Mercati Finanziari & il bivio del 20/21 Settembre 2022

In rispetto ,dovuto ,alle molte richieste pervenute , abbiamo fatto il 10mo aggiornamento dell’analisi comparativa 1962 – 2022 in vista di due importanti date in arrivo ,per i Mercati.

Il 13 Settembre 2022 avremo infatti il dato inflazione USA .

Il 20/21 Settembre 2022 si terrà il Meeting della Federal Reserve

Mercati Finanziari & il bivio del 20/21 Settembre 2022

Buona visione.

Good Luck !

NOTIZIE ARRIVATE DOPO NOSTRA VIDEO ANALISI

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WALL STREET: le mani forti reggono il mercato, finchè riescono

Il quadro del CFTC di Chicago ci fa vedere mani forti ancora propositive, che tengono in piedi il mercato ma tutti gli altri attori? Non pervenuti. Si profila un periodo non semplice all’orizzonte. [Guest post]
Cari amici, dopo alcune settimane di pausa, torno a scrivere il mio personale post di commento ed interpretazione degli andamenti dei mercati finanziari internazionali. A prima vista, durante queste insopportabili settimane di caldo asfissiante, non sembra essere cambiato granchè. In particolare, non si registra alcuna nuova circa il conflitto tra Russia ed Ucraina, che prosegue ormai stancamente, e quasi dimenticato, da circa 7 mesi. I relativi danni economici, e politici, diventano però, ogni giorno che passa, sempre più ingenti e manifesti.

Divenuti letteralmente insostenibili, per imprese e famiglie, i prezzi delle fonti di energia. Ho personalmente visto bollette d’importo quasi triplicato rispetto allo scorso anno. Ed ogni impresa cerca disperatamente di farvi fronte, aumentando a loro volta i prezzi dei propri prodotti. Una spirale disastrosa che non lascia presagire nulla di buono per la nostra economia. Fra una settimana, per l’Italia, scadrà anche la polizza Draghi, e voglio proprio vedere cosa s’inventeranno, per il dopo, i nostri connazionali. I sondaggi elettorali dicono che vogliono affidarsi alla Meloni.

Io personalmente non la voterò, ma non posso esimermi dal fargli i miei più sinceri auguri. Ne avrà davvero tanto bisogno. Ma oltre le tanto improbabili elitè politiche europee, non solo italiane, un compito molto gravoso attende anche chi governerà la nostra politica monetaria, ossia il board della BCE, ovvero la nostra Banca Centrale. Come affronterà la difficilissima situazione che si stà prefigurando ? Cercherà anch’essa, come stà già facendo la FED, di combattere fermamente, e con durezza, il nuovo devastante fenomeno inflattivo ? O sarà invece più attendista e tollerante ?

Nel primo caso avremo certamente una recessione economica davvero dura, anzi una vera e propria stagflazione, ossia crescita bassa o nulla accompagnata dal permanere del fenomeno inflattivo. L’inflazione attuale è infatti causata da un deficit d’offerta, ed un’eventuale stretta sui tassi, ad opera della BCE, può soltanto lenirla, ma non debellarla e risolverla. C’è, pertanto, da augurarsi che le elitè politiche e monetarie europee si muovano finalmente su altri piani.

Che cerchino cioè una soluzione possibile ed accettabile all’attuale conflitto russo-ucraino, che ha inopinatamente distrutto decenni di buoni rapporti con la Russia, e sconvolto il nostro sistema d’approvvigionamento energetico. In caso contrario le conseguenze economiche saranno davvero molto dure, e con risvolti sociali, davvero pericolosi ed imprevedibili.

Dopo le sopra esposte considerazioni, del tutto personali, andiamo ad esaminare cosa ci indica, al momento, il sistema intermarket. Il dollar index ha continuato, anche nell’ultimo mese, a lievitare, e quota oggi 109,76. I prezzi delle commodities, invece, hanno rallentato la loro corsa, ma nonostante le strette monetarie della FED, già molto cospicue, non hanno sinora stornato in modo significativo.

E ciò conferma quanto sopra detto, circa l’inefficacia di tale politica a fronte di un’inflazione da offerta. Lo conferma anche quanto accade nel mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, da inizio agosto ad oggi, ha guadagno infatti ben 80 bps, ed ha raggiunto quota 3,45 %. Il rendimento dei bonds a 2 anni invece è lievitato di ben 98 bps, ed ha raggiunto quota 3,87 %.

La yield curve Usa, risulta pertanto, ancor più invertita, – 42 bps, e ciò rende ormai quasi certa l’entrata in recessione dell’economia Usa, nei primi mesi del 2023. I mercati azionari, infine, dopo le ingenti perdite degli scorsi mesi, hanno tentato di rimbalzare, ma nell’ultima settimana il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, ha nuovamente ceduto il 4,77 % ed è retrocesso a quota 3.873,33 punti. .

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : + 78.075

Large Traders : – 51.258

Small Traders : – 26.817

Non è mutato, ed anzi si è consolidato ulteriormente, rispetto al mio ultimo post, l’assetto del Cot Report sui derivati azionari Usa. Rispetto ad allora, le variazioni nelle posizioni dei vari operatori sono state pari a 20.991 contratti. In particolare, i Commercial Traders, ovvero le MANI FORTI di questo mercato, hanno acquistato l’intero lotto dei 20.991 contratti long, e rafforzato ancor di più la loro solitaria posizione, Net Long.

I Large Traders, invece, hanno ceduto 10.714 contratti long, e consolidato la loro posizione, Net Short. Gli Small Traders, infine, hanno ceduto anch’essi 10.277 contratti long, rafforzando ancor di più la loro anomala posizione, Net Short.

Le movimentazioni di quest’ultimo periodo, molto significative, confermano quanto avevamo già espresso prima della pausa estiva. A cercare d’arrestare la caduta degli indici azionari restano solo le MANI FORTI. Gli altri operatori invece rimangono alquanto pessimisti e cauti. L’impegno delle MANI FORTI ha prodotto un significativo rimbalzo, rientrato però nell’ultima ottava. Per invertire in maniera significativa e duratura l’attuale trend serve comunque ben altro.

Bisogna risolvere i problemi politici, economici e militari, attualmente sul tappeto. Non si può demandare il tutto alla Fed ed altre Banche Centrali. E’ necessario che le Istituzioni politiche facciano finalmente la loro parte, e trovino una soluzione all’attuale conflitto, e disegnino un nuovo assetto ed un nuovo ordine economico mondiale. In caso contrario la situazione si avviterà ulteriormente e diventerà sempre più difficile e complicato venirne fuori. Il mio è un auspicio ed un augurio, perché allo stato non s’intravvede nulla di quanto da me auspicato. Per tale motivo riconfermo la mia sfiducia e la mia vision negativa circa le prospettive dei mercati azionari internazionali.

Tassi Fed, ci siamo: Powell pronto a non lasciare scampo a inflazione: il diktat salva-mercati non tornerà presto

 di Laura Naka Antonelli

 19/09/2022  11:04

Grande attesa per la giornata di dopodomani, mercoledì 21 settembre, quando la Fed di Jerome Powell lancerà un nuovo attacco contro l’inflazione made in Usa, annunciando la decisione presa sui tassi sui fed funds.

Lo scorso 27 luglio la Fed ha alzato i tassi di 75 punti base, per la seconda volta consecutiva, a conferma della sua lotta contro l”inflazione galoppante negli Stati Uniti. In quell’occasione, con il suo secondo rialzo consecutivo di 75 punti base, Powell & Co hanno portato i tassi sui fed funds Usa nel nuovo range compreso tra il 2,25% e il 2,5%, al record dalla fine del 2018.

Insieme, le strette monetarie di giugno e di luglio hanno rappresentato i rialzi consecutivi dei tassi più consistenti da quando la Fed ha iniziato a utilizzare i tassi overnight alla stregua di principale strumento di politica monetaria, all’inizio degli anni ’90. E potrebbe essere, per l’appunto, solo l’inizio.

Quello di dopodomani, rischia di essere dunque l’ennesimo rialzo di 75 punti base, per la terza volta consecutiva.

Ma, evidentemente, è ancora troppo poco per far battere in ritirata i numeri sull’inflazione, che continuano a comfermarsi ancora troppo elevati, fino a oltre quattro volte il target di inflazione deciso dalla Federal Reserve, pari al 2%.

Fed: Goldman Sachs rivede outlook tassi

In particolare, come messo in evidenza dall’indice dei prezzi al consumo Usa – tra i parametri più attentamente monitorati per prevedere le mosse di politica monetaria della banca centrale americana – e a dispetto del recente calo dei prezzi energetici e dello sboom della benzina l’inflazione made in Usa continua in alcune sue componenti a rafforzarsi (vedi inflazione core). E, se è vero che si è indebolita, l’inflazione headline continua a marciare a un ritmo ben più spedito di quanto atteso dal consensus.

La pubblicazione dei numeri shock ha avuto effetti immediati su Wall Street, affossata dalle vendite dopo la diffusione del dato: è scattato subito il repricing dei tassi terminali Usa e qualcuno ha iniziato a scommettere anche su una stretta di 100 pb.

Non per niente gli economisti di Goldman Sachs hanno rivisto al rialzo le previsioni su quanto annuncerà la Fed dopodomani: ora stimano una stretta monetaria di 75 punti base, rispetto al rialzo di 50 punti base atteso in precedenza.

“I tassi (più alti), combinati al recente irrigidimento delle condizioni finanziarie, implicano un outlook in qualche modo peggiore per la crescita (del Pil) e l’occupazione dell’anno prossimo”, hanno aggiunto gli economisti di Goldman Sachs.

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Ray Dalio su tassi Fed, inflazione e mercati. Ecco le sue previsioni allarmanti 

Joachim Fels, Global Economic Advisor di PIMCO, fa notare in un suo commento che i rialzi dei tassi di 75 punti base potrebbero rappresentare ormai il New Normal: e non solo per la Fed.

Sono ormai lontani i tempi in cui le banche centrali muovevano i tassi solo con incrementi di 25 punti base. La scorsa settimana sia la Banca Centrale Europea che la Banca del Canada hanno aumentato i tassi ufficiali di 75 punti base, seguendo le orme della Federal Reserve con due aumenti da 75 punti base a giugno e luglio. Inoltre, dopo l’ennesima sorpresa al rialzo dell’inflazione statunitense CPI, la Fed sembra destinata a continuare la stretta a questo ritmo la prossima settimana (questa settimana per chi legge) e forse ancora a novembre e dicembre”.

“I  mercati stanno prezzando una probabilità superiore al 50% che la prossima mossa della Banca of England e della BCE sia un rialzo di 75 punti base piuttosto che di 50. Il perché i 75 punti base siano la nuova normalità in questa fase del ciclo di inasprimento – continua Fels – è ovvio: di fronte a continui e massicci overshoot dell’inflazione, le banche centrali si stanno concentrando fortemente sul mantenimento dell’ancoraggio delle aspettative di inflazione a lungo termine. Attualmente i funzionari sembrano tutti guidati dal vecchio detto secondo il quale solo i falchi vanno nel paradiso dei banchieri centrali e sono quindi determinati, per usare le parole di Jerome Powell, a ‘continuare così finché il lavoro non sarà finito’.

Ma come faranno i banchieri centrali e gli operatori di mercato a sapere quando il lavoro sarà concluso e sarà opportuno fare una pausa?”, si chiede e chiede l’esperto di Pimco.

La risposta è la seguente:

Data l’incertezza sul livello del tasso di interesse neutro non osservato, i funzionari hanno chiarito di voler vedere l’inflazione su un prolungato percorso di ribasso, che interpreto come almeno diversi mesi di calo dell’inflazione core. Tale percorso discendente potrebbe rimanere irraggiungibile per diverso tempo, soprattutto negli Stati Uniti, data l’accelerazione degli aumenti salariali, che sono importanti motori dell’inflazione del settore dei servizi, e la prospettiva di prolungati forti aumenti della componente shelter del CPI”.

Non è chiaro quale sia il livello terminale dei tassi necessario per completare il lavoro, ma il sospetto è che sia superiore al picco del 4,25% per il tasso sui Fed Funds che i mercati stanno prezzando in questo momento. È abbastanza chiaro, tuttavia, che il lavoro non può essere indolore”, come ha d’altronde dimostrato il trend di Wall Street nel giorno shock dell’inflazione, ovvero lo scorso martedì.

Insomma: “I mercati finanziari dovranno soffrire ancora perché le condizioni finanziarie sono il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, ed è probabile che ciò sia imminente man mano che le banche centrali continuano ad aumentare i tassi e la Fed riduce il proprio bilancio. Per evitare un’ulteriore accelerazione dei salari, è necessario che il mercato del lavoro sia penalizzato da un aumento della disoccupazione, che probabilmente si verificherà presto in risposta all’inasprimento passato e futuro delle condizioni finanziarie. Di conseguenza, il proverbiale atterraggio morbido che i banchieri centrali auspicano e che i mercati hanno inseguito negli ultimi mesi mi sembra piuttosto improbabile”.

L’economia Usa appare destinata dunque a un hard landing, atterraggio duro, proprio il worst scenario tanto paventato. Tra l’altro, “nonostante un probabile atterraggio duro sotto forma di recessione nelle economie dei mercati sviluppati, una rapida svolta della banca centrale da un rialzo dei tassi a un loro taglio appare molto improbabile, a meno che non si verifichi un grave crollo finanziario o un massiccio attacco di ‘disinflazione immacolata’ dal nulla. I banchieri centrali vorranno evitare gli errori delle politiche di stop-go degli anni ’70, quando i loro predecessori invertirono la rotta subito dopo che l’inflazione aveva raggiunto il picco, gettando così le basi per il successivo periodo di inflazione verso picchi ancora più elevati. Un duraturo stallo dei tassi a livelli più alti sembra quindi più probabile dell’inversione dei tassi della Fed che è prezzata nella curva a termine per il prossimo anno”.

Questo ci porta all’ultimo punto, che abbiamo già sottolineato nel Secular Outlook di quest’anno – conclude Joachim Fels –  Sebbene la prossima recessione dovrebbe essere relativamente contenuta, data l’assenza di grandi squilibri nel settore privato, è improbabile che sia seguita da una ripresa a forma di V, perché la viscosità dell’inflazione impedirà alle banche centrali di allentare la politica monetaria in modo significativo in tempi brevi. Inoltre, le tutele per i mercati finanziari saranno minori, poiché le banche centrali non verranno in soccorso con la stessa rapidità e prontezza degli ultimi due decenni. L’inverno sta arrivando”.

Un chiaro SOS dei mercati è stato lanciato in queste ultime sessioni dal trend dei tassi dei Treasuries Usa, in particolare dai tassi dei Treasuries a due anni, i più sensibili alle previsioni – e decisioni, anche – legate alla Federal Reserve. I rendimenti sono balzati nella sessione di venerdì scorso fin oltre il 3,9%, al massimo dal 1° novembre del 2007, prezzando proprio una Fed più hawkish, o comunque hawkish al punto tale da essere pronta a sfornare nuove strette monetarie aggressive, anche a dispetto del conseguente rallentamento dell’economia Usa, pur di far rientrare la minaccia – ormai persistente – rappresentata dalle pressioni inflazionistiche.

Week Ahead 19 – 23 settembre: focus su FED e decisioni banche centrali

16 set 2022 

Chiusura di settimana in rosso a causa della pubblicazione del dato sull’inflazione nell’Area Euro che è accelerata ad agosto al +9,1% a/a rispetto al +8,9% a/a di luglio. I mercati sono sotto pressione anche a causa dei dati sulle vendite al dettaglio nel Regno Unito che hanno mostrato un deciso calo, ben oltre le attese, al -1,6% su base mensile.

Inoltre, nel pomeriggio, è uscita la stima preliminare relativa all’indice Michigan sulle aspettative economiche dei consumatori statunitensi che ha mostrato un valore di 59,5 – in lieve ribasso rispetto alle previsioni ferme a 60.

La prossima settimana, invece, inizierà con la pubblicazione di alcuni dati sull’inflazione (Giappone, Canada) che potrebbero influenzare le decisioni delle rispettive banche centrali. Successivamente, mercoledì ci sarà l’attesissima decisione sui tassi di interesse da parte della Federal Reserve che probabilmente opterà per un rialzo da 75 punti base (anche se alcuni pensano ad un aumento da 100 pb).

Giovedì sarà una giornata dominata dalle decisioni delle banche centrali (BoJBNS BoE) mentre venerdì 23 chiuderà la settimana con la pubblicazione degli indici PMI manifatturieri e dei servizi di Stati Uniti ed Europa.

Lunedì 19 settembre

Chiusura mercati in Giappone;

Indice NAHB sul mercato delle abitazioni Stati Uniti;

Martedì 20 settembre

Tasso di inflazione Giappone, Canada;

Minute riunione RBA;

Bilancia commerciale Svizzera, Spagna;

Mercoledì 21 settembre

Asta Bund a 10 anni Germania;

Richieste di mutuo Stati Uniti;

Vendite di abitazioni Stati Uniti;

Decisione FED sui tassi di interesse;

Giovedì 22 settembre

Bilancia commerciale Nuova Zelanda;

Investimenti in obbligazioni estere Giappone;

Decisione sui tassi di interesse Giappone;

Indice di fiducia aziendale Francia;

Decisione sui tassi di interesse BNS;

Tasso di inflazione a metà mese Messico;

Decisione sui tassi di interesse BoE;

Richieste di disoccupazione Stati Uniti;

Indice di fiducia dei consumatori Eurozona;

Venerdì 23 settembre

Chiusura mercati in Giappone;

S&P Global Manufacturing PMI Australia, Francia, Germania, Eurozona, Regno Unito, Stati Uniti;

Indice Gfk sulla fiducia dei consumatori Regno Unito;

Tasso di crescita PIL Spagna;

S&P Global Services PMI Australia, Francia, Germania, Eurozona, Regno Unito, Stati Uniti;

Vendite al dettaglio Canada;

Futuro incerto? Uscire dai mercati azionari è la mossa sbagliata. Credit Suisse spiega le virtù di diversificare e investire in modo sistematico

 di Titta Ferraro

 18/09/2022  10:40

Le banche centrali, in primis la Federal Reserve statunitense, hanno confermato la loro determinazione a mantenere una politica restrittiva fino a quando l’inflazione non tornerà al target e vi rimarrà per qualche tempo. Un messaggio chiaro che ha tarpato le ali al tentativo di risalita estiva dei mercati azionari e obbligazionari.

“Poiché la determinazione delle banche centrali a combattere un’inflazione persistentemente elevata e il rallentamento della crescita portano a una maggiore volatilità dei mercati, riteniamo che le prospettive di rendimento assoluto per le azioni siano diventate decisamente poco attraenti”, si legge nell’Investment Monthly di Credit Suisse. La banca d’affari elvetica ha portato le azioni a una posizione sottopesata nei portafogli ritenendo che le azioni debbano affrontare una serie di difficoltà in futuro, in quanto l’aumento dei tassi delle banche centrali accresce i costi di finanziamento per le imprese, mentre il rallentamento della crescita pesa sui ricavi. Credit Suisse mantiene invece l’allocazione neutrale al reddito fisso complessivo, ma continua a individuare opportunità nelle obbligazioni in valuta forte dei mercati emergenti, sia corporate che sovrane, in quanto offrono un interessante differenziale di rendimento.

“Sebbene il contesto sia indubbiamente difficile, riteniamo che gli investitori non dovrebbero gettare la spugna e uscire completamente dai mercati. Piuttosto, dovrebbero concentrarsi sulla diversificazione più ampia possibile dei loro portafogli, considerando gli investimenti alternativi, compresi i mercati privati, come un’area interessante da prendere in considerazione”, asseriscono asseriscono Michael Strobaek, Global Chief Investment Officer di Credit Suisse e Burkhard Varnholt, Burkhard Varnholt, Chief Investment Officer at the Swiss Universal Bank and Deputy Global Chief Investment Officer a Credid Suisse.

Nel dettaglio Credit Suisse vede l’inflazione alta costringere le banche centrali alzare i tassi d’interesse fino al 1° trimestre 2023, ritenendo improbabile che la Federal Reserve statunitense tagli i tassi nella seconda metà del 2023. La crescita globale dovrebbe rimanere molto debole, e l’Europa entrerà in recessione nel quarto trimestre di quest’anno. La crescita USA a detta di Credit Suisse probabilmente rallenterà nel 2023, a un tasso inferiore all’1%, che la renderà molto vulnerabile a shock inattesi.

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L’economia globale è entrata in un periodo che Credit Suisse chiama «Grande Transizione», che potrebbe portare in futuro a una maggiore volatilità e inflazione. “Riteniamo che, in futuro, assisteremo a una crescita economica più irregolare e volatile, col ritorno dei cicli di boom-bust. Per contestualizzare questo fenomeno, possiamo esaminare i dati del National Bureau of Economic Research (NBER) sulle espansioni e contrazioni dei cicli economici statunitensi. Nei quattro decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, si sono registrate otto contrazioni. Secondo il NBER, invece, dal 1985 (l’epoca della Grande Moderazione) ci sono state solo quattro contrazioni. Riteniamo che l’attuale rallentamento economico rientri in questo quadro di maggiore volatilità. L’aumento della volatilità contribuirà probabilmente anche ai cambiamenti sul fronte dell’inflazione. Gli investitori dovrebbero aspettarsi un’inflazione più elevata rispetto agli ultimi 20 anni, anche se è improbabile un’iperinflazione. Possiamo considerare gli attuali alti livelli d’inflazione un’anomalia, in quanto legati alla pandemia e alla guerra in Ucraina”.

“Il futuro è sempre incerto. Ma possiamo gestire le transizioni attraverso un processo d’investimento sistematico, che garantisce che le decisioni d’investimento siano guidate dalla logica e non dalle emozioni“, asserisce Daniel Imhof, Head of Global Investment Management di Credit Suisse.

Ray Dalio su tassi Fed, inflazione e mercati. Ecco le sue previsioni allarmanti

 di Aleksandra Georgieva

 15/09/2022  17:43

Uno dei più noti miliardari a Wall Street, Ray Dalio ha prognosticato una previsione piuttosto cupa per il mercato azionario e l’economia americana in seguito ai numeri sull’inflazione USA usciti questo martedì. Il CPI (Consumer Price Index) ad agosto si é attestato al 8,3% su base annuale e dello 0,1% su mese, entrambi i numeri decisamente sopra le attese degli economisti.

I dati sull’inflazione USA hanno sconvolto i mercati finanziari globali, il Nasdaq ha perso il 5% in una sola seduta, mentre l’S&P 500 ha perso più del 4%.

Sembra che che la Fed dovrà alzare tassi di interesse di più (portandoli verso il range più alto dal 4,5% al ​​6%)”, ha scritto il miliardario fondatore di Bridgewater Associates in un’articolo su LinkedIn. “Questo porterà la crescita del credito del settore privato, che a sua volta aumenterà la spesa del settore privato e, quindi, l’economia americana.
Un semplice aumento dei tassi a circa il 4,5% porterebbe ad un calo del 20% del mercato azionario, ha aggiunto Dalio.
Il mercato suggerisce che i trader hanno completamente scontato un rialzo di 75pb della FED nella riunione di settimana prossima, c’è chi scommette anche su un rialzo ancora più aggressivo di un punto percentuale.

Ray Dalio, tassi Fed al 4,4% nel 2023

Inoltre, secondo Dalio i mercati azionari stimano che il tasso terminale della FED raggiungerà un picco di circa il 4,4% nel 2023, rispetto al range attuale tra il 2,25% e il 2,5%.
Il mercato obbligazionario invece suggerisce che gli investitori si aspettano un’inflazione annua media del 2,6% nel prossimo decennio, mentre la sua stima personale sull’inflazione é nel range 4,5% – ​​5%, salvo shock economici (peggioramento della guerra in Europa o Asia o più siccità e inondazioni).
Il fondatore di Bridgewater Associates ha affermato che la curva dei rendimenti degli Stati Uniti rimarrà “relativamente piatta” fino a quando non ci sarà un “effetto negativo inaccettabile” sull’economia.
Una profonda inversione delle misure della curva dei rendimenti, vista da molti come potenziale precursore di recessione – ha notevolmente rafforzato le view più negative degli economisti sull’outlook economico per i prossimi trimestri.

Gli investitori ipotizzano che le recenti e future mosse della Fed porteranno l’economia americana in recessione al inizio del 2023, il che indurrà i policy makers di iniziare ad abbassare i tassi dalla seconda metà di 2023.
Il faro dei mercati l’S&P 500 si sta dirigendo verso la più grande perdita annuale dal 2008, mentre i Treasurys USA  hanno subito una delle peggiori scosse da qualche decennio, conclude Dalio.

BlackRock vede recessione in arrivo in Europa e sottopesa le azioni

Nel suo commento settimanale il BlackRock Investment Institute esprime invece una preferenza per il credito Investment Grade. La Bce non riconosce l’effetto negativo sull’economia dei suoi rialzi aggressivi

 di Virgilio Chelli  15 Settembre 2022 07:55
financialounge -  azionario BlackRock Crisi energetica inflazione Morning News

L’azionario europeo non ha prezzato la profonda recessione che secondo BlackRock è in arrivo. Commodity escluse, le stime di crescita gli utili europei sono troppo ottimistiche, secondo la grande casa, che resta sottopesato sull’azionario europeo e su gran parte dei mercati azionari dei paesi sviluppati, preferendo il credito Investment Grade i cui rendimenti compensano meglio il rischio di default. BlackRock è invece neutrale sui bond governativi europei con un leggero sovrappeso sui gilt britannici e una preferenza per le scadenze più brevi, prezzate in linea con la direzione restrittiva dei tassi di interesse.

LA BCE NON RICONOSCE I COSTI

Sono le indicazioni del commento settimanale di mercato, titolato “lo shock energetico spinge l’Europa in recessione” a cura del BlackRock Investment Institute, secondo cui la Bce sta cercando di contrastare l’inflazione senza riconoscerne il costo, ha già deciso un maxi aumento di 75 punti base dei tassi e continuerà ad alzarli fino a che non saranno chiari gli effetti dell’energy credit crunch, che spingerà l’economia in recessione. Di qui la preferenza per il credito rispetto all’azionario.

DOVRÀ AFFRONTARE UNA SEVERA RECESSIONE

La crisi è peggiorata con lo stop russo alle forniture di gas ma la Bce non riconosce che alzando i tassi per contrastare l’inflazione contribuisce a frenare l’attività economica. È una realtà con cui dovrà confrontarsi più presto di quanto il mercato si aspetti, secondo il BlackRock Investment Institute, ma non prima di dover inevitabilmente affrontare una severa recessione. Di qui il posizionamento di sottopeso sull’azionario e la preferenza per il credito di alta qualità.

NESSUN SOLLIEVO PER UN PAIO D’ANNI

Gli sforzi europei di svincolarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia hanno fatto schizzare i prezzi del gas. Ora la Ue sta spendendo in energia qualcosa come il 12% del PIL, rendendo la crisi peggiore degli shock petroliferi degli anni 70. È difficile prevedere un qualche sollievo nel prossimo paio d’anni, con i razionamenti all’orizzonte, l’inverno può spingere la domanda di energia intaccando le riserve. Germania e altri paesi stanno studiando misure di price cap.

ANCHE L’EURO DEBOLE CONTRIBUISCE

Ma BlackRock ritiene che lo shock energetico condurrà a una prolungata recessione per diversi trimestri, e la Bce sta peggiorando le cose. Non riconosce il danno che viene inferto all’economia per contrastare l’inflazione, che resta sostenuta proprio dal caro energia. Anche un euro scivolato ai minimi da 20 anni contro dollaro riflette il deterioramento della crescita e contribuisce a prezzi energetici ancora più elevati.

FONDAMENTALI ITALIANI INDEBOLITI

La Bce deve anche confrontarsi con i rischi di frammentazione e forse dovrà far ricorso allo strumento di protezione annunciato. I fondamentali economici dell’Italia sono peggiorati durante lo shock, con il ritorno del deficit delle partite correnti e un aumento del peso del debito. Questo probabilmente aumenterà la volatilità sui bond italiani, anche se dalle elezioni imminenti dovrebbe uscire un governo di centro destra non particolarmente antagonista nei confronti della Ue.

SI FERMERÀ VERSO FINE ANNO

BlackRock prevede che la Bce manterrà la linea aggressive fino a fine anno ma che poi si fermi una volta che vedrà che l’economia viene duramente colpita, con il livello dei tassi che a fine 2022 dovrebbe attestarsi poco sotto le attuali attese di mercato. Bank of England invece ha già detto chiaramente che abbattere l’inflazione richiederà una profonda recessione, che non verrà evitata dal sostegno fiscale.

Batosta inflazione Usa, paura tassi Fed: S&P 500 -4,3%, seduta peggiore da giugno 2020. Nasdaq -5%, DJ -1300 punti

 di Redazione Finanza

 14/09/2022  06:45

Batosta inflazione Usa: i principali indici azionari di Wall Street sono capitolati, attaccati da forti sell off. L’indice S&P 500 ha concluso la sessione peggiore dall’11 giugno 2020, zavorrato in particolare da titoli come Meta, Nvidia e AMD.

I titoli peggiori del Dow Jones sono stati Boeing, Home Depot e Intel.

Il bagno di sangue è avvenuto dopo quattro sedute consecutive di rialzi per la borsa Usa.

L’esito dei forti smobilizzi è il seguente: il Dow Jones è scivolato di quasi -1.300 punti (-1.278.37 punti, in perdita del 3,94% a livello percentuale), a 31.104,95. Lo S&P 500 è arretrato di 177,74 punti (-4,32%) a 3.932,68 mentre il Nasdaq è crollato di 632,83 punti (o -5,16%), a 11.633,58 punti.

Niente da fare: negli Stati Uniti l’inflazione continua a correre, o se si indebolisce comunque rimane ben superiore alle attese degli analisti, nonostante gli aggressivi rialzi dei tassi che la Fed di Jerome Powell sta ostinatamente portando avanti.

Nel mese di agosto, l’inflazione degli Stati Uniti misurata dall’indice dei prezzi al consumo è rallentata al ritmo annuo dell’8,3%, rispetto al +8,5% di luglio. L’indebolimento dell’indice CPI è avvenuto tuttavia a un ritmo inferiore di quanto atteso dal consensus degli analisti, che avevano previsto un aumento pari a +8,1%.

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Su base mensile l’inflazione headline è salita inoltre dello 0,1%, rafforzandosi rispetto al dato invariato di luglio, e confermando una crescita superiore, anche in questo caso, alle stime, che erano per un calo dello 0,1%.

La componente core dell’inflazione ha alimentato ulteriormente i timori degli investitori, balzando ad agosto del 6,3% su base annua, così rafforzandosi rispetto al +5,9% di luglio, e ben oltre il +6,1% stimato; su base mensile, l’indice CPI core è salito dello 0,6%, oltre il +0,3% stimato e il doppio rispetto al precedente +0,3% di luglio.

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I numeri affossano la speranza che l’inflazione degli Stati Uniti abbia toccato il picco, e alimentano dunque il timore che la Fed di Jerome Powell continui nel suo percorso di rialzi dei tassi aggressivi.

Il prossimo annuncio sui tassi Usa è atteso in data 21 settembre: a questo punto una stretta di 75 punti base, la terza consecutiva, viene considerata inevitabile.

Anzi, secondo l’economista di Nomura Rob Dent, il dato relativo all’inflazione potrebbe aumentare anche “il rischio di una stretta di 100 punti base, sebbene non sia questo lo scenario di base”. In ogni caso, il mercato secondo Dent “dovrebbe considerare la possibilità che ci sia un altro rialzo dei tassi di 75 punti anche a novembre”.

A questo punto, stando al trend del FedWatch del CME Group, i futures sui fed funds prezzano un rialzo dei tassi di 75 punti base per la terza volta, la prossima settimana, con una probabilità pari al 100%.

Inflazione Usa non ha toccato il picco, allerta tassi Fed: crescita CPI +8,3% su base annua ad agosto. E la componente core si rafforza

 di Laura Naka Antonelli

 13/09/2022  14:41

L’inflazione Usa misurata dall’indice dei prezzi al consumo è rallentata ad agosto al ritmo annuo dell’8,3%, rispetto al +8,5% di luglio. L’indebolimento dell’indice CPI è avvenuto tuttavia a un ritmo inferiore a quanto atteso dal consensus degli analisti, che avevano previsto un aumento pari a +8,1%. Su base mensile l’inflazione headline è salita dello 0,1%, rafforzandosi rispetto al dato invariato di luglio, e confermando una crescita superiore anche in questo caso alle stime degli analisti, che erano per un calo dello 0,1%.

La componente core è inoltre balzata del 6,3% su base annua, rafforzandosi rispetto al +5,9% di luglio, oltre il +6,1% stimato; su base mensile, l’indice CPI core è salito dello 0,6%, oltre il +0,3% stimato e il doppio rispetto al precedente +0,3% di luglio.

I numeri affossano la speranza che l’inflazione degli Stati Uniti abbia toccato il picco, e alimentano dunque il timore che la Fed continuerà nel suo percorso di rialzi dei tassi aggressivi.

In un contesto in cui la Federal Reserve sta facendo di tutto per porre un freno alla fiammata dell’inflazione, con imponenti rialzi dei tassi, il suo presidente Jerome Powell presterà la massima attenzione all’indice CPI, in vista della prossima riunione della Fed, che farà il suo annuncio sui tassi il prossimo 21 settembre.

Gli economisti scommettono su una nuova stretta monetaria di 75 punti base.

La probabilità di un nuovo maxi rialzo dei tassi è ulteriormente aumentata, prima della diffusione del dato, salendo al 90%, stando al CME Group’s FedWatch, che monitora il trend dei futures sui fed funds, rispetto al 69% di due settimane fa.

Edmond de Rothschild AM è prudente nel breve ma ottimista sulle prospettive a lungo termine

Benjamin Melman (Edmond de Rothschild AM) è leggermente sottopesato su azioni e high yield europei, mentre apprezza i settori dell’assistenza sanitaria e dei Big Data e il tema d’investimento di lungo termine dell’India

 di Leo Campagna  13 Settembre 2022 13:30
financialounge -  banche centrali Benjamin Melman Edmond de Rothschild Asset Management Jackson Hole

Nel simposio a Jackson Hole, il presidente della Federal Reserve statunitense Jerome Powell ha eliminato ogni dubbio: la politica monetaria resterà restrittiva per un periodo di tempo sufficientemente lungo da portare inflazione fino al 2%, anche se questo causa qualche sofferenza per l’economia. In base alle dichiarazioni di diversi membri del consiglio direttivo anche la Banca centrale europea (BCE) sembra avere adottato un approccio simile.

JACKSON HOLE HA SEGNATO UNA SVOLTA

“Riteniamo che Jackson Hole abbia segnato una svolta: un ritorno agli anni ’70 caratterizzato da politiche monetarie “stop & go” che non hanno impedito all’inflazione di essere persistentemente elevata in un contesto di crescita economica debole, non è un’opzione. La decisione adottata, tuttavia, richiederà alle banche centrali di attenersi al percorso che hanno impostato e di andare fino in fondo”, fa presente Benjamin Melman, global CIO di Edmond de Rothschild AM.

PROSPETTIVE PER UN FORTE MERCATO IN RIALZO

Inoltre, come segnala il manager, diversi fattori indicano che l’inflazione potrebbe iniziare a diminuire: le tensioni sulla filiera di produzione mondiale si stanno raffreddando, mentre negli Stati Uniti i canoni d’affitto hanno già iniziato a rallentare e le offerte di lavoro hanno registrato una contrazione dai massimi storici raggiunti all’inizio dell’anno. “Ora che le banche centrali hanno chiarito il loro obiettivo, se l’inflazione scenderà nei prossimi mesi, il contesto diventerà particolarmente favorevole a un forte mercato in rialzo” riferisce Melman.

NEL BREVE TERMINE PORTAFOGLI PRUDENTI

Questo scenario rende ottimista il global CIO di EdR AM sulle prospettive a medio termine. Nel breve, tuttavia, preferisce posizionare i portafogli con prudenza. “I tassi a breve termine hanno incorporato la svolta di Jackson Hole, ma forse non completamente. I mercati potrebbero continuare a correggere poiché la percezione di una politica monetaria restrittiva e persistente potrebbe aumentare la probabilità di una recessione.  L’inasprimento quantitativo della Fed, i cui effetti non sono chiari ma potenzialmente negativi per i mercati, mostrerà la sua intensità con il raddoppio dei volumi a settembre.  Inoltre, stiamo entrando in una fase di revisioni al ribasso delle stime degli utili aziendali”, spiega Melman, pronto comunque a rivedere le posizioni in funzione di come evolve la situazione.

IL PREZZO DEL GAS PENALIZZA L’EUROPA

In Europa, in particolare, le bollette energetiche e l’inflazione sono destinate ad aumentare in modo significativo sulla scia del prezzo del gas. “L’entità dello shock è tale che sono state formulate rilevanti perdite di PIL nelle previsioni sulla crescita economica europea. Il declino dell’euro, in parte causato dalla crisi energetica europea, sta mettendo sotto pressione la BCE, e aumentando il rischio di un andamento recessivo della politica monetaria. Il problema chiave per gli investitori è che il prezzo del gas, altamente volatile, è un questione strettamente politica”, chiarisce Melman.

SOTTOPESARE AZIONI E HIGH YIELD EUROPEI

Le asset class europee hanno assorbito molte notizie negative ma non hanno incorporato nei prezzi lo scenario di una grave recessione. “Preferiamo quindi sottopesare azioni e high yield, ma solo in misura limitata. Pensiamo che la situazione possa cambiare molto rapidamente e rimanere troppo poco esposti in questi mercati quotati sarebbe costoso. All’interno dei mercati azionari, apprezziamo l’assistenza sanitaria, che è resiliente nei periodi di rallentamento economico, e i Big Data”, argomenta il global CIO di Edmond de Rothschild AM.

L’INDIA, UN TEMA D’INVESTIMENTO DI LUNGO TERMINE

Melman  conclude la sua analisi parlando del mercato indiano: “La sua fortissima corsa ha confermato la nostra fiducia di lunga data in questo tema di investimento. L’India offre ora prospettive di crescita durature. Il boom del mercato immobiliare residenziale domestico ha sostenuto lo sviluppo duraturo di una classe media, accompagnato da una forte domanda di beni e attrezzature”.

Mercati sempre più complessi: ecco le strategie di PGIM

Per il secondo semestre 2022 gli asset manager di PGIM suggeriscono selezione nel credito, diversificazione azionaria per settori e stili, e l’inclusione in portafoglio di investimenti alternativi e dei fattori ESG

 di Leo Campagna  13 Settembre 2022 08:00
financialounge -  asset allocation Jennison Asscoiates PGIM Fixed Income

Nel primo semestre del 2022 eventi straordinari – prezzi al consumo in persistente rialzo, politiche monetarie sempre più restrittive, nuovi lockdown associati al COVID-19 in Cina , guerra in Ucraina – hanno comportano problematiche significative e una elevata volatilità sui mercati finanziari. In questo quadro confuso, gli asset manager di PGIM hanno approfondito le diverse situazioni e delineato gli aspetti prioritari per le strategie di investimento per il secondo semestre 2022.

RICERCA SELETTIVA NEL CREDITO

Dopo un prolungato periodo di allentamento monetario le banche centrali globali stanno inasprendo le proprie politiche per combattere l’inflazione ostinatamente elevata. Negli Stati Uniti, è probabile che la Federal Reserve propenda per rialzi dei tassi più aggressivi. “Alla luce dell’intensificazione dei rischi di recessione, un assetto equilibrato tra strumenti a duration più breve per gli aumenti dei tassi a breve termine e asset di alta qualità a duration più lunga può contribuire a bilanciare i portafogli per il futuro” riferiscono gli esperti di PGIM Fixed Income.

AZIONARIO, L’IMPORTANZA DELLA DIVERSIFICAZIONE DI SETTORI E STILI

È probabile che nel secondo semestre la crescita dei profitti possa rallentare, restando tuttavia abbastanza forte da sostenere i mercati azionari anche in caso di aumento dei tassi d’interesse. Mentre l’economia in generale dovrebbe decelerare, è possibile che i profitti dei titoli growth superino quelli dei titoli value . “Considerando che l’inflazione più elevata è destinata a esercitare impatti differenti sulle asset class, assume un’importanza fondamentale la diversificazione a livello di settori e stili” fanno sapere i professionisti di Jennison Asscoiates, la società di PGIM specializzata in growth equity.

COPERTURA DEI RISCHI DI INFLAZIONE

L’inflazione rimane attestata sui massimi da quarant’anni, con pressioni diffuse sui prezzi al consumo in generale. “Anche in caso di calo rispetto al livello attuale, il carovita è destinato a proseguire su livelli più elevati rispetto a quelli osservati nell’ultimo decennio” tengono a precisare i manager di PGIM.

DIVERSIFICAZIONE CON INVESTIMENTI ALTERNATIVI

Come sperimentato soprattutto nella prima parte di quest’anno, la correlazione tra azioni e obbligazioni è aumentata in modo significativo. In questo contesto di volatilità risultano più interessanti le strategie alternative con minori correlazioni con le asset class tradizionali. In quest’ottica, per acquisire agilità e un ampio universo d’investimento, può essere interessante implementare in portafoglio un approccio global macro. La dinamica di generare solidi rendimenti assoluti e relativi rispetto ad azioni, obbligazioni e settore immobiliare evidenziata quest’anno conferma la principale attitudine delle strategie global macro in questa delicata fase: costituire un valido elemento di diversificazione del portafoglio e fonte di rendimenti alternativi in uno scenario di aumento dell’inflazione e dei tassi.

LE IMPLICAZIONI PER GLI INVESTIMENTI A LUNGO TERMINE

Gli esperti di PGIM concludono la loro analisi ricordando quanto restino importanti le grandi tematiche strutturali, come il cambiamento climatico e la diversità. “Si tratta di dinamiche che continuano a plasmare il futuro ed è pertanto importante che si valutino le implicazioni per gli investimenti a lungo termine che i fattori ESG possono comportare nelle allocazioni nei portafogli”.

Le Borse aprono la settimana in verde, occhi puntati sulla controffensiva ucraina

L’esercito di Kiev continua ad avanzare nel nord-est occupato dai russi. Attesa per l’inflazione americana di agosto, ma il rallentamento previsto non dovrebbe modificare i piani di rialzo dei tassi della Fed

 di Antonio Cardarelli  12 Settembre 2022 09:16
financialounge -  Borse europee mercati Piazza Affari

Prima seduta della settimana che si apre in positivo per i listini europei. Piazza Affari guadagna lo 0,7%, in linea con la Borsa di Francoforte. Leggermente più indietro, nelle prime battute, Londra e Parigi. A Milano in evidenza Bper e Banco Bpm nonostante un avvio in rialzo per lo spread tra Btp e Bund a 223 punti.

PREZZO DEL GAS IN CALO

Il tema dell’energia continua a tenere banco sui mercati. Nella seduta di oggi il prezzo del gas naturale sulla piattaforma Ttf di Amsterdam apre in calo del 3,4% e si porta intorno ai 200 euro per megawattora. Giù anche il petrolio Wti e il Brent, che perdono circa l’1% e scendono rispettivamente a 91,8 e 85,7 dollari al barile. Intanto, a causa delle resistenze di alcuni Paesi, la strada verso l’introduzione di un tetto al prezzo del gas nell’Ue sembra di nuovo in salita e la scelta è stata rimandata a ottobre.

CONTROFFENSIVA UCRAINA IN CORSO

Occhi puntati anche sull’evoluzione della guerra in Ucraina. L’offensiva cominciata a settembre ha permesso all’esercito di Kiev di riconquistare terreno a est e a nord. Sono una ventina le città liberate dalle truppe ucraine, arrivate ormai al confine con la Russia. Per Mosca, che parla di “riorganizzazione in vista di una nuova offensiva”, si è trattato di una precipitosa ritirata. La guerra, secondo alcuni analisti, potrebbe essere giunta a un punto di svolta.

FUTURES DI WALL STREET POCO MOSSI

Futures di Wall Street poco mossi, nella mattinata europea, in attesa del dato sull’inflazione Usa. Gli analisti vedono un rallentamento a +8,1%, ma ciò non dovrebbe far cambiare la rotta dellla Federal Reserve, determinata ad aumentare i tassi di 75 punti base nella prossima riunione di settembre. In Asia borse cinesi chiuse, Tokyo invece è operativa con l’indice Nikkei che guadagna l’1,16%, sui massimi delle ultime due settimane.

Credit Suisse adesso opta per un sottopeso tattico nelle azioni

L’Investment Committee di Credit Suisse spiega come fare i conti con un contesto di rallentamento della crescita, aumento della probabilità di recessione, inflazione elevata e tassi in rialzo

 di Leo Campagna  10 Settembre 2022 09:30
financialounge -  Credit Suisse mercati Morning News

A luglio, sulla scia delle speranze che le banche centrali potessero rallentare ed eventualmente invertire i rialzi dei tassi una volta raggiunto un picco dei prezzi al consumo, si è registrato un significativo rally estivo azionario. “Il nostro Investment Committee ne ha approfittato per ridurre l’allocazione azionaria da sovrappesata a neutrale in occasione della riunione del 10 agosto. Da allora, e dopo il Simposio di politica economica delle banche centrali di Jackson Hole della scorsa settimana, la pressione sui mercati è notevolmente aumentata” fanno sapere gli esperti di Credit Suisse.

CREDIT SUISSE HOUSE VIEW DI AGOSTO

L’Investment Committee nell’aggiornamento della Credit Suisse House View di Agosto 2022, stima che Eurozona, Regno Unito e Canada entrino in recessione il prossimo anno, indotta da costi energetici elevati, minore fiducia, condizioni finanziarie in rapido inasprimento e minor propensione per i beni durevoli. Probabile inoltre che anche la crescita per gli USA risulti inferiore al trend: uno scenario nel quale il PIL globale dovrebbe salire al 2,7% quest’anno e all’1,7% il prossimo, entrambi i valori al di sotto del consenso.

I MERCATI SI ADEGUERANNO A QUESTA NUOVA REALTÀ

Per gli investitori significa dover fare i conti con un contesto di rallentamento della crescita, aumento della probabilità di recessione, inflazione elevata e, dopo il simposio di Jackson Hole, banche centrali determinate ad aumentare i tassi d’interesse e a mantenere la rotta. “Ciò segna un ritorno alla volatilità dei prezzi degli asset finanziari a cui abbiamo assistito nei primi sei mesi dell’anno. I prossimi mesi saranno probabilmente duri, in quanto i mercati si adegueranno a questa nuova realtà”, spiegano i manager di Credit Suisse.

ESPOSIZIONE TATTICA SOTTOPESATA SULL’AZIONARIO

Ragioni che hanno spinto l’Investment Committee a ridurre l’esposizione tattica sulle azioni portandola a sottopesata, ritenendo che le prospettive di rendimento assolute per le azioni dei mercati sviluppati ed emergenti siano decisamente poco interessanti. A livello regionale è da privilegiare Wall Street mentre l’Eurozona è la meno preferita in assoluto: in ambito settoriale, invece, sono indicati i settori salute e IT.

INTERESSANTE IL DEBITO EMERGENTE

Tornando al quadro macroeconomico globale, l’Investment Committee si attende un indebolimento della crescita della domanda delle economie sviluppate verso fine anno. L’inflazione primaria sembra destinata a toccare il picco nelle maggiori economie nel 3° trimestre per poi diminuire successivamente, pur restando al di sopra del target. “Nel reddito fisso gli incrementi dei rendimenti dovrebbero rallentare sulla scia del picco dei rischi di inflazione e della moderazione della crescita a livello globale, e anche a seguito della normalizzazione della politica monetaria. Sotto il profilo tattico, riteniamo interessante il debito emergente, alla luce dei rendimenti elevati” specificano gli esperti di Credit Suisse.

MATERIE PRIME, HEDGE FUND E VALUTE

Per quanto riguarda le materie prime, sulle loro recenti quotazioni hanno pesato le preoccupazioni sulla crescita. D’altra parte se è probabile che il collo di bottiglia delle forniture sia alle spalle, non si è ancora in una situazione di offerta abbondante mentre i rischi di disgregazione delle catene di approvvigionamento restano elevati. Sul fronte degli hedge fund, da preferire le strategie a basso beta. “Infine, in ambito valutario, il dollaro USA dovrebbe mostrare ancora una certa solidità nel breve termine, sia per i rendimenti offerti che per la sua natura di bene rifugio durante le fasi di incertezza. Ci aspettiamo una certa performance differenziata nelle monete dei mercati emergenti, mantenendo tuttavia un atteggiamento complessivamente neutrale” concludono i manager di Credit Suisse.

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