Video Analisi con commento :NATURAL GAS Mala Tempora Currunt et Peiora Premunt

Eccoci a un nuovo appuntamento dedicato a una importante Materia Prima come il Natural Gas, naturale proseguimento delle precedenti analisi dal 2020 a oggi.

NATURAL GAS Mala Tempora Currunt et Peiora Premunt

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NEWS DOPO NOSTRA VIDEO-ANALISI

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Gas in volata, euro ai minimi dal 2002 dopo lo stop di Gazprom. Che cosa accadrà ora a prezzi e tassi

di Elena Dal Maso

 tempo di lettura 4 min

Il gas ad Amsterdam è volato fino al 35% dopo l’annuncio di Gazprom di chiudere i flussi all’Europa mandando le borse a tappeto. Due le date importanti ora: giovedì il meeting Bce sui tassi e venerdì l’Ue sul gas. Che cosa si aspettano le banche d’affari | Gas, come funzionerà il tetto europeo al prezzo? I rischi sul costo effettivo in bolletta | Gas: Germania, Svezia, Finlandia, reti di protezione per 100 miliardi di euro | Gas, la Ue studia il tetto al prezzo a 110 euro

I prezzi del gas volano alla Borsa di Amsterdam dopo che Gazprom venerdì ha annunciato lo stop dei flussi verso l’Europa mentre l’Ue cerca di mettere un tetto al valore della materia prima. I futures con scadenza ottobre 2022 hanno toccato rialzi lunedì 5 settembre fino al +35%, per assestarsi al +23,4% (264 euro il megawatt ora). La settimana scorsa i prezzi erano invece scesi del 37% dopo aver toccato nuovi massimi storici ad agosto oltre i 300 euro.

La paura che l’Europa debba affrontare un inverno al freddo e senza il sostegno del gas russo, che fino al 2021 incideva per il 40% circa per l’Italia, sta mettendo di nuovo sotto pressione l’euro, che in Asia ha perso fino allo 0,76% a 0,9881 (0,99 alle ore 9:15) portandosi ai minimi da dicembre 2002E le borse in Europa sono in netto rosso, il Ftse Mib perde il 2,3%. La paura dei mercati è che la decisione di Mosca faccia cadere l’Ue in una crisi che potrebbe spingere le principali economie in recessione e forzare il razionamento dell’energia sette mesi dopo che il presidente Vladimir Putin ha ordinato di invadere l’Ucraina.

Niente gas, niente crescita. E la Bce è falco

“L’euro ha davanti a sé una strada di ribassi, dato che ora deve scontare il pieno impatto del taglio a tempo indeterminato della fornitura di gas in Russia all’Europa”, ha spiegato Rodrigo Catril, uno strategist sulle valute della National Australia Bank. “Niente gas, significa niente crescita in un momento in cui la Bce è aggressiva”.

I futures sul gas naturale scambiato ad Amsterdam sono balzati fino al 35% dopo che Gazprom ha preso la decisione venerdì di non riaprire il gasdotto Nord Stream dopo tre giorni di manutenzione. I flussi avrebbero dovuto riprendere a fluire sabato, ma la compagnia russa ha detto che è
è stata rilevata una perdita in una turbina che aiuta a pompare il carburante nella conduttura. Al momento non emerge alcuna indicazione su quanto tempo dovrebbe volerci per aggiustare il gasdotto.

Gas, che cosa può accadere ora

I politici europei si stanno preparando da settimane allo stop dei flussi e ora si stanno affrettando a mettere in atto misure di emergenza.
Svezia e Finlandia hanno creato reti di protezione durante il fine settimana per aiutare le utilities messe in forte difficoltà nel tentativo di prevenire probabili default.

I ministri europei dell’energia sono pronti a discutere proposte considerate anche radicali per frenare i valori dell’energia quando si riuniranno in un meeting ad hoc venerdì 9 settembre, compreso un tetto al prezzo del gas e la sospensione delle negoziazioni dei derivati.

L’Unione Europea ha accumulato nel frattempo scorte di gas nel tentativo di prepararsi alla prospettiva di un taglio russo e ha messo da parte (Italia, Germania) scorte per almeno parte dell’inverno. La situazione potrebbe peggiorare una volta che i livelli di energia si ridurranno, soprattutto nel periodo più vicino alla fine della stagione di riscaldamento o se l’area geografica sarà colpita da una forte ondata di freddo.

“Data la mancanza di alimentazione del gas, non si può escludere una riduzione obbligatoria della materia prima per le industrie non essenziali o addirittura una chiusura del gas a rotazione (rolling gasout, ndr) questo inverno a seconda del tempo”, hanno scritto gli analisti di JP Morgan. I prezzi del gas in Europa potrebbero avvicinarsi ai massimi segnati ad agosto (oltre i 300 euro) dopo la mossa della Russia, secondo Goldman Sachs.

La sfida di Lagarde

Ci sono crescenti aspettative nei mercati che la Bce aumenti i tassi di 75 punti giovedì 8 settembre. Una bella sfida per la governatrice Christine Lagarde gestire il duplice problema di un’inflazione elevata e di una imminente recessione. “Ad un certo punto i mercati potrebbero iniziare a chiedersi quanta inflazione sono disposte a tollerare le banche centrali se le economie scivolano in recessione”, ha commentato Su-Lin Ong, strategist sul reddito fisso alla Royal Bank of Canada.

“Una crescita debole o la recessione e un mercato del lavoro più debole sono in definitiva il prezzo da pagare in questa situazione, ma valori dell’energia elevati per lungo tempo potrebbero temperare la misura in cui la Bce si muoverà sia questa settimana che più avanti”, ha aggiunto.

Gli analisti di Goldman Sachs, guidati da Kamakshya Trivedi, hanno deciso di tagliare le previsioni sull’euro a 97 centesimi nei prossimi tre mesi dai precedenti 99 centesimi. Lo hanno scritto in una nota venerdì prima dell’annuncio dei vari pacchetti di aiuti messi in campo nel fine settimana dalla Germania e da altri Paesi europei. Gli esperti americani credono che l’euro rimarrà al di sotto della parità con il dollaro oltre a periodo di sei mesi. In precedenza prevedevano un recupero a 1,02 dollari.

Germania, Svezia, Finlandia: reti di protezione per 100 miliardi di euro

A indicare la gravità del problema, la Germania ha svelato domenica un piano di soccorso a tutela delle imprese del valore di circa 65 miliardi di euro mentre la Finlandia ha affermato che stabilizzerà il mercato elettrico con un programma da 10 miliardi. Sabato la Svezia ha annunciato 23 miliardi di euro di rete di protezione di emergenza per i suoi servizi pubblici mentre cerca di evitare una crisi finanziaria più ampia.

Il governo tedesco ha quindi approvato un nuovo piano di aiuti per spingere il potere d’acquisto e venire incontro alle imprese in un contesto di alta inflazione. Nel documento, redatto dopo settimane di discussioni tra i tre partiti della coalizione del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz, si legge che “a causa del rapido aumento dei prezzi dell’energia, sono necessari aiuti rapidi e proporzionati ai cittadini e alle imprese”.

Il socialdemocratico, a capo di una coalizione formata con i Verdi e i Liberali, ha presentato una serie di misure, tra cui un voucher energetico una tantum di 300 euro per milioni di pensionati e 200 euro per gli studenti. Il governo vuole anche che gli extra-profitti, realizzati da alcune società energetiche, vengano utilizzati per alleggerire le bollette delle famiglie. 

L’inflazione in Germania è aumentata nuovamente ad agosto, raggiungendo il 7,9% su base annua, ancora spinta dall’impennata dei prezzi dell’energia come conseguenza della guerra in Ucraina. A ottobre entrerà in vigore una tassa sul gas progettata per evitare che i gruppi energetici tedeschi vadano in bancarotta. 

Questo comporterà un ulteriore aumento delle bollette energetiche delle famiglie di diverse centinaia di euro. Joachim Nagel, governatore della Bundesbank, ha dichiarato che l’inflazione raggiungerà probabilmente il 10% entro la fine dell’anno, per la prima volta dagli anni Cinquanta.

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Gas Russia, scatta stop Gazprom a forniture Nord Stream 1. Lockdown energetico e caro bollette assillano tutta l’Europa

 di Laura Naka Antonelli

 31/08/2022  11:5

Stop al gas della Russia che arriva all’Europa attraverso il gasdotto di Gazprom Nord Stream 1, mentre parlare di razionamento e lockdown energetico è diventato la norma. Come preannunciato dal colosso energetico russo Gazprom giorni fa, l’alt alle forniture scatterà oggi, mercoledì 31 agosto, per protrarsi per tre giorni fino a sabato 3 settembre.

prezzi europei del gas naturale tornano a salire, dopo il forte dietrofront delle ultime sedute. I contratti futures olandesi con scadenza a ottobre salgono fino a +5,5%, sulla scia dei timori sul rischio che Mosca sfoderi sempre più spesso il ricatto del gas contro l’Europa , in risposta alle sanzioni sferrate dall’Occidente. Ad Amsterdam i prezzi avanzano alle 8.35 ora di Amsterdam fino a 277,50 euro per megawattora. Il contratto equivalente UK con scadenza sempre a ottobre sale del 7% circa.

Nella giornata di ieri, la utility francese Engie aveva annunciato già lo stop delle forniture di gas naturale dalla Russia. Le consegne di Gazprom a Engie erano già diminuite ‘sostanzialmente’ dall’invasione dell’Ucraina, con una fornitura mensile recente di circa 1,5 terawattora. Il dato si confronta con le forniture annuali totali del gruppo in Europa di oltre 400 terawattora.

Gazprom ha precisato oggi che lo stop ad Engie è avvenuto a causa di dissensi sui prezzi delle forniture.

Nel frattempo, Engie sta tenendo colloqui con l’algerina Sonatrach nell’ambito della sua strategia di diversificazione delle forniture di gas oltre la Russia.

Gas: incontro Eni-presidente Egitto al-Sisi

All’Algeria come si sa sta guardando anche l’Italia. E ieri numero uno di Eni, l’Amministratore Delegato Claudio Descalzi, ha incontrato il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al-Sisi, per discutere delle attività del colosso italiano nel paese.

A tal proposito vale la pena ricordare il ‘No all’energia dall’Egitto’ del Pd di Enrico Letta. In un articolo del 15 aprile scorso La Repubblica scriveva:

“Non è piaciuto al Pd l’accordo sottoscritto dal gruppo Eni con l’Egitto per la fornitura di gas naturale liquefatto: fino a 3 miliardi di metri cubi nel 2022 per aiutare l’Europa, e in particolare l’Italia, a raggiungere l’indipendenza energetica dalla Russia”. “Nutro moltissimi dubbi”, aveva detto Enrico Letta a Radio1 -“La vicenda Regeni va oltre il singolo dramma personale, è un simbolo della necessità di difendere i diritti umani e di fare giustizia. È pertanto netta la nostra richiesta al governo di essere più forte ed esigente nei confronti degli egiziani”. E’ vero che quel governo, ergo il governo Draghi, è ormai agli sgoccioli.

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Confindustria, Bonomi: pronti a un piano di razionamento e fissare tetto al prezzo del gas

La politica italiana scalpita: in vista delle imminenti elezioni politiche del prossimo 25 settembre, non mancano proposte di tutti i tipi dai vari partiti a caccia di voti.

Dal canto suo l’Ue continua a riflettere su eventuali misure da varare per rendersi progressivamente più indipendente dal gas della Russia di Vladimir Putin che, dopo le sanzioni inflitte dall’Occidente a causa dell’invasione dell’Ucraina e della guerra scatenata, agita più che mai l’arma del ricatto del gas.

Nelle ultime settimane, Mosca ha ridotto già in modo drastico le forniture di gas naturale all’Europa, al punto che i flussi che transitano nel Nord Stream 1 rappresentano appena il 20% dei volumi che erano stati precedentemente concordati. Lo stop di questi giorni delle forniture di gas, motivato con la necessità di avviare lavori di manutenzione nel gasdotto Nord Stream 1, rinfocola il timore che Putin possa alla fine decidere per l’alt definitivo dell’offerta di gas. Ma una rassicurazione nelle ultime ore è arrivata proprio dalla Russia, che non ha risparmiato tuttavia una stoccata all’Europa.

Gas: Mosca attacca Europa, colpa è di sanzioni

Interpellato su quando le forniture di gas alla Germania saranno ripristinate, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto che “c’è la garanzia che, a parte i problemi tecnici provocati dalle sanzioni, niente interferisca con l’offerta”.

E ancora: i governi occidentali “hanno imposto sanzioni alla Russia, ed è questo che non consente i normali lavori di manutenzione e di riparazione” (riferimento al mancato arrivo alla Russia di componenti chiave per garantire le operazioni del gasdotto). La Russia ha tagliato del tutto la propria offerta di gas alla Bulgaria, alla Danimarca, alla Finlandia, all’Olanda e alla Polonia.

Putin sta usando l’energia come un’arma, portando l’Europa sull’orlo di una crisi energetica attraverso il boom dei prezzi”, ha commentato il primo ministro danese Mette Frederiksen, stando a quanto riportato dal sito tedesco DW.com.

La riduzione o, in alcuni casi, lo stop totale dell’offerta rischia di alimentare ulteriormente la piaga del #carobollette e, più in generale, dell’inflazione, che in Europa già galoppa da un po’ di tempo. E’ vero che Gazprom aveva già interrotto la fornitura di gas attraverso Nord Stream 1 nel mese di luglio, tra l’altro anche per più tempo (10 giorni), citando sempre come motivo la necessità di avviare lavori di manutenzione. Ma i lavori (non programmati) che hanno portato alla sospensione scattata oggi sono stati annunciati con un preavviso inferiore alle due settimane e sono stati decisi non dalla società Nord Stream AG, ma direttamente da Gazprom.

Il #carobollette ossessiona gli italiani e l’Europa tutta, in vista dell’arrivo delle stagioni più fredde: le parole razionamento e lockdown energetico riempiono sempre di più le pagine dei giornali. Si tratterebbe d’altronde di misure che Bruxelles ha in cantiere e che dovrebbe sfornare nei prossimi giorni.

Marcegaglia: ‘come in crisi euro o pandemia’

Lancia l’allarme intervistata da La Repubblica Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria ed Eni, che guida il gruppo Marcegaglia. “Siamo in un momento paragonabile alla crisi dell’euro del 2010 o alla pandemia. Servono misure urgenti sui prezzi dell’energia a livello europeo o il mercato unico rischia di rompersi e la recessione sarà inevitabile, con conseguenze di lungo periodo”.

Secondo Marcegaglia “questi prezzi dell’energia, per un Paese manifatturiero come l’Italia, non sono sostenibili. Le nostre imprese devono competere con quelle americane, che pagano sette volte meno, ma anche con spagnole e francesi, che hanno prezzi calmierati. I rischi di non stare sul mercato, e di chiudere, sono concreti. Questo si aggiunge all’allarme povertà per le famiglie: bisogna agire subito”.

Che fare, dunque?

Il tetto europeo è la soluzione più utile per evitare che l’Europa si frantumi, l’unica strutturale. Si parla anche di separazione tra prezzi dell’elettricità e del gas, una misura positiva, ma che sarebbe comunque penalizzante per l’Italia, perché siamo il Paese con la quota più alta di produzione di energia da metano”.

Confartigianato: senza riforme ecatombe imprese

Di lockdown energetico parla chiaramente anche Confartigianato, dopo aver “calcolato l’impatto sulle MPI (micro e piccole imprese) della crisi energetica e dell’impennata dei prezzi del gas”.

“Nel dettaglio, la rilevazione di Confartigianato mette in evidenza che gli aumenti del prezzo dell’energia per le piccole aziende con consumi fino a 2000 MWh si traduce in un maggiore costo, tra settembre 2021 e agosto 2022, di 21,1 miliardi di euro rispetto ai dodici mesi precedenti, pari al 5,4% del valore aggiunto creato dalle MPI”.

Una batosta senza precedenti che rischia di ingigantirsi ulteriormente: se nei prossimi quattro mesi i prezzi dell’elettricità non diminuiranno, i maggiori costi per i piccoli imprenditori saliranno nel 2022 a 42,2 miliardi in più rispetto al 2021“.

“La situazione – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – è insostenibile. Tra le nostre aziende si moltiplicano i casi di lockdown energetico e molti imprenditori rischiano la chiusura. Servono interventi immediati e altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare un’ecatombe di imprese e una crisi senza precedenti”.

Secondo Granelli – si legge ancora nella nota di Confartigianato – vanno subito confermate e potenziate le misure già attuate da questo Esecutivo: azzeramento degli oneri generali di sistema per luce e gas, proroga del credito d’imposta sui costi di elettricità e gas per le imprese non energivore e non gasivore. Inoltre va fissato un tetto europeo al prezzo del gas e va recuperato il gettito calcolato sugli extraprofitti, per non aggravare la situazione del bilancio pubblico, e serve un gesto di responsabilità e solidarietà delle imprese energetiche a salvaguardia dell’intero sistema produttivo nazionale. Vanno anche sostenuti gli investimenti in energie rinnovabili e nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento, in particolare per creare Comunità Energetiche e per incrementare l’autoproduzione”.

“Tra gli interventi sollecitati dal Presidente di Confartigianato – si legge ancora – anche la riforma della tassazione dell’energia che oggi tocca il 51% della bolletta e che penalizza con maggiori oneri proprio le piccole imprese che consumano meno, in barba al principio ‘chi inquina paga’”. “Molte nostre imprese rischiano il lockdown energetico e la chiusura. La situazione è insostenibile – ha commentato il presidente di Confartigianato Ancona Pesaro e Urbino Graziano Sabbatini, stando a quanto riportato dal Resto del Carlino –. Servono interventi immediati e altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare un’ecatombe di imprese e una crisi senza precedenti”. E “i settori più colpiti sono quelli di vetro, ceramica, cemento, carta, metallurgia, chimica, tessile, gomma e plastica e alimentare”.

“In Italia – rileva Confartigianato – la velocità di crescita dei prezzi al consumo dell’energia elettrica è decisamente più elevata rispetto a quanto avviene nell’Unione europea: a luglio 2022, infatti, nel nostro Paese il prezzo dell’elettricità è cresciuto dell’85,3% rispetto dodici mesi prima, a fronte del +35,4% della media dell’Eurozona e, in particolare, del +18,1% della Germania e del +8,2% della Francia”.

Lockdown energetico: che farà l’Ue?

Cosa può fare l’Italia e, vista l’appartenza all’Ue, cosa può fare l’Unione europea?

Nella giornata di ieri, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, ha annunciato in un intervento al Baltic Sea Energy Security Summit di Copenhagen che nell’Unione Europa si è raggiunta “una media di riempimento degli stoccaggi pari all’80%”, dunque pari all’obiettivo “concordato per quest’anno”.

Nell’annuncio di qualche giorno fa, Gazprom ha riferito che i flussi riprenderanno al ritmo di 33 milioni di metri cubi al giorno alla fine del periodo di manutenzione, “a meno che non vengano identificati ulteriori malfunzionamenti”.

Questo significa che i flussi dovrebbero ripartire a una quantità pari al 20% della capacità, lo stesso livello che viene erogato all’Europa attraverso Nord Stream 1 dalla fine di luglio, dopo i tagli alle forniture in attivo dalla fine di quel mese.

Gli spettri di un inverno freddo, di un lockdown energetico per le aziende e in generale di un razionamento dei consumi e dell’utilizzo di gas hanno fatto impennare nei mesi precedenti i prezzi del gas in Europa.

Dopo che Gazprom ha annunciato la sospensione di tre giorni scattata oggi, lo scorso 22 agosto, il prezzo del gas naturale TTF (benchmark europeo) ha infranto la soglia di 280 euro al MWh sulla piazza di Amsterdam, volando fino a 282,6 euro.

Poi ha ritracciato negli ultimi giorni. Oggi torna a salire attorno a quei livelli. L’inverno non è poi tanto lontano.

Gazprom blocca e riduce i flussi di gas verso l’Europa, ecco cosa sta succedendo

Stop forniture Gazprom, ecco cosa sta succedendo. La questione del tetto al prezzo del gas solo in caso di emergenza.

di Chiara Lanari , pubblicato il 13 Maggio 2022 alle ore 09:40

Stop forniture Gazprom

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È ufficiale lo stop delle forniture del gas da parte del colosso russo Gazprom, che ha annunciato che smetterà di utilizzare un gasdotto chiave per far transitare il gas attraverso la Polonia, dove passa la condotta Yamal che poi arriva in Germania attraversando anche la Bielorussia. Dopo che la Finlandia ha annunciato che farà richiesta alla Nato, secondo la Reuters, la Russia potrebbe interrompere la fornitura di gas. Al momento, infatti, la Finlandia usa quasi del tutto il gas che proviene dalla Russia. In realtà il paese ne usa poco, perché fa uso soprattutto di energie rinnovabili.

Stop forniture Gazprom, ecco cosa sta succedendo

L’annuncio dello stop dei flussi fa parte del pacchetto delle contro sanzioni volute da Mosca dopo la fine dei rapporti con le ex controllate europee di Gazprom. In seguito alla decisione, il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam è arrivato a 115 euro per megawatt/ora. Secondo il il ministro dell’Economia e del Clima tedesco Robert Habeck, la Russia starebbe usando la faccenda del gas come arma: “Non portiamo il piano di emergenza sul gas al livello di allarme, ma la situazione può peggiorare e manteniamo alta l’attenzione” ha detto il ministro, che ha anche sottolineato come in questa fase sia molto importante risparmiare in vista dell’inverno.

La questione del tetto al prezzo del gas solo in caso di emergenza

Intanto la Ue, come riporta Il Fatto Quotidiano, ha deciso che sarà introdotto un tetto al prezzo del gas solo in caso di emergenza, ossia di interruzione improvvisa dell’erogazione del metano:

“Nel caso di un’interruzione improvvisa totale o parziale delle forniture di gas russo, i Paesi europei dovrebbero procedere con un razionamento coordinato” sulla base del principio di solidarietà, aggiunge la Commissione europea nella bozza del piano RePowerEu che sarà presentato mercoledì 18 maggio.

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Per principio di solidarietà, spiega l’esecutivo comunitario, si intende “una riduzione della domanda di gas negli Stati membri meno colpiti a vantaggio di quelli più colpiti”.

I prezzi, infatti, rimarranno elevati fino al 2024. I flussi di gas russo verso l’Italia si attesta ancora su valori del 30-40%.

Auto a benzina, diesel e gpl sono destinate a sparire, ecco a partire da quando

Auto benzina e diesel, ecco da quando non saranno più vendute.

di Chiara Lanari, pubblicato il 13 Maggio 2022 alle ore 12:23

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La Commissione Ambiente del Parlamento europeo ha dato il primo ok con 46 voti a favore e 40 contrari alla proposta che vede dal 2035 il divieto di vendere auto o camion alimentate a benzina, diesel e gpl. Il testo, ora passerà al vaglio della plenaria del Parlamento nel mese di giugno. Lo scopo, è quello di favorire il mercato delle auto ad emissioni zero. Si tratta di un primo step molto importante, perché formalizza una scelta che andrà a cambiare il mercato delle auto entro 13 anni.

Auto benzina e diesel, ecco da quando non saranno più vendute

La proposta di non vendere più le auto a benzina e diesel, rientra anche nel pacchetto delle misure legate alla sostenibilità “Fit for 55” che punta a ridurre del 55% le emissioni di anidride carbonica, per allinearsi con le nuove politiche climatiche dell’Unione Europea entro il 2030. Tra gli emendamenti, quello legato ai finanziamenti per garantire una transizione concreta nel settore automobilistico e un altro per valutare l’intero ciclo di vita delle emissioni di mezzi sul mercato.

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Le tappe intermedie

Nel frattempo, in attesa del 2035, sono previste alcune tappe intermedie come: dal 2025 stop al 25% di auto e del 20% di furgoni, dal 2027, la percentuale sale rispettivamente al 40% e 45% e dal 2030 si passa al blocco delle auto del 75% e del 70% dei furgoni. Nella proposta, anche se non sembra fattibile, qualcuno ha accennato all’abbandono dei veicoli a motore a combustione già dalla fine del decennio, ma ovviamente non sembra possibile. In tutto ciò, a pesare è anche il prezzo del carburante sempre più alto.

Con l’addio alle vetture a benzina e diesel aumenta il timore per il settore automotive di trovare nuovi ostacoli per il mercato delle auto già duramente colpito dalla pandemia e dalla crisi dei chip.

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Le case automobilistiche potranno ottenere un aiuto con dei possibili finanziamenti per garantire la transizione energetica e un metodo comune all’intera UE per la valutazione delle emissioni di CO2

Con la Finlandia nella Nato la Russia cosa farà? Il Cremlino è pronto con queste contromisure

La Finlandia vuole entrare nella Nato ma per il Cremlino tale intenzione sarebbe una minaccia per la Russia.

di Alessandra Di Bartolomeo, pubblicato il 13 Maggio 2022 alle ore 11:55

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La Finlandia vuole entrare nella Nato ma per il Cremlino tale intenzione sarebbe una minaccia per la Russia. Con l’ingresso di Helsinki nel Patto, infatti, Mosca si ritroverebbe più vicina al confine con i territori dell’Alleanza Atlantica. Proprio per questo ha comunicato di essere pronta a contromisure tecnico-militari. Già domenica, comunque, il paese finlandese dovrebbe inviare la sua candidatura. E in merito a ciò Stoltenberg (segretario generale Nato) ha già annunciato che l’adesione sarà rapida.

Dopo la Finlandia anche la Svezia è pronta a presentare la domanda che dovrebbe arrivare già lunedì prossimo. Il motivo, ha spiegato il ministro degli esteri finlandese, è il comportamento imprevedibile della Russia. Tale Stato, infatti, è pronto ad eseguire delle operazioni rischiose e che porteranno anche in Finlandia un elevato numero di vittime. Ciò lo ha comunicato in audizione alla Commissione Esteri del Parlamento Europeo lamentando la possibilità che Mosca porti alla frontiera oltre centomila soldati.

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Quali sono i timori della Finlandia?

L’invasione dell’Ucraina ha modificato l’ambiente di sicurezza europeo ed anche finlandese. Proprio per questo la Finlandia vuole entrare nella Nato. Il Cremlino, però, è già pronto a prendere delle contromisure tecnico-militari e di altro tipo se ciò avverrà. Dmitry Peskov ha infatti comunicato che tutto dipenderà dalla vicinanza delle infrastrutture dell’Alleanza vicino ai confini con la Russia.

Ha poi aggiunto che quest’ultima sta persuadendo la Finlandia ad aderire al Patto perché “punta a creare un nuovo fronte della minaccia militare alla Russia”.
In ogni caso già nei mesi scorsi il Cremlino ha sottolineato che l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato avrebbe portato a gravi conseguenze militari e politiche.

In più il 14 aprile scorso Dmitry Medvedev ha avvertito che nell’eventualità, Mosca avrebbe schierato testate nucleari nel Mar Baltico.

Finlandia e Svezia nella Nato: le ripercussioni saranno anche economiche

Le ripercussioni potrebbero essere anche economiche se Svezia e Finlandia aderiranno alla Nato. Il giornale finlandese Iltalehti comunica infatti che la Russia potrebbe tagliare le forniture di gas. Fino ad ora la data di interruzione probabile era quella del 23 di maggio ovvero quella del pagamento del gas da parte di Helsinki.

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Tornando alla candidatura di Svezia e Finlandia nella Nato, l’iter si crede sarà molto veloce. La Finlandia coopera infatti con l’Alleanza dal 1994 e aderisce anche al Consiglio di Partenariato euro-atlantico. Nel caso in cui i trenta parlamenti nazionali voteranno in modo veloce, quindi, l’adesione ufficiale potrà già avvenire durante il vertice del 29-30 giugno a Madrid.

Putin soffia sul gas per intimidire l’Europa, pagamenti in rubli sempre più probabili

I pagamenti del gas in rubli alla Russia stanno diventando un’opzione sempre più concreta per non precipitare in una crisi economica totale

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 01 Maggio 2022 alle ore 06:51

Pagamenti del gas in rubli

L’Italia non accetterà di effettuare i pagamenti del gas in rubli a favore della Russia. Anzi, sì. In settimana, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, aveva usato parole di totale chiusura nei confronti della richiesta di Mosca, ma era stato smentito solamente pochi minuti dopo da una notizia inizialmente battuta dal quotidiano Russia Today e confermato poco dopo da Bloomberg: ENI starebbe aprendo un conto in rubli presso Gazprombank.

Come avviene il pagamento del gas in rubli

A marzo, il presidente russo Vladimir Putin aveva annunciato che avrebbe preteso il pagamento del gas in rubli dall’Europa. Per circa un mese, le cancelliere del Vecchio Continente avevano pensato che si trattasse di un bluff. Lo aveva fatto supporre anche lo stratagemma studiato e messo in atto da Gazprombank, la banca del colosso energetico russo.

Da settimane, essa consente ai clienti di effettuare pagamenti in euro o dollari con un conto e con un altro conto intestato agli stessi, li converte in rubli. In questo modo, le autorità russe trovano conferma dell’osservanza del decreto presidenziale. Ma, appunto, serve che i clienti aprano anche un conto in rubli, sebbene continuino a pagare formalmente nelle proprie valute, come da contratto.

I rischi di uno stop alle forniture di gas

Le speranze sono state duramente colpite mercoledì, quando la Russia ha interrotto le forniture di gas a Polonia e Bulgaria con un preavviso di poche ore. La loro colpa? Avere ufficialmente risposto picche alla richiesta di pagare il gas in rubli. La Commissione europea ha prontamente reagito, definendo “ricatto” quello di Mosca all’Europa. Ed è proprio così. Non esisterebbe alcuna ragione economica specifica per pretendere i pagamenti in rubli, anziché in euro o dollari.

Putin vuole semplicemente costringere i paesi europei a contravvenire alle loro stesse sanzioni, ad umiliarsi pubblicamente.

Giovedì, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha dichiarato che con l’eventuale interruzione delle forniture di gas, l’economia italiana andrebbe in “moderata recessione” per un paio di anni. Servirebbe il sostegno del governo tramite la politica di bilancio, ha spiegato, per offrire sollievo al PIL. In altre parole, senza gas russo siamo fritti. Almeno per il medio periodo, il tempo di trovare fornitori e fonti energetiche alternativi. La stessa Germania paventa una recessione economica non marginale nel caso di embargo energetico totale.

Il gioco al massacro di Putin

Ora, vero è anche che Putin non può permettersi di fare a meno dell’Europa, il suo principale cliente. Anche la Russia specularmente ha bisogno di tempo per trovare clienti alternativi. Cina e India, le due grandi nazioni asiatiche, non sarebbero in grado nel breve di rimpiazzare il nostro continente, sempre ammesso che lo vogliano. Messo alle corde sul piano militare e dell’apparato sanzionatorio, il Cremlino potrebbe tagliare almeno parzialmente le forniture all’Europa per metterle paura. Egli sa che nessun governo vuole la recessione dopo due lunghi anni di pandemia.

Senza gas in rubli, lo stop alle forniture provocherebbe un mix di inflazione a due cifre e recessione profonda. I governi reagirebbero allargando ulteriormente i cordoni della borsa, cioè facendo esplodere i già altissimi debiti pubblici. Il peggio del peggio. Scoppierebbero rivolte. E se è vero che la Russia non può privarsi di 850 milioni di euro al giorno per le sue esportazioni energetiche verso l’Europa, d’altra parte può trovare conveniente giocare sul trade-off offerta/quotazioni. Ridurre la prima per fare salire le seconde avrebbe come conseguenza di lasciare gli incassi invariati o eventualmente di ridurli marginalmente. Il gioco varrebbe la candela in uno scenario bellico, dove non è solo importante vincere, quanto provocare più danni possibili al nemico.

La reazione americana

Ecco perché i governi europei acconsentiranno con ogni probabilità ai pagamenti del gas in rubli da parte delle rispettive compagnie distributrici nazionali. Trincerandosi dietro ai tecnicismi, fingeranno di non piegarsi al ricatto putiniano. Guà una decina di soggetti avrebbero aperto conti in valuta russa presso Gazprombank e quattro avrebbero persino già iniziato a utilizzarli.

L’America di Joe Biden non impedirà tale soluzione, perché teme gli effetti del boom delle quotazioni di petrolio e gas sulle elezioni di metà mandato nel novembre prossimo. Impopolarissimo in patria, il presidente americano rischia di perdere il controllo dei due rami del Congresso e di trascorrere il secondo biennio alla Casa Bianca da “anatra zoppa”. Rinvierebbe la resa dei conti definitiva con Putin sull’energia per fine anno. Nel frattempo, continuerebbe a sostenere militarmente l’Ucraina per massimizzare la pressione su Mosca.

Scatta l’emergenza gas in Europa e ora Biden frena sull’embargo per paura di perdere le elezioni

In Europa è scattata l’emergenza gas con lo stop alle forniture russe a Polonia e Bulgaria. E gli USA di Biden ora frenano sull’embargo.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 27 Aprile 2022 alle ore 09:21

Crisi energetica, prove generali in Polonia e Bulgaria

Dalle ore 8 di questa mattina, Gazprom ha fermato le erogazioni di gas a Polonia e Bulgaria. La notizia era stata battuta ieri dal sito polacco Onet ed era stata confermata dallo stesso colosso russo. Sebbene non si conoscano formalmente le ragioni di tale blocco, l’azienda distributrice di Varsavia, PGNiG ritiene che la causa sia il rifiuto di pagare il gas in rubli. Polonia e Bulgaria si erano espresse ufficialmente contro tale richiesta. PGNiG ha anche dichiarato che farà ricorso contro quella che ritiene essere una violazione del contratto Yamal, che lega Polonia e Russia sin dal 1996 sul gas.

La sensazione è che Mosca voglia inviare un segnale minaccioso a tutta l’Europa per convincerla ad accettare i pagamenti del gas in rubli. Dietro vi sarebbe anche la necessità di ammorbidire le posizioni di Bruxelles sulla guerra in Ucraina. Già nel tardo pomeriggio di ieri il prezzo del gas era salito sopra 110 euro per mega-wattora. Nella mattinata odierna, risultava assestarsi in area 113-114 euro. Un balzo del 24% in 24 ore.

Biden ora frena sull’embargo

La Germania ha, intanto, fatto sapere che l’embargo totale contro il petrolio russo sarebbe “gestibile”. Il governo tedesco è diviso sullo stop immediato alle importazioni, con i liberali della FDP a mostrarsi contrari e i Verdi favorevoli. Il Regno Unito sollecita, invece, uno stop entro l’anno anche alle importazioni di gas.

Paradossale la posizione dell’amministrazione Biden, la quale per il momento frena sull’embargo energetico, temendo che l’esplosione delle quotazioni del petrolio possa nuocere al Partito Democratico in vista delle elezioni di metà mandato del novembre prossimo. Il presidente ha paura di perdere il controllo di entrambi i rami del Congresso.

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L’Europa è a rischio crisi energetica più che mai. Va detto che la Polonia non rischierebbe di restare a corto di gas nelle prossime settimane. Il paese aveva già programmato l’interruzione delle importazioni dalla Russia dal prossimo ottobre, avvalendosi del gasdotto nel Mare del Nord. E il suo governo ha fatto sapere che gli stoccaggi al momento risultano pieni per il 76%.

Scatta l’emergenza gas, è crisi energetica

Ma il resto d’Europa inizia ad implementare i piani d’emergenza. Spagna e Portogallo hanno notificato alla Commissione europea l’imposizione di un tetto al prezzo del gas fissato a 40 euro per mega-wattora, che salirà successivamente a 50 euro. Anche l’Italia vorrebbe battere la stessa strada, con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ad essersi da poco espresso in tal senso.

Germania e Italia sono i paesi europei più colpiti dall’emergenza gas, dato che la prima lo importa dalla Russia per il 55% del totale e il nostro Paese per circa il 40%. Il tour africano di Di Maio e il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a dire il vero non è andato come previsto. Ad oggi, abbiamo strappato l’impegno dell’Algeria di fornirci 9 miliardi di metri cubi di gas all’anno in più entro i prossimi anni. Peccato che la Russia ce ne fornisca ben 29 miliardi di metri cubi ogni anno, per cui all’appello mancano 20 miliardi.

Stop gas russo da maggio: ecco quali consumi potrebbero essere ridotti

Stop gas russo da maggio, rischio protocollo che prevede dei distacchi di carico e delle prevalenze fra le utenze.

di Chiara Lanari , pubblicato il 23 Aprile 2022 alle ore 12:23

Gas russo

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Lo stop del gas russo da maggio spaventa, soprattutto per le conseguenze che potrebbe avere sui consumi, per cui potrebbe essere richiesta una riduzione in caso di problemi. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, si è detto ottimista in merito alla possibilità che l’Italia riesca a sostituire il gas russo in tempi brevi, si parla del secondo semestre del 2023. C’è, però, anche il rischio che da maggio alcuni consumi potrebbero essere gestiti diversamente, vediamo come e quali sono le ultime notizie in merito.

Stop gas russo da maggio, gli ultimi scenari

Secondo Cingolani, l’Italia è avvantaggiata perché può contare su cinque gasdotti che rendono più facile fare accordi, senza contare il contributo degli investimenti sugli impianti di rigassificazione. Il percorso del nostro paese verso l’indipendenza dal gas russo non sarà però priva di problemi.

Durante una recente intervista al Corriere della Sera, il presidente dell’Autorità per l’Energia (Arera), Stefano Besseghini, ha fatto capire che da maggio si potrebbe verificare uno scenario in cui si potrebbe andare: “incontro a una chiusura delle forniture di gas russo. Gli stoccaggi dipendono da quello che riusciamo a recuperare dagli accordi che l’Italia ha già stretto e da quelli che si sta cercando di concludere”.

Rischio protocollo che prevede dei distacchi di carico e delle prevalenze fra le utenze

Il problema delle forniture energetiche è complesso e non si esclude, quindi, di entrare in una situazione di emergenza dove potrebbe scattare un “protocollo che prevede dei distacchi di carico e delle prevalenze fra le utenze”. Ma quali sono i possibili settori in cui potrebbe scattare la riduzione dei consumi?

Solitamente si parla della limitazione dell’illuminazione notturna e la riduzione del riscaldamento negli immobili mentre non dovrebbe toccare i servizi pubblici, sanitari e la produzione industriale.

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L’esperto ha fatto notare che, per adesso, le misure dipenderanno anche dalla valenza del fenomeno e dal tempo trascorso dal distacco dalla Russia e il periodo invernale.

In pratica, la riduzione dei consumi andrebbe a colpire quei servizi non indispensabili che saranno in qualche modo gestiti. In un vademecum realizzato dall’Agenzia internazionale dell’energia in coordinamento con la Commissione europea viene chiesto anche il contributo dei cittadini, ad esempio: “abbassare il termostato di un grado e alzare la temperatura impostata nel condizionatore”.

Mascherina in aereo, su quali voli è obbligatorio indossarla e dove no, cosa cambierà dal 1° maggio

Mascherina in aereo, le compagnie aeree dove non vengono più richieste e quelle che ancora le chiedono a bordo.

di Chiara Lanari, pubblicato il 22 Aprile 2022 alle ore 15:01

Dal 1 maggio le mascherine al chiuso potrebbero non servire più. La decisione non è stata ancora presa ma a giorni si saprà cosa vorrà fare il governo a proposito; se mantenere la mascherina solo per alcuni luoghi al chiuso, oppure dare il famoso segnale per il ritorno alla normalità e toglierle del tutto. Intanto, alcune compagnie aeree hanno deciso di dire stop alle mascherine in aereo, per altre rimane ancora l’obbligo. Quali sono le compagnie che vogliono ancora la mascherina a bordo e quelle che non le richiedono?

Mascherina in aereo, le compagnie aeree dove non vengono più richieste

La lista dei vettori che non richiedono più la mascherina sono EasyJet, British Airways,Jet2.com, Tui Airways, ma anche la low cost norvegese Norwegian Air e la polacca Lot. Come funziona a bordo? Si può sempre togliere?
Le compagnie aeree citate hanno detto stop alla mascherina a bordo ma non sempre si potrà togliere il dispositivo, infatti bisognerà indossarlo se il paese di partenza o arrivo lo prevede anche all’interno del volo.

In Italia, fino al 30 aprile sarà obbligatorio indossare le mascherine Fp2 anche in aereo, oltre che sui treni, navi, traghetti, bus e mezzi pubblici. Quello che accadrà dopo non è ancora chiaro.

Le compagnie aeree dove è ancora serve la mascherina

Intanto, su alcune compagnie è invece ancora obbligatorio indossare la mascherina.
Su Ita Airways è obbligatorio indossare la mascherine di tipo FFP2 ma sono esentati i bambini al di sotto dei 6 anni, come da disposizioni del Ministero della Salute. Anche sui voli Ryanair è ancora obbligatorio indossare la mascherina, e la compagnia specifica che per i viaggi da/verso l’Italia, l’Austria o la Germania, è richiesta la mascherina FFP2.

Mascherina in aereo anche per Air France, dove sul sito della compagnia si legge che «l’uso della mascherina chirurgica è obbligatorio a bordo degli aerei dall’età di 6 anni». Stessa cosa per il vettore Lufthansa, dove è richiesta la mascherina anche per le operazioni di imbarco e sbarco e durante il volo.

Si attendono quindi le decisioni imminenti del governo, mentre Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, a Sky TG 24, in merito alle mascherine ha detto: “Credo sia opportuno mantenerle nel trasporto pubblico, soprattutto sui treni a lunga percorrenza e per i viaggi in aereo. Sarebbe davvero strano se non avessimo imparato che, in luoghi chiusi e affollati, c’è particolare rischio di contagio”.

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Variante Omicron ci si può contagiare due volte in un mese, ecco come

Reinfezione con variante Omicron, due volte in 20 giorni.

di Chiara Lanari, pubblicato il 22 Aprile 2022 alle ore 14:13

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Con la variante Omicron e Omicron 2 e 3 è possibile infettarsi due volte in 20 giorni. La reinfezione con Omicron non è una novità e se ne è parlato più volte. Ormai la variante sudafricana è dominante nella sua seconda versione, anche se hanno fatto capolino anche i nuovi ceppi Xf, Xe e Xj di cui si sa ancora poco. Nelle scorse settimane era già scattato l’allarme reinfezioni con vari casi di persone che si erano infettate due volte o anche tre a distanza di tempo. L’ultimo caso, però, ha superato il record. Si tratta di una donna che si è contagiata due volte in 20 giorni.

Reinfezione con variante Omicron, due volte in 20 giorni 

Il fatto è accaduto in Spagna e riguarda una giovane operatrice sanitaria che si era vaccinata anche con la dose booster e che prima si era prima contagiata con Delta e poi con Omicron. Del caso se n’è parlato durante il Congresso della società europea di malattie infettive e microbiologia clinica (Eccmid) proprio per la distanza ravvicinata mai segnalata.

La prima volta, la donna si era contagiata il 21 dicembre e la seconda il 10 gennaio 2022 e il sequenziamento del genoma virale aveva rilevato che si trattava di due diversi ceppi di Sars-CoV-2, la prima con la variante Delta e non aveva avuto sintomi e la seconda con Omicron; aveva presentato tosse, febbre e malessere generale.

La prima versione di Omicron, la BA.1, sta lasciando il posto alla BA.1.1

La variante Omicron è diventata ormai dominante in tutto il mondo con le sotto varianti Omicron 2 e 3, è molto più contagiosa di Delta e può eludere l’immunità da infezioni pregresse e dalla vaccinazione. Secondo Gemma Recio, dell’Institut Català de Salut di Tarragona in Spagna: “

“Il caso mette in evidenza il potenziale della variante Omicron di eludere la precedente immunità acquisita da un’infezione naturale con altre varianti o da vaccini.

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Le persone che hanno avuto Covid non possono presumere di essere protette dalla reinfezione, anche se sono state completamente vaccinate. Tuttavia, sia la precedente infezione con altre varianti che la vaccinazione sembrano proteggere parzialmente da malattie gravi e ospedalizzazione”.

La prima versione di Omicron, la BA.1, sta lasciando il posto alla BA.1.1, presente per il 36%, mentre la BA.2 è al 5% ed è ancora più diffusiva. In un rapporto dell’Istituto superiore di sanità si è rilevato come dopo la comparsa di Omicron, si sia verificato un picco di seconde infezioni più facilmente nelle persone che hanno contratto Covid-19 da più di sei mesi, nei soggetti privi di difese, nelle donne rispetto ai maschi adulti, nei giovani rispetto agli over 60, negli operatori sanitari.

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