europei, in cambio di uno schieramento sulla sua linea con la Cina, ha concesso l’adesione agli accordi di Parigi sul clima, la cui attuazione costerebbe molto di più a Pechino, che finora non ne condivide gli obiettivi di riduzione delle emissioni, che a Washington. Un paio di mesi fa scrivevamo su Financialounge.com che investitori e mercati dovevano tenere d’occhio due possibili errori di ‘politica’, sia da parte dell’Amministrazione Biden che della Fed di Powell: esagerare con tasse e stimoli fiscali e uscita prematura dall’allentamento monetario. Il primo rischio sembra sostanzialmente evitato, anche se i sussidi continuano a correre inducendo molti americani a preferire starsene a casa che accettare salari giudicati troppo bassi.

SULL’INFLAZIONE FALSI ALLARMI

Ma i pasti gratis stanno per finire e si può anche aggiungere che forse salari un po’ più alti non farebbero male neanche alle imprese. Tutto sommato, la piena occupazione di Trump era fatta di tanti posti di lavoro creati nella parte bassa del mercato, mentre un po’ di competizione al rialzo potrebbe rendere la ripresa meno congiunturale e più sostenibile. E se salari più alti si aggiungono a tutti gli altri fattori che stanno spingendo l’inflazione costringendo la Fed ad alzare i tassi anzitempo? Nonostante gli allarmi che negli ultimi giorni si sono intensificati, la fiammata inflazionistica americana è tutta dovuta a fattori una tantum, dal rimbalzo del petrolio all’aumento dei prezzi delle materie prime e dei componenti, come i chip, a loro volta dovuti a colli di bottiglia produttivi e distributivi causati su scala globale da pandemia e lockdown, su cui si è ovviamente innestata un po’ di speculazione.

MA RESTA IL RISCHIO DI ERRORE DELLA FED

Quindi resta il rischio di un errore della Fed, cioè interrompere troppo presto il sostegno monetario a mercati e economia, magari anche per riaffermare la sua indipendenza dalla politica, come fece ai tempi di Trump, a fine 2018, solo per essere costretta a una precipitosa marcia indietro spaventata dalla reazione dei mercati. Per questo l’appuntamento del FOMC di metà settimana è importante, e ancora di più il simposio di Jackson Hole di fine agosto in Wyoming, utilizzato l’anno scorso dal capo della Fed Powell per annunciare la nuova linea di tolleranza su un’inflazione anche ben sopra il target del 2%. Nonostante i titoloni di giornali e tv e gli allarmi dei guru, i mercati non credono che sia in arrivo un ritorno strutturale e robusto dell’inflazione, come dimostra il rendimento del Treasury a 10 anni rientrato ben sotto quota 1,5% dopo il picco oltre l’1,7% di fine marzo.

BOTTOM LINE

Per l’investitore globale un Occidente più coeso nel confronto con la Cina è un fattore positivo, nessuno dei due contendenti globali punta alla distruzione dell’altro, e un asse America-Europa più solido può accelerare il processo di modernizzazione di mercati ed economie cinesi e anche in generale emergenti. Serve una piattaforma condivisa almeno nelle grandi linee, che si potrebbe cominciare a costruire al G20 di novembre a Roma, con l’italiano Mario Draghi nel ruolo di ‘capocantiere’.

S&P ratings: tapering possibile già a settembre, ma attenzione ai rendimenti

Era stato già ampiamente previsto da analisti e investitori e ieri è arrivata la conferma della Bce: nel prossimo trimestre la politica monetaria rimarrà accomodante e gli acquisti di Pepp continueranno a ritmi sostenuti. Una volta archiviati i dubbi sull’approccio di Francoforte al terzo trimestre, però, c’è da chiedersi per quanto ancora la Banca centrale potrà permettersi di evitare la questione tapering. Per S&P ratings, ad esempio, il momento giusto potrebbe arrivare già a settembre, durante la prossima riunione del consiglio diretto da Christine Lagarde.

Da un lato, infatti, la Bce non può ignorare i progressi dello scenario macro-economico, specialmente considerato che, a detta dell’agenzia, le campagne di vaccinazione imprimeranno una decisa accelerata all’economia europea nel secondo semestre. Bisogna poi considerare che l’inflazione a maggio è cresciuta di oltre 40 punti base al 2%, anche se riguardo a questo punto Francoforte ha tenuto a ribadire che si tratta di un fenomeno “solo temporaneo”.

A complicare la faccenda, hanno spiegato gli analisti di S&P ratings, ci pensano i mercati obbligazionari europei. I timori sulla crescita dell’inflazione, nemico giurato dei portafogli esposti ai bond non indicizzati, a maggio hanno contribuito a far impennare i rendimenti nominali. E nonostante adesso i tassi siano scesi in zone più sicure (oggi ad esempio il Btp al 2031 è ai minimi da fine aprile a 0,746% e quello del Bund è a -0,2765%), per S&P ratings rimane il fatto che la cautela della Bce è dettata soprattutto dall’irrequietezza dei tassi.

Come ricordato dall’agenzia di rating, infatti, l’Eurotower ha messo in chiaro di voler mantenere bassi i rendimenti obbligazionari, eppure questo non ha impedito al Bund a maggio di avvicinarsi alla zona parità che non vedeva dal 2019. E questa pressione rialzista non è spiegabile solo alla luce dell’aumento dei prezzi. Dagli studi di S&P rating è emerso che i tassi del bond tedesco sono particolarmente sensibili ai movimenti non solo dei Treasury, ma anche degli asset a basso rischio di altri paesi.

In particolare, il coefficiente di sensibilità dei bond tedeschi a lungo termine alle tendenze del mercato obbligazionario mondiale si aggira intorno a 1, dato ben superiore allo 0,5 del Treasury e allo 0,1 dei rendimenti dell’Eurozona; la lettura implica movimenti quasi sincronizzati tra obbligazioni tedesche e mondiali, con un R2 rettificato significativo di 0,734. Per quanto riguarda i bond decennali, l’analisi di regressione condotta da S&P ratings ha dimostrato che una crescita dell’1% nei rendimenti mondiali è correlato ad un aumento dello 0,65% del Bund. Risultato che comunque rappresenta un buon miglioramento rispetto allo 0,90% del 2015.

In altre parole, il destino dei tassi tedeschi è legato a doppio filo con quello dei rendimenti esteri e di conseguenza la Bce non potrà ignorare le prossime mosse delle altre Banche centrali, Fed in primis. Se il Treasury subisse un’altra impennata come quella di maggio, quando era entrato in area 1,7%, anche il Bund tornerebbe a crescere pericolosamente. La Bce a questo punto sarebbe vincolata a mantenere una politica accomodante, per non gravare ulteriormente sui debiti pubblici. Il rischio, però, è che un approccio troppo espansivo pesi sulle aspettative dell’inflazione, a loro volta un catalizzatore rialzista per i rendimenti.

C’è da dire che, anche se Francoforte optasse per un inasprimento della politica monetaria, comunque non riuscirebbe ad alleviare più di tanto l’impatto che i rendimenti esteri hanno su quelli tedeschi, a detta dell’agenzia. C’è, infatti, un altro importante catalizzatore di crescita dei tassi mondiali: l’aumento della propensione al rischio. Con il miglioramento dell’outlook economico, gli investitori dirottano le proprie preferenze su asset più volatili, penalizzando la domanda dei bond e sostenendone i prezzi.

Insomma, considerate le molte variabili tra cui deve districarsi, la Bce si muove su un terreno molto scivoloso. È difficile quindi fare previsioni sul futuro della politica monetaria europea. Per adesso S&P ratings non esclude che sul tavolo del board di Francoforte a settembre ci sia l’ipotesi tapering. Un’altra soluzione sarebbe quella di incorporare il piano Pepp con quello App, modificando i volumi di acquisto così da non spaventare i mercati col taper tantrum.

Wall Street futures S&P e Nasdaq fermi, ora è attesa Fed. Euro in calo post Bce, tassi Treasuries giù

11/06/2021

Futures sugli indici azionari americani poco mossi, dopo la chiusura positiva di Wall Street, che ha visto lo S&P 500 salire a nuovi valori record. I futures sul Dow Jones salgono dello 0,14% a 34.400 punti circa; i futures sullo S&P 500 sono piatti con una variazione pari a +0,05% a 4.230. I futures sul Nasdaq sono ingessati a 13.950 punti.

Il sentiment ieri ha retto, nonostante la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo Usa, fondamentale termometro dell’inflazione, abbia messo in evidenza a maggio una impennata pari a +5% su base annua, oltre le stime, e al nuovo massimo dal 2008.

Boom anche per la componente core, schizzata del 3,8% su base annua, al record in quasi 30 anni.

Ma sia Wall Street che i Treasuries Usa hanno dimostrato di avere fiducia nella Fed e dunque nell’assunto secondo il quale la natura delle pressioni inflazionistiche sarebbe transitoria.

Non tutti sono d’accordo. Non lo è James Knightley, capo economista globale di ING che, nel commento successivo alla pubblicazione del dato sull’inflazione Usa, ha affermato di ritenere davvero concreto il rischio di rialzi dei tassi prima di quanto anticipato dalla stessa Fed, puntualizzando che “l’inflazione Usa potrebbe confermarsi superiore al 4% fino al primo trimestre del 2022, a fronte di un’inflazione core che è improbabile che scenda sotto il 3% fino al secondo trimestre dell’anno prossimo”.

Di conseguenza, dice Knightley, se per il meeting del FOMC della prossima settimana – prossimi 15-16 giugno -, ci si attende che “la Fed possa continuare a parlare di inflazione temporanea, con i dubbi che iniziano tuttavia a serpeggiare tra i suoi stessi funzionari, sospettiamo che il simposio di Jackon Hole di fine agosto possa rivelarsi molto interessante. Magari presentando un cambiamento nel linguaggio che davvero potrebbe aprire la porta all’annuncio di un tapering del Quantitative easing nel mese di dicembre”.

Ieri il Dow Jones ha chiuso in rialzo di 19 punti (+0,06%), a 34.466,24 punti; lo S&P 500 è avanzato dello 0,47% a 4.239,18 punti, mentre il Nasdaq Composite ha terminato la sessione con un rialzo dello 0,78% at 14.020,33 punti.

Sempre ieri è stato anche il Bce Day, che ha visto protagonista la riunione del Consiglio direttivo della Bce e la conferenza stampa successiva della presidente Christine Lagarde.

Attese con trepidazione erano soprattutto le dichiarazioni sullo strumento del QE pandemico, il PEPP, con cui l’Eurotower fa shopping di bond per un valore di $80 miliardi al mese (e che accompagna il tradizionale programma di acquisto di asset, APP, che prosegue al ritmo di $20 miliardi al mese).

L’inflazione – ha ripetuto Lagarde -non è un problema, al punto che la Bce ha annunciato che manterrà un ritmo “significativamente” più veloce di acquisti di asset con il suo QE pandemico per il prossimo trimestre.

Dopo essere salito nelle ultime ore, l’euro scende, perdendo lo 0,15% sul dollaro a $1,2152; l’euro è debole nei confronti della sterlina (+0,04%, a GBP 0,8592 e sullo yen è ingessato, azzerando i guadagni precedenti, a JPY 133,10. La moneta unica è piatta anche sul franco svizzero (+0,03% a CHF 1,0895).

Il dollaro avanza dello 0,18% sullo yen, +0,18% a JPY 109,53, cedendo sulla sterlina (-0,21% a $1,4147).

A conferma del fatto che gli Usa non scontano ancora né il surriscaldamento dell’economia americana né il tapering della Fed è il trend dei tassi decennali sui Treasuries, che rimangono negativi all’1,44%.

INFLAZIONE che “decolla” ma tassi di interesse che scendono. Che succede?

I mercati spesso hanno un andamento difficilmente comprensibile, soprattutto se nel nostro “ego” decidiamo di “sfidarli”. Oggi è una di quelle classiche giornate che dovrebbero finire con una “bandiera bianca” perché poi è successo tutto il contrario di tutto. Mi spiego meglio.

Parlo ancora di tasso inflazione, e perdonatemi se sono ripetitivo. Lasciamo da parte il seppur importante meeting BCE solo perché non ci ha offerto nulla di nuovo o nulla di diverso dalle previsioni. Torniamo a parlare di USA.

Come vi ho spiegato nel post di ieri, THE BIG THUSDAY, la giornata era importante per capire le prospettive su due tasselli fondamentali per la macroeconomia USA. Ovvero inflazione e lavoro. Ed i dati in uscita sono stati abbastanza contrastanti e necessitano di un commento (ecco il perché di questo post).

Il giallo i dati neutri, in rosso i dati peggiori delle attese, in verde quelli migliori delle aspettative. Giusto includere anche i buoni dati italici che devono essere visti in chiave positiva per la nostra borsa ed il nostro futuro.

In ambito del mercato del lavoro invece, i sussidi di disoccupazione sono scesi meno delle attese, ma il numero di percettori è calato molto più delle stime. E sono calati anche i sussidi straordinari. Quindi un buon dato che sottolinea la bontà della ripresa e la direzione verso la teorica piena occupazione. Quindi dati del lavoro nel complesso positivi.

Ma poi la nota dolente. Ahi ahi ahi… Tasso inflazione, rosso sangue. Drammaticamente superiore alle attese ma….fermi tutti. Ricordate cosa vi ho detto in passato? Sono dati che devono essere “spachettati” ed ecco cosa otteniamo se andiamo più a fondo.

Chi sono i colpevoli dell’impennata? Elementi strutturali oppure no? Ecco risolto l’arcano. Ritroviamo le tariffe aeree (+7%), ed il settore auto usate (+7.3%). Qualcosa di strutturale lo troviamo come gli alloggi (+0.3%) ma rispetto ai numeri prima esposti, devono preoccupare?

Questo aiuta proprio per capire il mercato vista la sua reazione. Perché a freddo, un’inflazione quasi galoppante meriterebbe un govies 10yr al collasso con rendimenti che decollano. Ecco invece che succede.

Chart US Treasury yield 10yr TNX by TradingView

Un comportamento totalmente antitetico rispetto alla realtà. Ma che vuol dire due cose importanti.

  1. La prima, il mercato sconta la transitorietà di questa inflazione così forte.
  2. La seconda, il mercato aveva già scontato ben oltre lo scontabile e quindi si riallinea secondo le nuove aspettative.

Perché il mercato è democratico. Il pericolo è appunto intestardirsi e andare contro al mercato. Meglio assecondarlo, perché fare diversamente, potrebbe significare dolori.

INFLATION: TRANSITORY!

Oggi uno dei post più brevi della storia di Icebergfinanza, non serve molto per dire che il mercato, i bond vigilantes, coloro che contano hanno deciso che l’inflazione sarà transitoria, in fondo basta analizzare i dati, il resto chiacchiere da bar di coloro che da anni attendono Godot…

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Il messaggio dal mercato obbligazionario è che questi ultimi due rapporti sull’inflazione erano già stati prezzati. Il 10 anni ha tagliato le linee di tendenza a 50 e 100 giorni.

Ripeto nulla di cui entusiasmarsi al momento, lo SHORT SQUEEZE più spettacolare della storia arriverà più avanti.

Tecnicamente un segnale inequivocabile ma me parleremo insieme a Machiavelli la prossima settimana in “ANACICLOSI”.

Ieri i dati sull’inflazione al consumo in America, nei titoli un balzo clamoroso come non si vedeva da decenni, ma il diavolo sta nei dettagli e l’eccitazione è fuori luogo…

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La sottocomponente che riguarda noleggio e acquisto auto e camion usati ha continuato a crescere sensibilmente, aumentando del 7,3% a maggio. Questo aumento ha rappresentato circa un terzo dell’aumento destagionalizzato di tutte le voci che riguardano l’inflazione.

Forse qui sotto sarà più chiaro il concetto con un grafico.

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Il prezzo dell’energia è aumentato del 28,5 % su base annua, l’indice delle stazioni di rifornimento, gas, gasolio e benzina, del 56,2 %. A maggio l’aumento del prezzo della benzina è stato il più alto nei 12 mesi a partire dal 1980.

Il sotto indice per il noleggio di auto e camion ha continuato a crescere, aumentando del 12,1% dopo il rialzo del 16,2% del mese precedente, molto contenuto il rialzo per le attività ricreative, aumentato dello 0,2% a maggio dopo un aumento dello 0,9% ad aprile.

Tutti fattori nettamente TRANSITORI!https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1399706873067094018&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F06%2F11%2Finflation-transitory%2F&sessionId=5365fe9509d119bcee8ce56dab97c42b393a4edb&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Chiudiamo qui senza ulteriori analisi o commenti, il mercato ha sposato in tutto e per tutto la narrazione della Federal Reserve, non puoi scommettere contro chi ogni giorno continua a comprare una marea di titoli di Stato per tenere disperatamente a zero i tassi, prima che l’enorme bolla del debito esploda ovunque con conseguenze deflazionistiche devastanti.

Questa è una deflazione da debiti, il resto spasmi di breve respiro, lo suggerisce la storia che non si ripete mai, ma ama fare la rima!

Boom inflazione Usa, ma Wall Street e i Treasuries credono nella Fed di Powell

11/06/2021

Futures sugli indici azionari americani poco mossi, dopo la chiusura positiva di Wall Street, che ha visto lo S&P 500 salire a un nuovo record.

Il sentiment ha retto, nonostante la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo Usa, fondamentale termometro dell’inflazione, abbia messo in evidenza a maggio una impennata pari a +5% su base annua, oltre le stime, e al nuovo massimo dal 2008.

Boom anche per la componente core, schizzata del 3,8% su base annua, al record in quasi 30 anni.

I mercati non hanno tuttavia scontato eccessivamente il dato, dando fiducia alla Fed di Jerome Powell, secondo cui la natura del rialzo delle pressioni inflazionistiche sarebbe transitoria.

La paura di un tapering del Quantitative easing da parte della Banca centrale americana non ha dunque fatto da padrona. Ieri il Dow Jones ha chiuso in rialzo di 19 punti (+0,06%), a 34.466,24 punti; lo S&P 500 è avanzato dello 0,47% a 4.239,18 punti, mentre il Nasdaq Composite ha terminato la sessione con un rialzo dello 0,78% at 14.020,33 punti.

I futures sul Dow Jones sono piatti, con una variazione pari a +0,02% a 34.361 punti; i futures sullo S&P 500 sono ingessati anch’essi, con un rialzo pari ad appena +0,04% a 4.230 punti; idem i futures sul Nasdaq, +0,09% a 13.963 punti.

A dimostrazione di come i mercati Usa non scontino un boom permamente dell’inflazione e un surriscaldamento dell’economia è anche il trend dei tassi sui Treasuries, con quelli decennali che scendono all’1,443%.

Inflazione alle stelle mette la Fed alle strette, cambierà linguaggio a fine estate (analisti)

10/06/2021

L’inflazione sopra le aspettative a maggio mette in pericolo l’atteggiamento accomodante da parte della Federal Reserve. Su base mensile il Consumer Price Index (CPI) per il mese di maggio è cresciuto dello 0,6% a maggio a fronte di attese per 0,5%. Anno su anno la variazione dei prezzi è stata pari al 5% dal 4,2% del mese precedente, la lettura più alta dal 2008 a oggi.

“L’ennesima grande sorpresa al rialzo per l’inflazione statunitense getta ulteriori dubbi sull’affermazione della Fed secondo cui tutto ciò è transitorio e che la politica monetaria può essere lasciata estremamente allentata per i prossimi tre anni”, commenta James Knightley, capo economista di Ing che si aspetta di sentire un cambiamento nel linguaggio della Fed alla fine dell’estate.

INFLAZIONE…COUNTDOWN!

Scritto il 10 Giugno 2021 alle 09:15 da icebergfinanza

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Editorial cartoons offer commentary on Inflation, today's wars, mask guidelines

Nulla di eccezionale sia ben chiaro, solo che ieri i bond vigilantes hanno messo una grossa pulce nell’orecchio di tutti coloro e sono ancora una moltitudine stanno scommettendo contro il reddito fisso, hanno messo le loro scommesse sulla stagflazione e reflazione…

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Confesso che ieri sorridevo a leggere i commenti di coloro che in questi mesi hanno prefigurato i rendimenti del decennale USA oltre il 2 % sino a raggiungere addirittura il 3%, tutti a dire che è un movimento … transitorio.

Come più volte detto non importa quale sarà il dato odierno, possono riprovare a fare salire di nuovo i rendimenti, ma la storica linea maginot che ha origine nella seconda guerra mondiale terrà nuovamente. Diversamente se qualcosa andrà male, i dati mostreranno una perdita della forza speculativa, preparatevi ad assistere al più spettacolare SHORT SQUEEZE della storia.

Oggi inoltre ci sarà anche la riunione della BCE oltre ai dati sui sussidi USA.

C’è un piccolissimo supporto la cui entità fa davvero sorridere per le loro speranze, se lo rompe abbiamo davanti obiettivi ambiziosi per l’estate, ma di questo ne parleremo insieme al nostro Machiavelli in ” ANACICLOSI ” il prossimo manoscritto.

La cosa interessante è che ieri l’asta decennale dei titoli USA, in vista del dato sull’inflazione al consumo odierno è stata EPICA, spettacolare!

38 miliardi di dollari piazzati come una limonata, bit-to-cover ai massimi da luglio 2020,

Dopo aver visto i rendimenti del mercato secondario precipitare ai minimi di 3 mesi, domanda sostenuta da parte degli investitori esteri, si quelli che stanno fuggendo dal dollaro e dal Tesoro americano, una domanda che ha lasciato a bocca aperta molti osservatori.

Nel frattempo anche gli analisti di Goldman Sachs stanno cambiando idea, sulla base di un grafico che abbiamo condiviso nell’ultimo Machiavelli, come sempre siamo sul pezzo.

Il capo economista di Goldman, Jan Hatzius, ha ribadito in una nota pubblicata martedì intitolata semplicemente “Perché l’economia non si surriscalderà”, che l’inflazione a cui stiamo assistendo così molto probabilmente sarà temporaneo e i prezzi si normalizzeranno di nuovo mentre ci allontaniamo ulteriormente dalle riduzioni dell’attività pandemica senza precedenti.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1402816976871886850&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F06%2F10%2Finflazione-countdown%2F&sessionId=128931f7d3be4c7ee5daf6e25fd81d722ec16290&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Non ci voleva poi molto, ma si sa nella finanza ciò che conta è gettare una moneta poi esca quel che esca.

Come riporta ZEROHEDGE, Hatzius e lo stratega Chris Hussey, spiegano che gli ultimi 2 rapporti sui libri paga sono stati deludenti poiché la corsa al ritorno al lavoro “è stata rallentata da stimoli generosi. Da un lato, un minor numero di lavoratori disponibili dovrebbe aumentare i salari mentre le aziende competono per attirare nuovi lavoratori. Ma un flusso di occupazione più ordinato nella ripresa post-pandemia potrebbe anche consentire un periodo di riapertura più esteso e forse una pressione minore sui prezzi.

Un altro motivo per recedere dai timori di inflazione potrebbe anche essere semplicemente il tempo. Secondo Goldman, man mano che gli americani si abituano a tornare alla loro routine quotidiana, la stranezza di tale attività diminuisce. Ed è forse più facile per gli investitori immaginare come sarà la “normalità”. E forse quella visione si sta collettivamente fondendo attorno a una “nuova normalità” che sembra sorprendentemente simile alla “vecchia normalità” pre-pandemia.

Hatzius spiega poi perché la recente ripresa dell’inflazione rimarrà transitoria: “Dal lato dei salari, l’offerta di lavoro dovrebbe aumentare drasticamente nei prossimi 3-6 mesi poiché la paura del virus diminuisce ulteriormente e il beneficio di $ 300 a settimana scade – nel corso del nelle prossime settimane nella maggior parte degli stati controllati dai repubblicani e il 6 settembre negli altri stati”. 

In altre parole, i datori di lavoro probabilmente reggeranno altri 3 mesi fino alla scadenza dei benefici di emergenza, a quel punto si aspettano che un’ondata di lavoratori invertirà il calcolo nel mercato del lavoro, da una mancanza di offerta di lavoro a un’ondata di offerta.

Come promemoria l’aumento dell’inflazione il mese scorso è stato in gran parte guidato dall’impennata dei prezzi delle auto usate e dei servizi di trasporto, o come Goldman lo mette “outlier” – rimane solo all’1,56% su base annua, la metà del tasso PCE di base standard. Questo divario illustra il ruolo senza precedenti dei valori anomali nella recente ripresa dell’inflazione.

Forse se lo scrive Goldman ci credete visto che molti di Voi in questi mesi hanno perso la fiducia nelle nostre analisi, ma noi non abbiamo fretta, la verità è figlia del tempo, sono 14 anni che alla fine tutti si rassegnano sull’inflazione.

In definitiva, per Goldman, la più grande domanda nel dibattito sul surriscaldamento rimane se la produzione e l’occupazione negli Stati Uniti aumenteranno nettamente al di sopra del potenziale nei prossimi anni. Se la risposta è sì, l’inflazione potrebbe effettivamente salire a livelli indesiderabili su base più permanente.

Possibilità ZERO ASSOLUTO!

One Scary Chart on Economic Growth in America | U.S. Chamber of Commerce Foundation

Suvvia non scherziamo dopo trilioni di dollari di stimoli fiscali e monetari, l’economia USA è cresciuta mediamente appena del 2 % negli ultimi 12 anni!

 Com’era prevedibile, la risposta di Goldman continua ad essere no, ed ecco perché: “Anche se il PIL reale è quasi tornato al livello pre-pandemia, vediamo ancora un rallentamento significativo nell’economia sulla base della carenza di posti di lavoro rimanenti di quasi 8 milioni e la pandemia- guidato un aumento della produttività del 4,1% su base annua nel primo trimestre. Inoltre, riteniamo che la crescita sequenziale del PIL abbia probabilmente già raggiunto il picco in termini mensili e tenderà a scendere da qui quando l’impulso fiscale diminuirà, inizialmente in modo modesto e poi più bruscamente alla fine del 2021 e 2022”.

Qui JPMorgan interviene anche e in una recente nota dell’economista Dan Silver scrive che mentre ci prepariamo per la stampa del CPI, vale la pena considerare gli impatti della rimozione dei sussidi di disoccupazione federali e dell’aumento dei salari orari. Nella nota di Silver, illustra la crescita delle opportunità di lavoro tra i lavori a basso reddito.

JPM si pone quindi la domanda giusta: ” gli aumenti salariali rimarranno durevoli se gli imprenditori sanno che l’offerta sta tornando online?” Una domanda che ci siamo posti in precedenza, e la risposta è un deciso no. Per JPM, se la risposta è davvero no, “vediamo una decelerazione più rapida del previsto nella crescita dei salari, nella spesa e nell’IPC”. Anche se, in alternativa, sembra più probabile che vedremo anche un’impennata dei posti di lavoro presi e potenzialmente un’altra gamba più in alto nei dati macro assoluti.

Con questo in mente, cosa succederà sul fronte del catalizzatore dell’inflazione e cosa mostrerà la stampa critica dell’IPC di domani? Qui, Goldman stima un aumento dello 0,50% dell’IPC core di maggio (in linea con il consenso), che aumenterà il tasso su base annua di sei decimi al 3,55%, rispetto al 3,0% che tuttavia risente ampiamente del crollo dell’effetto base dello scorso anno. La previsione mensile dell’inflazione core di Goldman “riflette la forza trainata dalla riapertura nelle tariffe aeree, nei prezzi degli hotel e nei prezzi delle attività ricreative”. Inoltre, Goldman prevede forti letture mensili nelle auto usate (+6%) e nelle auto nuove (+0,5%), che riflettono interruzioni della catena di approvvigionamento “una tantum” e carenza di microchip.

Goldman conclude che anche se l’esplosione dell’inflazione è transitoria, ” sarà interessante vedere come i mercati reagiranno a un rapporto di inflazione superiore al 3,5% in un regime monetario che presumibilmente è focalizzato sul mantenimento dell’inflazione intorno al 2%.”

Nessun problema, qualunque sarà la reazione del mercato, la strada è segnata.

Aberdeen Standard Investments: ecco cosa aspettarsi dalla Bce oggi

Grande attesa per le decisioni della Banca centrale europea e soprattutto per le parole di Christine Lagarde. Secondo Paul Diggle,di Aberdeen Standard Investments, la politica monetaria non subirà modifiche sostanziali

La riunione della BCE di oggi (giovedì 10 giugno), e soprattutto la conferenza stampa della presidente Christine Lagarde a seguire, sarà monitorata con grande attenzione da mercato e investitori, che peseranno ogni parola e anche ogni sfumatura per capire se si stia avvicinando o meno una fine anticipata o una riduzione del PEPP, il Pandemic Emergency Purchasing Programme da 1.850 miliardi di euro di acquisti di titoli, che dovrebbe durare almeno fino a marzo del 2022. Giovedì la Bce avrà a disposizione i dati e le previsioni aggiornati su crescita e inflazione, e già tra i falchi del Nord Europa si è levata qualche voce a invocare un’uscita anticipata dallo stimolo monetario. L’inflazione infatti ha rialzato la testa, non solo in USA, e sta cominciando a farsi sentire soprattutto in Germania, dove i rendimenti dei bund a 10 anni si sono riavvicinati a livello zero.

DUE TESI A CONFRONTO

Paul Diggle, vice capo economista di Aberdeen Standard Investments, sottolinea in un commento che la tesi a favore della riduzione degli acquisti di titoli si basa sul rafforzamento della ripresa economica europea grazie all’avanzare delle campagne vaccinali e alla riapertura di molte attività dopo mesi di lockdown, mentre la tesi a favore del mantenimento degli acquisti al ritmo attuale punta invece sul fatto che eventuali riduzioni dello stimolo rischiano di innescare un sell-off del mercato e magari mandare in stallo la nascente ripresa delle economie.

GLI INVESTITORI NON VOGLIONO SENTIR PARLARE DI TAPERING

Dopo le recenti dichiarazioni coordinate dei vari speaker della BCE, a partire dal capo economista Lane e dal membro italiano del board Panetta, l’esperto di Aberdeen Standard Investments si aspetta che la BCE mantenga la rotta e continui ad acquistare asset a livelli elevati. Ma in ogni caso, avverte Diggle, gli investitori vorranno assicurarsi che la BCE faccia un buon lavoro nel sostenere la ripresa economica, evitando la temuta parola ‘tapering’. Il tapering è diventato un termine d’uso comune nel linguaggio finanziario dal 2013, quando venne usato per indicare l’uscita della Federal Reserve dal Quantitative Easing contro la crisi finanziaria globale, causando diverse turbolenze sui mercati finanziari.

A METÀ GIUGNO SARÀ LA VOLTA DELLA FED

Dopo la BCE, a metà giugno, sarà la volta del Fomc della Federal Reserve, e l’interrogativo dei mercati resterà lo stesso. Il chairman Powell e i suoi colleghi hanno già lanciato ampie assicurazioni sul fatto che gli strappi dell’inflazione sono da considerarsi del tutto transitori e che lo stimolo monetario andrà avanti. Ma i mercati anche in questo caso vorranno essere rassicurati. Anche perché negli ultimi tempi la segretaria al Tesoro USA Janet Yellen, che ha preceduto Powell alla guida della stessa Fed, ha accennato stando attenta a non drammatizzare alla possibilità di lievi aumenti dei tasi di mercato americani.

Inflazione, Deutsche Bank striglia la Fed e paventa scenario anni ’70: così Usa e resto del mondo seduti su una bomba a orologeria

08/06/2021

Con la complicità della Federal Reserve, gli Stati Uniti e il resto del mondo sono seduti su una bomba a orologeria: parola del capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau che, in una nota stilata anche da altri analisti della banca tedesca, ha lanciato l’avvertimento:
“Forse ci vorrà un anno in più, fino al 2023, ma l’inflazione riemergerà. E, sebbene sia ammirevole questa pazienza, dovuta al fatto che le priorità della Fed si stanno spostando verso obiettivi di natura sociale, trascurare l’inflazione fa sì che le economie globali siano sedute su una bomba a orologeria”, con “effetti che potrebbero essere devastanti, soprattutto per le fasce più vulnerabili della società”.

La nota punta il dito contro la Federal Reserve e contro la nuova politica monetaria lanciata da Jerome Powell, disposta a tollerare una inflazione più alta, pur di promuovere una ripresa dell’economia piena e inclusiva.
Uno sbaglio, secondo Deutsche Bank, visto che l’intenzione della Fed di non alzare i tassi fino a quando l’inflazione non mostrerà un rialzo sostenuto avrà conseguenze catastrofiche.
“La conseguenza di questo ritardo sarà la presenza di maggiori perturbazioni sull’attività economica e finanziaria rispetto a quanto avverrebbe se la Fed si decidesse finalmente ad agire”.
L’alert di Deutsche Bank conferma la view contrarian del team di ricerca della banca.
La maggior parte degli analisti di Wall Street è d’accordo infatti con la Fed, ritenendo dunque che le attuali pressioni inflazionistiche abbiano una natura transitoria. E’ d’accordo con la Fed per esempio Jan Hatzius, capo economista di Goldman Sachs, secondo cui esistono “forti ragioni” che avallano la posizione della banca centrale americana.
Tra queste, la probabilità che lo scadere dei benefit percepiti dai disoccupati riporti molti americani a lavorare nei prossimi mesi, fattore che di per sé dovrebbe smorzare le pressioni sui salari.
“Tutto suggerisce che i funzionari della Fed possano continuare a portare il loro piano di uscita (dagli stimoli straordinari) in modo molto graduale”, ha scritto Hatzius.
Ma Deutsche Bank non è d’accordo, soprattutto alla luce di alcuni dati:
il Congresso Usa ha approvato più di $5 trilioni di misure di stimolo, la Fed ha quasi raddoppiato il suo bilancio, attraverso gli acquisti mensili di asset, a un valore poco inferiore agli $8 trilioni. Gli stimoli continuano ad arrivare anche se l’economia americana, in base alle stime, dovrebbe essere cresciuta al ritmo del 10% nel secondo trimestre e il quadro occupazionale mostra una creazione di nuovi posti di lavoro in media di 478.000 unità al mese nel 2021.

Il timore di Deutsche Bank: un’inflazione in Usa stile anni ’70

“Mai in passato abbiamo assistito a una politica espansiva e monetaria così coordinate. E così continuerà, a fronte di un Pil che si muove al di sopra del suo potenziale. E’ per questo che stavolta la situazione è diversa per l’inflazione”, scrivono gli analisti della banca tedesca.
Ovvero?
Il team di Deutsche Bank, come indica un articolo della Cnbc, ritiene che l’inflazione made in Usa potrebbe replicare l’esperienza degli anni Settanta, decennio in cui il tasso si attestò in media a quasi il 7% e in cui diverse volte fu anche di una doppia cifra percentuale. Il balzo dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, insieme alla fine del controllo sui prezzi, aiutò a scatenare al rialzo l’inflazione.
L’allora presidente della Federal Reserve Paul Volcker fu costretto a quel punto, al fine di affossare una inflazione fuori controllo, a ricorrere a rialzi significativi e altrettanto drammatici dei tassi che scatenarono una recessione. Uno scenario che, secondo gli analisti di Deutsche Bank, potrebbe ripetersi.
LEGGI ANCHE Inflazione USA e Fed: rischio tapering prima o dopo l’estate
“Ci sono già diversi casi di aumenti dei prezzi che si stanno riverberando sull’economia americana. Anche se sulla carta sono transitori, (questi aumenti) potrebbero rinfocolare le aspettative sull’inflazione, allo stesso modo in cui accadde negli anni ’70. Il rischio a quel punto è che, anche se riferiti solo a qualche mese, (questi aumenti) potrebbero essere difficili da contenere, specialmente in presenza di così tanti stimoli”.
A quel punto, i rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve potrebbero “provocare il caos in un mondo pesantemente indebitato“, con crisi finanziarie che si abbatterebbero soprattutto nelle economie dei paesi emergenti, dove la crescita non sarebbe capace di compensare costi di finanziamento più elevati.

Grande attesa in Usa per il dato market mover di questa settimana

Il tema dell’inflazione negli Stati Uniti tornerà alla ribalta tra qualche giorno, per la precisione, dopodomani giovedì 10 giugno, con la pubblicazione del tanto atteso indice dei prezzi al consumo, principale termometro dell’inflazione.
Il dato di aprile aveva rinfocolato i timori dell’inflazione, in quanto salito del 4,2%, al ritmo più veloce dal 2008, con il dato core volato al record dagli anni ’80. La conferma del surriscaldamento dei prezzi era arrivata anche con l’indice dei prezzi alla produzione, che ad aprile ha riportato un balzo record in 11 anni
La paura, sui mercati dipendenti dalla droga monetaria della Fed, è sempre la stessa: quella del tapering del Quantitative easing da parte dell’istituto guidato da Jerome Powell.
C’è da dire che lo scorso venerdì il report occupazionale Usa ha in qualche modo fatto rientrare questi timori, vista la creazione di nuovi posti di lavoro inferiore alle attese. Nel mese di maggio, per la precisione, le buste paga sono aumentate di 559.000 unità. Gli economisti intervistati da Dow Jones avevano stimato 671.000 nuovi posti di lavoro, rispetto agli appena 266.000 posti che erano stati creati ad aprile. Migliore delle attese è stato invece il tasso di disoccupazione, sceso dal 6,1% al 5,8%, rispetto al 5,9% del consensus generale.
In generale, il report sull’occupazione non è stato tale da alimentare i timori su una crescita improvvisa dell’inflazione, riuscendo a tenere a bada l’ansia da tapering.
La prova è nel trend dei tassi sui Treausuries Usa, che rimangono sotto controllo, che oggi sono anche in lieve ribasso all’1,562%, in deciso ribasso rispetto all’1,74% della metà di marzo, e nonostante le dichiarazioni del segretario al Tesoro Usa Janet Yellen che, in’intervista rilasciata a Bloomberg ha detto nel fine settimana che, se concretizzata, la proposta di spesa pubblica del presidente Joe Biden, pari a $4 trilioni, sarebbe positiva per gli Stati Uniti, anche se si traducesse in un aumento dei tassi di interesse.
“Se finissimo con l’avere un contesto di tassi di interesse lievemente più alti, si tratterebbe di un plus da un punto di vista della società e anche per la Fed”, ha detto Yellen.

Perché Bce e Fed devono resistere agli allarmi sull’inflazione

L’inflazione sembra un fantasma del passato, mentre si consolida la nuova alleanza tra politiche fiscali e monetarie per contrastare la minaccia climatica

 7 Giugno 2021 – 8:06

Una previsione facile-facile: nella prossima decina di giorni la parola più frequente nei titoli dei media finanziari, e anche non, sarà ‘inflazione’, con un picco prevedibile giovedì 10 giugno, quando in contemporanea alla conferenza stampa di Christine Lagarde dopo il board della Bce uscirà il numero dei prezzi al consumo di maggio in Usa. È probabile che sarà un numero ‘robusto’, forse ancora più alto del 4,2% annuo messo a segno ad aprile, per cui ci sarà materia per guru ed esperti per speculare su quello che farà la Po di Jay Powell nella riunione del FOMC in calendario la settimana successiva, per la precisione nella due giorni del 15-16 giugno. Sarà un test importante per la banca centrale americana perché arriva quasi un anno dopo la ‘storica’ svolta annunciata dallo stesso Powell al simposio di Jackson Hole il 27 agosto dell’anno scorso, con cui si è passati da una politica ‘preventiva’ nei confronti del nemico storico delle banche centrali a una nuova politica ‘reattiva’, vale a dire tollerare un’inflazione che corre anche sopra il target del 2% per consentire di recuperare il ‘gap’ creato nell’anno della pandemia.

I NERVI DI POWELL ALLA PROVA

Tutti si chiedono se Powell avrà i nervi per tener fede all’impegno anche a fronte di un’inflazione che strappa, e si chiedono anche cosa potrà inventarsi la ‘colomba’ Lagarde per resistere alle pressioni dei ‘falchi’, visto che anche in Europa l’inflazione ha sfondato il 2% e che l’obiettivo della politica monetaria europea di un’inflazione ‘vicina, ma sotto’ quel livello non è stato modificato, a differenza di quanto ha fatto la Fed. Ma la domanda forse più importante è un’altra: nell’anno 21 del nuovo millennio, dopo la globalizzazione, la rivoluzione digitale e dell’automazione, la grande crisi finanziaria la crisi del debito europeo, e infine la pandemia, l’inflazione è ancora il nemico numero uno di chi ha la responsabilità del governo della moneta?  Powell e Janet Yellen, sua ex collega che ora siede al Dipartimento al Tesoro americano, se la cavano assicurando che gli strappi attuali sono temporanei e destinati a rientrare. Ma non offrono risposte ‘strategiche’.

INFLAZIONE AL CONSUMO IN USA DAL 1960 AL 2021

FORZE DEFLAZIONISTICHE AL LAVORO

Il grafico qui sopra mostra come da inizio millennio sono al lavoro potenti forze deflazionistiche, che quando si sono incrociate con crisi finanziarie o economiche hanno fatto scattare il rischio opposto dell’inflazione. Quelle forze sono ancora al lavoro, e non hanno ancora probabilmente dispiegato tutti gli effetti. Prendiamo il trend secolare dell’invecchiamento della popolazione. Per i sostenitori del ritorno dell’inflazione vuol dire meno forza lavoro disponibile nelle economie sviluppate, per cui andrà pagata di più, causando la più classica delle cause di rialzo dei prezzi. Ma i pensionati consumano di meno, e si indebitano meno, mentre automazione e digitalizzazione faranno da calmiere ai salari. Un altro trend secolare che sta emergendo ma è poco segnalato è la nuova sintonia tra politica fiscale e monetaria, dopo il grande divorzio consumato in tutti i paesi sviluppati negli anni 70, proprio per contrastare l’inflazione che nasceva dal circolo vizioso tra corsa della spesa pubblica e tolleranza monetaria.

IL DEBITO RESTA UN ASSET SICURO

Nel nuovo mondo ‘disinflazionato’ la spesa pubblica sembra possa correre quanto vuole senza generare inflazione, gli investitori considerano il debito degli Stati un asset ultra-sicuro anche se viaggia ben oltre il 100% o perfino il 200% del Pil. E le politiche fiscali e monetarie possono permettersi di andare a braccetto come negli anni del Dopoguerra. È una parentesi destinata a chiudersi con l’uscita dalla crisi da pandemia o destinata a rimanere aperta per molti anni a venire? L’interrogativo riguarda soprattutto l’Europa dove qualche anziano falchetto germanico comincia a parlare di ritorno al fiscal compact e di ripristino rigido del Patto di Stabilità. Ma proprio dall’Europa potrebbe uscire una risposta che taglia la testa al toro e che si chiama ambiente e lotta al cambiamento climatico.

LAGARDE PUÒ GIOCARSI LA CARTA GREEN

La Bce comincia a far filtrare che i bond ‘green’ potrebbero essere il nuovo target degli acquisti anche in una prospettiva post-emergenziale. Il cambiamento climatico e i suoi effetti perversi sono sempre più in cima alla lista dei rischi percepiti dagli investitori, oltre che da governi e policy maker globali. Un paio di giorni fa Tobias Adrian, un ex Federal Reserve ora direttore del dipartimento ‘monetary and capital markets’ del FMI, ha detto alle CNN che la prossima crisi finanziaria, dopo quelle dei subprime e della pandemia, potrebbe ‘assolutamente’ essere innescata da un evento climatico disastroso. Il salvataggio del pianeta dal disastro ambientale potrebbe essere la quadra che mette tutti d’accordo sul fatto che l’inflazione è un fantasma del passato e che la nuova mission delle banche centrali è sostenere gli sforzi finanziari di governi e imprese per contrastare il cambiamento climatico. Compresi i falchetti di cui sopra, visto che la prossima inquilina della Cancelleria tedesca potrebbe essere la ‘verde’ Annalena Baerbock.

BOTTOM LINE

Il ritorno dell’inflazione sarà probabilmente il tormentone di quest’estate, e provocherà verosimilmente qualche sobbalzo sui mercati con picchi più o meno contenuti di volatilità. Uno storno o magari una correzione, soprattutto a Wall Street, potrebbero starci. Per l’investitore che guarda al lungo termine sarebbe una bella occasione di ingresso a prezzi un po’ meno ‘tirati’ di quelli attuali.

L’inflazione metterà alla prova i nervi della Fed

Columbia Threadneedle Investments prevede che nei prossimi mesi l’inflazione continuerà a salire e la banca centrale Usa subirà pressioni per cambiare il suo atteggiamento ultra-accomodante

Aumentano i timori di mercati e investitori che l’inflazione sia avviata su un percorso di rialzo permanente, Se la Fed davvero intende come dice premere più a lungo sull’acceleratore, i tassi nel breve termine rimarranno più bassi più a lungo, ma riuscirà a mantenere i nervi saldi? Di recente è stata messo alla prova la sua forward guidance, con il mercato che ha iniziato a prezzare un ritmo di rialzo dei tassi di interesse leggermente più aggressivo, e quando l’inflazione continuerà a salire in corso d’anno, la Fed subirà crescenti pressioni a cambiare atteggiamento. Anche una colomba come Larry Summers inizia a vedere un certo rischio di inflazione nello stimolo fiscale di Biden, che probabilmente metterà alla prova la Fed.

LA CORRELAZIONE NEGATIVA TRA AZIONI E BOND

Sono le conclusioni cui giungono Adrian Hilton, responsabile tassi globali e debito dei mercati emergenti e Edward Al-Hussainy, analista senior tassi d’interesse e valute, di Columbia Threadneedle Investments, che in un commento analizzano gli effetti dell’aumento dell’inflazione su azioni e obbligazioni. In particolare i due esperti di Columbia si chiedono se la correlazione negativa tra azioni e obbligazioni, dominante negli ultimi 20 anni, vale a dire da quando l’inflazione si è stabilizzata intorno al 2%, possa essere destinata a cambiare. La domanda resta aperta, e comunque è improbabile un cambiamento repentino, ma la correlazione negativa ma potrebbe iniziare a incrinarsi se l’inflazione dovesse salire ulteriormente.

PORTAFOGLI PIÙ VOLATILI

Le obbligazioni, in particolare i titoli di Stato o le altre forme di debito pubblico, possono essere uno strumento di protezione contro la deflazione. Negli ultimi 25 anni, questo si è rivelato un mercato estremamente proficuo, una forma molto interessante di buffer di portafoglio. Ma, notano gli esperti di Columbia Threadneedle Investments, se l’inflazione si riposizionasse strutturalmente più in alto, quel buffer diventerebbe meno necessario, per cui è probabile che si assista a una riallocazione degli investimenti fuori dei beni rifugio e, più in generale, a uno spostamento verso il rischio, che renderà i portafogli più volatili.

IL FANTASMA DEL TAPER DEL 2013

Il fantasma che perseguita oggi i policymaker è quello del “taper tantrum”, come quello che si verificò nel 2013, quando la Fed, che aveva accennato all’intenzione di ridimensionare il proprio programma di Quantitative Easing adottato dopo la Grande Crisi, finì per irrigidire le condizioni finanziarie, ripristinando il premio a termine sulle obbligazioni, fornito dalla garanzia degli acquisti della banca centrale, un po’ prematuramente e certamente più di quanto fosse giustificato dalle prospettive di crescita e inflazione di allora. Per questo oggi i policymaker non vogliono assolutamente ricadere nello stesso errore, sottolineano gli esperti di Columbia Threadneedle Investments.

CAMBIATO L’ATTEGGIAMENTO SULL’INFLAZIONE

A differenza del 2013, oggi la Fed ci ha detto che in questa occasione ha modificato il proprio modo di reagire all’inflazione e, invece di attivarsi per contrastare gli aumenti dell’inflazione nel breve termine, ha intenzione di pianificare la propria politica in modo tale da garantire che l’aumento dell’inflazione sia sostenibile, consentendo che l’obiettivo venga superato. È un atteggiamento diverso rispetto a quello che avrebbe avuto in passato di fonte a un’inflazione superiore all’obiettivo del 2%, il che significa che lascerà invariati i tassi più a lungo di quanto avrebbe fatto in passato.

Agenda mercati: super giovedì, con riunione chiave Bce e inflazione Usa

04/06/2021

La prossima settimana l’attenzione sarà concentrata sulla giornata di giovedì quando è prevista la riunione della Banca centrale europea (Bce) ma anche la pubblicazione del dato sull’inflazione americana di maggio.

“Dall’istituto di Francoforte il mercato si attende una rassicurazione sul proseguimento degli acquisti PEPP ad un ritmo ancora sostenuto, anche se la Bce potrebbe giustificare un’eventuale riduzione del ritmo con la presenza di una minore liquidità sui mercati nel periodo estivo”, commentano gli strategist di Mps Capital Services. Riguardo all’inflazione Usa, “a maggio dovremmo assistere al picco dell’anno in termini di crescita annua dei prezzi al consumo, con il dato che, stando al nostro modello previsivo, dovrebbe essere superiore alle attese (4,6%) e risultare di poco inferiore al 5%”, aggiungono gli esperti.

Mercato lavoro tra Usa luci e ombre, con un interrogativo sul tavolo: la Fed valuta il tapering?

04/06/2021

“C’era tantissima attesa per le cifre macroeconomiche sul mondo del lavoro americano. Dopo le dichiarazioni di molti membri del FOMC (per ultimo Patrick Harker presidente della FED di Philadelphia) il mercato stava scontando cifre molto robuste sulla creazione di nuovi posti di lavoro nel mese di maggio dopo un deludente dato di aprile. I dati sul fronte occupazionale statunitense invece sono stati molto contrastati. Hanno deluso la creazione di nuovi impieghi sotto le attese e il tasso di partecipazione alla forza lavoro, che rimane molto al di sotto rispetto ai livelli pre-pandemici. Gli aspetti positivi arrivano dalla discesa del tasso di disoccupazione e dalla crescita dei salari”. Questo il commento Filippo Diodovich, senior strategist di Ig Italia, dedicato ai Non Farm Payrolls statunitensi.

Per quanto riguarda la reazione sui mercati, “dopo una certa volatilità, acquisti sull’azionario e vendite sul dollaro, guidato dalla convinzione che il recupero dei livelli pre-pandemici per il mondo del lavoro sarà molto graduale e gli obiettivi della Fed non sono ancora raggiunti – spiega Diodovich -. Questo porta a pensare che nel prossimo meeting della Fed del 15-16 giugno il presidente del Federal Reserve System Jerome Powell lascerà le strategie monetarie invariate, con gli acquisti nel piano di Quantitative Easing fermi a 120 miliardi di dollari mensili”.

Da Ig sottolineano che la loro view è meno certa rispetto a quella degli investitori. “Crediamo che ci siano ancora possibilità che la Fed possa iniziare il processo di tapering molto presto (in estate), con possibile annuncio nella prossima riunione o in quella di Jackson Hole (12-16 luglio). Molto importante sarà quindi il prossimo dato sull’andamento dei prezzi al consumo che sarà pubblicato giovedì 10 giugno”, concludono gli esperti.

Report occupazionale Usa: mercato lavoro si rafforza, ma non troppo, il ‘giusto’ per tenere a bada ansia tapering Fed

04/06/2021

Gli economisti di Goldman Sachs avevano previsto una creazione, negli Stati Uniti, di 750.000 nuovi posti di lavoro, a maggio, a fronte di un tasso di disoccupazione in calo al 5,8%. Gli economisti intervistati da Dow Jones avevano mostrato una cautela maggiore, stimando 671.000 nuovi posti di lavoro, rispetto agli appena 266.000 posti che erano stati creati ad aprile. Citi aveva stimato dal canto suo un’occupazione in crescita di 760.000 unità, mettendo però le mani avanti, e affermando che numeri particolarmente bassi dell’occupazione che avessero deluso l’outlook avrebbero potrebbero indicare che la Fed non avrebbe proceduto al tapering del Quantitative easing almeno fino al prossimo anno.
Il report occupazionale Usa è stato finalmente diramato, e il numero sui nuovi occupati è stato deludente: nel mese di maggio sono stati creati 559.000 nuovi posti di lavoro.

Migliore delle attese è stato invece il tasso di disoccupazione, sceso dal 6,1% al 5,8%, rispetto al 5,9% del consensus generale.
In generale il rapporto indica un dato di fatto, che viene ripetuto da una parte del pianeta all’altra: l’economia americana non è ancora guarita dalla profonda ferita inferta dalla pandemia Covid-19 e dalle relative misure di lockdown.

Attenzione a partecipazione forza lavoro

Certo, come ha scritto su Twitter Zach Moller di Third Way Economic il miglioramento del mercato del lavoro Usa è stato solido, grazie alla velocità delle vaccinazioni negli Stati Uniti. Ma sempre Moller ha sottolineato che “la partecipazione alla forza lavoro è cambiata poco a maggio, confermandosi inferiore di 1,7 punti percentuali al livello del febbraio del 2020″, precedente la pandemia.
Di fatto, c’è da considerare il numero di quelle persone che non hanno cercato attivamente un posto di lavoro nelle ultime quattro settimane o che sempre nello stesso arco temporale non sono state disponibili a lavorare immediatamente: gli inattivi. Il numero di queste persone è rimasto praticamente invariato a 6,6 milioni a maggio, confermandosi superiore di 1,6 milioni di unità rispetto al febbraio del 2020.
Questo fattore porta a spiegare il tasso di partecipazione alla forza lavoro, che a maggio è stato pari al 61,6%, rispetto al 61,8% atteso, al 62,8% precedente la pandemia e al 61,7% di aprile.
Altro fattore non trascurabile, tutt’altro: nel mese, sono state 7,9 milioni le persone che hanno dichiarato di non essere state messe nella condizione di lavorare in quanto i datori di lavoro avevano fermato le attività imprenditoriali, anche causa fallimento delle aziende.
Il Bureau of Labor Statistics ha inoltre scritto nel rapporto che i salari orari, in media, e per tutti i dipendenti dei settori non agricoli, sono aumentati di 15 centesimi a $30,33, dopo il rialzo di  21 centesimi ad aprile. Il trend degli ultimi due mesi – si legge nel comunicato – suggerisce che “è possibile che l’aumento della domanda di lavoro associata alla ripresa dalla pandemia abbia esercitato una pressione rialzista sui salari.Tuttavia, visto che i salari medi variano in modo ampio a seconda dei sttori, le forti fluttuazioni dell’occupazione a partire dal febbraio del 2020 complicano l’analisi dei trend recenti dei salari medi orari”.
A proposito di settori, la creazione di nuovi posti di lavoro è stata registrata soprattutto nel comparto alberghiero e tempo libero, visto che i consumatori, con la riapertura delle economie, sono tornati di corsa nei bar e nei ristoranti.
In questo settore – -leisure and hospitality – le buste paga sono balzate di ben 292.000 unità. Il comparto dell’edilizia ha assistito invece a una contrazione dell’occupazione, pari a 20.000 unità, a causa principalmente delle perdite accusate dalle aziende attive nel settore non residenziale: è possibile che il trend sia stato provocato soprattutto dalla carenza dei materiali da costruzione che ha colpito i costruttori.
Buste paga in aumento anche nel settore health care e assistenza sociale (+46.000), così come nel comparto manifatturiero (+23.000), trasporti e magazzini (+23.000), commercio all’ingrosso (+20.000) e servizi professionali e aziendali (+35.000).

Dato positivo, ma non troppo: l’ideale per i mercati drogati dalla Fed

La notizia non eccessivamente positiva arrivata con il report occupazionale – ma neanche negativa – per ora calma i nervi dei trader, che erano stati scossi nelle ultime ore soprattutto dall’ansia di un tapering più o meno imminente da parte della Fed del suo piano di Quantitative easing.
L’ansia era stata rinfocolata da alcune indiscrezioni del Wall Street Journal, secondo cui il tapering sarebbe di fatto già qui. Jerome Powell & Co sarebbero pronti infatti a iniziare a ritirare gradualmente almeno i bazooka anti-Covid lanciati l’anno scorso, in primis il piano ad hoc con cui la Fed ha iniziato a fare incetta di corporate bond ed ETF.
A dispetto del rialzo dei salari, la paura dell’inflazione sembra così rientrare: i tassi sui Treasuries Usa a 10 anni sono infatti in ribasso, e scendono anche sotto la soglia dell’1,60%, all’1,587%.
Anche il calo del dollaro lascia pensare che il tapering sia per ora ancora lontano: l‘euro si rafforza dello 0,43% a $1,2177, il dollaro scende anche nei confronti della sterlina, con il cambio GBP/USD in crescita dello 0,62% attorno a $1,42.

GIRO DI BOA: FED con mini-tapering. E la BCE assiste

Era nell’aria. Nei post precedenti ho chiaramente fatto intendere che qualcosa sta per cambiare anche se era evidente la volontà di “celare” la verità fino a quando almeno non se ne potesse fare a meno.
Vi consiglio di leggere questo capitolo del BLOG  con le mie ultime argomentazioni, soprattutto per poter avere le conferme di quanto vi ho appena detto e per capire cosa sta accadendo.

E se il CITI Inlfation Surprise Index  era abbastanza eloquente, i dati di ieri pomeriggio hanno confermato il tutto. E’ pur vero che si prendono in considerazioni e di dati medi del tasso inflazione e non quelli puntuali, andando quindi a limare i punti estremi, ma è altrettanto vero che la strada è segnata e qualche piccolo segnale occorre darlo. Anche questa è forward guidance. Piccole pillole che cercano di illustrare il futuro nel modo più soft possibile. E così accadde che la FED partì col TAPERING.

(…) la Federal Reserve Usa ha annunciato la prima piccola retromarcia della sua politica monetaria ultra-espansiva: dal 7 giugno inizierà poco per volta a rivendere sul mercato i bond aziendali e gli Etf che aveva comprato durante la pandemia. Si tratta di poca cosa, dato che – su un bilancio complessivo pari a 7.900 miliardi di dollari – la Fed detiene appena 5,2 miliardi di bond aziendali e 8,5 di Etf. (…) [Source

Sono cifre persin risibili, ma deve essere così, per non allarmare i mercati e per evitare di rompere gli equilibri. Però allo stesso tempo si deve lanciare il messaggio.
E il messaggio è chiaro. Signori, giro di boa, si incomincia a smontare il gigante costruito nel post Pandemia (tanto per cominciare) grazie anche al fatto che i segnali macro sono di evidente ripresa economica che, teoricamente, potrebbe anche stare in piedi senza un ulteriore invadente intervento della FED a sostegno.

Ricordate cosa vi avevo scritto qui in tempi non sospetti? Già in altre parti del mondo la politica monetaria stava provando l’inversione di marcia progressiva. UK, Canada e Giappone erano già “work in progress” e ora è il turno del colosso FED che inizia dunque una “modesta ritirata” con il suo principio di tapering.

ATTENZIONE: parlo di principio di tapering perché il VERO tapering è un’altra cosa (ed è quello i più temuto dai mercati). Ricordo in fatto che al momento il programma FED di acquisti NON è assolutamente revocato. Ed è un programma sempre mostruoso, visto che continua a comprare sul mercato ogni mese 80 miliardi di dollari di titoli di Stato e 40 miliardi di obbligazioni legate ai mutui, per un totale di 120 miliardi.

Però l’intenzione è quella di lanciare un segnale chiaro visto che (siamo onesti) la mossa di stanotte avrà un impatto pari a ZERO sull’economia e sugli stimoli.

Ma come è noto, i mercati scontano tutto, il sentiment vale più di mille parole e di mille operazioni ed è quello che potrebbe fare paura: l’effetto “contraccolpo”. La sensazione che la festa sia ai titoli di coda. Ma è chiaro, la FED tutto vuole tranne che dare questa percezione. Piuttosto lei vuole far capire ai mercati che monitora la situazione, che è pronta a tutto coerentemente con gli eventi ma che al momento non occorre fare altro. Insomma, la bastonata del minitapering vuole essere compensata da tante carote, proprio perché (come ho detto in apertura) non bisogna rompere gli equilibri.

Tassi di interesse, HY e debito

Il rischio (che vuole evitare la FED) è che sui mercati si scateni il panico. Le conseguenze sono chiare. Tassi che iniziano a salire, debiti che diventano insostenibili, riduzione della leva finanziaria, crollo del margin debt, fuga massiva dai bond, crisi di fiducia. E a raffica effetti sui mercati azionari, timori sulla ripresa, multipli azionari che si allargano ecc, insomma il classico quadro RISK OFF che farebbe scoppiare la bolla ma che nessuno vuole far scoppiare.

Ora, qui stiamo ipotizzando perché questo è il “worst case” e ili sistema lo vuole evitare come la peste. Ma bisognerà essere molto attenti, si cammina sulle uova, ed un passo falso, una parola male interpretata può fare danni enormi.

E in casa BCE?

Ultima piccola nota in chiusura. Se la FED è in queste condizioni, la BCE al momento vive ancora un momento di maggiore tranquillità. Le conferme le avremo solo il 10 giugno ma è chiaro, dai segnali che arrivano da Bruxelles, che tutto sarà confermato.
Nessun tapering. Nessuna manovra sui tassi, nessuna revisione sul programma mensili pari a 85 miliardi fino a fine settembre 2021, proprio perché l’inflazione non è un problema (vedi il grafico qui sopra sulle aspettative di inflazione) e la ripresa, qui da noi, è in uno stadio non così avanzato. Un motivo in più per preferire, in questo contesto, il Vecchio Continente.

Wall Street futures in ribasso su rumor Fed, giù Tesla dopo notizia richiami auto in Cina. Focus ancora su AMC

03/06/2021

Futures sugli indici azionari Usa in ribasso: l’attenzione continua a essere focalizzata sulle meme stocks, in particolare sul titolo AMC Entertainment, reduce dalla carica di buy dei trader amatoriali, che hanno continuato negli ultimi giorni a prendere d’assalto l’azione della società che gestisce sale cinematografiche numero uno al mondo, nonostante i fondamentali non proprio solidi, tutt’altro.

Ieri le quotazioni di AMC sono volate fin oltre +100%, chiudendo a un valore record di sempre. In premercato, fino a pochi minuti fa il titolo era in buon rialzo. L’azione ha fatto dietrofront, scontando l’annuncio della società, che ha reso noto che potrebbe procedere a una nuova offerta di azioni, fino a 11,5 milioni di azioni ordinarie di classe A. AMC precipita del 10%, dopo un rally che in premercato era arrivato fino a +20%, per poi ridurre di nuovo le perdite.

I futures sul Dow Jones scendono dello 0,55% a 34.393 punti; i futures sullo S&P arretrano dello 0,70% a 4.177 punti mentre quelli sul Nasdaq scendono dello 0,95% a 13.544 punti.

Tesla cede più del 2% dopo la notizia relativa al richiamo
dei 734 veicoli Model 3, prodotti nel 2019 e consegnati in Cina. E’ quanto ha reso noto lo State Administration for Market Regulation, l’autorità governativa cinese di controllo sulla competizione nel mercato, sui monopoli, sulla proprietà intellettuale e la sicurezza dei medicinali, citando un piano di richiami lanciato dal colosso delle auto elettriche fondato da Elon Musk. Le auto avrebbero problemi alle cinture di sicurezza e alle gomme.

Lo S&P 500 è scambiato a un valore inferiore di meno dell’1% dal record assoluto testato all’inizio del mese scorso, ma che continua a oscillare all’interno di un range ristretto, rimanendo comunque in crescita del 12% dall’inizio dell’anno.

Il mercato sconta ancora alcune indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal, secondo cui la banca centrale americana inizierà presto a vendere quei corporate bond ed ETF che ha ammassato l’anno scorso attraverso il lancio di un veicolo, battezzato Secondary Market Corporate Credit Facility, o SMCCF.

Il sentiment cauto sui mercati può essere spiegato con l’attesa per il report occupazionale Usa che sarà reso noto nella giornata di domani e che, secondo gli analisti, metterà in evidenza la creazione di 671.000 nuovi posti di lavoro nel mese di maggio.

Un’anticipazione arriverà oggi, con la pubblicazione del report relativo alla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore privato da parte di ADP e del report sulle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione.

Verranno pubblicati oggi anche i dati sul settore servizi Usa diramati da IHS Markit e dall’ISM.

Fed: tema tapering nelle prossime riunioni, possibile stretta all’inizio del prossimo anno

03/06/2021

“È probabile che l’impostazione di politica monetaria rimanga accomodante nel prossimo futuro, dato che le Banche centrali sembrano determinate a guardare oltre il recente rialzo dell’inflazione. In particolare, i funzionari della Fed sono stati molto coerenti di recente nel definire questo fenomeno come ‘temporaneo’ e nel sottolineare la rilevanza il tema che riguarda la piena occupazione per il proprio mandato”. È di questo parere Silvia Dall’Angelo, senior economist per la divisione internazionale di Federated Hermes.

Secondo l’analisi dell’economista, poiché l’economia statunitense continua a migliorare, la Fed dovrà però ridurre gradualmente l’intonazione accomodante in termini di politica monetaria, iniziando a rallentare il ritmo dei propri acquisti di asset. Secondo i funzionari della Fed, “se l’economia continuerà a mostrare solidità, la discussione in tema di tapering inizierà nelle prossime riunioni, portando probabilmente all’attuazione di una stretta all’inizio del prossimo anno”, conclude

Fed pronta a scaricare corporate bond ed ETF, Bill Gross avverte su inflazione e commenta ‘cash is trash’ di Ray Dalio

03/06/2021

Via al tapering delle misure straordinarie di emergenza lanciate dalla Federal Reserve di Jerome Powell in risposta alla pandemia Covid-19: stando ad alcune indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal, sulla base di quanto proferito da un funzionario stesso della Fed, la banca centrale americana inizierà presto a vendere quei corporate bond ed ETF che ha ammassato l’anno scorso attraverso il lancio di un veicolo, battezzato Secondary Market Corporate Credit Facility, o SMCCF.
Grazie a questo strumento, nella pancia della Fed ci sono bond emessi da società americane del calibro di Whirlpool, Wal-Mart e Visa (dati dello scorso 30 aprile), per un valore totale di $5,21 miliardi. In più, ci sono ETF sui corporate bond per un ammontare complessivo di $8,56 miliardi, come il Vanguard Short-Term Corporate Bond ETF.

Tutti questi asset, di cui la Fed ha fatto incetta, verranno riversati sul mercato entro la fine di quest’anno: i ricavi netti andranno al dipartimento del Tesoro Usa, che ha finanziato la creazione di questo strumento pandemico.
D’altronde, le ragioni che hanno avallato la nascita di questi bazooka anti-Covid-19, per molti economisti, stanno venendo progressivamente a mancare. E’ quanto emerge dallo stesso Beige Book della Fed reso noto nella giornata di ieri.

Economia Usa rimessa in moto, conferma dal Beige Book

Il rapporto sulle condizioni economiche degli Stati Uniti che la banca centrale americana pubblica otto volte nell’arco di ogni anno, relativo stavolta al periodo compreso tra l’inizio di aprile e la fine di maggio, ha messo in evidenza che diversi distretti hanno citato gli effetti positivi della velocizzazione delle vaccinazioni sull’economia: effetti che si sono dispiegati grazie all’allentamento delle misure di distanziamento sociale precedentemente imposte, che avevano messo in quarantena soprattutto il settore dei servizi.
Gli stessi distretti hanno confermato anche la presenza di problemi nelle catene di approviggionamento, che in alcuni casi hanno impedito all’offerta di soddisfare prontamente la domanda.
I prezzi di vendita, è emerso ancora dal Beige Book, sono saliti in modo moderato, mentre i costi input hanno accelerato il passo in modo più veloce. In generale, la crescita dei salari è stata moderata, e un crescente numero di aziende ha iniziato a offrire bonus o aumenti degli stipendi ai dipendenti attuali, cercando di attrarne altri. Nel complesso, le aspettative non sono state interessate da forti variazioni: le aziende hanno confermato di essere ottimiste sul fatto che la crescita economica rimarrà solida.
Insomma, che l’economia si sia rimessa in moto è un dato di fatto. La domanda che Powell & Co si stanno ponendo è dunque se sia il caso di continuare a iniettare  un ammontare di liquidità tale da surriscaldare sia la crescita sia, ovviamente, pallino fisso degli investitori e dei consumatori, l’inflazione.
Tornando al tapering degli acquisti di corporate bond ed ETF che avvengono con lo strumento Secondary Market Corporate Credit Facility, o SMCCF, va precisato che gli smobilizzi che la Fed si appresta ad avviare non riguardano il piano di Quantitative easing che la banca centrale americana porta avanti acquistando titoli di stato Usa, ovvero i Treasuries, e altri titoli MBS garantiti dai mutui. Questi asset, che hanno un valore superiore ai $7,3 trilioni, continuano a essere acquistati per un ammontare di almeno $120 miliardi al mese e così continueranno a esserlo, fino a quando l’economia americana non si riprenderà totalmente dalle conseguenze della pandemia.

Bill Gross striglia la Fed: Treasuries ormai asset rischiosi

Detto questo, secondo qualche economista, la Fed dovrebbe iniziare a ridurre anche questi acquisti, ricorrendo dunque al vero tapering.
Per Bill Gross, per esempio, queste quantità enormi di moneta che hanno inondato nell’ultimo anno il mercato rischiano di generare il caos, in futuro, sull’economia e sui mercati.
Gli stimoli monetari, ha spiegato l’ex Pimco in un’intervista rilasciata al Financial Times, si sono tradotti infatti in un aumento della moneta (cash) in circolazione, fattore che inevitabilmente, a suo avviso, scatenerà una inflazione svalutando il dollaro, e svalutando così i risparmi degli investitori.
L’assist che la Fed ha dato ai Treasuries Usa è tale che, secondo Gross, le valutazioni così eccessive hanno reso i titoli di stato Usa asset rischiosi.
E riguardo a quanto detto lo scorso mese da Ray Dalio, fondatore dell’hedge fund numero uno al mondo Bridgewater Associates, ovvero che “cash is trash”, Gross ha commentato che, in realtà, è possibile che ben presto, nel momento in cui i mercati saranno costretti a riconoscere il rischio che un rialzo dei tassi da parte della Fed e che il tapering del QE arrivino prima del previsto, il cash diventerà l’unico vero asset davvero percepito in quanto asset rifugio.

Inflazione UE potrebbe accendere speculazione in vista Bce, per Saxo timori infondati

31/05/2021

Domani avrà inizio un mese di giugno denso di dati macro, a partire dal Pmi manifatturiero e l’annuncio sui tassi della Reserve Bank of Australia sui tassi. Per l’Italia in evidenza il Pmi manifatturiero, il tasso di disoccupazione e il Pil. Per l’eurozona test inflazione e Pmi manifatturiero. Volgendo lo sguardo oltreoceano si attende il dato sulla spesa edilizia ma soprattutto l’indice Ism manifatturiero.

Nel dettaglio l’inflazione europea è attesa a +1,9% a/a a maggio, pari al livello più alto da tre anni a questa parte e vicino al target della BCE. Dati sull’inflazione europea che potrebbero accendere timori in vista della riunione della BCE della prossima settimana (10 giugno). “Il mercato è preoccupato che la BCE inizi a discutere di tapering nella prossima riunione, tuttavia riteniamo che questi timori siano infondati. Dopo la disastrosa asta del Bund a 15 anni della scorsa settimana, la BCE starà attenta a non discutere di un ritiro del supporto”, rimarcano oggi gli esperti di Saxo nel report Market Quick Take.

L’inflazione negli Usa può spingere la Federal Reserve a ridurre gli stimoli

Capital Group fa il punto sulle prospettive inflazionistiche Usa e globali e vede aumentata la probabilità che la Fed riduca gli acquisti di asset prima del previsto, ritoccando i tassi

31 Maggio 2021 – 14:36

L’inflazione Usa ha sorpreso al rialzo in aprile anche a livello di indice ‘core’, che esclude alimentari ed energia ed è molto guardato dalla Fed, che nei prossimi mesi si spingerà probabilmente ben oltre il 2,25% restando a quel livello per un periodo prolungato. In pratica viene raggiunto l’obiettivo della Federal Reserve, anche se mancano ancora importanti passi avanti dell’occupazione, e cresce la probabilità che la banca centrale riduca gli acquisti di asset prima del previsto. I rendimenti nella parte centrale della curva dei Treasury, tra 5-7 anni, dovrebbe anticipare il trend, e forzare la stessa Fed a variare la tempistica di rialzo dei tassi di interesse, attualmente previsto non prima del 2023.

DATI ANCORA TROPPO VOLATILI

Lo sostiene un commento di Jared Franz, economista di Capital Group, aggiungendo però che i dati sono ancora troppo volatili e le prospettive troppo incerte perché la Fed possa procedere a importanti aggiustamenti. Ma la situazione potrebbe cambiare, e a fronte di solidi dati sull’occupazione e degli stimoli fiscali, in aggiunta a un’inflazione core che dovesse attestarsi sopra il 2,5%, secondo l’esperto di Capital Group la Fed inizierebbe il tapering e aumenterebbe i tassi prima del previsto. Qualche indicazione dovrebbe arrivare dal FOMC il 16 giugno.

LE BANCHE CENTRALI DI CANADA, REGNO UNITO E UE

Allargando lo sguardo al resto del pianeta, Franz osserva che Bank of England e Bank of Canada hanno già annunciato il tapering, con la prima che prevede una forte ripresa economica, mentre l’aumento dei prezzi delle materie prime a livello globale sta incoraggiando le società ad alzare i prezzi. Anche la Bce potrebbe ridurre gli acquisti PEPP, dato che le pressioni inflazionistiche dell’Eurozona sono aumentate, anche se non è chiaro quanto temporaneamente. In seno alla Bce ci sono posizioni favorevoli a preparare i mercati al ritiro del PEPP, ma per ora ci sembrano margini di compromesso.

IN GIAPPONE NESSUNA TENSIONE

Altrove nel mondo sviluppato, Franz sottolinea che l’inflazione è lontana dall’obiettivo principale del 2% in Giappone, sia a causa dell’output gap sia per le iniziative governative di stimolo, e di conseguenza Bank of Japan dovrebbe mantenere la politica accomodante. Attese di inflazione superiore alle previsioni sono presenti anche nei Mercati Emergenti, dove ha giocato la combinazione tra rialzo dei prezzi delle materie prime, effetti di base, e pressioni sui costi dovute alla debolezza delle valute e strozzature dell’offerta

SORPRESE AL RIALZO IN MOLTI ALTRI PAESI

Dati su prezzi al consumo superiori alle attese sono usciti in Messico, Brasile, Cile, Colombia, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, mentre l’inflazione dei prezzi alla produzione ha sorpreso al rialzo in Cina. Questo ha indotto le banche centrali di Russia e Brasile ad iniziare ad aumentare i tassi di riferimento, la prima di 25 punti base a marzo e di altri 50 ad aprile, mentre la seconda ha aumentato i tassi di riferimento di 75 punti a marzo.

Biden toglie le sanzioni al NorthStream 2. Prove di disgelo?

Maurizio Blondet  26 Maggio 2021 

E  Ursula non ha niente da mettersi

Dopo avergli dato dell’assassino, la  Casa Bianca ha  annunciato che ci sarà un incontro tra Biden e Putin il prossimo 16 giugno in Svizzera.   Fatto anche più stupefacente, d’improvviso Biden ha annunciato   che  toglie le sanzioni sul gasdotto russo Nord Stream 2, con la scusa che “ormai è troppo tardi” per fermarlo essendo quasi completato,  affermando che sarebbe “controproducente” sanzionare i suoi alleati : Andare avanti e imporre sanzioni ora, penso sia controproducente in termini di relazioni europee”.

Colto immediatamente il cambiamento dell’aria che tira, Emmanuel Macron ha dichiarato alla stampa

“Con la Russia, la politica di sanzioni progressive sulle situazioni congelate non è più una politica efficace”,   alla fine  del vertice UE a Bruxelles martedì (26 maggio). “Penso che siamo in un momento di verità nel nostro rapporto con la Russia”. I giornalisti, in ritardo di un giro si sono messi a strillare: “E  il tentato omicidio di Aleksey Navalny, perpetrato da Putin? E  l’aggressione russa all’Ucraina? E il “suo comportamento aggressivo”? E le violazioni dei diritti umani?”

Macron ha ribattuto: “Cosa vorreste fare? Diamo inizio a un conflitto armato? Interrompiamo completamente le relazioni?  Altre  sanzioni – ma dove?”, ha aggiunto. Quanto al dirottamento del Ryanair,  i giornali britannici  hanno scritto che di sicuro “Minsk non avrebbe potuto farlo senza il consenso di Mosca.” Noi [leader dell’UE] non avevamo informazioni verificate sul ruolo della Russia [nel dirottamento], quindi ci siamo astenuti dal dire qualsiasi cosa al riguardo. Se parlo con il presidente russo, ovviamente, questo argomento sarà all’ordine del giorno”, lei disse.

Non ha detto che le sanzioni dovrebbero essere eliminate.  Ma  le sanzioni dell’UE per l’annessione della Crimea da parte della Russia scadranno a giugno, a meno che non vengano rinnovate per un altro anno; le liste di proscrizione  e punizione degli individui  russi che avrebbero “danneggiato l’integrità territoriale dell’Ucraina”  scadono a settembre se non rinnovate. Ovviamente la Merkel, contentissima che  il gasdotto non sia più nel mirino di Washington, ha barbugliato  qualche frase su “la diplomazia” che è utile anche “se si hanno idee diverse”.

Sconfitta da questo voltafaccia è stata la linea dura   anti-russa, adottata dilettantescamente  dalla Commissione UE. “Molti tentativi da parte nostra nel corso di molti, molti anni, quasi decenni per migliorare  relazioni con la Russia non hanno avuto il successo che meritavano”, ha  avuto il coraggio di lamentare il  presidente della commissione Ursula von der Leyen dopo il vertice.

Solo tre giorni prima, il ministro degli esteri russi Lavrov aveva “ricordato che Mosca ha relazioni coi singoli stati  europei, ma “non ci sono rapporti con l’Unione Europea come organizzazione”, perché “l’intera infrastruttura di queste relazioni è stata distrutta dalle decisioni unilaterali di Bruxelles, la  UE ha interrotto queste relazioni   semplicemente distruggendo tutti i meccanismi che erano stati costruiti in tanti anni”.

Si  possono fare molte ipotesi, anche maligne, su questo cambiamento di posizione Usa (e degli europei al seguito);   quella che sembra più concreta è che si sia ripensato, a Washington, che non conviene  gettare la Russia nella braccia della Cina,  la superpotenza veramente antagonista.  Sarà un caso, ma la UE ha  imposto le sue prime sanzioni alla Cina dal massacro di piazza Tienanmen nel 1989;  il pretesto, il supposto “genocidio degli uiguri” . Al che il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha detto martedì che “I nostri amici europei sanno cos’è il genocidio”,  e  l’ha detto in una  videoconferenza ospitata dal think-tank tedesco alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco.

C’è da chiedersi da dove viene la sensazione che i rozzi neo-primitivi siano ai posti di comando in Occidente, e il bon ton e la sapienza diplomatica   stiano a Pechino. Forse per questo a Mosca  l’addetto stampa del Cremlino Dmitry Peskov ha ammonito che sarebbe meglio “non lasciarsi andare ad aspettative eccessive sui potenziali risultati di questo incontro” fra Biden e Putin La nostra esperienza nel tentativo di organizzare i reset in passato non è stata delle migliori”, ha detto Peskov. “Ed è ovvio che la negatività che si è accumulata nelle nostre relazioni bilaterali sarà difficile da scrollarsi di dosso”. Ha aggiunto che non c’erano piani per firmare documenti o memorandum d’intesa al vertice.

Vedremo. Dopotutto, il 16 giugno è vicino.

Azioni, in arrivo un’ondata di volatilità: cosa succederà con inflazione e tapering

Per Barclays, la ripresa già avviata lascerà poco spazio per sorprese positive, e con l’arrivo dell’inflazione le banche potrebbero tirare il freno sugli acquisti. Molti asset si sono ridimensionati e presentano valutazioni accessibili. La retorica sarà cruciale, ma la Fed ha imparato la lezione: gli investitori possono stare tranquilli

22/05/2021 16:38

Negli ultimi 12 mesi le azioni hanno goduto di un mix molto favorevole grazie all’ingente liquidità messa sul campo dalle banche centrali e ad un recupero consistente della componente degli utili. Tuttavia, ora che la ripresa sta diventando più solida, sembra che la crescita nelle valutazioni azionarie non possa continuare a questo ritmo così elevato. Come evidenziato dagli analisti di Barclays, le preoccupazioni in merito all’inflazione e ad un surriscaldamento della situazione economica hanno già indotto alcune banche centrali, quelle di Cina, Canada e Regno Unito su tutte, a frenare o adeguare gli acquisti di attività.

Le minute del Fomc di aprile rilasciate mercoledì hanno aggiunto un senso di angoscia non trascurabile, con un certo numero di membri della Fed che ha suggerito che il momento per iniziare a considerare l’idea di tapering potrebbe arrivare presto, lasciando intravedere la possibilità di assistere ad una riduzione degli acquisti già entro l’anno. Nel frattempo, la maggior parte dei dati relativi alla ripresa dell’attività economica negli Usa rimane forte, e da Barclays si aspettano che con le definitive riaperture e ulteriori stimoli la crescita possa continuare anche nel secondo semestre.

Tuttavia, “le aspettative del mercato sono aumentate molto, il che significa che c’è meno spazio per sorprese positive. Con l’aumento dell’incertezza politica e la normalizzazione nello slancio delle riaperture, riteniamo che le azioni dovranno affrontare una maggiore volatilità, e questo ci ha spinto a moderare la nostra esposizione al rischio e adottare una ripartizione del settore barbell il mese scorso”, sottolineano.

Secondo Barclays, la comunicazione della Federal Reserve sarà cruciale, e se ben implementata potrà impedire un tapering “alla 2013”. “Le azioni affrontano più incertezza, ma pensiamo che gli investitori possano mantenere i nervi saldi. La Fed ha imparato che le conseguenze dettate dal cogliere di sorpresa i mercati, come nel 2013, non sono affatto positive, e come evidenziato dai verbali di questa settimana, l’istituto informerà il mercato e gli investitori in maniera docile e con largo anticipo, quindi non vi è bisogno che gli investitori interpretino qualsiasi segnale di diminuzione/ritiro di liquidità come un falco”.

Questa scelta di comunicazione sembra già avere l’effetto desiderato, e l’eccesso di entusiasmo (e liquidità) in alcune importanti attività, come le Spacs, il Nasdaq, le small cap Usa e il Bitcoin, sembra essersi ridimensionato. “Il livello dei dei tassi di interesse pre-Covid e lo shock post-pandemico hanno spinto molti investitori a ruotare i propri portafogli verso i settori difensivi e growth. L’inversione degli ultimi 6 mesi, con il value che ha sovraperformato, ha visto il segmento growth iniziare a diminuire e a rallentare le proprie performance”, evidenziano da Barclays, secondo cui “crediamo che ci sia ancora potenziale per assistere ad una maggiore rotazione, anche è giusto evidenziare che alcune “parti calde” del mercato ora sembrano meno frizzanti”.

Barclays ha riscontrato un certo appetito da parte degli investitori per il gap di performance che si è creato tra i titoli growth e quelli value, sia perché la convinzione di poter assistere ad ulteriori guadagni nell’ultimo segmento sta svanendo sia a causa della paura di una crescente volatilità, che potrebbe sfavorire il segmento più ciclico. “Rimaniamo dell’opinione che la rotazione del value abbia ancora spazio per correre e che le opportunità di acquisto sono considerevoli”, sottolineano da Barclays, rimarcando tuttavia la centralità di avere nomi di qualità all’interno del proprio portafoglio.

Nonostante le oscillazioni delle azioni e delle materie prime alle quali si è assistito negli ultimi giorni, due asset sono rimasti abbastanza stabili: i tassi di interesse Usa e il dollaro, con quest’ultimo che sembra aver definitivamente accantonato il suo ruolo di asset rifugio. “Il dollaro rimane vicino minimi annuali, avendo ripreso la sua tendenza al ribasso alcune settimane fa. Il crescente ottimismo sulla riapertura e la spinta economica in Europa hanno aumentato i rendimenti del Bund, riducendo il differenziale dei tassi. Ciò è certamente parte della causa della debolezza del dollaro, anche se la causa che pesa di più sul biglietto verde è l’effetto reflazionario al quale si sta assistendo, come testimoniato dai prezzi delle materie prime”, affermano da Barclays.

Tuttavia, vale la pena notare, secondo gli analisti, che le azioni dei mercati emergenti non hanno approfittato della debolezza del dollaro e hanno sottoperformato notevolmente. Di contro, questo testimonia una correlazione non più così stretta che, per concludere, secondo Barlcays le renderebbe meno suscettibili anche ad un possibile e futuro tapering

La tensione aumenterà sulle mosse delle banche centrali

Mark Dowding, CIO di BlueBay, crede che il tapering diventerà un tema centrale in agosto con la possibilità di un annuncio della Fed a settembre. Intanto Musk sulle criptovalute è più seguito dei banchieri centrali

23 Maggio 2021 – 9:30

Si intensificano i segnali che le banche centrali cominciano a considerare cambiamenti di politica. Nonostante gli ultimi dati deboli sul mercato del lavoro americano, il tema del tapering, vale a dire l’annuncio di una progressiva uscita dallo stimolo, diventerà fonte concreta di discussione al meeting di Jackson Hole ad agosto, aprendo la strada a un annuncio da parte del FOMC di settembre. È l’opinione di Mark Dowding, CIO di BlueBay, nella sua ‘settimana dei mercati’, che resta fiducioso che l’economia USA torni alla piena occupazione entro fine anno, e prevede che l’inflazione possa salire ancora, con i prezzi core che potrebbero impiegare molto tempo a tornare sotto il 3% nei prossimi mesi.

RENDIMENTI IN SALITA NELL’EUROZONA

Nell’Eurozona intanto i rendimenti hanno continuato a muoversi al rialzo, con i Bund ai massimi di anni, che iniziano a segnalare un possibile ritorno in territorio positivo. L’espansione fiscale e la solidità dell’offerta hanno pesato sul sentiment iniziando a mandare sotto pressione gli spread sovrani. Dowding sottolinea anche le speculazioni sul fatto che la BCE possa ridurre il programma di acquisti PEPP già da giugno, cosa che sorprenderebbe dati i dubbi sul fatto che la banca centrale vorrà permettere un tightening prematuro delle condizioni finanziarie, dato il ritardo dell’economia europea rispetto agli USA.

CRIPTOVALUTE NEL MIRINO

Comunque, secondo l’esperto di BlueBay, quando la BCE inizierà a fare passi indietro, i bond dovranno trovare il prezzo di equilibrio il che potrebbe implicare rendimenti più elevati e spread più ampi, anche se sul breve termine sembra prematuro che il mercato anticipi questo sviluppo. Dowding si concentra anche sulle criptovalute dopo il ripudio di Tesla seguita dalla Cina, mentre sui mercati regolamentati si profilano richieste di avviare un’indagine sui movimenti di strumenti finora non regolamentati. A remare contro anche i fattori ESG, per l’impatto ambientale del ‘mining’ e l’idea che siano usate per finanziare attività illegali.

LIMITI ALL’INDEBOLIMENTO DEL DOLLARO

Sul forex in generale, Dowding vede un dollaro che minaccia di avvicinarsi ai minimi del 2018, con i rendimenti USA che si muovono lateralmente mentre crescono in altri mercati, mentre anche il deficit delle partite correnti spinge verso un deprezzamento del biglietto verde. In ogni caso l’esperto di BlueBay ritiene che la crescita USA supererà quella dei peer globali e che alla fine la Fed dovrà inasprire la politica monetaria più delle altre banche centrali visti i trend macro all’opera, fornendo maggior supporto al dollaro, per cui consiglia un approccio cauto.

TIMORI DI BOLLA DI LIQUIDITÀ

Guardando avanti, Dowding si aspetta dati solidi dal prossimo report sul lavoro USA con un rimbalzo rispetto a aprile che potrebbe fungere da trampolino per una crescita del fronte ‘falco’ in seno al FOMC. Inoltre pensa che la fiducia dei mercati in un’inflazione transitoria verrà messa alla prova, via via che aumentano le preoccupazioni che la portata degli stimoli negli USA abbia creato una bolla di liquidità. Le banche centrali continuano a preferire l’attendismo, ma Dowding avverte che le politiche potrebbero essere rimaste troppo indietro rispetto alla curva.

Minute Fed: emerge sorpresa tapering, avvio piano riduzione QE già nei prossimi meeting?

20/05/2021

Dalle minute del Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve – è emerso un elemento di novità, che potrebbe alimentare i timori di un tapering del QE e di un rialzo dei tassi in anticipo, rispetto a quanto indicato dalla stessa banca centrale americana.

“Alcuni esponenti hanno indicato che, se l’economia dovesse continuare a fare rapidi progressi verso gli obiettivi della Commissione, potrebbe essere appropriato a un certo punto nei prossimi meeting iniziare a discutere un piano per apportare aggiustamenti al ritmo degli acquisti di asset”.

Questa frase contrasta di fatto con quanto detto di recente dal numero uno della Fed, Jerome Powell, secondo cui la “Fed non sta neanche pensando all’eventualità di pensare al tapering”.

Dalle minute è emerso, in generale, che: l’economia (degli Stati Uniti) è ancora lontana dal centrare gli obiettivi di più lungo termine della commissione; il percorso continuerà a dipendere dai rischi legati alla pandemia Covid-19; permangono rischi sull’outlook dell’economia; l’attuale politica monetaria e la sua guidance rimangono appropriati.

NON CI SARA’ ALCUN RIALZO DEI TASSI!

Scritto il 4 Novembre 2021 alle 08:42 da icebergfinanza

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La mattinata era iniziata in maniera spettacolare ieri con la Lagarde, dopo l’ennesimo flop comunicativo nella riunione BCE della settimana scorsa, la Cristina è subito corsa ai ripari mentre il nostro spread decollava, non escludo che abbia ricevuto una ramanzina dal nostro banchiere…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1455841567122591746&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F11%2F04%2Fnon-ci-sara-alcun-rialzo-dei-tassi%2F&sessionId=194b222a9ad4be8e2e3d3a926207ed8f8ba74169&theme=light&widgetsVersion=f001879%3A1634581029404&width=550px

Con quel sorriso ebete, ha rassicurato gli speculatori, con un thread, ovvero …

” nonostante l’attuale aumento dell’inflazione, le prospettive per l’inflazione a medio termine rimangono contenute, pertanto, è molto improbabile che le tre condizioni che devono essere soddisfatte prima che i tassi inizino a salire siano soddisfatte l’anno prossimo.”

Quindi rilassatevi perchè non ci sarà alcun aumento dei tassi!

Non solo, anche Powell ha ricordato che…

“È appropriato avviare il processo di riduzione degli acquisti di asset quest’anno”.ha detto Powell, aggiungendo che tuttavia “non è un segnale diretto di un vicino aumento dei tassi di interesse”.

A proposito delle scommesse dei mercati sul cambio di comunicazione rispetto alla transitorietà dell’inflazione, tanti saluti a chi ci sperava…

 Powell ha poi ribadito come il balzo dei prezzi è temporaneo e che l’inflazione tornerà al target del 2%.

Ripetiamo…

“La tempistica e la velocità della riduzione degli acquisti di asset non è da intendere come un diretto segnale sulla tempistica di un aumento dei tassi di interesse”.

“Transitorio è una parola di cui le persone hanno avuto diverse interpretazioni”, afferma il presidente Powell. Poweel suggerisce che alcune persone lo interpretano come di breve durata, ma per la Fed in realtà significa non permanente.

Carina come interpretazione, la facciamo nostra, anche se come ben sapete, ci da enorme fastidio essere d’accordo con un banchiere.

Ora, per chi si fosse distratto ricordiamo che il drenaggio di liquidità è in atto da tempo…

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… dopo il recente record, intorno a 1,6 trilioni di dollari, continua la richiesta di maggiore sicurezza e redditività, 1,3 trilioni al tasso di 0,05% non fantastico!

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A proposito  di tapering, in molti non ci arrivano, ma la Fed non sta riducendo il proprio bilancio, sta solo riducendo il ritmo dei suoi acquisti, quindi nulla cambia, anche perchè gli acquisti dei titoli di Stato americani, continuano esponenzialmente per altre vie!

Quasi il 44% pensa che per giugno non ci sarà alcun aumento dei tassi, il 43 scommette su un aumento, qualche giocondo, 11% su 2 aumenti e un 1 % di ubriachi su 3 aumenti.

Non importa se i tassi vanno su e giù senza senso, noi non abbiamo fretta, importante è che Voi abbiate compreso che la favoletta sull’aumento dei tassi è una leggenda metropolitana, confezionata per gli ingenui.

Quello che invece è certo, è che ci sarà una bella sorpresa nelle prossime settimane!

Quale? Lo vedrete, non lo dico io, lo suggerisce l’econofisica!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

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