Video Analisi con commento : RUSSIA UCRAINA FINANZA O MATRIX

Eccoci a un aggiornamento dell’analisi comparativa tra il grafico del DOW JONES del 1962 e quanto sta accadendo nel 2022 :

RUSSIA UCRAINA FINANZA O MATRIX

Il 2022 ,ad oggi ,è la fotocopia del 1962 ,con una differenza ,allora si parlava di USA E CUBA e oggi di RUSSIA UCRAINA ,per non parlare della fine del QE della FED e del PEPP della BCE proprio a fine MARZO.

Questa Video Analisi è l’aggiornamento al 3 Febbraio 2022 delle precedenti analisi pubblicate dal 8 Gennaio 2022 in poi di cui alleghiamo i link :

Video Analisi con commento : Dow Jones Outlook 2020-2029

Video Analisi con commento : Dow Jones e le Idi di Marzo

Video Analisi con commento : DOW JONES, GANN, CICLO A 60 ANNI , CONFRONTO 1962-2022

Ci teniamo a ringraziare tutti i nostri lettori per l’attenzione crescente al nostro canale You Tube al quale Vi invitiamo a iscriverVi qual’ora non lo aveste già fatto.

SFI TRADING ADVISOR Solofinanzaindipendente – YouTube

CLICCA PER ANDARE AL NOSTRO CANALE YOU TUBE

Ad Maiora !

 

NEWS SEGUITE ALLA VIDEO ANALISI

101

FEDlusso70

FEDlusso56

FEDlusso54

FEDlusso52

Immagine 2022-08-11 211814

FEDlusso51

Immagine 2022-08-30 182730

FEDlusso50

FEDlusso44

Immagine 2022-07-22 151823

FEDlusso3

FEDlusso

FEDii

FEDhh

Immagine 2022-06-21 141412

FEDgg

FEDff

FEDdd

FEDdd

FEDcc

FED

FED

FED

Ecco i punti del piano di razionamento gas dell’Italia: Draghi punta a ridurre al minimo lo shock sull’economia in caso di stop da Mosca

Da oggi il gasdotto Nord Stream 1, che da solo ogni anno garantisce 60 dei 200 miliardi di metri cubi del metano russo che vengono pompati verso l’Europa, rimarrà chiuso per 10 giorni di manutenzione annuale. Cosa succederà dopo il 21 luglio? Il timore è che i russi non lo riaprano. Il Ministro dell’economia francese Le Maire ha affermato perentoriamente che la Russia potrebbe interrompere definitivamente le forniture alla fine di tale periodo.

Una mossa che complicherebbe molto i tentativi dei paesi UE di aumentare lo stoccaggio invernale del gas. In Germania i serbatoi sono pieni al 63,5% rispetto al target del 90% indicato dall’UE.

Secondo il think tank Bruegel, l’Europa rischia di dover mettere in atto un razionamento consistente tagliando i consumi in media del 15%. Per la Germania il taglio è stimato nell’ordine del 20%. La Germania è il paese UE più dipendente dal gas russo e il governo ha invitato i cittadini a razionare l’uso di energia accorciando le docce, usando meno l’auto e spegnendo l’aria condizionata.

Intanto i dati diffusi da ENI confermano che continua il calo delle forniture russe. Per quanto concerne l’Italia, il colosso russo Gazprom ha comunicato che per la giornata di oggi fornirà a Eni volumi di gas pari a circa 21 milioni di metri cubi/giorno, rispetto a una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni di metri cubi/giorno.

Anche l’Italia si prepara al razionamento 

L’Italia senza l’apporto del gas russo vedrebbe venir meno il 44% delle sue forniture di gas (29 miliardi di metri cubi nel 2021). Secondo il Messaggero il piano per l’austerity del governo partirebbe da razionamenti ai consumi residenziali: abbassamento delle temperature di 2 gradi, spegnimento dei riscaldamenti di notte, etc, che permetterebbe di risparmiare fino a 6 miliardi di metri cubi, ossia il 20% del gas importato dalla Russia. Ulteriori risparmi potrebbero arrivare da interventi amministrativi sugli orari degli uffici pubblici, la chiusura anticipata dei negozi alle 19 e infine i locali potrebbero andare incontro al coprifuoco alle 23.

Se queste misure non dovessero essere sufficienti l’intervento si allargherebbe alle industrie, partendo dagli energivori, che ottengono energia a prezzi ridotti accettando l’opzione di essere interrotti in caso di necessità. “Gli interventi del governo sembrano orientati a ridurre al massimo gli interventi per contenere gli effetti recessivi sull`economia di uno shock dell`offerta di gas russo“, rimarcano stamattina gli esperti di Equita. Le società del settore utilities esposte al settore sono Eni, le local utilities (A2a, Iren ed Hera) attive nella vendita di energia elettrica e nella produzione di energia elettrica con CCGT (A2a e Iren) ed Enel. L`esposizione media dell’ebitda del settore energy sale (gas ed elettricità) è fra 8% e 20% dell’ebitda.

Petrolio a 380 dollari e benzina a 4 euro al litro, dobbiamo prepararci al peggio?

Il prezzo del petrolio rischia di esplodere a livelli mai visti, distruggendo le economie importatrici nel giro di breve tempo.

di , pubblicato il 
Petrolio a 380 dollari?
 
 

Sul finire della scorsa settimana, gli analisti di JP Morgan hanno pubblicato una previsione sul petrolio a dir poco agghiacciante. Al G7 di Elmau, Germania, i principali paesi industrializzati hanno inasprito le sanzioni contro la Russia, tra l’altro varando anche l’embargo sull’oro. Allo studio dei governi vi è anche un meccanismo per imporre un tetto al prezzo del greggio russo, un modo per ridurre le entrate statali di Mosca. Tuttavia, la banca d’affari americana teme che questa mossa possa rivelarsi un boomerang a tutti gli effetti. Se la Russia ribattesse tagliando la sua produzione di 3 milioni di barili al giorno, spiega, il prezzo del Brent schizzerebbe a 190 dollari al barile. Se, invece, tagliasse la produzione di 5 milioni di barili al giorno, il prezzo esploderebbe a 380 dollari.

L’arma del petrolio di Putin

Gli analisti di JP Morgan ricordano, infatti, che la Russia ha una solidità fiscale di fondo che le consentirebbe allo stato attuale di ridurre la produzione fino a 5 milioni di barili al giorno senza accusare grosse conseguenze per la propria economia. Di fatto, potrebbe privarsi delle sue esportazioni per un certo periodo, il tempo di piegare l’Occidente e indebolirlo al punto tale da indurlo ad alzare bandiera bianca sull’Ucraina.

La situazione è delicatissima. Il motto del G7 quest’anno è stato “Putin non deve vincere”. Se vincesse, non solo rafforzerebbe il proprio appeal geopolitico, ma si sentirebbe autorizzato prima o poi ad attaccare qualche altro stato europeo, Moldavia in primis. D’altra parte, il Cremlino ritiene che in Ucraina non possa perdere; sarebbe la fine politica non solo di Vladimir Putin, ma anche della Russia intesa come potenza regionale.

 

 

Inflazione già alle stelle in Occidente

Ieri, il prezzo del petrolio si aggirava intorno ai 112 dollari al barile, sotto i massimi recenti di oltre 123 dollari toccati nei primi di giugno. Per il momento, nulla lascia supporre una drastica accelerazione delle quotazioni. Ma la geopolitica non gioca a favore di noi occidentali. Un petrolio a 2-300 dollari, senza neppure arrivare ai livelli previsti da JP Morgan nello scenario peggiore, stenderebbe a tappeto le nostre economie. Già l’inflazione divora stipendi e risparmi. Nell’Eurozona è schizzata all’8,6% a giugno, trainata dal +41,9% annuale dei prezzi energetici.

La ritorsione russa difficilmente sarebbe compensata dall’aumento delle estrazioni nel breve periodo in altri stati produttori. In attesa di verificare se e a quale intesa giungeranno Arabia Saudita e USA dopo l’atteso incontro tra il presidente Joe Biden e il principe Mohammed bin Salman, sembra che il Medio Oriente si sia schierato silentemente per interesse con Mosca. Alte quotazioni convengono a tutti i paesi esportatori, seppure non al punto di mandare le economie clienti in recessione. E speriamo che di questo tenga conto il Golfo Persico nelle prossime settimane.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 
 Argomenti: 

La Russia fa la voce grossa sul gas con l’Europa, ma la sola Cina non le basta

Il taglio delle forniture di gas all’Europa da parte della Russia provoca una crisi energetica nel continente, ma Mosca deve stare attenta

di , pubblicato il 
Taglio del gas russo in Europa
 

La Russia è passata dalle minacce ai fatti. La scorsa settimana, ha tagliato le forniture di gas a mezza Europa e, in particolare, a Germania e Italia con riduzioni tra il 50% e i due terzi. Lo ha fatto in una fase cruciale per l’accumulo di scorte nel Vecchio Continente, che tipicamente avviene nel periodo estivo e in previsione della stagione fredda. L’impatto sarà duro. Il ministro dell’Economia e alla Protezione ambientale tedesco, Robert Habeck, ha invitato i tedeschi a prepararsi a un inverno con “case più fredde”. Ovunque si parla di razionamento energetico. Finora, la Russia ha potuto fare il bello e il cattivo tempo su gas e petrolio, spalleggiata da Cina e India per mero interesse.

Cina e India beffano l’Europa sul petrolio

Se nei giorni scorsi vi abbiamo dato la notizia di come Nuova Delhi stia rimpiazzando l’Europa sulle importazioni di petrolio russo, questa settimana sono usciti numeri interessanti anche sulla Cina. A maggio, Pechino ha acquistato dal vicino quasi 300.000 barili al giorno di greggio in più rispetto ad aprile, scalzando l’Arabia Saudita come primo fornitore. La Russia ha così registrato un balzo delle esportazioni verso la Cina del 55% su base annua a una media di 1,98 milioni di barili al giorno. A seguire vi sono stati i sauditi con 1,84 milioni.

Nel 2021, la Cina ha importato la media di 9,6 milioni di barili al giorno, di cui 1,6 milioni dalla Russia. L’Unione Europea, invece, ne ha acquistati la media di 2,2 milioni di barili dal vicino scomodo. Anche se azzerasse le importazioni nei prossimi mesi, a tutti gli effetti Cina e India sarebbero in grado di rimpiazzarle del tutto.

 

Basti pensare che, a fronte di 1,45 miliardi di barili nell’intero anno (circa 4 milioni al giorno), l’India dalla Russia ne aveva importati appena 12 milioni di barili (sui 30.000 al giorno), dato quasi già doppiato nei primi mesi del 2022.

Sul gas la Russia non può bluffare a lungo

Rimpiazzare l’Europa con Cina e India sul petrolio sarà semplice, anche senza puntare su ulteriori mercati di sbocco. Del resto, i due stati asiatici stanno approfittando della vendita di greggio a sconto di 30-35 dollari al barile rispetto alle quotazioni internazionali. Ma sul gas i numeri appaiono assai diversi. L’Europa ha importato dalla Russia 155 miliardi di metri cubi nel 2021, mentre la Cina appena 16,5 miliardi. Dato praticamente nullo per l’India. Quand’anche il regime di Xi Jinping puntasse ad aumentare le importazioni dalla Russia, praticamente dovrebbe azzerare le importazioni dal resto del mondo per rimpiazzare del tutto l’Europa.

Infatti, nel 2021 la Cina ha importato circa 180 miliardi di metri cubi di gas. Al netto della quota russa, resterebbe da coprire una quantità grande poco più di tutte le importazioni dell’Unione Europea. Ma nessun paese sarebbe così miope da legarsi a un unico fornitore, ammesso che le relazioni contrattuali con gli altri fornitori lo consentissero in tempi rapidi. Pensate che l’Europa avrà enormi difficoltà ad allentare la dipendenza dalla Russia, importando da essa quasi il 40% di gas all’anno. E la Cina dovrebbe importare quasi il 100% dal suo vicino del nord?

Criticità nel medio periodo per l’Europa

E, allora, perché la Russia continua a fare la voce grossa con l’Europa? Nel breve termine, sa che rimpiazzarla non sarà né facile, né del tutto possibile. Il gas si esporta o tramite pipeline o in forma liquida (LNG). Nel primo caso, servono impianti, la cui costruzione avviene negli anni e che solo la vicinanza geografica tra produttore e importatore rende possibile. Nel secondo caso, servono rigassificatori e il sostenimento di maggiori costi. Negli anni, la diversificazione sia dei fornitori che delle fonti energetiche sarà pure in grado di farci fare a meno di tutto il gas russo, nel breve no.

 

Ma in un orizzonte di lungo periodo, neppure la Russia avrebbe vita facile. Cina e India non le basterebbero per rimpiazzare l’Europa.

Perché la Russia taglia il gas all’Europa proprio adesso, rischio di energia razionata  

La Russia taglia le forniture di gas all’Europa fino al 40% e i prezzi riesplodono ai massimi dal marzo scorso, minacciando l’inverno.

di , pubblicato il 
La Russia taglia il gas all'Europa
 
 
A tre mesi e mezzo dall’inizio della guerra con l’Ucraina, la Russia sfodera la sua arma più temibile per l’Europa: il gas. La scorsa settimana, il colosso energetico Gazprom ha confermato di avere ridotto le forniture tramite il pipeline North Stream 1, quello che collega Russia e Germania attraverso il Mare del Nord. I tedeschi hanno dichiarato che gli afflussi di gas sono stati tagliati al 40% della capacità dell’impianto. Nelle stesse ore, ENI lamentava la consegna del 35% delle forniture richieste e pattuite, cioè un taglio di un terzo dell’offerta. Venerdì, l’ammanco saliva al 50% Lo stesso accadeva in Francia, Olanda e Repubblica Ceca. E naturalmente i prezzi del gas sono tornati a impennarsi. Giovedì, schizzavano già a 150 euro per mega-wattora, il livello più alto toccato dal marzo scorso.

Taglio gas Russia, Europa in affanno

Sarà una coincidenza, ma il taglio delle forniture di gas all’Europa è arrivato in coincidenza con la visita di Emmanuel Macron, Mario Draghi e Olaf Scholz a Kiev, dove i tre leader hanno incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non poteva esservi momento peggiore. Qualche giorno prima, gli USA avevano sospeso le loro forniture di gas all’Europa dopo che un incidente a un impianto nel Texas aveva reso impossibili le esportazioni. L’impianto è responsabile del 20% delle esportazioni americane di LNG e difficilmente sarà riattivato entro la fine dell’anno.

Formalmente, Gazprom ha giustificato il taglio delle forniture con esigenze di riparazione. La compagnia ritiene che, a causa delle sanzioni dell’Occidente, non sia possibile sapere con certezza se la riparazione possa avvenire in tempi brevi, dato che alcuni pezzi dovrebbero arrivare dal Canada.

La Germania ha tacciato come “infondate” tali spiegazioni, sostenendo che il taglio sarebbe “politicamente motivato”. Come se non bastasse, North Stream 1 sarà chiuso per riparazione tra l’11 e il 21 luglio prossimo. Da qui sono arrivati 55 miliardi di metri cubi di gas nel 2021, oltre un terzo del totale importato dall’Europa.

Energia razionata e inflazione alle stelle

In questi mesi, gli stati comunitari puntano ad accumulare scorte di gas fino all’80% della capacità delle riserve. Un modo per non farsi trovare impreparati in inverno, come accadde nei mesi scorsi per via di diverse vicissitudini. La Germania sarebbe già sopra il 50%. Tuttavia, la stessa ritiene che non sarà possibile tendere all’obiettivo con questi numeri delle forniture. E, dunque, la Russia gioca a metterci nel panico dinnanzi alla prospettiva di un secondo inverno con poco gas ed esponendoci alla volatilità delle quotazioni sui mercati. Un modo per accrescere la propria forza negoziale sul fronte bellico.

Il rischio di un razionamento energetico sta diventando sempre più probabile, per quanto non desiderabile. Soprattutto, l’inflazione rischia di accelerare ulteriormente e restare elevata più a lungo del previsto. Uno scenario horror per i governi, che temono di doversi barcamenare nei prossimi mesi tra rialzo dei tassi, prezzi alle stelle ed economia in picchiata. Anche per questo i tre leader europei a Kiev ci sarebbero andati con l’intenzione di far capire a Zelensky che la guerra deve finire quanto prima. Nessuno può permettersi di arrivare in inverno con poche scorte di gas e i prezzi alle stelle. Ma una vittoria della Russia sul campo sarebbe esiziale per l’Europa. Per questo la guerra non potrà finire poi così presto.

Petrolio, da Opec alert prezzi: ‘Macché record, bisogna considerare fattori Russia e Cina’. E Goldman Sachs sforna nuovo outlook bullish

“La Cina non è ancora tornata – ha sottolineato il ministro, stando a quanto riporta un articolo di Bloomberg – e la Cina tornerà facendo crescere i consumi” di petrolio, di energia e di tutto, con la sua domanda post ultima ondata di Covid.

E’ vero, come dimostrano le ultime notizie che arrivano da Pechino, che l’emergenza della pandemia non è finita, almeno in base ai parametri del governo cinese, ossessionato nella lotta contro il virus con la sua ben nota zero Covid policy. Una politica che sta avendo non pochi effetti sul trend dell’economia globale, se si considera che ieri, nel suo ultimo outlook economico intitolato “The Price of War”, l’Ocse ha motivato il downgrade dell’outlook sul Pil globale anche con i lockdown lanciati in Cinache hanno fermato e rallentato di nuovo l’attività economica del paese.

Ma quando la Cina ritornerà in pista, ha fatto notare il ministro, le cose cambieranno perchè, inevitabilmente, aumenterà la domanda di oil.

Al-Mazrouei ha lanciato così un chiaro avvertimento, spiegando che, senza maggiori investimenti in tutto il mondo, l’Opec+, associazione costituita dai paesi Opec come l’Arabia Saudita e, per l’appunto, gli Emirati Arabi Uniti, e paesi non Opec come la Russia, non riuscirà ad assicurare una quantità sufficiente di petrolio, in vista della ripresa totale della domanda post pandemia Covid.

I prezzi del petrolio, ha avvertito ancora il ministro, potrebbero testare livelli “mai visti” nel caso in cui l’offerta di petrolio e di gas della Russia venisse bandita del tutto dai mercati.

E sappiamo, a tal proposito che, dopo l’embargo sul petrolio e gas russi da parte degli Stati Uniti, un bando alle importazioni di petrolio russo è stato deciso anche dall’Unione europea, anche se ci sono diversi dubbi sulla sua efficacia in quanto misura punitiva contro la Russia di Vladimir Putin.

LEGGI ANCHE

Russia fuori dall’OPEC+? Ecco perchè il cartello del petrolio inizia a temere effetto boomerang di prezzi alle stelle

Petrolio: offerta Opec non basta con embargo Russia

La scorsa settimana l’Opec+ ha annunciato che aumenterà l’offerta per i mesi di luglio e di agosto di 648.000 barili al giorno, con una fornitura superiore del 50% rispetto a quanto precedentemente pianificato.

Tuttavia, le parole del ministro degli Emirati Arabi Uniti indicano come il rischio di un deficit dell’offerta, senza la Russia, sia concreto e come, di conseguenza, sia possibile che i prezzi del petrolio siano decisamente lontani dai loro massimi. La paura è più che ragionevole se si considera che quel rialzo dell’offerta di petrolio che è arrivato dall’Opec+ equivale ad appena lo 0,4% della domanda globale attesa per i mesi di luglio e agosto, ed è conseguente a diversi mesi in cui l’organizzazione ha fatto fatica a centrare i suoi target di produzione.

“Siamo indietro di quasi 2,6 milioni di barili al giorno, ed è tanto”, ha rincarato la dose Al Mazrouei.

In realtà sia gli Emirati Arabi Uniti che l’Arabia Saudita hanno una capacità di riserva significativa che possono attivare, ma anche quella non è sufficiente a compensare il deficit di offerta che si è creato imponendo sanzioni contro Mosca.

“La situazione non è molto incoraggiante se si considerano le quantità che possiamo fornire” al mercato, ha fatto notare Al Mazrouei.

Gli ha dato praticamente ragione il segretario dell’Opec Mohammad Barkindo , sottolineando che l’Opec è alle prese con l’assenza di una capacità di riserva.

“A eccezione di due-tre membri (del cartello), tutti hanno portato la produzione al massimo”, ha detto Barkindo, parlando in occasione di una conferenza che si è tenuta a New York, organizzata da RBC Capital Markets – Il mondo deve venire a patti con questo fatto brutale” .

Goldman Sachs bullish: le stime sul Brent per questa estate

Ieri è arrivata anche la previsione bullish degli economisti di Goldman Sachs, che hanno avvertito che i prezzi del petrolio e della benzina dovranno salire ancora oltre, nel corso dell’estate, per incentivare la produzione e per scoraggiare i consumi, al fine di provocare la distruzione della domanda.

Ora la banca colosso di Wall Street prevede per i prezzi del petrolio crude Brent un valore medio di 140 dollari al barile, nel periodo compreso tra i mesi di luglio e di settembre, rispetto ai $125 al barile dell’outlook precedente e ai $123 al barile attorno a cui il Brent oscilla al momento.

Da segnalare che, nel periodo compreso tra il 1983 e il 2022, i prezzi del WTI, che oscillano anch’essi attorno a quota $120, hanno testato un massimo a $147,27, l’11 luglio del 2008, e un minimo a -40,32 al barile, diventando in tempi di Covid perfino negativi. Il Brent ha toccato il massimo storico a $147,50 e il minimo a $2,23 al barile.

Moody’s, petrolio: la soglia alert recessione

Mark Zandi, economista di Moody’s Analytics, ha individuato intanto nel valore di $150 al barile la soglia di allarme, avvertendo che prezzi a quei livelli scatenerebbero la recessione negli Stati Uniti.

“Se i prezzi saliranno fino a $150, entreremo in recessione”, ha commentato alla CNN.

E certo le previsioni di Jamie Dimon, ceo di JP Morgan, non sono di buon auspicio, visto che l’amministratore delegato della banca numero uno degli Stati Uniti per valore degli asset, paventa proprio prezzi dell’oil a $150 al barile, parlando al contempo di uragano economico.

A sconfessarlo è stato tuttavia nelle ultime ore Marko Kolanovic, responsabile strategist dei mercati globali e co-responsabile della divisione di ricerca globale della stessa JP Morgan: fiducioso nell’economia americana – e anche nel trend dello S&P 500 – anche con quotazioni del petrolio a quei livelli.

Russia, il governo annuncia di essere pronto a pagare debiti e relativi interessi ai creditori

 

Il governo russo, che ha pagamenti di interessi scaduti sul suo debito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, ha dichiarato oggi di essere pronto e disponibile a regolare tutti …

Petrolio: Arabia Saudita pronta ad aumento significativo offerta in caso forte calo produzione Russia

Prezzi del petrolio in forte calo dopo le indiscrezioni riportate dal Financial Times, secondo cui l’Arabia Saudita sarebbe pronta ad aumentare la propria offerta di petrolio nel caso in cui la produzione di oil della Russia dovesse scendere in modo significativo, sulla scia delle sanzioni imposte contro Mosca a causa dell’invasione dell’Ucraina.Le quotazioni hanno ora limitato le perdite, ma erano arrivate a cedere il 3%. I prezzi del Brent e del WTI sono in ribasso del 2%, rispettivamente a $114 e $113 circa al barile.

SUICIDIO EUROPA!

Scritto il  alle 07:42 da icebergfinanza
facebook sharing button
 

Tanto tuonò che piovve, il buon Socrate si rivolterebbe nella tomba ad osservare l’immensa stupidità dell’intera combricola dei burocrati europei…

 

Tra 6 mesi, il petrolio arriverà a 200 dollari avanti di questo passo, solo tra 6 mesi l’Europa smetterà di importare petrolio russo, via mare, solo quello via mare.

Ieri il prezzo del petrolio è esploso, per poi essere frenato dalle banche di affari americane, il fondo le commodity sono il loro giocattolo, come l’oro e l’argento, comandano loro al momento, ci vorrebbe il ritorno dell’esercito di trader casalinghi Robinhood, Reddit e TicToc per dar loro una sonora lezione.

Un terzo del petrolio russo continuerà a circolare, come la stupidità che fluisce nei cervelli  dei tecnocrati e banchieri europei, più osservano danni a loro stessi con le sanzioni e più ne mettono, facendo un favore a Putin.

Immagine

Ora sono cinque le nazioni europee alle quali Putin ha chiuso il gas!

 

Chiunque abbia parlato con politici e funzionari all’Aia negli ultimi mesi della chiusura del rubinetto del gas da parte della Russia ha ricevuto la stessa risposta standard: “No, Putin non lo farà mai. Ha troppo bisogno di soldi.’ Ma Putin sì. E proprio da oggi. Dopo Polonia, Bulgaria e Finlandia tocca a noi.

Più la Danimarca!

ll problema è, come scrivono in Olanda che non c’è alcuna certezza per le fonti alternative.

“È un giusto compromesso… questo era il meglio che potevamo ottenere”

Questa la solita inutile e stupida sintesi dei burocrati europei.

Russia, Cina, India e naturalmente le imprese ungheresi, tutti i Paesi produttori di petrolio e gas, soprattutto i volponi USA, ringraziano i fessi europei!

Ovviamente non basta mai…

Immagine

Risultato?

 

 

Immagine

Ovviamente l’isteria tedesca si è già fatta sentire, in Germania torna ad aleggiare il fantasma della Repubblica di Weimar e subito alla BCE si adeguano…

 

Il presidente della Bundesbank, Jaochim Nagel, è tornato a chiedere alla Bce un messaggio forte alla riunione del 9 giugno che prepari la strada al rialzo dei tassi a luglio.

Immagine

La contrazione della massa monetaria in Europa è tale che in passato a questi livelli la recessione è stata assicurata.

Il bello è che alzeranno i tassi, sarà uno spettacolo da non perdere quello che accadrà dopo, l’implosione deflattiva della crisi subprime e della pandemia, verranno ricordate come uno scherzo rispetto a quello che verrà!

Nel frattempo il nonno d’Italia, il banchiere suggerisce che è stato un successo completo e che in Europa l’inflazione non esiste, non serve aumentare troppo i tassi, sai in America è diverso…

 

Nel frattempo, l’altro banchiere chiede sacrifici agli italiani e suggerisce di non toccare i salari, penitenziagite e soffrite in silenzio fessi italiani, l’inflazione l’abbiamo creata noi, ma ora è il vostro problema.

 

Non solo, ieri in America si raccontava che Biden si sarebbe incontrato con Powell, il governatore della banca centrale americana per parlare di inflazione, come se la polizia chiedesse un incontro con l’assassino per farsi aiutare a capire chi ha ucciso la vittima.

Tralaltro, la polizia, l’amministrazione Biden è il principale responsabile dell’inflazione americana con l’imponente ed inutile, pioggia di sussidi e denaro gratuito, ovunque.

Anche un bambino capirebbe che la speculazione alimentata dalle banche centrali è la principale responsabile di ciò che sta avvenendo, ma noi non abbiamo fretta, l’implosione deflattiva che seguirà sarà terrificante!

In Italia, la politica è morta e sepolta, c’è ancora qualche fesso che crede che bisogna andare a votare, non si sa bene chi o cosa, ma i fessi in Italia come ricordava Prezzolini abbondano.

 

Anche presso l’Opec i geni abbondano…

Alcuni membri dell’OPEC stanno riflettendo sulla possibilità di sospendere la Russia dall’accordo OPEC+ che limita la quantità di petrolio greggio che ogni membro può produrre, ha riferito martedì il Wall Street Journal, citando i delegati dell’OPEC.

La sospensione del ruolo della Russia nel gruppo potrebbe consentire ad altri membri di aumentare la produzione di petrolio a un ritmo più rapido, anche se si ritiene che solo pochi membri dell’OPEC abbiano la capacità di aumentare la produzione tanto rapidamente quanto consentito dall’accordo attuale.

Nell’articolo scrivono che ormai nessun più vuole il petrolio russo, tranne la Cina e l’India come se fossero quattro gatti, robe da matti, il resto ve lo risparmio.

Rendimenti che tornano a salire ovunque, dollaro che torna a rafforzarsi ma non troppo, spread che continua a salire, abbiamo sbagliato le previsioni sui rendimenti USA, ma sul dollaro e sullo spread abbiamo fatto centro, contro tutte le previsioni.

Nel fine settimana, in Machiavelli ”Tempesta estiva” parleremo anche dello spread e di quando inizierà ad essere interessante accumulare i nostri titoli di Stato.

Appuntamento nel fine settimana con il nostro Machiavelli e la sua ”Tempesta estiva”

Noi continuiamo a fare analisi anche se non interessano più a nessuno e seguiamo l’econofisica, quella che il nostro Puntosella ci sta raccontando da tempo, il resto lo lasciamo al tempo, alla verità figlia del tempo.

EMBARGO PETROLIO RUSSO, “CHIUSURA LUKOIL IMMINENTE, DRAGHI PENSI A PIANO B”
“La decisione dell’UE di porre a fine anno l’embargo al petrolio russo trasportato via mare rischia di avere conseguenze drammatiche sull’economia siciliana e gravi ripercussioni su tutto il sistema degli approvvigionamenti energetici nazionali”. Lo afferma la parlamentare nazionale di Forza Italia, Stefania Prestigiacomo, che interviene sulla decisione dell’UE di disporre l’embargo del petrolio russo via mare, la principale fonte di approvvigionamento per le raffinerie Isab-Lukoil, cuore pulsante del Petrolchimico di Siracusa.
“Infatti la raffineria Isab di Priolo (di cui è proprietaria la Lukoil), che lavora praticamente -afferma Prestigiacomo – solo idrocarburi russi che giungono via mare, in queste condizioni fra sei mesi, se non prima, sarà condannata a chiudere, facendo perdere al paese una quota significativa di derivati dal petrolio e innescando una crisi ‘di sistema’ dalle gravissime conseguenze occupazionali (e quindi sociali) ed economiche”.
Secondo la parlamentare nazionale di Forza Italia, si creerebbe un effetto domino che coinvolgerebbe la Sicilia. “Si stima che la chiusura dell’Isab a causa dell’embargo – dice la deputata nazionale siracusana – farebbe perdere alla Sicilia 1 punto di Pil per un valore di oltre un miliardo di euro ma, soprattutto, avrebbe un devastante effetto sul lavoro del siracusano con circa 3000 posti di lavoro fra diretti ed indiretti che sarebbero compromessi nella sola Isab-Lukoil che però, per l’effetto domino in un comparto industriale che dall’Isab in gran parte dipende ci sarebbero conseguenze su Erg, Air Liquide, Priolo Servizi e in parte Versalis. Una caporetto sociale dalle proporzioni che non si possono ignorare e che è ampiamente annunciata”. “Il Governo – aggiunge – ha un ‘piano B’ per salvare migliaia di posti di lavoro e un quarto della capacità di raffinazione italiana? Il governo prima di assumere questa decisione avrà certamente valutato le conseguenze sul nostro paese ma nulla leggiamo relativamente alla messa in sicurezza produttiva dell’impianto siciliano. La macelleria sociale ed economica annunciata in Sicilia è un prezzo che l’Italia può pagare sull’altare della guerra?”. (Fonte: BlogSicilia (Embargo petrolio russo, “chiusura Lukoil a breve” allarme di Prestigiacomo))

Borsa Tokyo giù, bene Shanghai e Hong Kong dopo dati PMI Cina. Petrolio WTI +3% con embargo Ue su oil Russia

Borse asiatiche miste: l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo scende dello 0,25%. Bene Shanghai +0,92% e Hong Kong +0,71%. Sidney fa -0,73%, Seoul +0,49%.

Resi noti i dati ufficiali relativi ai settori manifatturiero e dei servizi della Cina.

Nel mese di maggio l’indice Pmi manifatturiero ufficiale della Cina si è attestato a 49,6 punti, meglio dei 48 punti attesi dal consensus e in miglioramento rispetto ai precedenti 47,4 punti. Il dato ha confermato tuttavia la fase di contrazione in cui è scivolata l’economia cinese a causa dei lockdown imposti dal governo di Pechino per arginare l’ondata di Covid, in quanto inferiore alla soglia di 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione – valori al di sotto – e fase di espansione, valori al di sopra.

Il Pmi servizi si è confermato anch’esso in fase di contrazione, attestandosi a 47,8 punti, meglio comunque dei
45,2 attesi e in rialzo rispetto ai 41,9 precedenti.

Il Pmi Composite è migliorato a 48,4 punti, rispetto ai precedenti 42 di aprile.

Ma notizia grande protagonista di oggi è l’intesa raggiunta nella notte tra i leader Ue del Consiglio europeo a favore dell’embargo sul petrolio russo.

Secondo quanto riferito dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, l’embargo colpisce subito “più di 2/3 delle importazioni di petrolio dalla Russia, tagliando un’enorme fonte di finanziamento per la sua macchina da guerra”.

Su Twitter Michel ha scritto che “le sanzioni colpiranno immediatamente il 75% delle importazioni di petrolio russo. E, entro la fine dell’anno, sarà vietato il 90% del petrolio russo importato dalla Russia”.

La numero uno della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rimarcato che l’intesa “taglierà effettivamente circa il 90% delle importazioni di petrolio dalla Russia verso l’Ue entro la fine dell’anno”.

Così su Twitter anche il presidente francese Emmanuel Macron:

“La Russia ha scelto di continuare la sua guerra in Ucraina. Stanotte, come europei, uniti e solidali con il popolo ucraino, assumiamo nuove sanzioni decisive. Abbiamo deciso di interrompere l’importazione del 90% del petrolio russo entro la fine del 2022”.

In rally le quotazioni del petrolio Usa, con i prezzi del WTI che scattano al rialzo di oltre +3% a $118,68, e il Brent che avanza dell’1,40% a $123,48.

Solido il trend dei futures Usa, con i futures sul Dow Jones che salgono dello 0,18%, quelli sullo S&P 500 in crescita dello 0,29% e quelli sul Nasdaq in progresso dello 0,61%.

Embargo petrolio Russia: arriva accordo Ue: vietato 90% importazioni entro fine 2022

I leader europei hanno raggiunto l’accordo sull’embargo del petrolio russo, nell’ambito del sesto pacchetto di sanzioni varato contro la Russia di Vladimir Putin.

Secondo quanto riferisce il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, l’embargo colpisce subito “più di 2/3 delle importazioni di petrolio dalla Russia, tagliando un’enorme fonte di finanziamento per la sua macchina da guerra”.

Su Twitter Michel ha scritto che “le sanzioni colpiranno immediatamente il 75% delle importazioni di petrolio russo. E, entro la fine dell’anno, sarà vietato il 90% del petrolio russo importato dalla Russia”.

La numero uno della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rimarcato che l’intesa “taglierà effettivamente circa il 90% delle importazioni di petrolio dalla Russia verso l’Ue entro la fine dell’anno”.

Così su Twitter anche il presidente francese Emmanuel Macron:

“La Russia ha scelto di continuare la sua guerra in Ucraina. Stanotte, come europei, uniti e solidali con il popolo ucraino, assumiamo nuove sanzioni decisive. Abbiamo deciso di interrompere l’importazione del 90% del petrolio russo entro la fine del 2022”.

“Bene la decisione dei leader dell’Ue di vietare il petrolio russo. Una decisione storica per paralizzare la macchina da guerra di Putin. La nostra unità è la nostra forza”, ha scritto su Twitter Josep Borrell, alto rappresentante Ue per la politica estera.

In rally le quotazioni del petrolio Usa, con i prezzi del WTI che scattano al rialzo di oltre +3% a $118,74, e il Brent che avanza dell’1,40% a $123,37.

Perché la paura di una crisi mondiale è diventata più forte che mai

La crisi mondiale è uno spettro che diventa sempre più concreto di mese in mese tra inflazione galoppante e guerra russo-ucraina

di , pubblicato il 
Crisi mondiale tra inflazione e stretta sui tassi

 

 
 
L’Annuncio termina tra 16s
 

Ieri, il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, ha alzato i tassi d’interesse di un altro mezzo punto percentuale, portandoli all’1%. La mossa si è rivelata necessaria per combattere un’inflazione, che negli USA a marzo è salita all’8,5%, mai così alta dal 1981. Il giorno prima, l’investitore Paul Tudor aveva dichiarato di non riuscire a ricordare un momento peggiore per i mercati finanziari. “Non vorresti possedere né azioni, né obbligazioni”. Lo spettro di una crisi mondiale è più forte che mai, seppure ad oggi esorcizzato dalle dichiarazioni ufficiali rassicuranti dei governi e delle banche centrali. Ma il momento che stiamo vivendo presenta caratteri di eccezionalità, che lo rendono molto pericoloso.

In genere, accade che la FED alzi i tassi quando l’economia americana è in ottima salute e corre il rischio di surriscaldarsi eccessivamente. Per restare a questo millennio, fu così tra il 2004 e il 2006 e tra fine 2015 e inizio 2019. La recessione del PIL USA avvenne rispettivamente nel 2008 e nel 2020, cioè conclusosi il ciclo monetario restrittivo. Nel secondo caso, poi, il tonfo del PIL fu provocato da un evento non economico e imprevedibile: la pandemia. Chissà se la recessione sarebbe arrivata, ed eventualmente quando, senza di essa!

Stretta sui tassi fuori tempo

Stavolta, sta accadendo un fatto inconsueto. Il PIL USA si è contratto nel primo trimestre dell’anno dell’1,4% rispetto al trimestre precedente, ancor prima che la FED avviasse la sua stretta sui tassi. Praticamente, Powell sta restringendo le condizioni monetarie mentre l’economia americana segnala già di essere affaticata. Non può fare altrimenti, sennò rischia di perdere il controllo della stabilità dei prezzi.

La BCE è messo persino peggio: adotta ancora tassi negativi e continua ad acquistare bond, cioè ad iniettare liquidità sui mercati, malgrado un’inflazione al 7,5% nell’Eurozona. Dovrebbe iniziare ad alzare i tassi entro l’anno, ma probabilmente ciò coinciderà con una fase di ripiegamento del PIL nell’area a causa del boom dei prezzi energetici.

La guerra noi ce l’abbiamo sul nostro continente e impatta rovinosamente sulla nostra economia. Quando si teme una crisi mondiale, quindi, non è per professione di pessimismo. Due le strade: o le banche centrali ignorano l’inflazione per non aggravare il quadro recessivo o combattono l’inflazione e ignorano le condizioni dell’economia.

Crisi mondiale per la seconda volta in due anni?

Nel primo caso, rischiano di far esplodere i prezzi al consumo e di colpire i redditi delle famiglie al punto da indebolire la domanda aggregata e la stessa produzione. In parte, sta avvenendo da qualche mese. Così facendo, la recessione arriverebbe lo stesso. Nel secondo caso, invece, chiudono gli occhi dinnanzi ai rischi per l’economia e almeno puntano sulla stabilità dei prezzi. Quest’ultimo scenario diverrebbe forse preponderante nel caso in cui le banche centrali prendessero atto che la recessione sia inevitabile. A quel punto, avrebbero ben poco da perdere. Anche per conservare la propria reputazione, intaccata da mesi di inerzia, combatterebbero con più convinzione l’inflazione per togliere di mezzo una forte concausa della crisi mondiale.

Sta di fatto che le banche centrali si trovano in una condizione inedita o certamente non vissuta negli ultimi decenni. In genere, sono accusate di intervenire tardi sui tassi e di provocare la recessione economica a causa della durezza della stretta varata a cui sono costrette per rimediare in corsa. Oggi, stanno intervenendo a crisi mondiale dietro l’angolo, avendo lasciato correre per mesi l’inflazione quasi compiaciute. Il rischio che la recessione diventi intensa, pur breve, si fa sempre più palpabile. Sarebbe la seconda in due anni, per l’Italia la quarta dal 2008. Gli esiti sociali appaiono destabilizzanti.

ImmagineStreet giù: Amazon -12%, Apple in ripresa. Nasdaq verso chiusura mese horribilis: -9,5% ad aprile

 
 

Wall Street in ribasso: pesano i risultati di bilancio di Amazon, che collassa in Borsa di oltre il 12%. Il titolo Apple, che ieri aveva perso terreno subito dopo la pubblicazione della trimestrale, riagguanta il territorio positivo.

Sul sentiment pesano anche i nuovi dati arrivati dal fronte macro, relativi all’inflazione, chiodo fisso ormai per gli investitori di tutto il mondo.

Passate le 16 ora italiana, il Dow Jones scende dello 0,14% a 33.868 punti; lo S&P 500 arretra dello 0,76% a 4.255, mentre il Nasdaq perde lo 0,63% a quota 12.783 circa.

Ieri lo S&P 500 è salito del 2,47% a 4.287,50; il Dow Jones Industrial Average è avanzato di 614,46 punti, o 1,85%, a 33.916,39 punti, il Nasdaq è scattato con un rally superiore +3%, chiudendo a 12,871.53. I forti rialzi di ieri non impediranno tuttavia una chiusura del mese di aprile decisamente negativa per la borsa Usa; il Dow si appresta a chiudere il mese in calo del 2,2%, rispetto al -5,4% dello S&P 500. Il Nasdaq è orientato a chiudere il mese peggiore dal maro del 2020, ovvero dal mese in cui è risuonato in tutto il mondo l’allarme per la pandemia Covid-19, con un ribasso del 9,5%.

Nuove indicazioni sono arrivate oggi con il rapporto sulle spese per consumi e redditi personali di marzo, con cui viene pubblicato di consueto anche l’indice ‘preferito’ dalla Fed: si tratta della componente core dell’indice PCE, monitorata dalla banca centrale per valutare il trend delle pressioni inflazionistiche.

A fronte dell’indice PCE headline, salito su base annua del 6,6%, in accelerazione rispetto al +6,3% precedente, la componente core è salita del 5,2% su base annua, meno del +5,3% di febbraio e al di sotto del +5,3% atteso dal consensus.

Su base mensile il trend è stato in rialzo dello 0,3%, come da attese, a fronte del +0,9% del dato headline, successivo al rialzo pari a +0,6% del mese precedente.

Le spese per consumi sono salite dell’1,1%, rispetto al +0,7% atteso, e in accelerazione rispetto al +0,2% di febbraio. I redditi personali sono aumentati dello 0,5%, contro il +0,4% stimato e allo stesso ritmo precedente, pari a +0,5%.

Informazioni sull’inflazione sono arrivate anche dall’indice del costo del lavoro Usa che, nel corso del primo trimestre del 2022, è avanzato dell’1,4%, oltre il +1,1% atteso e dopo il +1% del trimestre precedente, al record dagli anni ’90. I salari sono aumentati dell’1,2%, rispetto al +1% atteso, a fronte del balzo dell’1,8% dei benefit, contro la crescita precedente pari a +0,9%.

I numeri hanno confermato il quadro di forte inflazione presente negli Usa: di conseguenza i tassi sui Treasuries Usa a scadenza decennale tornano a salire, attorno al 2,864% (lontani però dal record degli ultimi tre anni al 2,94% testato la scorsa settimana).

Il sentiment di mercato è zavorrato anche dalla delusione per la stagione delle trimestrali Usa, che sta vedendo diverse Big Tech mostrare atteggiamenti improntati alla cautela guardando ai prossimi mesi. In primo piano i toni cauti di Apple e Amazon.

In particolare il ceo di Apple Tim Cook, durante la call con gli analisti indetta per commentare il bilancio, si è così espresso:

“Voglio riconoscere le sfide a cui stiamo facendo fronte, rappresentate dalle strozzature delle catene di approviggionamento – provocate dal Covid, dalla scarsità di silicone (materia prima utilizzata per i prodotti Apple) e dalla devastazione della guerra in Ucraina – ha detto Cook, ammettendo che “Noi non siamo immuni a queste sfide”.

Anche il cfo Luca Maestri ha parlato delle diverse sfide a cui Apple fa fronte, incluse le strozzature delle catene di approviggionamento, dando anche una cifra sul costo di questi problemi: un ammontare compreso tra $4 e $8 miliardi che potrebbe incidere negativamente sulle vendite.

Passando alle voci di bilancio, l’eps di Apple si è attestato nel primo trimestre a $1,52, meglio degli $1,43 attesi. Il fatturato è stato pari a $97,28 miliardi, meglio dei $93,89 miliardi attesi e in crescita dell’8,59% su base annua.

Forti sell off si abbattono ancora su Amazon dopo la diffusione della trimestrale. Il colosso fondato da Jeff Bezos ha riportato nel primo trimestre la prima perdita dal 2015, scontando il suo investimento nel produttore di auto elettriche Rivian. Anche Amazon, così come Apple, ha lanciato inoltre avvertimenti sulle sfide che si presenteranno nei prossimi mesi. Il gigante dell’e-commerce ha annunciato di aver perso $3,8 miliardi, a causa della perdita dell’investimento effettuato in Rivian ammontata alla cifra astronomica di 7,6 miliardi di dollari.

Amazon ha poi comunicato di stimare per il trimestre attuale una perdita operativa compresa tra $1 e $3 miliardi, decisamente peggio degli utili di $6,8 miliardi che sono stimati in media dagli analisti interpellati da Bloomberg.

Ciò che spaventa di Amazon è che la crescita del fatturato è stata di appena il 7% nel primo trimestre, rispetto al boom +44% del primo trimestre del 2021: il ritmo è il più basso di ogni trimestre dal periodo dello scoppio della bolla speculativa dot-com del 2001, e conferma anche il secondo trimestre consecutivo in cui il fatturato è salito di una sola cifra su base percentuale.

Occhi puntati a Wall Street anche su Tesla, dopo che si è appreso che il suo ceo Elon Musk ha venduto azioni del colosso produttore di auto elettriche per un valore di $4 miliardi, nei giorni successivi al lancio dell’offerta per acquisire il controllo della società di microblogging.

La maggior parte degli acquisti è avvenuta nella giornata di martedì, proprio quando le quotazioni del titolo Tesla sono affondate del 12% circa.

Il ceo di Tesla e SpaceX ha smobilizzato in tutto 4,4 milioni circa di azioni Tesla. Tesla segna tuttavia un forte recupero, balzando di quasi +6%, mentre Twitter avanza dell’1,87%.

Niente da fare infine per Robinhood, altro titolo protagonista negativo della sessione di oggi: i risultati del primo trimestre del 2022 pubblicati ieri, dopo la fine della giornata di contrattazioni a Wall Street, hanno confermato il timore sulla perdita di popolarità del gruppo fintech. Il fatturato, in particolare, è crollato del 43% su base annua a $299 milioni, peggio dei $355 milioni attesi, sulla scia soprattutto del tonfo delle entrate legate alle transazioni lanciate dai clienti di Robinhood, pari a -48% a $218 milioni. Passando agli utili, questi non sono stati pervenuti, nel senso che la società di fintech ha concluso il primo trimestre con una perdita per azione di 45 centesimi, superiore al passivo di 38 centesimi per azione atteso dal consensus. Altri numeri che confermano la crisi dell’APP sono i seguenti: nel primo trimestre del 2021, sostenuto dagli iscritti al forum Reddit che avevano lanciato una carica di buy sul titolo Gamestop, Robinhood aveva assistito a una crescita dei suoi account di ben 5,5 milioni di unità. Quest’anno, il numero degli utenti è aumentato di appena 100.000 unità su base netta, portando il totale a 22,8 milioni. Il titolo torna a guadagnare terreno dopo aver perso fino a oltre -11% dopo la pubblicazione del bilancio.

Annotazione 2022-04-27 220034

FED2

FED2

FED

Annotazione 2022-04-23 110315

Annotazione 2022-04-25 100911

Economia, per l’FMI la guerra tarperà le ali alla crescita: PIL mondiale al 3,6% nel 2022

 
 

La guerra in Ucraina frena la crescita globale. Secondo l’Economic Outlook pubblicato oggi dal Fondo monetario internazionale, quest’anno il progresso del Pil medio mondiale crescerà quest’anno (e anche il prossimo) del 3,6%, ovvero 0,8 punti percentuali in meno rispetto alle stime di gennaio. La crescita dei Paesi dell’Eurozona dovrebbe essere invece circa del 2,8%. La previsione è in calo di 1,1 punti rispetto a gennaio. Nell’area euro, in particolare, soffre la Germania, la cui crescita dovrebbe essere del 2,1%, ma soprattutto l’Italia.

Infatti, a Roma si accuserà fortemente il contraccolpo economico. Il peso della dipendenza energetica dalla Russia si farà sentire eccome sul Pil dell’Italia nel 2022. L’FMI ha previsto un crollo della crescita al 2,3% nell’anno in corso (dal precedente 3,8%) e una frenata ulteriore all’1,7% nel 2023.
 
L’FMI lancia poi l’allarme sull’inflazione, prevista in media al 5,7% per le economie avanzate: un “chiaro pericolo” per molti Paesi, visto che “resterà elevata più a lungo del previsto”. A dirlo è il capo economista Pierre-Olivier Gourinchas, sottolineando che la guerra ha “aumentato il rischio di una più permanente frammentazione dell’economia in blocchi geopolitici” con standard, sistemi di pagamento e valute di riserve diverse. Questo aumento dei prezzi dovrebbe così “complicare l’azione delle banche centrali”.
 
Insomma, il quadro generale è davvero molto complesso. L’FMI, nel report, oltre ad evidenziare il disastro economico ucraino (-35%) e russo (-9%) sul PIL 2022, consiglia a tutti i Paesi maggiormente toccati dal conflitto di proseguire saldamente sulla strada del risanamento dei bilanci pubblici. Un compito arduo, al quale sono chiamati tutti i governi e le istituzioni internazionali, per evitare effetti economici ancor più disastrosi sull’economia globale.

Conflitto in Ucraina: i tre scenari di Edmond de Rothschild AM

Gli esperti di Edmond de Rothschild Asset Management indicano i tre possibili sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina e gli impatti su inflazione, normalizzazione delle politiche monetarie ed economia

 di Leo Campagna  20 Aprile 2022 08:00
financialounge -  economia Edmond de Rothschild AM guerra mercati finanziari Morning News ucraina
Mentre ci sta chiudendo il secondo mese di invasione russa dell’Ucraina, molti osservatori si interrogano su cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi all’inflazione, alla normalizzazione delle politiche monetarie e all’economia.

 

 

MAGGIORI PRESSIONI SUI PREZZI AL CONSUMO

In quest’ottica Michaël Nizard, Head of Multi-Asset & Overlay, e Delphine Arnaud, Fund Manager Multi-Asset & Overlay di Edmond de Rothschild Asset Management, hanno sviluppato tre differenti scenari sulle possibili evoluzioni di questo conflitto. In tutti e tre i casi delineati – cessate il fuoco, stallo, escalation – affiorano maggiori pressioni sui prezzi al consumo, mentre sarebbero diversi i livelli di rischio, in termini di decelerazione della crescita, a seconda della durata del conflitto.

PRIMO SCENARIO: CESSATE IL FUOCO E RITIRO DELLE TRUPPE RUSSE

In questo primo scenario, la Russia ritira le sue truppe dalla maggior parte dell’Ucraina per concentrare le sue forze in Crimea e Donbass, ma senza riuscire a mantenere il pieno accesso al mare d’Azov. Sebbene la situazione nell’Ucraina meridionale e orientale resti conflittuale, la rapida firma di un cessate il fuoco consentirebbe a Putin di vantare la vittoria durante i festeggiamenti del 9 maggio, Giornata della Vittoria in Russia in memoria della sconfitta della Germania nazista al termine della seconda guerra mondiale.

MINORI SPINTE SUI PREZZI AGRICOLI ED ENERGETICI

La smobilitazione delle forze armate ucraine porterebbe alla ripresa del lavoro agricolo e ridurrebbe il rischio di penuria di grano, di cui il Paese è tra i maggiori esportatori mondiali, nei paesi emergenti. I prezzi dell’energia scenderebbero a livelli prossimi ai livelli pre-invasione, riducendo così la pressione inflazionistica. Un calo dell’avversione al rischio sui mercati e una ripresa della fiducia dei consumatori permetterebbero di riportare la crescita economica nel 2022 prossima al livello previsto all’inizio dell’anno.

SECONDO SCENARIO: STALLO NEL CONFLITTO

Nel secondo scenario, entrambe le parti in guerra, Russia e Ucraina, rinviano la firma del cessate il fuoco al fine di ottenere un vantaggio militare con il perseguimento del combattimento: una situazione che potrebbe comportare uno stallo del conflitto oltre l’estate. È vero che con il tempo, investitori e media, tenderanno a distogliere gradualmente la loro attenzione dalla guerra in Ucraina, considerando che il peggio è già stato scontato. Tuttavia, è probabile che i titoli dei giornali torneranno regolarmente in primo piano con eventi che potrebbero portare a timori di uno spostamento del conflitto verso uno scenario più indecifrabile.

RISCHIO DI CARENZA DI CIBO E DI RIVOLTA NEI PAESI EMERGENTI

prezzi delle materie prime resterebbero su livelli elevati a causa delle carenze. Se è vero che è difficile immaginare un’escalation delle sanzioni in questo scenario, le razioni dei mercati e dei consumatori sono comunque da temere, alla luce del rischio di un rallentamento dell’attività in Europa. Inoltre, dal momento che il lavoro agricolo non potrà essere svolto, c’è il rischio di carenza di cibo e di una rivolta nei paesi emergenti.

TERZO SCENARIO: ESCALATION DEL CONFLITTO

Infine, se l’Ucraina rifiuta i termini di un cessate il fuoco, magari tramite referendum, se le sanzioni non saranno sufficienti a far cedere Mosca, e se la Cina dovesse fornire supporto diplomatico o logistico alla Russia, potrebbe materializzarsi una polarizzazione internazionale del conflitto, come durante la Guerra Fredda.

RISCHIO DI COLLASSO PER LA CRESCITA GLOBALE

“In questo scenario” sottolineano i due esperti di Edmond de Rothschild Asset Management “temiamo un’interruzione della fornitura di gas europea attraverso i gasdotti ucraini, l’intervento militare della NATO e un’escalation delle sanzioni tra Stati Uniti e Cina. La crescita globale potrebbe collassare e le attività di rischio vedrebbero un calo del 15%-30%. Una eventualità che ci impone di chiederci se i mercati finanziari abbiano effettivamente scontato il nuovo status dell’economia europea, quella di un’economia di guerra”.


 

LE PREVISIONI DI AZIONI, REDDITO FISSO E CAMBI VALUTARI

Nella tabella sotto, vengono riepilogate le previsioni relativamente al mercato azionario, al reddito fisso e ai cambi valutari, a seconda dei tre diversi scenari delineati dagli esperti di Edmond de Rothschild Asset Management.


 Share:

FED

 

“Fine guerra mai”. I mercati si adegueranno come nella pandemia?

 

https://patrimoniefinanza.com/2022/04/18/fine-guerra-mai-i-mercati-si-adegueranno-come-nella-pandemia/
https://patrimoniefinanza.com/2022/04/18/fine-guerra-mai-i-mercati-si-adegueranno-come-nella-pandemia/
PATRIMONI&FINANZA

PATRIMONI&FINANZA

2.894 follower
 

Nel conflitto scatenato dalla Russia rischiano di prevalere sulla pace gli inconfessabili interessi delle grandi corporation e gli obiettivi di politica internazionale, ma i mercati si adegueranno anche a questo.

di Alessio Cardinale

Se c’è qualcosa che abbiamo imparato negli ultimi due anni, è che la narrazione sugli eventi più gravi della nostra Storia Moderna si sia ridotta al lumicino: nulla sappiamo sulle origini del Covid-19, e nulla sappiamo sulle cause più segrete di questo conflitto armato, tranne che entrambi gli eventi sono accaduti e producono danni. L’informazione ufficiale, infatti, ci racconta solo metà della storia e si ferma in superficie, ed espone con dovizia di dettagli – molti da verificare, vista la insolita scarsità di giornalisti inviati sullo scenario di guerra – solo gli effetti di questi eventi. Per esempio, a distanza di ben due anni dallo scoppio della pandemia, nessuno dei governi del mondo e nessuna organizzazione sovranazionale ha compiuto una seria indagine sulla origine del Coronavirus, nonostante la Scienza e i mezzi di investigazione a disposizione abbiano fatto passi da gigante; però hanno trovato a tempo di record un vaccino – sulla cui reale efficacia l’informazione non è stata trasparente – e poi lo hanno anche messo in produzione e distribuito in tutto il mondo.

Persino in occasione della diffusione dell’HIV, ben quaranta anni fa, fu possibile identificare l’origine del virus e il c.d. paziente zero, e gli strumenti di indagine non erano certamente quelli di oggi; nel caso del Coronavirus, invece, tutto rimane avvolto dal mistero più fitto, ed è ormai evidente che alla versione del passaggio da animale – i famosi pipistrelli del mercato di Wuhan – a uomo la gente non abbia abboccato. Del resto, dopo l’inganno delle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein – con cui l’Occidente si è di fatto impadronito dell’Iraq e del suo petrolio – si tende a non credere più alle versioni di USA, Regno Unito ed Unione Europea, e invece si attribuisce sempre più credito allo scenario del “fine virus mai“, che innegabilmente ha spostato enormi ricchezze dai consumatori a specifici settori industriali, grazie alla scelta di produrre il “rimedio” a più alto margine finanziario, ossia il vaccino, anzichè la terapia farmacologica, che è il vero grande assente di questa pandemia insieme alla verità sulle sue origini. I media, infatti, inondano ogni giorno la comunicazione con la narrazione riguardante i vaccini, ma pochissime sono le notizie riguardanti la ricerca sui farmaci efficaci per attaccare l’infezione in modo specifico e curare chi si è contagiato.

Allo stesso modo, non si sente parlare di iniziative diplomatiche volte alla cessazione dei combattimenti, semplicemente perchè non ce ne sono (se non di facciata), e gli sforzi di tutti sembrano indirizzati più al mantenimento della conflittualità internazionale che alla mediazione. Nonostante il palpabile oscurantismo dell’informazione ufficiale, però, qualche riflessione è ancora possibile farla, e non abbiamo bisogno della Scienza per comprendere il groviglio di interessi industriali e politici che gravitano attorno a questi due eventi – pandemia e guerra – che stanno avvenendo in rapida successione, ed anzi l’uno dentro l’altro, dal momento che la pandemia è lontana dall’essere dichiarata estinta. Inoltre, la sensazione che Biden e lo stesso Zelensky non abbiano tanta voglia di porre fine a questa guerra – il c.d. “fine guerra mai“, con il suo naturale portato di produzione di armi, distruzione e business della ricostruzione – ormai è forte, così come è evidente che il completo fallimento della diplomazia internazionale

Le Borse europee ripartono in negativo con la Russia che lancia “assalto finale” sul Donbass

Dopo la pausa pasquale, i listini europei aprono in rosso. A Piazza Affari pesa anche lo stacco delle cedole da parte di otto big, la Banca Mondiale rivede al ribasso le stime di crescita globale e Stellantis sospende la produzione in Russia

 di Antonio Cardarelli  19 Aprile 2022 09:25
financialounge -  Borse europee mercati Piazza Affari
Partenza negativa per le Borse europee dopo la pausa pasquale. Piazza Affari è la peggiore in avvio, con il Ftse Mib che cede l’1,3%. A pesare sul listino italiano è però lo stacco cedola per otto big di Piazza Affari: Cnh Industrial, Ferrari, Stellantis, Banca Mediolanum, Unicredit, Banco Bpm, Campari e Prysmian. Francoforte e Parigi aprono con perdite intorno al punto percentuale, Londra cede lo 0,3%.

 

 

NUOVA FASE PER LA GUERRA IN UCRAINA

L’attenzione dei mercati è ancora concentrata sugli sviluppi della guerra in Ucraina. Nella regione del Donbass è cominciata quello che la propaganda russa chiama “assalto finale”. L’allarme è stato lanciato dal presidente Zelensky: “Possiamo ora affermare che le truppe russe hanno iniziato la battaglia per il Donbass, per la quale si stavano preparando da tempo. Una grande parte dell’esercito russo è ormai consacrato a questa offensiva”. La guerra, di fatto, entra in una nuova fase e al momento una soluzione diplomatica sembra molto lontana, con Macron che ha annunciato un nuovo viaggio a Kiev. Intanto, proprio alla luce della guerra, la Banca Mondiale taglia le stime di crescita globali. Nel 2022 il Pil crescerà del 3,2%, meno del 4,1% inizialmente previsto.

STELLANTIS SOSPENDE PRODUZIONE IN RUSSIA

Stellantis ha reso noto di aver sospeso la produzione nel suo stabilimento di Kaluga in Russia. Lo comunica il gruppo in una nota: “In seguito al quotidiano rafforzamento delle molteplici sanzioni e alle difficoltà logistiche riscontrate, Stellantis ha sospeso la propria attività produttiva a Kaluga al fine di garantire il pieno rispetto di tutte le molteplici sanzioni e di tutelare i propri dipendenti”, si indica nel comunicato della società nel quale si ribadisce che “Stellantis condanna la violenza e sostiene qualsiasi azione che possa riportare la pace”.

IN ASIA MALE HONG KONG

Chiusura in rialzo per la Borsa di Tokyo dopo un andamento altalenante. L’indice Nikkei 225 ha chiuso in rialzo dello 0,7% a 26.985.09 punti grazie al traino dei titoli del comparto dell’elettronica e dell’auto. Tra i titoli in evidenza Toyota, nonostante l’annuncio dell’intenzione di ridurre la produzione di maggio a 750.000 veicoli, con un taglio di 100mila unità rispetto alle cifre comunicate all’inizio dell’anno, a causa della penuria di semiconduttori. Sempre in Asia, perde terreno Hong Kong (-2,3%) mentre Shanghai viaggia intorno alla parità.

FED PRONTA A UN RIALZO DA 0,75%?

Ieri da Wall Street sono rimbalzate le parole di James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, che non ha escluso un rialzo di 75 punti base per contrastare l’inflazione. Lo stesso Bullard, noto per le sue posizioni da “falco” ha però specificato che questa non è la sua ipotesi di base. Nella mattinata europea i futures di Wall Street vaggiano in positivo. Tra le materie prime il petrolio Wti cala dello 0,5% a 107 dollari al barile e il Brent dello 0,4% a 112 dollari al barile.

Perché il 9 maggio è così importante per la Russia? «Putin vuole fare la parata della vittoria a Mariupol»

Quel giorno si celebra la Giornata della Vittoria, in memoria della sconfitta della Germania nazista al termine della seconda guerra mondiale

«Putin vuole fare la parata della vittoria a Mariupol». Perché la data del 9 maggio è così importante per la Russia?
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 13 Aprile 2022, 11:38 – Ultimo aggiornamento: 20:16
Mentre l’assedio di Mariupol prosegue senza sosta, Vladimir Putin avrebbe già progettato una grande parata nella città portuale sul mar d’Azov per festeggiare il 9 maggio. Lo sostiene Petro Andryushchenko, consigliere del sindaco, in un messaggio su Telegram citato da Ukrinform: «Secondo le nostre informazioni, a Ivashchenko (l’autoproclamato sindaco filo-russo di Mariupol) è stato ordinato di ripulire parte del distretto centrale della città dai detriti e dai cadaveri per permettere la sfilata del 9 maggio. Tutto indica che gli occupanti vogliano organizzare un “carnevale della vittoria“, in caso di successo».
 
FED

FED

Banca Mondiale taglia PIL Ucraina di oltre il 45%

La guerra taglierà il PIL dell’Ucraina di oltre il 45%, secondo le previsioni della Banca Mondiale.
Oltre la metà delle imprese del paese sono chiuse, mentre altre operano ben al di sotto della capacità normale. La produzione economica dell’Ucraina si contrarrà probabilmente di un 45,1% quest’anno, dato che l’invasione della Russia ha chiuso le imprese, tagliato le esportazioni e reso impossibile l’attività economica in ampie zone del paese, come ha sottolineato la Banca Mondiale.
L’istituto inoltre ha anche previsto che il PIL della Russia nel 2022 scenderà dell’11,2%

L’impatto della stangata energia su PIL e scelte d’investimento, BlackRock e il grafico che condanna l’Europa

La guerra in Ucraina ha stimolato la spinta a garantire l’approvvigionamento energetico e ha portato una dote amara rappresentata dall’impennata dei prezzi energetici. Un nuovo shock dell’offerta in un mondo già alle prese con vincoli di fornitura come forza trainante dell’inflazione, piuttosto che un eccesso di domanda.

L’Occidente sta adesso cercando di rendersi indipendente dall’energia russa.  Uno scenario che comporta danni non indifferenti a livello di crescita e aumenta l’inflazione a breve termine. Quali soluzioni? In  primis una maggiore fornitura di combustibili fossili statunitensi e non russi. “Questo è uno spostamento dell’offerta globale, non un aumento – spiega BlackRock – . La spinta alla sicurezza energetica dovrebbe rafforzare la transizione verso emissioni nette di carbonio pari a zero in Europa“.

Onere energetico in percentuale del PIL, 1970-2022

Note: il grafico mostra il costo del consumo di petrolio, gas e carbone nell’Unione Europea e negli Stati Uniti come quota del PIL. Utilizziamo i prezzi dell’energia regionali e li dividiamo per il PIL in dollari USA. I dati per il 2022 si basano sulle ultime previsioni del PIL dell’FMI e sulla media da inizio anno dei prezzi giornalieri delle materie prime.

Per l’Europa l’onere maggiore

Tra i mercati sviluppati, la situazione è acuta in Europa. Un aumento dei prezzi dell’energia in Europa significa che la regione sta ora spendendo quasi un decimo del suo PIL in energia, la quota più alta dal 1981 come si evince dalla linea rossa nel grafico (Fonte: BlackRock Investment Institute e BP Statistical Review of World Energy 2021, con dati di Haver Analytics. Aprile 2022). Mentre l’onere energetico per gli USA è pari a circa la metà. Questo è il motivo per cui BlackRock  ritiene che l’impatto dello shock energetico sarà maggiore in Europa con un rischio di stagflazione.

Gli Usa non saranno esenti. Lo shock energetico colpirà i consumatori e le imprese statunitensi, ma con un impatto economico molto minore rispetto alla fine degli anni ’70. Come mai? “L’economia è più efficiente dal punto di vista energetico e gli Stati Uniti sono ora un esportatore netto di energia. Riteniamo che la crescita degli Stati Uniti rimanga al di sopra della tendenza, grazie al forte slancio di fondo derivante dalla ripresa dell’attività dopo la pandemia”, argomenta BlackRock.

L’entità dell’impatto dipende dalla velocità con cui l’Occidente riduce le sue importazioni di energia russa. Il caso base previsto da BlackRock è una costante riduzione poiché l’Occidente e la Russia entrano in una situazione di stallo prolungata. Un’ulteriore escalation della guerra in Ucraina potrebbe accelerarla. Un allentamento delle tensioni potrebbe rallentare il processo, ma è improbabile che lo fermi.

Rinnovabili e nucleare non bastano da soli

Tutto ciò significa che l’Europa avrà bisogno di maggiori quantità di gas e altri combustibili fossili dagli Stati Uniti e altrove. L’enorme divario non può essere colmato abbastanza rapidamente aumentando la fornitura di energie rinnovabili e nucleare o riducendo la domanda attraverso misure di efficienza e conservazione. La produzione di combustibili fossili negli Stati Uniti e altrove deve aumentare per compensare la carenza causata dall’effettivo arresto della produzione russa. È un cambiamento nella produzione di combustibili fossili, non un aumento della domanda.

Questo non significa che la transizione verso net-zero deragli, ma adesso i mondo ha bisogno di combustibili fossili per soddisfare le attuali richieste di energia, dato il modo in cui le economie sono cablate oggi. “Allo stesso tempo, i prezzi elevati dell’energia rafforzano in definitiva la spinta a ridurre le emissioni di carbonio”, asserisce BlackRock. Come mai? Agiscono come una sorta di carbon tax sui consumatori, rendono le energie rinnovabili più competitive e stimolano l’efficienza energetica e l’innovazione.

Il nuovo scenario porterà anche a un aumento della produzione di combustibili fossili negli Stati Uniti. Di conseguenza, potremmo non vedere lo stesso slancio per ridurre le emissioni lì come in Europa.

Cosa significa tutto questo per gli investimenti? Su un orizzonte tattico, BlackRock sottopesa i titoli di Stato e preferiamo le azioni al credito in un contesto inflazionistico.  Ha poi ridotto il sovrappeso in azioni europee poiché vede lo shock energetico colpire più duramente quella regione. “Inoltre, vediamo lo shock creare esigenze di investimento sia nell’energia tradizionale che nelle rinnovabili nel breve termine. La transizione richiede che il mondo passi dalle sfumature del marrone alle sfumature del verde. Ciò non significa che gli asset sostenibili aumentino sempre, ma riteniamo che dovrebbe aumentare le loro prestazioni nel tempo”.

AllianceBernstein: quali sono gli impatti economici del blocco del petrolio russo

L’embargo totale delle importazioni di materie prime energetiche penalizzerebbe il Pil globale nel breve-medio periodo. Un netto incremento dei prezzi porterebbe a un calo dell’attività economica per riequilibrare il mercato

 di Annalisa Lospinuso  9 Aprile 2022 09:30
financialounge -  AllianceBernstein embargo Gas Jeremy Taylor Luke Pryor Morning News petrolio Russia ucraina
Gli eurodeputati si sono espressi a favore di una risoluzione che chiede l’embargo totale e immediato delle importazioni di petrolio, carbone, gas e combustibile nucleare dalla Russia, in risposta alla guerra in Ucraina. Queste ulteriori misure contro Putin dovrebbero andare in parallelo a un programma che assicuri sicurezza nell’approvvigionamento energetico nella Ue già nel breve termine. La risoluzione prevede anche la definizione di tappe da seguire per la revoca nell’eventualità in cui la Russia adotti provvedimenti intesi a ripristinare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale e ritiri completamente le proprie truppe dal territorio ucraino.

 

 

USARE L’ARMA DELLE SANZIONI ENERGETICHE

Jeremy Taylor, Senior Research analyst e Portfolio manager Value equities, e Luke Pryor, analista di ricerca nel team Value Equities di AllianceBernstein hanno provato a immaginare quali scenari si aprirebbero con l’embargo petrolifero alle importazioni dalla Russia. “Per le democrazie occidentali – scrivono gli analisti – esercitare pressione per fermare il conflitto sarà probabilmente una mossa costosa, considerando che la Russia è il terzo produttore mondiale di petrolio e rappresenta il 12% dell’output globale. Se è vero che la messa al bando del petrolio russo danneggerà la principale fonte di ricavi dell’invasore, la sua efficacia dipenderà dalla solidarietà dei Paesi occidentali nonostante le difficoltà economiche e il rischio di aggravare il conflitto”.

LA DIPENDENZA DELL’EUROPA

Rispetto a Usa e Regno Unito, l’Europa ha una decisione più difficile da prendere. I Paesi europei, soprattutto Germania e Italia, sono molto più dipendenti dal petrolio russo, per oltre il 40% del loro fabbisogno di gas naturale e per il 30% di quello di petrolio. Questa situazione offre alla Russia un vantaggio, perché qualunque provvedimento volto a fermare le importazioni di petrolio russo potrebbe sfociare nell’interruzione delle forniture di gas. A lungo termine, comunque, l’Ue ha intenzione di acquisire l’indipendenza dalle forniture energetiche russe ben prima del 2030 e di ridurre la domanda europea di gas russo di due terzi entro la fine di quest’anno.

TEMPI ESTESI PER UN PIANO B

“Sostituire la quota russa dell’approvvigionamento mondiale sarebbe difficile – dicono gli analisti di AllianceBernstein – anche nel migliore degli scenari. Quello più ottimistico includerebbe un output maggiore dallo shale statunitense, dalle nazioni dell’Opec e dai Paesi oggi soggetti alle sanzioni Usa, come Venezuela e Iran. Ma questo output maggiore richiederebbe ulteriori investimenti e tempistiche molto più estese”.

PRIMO SCENARIO

Il primo dei tre scenari immaginati (quello base) prevede che l’Europa continui ad acquisire petrolio russo, anche se alcuni acquirenti chiave continuano ad evitarlo. In questo caso si prevede che il prezzo del petrolio rimanga elevato per i prossimi tre anni e AllianceBernstein stima che si mantenga su una forchetta di prezzo che va da 100 a 120 dollari al barile.

SECONDO SCENARIO

Lo scenario peggiore prevede una perdita totale delle esportazioni di petrolio russo che sarebbe estremamente penalizzante per il Pil globale nel breve/medio periodo. Un netto incremento dei prezzi trainerebbe una distruzione della domanda (calo dell’attività economica) per riequilibrare il mercato. I consumatori e le aziende dovrebbero economizzare e la domanda si contrarrebbe. In questo caso i prezzi del petrolio potrebbero raggiungere 200 dollari al barile, secondo Jeremy Taylor e Luke Pryor. Questa situazione prevede, inoltre, una maggiore probabilità di ritorsioni russe contro l’Occidente, che potrebbero aggravare il conflitto e determinare ulteriori perdite umane ed economiche.

TERZO SCENARIO

Lo scenario più ottimistico è quello dell’allentamento delle tensioni: la Russia si ritira dall’Ucraina, l’Europa rimuove le sanzioni provvedendo, però, a creare una via d’uscita dalla dipendenza energetica. In questo caso il prezzo del petrolio scenderebbe a 80 dollari al barile. “Ovviamente è possibile – dicono gli analisti AB – che nessuno di questi scenari negativi si materializzi. Il conflitto potrebbe risolversi e i prezzi del petrolio potrebbero tornare ai livelli precedenti la guerra. Inoltre, ogni previsione deve considerare un ampio margine d’errore: eventi imprevedibili (come il ritorno del Covid) potrebbero innescare grossi cambiamenti nell’equilibrio tra domanda e offerta con un impatto ugualmente marcato sui prezzi”.

Annotazione 2022-04-07 100547

FED

FED

Italia senza gas russo: i due scenari secondo il governo Draghi

Cosa succederebbe in Italia se la Russia chiudesse il rubinetto del gas? A prevedere i possibili scenari il governo che li ha disegnati nel nuovo Documento di Economia e Finanza in cui, ovviamente causa guerra, il contesto economico è in netto peggioramento.

Italia senza gas russo: i due scenari 

Il primo scenario meno drammatico prevede una sostituzione, anche grazie al coordinamento europeo, di buona parte del gas russo da altre fonti. In tal caso però il prezzo del gas raddoppierebbe dai 100 euro a megawattora ai 200 euro tra novembre 2022 e febbraio 2023 e quello dell’elettricità da 250 a 379 euro. Ma il Pil, dice il governo nero su bianco, reggerebbe l’urto perdendo 0,8 punti quest’anno e 1,1 punti il prossimo, mentre l’inflazione salirebbe di 1,2 punti ora e 1,7 punti nel 2023, l’occupazione già dello 0,6 nel 2022 e 0,7 nel 2023.

L’altro scenario prevede che l’Italia  non riesca a sostituire il 18% del gas russo quest’anno e il 15% nel prossimo e allora si dovrebbe procedere al razionamento. In tale scenario, i prezzi di luce e gas salirebbero del 10% rispetto al primo scenario  e il Pil crollerebbe del 2,3% quest’anno e dell’1,9% nel 2023. In altre parole recessione. 

 “Noi sicuramente faremo tutto ciò che è necessario per aiutare famiglie, imprese, per preservare il potere d’acquisto dei salari, delle pensioni. Tutto quello che è necessario all’interno, naturalmente, di una cornice di decisioni europee, di equilibrio dei conti. La disponibilità del governo c’è ed è totale” afferma nella conferenza stampa del Consiglio dei ministri. Un discorso sottolinea Gabriel Debach, market analyst di eToro, che rimarca, in un qualche modo, quello del 2012, dove oltre che ai fatti i mercati richiedono anche rassicurazioni e forti intenti. I numeri chiave del quadro programmatico nel Def confermano che l’invasione russa in Ucraina ha di fatto arginato la corsa della crescita italiana, con il primo trimestre dell’anno che si chiude con un Pil in calo dello 0,5%. La crescita tendenziale rallenta al +2,9%.

 

Mancano i fertilizzanti: beni alimentari toccano prezzi record

Una carenza di fertilizzanti, aggravata dalla guerra in Ucraina, sta facendo salire i prezzi globali dei beni alimentari. La Russia e la Bielorussia forniscono circa il 40% delle esportazioni mondiali di potassio, mentre Russia e Ucraina esportano insieme il 28% dei fertilizzanti a base di azoto e fosforo, così come il potassio secondo Morgan Stanley.
A provocare la crisi le sanzioni comminate a seguito della guerra. Inoltre, a febbraio, un importante produttore bielorusso ha dichiarato che per motivi di forza maggiore non sarebbe stato in grado di mantenere i suoi contratti. L’interruzione di queste spedizioni a causa delle sanzioni e della guerra ha mandato i prezzi dei fertilizzanti alle stelle con effetto domino sui prezzi del grano.
“Tutto questo è un doppio colpo, se non un triplo colpo”, ha detto Bart Melek, Global Head of Commodity Markets Strategy di TD Securities. “Abbiamo il rischio geopolitico, costi di input più alti e fondamentalmente carenze”. “L’agricoltura sarà assolutamente colpita” sottolinea Melek. Le carenze di grano faranno salire il costo degli alimenti di base e di altre materie prime. “Questo porterà a costi di input più alti per la produzione di tutto, dai cereali, al grano e al mais. I costi dei fattori di produzione sono più alti ora, perché la scarsità farà salire anche il prezzo”, ha detto Melek.

COMMODITY: rally ormai al termine? Occhio a quanto sta accadendo

Scritto il alle 07:37 da Danilo DT
facebook sharing button
twitter sharing button
pinterest sharing button
email sharing button
sharethis sharing button

Facciamo un salto alle origini. Nell’analisi intermarket lo studio delle materie prime resta fondamentale perché dal prezzo e dall’andamento delle stesse, possono derivare politiche monetarie, inflazione, consumi ecc ecc.

Quindi, nel contesto storico in cui ci troviamo, diventa abbastanza importante analizzare la situazione, vista l’impennata che definirei clamorosa delle materie prime, anche se per motivazioni straordinarie e per qualcuno temporanee. Come ho già scritto in passato, diventa difficile poter definire temporaneo un fenomeno come quello visto in questi mesi, o meglio dire anni (da dopo il Covid). E soprattutto ritengo scorretto pensare che, un giorno, tutto si normalizzi e tutto torni come prima. Perché, tenetelo bene a mente, non sarà MAI più come prima.

CRISI UCRAINA: elemento detonante

Intanto è fuori di ogni dubbio il fatto che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia stia sconvolgendo l’economia globale. La Russia è uno dei paesi più ricchi di materie prime del pianeta ed in alcuni casi ha una posizione quasi dominante. Un esempio: La Russia fornisce circa il 20% degli approvvigionamenti mondiali di nichel. Avete seguito in queste settimane cosa è successo al nichel? Follia pura.

E come con il nichel, moltissime materie prime sono salite drasticamente dall’invasione del 24 febbraio. Frumento, il petrolio e il gas naturale, nonché altri metalli fondamentali come l’alluminio, il palladio e il rame.

Attenzione però: il trend rialzista non si è originato con l’invasione, ma era già partito prima, con la grande ripartenza post Covid. E già prima della guerra, quindi, si iniziavano a sentire le pressioni inflazionistiche che non si vedevano dall’inizio degli anni ’80 e che già avevano messo in agitazioni i vertici di FED e BCE.
Ma passiamo al nocciolo della questione.

RIALZI PREZZI MATERIE PRIME: è un movimento sostenibile?

Prima cosa da dire. Bisogna depurare il movimento rialzista da tutta la componente speculativa che ovviamente macchia il movimento e che potrebbe progressivamente rientrare. Però al netto di questo, è chiaro che i prezzi delle materie prime sono aumentati notevolmente e penso che si tratti di una tendenza duratura e non temporanea, con prezzi che rimarranno elevati a causa di una serie di fattori, tra cui l’aumento della domanda, la carenza di offerta e le forze di deglobalizzazione simbolizzate dalla guerra in Ucraina e dalla tensione nelle relazioni tra USA e Cina. In un mondo in cui il libero scambio sta regredendo, e si va verso un’economia più GLOCAL, le commodity resteranno a livelli sostenuti.

INVESTIMENTI nel settore dell’industria

Inoltre i vari piani Biden e Next Gen parlano chiaro. Ci saranno copiosi investimenti nel mondo delle infrastrutture. Tutto questo non farà altro che alimentare i prezzi delle materie prime, in particolar modo il settore minerario e metallurgico. Se poi guardiamo l’andamento di queste commodity negli ultimi anni, è evidente una sottovalutazione dovuta ad anni di sotto investimenti cronici nel settore da ormai quasi 20 anni.

E’ una questione di cicli di mercato ed ora tocca alle materie prime, per anni dimenticate da tutti ed oggi riprese in considerazione. Inoltre state pur certi che i prezzi elevati ci faranno compagnia per un ben po’ di tempo, in quanto questo resta pur sempre un segmento di mercato molto sottovalutato.

Prendete le principali 7 società quotate nel settore minerario. La loro capitalizzazione non si avvicina lontanamente a Tesla che invece dipende totalmente da queste società, in tutto e per tutto.

E sempre in tema di “energie rinnovabili” e fattori ESG, e ancor di più dopo la crisi energetica che la guerra ci ha fatto conoscere (qui sopra trovate un documento sull’argomento), il rinnovo delle reti elettriche, che richiederanno una grande quantità di nichel, rame, ferro e molto altro, non potranno che alimentare ancora una volta i corsi delle materie prime industriali.
Solo un feroce rallentamento economico ed un conseguente crollo degli investimenti, potrebbe cambiare le dinamiche sopra esposte.
In caso contrario, le materie prime si candidano ad essere ancora un ottimo strumento di hedging dell’inflazione. Molto più di tante altre asset class “tradizionali” che vivranno anni di difficoltà.

Quindi, cari amici, non sottovalutate il ruolo delle commodity, ancora oggi nei portafogli, non solo come elemento di diversificazione ma come tassello necessario per “cavalcare” i tempi attuali che, come si è detto, sono profondamente diversi rispetto a quelli visti nel 2008 (con i quali qualcuno azzarda dei paragoni).

This time (it’s true!) in different…

Tassi Treasuries Usa confermano inversione curva rendimenti in tratti 2-10 e 5-30 anni

La curva dei rendimenti dei Treasuries Usa continua a rimanere invertita nel tratto 2-10 anni e 5-30 anni. I tassi a due anni salgono al 2,461%, superiori al 2,45% dei tassi decennali, confermanddo così lo spread negativo tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni e i rendimenti dei titoli a 2 anni. E’ questo lo spread più monitorato al momento, in quanto considerato anticipatore di una recessione negli Stati Uniti.

Molti economisti sottolineano tuttavia che stavolta il suo valore predittivo potrebbe essere meno certo.

I tassi a 5 anni viaggiano attorno al 2,6%, valore superiore ai tassi a 30 anni, che si attestano al 2,51% circa, confermando l’inversione nel tratto 5-30 anni.

Riferendosi allo spread tra 2 e 10 anni Chris Watling, ceo di Longview Economics, ha riferito in un’intervista alla CNBC che, “sebbene l’inversione della curva dei rendimenti sia un indicatore di un rallentamento dell’economia, è “uno dei tanti (dati), e ora è davvero l’unico che indica un rischio di recessione”.

Tuttavia, “può essere estremamente in anticipo(da prevedere), fino a due anni prima” che si verifichi una reale recessione.

FED

Embargo contro petrolio e gas dalla Russia, Enrico Letta lo vuole e non spiega come farà l’Italia senza energia

L’Europa valuta nuove sanzioni alla Russia dopo le immagini sulla strage di civili ucraini a Bucha, tra cui l’embargo su petrolio e gas

di , pubblicato il
Gas e petrolio, verso l'embargo totale alla Russia

Le immagini dell’orrore a Bucha hanno fatto il giro del mondo. Un numero considerevole di civili ucraini risulta essere stato trucidato dalle truppe russe nella cittadina vicina alla capitale Kiev. E mentre i governi europei chiedono che i responsabili di questi crimini di guerra paghino, da Berlino inizia a cadere la resistenza tedesca contro l’embargo su petrolio e gas dalla Russia.

Il ministro della Difesa tedesco, Christine Lambrecht, ha aperto alla discussione in tal senso a Bruxelles, dove il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha annunciato già che mercoledì saranno adottate nuove sanzioni contro Mosca. Sappiamo che l’amministrazione Biden sta studiando dal canto suo “sanzioni secondarie” contro i paesi che continuano a commerciare con la Russia. Un’ipotesi molto forte, dato che sono decine e decine le economie di Asia e Africa, in particolare, che hanno deciso di mantenere rapporti di import-export con la federazione dopo l’invasione dell’Ucraina. Tra queste, poi, vi sono Cina e India.

La stessa amministrazione americana preme da settimane per un embargo totale, ossia che coinvolga anche petrolio e gas. L’Europa si trova dinnanzi a un dilemma etico non di poco conto: continuando ad acquistare forniture dalla Russia, di fatto ne sta finanziando la guerra in Ucraina. Solamente i pagamenti per il gas da parte dell’Europa starebbero facendo introitare ai russi qualcosa come 800 milioni di euro al giorno. Di fatto, le sanzioni sin qui comminate rischiano di rivelarsi blande, come segnala il ritorno del rublo ai tassi di cambio pre-bellici contro dollaro ed euro.

Da Letta e Di Maio, “falchi” a scoppio ritardato e con le tasche degli altri

Il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, su Twitter rompe ogni indugio e invoca l’embargo anche su petrolio e gas per non assistere a nuove Bucha. La posizione del governo è stata, invece, espressa dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, secondo cui l’Italia intende sottrarsi ai “ricatti russi” e nel caso in cui lo stop alle forniture di energia fosse richiesto dall’Unione Europea, l’Italia non opporrebbe il veto.

Come dire, non lo chiediamo, ma non lo osteggiamo. In Parlamento, il leader di Azione, Carlo Calenda, sul tema chiede prudenza.

 

Letta da settimane gioca a recitare il ruolo del “falco” anti-Putin, probabilmente per accreditarsi come principale interlocutore dell’amministrazione Biden nel panorama politico italiano. Non è lo stesso Letta che firmò alacremente ben 28 accordi commerciali con la Russia nei pochi mesi in cui fu capo del governo tra il 2013 e il 2014. Di certo non è il solito Letta prudente quello che chiede all’Italia di rinunciare subito a petrolio e gas russi senza spiegare quali sarebbero le alternative immediatamente disponibili. Già, perché non esistono. Con il tempo – leggasi anni – l’Italia e il resto d’Europa potranno sottrarsi ai ricatti russi, ma serve una transizione non breve nel corso della quale trovare fornitori concorrenti e puntare su fonti energetiche alternative.

La posizione di Letta è squilibrata, come lo è di chi pretende di azzerare le importazioni di energia da Mosca dopo averle abbracciate per anni, persino dopo l’occupazione della Crimea nel 2014. Il Movimento 5 Stelle, di cui Di Maio è espressione, è stato “no trivelle” fino ad oggi, contrario a qualsiasi sfruttamento dei giacimenti di gas nell’Adriatico. Oggi, il suo ministro più importante piange lacrime di coccodrillo e recita anch’egli il ruolo a soggetto di politico anti-Putin sfegatato.

Senza petrolio e gas russi subito, economia italiana in recessione

Qui, si sta giocando a fare i duri con le tasche degli altri. Confindustria stima oramai una crescita del PIL dell’1,9% per quest’anno. Il governo Draghi l’aveva stimata al 4,7%. Senza petrolio e gas importati dalla Russia, le quotazioni con ogni probabilità schizzeranno ancora più alle stelle: non sarà improbabile un barile a 200 dollari e un mega-wattora di gas sopra 300 euro.

Con questi numeri, neppure le previsioni di Confindustria andrebbero bene. Gran parte delle attività produttive chiuderebbe, i prezzi di beni e servizi esploderebbero ulteriormente e i consumi crollerebbero. L’economia italiana ricadrebbe in recessione.

 

Basti guardare ai dati della bilancia commerciale per capire cosa stia succedendo: saldo dell’import-export negativo per oltre 5 miliardi di euro a gennaio contro un avanzo di 1,58 miliardi nello stesso mese del 2021. A febbraio, con i paesi extra-UE abbiamo registrato un saldo negativo di 1,55 miliardi contro +4,15 miliardi di un anno prima. Il deficit energetico è cresciuto solo a febbraio di oltre 5 miliardi a 7,18 miliardi. Praticamente, ci stiamo masticando l’unico fattore favorevole alla crescita dell’ultimo decennio: l’export. Di questo passo, risulterà più che azzerato, offrendo per la prima volta dopo tanti anni un contributo negativo e non più positivo al PIL. Poiché con un’inflazione già al 7% è facile prevedere consumi in picchiata e investimenti al palo, per l’economia italiana non ci sarebbe salvezza. Solo chi invoca l’embargo contro petrolio e gas non ha ben chiaro questo concetto. O forse persegue obiettivi che differiscono da quelli del benessere comune.

JP Morgan, Dimon: ‘Con guerra Russia-Ucraina, gli Usa si preparino al peggio. E aumentino presenza militare in Europa’

Guerra in Ucraina e sanzioni contro la Russia: “l’America deve prepararsi alla possibilità di una guerra prolungata in Ucraina dalle conseguenze imprevedibili. Dovremmo tenerci pronti al peggio e sperare per il meglio“. Così il ceo del colosso bancario Usa JP Morgan, Jamie Dimon, nella lettera annuale agli azionisti. Lettera in cui dà anche consigli strategici agli Stati Uniti di Joe Biden: gli Usa aumentino la loro presenza militare in Europa, così come sviluppino un piano per garantire la sicurezza energetica a loro stessi e ai loro alleati.

Nessuna pietà nei confronti della Russia di Vladimir Putin: gli Stati Uniti dovrebbero aumentare le sanzioni “in qualsiasi modo gli esperti di sicurezza nazionale raccomandino per massimizzare gli esiti positivi”.

Un altro consiglio al governo Usa riguarda le relazioni con la Cina, quanto mai cruciali in un momento in cui la posizione di Pechino continua a essere ambigua:

in questo caso Jamie Dimon crede che l’America debba piuttosto rinnovare le proprie catene di approviggionamento limitandone l’uso ai fornitori degli Stati Uniti e includendo al massimo solo “alleati che siano totalmente amici”.

E’ inoltre necessario, secondo il presidente e amministratore delegato del colosso di Wall Street, che gli Usa rientrino a far parte del Trans-Pacific Partnership (TPP), ovvero dell’accordo commerciale internazionale tra i più importanti al mondo.

Jamie Dimon sta avendo molta voce in capitolo nelle decisioni che l’amministrazione di Joe Biden sta prendendo: è lui il regista di quello che è stato chiamato ‘Piano Marshall’ degli Stati Uniti per aumentare la produzione di gas naturale e di altre risorse energetiche, ad esempio riducendo i tempi di sviluppo per la produzione di energia rinnovabile come i parchi eolici.

Ed è con lui e altri grandi nomi della Corporate America che il presidente americano si è incontrato prima di annunciare, insieme alla numero uno della Commissione Ue Ursula von der Leyen, il piano con cui l’America fornirà nel corso di quest’anno almeno 15 miliardi di metri cubi in più di LNG (gas naturale liquefatto) all’Europa, per poi far arrivare forniture tali da soddisfare una domanda di gas naturale liquefatto (LNG) Usa di 50 miliardi di metri cubi l’anno, almeno fino al 2030.

Anche nella sua missiva agli azionisti, Dimon ha consigliato agli Usa di aumentare la produzione energetica e a consegnare “immediatamente” agli alleati il proprio gas naturale liquefatto.

JP Morgan, Dimon: il mondo in mano a Covid, inflazione, Russia

E’ la 17esima lettera che Dimon scrive agli azionisti nelle vesti di ceo: le missive del banchiere vengono considerate un must da non perdere per le élite di Wall Street e per l’intero mondo della finanza.

Stavolta, la lettera viene pubblicata in una fase storica piena di incognite, con la guerra tra l’Ucraina di Zelensky e la Russia di Putin che continua a infuriare, a fronte di una spaccatura tra l’Occidente e Mosca che si fa ogni giorno frattura più profonda e insanabile.

In tutto il mondo torna a risuonare la parola recessione, proprio quando si era quasi sicuri che quella minaccia fosse, almeno per ora, alle spalle, grazie alla ripresa delle economie successiva alla pandemia Covid-19. E invece la storia ha presentato un’altra cattiva sorpresa, le cui conseguenze, come ha detto chiaro e tondo Dimon, sono imprevedibili.

Non si sa infatti quanto questa guerra durerà e quanto, di conseguenza, sarà il costo non solo in termini di vite umane ma anche economico che il mondo dovrà sostenere, in un contesto in cui, già prima dell’inizio della guerra del 24 febbraio scorso, diversi esperti avvertivano che la fiammata dell’inflazione post Covid non fosse affatto temporanea.

Ora, con la guerra in corso che coinvolge un peso massimo del settore delle materie prime, la Russia, il mondo si trova a fronteggiare un grande shock dell’offerta, con conseguente impennata storica dei prezzi.

Il numero uno di JP Morgan Jamie Dimon è stato così costretto ad accantonare il suo proverbiale ottimismo – confermato più volte nei confronti della sua America – e a unirsi al coro di voci che  lanciano ogni giorno avvertimenti di diversi tipi.

Dalle parole dell’AD emerge tutta la straordinarietà dei tempi che viviamo:

“Tre forze condizioneranno probabilmente il mondo nel corso dei prossimi decenni: l’economia americana in ripresa dalla pandemia Covid; l’elevata inflazione che inaugurerà l’era di aumenti dei tassi; e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia con la conseguente crisi umanitaria in atto”, ha detto Dimon. “Ognuno di questi tre fattori su menzionati è unico: la ripresa incredibile dal Covid scatenata da stimoli incredibili; la probabile necessità di alzare velocemente i tassi e ritirare rapidamente il QE, la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia”, ha continuato il numero uno di JP Morgan.

Questi fattori, “indicano circostanze completamente diverse rispetto a quelle che abbiamo vissuto in passato. E la loro convergenza potrebbe aumentare in modo drammatico i rischi che ci aspettano. Sebbene sia possibile, e lo speriamo, che tutti questi eventi si concludano in modo pacifico, dobbiamo tenerci pronti a esiti potenzialmente negativi”.

JP Morgan, Dimon: ‘Prepariamoci al peggio, sperando nel meglio’

In particolare, ha avvertito Dimon, “l’America deve tenersi pronta alla possibilità di una guerra duratura in Ucraina dalle conseguenze imprevedibili. Dovremmo prepararci al peggio, sperando nel meglio“.

“Come minimo, la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia rallenteranno l’economia globale, e la situazione potrebbe facilmente peggiorare”.

Il motivo alla base del rallentamento mondiale, ha spiegato Dimon, risiede nell’incertezza sul tempo di durata della guerra e sull’impatto che questa continuerà ad avere sulle catene di approviggionamento, soprattutto per quelle del settore energetico.

Il conto che la guerra presenterà al mondo sarà alto, in primis per la Russia, assediata e accerchiata da sanzioni che potrebbero farsi anche più severe. Nella giornata di ieri, per esempio, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha riferito che, nei prossimi giorni, le nazioni occidentali colpiranno la Russia con ulteriori misure punitive.

“Prevediamo che le conseguenze della guerra e delle relative sanzioni ridurranno il Pil della Russia del 12,5% entro la metà dell’anno – ha scritto Dimon – la flessione sarà dunque peggiore rispetto alla contrazione del 10% subìta a seguito del default del 1998″.

Dimon: Outlook Pil più che dimezzato per dipendenza da Russia

JP Morgan è stata costretta inoltre a sforbiciare l’outlook della crescita dell’area euro che, come ha detto lo stesso Dimon, “è fortemente dipendente dal petrolio e dal gas della Russia”:

“Al momento i nostri economisti ritengono che l’area euro, fortemente dipendente dal petrolio e dal gas della Russia, assisterà a una crescita del 2% circa nel 2022, rispetto all’elevato ritmo del 4,5% che avevamo previsto appena sei settimane fa”.

Per quanto riguarda l’impatto sull’economia Usa, le stime sono state riviste al ribasso dal +3% precedentemente atteso al ritmo di crescita pari a +2,5%. Tuttavia, ha avvertito il ceo, “avverto che queste stime si basano su una view piuttosto statica della guerra in Ucraina e delle sanzioni ora effettive”.

Il quadro potrebbe dunque mutare a seconda degli sviluppi della guerra (e anche delle sanzioni).

Dimon su Fed: non la invidio per quello che dovrà fare

In tutto questo ci sono le banche centrali, che devono districarsi evitando che si concretizzi il mix diabolico fatto di crescita stagnante e di boom dei prezzi: quello della stagflazione.

E’ dunque molto probabile che la Federal Reserve, ha avvertito Dimon, alzi i tassi di interesse più di quanto atteso dai mercati, con un ciclo di manovre restrittive che, già al momento, “non è in nessun modo tradizionale”.

Non è mancata una critica nei confronti della banca centrale americana, alle prese con una inflazione esacerbata dalla crisi energetica. Per Dimon, con il senno di poi, la liquidità massiccia erogata al sistema finanziario per blindarlo contro gli effetti della pandemia Covid,  unita agli stimoli fiscali della Casa Bianca, “è stata forse eccessiva ed è durata troppo”.

“Non invidio la Fed per quello che sarà costretta fare: più la ripresa è forte, più saranno alti i tassi che seguiranno. Se la Fed riuscirà a fare la cosa giusta, potremo avere anni di crescita, e alla fine l’inflazione inizierà a rallentare il passo. In ogni caso, questo processo potrebbe provocare grande confusione e mercati molto volatili“.

Dimon ha annunciato anche che JP Morgan potrebbe soffrire una perdita di 1 miliardo di dollari a causa della sua esposizione verso la Russia.

E’ la prima volta che Dimon rilascia dettagli sulle perdite potenziali della banca derivanti dalla guerra in corso in Ucraina. Il ceo non ha fornito però dettagli sull’arco temporale a cui la perdita potrebbe riferirsi, limitandosi a scrivere che la banca teme i cosiddetti effetti secondari della guerra su paesi e aziende.

Il banchiere ritiene comunque che JP Morgan presenti “un bilancio simile a una fortezza” e ha già detto in passato che la solidità della banca è tale da poter sopportare anche una perdita pari o superiore ai 10 miliardi di dollari e “rimanere ugualmente in ottime condizioni di salute”.

 

FED

Annotazione 2022-04-02 161403

FED

Annotazione 2022-04-01 153024

Perché l’inversione della curva negli USA è un segnale allarmante più che mai

L’inversione della curva dei rendimenti invia un segnale di allarme ai mercati internazionali. E stavolta è peggio che in passato.

di , pubblicato il

Nel corso della seduta di martedì, sul mercato obbligazionario americano è accaduto qualcosa che si temeva oramai da settimane: l’inversione della curva dei rendimenti. Il Treasury a 10 anni è arrivato ad offrire per un brevissimo periodo di tempo meno del Treasury a 2 anni. Siamo abituati a pensare che i rendimenti debbano salire man mano che la durata dei bond si allunghi. Ed è generalmente così. Capita in alcune fasi, però, che i rendimenti a breve superino quelli a lungo termine. Quasi tutte le volte in cui è accaduto nell’ultimo mezzo secolo, l’economia americana è caduta in recessione mediamente dopo quasi un anno e mezzo.

Perché ciò si verifichi non è mai stato capito con certezza. C’è chi crede che l’inversione della curva sia un segnale dell’arrivo della recessione; c’è chi sostiene, al contrario, che essa provochi la crisi dell’economia. Stando a questa seconda interpretazione, poiché le banche raccolgono denaro a breve e lo prestano a lungo termine, l’inversione della curva finisce per abbattere il margine d’interesse. Di conseguenza, le banche prestano meno denaro ad imprese e famiglie e l’economia ripiega.

Inversione della curva nel momento meno adatto

A rigore, l’inversione della curva dovrebbe verificarsi quando il mercato si aspetta che il ciclo economico sia già maturo e la banca centrale di lì a breve sarà costretta a sostenerla con il taglio dei tassi. In questo caso, infatti, conviene comprare titoli a lunga scadenza per approfittare dei rendimenti elevati che ancora offrono, prima che si abbassino. Stavolta, però, il fenomeno sta avvenendo quando la Federal Reserve ha appena avviato la stretta monetaria con il primo rialzo dei tassi a marzo da 0,25%.

Negli USA, l’inflazione è salita al 7,9% a febbraio. Il costo del denaro, invece, è stato fissato allo 0,25-0,50%. Il mercato si aspetta che entro la fine dell’anno salga al 2,50-2,75%. Dunque, siamo agli inizi del ciclo rialzista dei tassi, mentre l’inversione della curva dovrebbe esservi verso la fine. Cosa segnala questo apparente controsenso? Senz’altro che la FED sia decisamente molto indietro rispetto alla curva (“behind the curve”), vale a dire che abbia temporeggiato eccessivamente prima di alzare i tassi e sarà verosimilmente costretta ad accelerare il passo nei prossimi mesi per non perdere il controllo della stabilità dei prezzi. E come spesso, se non sempre, capita quando la stretta monetaria diventa radicale, l’economia cade in recessione.

Ricordiamoci che la FED ha un doppio mandato: centrare il target d’inflazione al 2% e mantenere la piena occupazione sul mercato del lavoro. Il rischio segnalato dall’inversione della curva a inizio stretta è che l’istituto si ritrovi presto a fare i conti con un’inflazione elevata e un’economia in recessione, cioè con un mercato del lavoro in peggioramento. A quel punto, il governatore Jerome Powell dovrebbe scegliere tra i due obiettivi e non sarebbe facile. Lo scenario di una stagflazione prende sempre più forma, non solo negli USA. Nell’Eurozona, la BCE deve ancora iniziare ad alzare i tassi. E il rischio di recessione, causa guerra, da noi è molto più elevato e vicino che non Oltreoceano. Con un’inflazione al 6%, Christine Lagarde avrebbe il suo bel da farsi per tenere tutto in ordine.

""

 

Annotazione 2022-03-31 170744

Ipotesi stop al gas russo per l’Italia, ecco cosa può succedere il prossimo inverno

Quali conseguenze per l’Italia e piani per il razionamento del gas.

di , pubblicato il 
Gas Russia

 

 

Dopo l’allarme per la Germania e l’Austria dopo lo stop del gasdotto Yamal-Europe, anche l’Italia potrebbe rischiare un blocco, uno scenario che non è possibile escludere del tutto.

Ipotesi stop al gas russo per l’Italia, gli ultimi scenari

Ad oggi, l’Italia importa dalla Russia 29 miliardi di metri cubi di gas, pari al 38% del gas naturale consumato in Italia. Se la Russia dopo le sanzioni inflitte volesse chiudere i rubinetti le gravi conseguenze potrebbero arrivare il prossimo inverno. Con l’arrivo della bella stagione, infatti, lo stop al gas russo non avrebbe particolari conseguenze ma la situazione prenderebbe una brutta piega durante i mesi freddi.

A fare chiarezza è stato anche il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani: “Per i prossimi due inverni sarebbe complesso assicurare tutte le forniture al sistema italiano e, pertanto, sarà necessario dotarsi di strumenti di accelerazione molto efficaci per gli investimenti che servono”.

Quali conseguenze per l’Italia e piani per il razionamento del gas

Quali potrebbero essere quindi le conseguenze? Si parla di piani per il razionamento del gas nel settore industriale in caso di picchi della domanda e anche la richiesta di riduzione del riscaldamento domestico e negli uffici. Infatti ci vogliono almeno tre anni prima di potersi emancipare dal gas russo e il governo italiano ha già svolto varie missioni in Qatar, Algeria, Angola e Congo in modo da arrivare a ridurre la dipendenza per 20 miliardi di metri cubi l’anno.

Ad esempio, dall’Algeria si possono importare fino a 9 miliardi di metri cubi l’anno, dalla Libia 5 miliardi, mentre il Tap può trasportare anche da subito fino a 1,5 miliardi.

Sarà fondamentale capire come procederanno i prossimi mesi prima di aprire allo scenario più inquietante che porterebbe conseguenze durante il prossimo inverno.

Vedi anche: Il gasdotto Yamal-Europe fermato dai russi, Germania e Austria resteranno a secco di gas?

 

Grano: prezzi giù ai minimi del mese su spiragli di pace Russia-Ucraina

Gli spiragli di pace frenano la speculazione sui prezzi di grano e mais che invertono al tendenza e scendono bruscamente su valori minimi del mese di guerra. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli andamenti al Chicago Board of Trade punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole in occasione dei negoziati in Turchia. Un andamento spinto dalle aspettative sul raggiungimento dell’accordo tra Russia e Ucraina, che controllano circa il 28% delle vendite mondiali di grano tenero per la panificazione, il 16% del commercio del mais destinato all’alimentazione degli animali negli allevamenti.

All’apertura il contratto future più attivo sul grano è sceso a 9,76 dollari a bushel (27,2 chili) dopo essere era arrivato a superare in un mese di guerra i 13,6 dollari per bushel mentre il mais è stato quotato 7,17 dollari dopo aver raggiunto i 7,8 dollari per bushel al top da 10 anni.

Borse credono a svolta nei colloqui Russia-Ucraina. Ecco chi vola e chi fa sboom sul Ftse Mib con pace più vicina

Martedì avanti tutta per Piazza Affari e le altre borse mondiali. Sponda al rally odierno arriva dai riscontri positivi arrivati da nuovo round di negoziati tra Russia e Ucraina per il cessate il fuoco. Mosca ha promesso che taglierà drasticamente le operazioni militari vicino alla capitale ucraina Kiev e alla città di Chernihiv. Il Ftse Mib ha così chiuso con un corposo +2,41% a 25.307 punti. A guidare i rialzi sono le banche con +7,6% per Unicredit e +5,7% Intesa Sanpaolo. Bene tra le big anche Stellantis a +6,64%, mentre hanno perso quota i titoli oil (-1,33% ENI e -2,73% Tenaris) in scia ai forti cali del prezzo del petrolio

Tra le utility in affanno SNAM (-1,67%) che stando a quanto riporta oggi Il Sole 24 Ore avrebbe già individuato una nave floting da acquisire per aumentare la capacità LNG in Italia e ridurre la dipendenza dalle forniture russe. L’obiettivo del MITE sarebbe quello di dotarsi di due navi floating, di cui una potrebbe essere presa in leasing. “Si tratterebbe di una notizia positiva per Snam perché aumenterebbero i suoi investimenti regolati”, spiega Equita che stima in circa 300-400 mln di euro il possibile costo di acquisizione.

Tra i titoli che pagano oggi l’avanzare di spiragli di pace spicca Leonardo (-2,35% a 8,97 euro), tra i migliori performer dall’inizio del conflitto ucraino. Ieri intanto il presidente statunitense Joe Biden ha chiesto al Congresso di aumentare la spesa per la difesa a 773 mld nel prossimo anno fiscale. Una mossa che si somma a quelle nella stessa direzione annunciate da paesi europei quali Germania e Italia. Per Leonardo gli analisti di Equita stimano gli Stati UNiti rappresentino meno del 20% del fatturato escludendo la divisione GSE recentemente venduta da DRS a SES.

Infine, seduta interlocutoria per TIM (-0,12%%) dopo il rally delle ultime sedute. Oggi era in programma un cda per un`informativa in merito alle interlocuzioni con KKR e per analizzare la proposta non vincolante di CVC per una quota di minoranza nel business Enterprise di TIM.

L’economia italiana sprofonda e Draghi cambia registro: ora vuole telefonare a Putin

Il premier Mario Draghi sta prendendo atto che la guerra in Ucraina rischia di mandare l’economia italiana in recessione e cambia strategia

di , pubblicato il 
 

L’Ucraina ha inserito l’Italia nella lista dei paesi “garanti per la sicurezza” insieme a Canada, Germania, Turchia e i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU (ad esclusione della Russia, s’intende). Una bella notizia per il nostro Paese, il quale può adesso ambire credibilmente ad avere voce nel dopoguerra ucraino che verrà. Il premier Mario Draghi si era spinto fino a ipotizzare l’ingresso di Kiev nell’Unione Europea, quando il presidente Volodymyr Zelensky si era collegato con Montecitorio nei giorni scorsi. E forse questa frase è valsa all’Italia tale riconoscimento.

Ma l’economia italiana sta pagando un prezzo molto alto per questa guerra. Le forniture di gas continuano a costare sei volte i livelli di un anno fa, il petrolio resta nei pressi dei 110 dollari al barile e solamente per fare benzina gli automobilisti italiani hanno speso 9 miliardi di euro in più negli ultimi sei mesi. Le previsioni di crescita sono state tagliate con l’accetta. Per Prometeia, il PIL quest’anno salirà del 2,3%, meno della metà del 4,7% atteso dal governo con il NADEF di settembre. L’Istat stessa lo ha già rivisto al ribasso dello 0,7% rispetto alle stime precedenti, ma avverte che la minore crescita potrebbe essere di dimensioni “molto superiori”.

Nel frattempo, la fiducia dei consumatori secondo l’ISTAT è crollata a marzo a 100,8 punti dai 112,4 di febbraio. Tra le imprese regge ancora a 105,4 punti dai 107,5 del mese precedente. Il caro benzina è stato scalfito per questo mese con il taglio delle accise di 25 centesimi, ma tornerà a divorare il potere d’acquisto delle famiglie tra qualche settimana. Il caro bollette costringe, poi, il governo Draghi a paventare un aumento del deficit per coprire parte delle spese extra di famiglie e imprese.

Intanto, l’inflazione italiana a febbraio è salita al 5,7% annuo, al 6,1% secondo il dato armonizzato con il resto dell’Eurozona. A marzo, si prospetta un’ulteriore accelerazione sopra il 6%. Praticamente, la guerra ci sta lasciando più poveri e indebitati.

Draghi ora più attento all’economia italiana

Draghi sa che l’economia italiana non può reggere a lungo agli effetti delle sanzioni contro la Russia, come avverte Confindustria. Molte imprese spariranno dal mercato con costi di produzione così alti e, a quel punto, centinaia di migliaia di posti di lavoro rischiano di essere perduti definitivamente. Dopo avere assecondato la strategia di USA ed Europa contro Mosca – e la gravità della situazione imponeva all’Occidente di mostrarsi compatto e duro contro Vladimir Putin – negli ultimi giorni a Palazzo Chigi è cambiata l’aria. Complice l’uscita critica di Enrico Letta, segretario del PD, nei confronti del presidente Joe Biden e della sua battuta su “Putin macellaio”, il premier sta prendendo coscienza dell’impossibilità di vestire solo i panni del combattente con l’elmetto.

Peraltro, finora l’Unione Europea non sta mostrando alcuna reazione compatta alla crisi dell’economia provocata dalla guerra. Al vertice di Bruxelles di inizio marzo, Draghi ha preso un bel due di picche sugli eurobond, rifiutati da Olanda e Svezia. E dopo avere organizzato un vertice degli stati del Sud Europa a Roma, le sue proposte su acquisti comuni e tetto ai prezzi del gas non sono state recepite a Bruxelles. In altre parole, quando c’è stato di accollarsi i costi della “guerra” economica alla Russia siamo stati uniti, adesso che si deve discutere di come dare una mano alle economie in sofferenza a causa della guerra ucraina e del caro energia, ognuno fa per sé.

Da questa presa d’atto, Draghi starebbe meditando di sentire Putin al telefono. Non sarebbe un gesto rivoluzionario, dato che il Cremlino ha mantenuto il filo diretto con Parigi e Berlino.

Roma dimostrerebbe di voler contribuire a risolvere la crisi, consapevole che più essa dura e più l’economia italiana sarà trascinata nel baratro. Deve anche dare risposte a una grossa parte della sua maggioranza contraria all’innalzamento della spesa militare al 2% del PIL. Nel Movimento 5 Stelle è battaglia contro tale scelta del governo, così come dalla Lega l’umore non è dei migliori. Di certo c’è che dopo le dichiarazioni belliche e con sbavature (vedasi il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio) delle prime settimane successive all’invasione dell’Ucraina, siamo passati dalla reazione emotiva al calcolo razionale. E già si scorgono minori elmetti tra ministri e segretari di partito. Cresce la voglia di diplomazia a Roma, dove si teme che il conto della guerra divenga insostenibile per l’economia italiana.

FED

FED

TIME MACHINE: nuvole, viaggi e quadri di mercato non proprio scontati

Scritto il  alle 11:11 da Danilo DT
facebook sharing button
twitter sharing button

Permettetemi di “giocare” un po’ con questa situazione, anche se forse c’è ben poco di cui divertirsi. Provo ad alleggerire la situazione, ipotizzando uno scenario da circo. Il grande Circo dei mercati finanziari.

ATTENZIONE ATTENZIONE!
Quanto sto per dirvi vi sorprenderà perché ha dell’incredibile…. Siori e siore, avanti che c’è posto…

PREMESSA

  • Abbiamo un’inflazione galoppante.
  • Abbiamo un conflitto bellico in corso con danni permanenti sia per certe economie e sia per logiche di geopolitica e globalizzazione, la quale sarà sempre più “glocal”.
  • Abbiamo un quadro economico che deve essere riscritto perché dopo l’invasione della Russia, tutti i modelli previsionali sono saltati.
  • Abbiamo un rischio di forte rallentamento e iniziano ad esserci dei timori su eventuale rischio recessione o addirittura stagflazione.
  • Abbiamo una frenata economica che quindi colpirà tutti, chi più chi meno, perché questa situazione ha ripercussione su tutti i principali paesi industrializzati.
  • Abbiamo un ritorno dei lockdown in Cina. Ma forse ora siamo tutti impegnati a fare il countdown per quando le mascherine le toglieremo definitivamente, perché ne abbiamo tutti le scatole piene del Covid. Ma il Covid non è morto. Si sta evolvendo (e speriamo si indebolisca).
  • Abbiamo all’orizzonte delle trimestrali (Q1 2022) che rischiano di essere un flop devastante, ma il mercato non se ne cura e quasi ignora.
  • Abbiamo un mercato che sconta per il 2022 ben 7 rialzi dei tassi di interesse da parte della FED.
  • Abbiamo un programma di QT che è in fase di partenza. E la storia insegna che quando le banche centrali fanno la cura dimagrante al bilancio, gli effetti non sono mai proprio entusiasmanti per i mercati (equity ma anche bond).
  • Abbiamo una situazione di debito aggregato che non ha pari nella storia.
  • Abbiamo una carenza di qualità nella politica che è disarmante.
  • Abbiamo perso la fiducia (vedi il post sulla fiducia dei consumatori) perché questa situazione ci fa paura, e malgrado tutto, ci sono prospettive sul futuro rosee.
  • Abbiamo ancora viva la speranza che, una volta finita la guerra, tutto tornerà come prima. Ma nulla tornerà come prima.
  • Abbiamo un costo dell’energia che è ai massimi storici e sta strozzando (soprattutto in Europa) l’economia.
  • Abbiamo ormai scontato che la tregua arriverà presto, perché sta diventando insostenibile per tutti, Russia compresa. Ma intanto si continua a combattere perché Putin non mollerà la presa e l’Ucraina ha dimostrato uno spirito nazionalistico encomiabile (ma forse poco utile in questo contesto).

Dai, mi fermo qui anche se poi, pensandoci un attimo potrei ancora continuare…
Abbiamo tutte queste cose.
Ebbene…

La Machina del Tempo…

Immaginate di essere sulla macchina del tempo in data 01/01/2022, e vi trovate catapultati magicamente nel giorno 29/03/2022.
Tre mesi, non dico 3 anni.
Arrivati in data 29/03/2022 vi trovate questo comunicato con l’elenco che sopra vi ho esposto. Lo leggete e sicuramente vi vengono i brividi.
Oh mio Dio… E’ un Armageddon! Chissà dove sono finite le borse…
Correte al PC, e subito vi scaricate un grafico.
SP500, il benchmark per antonomasia. Ed ecco il risultato.

Grafico SP500

Grafico SPX by Tradingview

Signori, siamo a -4,59% dai massimi.
Come commentate? E qui ci sarebbe da ridere perché uscirebbero le esternazioni più strane. Dalla magia nera, a “il mercato ha sempre ragione”, fino a “bubble for ever” e chissà quale altra strana alchimia. E addirittura se vogliamo esagerare, prendiamo i dati YTD ovvero da inizio anno. Siamo a -4%. E scopriremo che lo SP500 non solo è ad un passo dai massimi, ma se prendiamo la sua performance in Euro, scopriremo che…è ai massimi!

SPX YTD

 

E questi sono i fatti, non possiamo che “accettare” le solite regole del gioco e adeguarci alla tendenza, in attesa di avere qualche più chiaro segnale o, se preferite, che i nuvoloni sopra descritti si diradino e si giustifichi al meglio questa situazione nemmeno troppo negativa per le borse.

PS: non dimentichiamo mai che noi abbiamo la NOSTRA percezione, vissuta da italiani, una percezione che è ben diversa rispetto a quella vissuta per esempio dagli americani. E comunque, malgrado tutto, il nostro FTSEMIB e l’azionario Europeo non ha fatto bene ma poteva anche fare peggio.

PPS: Certo che, però, sti nuvoloni sono proprio minacciosi

Guerra nucleare, il piano di sicurezza dell’Italia: chiusi in casa e finestre sbarrate

Piano per la gestione delle emergenze radiologiche in caso di guerra nucleare, cosa significa.

di , pubblicato il 
Russia armi nucleari

 

 
 
 

Si parla ormai da giorni della possibilità di una guerra nucleare, mentre in Ucraina continua la trattativa per arrivare alla pace. Dopo l’allarme lanciato in seguito agli incendi che hanno colpito Chernobyl, il timore di un conflitto nucleare continua a preoccupare la Nato e ora si parla anche di un piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari firmato dal capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio.

Piano per la gestione delle emergenze radiologiche in caso di guerra nucleare, cosa significa 

Si tratta di un piano per la gestione delle emergenze radiologiche, dove si trovano anche consigli pratici per gestire il possibile disastro ambientale. Tra le misure previste, figura il consiglio di rimanere nelle proprie abitazioni con porte e finestre chiuse e “i sistemi di ventilazione e condizionamento spenti, per brevi periodi di tempo. Con un limite massimo ragionevolmente posto a due giorni”.

Nel piano si parla anche della famosa «iodoprofilassi» ma in generale la bozza del nuovo Piano nazionale è articolata su tre fasi in base all’evoluzione dello scenario e in base alla distanza dell’impianto.

Gli interventi previsti, c’è anche la iodoprofilassi

Nel piano si prevede anche il monitoraggio delle infrastrutture critiche, come i depositi di scorie, le basi militari degli obiettivi civili come gli ospedali. Dunque scatterebbero subito degli interventi per permettere alle persone di evacuare.

Verrebbero poi costruire tendopoli e strutture di soccorso mobile, e distribuite dosi di iodio stabile, per evitare che lo iodio radioattivo nell’aria, nell’acqua e nel terreno possa causare tumori. Il protocollo, scatterebbe anche se la bomba atomica scoppiasse nei territori vicini all’Italia o in caso di incidente nucleare con effetti anche in Italia.

In quel caso potrebbe anche scattare il divieto di vendita di alcuni prodotti.

Vedi anche: Allarme nucleare in Ucraina: incendi a Chernobyl e pericolo di inquinamento radioattivo, cosa rischia l’Italia?

AllianceBernstein: dalla guerra in Ucraina implicazioni durature per gli investimenti

Chris Hogbin, Scott DiMaggio e Gershon Distenfeld, rispettivamente Head di Equities e Co-Head di Fixed Income, analizzano le principali implicazioni per Europa, materie prime, globalizzazione e fattori ESG

 di Virgilio Chelli  28 Marzo 2022 – 13:24
financialounge -  AllianceBernstein Chris Hogbin daily news Gershon Distenfeld investimenti Scott DiMaggio
Con l’attacco all’Ucraina, Putin ha annullato decenni di sforzi per cementare la pace in Europa dopo la Guerra fredda, mentre per gli investitori il nuovo ordine mondiale solleva diversi temi che condizionano l’analisi di asset class e titoli. Gli investitori azionari e obbligazionari devono ripensare gli effetti della guerra sul quadro macroeconomico globale e ragionare su come queste tendenze influiscono su singole imprese e paesi e sulla selezione dei titoli.

 

 

L’EUROPA DEVE RIPENSARE LE STRATEGIE ENERGETICHE

AllianceBernstein, in un commento firmato da Chris HogbinScott DiMaggio e Gershon Distenfeld, rispettivamente Head di Equities e Co-Head di Fixed Income, analizza le principali implicazioni per l’Europa, per le materie prime e per la globalizzazione, indicando anche le strategie più appropriate di gestione del rischio. I paesi europei sono costretti a ripensare le loro strategie energetiche, accelerando la transizione verso le rinnovabili, ma ricorrendo anche a fonti alternative fossili a breve termine. Intanto la Russia potrebbe cercare di reindirizzare le sue forniture verso la Cina e altri paesi asiatici.

LA DIFESA DIVENTATA UNA PRIORITÀ

Anche la difesa è diventata improvvisamente una priorità per l’Europa, la Germania ha raddoppiato la spesa militare, mentre i titoli di alcuni gruppi europei della difesa hanno guadagnato terreno. Il fabbisogno di energia e le esigenze della difesa stanno galvanizzando la regione, l’Ue potrebbe emettere eurobond per finanziare il fabbisogno di energia, con sviluppi che rappresentano un cambiamento epocale dell’integrazione europea, con grandi ricadute per gli investitori in tutte le asset class.

MATERIE PRIME E SHOCK DELL’OFFERTA

Per quanto riguarda le materie prime, secondo gli esperti di AllianceBernstein questa volta siamo in presenza di uno shock dell’offerta, che oltre ai prodotti energetici investe fertilizzanti e materie prime alimentari. I paesi emergenti potrebbero essere vulnerabili a problemi economici, disordini sociali e ritardi nel consolidamento fiscale. Ci vorrà tempo perché nuove fonti di approvvigionamento energetico emergano e fino ad allora l’unico modo per bilanciare domanda e offerta potrebbe essere un rialzo dei prezzi talmente pronunciato da erodere la domanda, innescando potenzialmente una recessione.

ACCELERAZIONE DELLA DEGLOBALIZZAZIONE

Un altro effetto segnalato da AllianceBernstein è l’accelerazione della deglobalizzazione. È presto per dirlo, ma i dati sulle esportazioni e sugli investimenti indicano la possibilità di un re-shoring che potrebbe a sua volta spingere l’inflazione, ma il trend potrebbe anche alimentare investimenti interni e a potenziali aumenti dei salari, che potrebbero dare impulso alla domanda

GESTIONE DEL RISCHIO GEOPOLITICO

L’insieme di questi fattori pone il problema della gestione del rischio geopolitico nei portafogli. La guerra e le sanzioni hanno rammentato la possibilità di eventi altamente improbabili con enormi conseguenze per imprese e mercati dei capitali. Per questo potrebbe essere necessario ripensare il modo in cui si applicano i premi al rischio. Infine l’impatto sui fattori ESG, con l’esigenza di bilanciare i bisogni sociali di cibo a prezzi accessibili con i bisogni ambientali. La guerra potrebbe anche cambiare il modo in cui gli investitori focalizzati sui temi ESG considerano le imprese del settore difesa,

IMPATTO ANCHE SUI FATTORI ESG

Gli investitori attenti ai temi ESG le hanno finora evitate, ma se sono considerate cruciali per assicurare libertà e democrazia anche questo approccio potrebbe cambiare. Nella nebbia della guerra, sottolineano in conclusione gli esperti di AllianceBernstein, è difficile capire come il conflitto cambierà il mondo. Ma non è troppo presto per iniziare a inquadrare le questioni che influiranno sull’analisi di imprese e paesi nella costruzione dei portafogli per anni a venire.

La settimana delle Borse parte in verde con i nuovi negoziati Ucraina-Russia in Turchia

Al via un nuovo round di trattative in Turchia per cercare una via d’uscita diplomatica. In Asia Shanghai torna in lockdown per contrastare l’aumento dei contagi, petrolio in frenata

 di Antonio Cardarelli  28 Marzo 2022 – 7:21
 
Avvio positivo per i listini europei nella prima seduta della settimana. Il Ftse Mib di Milano apre in rialzo dello 0,6% grazie anche al rialzo di Tim (+1,5%). Bene anche il Dax di Francoforte (+1,2%) e il Cac 40 francese (+0,8%) mentre prevale la cautela a Londra (+0,3%). Nella mattinata europea i futures di Wall Street sono tutti sotto la parità.

 

 

INCONTRI DI PACE IN TURCHIA

La nuova settimana vede, ovviamente, ancora in primo piano gli sviluppi della guerra in Ucraina. La speranza è che il nuovo round di negoziati, in programma da oggi a mercoledì a Istanbul, possa portare finalmente a passi concreti in avanti. Il presidente ucraino Zelensky ha parlato della possibilità di valutare la neutralità e altre forme di garanzia per la Russia, ma non è disposto a cedere parte del territorio. Prosegue, intanto, la guerra mediatica tra le parti. Kiev afferma che i russi si stanno allontanando dalla capitale per dirigersi a nord, verso la Bielorussia.

LAVROV IN VISITA IN INDIA

Mentre la diplomazia Usa cerca di ricucire lo strappo creato dalle parole di Biden, che in Polonia ha definito Putin “un macellaio” che deve lasciare il potere, la Germania sta pensando di dotarsi di uno scudo missilistico. Dall’India, intanto, rimbalza la notizia della prossima visita del ministro degli Esteri russo Lavrov. La banca centrale russa ha annunciato il ritorno in contrattazione dei 50 titoli dell’indice MOEX, ma resta il divieto di vendite allo scoperto.

TENSIONE IN CINA PER NUOVI LOCKDOWN

Tornando sui mercati, c’è apprensione sulle Borse asiatiche a causa dei nuovi lockdown. Per evitare il diffondersi del Covid 19 su larga scala, il governo cinese ha deciso di chiudere la città di Shanghai. Un duro colpo per l’economia cinese, ma anche per quella globale visto che la città è un polo produttivo cruciale per molte multinazionali tecnologiche. Nonostante la nuova ondata di contagi, la Borsa di Shanghai riesce a tenere (+0,07%) mentre quella di Hong Kong chiude in rialzo dell’1%. Inizia male, invece, la settimana per la Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei che perde lo 0,7%.

PETROLIO IN FRENATA

Perde terreno il petrolio, anche a causa dei lockdown in Cina: il Wti (-4,3%) vale 108 dollari al barile, mentre il Brent (-4%) è a quota 112 dollari al barile. In calo anche il gas, con i futures scambiati ad Amsterdam e con scadenza ad aprile che perdono il 5% a 96 euro/MWh. Flessione anche per l’oro (-1%) a 1.933 dollari l’oncia.

Borsa Mosca -3,6% in secondo giorno trading post stop guerra. Pil Russia verso tonfo storico

Nel suo secondo giorno di trading successivo alla sospensione scattata con l’inizio della guerra in Ucraina, l’indice MOEX della borsa di Mosca ha fatto subito dietrofront, perdendo il 3,66% a quota 2.484,13 punti.

Ieri l’indice aveva chiuso in territorio positivo, avanzando del 4,4%, comunque ritracciando dai forti guadagni di inizio seduta, quando era salito di oltre il 10%.

Ad alimentare i buy le mosse della banca centrale russa guidata da Elvira Nabiullina, che ha deciso di far ripartire il trading sui titoli azionari russi nella sessione di ieri, giovedì 24 marzo, dopo uno stop durato un mese circa, vietando tuttavia le vendite allo scoperto e impedendo anche agli investitori stranieri di smobilizzare le azioni. Quest’ultima misura, decisa alla fine di febbraio, proseguirà fino al prossimo 1° aprile.

C’è da dire inoltre che il Moscow Exchange ha stabilito la riapertura degli scambi di 33 dei 50 titoli complessivi quotati sull’indice MOEX.

Nella giornata di oggi, hanno prevalso le vendite sul gigante del gas Gazprom, sul produttore petrolifero Lukoil e sulla banca Sberbank. Bene invece PhosAgro.

Intanto Benjamin Hilgenstock e Elina Ribakova, economisti dell’IIF (Institute of International Finance), hanno commentato in una nota riportata da Bloomberg di prevedere per il Pil della Russia una contrazione del 15% nel 2022, e del 3% nel 2023, a causa della decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina, inimicandosi così il mondo intero.

Gli economisti hanno diramato un outlook preliminare sull’impatto della guerra; le previsioni potrebbero dunque anche peggiorare, nel caso di ulteriori sanzioni.

Ciò che è chiaro è che se il Pil si contraesse al ritmo stimato, il suo valore piomberebbe a quello di 15 anni fa.

“L’effetto negativo sulle prospettive di medio lungo termine potrebbe essere anche più importante”, hanno avvertito i due esperti dell’IIF.

Le sanzioni fanno male alla Russia, ma ecco perché l’America deve temere gli effetti collaterali

Le sanzioni contro la Russia appaiono un buon modo per mettere alle corde Putin, ma è l’America che deve temerle nel lungo periodo

di , pubblicato il 
Sanzioni alla Russia, effetti collaterali

 

 

Il terzo pacchetto di sanzioni contro la Russia varato da USA ed Europa alla fine di febbraio non ha precedenti nella storia moderna per potenza delle stesse e dimensioni del destinatario. L’Occidente sta cercando nei fatti di tagliare fuori Mosca dai mercati internazionali, relegarla ai margini del pianeta come un paria e soffocarne l’economia. Solo così, sperano i leader di Europa e Nord America, il potere politico del presidente Vladimir Putin vacillerebbe davvero. Alla lotta in difesa della libertà e della democrazia si sono unite moltissime multinazionali, che stanno sospendendo gli affari sul territorio russo con l’obiettivo di far capire alla popolazione che rischiano di tornare indietro di decenni se sosterranno un Cremlino guerrafondaio.

Le sanzioni alla Russia si stanno mostrando efficaci nel mordere la sua economia. Il PIL quest’anno potrebbe crollare del 10%, stando ad alcune analisi. Già il rublo è arrivato a perdere il 50% con l’invasione dell’Ucraina, sebbene nelle ultime sedute abbia mostrato una forte ripresa con l’annuncio di Putin che accetterà i pagamenti delle forniture di gas solamente in valuta locale e non più in dollari ed euro.

Ma queste sanzioni stanno per la prima volta seminando il dubbio tra gli stessi addetti ai lavori che possano nel tempo rivelarsi un boomerang per chi le ha comminate, in particolare per l’America. Non stiamo parlando delle ritorsioni russe, a dire il vero modeste, dato che Mosca praticamente esporta quasi solo materie prime e continua a vendere all’Occidente “nemico” come unica fonte di accesso alle valute straniere forti. Il pericolo è ben maggiore e strutturale.

Come funzionano le sanzioni americane?

L’America è solita imporre sanzioni ai suoi nemici.

Un caso piuttosto famoso riguarda l’Iran. A causa della sua corsa al nucleare per scopi bellici, nel 2012 l’amministrazione Obama impose l’embargo contro le sue esportazioni, di petrolio comprese. Teheran si vide impossibilitata dall’oggi al domani di vendere greggio all’estero. La sua economia cadde in sofferenza. E perché nessun cliente all’infuori dell’America ha potuto o voluto comprare barili iraniani? In conseguenza delle cosiddette “sanzioni secondarie”. Esse prevedono che qualsivoglia entità pubblica o privata che intrattenga relazioni economiche con un paese e per attività oggetto di embargo, non potrà accedere al mercato dei capitali americano. In altre parole, non potrà ricevere finanziamenti e altri servizi da banche e istituzioni finanziarie a stelle e strisce.

Poiché l’America è il mercato più ricco e grande del mondo, non esiste alcun soggetto pubblico o privato a cui sfiori anche solo l’idea di sfidare l’embargo. Sarebbe un suicidio economico. Per quanto Cina e altri stati asiatici da anni sostengono che le sanzioni secondarie americane siano “illegali”, in realtà non lo sono per un motivo ovvio: l’America non vieta alcunché a società, banche e governi all’infuori dei suoi confini nazionali; semplicemente avverte loro che nel caso in cui infrangessero il suo embargo, subirebbero conseguenze sul piano delle relazioni economiche. Come dire: “chi parla con il mio nemico non entra a casa mia”. Avrei tutto il diritto di pensarlo e metterlo in pratica.

Sanzioni alla Russia e rischio boomerang

Questo apparato di misure punitive verso un paese funziona finché è piccolo. Quando inizia ad essere delle dimensioni della Russia, le cose si complicano. Puoi intimare ai governi terzi di non avere a che fare con l’Iran o il Venezuela, ma con la Russia non è affatto semplice. Essa ha un’economia di medie dimensioni, qualcosa come 1.500 miliardi di dollari, un terzo in meno dell’Italia con una popolazione di due volte e mezza più grande. Il fatto è che questo sterminato territorio da oltre 17 milioni di km quadrati produce molte materie prime, da cui dipendono numerosi paesi, in Asia, Africa ed Europa.

Dal gas al petrolio, dalla farina ai fertilizzanti, dall’alluminio al palladio, risulta quasi impossibile per moltissime economie di piccole e medie dimensioni fare a meno della Russia.

Per questo l’America sta trovando più difficile isolare Putin. A meno di non volere imporre sanzioni verso decine e decine di società, banche e governi di mezzo mondo, dovrà rassegnarsi ad accettare che la Russia continui a intrattenere relazioni commerciali e finanziarie con Asia, Africa e forse anche Sud America. Ma anche tollerare che ciò accada, non libererebbe Washington dal rischio più grande, ovvero quello di non essere più percepita come un “porto sicuro” per i capitali dell’intero resto del mondo. Queste sanzioni alla Russia, specie quelle che “congelano” le sue riserve valutarie, stanno indisponendo numerosi stati, tra cui Arabia Saudita. Per quale motivo gli americani (e gli europei, nel caso specifico) si arrogano il diritto di sequestrare attività finanziarie di uno stato sovrano? Stando così le cose, non sarebbe più opportuno almeno diversificare le mete di destinazione di tali attività per sottrarle alle possibili mire occidentali?

Capitali meno globali, inflazione su

Le sanzioni alla Russia hanno confermato la sensazione di molti stati, secondo la quale i capitali non sarebbero al sicuro all’infuori del proprio blocco geopolitico di appartenenza. Questo incentiverà nei prossimi anni il rimpatrio degli asset delle riserve ufficiali e l’imposizione di limitazioni alle esportazioni di capitali. La liquidità sempre abbondante sui mercati occidentali potrebbe non essere così scontata in futuro. Fattori come tassi d’interesse e variazioni dei tassi di cambio inizierebbero a giocare un ruolo nell’attirarla o meno, così come accade nel resto del pianeta. E il governatore della Federal Reserve di St.Louis, James Bullard, ha invitato a scontare tassi d’inflazione strutturalmente più elevati in futuro, a causa della minore globalizzazione. Egli propugna tra l’altro tassi USA non inferiori al 3% entro fine anno.

In altre parole, le pesanti sanzioni alla Russia starebbero indisponendo una parte consistente del mondo e accelerando quella deglobalizzazione intravistasi già con la pandemia, con le multinazionali che cercano di accorciare le loro catene produttive. Non solo: è il ruolo del dollaro ad essere minacciato da un simile scenario. Lasciamo stare per il momento il pagamento del gas in rubli; l’America rischia di alienare fin troppe economie terze, con la conseguenza di spingerle ad accettare valute di riferimento alternative. Il caso dell’India, economia di dimensioni doppie di quella russa, è scioccante in tal senso. Il governo Modi ha stretto un accordo con Mosca per regolare gli acquisti di petrolio in rubli, agganciando le quotazioni allo yuan. C’è da dubitare che siffatte sanzioni alla Russia saranno replicate in futuro con economie di dimensioni simili o maggiori. Troppo alto il rischio di vedersele ignorate dal resto del mondo o di intaccare il dollaro come valuta di riserva mondiale.

Macron: “Stiamo entrando in una crisi alimentare senza precedenti”

Emmanuel Macron ha annunciato una nuova iniziativa di “solidarietà alimentare”, tra i punti chiave della crisi in Ucraina, visto che sia l’Ucraina sia la Russia sono due grandi produttori di cereali. “Ho voluto, come presidente del Consiglio per questo semestre a livello europeo, e in collegamento diretto con l’Unione Africana, lanciare l’iniziativa ‘Farm’”, ha affermato il presidente Macron.

Crisi alimentare senza precedenti

Il suo scopo è “alleviare questa crisi”. In primo luogo sviluppando un piano di emergenza commerciale, liberando scorte da alcuni paesi e, per prevenire la mancanza di produzione questa estate, aiutando i Paesi più dipendenti ad aumentare la loro produzione. “Stiamo entrando in una crisi alimentare senza precedenti“, ha avvertito Macron. ASKANEWS

SIAMO IN GUERRA!

Scritto il  alle 08:38 da icebergfinanza
email sharing button
sharethis sharing button

War Room on Steam

Oggi, si decide il destino di questa guerra, oggi il  il presidente americano Joe Biden arriverà a Bruxelles, per una serie di appuntamenti politici con i leader della Nato e terrà un discorso sulla risposta da dare all’attacco della Russia.

Si inviano armi, si mandano istruttori, si valuta qualunque opzione ma la Nato non è in guerra, non scenderà mai in guerra come l’Italia, si l’Italia del banchiere, che mentre Zalensky usa parole misurate, lui arringa gli italiani, manderemo più armi, aumenteremo la spesa militare come vuole lo zio Sam.

E si, lui il banchiere, ha la stoffa del comandante, la Costituzione, carta straccia, tanto ci sono i parlamentari che tengono famiglia e devono arrivare alla fine del mese, voterebbero qualunque cosa pur di non vedere smettere il flusso degli emolumenti, i privilegi.

Siamo in guerra, una sporca guerra, lo ripeto, mai mi sarei atteso un simile epilogo, mai, c’è troppa distruzione la fuori, troppi incendiari da una parte e dall’altra!

Mai avrei pensato che la Russia avrebbe invaso l’intera Ucraina, ora le cose stanno sfuggendo di mano.

Sfuggono sempre di mano, che sia la Russia o che sia l’America, si sa quando iniziano non si sa mai quando finiscono.

Ieri Putin ha imposto all’Europa il pagamento del gas in rubli, l’euro è carta straccia per loro. Tempo una settimana e serviranno rubli.

Subito i tedeschi hanno sussurrato che si tratta di una violazione contrattuale, come se non ci fosse la guerra, come se loro non dipendessero quasi completamente dai russi, come noi. Surreale!

Nel frattempo, la Commissione europea propone il modello vaccini anche per l’acquisto e lo stoccaggio del gas, però niente tetto al prezzo è il mercato bellezza e tu ti devi adeguare.

«Con i prezzi del gas saliti 10 volte in due anni c’è un grande stress sui consumatori e sulle industrie che non possono sopravvivere con questi prezzi». È l’allarme lanciato dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco al forum di Bloomberg sull’economia italiana. Visco ha sottolineato come per rispondere a questa difficoltà «non è responsabilità delle politiche monetarie».

…«non è responsabilità delle politiche monetarie».

Il banchiere centrale di turno, uno di quelli che si diverte a gettare benzina sul fuoco, ovvero miliardi di liquidità gratuita alla speculazione, sostiene che non è colpa loro se qualche monello continua a giocare con i loro soldi gratis, facendo esplodere i prezzi energetici e la speculazione.

Sono fantastici, loro non hanno mai colpa, alcuna responsabilità!

L’escalation è evidente, il mondo è impazzito, la ferocia con la quale intere città vengono rase al suolo li dove per molti anni a partire dal 2014, la pulizia etnica l’ha fatta da padrone, oggi sul Corriere, si celebrano le gesta,  del battaglione Azov, ripulito soprattutto sul web della sua criminale storia.

Sull’edizione russa di Wikipedia, il nome Denis Projipenko è messo in cima alla lista dei comandanti del battaglione Azov. Il più alto in grado. Il nemico numero uno di Mosca, l’uomo che personifica sul campo quell’Ucraina «nazista» da cui Putin vuole liberarla. Sui siti di Kiev, invece, nulla. Projipenko non c’è. Scomparso, la memoria digitale cancellata. Pulizia totale di tutto quanto lo riguardava. Fosse per Internet, l’ufficiale in capo della resistenza militare a Mariupol sarebbe un uomo senza passato, senza gloria, ma anche senza i sospetti di simpatie neonaziste che oggi nuocerebbero alla causa ucraina. Uno e novanta, biondo, naso sottile e occhi azzurri, il maggiore Denis Projipenko è uno dei fondatori del Battaglione Azov.

(Corriere) Battaglione Azov

Oggi ci sarà una svolta a questa guerra oggi e domani, l’escalation continua, siamo in guerra, noi abbiamo il banchiere, lui è un esperto in assedi, il popolo greco ne sa qualcosa.

Nel frattempo la curva dei tassi continua a essere bombardata, ieri un missile supersonico ha colpito la linea maginot, il tasso neutrale senza esplodere, il rinculo è stato potente.

Ci sono incredibili analogie con il 2018, ma ne parleremo nel prossimo manoscritto, un eccesso spettacolare.

Le inversioni sulla curva dei tassi, sono molteplici! Le inversioni si verificano quando un titolo a breve termine, rende più di un titolo a lunga scadenza.

La curva si è invertita in 4 punti, tra i titoli a 20/30 7/10 3/5 e 5/10, il mercato sconta una severa recessione, i banchieri centrali dormono.

Powell aumenti pure a maggio i tassi di uno 0,50 % poi ci divertiamo, il mercato non sta seguendo la Fed, la curva non si irripidisce, si sta comletamente appiattendo.

L’Europa cadrà in recessione, matematico anche se loro vi dicono di no!

In America non accadrà, dicono loro, ma in realtà qui sotto i presagi sono funesti.

Conference Board's LEI

L’asta di ieri dei titoli americani ha battutto ogni record!

Thanks to ZeroHedge.

Ora i titoli a 20 anni rendono più di quelli a 30 anni, il 2,651%, il rendimento più alto mai registrato da maggio 2020 e ben al di sopra del 2,396% del mese scorso.

La copertura era 2,72, un recordnettamente superiore sia al 2,44 del mese scorso e alla media di 2,41 delle ultime 6 aste.

In poche parole se li sono strappati di mano, nessuno che li butti via, il resto lo fa la speculazione, nel breve, poi vediamo cosa accadrà.

La cosa sempre più interessante è che più loro minacciano di aumentare i tassi e più le vendite di case crollano.

La volta scorsa si era trattato di case esistenti, ieri quelle nuove…

Le vendite di nuove case sono diminuite del 2,0% contro la previsione di un aumento oltre 1 % ma la novità è che come spesso accade il calo del 4,5% di gennaio è stato rivisto drasticamente al ribasso dell’8,4%, ripeto 8,4%.

La festa è finita!

Un recente rapporto ha mostrato che le aspettative di vendita dei costruttori di case per i prossimi sei mesi è crollata al livello più basso dal giugno 2020 a causa degli aumenti dei costi di costruzione e tassi di interesse più elevati.

La festa è appena iniziata, in settimana le domande di mutuo sono crollate ancora una volta, ora al minimo dai minimi stagionali pre-COVID…

Fonte: Bloomberg

Ci sono altre brutte notizie, ma è meglio fermarsi qui, va tutto bene dicono loro!

Cosa succede se anche l’Italia entra in guerra: il piano che prepara alla terza guerra mondiale

Cosa succede se anche l’Italia entra in guerra: il piano dell’Esercito che prepara ad un possibile conflitto.

di , pubblicato il
Terza Guerra mondiale

Che cosa succede se l’Italia dovesse essere coinvolta nella guerra in Ucraina? Come riporta Il Messaggero, il nostro paese avrebbe pronto un piano organizzato dallo Stato maggiore dell’Esercito italiano.

Cosa succede se anche l’Italia entra in guerra: il piano dell’Esercito che prepara ad un possibile conflitto

Il conflitto va avanti, anche se le truppe russe iniziano a fare fatica e anche gli accordi sono ancora ad un punto morto. La Nato continua a ribadire che farà di tutto per evitare che il conflitto si allarghi ad altri paesi, ma l’Italia si prepara ad ogni evenienza. Aveva già fatto discutere la circolare dei giorni scorsi dello Stato maggiore dell’Esercito, ora un nuovo passo.

Si parla di un piano dettagliato di azione in caso di un allargamento della guerra in Ucraina che darebbe vita ad una Terza Guerra Mondiale. Lo Stato maggiore dell’Esercito avrebbe pensato ad un piano che cura maggiormente l’aspetto logistico e una importante rete di rifornimenti. Oltre all’Aeronautica, anche la Marina è in allerta. I primi ad essere impiegati potrebbero essere paracadutisti, bersaglieri e alpini: “Dal 9° Reggimento Col Moschin al 185° Reggimento fino agli alpini del 4° Reggimento”. Il clima è molto teso e anche se non ci sono presupposti per pensare ad un ampliamento del conflitto al di fuori dell’Ucraina, è chiaro che l’Europa deve farsi trovare preparata.

Secondo Joe Biden la Russia potrebbe usare le armi chimiche e lancia il nuovo allarme

Intanto, Joe Biden ha lanciato un monito sul possibile uso da parte della Russia di armi chimiche. Il presidente americano ha sottolineato che le accuse russe sul fatto che Kiev abbia armi biologiche e chimiche “sono false” e rappresentano un segnale che Putin vuole usarle per la guerra.

Biden ha anche confermato che la Russia ha impiegato anche missili ipersonici nei bombardamenti in Ucraina

FED

FED

FED

FED

Ucraina, Kiev: bombardato centro commerciale. Alert Zelensky su rischio terza guerra mondiale

Kiev sotto assedio, con le forze russe che haanno bombardato nella notte un centro commerciale stiato nel distretto Podilskyi della capitale dell’Ucraina. Il bilancio dei bombardamenti è salito a sei morti.

Nelle ultime ore il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha avvertito che un eventuale fallimento dei negoziati per il cessate il fuoco con il presidente russo Vladimir Putin, sarebbe l’inizio della terza guerra mondiale.

“Se questi tentativi falliranno, l’esito sarà quello di una terza guerra mondiale – ha detto Zelensky in un’intervista rilasciata a Fareed Zakaria della Cnn – Credo che non potremo porre fine a questa guerra senza i negoziati – ha continuato il presidente ucraino – Se ci dovesse essere anche l’1% di probabilità di riuscire a porre fine a questa guerra, dovremmo tentare”.

L’Ucraina ha intanto rifiutato l’ultimatum lanciato dalla Russia, che ha chiesto ai militari di lasciare Mariupol.

“Deponete le vostre armi”, ha chiesto il colonnello Mikhail Mizintsev, direttore del centro di gestione di Difesa azionale della Russia – Stiamo assistendo a una catastrofe umanitaria terribile. A tutti coloro che consegneranno le loro armi garantiamo un’uscita sicura da Mariupol”.

Kiev ha risposto tuttavia con un no, con la vice premier Iryna Vereshchuk che, stando a quanto riportato dall’ Ukrainska Pravda, ha ribattuto che “non ci sarà alcuna resa” e “che abbiamo già informato la controparte russa sulla questione. Invece di perdere tempo con una missiva di 8 pagine, che aprano i corridoi umanitari”.

Oggi, stando a quanto ha reso noto la Casa Bianca, è atteso un colloquio telefonico tra il presidente americano Joe Biden, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente del Consiglo italiano Mario Draghi e il premier britannico Boris Johnson per discutere “di una risposta coordinata all’attacco immotivato e ingiustificato della Russia all’Ucraina”. Il colloquio è atteso alle 16 ora italiana.

I mercati pretendono una Cina non schierata con la Russia 

Sia sul fronte delle sanzioni alla Russia, sia nella ‘moral suasion’ nei confronti di Pechino, gli investitori giocano un ruolo attivo e forse determinante che si aggiunge agli sforzi di autorità politiche e monetarie

 di Stefano Caratelli
  21 Marzo 2022 – 7:17
financialounge -  azionario Bulletin cina mercati Russia
Dall’inizio del millennio ben quattro mostruosi cigni neri hanno fatto irruzione sui cieli globali di mercati e economie. Tra il 2008 e il 2012 due ‘volatili’ finanziari, prima la devastante crisi innescata dalla bolla dei subprime e dal crac di Lehman, poi la crisi del debito sovrano europeo che ha rischiato di affondare la moneta unica. Negli ultimi due anni sono arrivati quelli ‘tradizionali’ portatori di sventure che da sempre affliggono l’umanità, la pandemia globale e la guerra in Europa. Le prime due crisi hanno colto le autorità monetarie e politiche di sorpresa, soprattutto le seconde e soprattutto nell’Eurozona. Ma sono state anche un formidabile laboratorio che ha consentito otto anni dopo a governi e banche centrali di sapere quasi esattamente cosa fare e come farlo a fronte della paralisi fulminante che tra febbraio e marzo del 2020 investiva l’economia globale. Con la guerra la storia è diversa, non è l’umanità contro il virus ma ‘uomini contro’.

 

 

AVVERTIMENTO RECAPITATO A XI JINPING

Di fronte all’aggressione russa dell’Ucraina si è scelta la doppia strada di rifornire l’aggredito di strumenti di difesa e di stringere l’aggressore in una morsa economica che facesse molto male. C’era l’incognita Cina, con molte paure alimentate dall’accoglienza imperiale riservata a Putin da Xi Jinping alle Olimpiadi di Pechino, solo 20 giorni prima dell’attacco di Mosca, e poi dall’astensione all’Onu sulle sanzioni alla Russia insieme all’India. Diversi analisti si sono sbilanciati a prevedere un’annessione di fatto della Russia alla Cina, con le sue straordinarie risorse energetiche e minerarie, in cambio di supporto sul fronte ucraino. Ma a far riflettere Pechino sull’impraticabilità di presunte ambizioni imperiali anti-occidentali ci hanno pensato i mercati. Gli investitori internazionali e la business community globale hanno fatto capire chiaramente a Xi che avrebbero aggiunto la Cina alla Russia nella lista dei paesi non investibili se avesse insistito, magari usando anche l’arma della politica zero-Covid per fare pressione sull’Occidente.

RIMBALZO COME AI TEMPI DELLE TIGRI ASIATICHE

Il risultato immediato è stato spedire in caduta libera i prezzi degli asset cinesi nelle prime due settimane di marzo, la risposta di Pechino è stata altrettanto immediata: il governo di Xi si è subito impegnato a rendere la normativa cinese più trasparente e prevedibile, ha preso le distanze dalla Russia spiegando che non vuol essere impattato dalle sanzioni e promesso che non avrebbe mai attaccato l’Ucraina, con la ciliegina sulla torta della lunga telefonata venerdì tra lo stesso Xi e Biden, che dovrebbe aver gettato le basi per un’uscita dalla crisi ucraina. Come risultato, l’azionario cinese, soprattutto alla Borsa di Hong Kong, ha messo a segno il rimbalzo più veloce dai tempi della crisi delle tigri asiatiche del 1998, mentre Wall Street ha chiuso la miglior settimana da novembre 2020, quando andò in rally sulla vittoria di Biden contro Trump.

RUOLO ‘ATTIVO’ DEI MERCATI

Resta da vedere se il seme piantato dalla telefonata Biden-Xi germoglierà, ma lo sviluppo della crisi aperta dall’arrivo del quarto cigno nero del millennio sembra aver introdotto un nuovo elemento, vale a dire il ruolo attivo della comunità finanziaria e dei mercati, con Wall Street in testa. Nelle crisi precedenti il ruolo dei mercati era stato ‘reattivo’, premiando le mosse giudicate positive di governi e banche centrali e anticipandone gli effetti. Questa volta sembra diventato ‘proattivo’, sia sul fronte russo, dove il mercato ha aggiunto ‘peso’ alle sanzioni, sia su quello cinese, dove ha esercitato una potente ‘moral suasion’ su Pechino ottenendo effetti immediati.

LA CINA NON È LA RUSSIA

Dal punto di vista degli investitori, la Russia è un nano economico e finanziario, anche se resta un gigante territoriale e militare, e se va a fondo causa sanzioni è un danno collaterale sopportabile. La Cina è un’altra storia, è la seconda economia del pianeta e presto diventerà la prima, la sua sterminata classe media in crescita affamata di consumi e investimenti resta il motore principale della crescita globale. Le performance dei mercati durante la crisi russa mostrano chiaramente che l’America resta la destinazione principale degli investimenti, soprattutto quando soffiano tempi di tempesta. Ma alla fine “la Cina non può svilupparsi in isolamento e il mondo non può svilupparsi senza la Cina”. Parole del Vice Presidente cinese Wang Qishan.

BOTTOM LINE

Sembra che i mercati vedano la luce in fondo al tunnel della crisi ucraina. Alla fine anche questa volta la ‘casa’ più sicura per l’investitore globale si è confermata l’America con il solo problema che gli affitti sono sempre più cari. L’alternativa europea è più abbordabile e può anche dare ottime soddisfazioni nel lungo termine, ma è anche la principale vittima collaterale della guerra scatenata da Putin, i cui effetti non svaniranno il giorno dopo che si dovesse raggiungere un accordo. La Cina e l’Asia in generale restano una destinazione con un margine di rischio maggiore rispetto all’economie occidentali ma senza molte alternative. E il nuovo ruolo di ‘vigilantes’ interpretato dai mercati lo conferma.

FED

Anche FMI ci ha augurato un buon fine settimana e lo fa il 19 Marzo

NON il 7/9 Marzo

NON il 12 Marzo

NON il 15/16 Marzo

GOLDMAN 18 Marzo

Azionario e petrolio troppo ottimisti su pace, rischio brusco risveglio

FMI 19 Marzo

guerra in Ucraina colpisce l’economia mondiale come un terremoto

😉 timing “curioso”

Finalmente un’altra ottava importante da Lunedi 21 Marzo al 25 Marzo sta arrivando

FMI avverte: guerra in Ucraina colpisce l’economia mondiale come un terremoto

La guerra in Ucraina colpisce l’economia mondiale come un terremoto. E’ l’affermazione forte arrivata ieri dal Fondo Monetario Internazionale. “Il conflitto porterà a una crescita più bassa e a un’inflazione più rapida in tutto il mondo”, ha detto venerdì Kristalina Georgieva, managing director del FMI. “La guerra in Ucraina è come un potente terremoto che avrà effetti a catena in tutta l’economia globale, specialmente nei paesi poveri”, secondo il capo del Fondo monetario internazionale.

Ucraina e Russia insieme rappresentano più di un quarto del commercio globale di grano e un quinto delle vendite di mais. La Georgieva ha spiegato che più a lungo le forze russe rimangono in Ucraina, più a lungo i trattori e le mietitrebbie per raccogliere i raccolti della nazione rimarranno inattivi, minacciando la sicurezza alimentare ben oltre la regione interessata dal conflitto.

Farina, olio di semi e fertilizzanti scarseggiano: la guerra ucraina minaccia una crisi alimentare

Si teme una crisi alimentare mondiale a seguito della guerra in Ucraina. A rischio vi sono numerosi prodotti di base e i raccolti ovunque.

 

Se in queste settimane avete notato cartelli in qualche catena di supermercati che avvertono sulla limitazione delle quantità di alcuni prodotti da poter mettere nel carrello, sappiate che il problema sta diventando globale. La crisi alimentare è diventata lo spettro con cui fare i conti in ogni angolo del pianeta. Già i cambiamenti climatici e l’interruzione delle catene di produzione con la pandemia avevano assestato duri colpi ai raccolti. Con la guerra ucraina, la situazione è notevolmente peggiorata.

L’Ucraina produce metà di tutto l’olio di semi di girasole nel mondo, il 10% della farina, un ottavo dell’orzo e quasi un sesto dell’amido di mais. E il fatto che sul suo territorio si stia combattendo una dura guerra sta lasciando da settimane i campi incolti. Secondo SovEcon, una società di ricerca del Mar Nero, il raccolto di avena quest’anno in Ucraina sarà del 35% più basso dello scorso anno, quello della farina del 19% in meno. E queste previsioni si basano sull’assunto che la guerra finisca a breve. Se così non fosse, i contadini non sarebbero nelle condizioni di sfruttare la stagione primaverile per tornare nei campi. I cali dei raccolti diverrebbero ancora più drammatici.

I prezzi dei prodotti alimentari stanno esplodendo. Secondo l’indice FAO, sono aumentati mediamente del 20,7% su base annua a febbraio. Per gli oli vegetali, il boom è stato del 36,7%; per le carni del 24,8%. E saremmo solo agli inizi. Russia e Bielorussia sono principali produttori di fertilizzanti. Una delle società principali di Minsk è sotto embargo, mentre Mosca sta sospendendo le esportazioni, vuoi come ritorsione alle sanzioni dell’Occidente, vuoi anche per mettere al sicuro i raccolti russi.

Tra questi, c’è l’urea, un fertilizzante azotato prodotto con gas naturale e che adesso manca vistosamente in Occidente.

Crisi alimentare, cibo non è più “cheap”

Fatto sta che negli stessi campi americani da qualche mese i fertilizzanti scarseggiano e le associazioni degli agricoltori sono sul piede di guerra, così come in Italia. Nel frattempo, diversi stati stanno ponendo limitazioni alle esportazioni. L’Egitto impedisce le vendite all’estero di farina, lenticchie e fagioli, l’Indonesia stringe sull’olio di palma. E il prezzo di quest’ultimo è schizzato del 60% su base annua, pur scendendo dai massimi. Stessa cosa per la farina, a +65%. A pagare direttamente pegno sono Nord Africa e Medio Oriente, riforniti da Russia e Ucraina. Paesi come l’Egitto hanno ben in mente le rivolte del 2011 con le famose “Primavere Arabe” scatenate proprio dall’impennata dei prezzi alimentari.

Tuttavia, lo spettro della crisi alimentare riguarda un po’ tutto il pianeta. Le fasce della popolazione con redditi minori rischiano di pagarne le conseguenze. In generale, non c’è più certezza di trovare tutto e subito. Un fenomeno a cui non siamo abituati fortunatamente da generazioni. Con la globalizzazione, poi, tutti i prodotti sono disponibili in ogni mese dell’anno, indipendentemente dall’area del pianeta in cui ci troviamo. La carenza di fertilizzanti come l’urea, salita fino a 1.000 dollari per tonnellata (+150% in un anno), sta costringendo molti agricoltori a rinunciare alle semine. In alternativa, dovranno trasferire i maggiori costi sui raccolti. Per i consumatori un ennesimo salasso, che si aggiunge a quello legato al boom dei costi energetici.

Russia: Goldman vede PIL in caduta del 10%

Goldman Sachs declassa ulteriormente le sue previsioni sulle prospettive per l’economia russa. La nuova stima del PIL 2022 è di -10% dal -7% precedentemente indicato. Goldman nel formulare la nuova stima prende in considerazione le ulteriori sanzioni ai danni della Russia nonché i più recenti dati ad alta frequenza, in particolare sulle attività portuali.
“Circa la metà di tale riduzione è dovuta al fatto che i dati sulle spedizioni suggeriscono che le esportazioni della Russia si sono più fortemente interrotti di quanto avessimo inizialmente ipotizzato e ora ci aspettiamo le esportazioni diminuiranno del 20% nel secondo trimestre del 2022 e del 10% per l’anno”, spiega la casa d’affari statunitense.

Enel: Starace, via dalla Russia entro pochi mesi

L’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, indica l’intenzione del gruppo di uscire dalla Russia nel giro di pochi mesi. “Stiamo vendendo la generazione termica”, ha detto Starace in un’intervista televisiva di Bloomberg. “Con rammarico, penso che dobbiamo ritirarci”.

Enel Russia PJSC, fondata nel 2004, contribuisce per poco più dell’1% all’utile operativo lordo complessivo della società, secondo i calcoli di Bloomberg Intelligence.

Immagine

Schroders: le sanzioni potrebbero far diventare la Russia il nuovo Iran

George Brown, Economist di Schroders, prevede un impatto di lungo termine e propone un parallelo con l’Iran la cui economia è stata devastata dalle sanzioni dopo la rivoluzione, costituendo un monito severo

 di Virgilio Chelli  20 Marzo 2022 – 9:00
financialounge -  energia George Brown iran Russia sanzioni Schroders
Dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia è ora il Paese più sanzionato al mondo. Sono più di 2.000 le sanzioni occidentali aggiuntive contro un gruppo di individui, società e istituzioni, più le misure per escludere Mosca dai sistemi internazionali di pagamento, dall’uso delle principali valute di riserva o dall’accesso a tecnologie chiave come i semiconduttori. L’impatto a breve termine sembra inevitabilmente una profonda recessione: Mosca si era costruita una riserva di guerra pari a 643 miliardi di dollari, ma le mosse a sorpresa degli occidentali hanno messo sotto pressione banche e rublo, con la banca centrale costretta ad alzare aggressivamente i tassi e imporre controlli sui capitali.

 

 

RUSSIA PIÙ DEBOLE ANCHE A LUNGO TERMINE

George Brown, Economist di Schroders, allunga lo sguardo all’impatto a lungo termine, che punta a un’economia della Russia più debole. Per avere successo le sanzioni devono essere imposte rapidamente e multilateralmente, per limitare la capacità di adattamento, e con certezza è il caso della Russia. Brown sottolinea che la crescita russa era già debole con una media di appena l’1,8% nello scorso decennio, e l’azione coordinata di sanzioni dell’Occidente suggerisce che potrebbe addirittura fermarsi nel prossimo decennio.

COLPITO IL LATO DELL’OFFERTA

Il lato dell’offerta sarà quasi certamente colpito, l’esodo di massa delle multinazionali porterà a una disoccupazione strutturalmente più alta e a una produzione più bassa, gli investimenti soffriranno per l’incertezza e le restrizioni tecnologiche, che costringeranno la Russia a diventare più autosufficiente. Ma l’annientamento dell’offerta significa che dovrà anche importare più beni, spingendo l’inflazione. Secondo Brown sarà fondamentale ottenere la valuta estera necessaria a finanziare le importazioni, il che dipenderà dalla capacità di esportare petrolio e gas, che rappresentano il 15-20% del PIL.

LA DIPENDENZA ENERGETICA

I Paesi occidentali stanno accelerando per porre fine alla dipendenza dall’energia russa, impresa particolarmente difficile per la Ue, che importa circa il 40% del gas dalla Russia. La Cina e gli altri mercati emergenti saranno invece in grado di compensare parzialmente il calo della domanda. Pechino probabilmente otterrà uno sconto ma potrebbe procedere con cautela per paura di subire sanzioni secondarie.

LA STORIA DELLA CADUTA VERTICALE DELL’IRAN

Brown propone un parallelismo con le sanzioni all’Iran, grande esportatore di petrolio negli anni ‘70 con oltre l’11% della produzione globale, poi scesa dopo la rivoluzione al 7%, causando una crisi energetica globale che portò il mondo alla recessione. Le sanzioni hanno successivamente inflitto un pesante tributo all’Iran, embarghi petroliferi e restrizioni tecnologiche hanno visto la sua principale industria soffrire di un sotto-investimento cronico, e oggi la produzione è di un terzo inferiore ai livelli pre-rivoluzione, con il FMI che stima che il prezzo di pareggio del petrolio sia di 400 dollari al barile.

UN MONITO CHE MOSCA NON PUÒ IGNORARE

L’inflazione affligge l’Iran, alimentata da carenze diffuse e dal deprezzamento della valuta, il rial, che in 40 anni è sceso da 70 a 42.000 per un dollaro, con un calo annuo composto del 17%, mentre sul mercato nero viene scambiato vicino a 300.000. La caduta in disgrazia di Teheran è un avvertimento che Mosca non può ignorare, sottolinea Brown. Le sanzioni possono avere effetti contrastanti, ma lasciano cicatrici profonde e durature sul Paese colpito. Anche se sopraggiungerà un ripensamento, è improbabile che un voltafaccia di Mosca possa fare la differenza, perché la sua reputazione è stata distrutta agli occhi del mondo e potrebbe non riprendersi più.

Il paradiso europeo dei Bitcoin rischia di diventare un inferno di guerra per il mondo

La Transnistria è un lembo di terra sconosciuto ai più e dove i Bitcoin possono essere “estratti” legalmente dal 2018. Rischia di accendere la miccia di una guerra mondiale.

di , pubblicato il 
Cos'è la Transnistria

 

 
 
Canova, IULM: “Il desiderio di innovazione guidi
 

Formalmente, è la Repubblica Moldava di Pridniestrov, ma è più nota come Transnistria. Alzi la mano chi ne abbia sentito parlare! Eppure, è una repubblica indipendente sin dal 1992. Tuttavia, non è stata riconosciuta da alcuno stato al mondo, neppure dalla Russia a cui questo lembo di terra nell’area orientale della Moldavia chiede di appartenere. Quando la Moldavia si dichiarò indipendente dall’Unione Sovietica, quest’area dello stato si proclamò a sua volta indipendente da essa per tornare a fare parte del disciolto impero sovietico.

Se aveste il desiderio di vedere come fosse fatta l’Urss prima della sua dissoluzione nel 1991, anziché pensare di costruire un’improbabile macchina del tempo, potreste semplicemente andare in Transnistria, definita il più grande museo sovietico a cielo aperto del mondo. Qui, il tempo si è fermato al 1989. Il comunismo non è mai caduto. Ovunque, nella capitale Tiraspol e nelle altre città della repubblica esistono enormi statue dedicate a Lenin e inneggianti all’ex Urss. Probabile che i tifosi di calcio abbiano sentito parlare di Sheriff Tiraspol, la squadra che nell’autunno scorso batté il Real Madrid in Champions League. E’ il club di riferimento della capitale transnistriana o della seconda città moldava, a seconda dei punti di vista.

In Transnistria vive meno di mezzo milione di persone, tutte di lingua russa. L’economia è molto povera, tant’è che la gran parte di essa è costituita da aiuti umanitari della Russia. Qui, è di stanza un contingente di 1.500 soldati russi per scopi “di pace”, ma potrebbe essere più numeroso di quanto non ammettano le cifre ufficiali. E il gas da Mosca è fornito quasi gratuitamente, tanto che agli inizi del 2018 il governo ha deciso di riconoscere le “criptovalute” e consentirne il “mining”.

Del resto, l’unica cosa di cui questa terra è ricca è l’energia, per cui vorrebbe sfruttarla almeno per produrre qualcosa.

Transnistria possibile teatro di una grande guerra

Di Transnistria stiamo sentendo parlare in queste settimane di guerra nella confinante Ucraina. Dista una settantina di km da Odessa, ricca città portuale ucraina. L’Occidente teme che i russi puntino a ricongiungere i territori conquistati con la Transnistria, annettendoli tutti a sé. Malgrado le smentite, sono girate voci che da qui siano anche stati lanciati missili contro obiettivi ucraini. La Moldavia teme di essere invasa dalla Russia e si sta affrettando per chiedere l’ingresso nella NATO e nell’Unione Europea. Ma con un contingente russo al suo interno e una situazione incerta delle sue frontiere, difficilmente l’Alleanza Atlantica accetterà la sua candidatura.

Dicevamo che tutto in Transnistria ci ricorda l’Urss. Anche la moneta si chiama rublo e quella introdotta nel 1994 non era altro che vecchie banconote sovietiche stampate tra il 1961 e il 1992. Da allora ne sono state introdotti altri due. L’ultimo del 2000 fissa una parità di 14 rubli per 1 euro. Può farci sorridere che esista un’area del mondo così nostalgica al limite della macchietta, ma questo territorio ancora oggi conteso rischia di accendere la miccia delle tensioni già altissime tra Russia e Occidente. Una non improbabile invasione russa di quest’area scatenerebbe un conflitto difficilmente a quel punto regionale. Scenderebbero in campo UE e USA a sostegno della Moldavia, magari su richiesta di tutti gli stati dell’Est Europa, timorosi di diventare i successivi obiettivi di Vladimir Putin.

Mercati in tempi di guerra, alert Goldman Sachs: Azionario e petrolio troppo ottimisti su pace, rischio brusco risveglio

Con la guerra in Ucraina che continua e nessun risultato concreto dai negoziati tra Mosca e Kiev, la ripresa dell’azionario e il veloce ritracciamento dei prezzi del petrolio non sono stati forse eccessivi?

L’avvertimento arriva dagli strategist di Goldman Sachs, che avvertono che i prezzi attuali di diversi asset non stanno scontando più il rischio di scenari di guerra, e di conseguenza del trend dell’economia, più negativi.

Dominic Wilson e Vickie Chang, entrambi strategist di Goldman Sachs, hanno scritto in una nota che il recente balzo degli asset europeei – che hanno sovraperformato i mercati – e il dietrofront significativo dei contratti sul petrolio – il WTI e il Brent sono scesi anche fin sotto la soglia di $100 al barile, per poi riagguantarla, dopo che il Brent era balzato fino a un passo da $140 – “dimostrano come i mercati si siano rilassati in modo significativo nel valutare le implicazioni globali” dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Stoxx Europe 600 vicino ad azzerare perdite da sell di guerra

Il risultato è che ora gli asset sono diventati “più vulnerabili di fronte alla possibilità che i presunti progressi nelle trattative si siano smorzati o che le forniture energetiche si interrompano in modo più sostenuto”.

L’indice Stoxx Europe 600 è, di fatto, prossimo ad azzerare tutte le perdite sofferte da quando la Russia di Putin ha attaccato e invaso l’Ucraina il 24 febbraio scorso, mentre lo S&P 500 viaggia a livelli più elevati di quelli a cui aveva chiuso alla vigilia della guerra.

E non è che alla fine ci sia così tanto per cui brindare, tutt’altro.

Worst scenario di Goldman Sachs su Pil Usa ed Europa

Il worst scenario di Goldman Sachs prevede che una grave interruzione dei flussi di gas provenienti dalla Russia potrebbe tagliare il Pil europeo di 2,5 punti percentuali e ridurre il Pil Usa di 0,25 punti.

Un deterioramento del conflitto, sempre secondo gli strategist del colosso bancario Usa, farebbe scivolare inoltre l’indice S&P 500 di quasi l’8% rispetto alla chiusura della sessione di ieri, a 4.059 punti. Stime di certo non confortanti, che l’azionario non sta più mettendo in conto.

“Il nostro scenario al ribasso non è più prezzato in diversi mercati”, si legge nella nota,  che  ha messo in evidenza il contrasto tra l’atteggiamento sanguigno dei mercati e i rischi legati alla guerra tra la Russia e l’Ucraina: un contrasto che sembra fuori luogo se si considera che proprio nelle ultime ore gli Stati Uniti hanno avvertito che il presidente russo Vladimir Putin potrebbe arrivare a minacciare l’utilizzo delle armi nucleari nel caso in cui la resistenza ucraina si protraesse.

D’accordo con Goldman Sachs anche lo strategist di Barclays Emmanuel Cau:

“E’ probabile che siano necessari ulteriori progressi più significativi affinché la mossa a favore del risk-on venga giustificata. Anche nel caso in cui si presentasse nel breve periodo una tregua, rimarrebbe poco chiaro il momento in cui se le sanzioni contro la Russia verrebbero ritirate. Di conseguenza, l’impatto negativo sulla crescita e una inflazione più elevata si materializzerebbero ugualmente”.

Per avere un’idea del trend recente dell’azionario, basta guardare a Wall Street:

lo S&P 500 si appresta a concludere la settimana in rally del 4,2% su base settimanale, confermando la migliore settimana dal novembre del 2020; il Dow Jones è salito del 4,5%, anche in questo caso confermando la settimana migliore dal novembre del 2020, mentre il Nasdaq è balzato su base settimanale del 5,4%, e si appresta a concludere la settimana migliore dal febbraio del 2021.

In realtà i prezzi del petrolio sono tornati a infiammarsi nelle ultime ore, volando di quasi +9% nella sessione di ieri, con il Brent risalito fino aa $107 e il WTI oltre quota $104. Entrambi i contratti si apprestano tuttavia a terminare la settimana in calo di oltre il 

FED

FED

Invesco: la crisi ucraina non dovrebbe interrompere il ciclo del Toro

Luca Tobagi, CFA – Investment Strategist, Invesco Investment Solutions, analizza i cicli storici di economie, azioni e materie prime per concludere che è prematuro pensare a una fine del ciclo di rialzo delle azioni

 di Virgilio Chelli  17 Marzo 2022 – 7:00
Il rialzo dei prezzi di energia e materie prime porta gli investitori a porsi molte domande sull’impatto sul mercato, a cominciare dall’azionario. Uno sguardo alla storia dei cicli economici può aiutare a trovare risposte. La nozione di ciclo indica la sequenza delle varie fasi che un’economia attraversa periodicamente e che si ripetono in una serie piuttosto simile. Dopo la contrazione arriva la ripresa, poi l’espansione, poi il rallentamento, che può portare a un’altra contrazione. Il variare del contesto può creare un ambiente più favorevole ad alcune attività finanziarie, per cui l’analisi delle performance storiche ha permesso di creare i cosiddetti ‘investment clock’, per associare a ciascuna fase le asset class che in passato si sono rivelate più appropriate.

 

 

I CICLI DI BORSE E ECONOMIE

Parte da qui l’analisi di Luca Tobagi, CFA – Investment Strategist, Invesco Investment Solutions, Product Director, che osserva come negli USA la media storica, da un minimo a un minimo successivo, è stata di circa 5 anni, e di 6 anni e 3 mesi dal secondo dopoguerra a oggi, con l’ultimo ciclo che ha visto la fase di espansione più lunga della storia da giugno 2009 a febbraio 2020. A questa regolarità empirica corrisponde la ciclicità dei mercati azionari, alcuni dei quali, come l’S&P 500, hanno avuto storicamente un trend ascendente sul quale si sono innestati cicli di durata variabile, ma comparabile a quella delle varie fasi dei cicli economici o poco più lunga.

L’INTRECCIO TRA LE DINAMICHE DI ASSET CLASS DIVERSE

Oggi che il rialzo dei prezzi di energia e materie prime è conclamato, gli investitori si chiedono se potrà provocare una crisi economica o un crollo dei mercati azionari. Tobagi fa notare che quando si analizza l’interazione fra i prezzi di attività diverse, ad esempio S&P 500 e petrolio, i cicli si allungano molto. A lunghe fasi in cui l’andamento dell’S&P 500 è migliore quello del petrolio, seguono estesi periodi in cui è peggiore. La performance relativa dell’S&P 500 rispetto al Wti, alle materie prime agricole, ai metalli industriali e all’oro mostra che i cicli “intrecciati” durano molto di più. Dal secondo dopoguerra, la performance relativa dell’S&P 500 ha avuto solo due cicli completi, uno di 32 anni, 21 anni di ascesa e 11 in calo, e il secondo di 28 anni.

DIVERSIFICARE CON LE MATERIE PRIME

Le conclusioni che Tobagi trae sono due. La prima è che l’attuale fase ascendente del ciclo dell’S&P 500 rispetto alle materie prime o al petrolio è più breve, e nonostante le preoccupazioni potrebbe durare ancora, anche se con qualche turbolenza. La seconda è che, quando la dinamica si inverte e la performance dell’S&P 500 diventa peggiore, si apre una fase che storicamente è durata vari anni. Di qui la raccomandazione di diversificare, ove possibile, un portafoglio che contenga azioni con materie prime, per contenere i rischi e ottenere performance migliori.

PREMATURO PENSARE CHE IL TORO SIA A FINE CORSA

Un’ultima considerazione riguarda in particolare l’S&P 500 rispetto al petrolio: gli ultimi due anni hanno rappresentato la prima volta nella storia in cui la performance del secondo è stata superiore al primo senza che l’S&P 500 correggesse, mentre ha invece ha ripetutamente aggiornato i massimi. Questo prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Se il contesto macro e geopolitico non dovesse deteriorarsi troppo, secondo Tobagi potrebbe essere un ulteriore elemento a favore dell’idea che potrebbe essere prematuro pensare alla fine della fase rialzista dell’azionario, USA in particolare

Pace più vicina e Piazza Affari prende il largo.

Giro di boa settimanale decisamente positivo per Piazza Affari che si accoda ai guadagni di Wall Street. Il Ftse Mib segna in chiusura +3,34% a 24.284 punti. A dare sprint ai mercati sono in primo luogo i segnali di progresso nei colloqui di pace tra Ucraina e Russia. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskiy ha affermato che i colloqui stanno diventando “più realistici”, mentre il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato che c’è “qualche speranza di compromesso” su status neutrale per l’Ucraina. In aggiunta i mercati guardano con favore alla prospettiva di maggiori stimoli per l’economia da parte della Cina.

FED

FED

RUSSIA: oggi è il D-Day (Default Day)

Scritto il  
email sharing button
sharethis sharing button

L’attenzione degli operatori è tutta per la guerra in Ucraina, ci mancherebbe, e subito dopo al meeting FOMC che dovrebbe decretare un aumento dei tassi di 25bp. Ma non solo. Infatti proprio oggi potremmo assistere al default della Russia in modo ufficiale.
Infatti è il giorno in cui andranno a scadere oltre 100 milioni di dollari di cedole di due bond russi. Cosa farà Mosca?

Il rimborso in valuta forte è dato per molto improbabile. Quello che sembra nell’intenzione di Mosca è il pagamento sempre di 100 milioni, ma non in USD. Bensì in rubli svalutati.
E’ ovvio che è una scelta non gradita dagli investitori che comporterebbe per Mosca il default.

Quali sono questi due bond?

  • Russia 4,875% 16/09/2023
  • Russia 5,875% 16/09/2043

E questa non è che la prima puntata. Infatti a seguire ci sono altre due scadenze importanti: il 31 marzo ( 359 milioni di USD su un bond al 2030) e il 4 aprile quando invece avremo il test della scadenza. Un bond da nominali da 2 miliardi di dollari.
Tra alti e bassi il Rublo, contro Dollaro, ha subito causa guerra una svalutazione di un 30%. Il che significa per i bondholder subire uno sconto sul valore della cedola pari appunto alla percentuale sopra esposta, se consideriamo le quotazioni a inizio 2022.

Se poi guardiamo il comportamento del Rublo, rispetto al suo valore storico, lo sconto aumenta sensibilmente. Immaginate il danno se i rimborsi dei bond venissero fatti in valuta locale. Dal 2020 è a -50%.

Chart USDRUB by Tradingview

Ricordo che il governo russo avrà a disposizione 30 giorni di tempo per provvedere a sanare i suoi obblighi. Passati tali termini, sarebbe default. Tutti speriamo che tra 30 giorni sia arrivato un compromesso, un accordo, quello che volete che possa fermare il conflitto. Intanto se domani il pagamento sarà congelato o pagato in Rubli, sarà un primo passo verso il concreto default.

E cosa comporterebbe il default per Mosca? Beh, oltre alle limitazioni e alle sanzioni ben note, il default comporterebbe una dichiarazione irreversibile di “paria” finanziario per Mosca, il sequestro di ulteriori asset finanziari, un’impennata ulteriore del costo del debito, la liquidazione obbligatoria di bond russi dai portafogli di centinaia di fondi, in una parola un quasi-collasso finanziario con inevitabili ripercussioni globali, dall’export ai fondi esteri esposti verso la Russia costretti a liquidare anche con gravi perdite. Non scordatevi che con il default, tutto il debito diventa (teoricamente) immediatamente esigibile.

RUSSIA: CDS alle stelle

STAY TUNED!

Borse europee positive con incontro tra Usa e Cina sull’Ucraina oggi a Roma

Nella settimana segnata dal meeting Fed, avvio in verde per i listini europei in vista del vertice a Roma tra americani e cinesi. In calo i prezzi del gas e del petrolio, seduta molto negativa a Hong Kong a causa dei nuovi lockdown

 di Antonio Cardarelli  14 Marzo 2022 – 8:22
financialounge -  Borse europee mercati
Partenza in verde per le Borse europee. Piazza Affari, sostenuta da Tim (+7% in avvio) guadagna l’1,3%. Bene anche il Dax tedesco (+1,8%) e il Cac 40 di Parigi (+0,5%). Altra settimana di chiusura, invece, per la Borsa di Mosca su decisione della banca centrale russa.

 

 

INCONTRO CINA-USA A ROMA

L’attenzione degli investitori è puntata sull’Ucraina, con tutte le conseguenze per i mercati e per le materie prime. Oggi a Roma è in programma un incontro tra diplomatici cinesi e americani, un vertice dal valore strategico molto rilevante, perché dall’atteggiamento cinese dipende l’efficacia delle sanzioni occidentali alla Russia. È di ieri la notizia che Putin ha chiesto supporto militare a Pechino per proseguire l’invasione dell’Ucraina, notizia poi smentita dalla Cina. Nel frattempo prosegue il confronto diplomatico tra Russia e Ucraina, che finora non ha dato i frutti sperati.

MERCOLEDÌ LA FED

Tornando sui mercati, questa settimana c’è attesa per la riunione della Federal Reserve in programma mercoledì. Secondo molti osservatori, la banca centrale darà inizio al ciclo di restrizione della politica monetaria per contrastare l’inflazione, con un rialzo previsto di 25 punti base dei tassi d’interesse. Nella mattinata europea i futures di Wall Street sono tutti in positivo.

CINA IN PESANTE ROSSO

Dall’Asia, e in particolare dalla Cina, non arrivano buone notizie per gli investitori. Profondo rosso a Hong Kong, dove l’indice Hang Seng perde circa il 5%, mentre Shanghai chiude a -2,6%. A frenare i listini cinesi, oltre al dato deludente sui prestiti di febbraio, sono i timori di un delisting delle società quotate a Wall Street come conseguenza delle tensioni geopolitiche in Ucraina. Inoltre, pesano i nuovi lockdown imposti a Hong Kong e Shenzhen causati dall’aumento dei contagi.

BENE TOKYO

Chiusura in rialzo, invece, per la Borsa di Tokyo, che di fatto ha ignorato le preoccupanti notizie proveniente dalla Cina sulla ripresa della pandemia in alcuni distretti, tra cui il polo tecnologico di Shenzhen. A fine seduta, l’indice Nikkei, spinto da real estate e infrastrutture, ha messo a segno un guadagno dello 0,6% a 25.307,85 punti. Bene anche il più ampio indice Topix che ha chiuso con un rialzo dello 0,71% a 1.812,28 punti.

PETROLIO E GAS IN CALO

Prosegue il calo del prezzo delle materie prime del settore energetico. In calo il prezzo del petrolio, con il Brent maggio a 109,3 dollari al barile (-2,9%) e il Wti aprile a 105,6 dollari (3,3%). Scende anche il prezzo del gas sul mercato europeo, che si riporta sui valori di fine febbraio a 111,6 euro per megawattora, in ribasso del 14,9%, allontanandosi ulteriormente dal picco di 345 euro toccato lo scorso 7 marzo.

Cosa potrebbe succedere se l’armata russa dovesse attaccare la Polonia

Attacco Russia alla Polonia, che cosa potrebbe succedere.

di , pubblicato il 
Attacco Russia alla Polonia

 

 
 

Continua la guerra in Ucraina ma la Russia ha attaccato anche una base al confine tra Ucraina e Polonia che ha causato 35 morti.

Attacco Russia alla Polonia, che cosa potrebbe succedere

Secondo il portavoce del Pentagono, John Kirby:

“Un attacco armato contro uno è considerato contro tutti. “Abbiamo detto molto chiaramente alla Russia che il territorio Nato sarà difeso, non solo dagli Stati Uniti, ma da tutti gli alleati”

I russi avrebbero lanciato almeno una decina di razzi e ha ucciso 35 persone. Come scrive l’ambasciata Usa a Kiev su Twitter: “L’attacco al Centro, dove Usa, Polonia, Lituania, Regno Unito, Canada e altri addestravano le forze ucraine non sconfiggerà gli eroici soldati che si addestravano lì”. Il ministro degli Affari Esteri ucraino ha scritto su Twitter che si è svolta una telefonata tra Dmytro Kuleba e il segretario di Stato Usa Antony Blinken, dove si è parlato di come fermare l’avanzata russa e punire la Russia per i crimini commessi.

Un’altra telefonata si è svolta tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dove si è parlato dell’aumento del sostegno finanziario all’Ucraina e delle sanzioni alla Russia.

Putin ha annunciato di voler distruggere l’anti-Russia creata dall’Occidente

L’attacco russo ai confini tra Ucraina e Polonia ha riacceso i dubbi e le paure su un possibile attacco alla Polonia. Di recente, Putin ha annunciato di voler distruggere l’anti-Russia creata dall’Occidente, e per questo si è pensato alla Polonia come paese più esposto. Al momento, il paese come ha annunciato il presidente della Nato, Jens Stoltenberg, non ha intenzione di inviare aerei all’Ucraina.

La Polonia fa parte della Nato dal 1997 e questo dovrebbe tenerla al sicuro e se Putin si decidesse ad attaccare anche la Polonia, la Terza Guerra Mondiale sarebbe inevitabile. Nel frattempo, Stati Uniti e Regno Unito stanno usando la Polonia come «base logistica per trasferire in Ucraina armi e combattenti terroristi stranieri, compresi alcuni dal Medio Oriente».

Vedi anche: Cosa sono le armi termobariche usate dalla Russia nella guerra contro l’Ucraina

FED

FED

Annotazione 2022-03-11 130938

Annotazione 2022-03-11 125258

FED

 

Annotazione 2022-03-07 172933

Annotazione 2022-03-09 171118

 

David Woo lancia alert shock VAR: ‘Mercati non hanno ancora prezzato la guerra’. Rischio panico come in taper tantrum

David Woo*, l’investitore contrarian di Wall Street noto per aver previsto la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2016, ritiene che i mercati non abbiano ancora prezzato il rischio di una guerra prolungata tra la Russia di Vladimir Putin e l’ Ucraina. Guerra che, a suo avviso, non è altro che “l’abito di prova dell’inizio della Seconda Guerra Fredda”.

L’analista – che è stato anche ospite del Forum Ambrosetti– teme soprattutto il rischio di uno shock VAR ovvero di uno shock value at risk.

Ovvero?

In tempi di guerra David Woo lancia alert su shock VAR

Così come si legge nel sito di Borsa italiana, il value at risk (VaR) è un indicatore di rischio utilizzabile nelle decisioni finanziarie. Esso esprime la perdita massima probabile (a un certo livello di confidenza statistica) in un determinato orizzonte temporale. Per determinare il value at risk (VaR) occorre conoscere: il valore della posizione, la variabilità dei fattori di rischio che sottostanno alla posizione e le loro correlazioni, la forma della loro distribuzione di probabilità, l’intervallo di confidenza desiderato, l’orizzonte temporale sul quale effettuare la valutazione”.

Un VAR shock, secondo Woo, provocherebbe un ciclo di forti vendite su diversi asset finanziari, con la stessa intensità di quanto avvenne durante il “taper tantrum” che colpì i Treasuries Usa nel 2013.

La frase “taper tantrum” si riferisce al balzo, avvenuto nel 2013, dei tassi sui Treasuries Usa, provocato dall’annuncio sulla possibilità di lanciare il tapering del piano di Quantitative easing lanciato negli anni precedenti dalla Fed.

Quell’annuncio, con cui la Fed comunicò l’intenzione di ridurre gli acquisti dei titoli di stato Usa, – dunque di ritirare parte della liquidità assicurata ai mercati con il QE  – scatenò una forte impennata dei tassi.

Era l’epoca in cui numero uno della banca centrale americana era Ben Bernanke che, tra l’altro, non aveva indicato in quell’occasione neanche una data in cui avrebbe concretizzato il tapering, parlando solo della possibilità che la Fed agisse in tal senso.

Shock VAR, Woo: azioni prezzate in modo davvero errato

Ora, il macro strategist teme che i mercati possano finire con il reagire alla guerra così come accadde in quei giorni di panico:

“I fondi che adottano la strategia del risk parity siedono su trilioni di dollari di asset – ha detto l’ex responsabile della divisione Global Rates, Foreign Exchange and Emerging Market Fixed Income Strategy & Economics Research, di Bank of America, che ha lanciato di recente un proprio forum di ricerca macro – Con le azioni e i bond che scenderanno, (i fondi) assisteranno a un forte balzo del VAR, che li costringerà a capitolare e a liquidare” gli investimenti.

Woo ritiene a tal proposito che le azioni siano “prezzate in modo seriamente errato” e che il costo dei derivati per trarre profitto dalla volatilità sia destinato a diventare “esorbitante”.

Troppe persone credono che le azioni Usa siano un porto sicuro – ha detto l’esperto, che vanta tra le sue esperienze anche posizioni presso il colosso bancario britannico Barclays e il Fondo Monetario Internazionale, nel corso di una intervista rilasciata a Bloomberg – Ma il prossimo grande cambiamento di portafoglio sarà uscire dall’azionario Usa a favore del cash”.

Leggi anche

Inflazione galoppante e guerra Russia-Ucraina si faranno sentire su Italia, Mazziero rivede stime PIL e debito

Warren Buffett non teme la guerra, anzi. La sua filosofia d’investimento non prevede panico e il 2022 per lui va alla grande

David Woo: “tra asset rifugio bond sovrani Cina”

D’altronde gli asset rifugio non sono molti.

Tra questi, i titoli di stato cinesi, che per Woo sono tra quei pochi asset dei mercati obbligazionari appetibili, visto che la minaccia dell’inflazione è poco presente in Cina ed è inoltre probabile che la banca centrale People’s Bank of China finisca per allentare la propria politica monetaria, in caso di bisogno.

D’altro canto, con le divisioni tra gli Stati Uniti e i loro alleati da un lato, e la Cina e la Russia dall’altro, che secondo Woo si faranno sempre più profonde, titoli tecnologici come Apple e Alphabet perderanno alcuni importanti mercati in cui esportano i loro prodotti, affrontando al contempo anche diverse sfide nelle catene di approviggionamento.

In un momento in cui si torna a parlare di de-dollarizzazione, il guru della finanza indica infine che, ovviamente, uno scenario di guerra fredda in cui gli Stati Uniti perdessero la leadership nel settore dell’innovazione tecnologica avrebbe implicazioni anche sul potere del dollaro nel sistema finanziario globale.

Rientra lo shock gas: prezzi tornano ai livelli pre-guerra Ucraina, in 5 giorni sboom -63% dai record

Nuova giornata di forti oscillazioni per il prezzo del gas europeo. Il future TTF quotato ad Amsterdam, benchmark europeo del gas naturale, segna -1,95% a 125,5 euro per megawattora dopo essere arrivato prima a guadagnare l’11,95% e poi a cedere oltre il 10% a 113 euro. Con questi cali il prezzo è tornato ai livelli del 23 febbraio, ossia pre-attacco russo all’Ucraina.

Il gas naturale sta segnando il più grande calo settimanale di quest’anno dopo i due forti ritracciameti (-30% e -13% rispettivamente mercoledì e giovedì) che lo hanno allontanato dai massimi storici intraday toccati a inizio settimana a 345 euro/Mwh quando si erano diffuse forti preoccupazioni per il rischio di un taglio delle forniture dalla Russia.

“Queste fluttuazioni mostrano solo che c’è una tensione nel mercato e le persone hanno difficoltà a valutare l’impatto che la guerra in Ucraina avrà sulle forniture di gas”, rimarca Niek van Kouteren, trader senior della compagnia energetica olandese PZEM.

Oggi il presidente russo Vladimir Putin ha detto che sposterà dal Medio Oriente verso l’Ucraina ulteriori soldati, anche se in seguito ha citato “sviluppi positivi” nei colloqui con l’Ucraina.

Ai valori attuali, il gas TTF segna un saldo settimanale di -20% circa con quotazioni quasi due terzi più basse rispetto ai picchi toccati lunedì mattina. Da inizio anno il prezzo del gas risulta in rialzo di oltre l’81%; saldo che è decisamente più rotondo (+614%) guardando agli ultimi 12 mesi.

Contromosse alla dipendenza da gas russo

La Russia è il più grande fornitore di gas dell’Unione Europea, rappresentando circa il 40% delle importazioni, e il blocco sta cercando di sfruttare tutte le risorse disponibili per ridurre questa dipendenza.

Il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, ha inviato una lettera al presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dettagliando precise proposte tra cui quella di inserire un tetto ai prezzi del gas, proposto come parte di un intervento diretto dell’Ue sul mercato per limitare gli aumenti. Nel dettaglio Mitsotakis ha proposto un intervento di mercato in sei punti che includerebbe un tetto massimo di prezzo gas TTF (mercato di riferimento per il gas naturale in Europa), stabilire un intervallo entro il quale la volatilità dei prezzi sarebbe limitata, e un prezzo di emergenza in caso di interruzione della fornitura dalla Russia.

“Il prezzo del gas attuale risente delle tensioni del mercato e costa dieci volte il prezzo di estrazione, con speculazione molto forte”, ha detto ieri il ministro della Transazione Ecologica, Roberto Cingolani.

Wall Street: rally post Putin si smorza, Nasdaq debole. Petrolio: dopo boom da guerra calo settimanale fin oltre -6%

Suo malgrado Vladimir Putin oggi ha infiammato le borse europee e americane, dove sono scattati i buy dopo che l’agenzia di stampa Interfax ha riportato le sue dichiarazioni. Putin avrebbe fatto riferimento ad “alcuni sviluppi positivi nei negoziati (per il cessate il fuoco), in base a quanto mi è stato riferito dalla nostra delegazione”. Dichiarazioni anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, secondo alcune fonti, avrebbe detto che l’Ucraina ha raggiunto “un punto di svolta strategico” nella sua guerra contro la Russia.

La speranza di un accordo tra Mosca e Kiex ha innescato subito gli acquisti sugli asset di rischio.

Il Dow Jones è balzato fino a +300 punti circa, per poi smorzare i rialzi: alle 16 ora italiana sale di oltre 200 punti (+0,60%), a 33.374 punti; il Nasdaq si aggira invece al di sotto della parità, azzerando i guadagni, e oscillando attorno a quota 13.119 mentre lo S&P 500 sale dello 0,27% a 4.271 circa.

Stretti nella morsa della volatilità da quanto la Russia ha invaso l’Ucraina, lo scorso 24 febbraio, i mercati sono in balia degli eventi e delle indiscrezioni sul conflitto in corso.

Conflitto che, secondo qualcuno, come il macro strategist David Woo, non è stato ancora scontato nella sua durata – che secondo l’investitore contrarian potrebbe essere lunga – dagli asset finanziari, al punto che il pericolo sarebbe quello di un VAR shock.

Non tutti la vedono però allo stesso modo.

“Il fatto che lo S&P 500 sia sceso del 12% dal suo picco suggerisce che gran parte della schiuma sia andata ormai via – ha commentato Savita Subramanian, equity e quant strategist di Bank of America Securities, che ritiene che il calo dello S&P 500 di questi giorni di guerra sia stato simile a quello tipico, “pari al 7-8%, che ha caratterizzato i precedenti eventi macro/geopolitici”.

Wall Street si appresta a concludere l’ennesima settimana in territorio negativo: il Dow Jones è prossimo a riportare la quinta settimana consecutiva di ribassi, in flessione dello 0,6% su base settimanale; lo S&P 500 ha perso l’1% mentre il Nasdaq ha ceduto lo 0,8%.

Ieri negli Stati Uniti è stato pubblicato l’indice dei prezzi al consumo, termometro cruciale del trend dell’inflazione, relativo al mese di febbraio: il dato, si è appreso, è balzato del 7,9% su base annua, al nuovo massimo degli ultimi 40 anni.

Alert dalla segretaria al Tesoro Usa ed ex numero uno della Fed Janet Yellen, che ha avvertito sul rischio di “una inflazione molto alta” a causa della guerra tra la Russia e l’Ucraina, e dunque a causa dei timori legati all’offerta di importanti commodities come petrolio, grano, gas naturale.

A tal proposito, i prezzi del petrolio oggi sono in rialzo, ma chiudono la settimana in territorio negativo:

il Brent si appresta a soffrire un calo settimanale pari a -5,4%, dopo aver testato il record dal 2008 a $139,13. Il WTI crude, che ha testato anch’esso il valore più alto dal 2008 lo scorso lunedì, a $130,50, ha perso nella settimana il 6,2%.

La scorsa settimana, le quotazioni del petrolio erano volate invece di oltre +20%, riportando il guadagno settimanale più forte in termini percentuali dal maggio del 2020, quando il Brent – erano i tempi più bui della pandemia Covid-19 – veniva scambiato al di sotto della soglia di 30 dollari. Mentre scriviamo, il WTI sale di oltre +1% a $107, mentre il Brent fa +0,99% a $110,41.

Rischio inversione curva rendimenti Usa, lo spread ‘storico’ da monitorare. Goldman Sachs agita spettro recessione da guerra

In tempi di guerra gli analisti di Goldman Sachs lanciano l’allarme recessione, facendo riferimento all’appiattimento della curva dei rendimenti dei Treasuries Usa, che sta facendo aleggiare sui mercati lo spettro dell’inversione: di per sé, l’inversione della curva rappresenta un segnale, da parte dei mercati del reddito fisso, di una recessione probabile nell’arco dei 12-18 mesi successivi.

Stavolta, il rischio è che l’inversione colga gli investitori di sorpresa, che insomma gli investitori non siano preparati a incassare il suo arrivo.

L’ultima inversione della curva dei rendimenti avvenne nel 2019, a seguito di una serie di rialzi dei tassi da parte della Fed.

LEGGI

Tassi Treasuries Usa scivolano anche sotto 1,5% dopo prima inversione curva dal 2007

Inversione curva Treasury crea panico a Wall Street, anche S&P 500 verso ‘incrocio della morte’

Brutto segnale dalla curva dei rendimenti dei Treasuries: iniziata l’inversione

Sono mesi che il mercato dei titoli di stato Usa è caratterizzato da un forte restringimento degli spread tra tassi di breve termine e tassi di lungo termine: qualcosa di fisiologico, viste le attese di un ciclo di strette monetarie da parte della Fed di Jerome Powell. Le mosse delle banche centrali vengono infatti prezzate soprattutto dalla parte iniziale della curva.

Il trend si è poi intensificato, da quando l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha scatenato un balzo tale dei prezzi delle commodities – petrolio ma non solo – da far pensare a una ulteriore accelerazione dell’inflazione (nel breve periodo).

Pericolo inversione curva rendimenti: occhio allo spread

Il risultato è che lo spread tra i tassi a 2 e 10 anni è sceso sotto quota 20 punti base nella giornata di lunedì scorso, rispetto agli oltre 90 pb di inizio gennaio, fino a 18,47 punti, al minimo dal periodo in cui i mercati erano crollati, scontando lo shock della pandemia Covid-19, per la precisione al minimo dal 16 marzo del 2020.

Ieri, dopo l’ennesimo dato shock sull’inflazione Usa, che ha confermato un’accelerazione dei prezzi al consumo al ritmo del 7,9% su base annua, nuovo record degli ultimi 40 anni, i tassi sui Treasuries a 10 anni sono volati fino al 2,021%, valore più alto dal 17 febbraio, in rialzo per la quarta sessione consecutiva, a conferma della fase rialzista più forte in un mese.

I tassi sui Treasuries a 30 anni sono saliti fino al 2,42%, al massimo dal 13 marzo scorso. E i tassi a due anni, che di norma riflettono le aspettative sui tassi di interesse, sono balzati fino all’1,735%, valore massimo dal 20 settembre del 2019.

A questi livelli non si può certo parlare di inversione della curva, ma sicuramente di appiattimento della curva stessa: è evidente che i tassi a due anni si stiano avvicinando sempre di più a quelli decennali, riducendo di conseguenza quello spread tanto monitorato dai mercati, dagli analisti e dagli economisti.

Inflazione e mercati: attenzione ai tassi breakeven dei TIPS

Ma occhio anche ad altri tassi, quelli breakeven dei TIPS.

Il tasso di “breakeven” dei Treasury Inflation Protected Securities (TIPS) a 10 anni – che indica le stime dei mercati sul ritmo annuale, in media, dei rialzi dell’indice dei prezzi al consumo – è balzato al 2,885%, a conferma di come il mercato stia scommettendo su un tasso di inflazione pari al 2,9%, in media, per il prossimo decennio.

Il tasso breakeven sui TIPS a cinque anni è salito invece al 3,369%, dopo aver chiuso al 3,324% nella seduta di mercoledì, appena al di sotto del record testato martedì al 3,402% (dati Reuters).

E Bloomerg riporta come il tasso di breaken a due anni abbia toccato il 4,44% nelle ultime sessioni.

In una nota il responsabile strategist sui tassi di Goldman Sachs, Praveen Korapaty  ha spiegato che, se i mercati continueranno a prevedere che l’impatto di uno shock petroliferò sarà temporaneo, ulteriori shock al rialzo dell’inflazione dovrebbero provocare “una inversione della curva dei rendimenti”.

Da segnalare che l’inversione della curva indica che i mercati scommettono su una inflazione inferiore nel lungo termine rispetto a quella di breve periodo.

Riguardo allo spread dei tassi Usa a 2 e 10 anni come indicatore di una imminente recessione, un articolo di Investopedia spiega l’affidabilità del parametro.

“Lo spread dei Treasuries tra i 10 e i 2 anni è uno degli indicatori più affidabili di una recessione entro l’arco dell’anno successivo. Da quando la Fed ha pubblicato questo dato nel 1976, (lo spread) ha predetto in modo accurato ogni recessione dichiarata negli Stati Uniti, senza alcun falso positivo (c’è stato in reatà un falso positivo, negli anni ’60). Il 28 agosto del 2019 lo spread scese al di sotto dello zero, a conferma di una curva dei rendimenti invertita, indicando così una possibile recessione negli Stati Uniti, nel 2020. E, come sappiamo, l’economia Usa è scivolata quell’anno in recessione”.

Goldman: con fattore Russia parla di rischio recessione Usa

Di questo rischio recessione ha parlato ancora Goldman Sachs nelle ultime ore, nel tagliare le stime sulla crescita del Pil Usa su base reale del 2022.

Guardando all’anno in corso, l’outlook di Goldman Sachs sul Pil Usa del primo trimestre è stato dimezzato dalla crescita +1% precedentemente attesa, a +0,5%; per il secondo trimestre si stima ora un’espansione dell’1,5%, contro quella pari a +2,5% dell’outlook precedente; le stime del terzo trimestre sono state lasciate invariate a un ritmo di crescita del 2,5%, mentre quelle del quarto trimestre sono state migliorate dal +2% al +2,5%. Per l’intero 2022, Goldman Sachs ha detto di prevedere una crescita del Pil Usa del 2,9% su base annua, rispetto al +3,1% precedentemente atteso.

“Ma anche dopo questi downgrade – ha avvertito la divisione di ricerca del colosso bancario Usa – intravediamo ancora il rischio che le stime relative alla crescita vengano riviste al ribasso, in modo particolare se le sanzioni (contro la Russia per aver invaso l’Ucraina) si dovessero intensificare, o se i prezzi del petrolio mettessero a segno un ulteriore rialzo, per esempio balzando al target di 175 dollari al barile che i nostri strategist delle commodities ritengono possibile, nel caso in cui le perdite dell’offerta di petrolio raggiungessero i 4 milioni di barili al giorno”.

“In più – hanno sottolineato ancora da Goldman – non abbiamo considerato in che modo la crescita potrebbe essere colpita in caso di scarsità dei metalli visto che, a parte il palladio, solo una piccola parte della domanda di materie prime da parte degli Stati Uniti è soddisfatta dalle esportazioni russe. Tuttavia, se le interruzioni nelle catene di approviggionamento si traducessero in difficoltà nel riuscire a reperire metalli chiave e altre materie prime, riducendo la produzione (fattore che si è già verificato nel caso di alcuni produttori di auto europei), l’impatto negativo sulla crescita potrebbe essere più significativo”. Insomma: la recessione negli Usa a causa degli effetti negativi scatenati dalla guerra tra la Russia e l’Ucraina è uno scenario che non può essere affatto escluso.

Gas europeo crolla a -28%, si smorzano timori su flussi da Russia. Prezzi più che dimezzati rispetto a picchi a 345 euro/mwh

Si stempera la speculazione sul prezzo del gas europeo di pari passo con il dissiparsi delle preoccupazioni sui flussi russi. I futures olandesi (gas TTF) segnano -28% a 153 euro al megawattora. Ieri la Commissione europea ha annunciato il piano energia che prevede di ridurre di due terzi le importazioni di gas russo quest’anno. Contestualmente si è però astenuta dall’unirsi al divieto all’import di petrolio e gas naturale russo deciso ieri da Usa e Gran Bretagna. Ciò ha ulteriormente attenuato le preoccupazioni per un’azione di ritorsione da parte della Russia.

Il gas russo soddisfa circa un terzo della domanda europea e le forniture dalla Russia stanno attualmente funzionando normalmente (risultando persino aumentate dall’invasione dell’Ucraina). Gli investitori guardano anche alle temperature più miti di fine dell’inverno che stanno aiutando ad alleggerire la domanda.

Guerra Ucraina, Polonia invia i Mig-29 agli Stati Uniti (che li gireranno a Kiev): il passo che può avvicinare la Nato alla guerra

Dopo i tentennamenti dei giorni scorsi, Varsavia ha deciso di ascoltare le rischiste degli Usa. In cambio riceveranno gli F-16 americani

Martedì 8 Marzo 2022

La Polonia invia i Mig-29 agli Stati Uniti (che li gireranno all'Ucraina): il passo che può avvicinare la Nato alla guerra
 
 

 

I jet militari che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede disperatamente alla Nato, a costo di metterla in potenziale rotta di collisione diretta con Mosca, sono pronti al decollo. Partiranno dalla Polonia, per ora in direzione di una base Usa in Germania, ma con più che probabile destinazione finale Kiev. 

 

AD

Rifiuti : Direttamente dai campi alla spazzatura ?Tonnellate di cibo vengono sprecate. Come evitare questo spreco con pesanti conseguenze per l’ambiente?Pink Lady

Ucraina, perché è nata la guerra con la Russia e come è cominciata: Putin, le proteste di Kiev

La Polonia invia i Mig-29 agli Stati UnitiiL’intesa è stata anticipata stasera e riguarda tutti i Mig-29 di fabbricazione sovietica rimasti in dotazione all’aeronautica di Varsavia. Con la speranza che l’artificio della triangolazione esponga meno i polacchi al pericolo di ritrovarsi bersaglio di una qualche rappresaglia ravvicinata della Russia. O almeno offra loro il paravento della superpotenza americana. A mediare versa questa soluzione – sullo sfondo dell’appello dai toni churchilliani per un maggiore aiuto occidentale alla protezione dei cieli ucraini che Zelensky ha rinnovato oggi stesso in uno «storico» video discorso trasmesso in diretta alla Camera dei Comuni di Londra fra gli applausi scroscianti e commossi della «madre di tutti i Parlamenti» – è stato apparentemente il premier britannico Boris Johnson.

Il vertice

Protagonista nel pomeriggio di un vertice con i leader delle nazioni est-europee del gruppo di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e soprattutto Polonia) in prima linea sulla trincea del confine orientale dell’Alleanza Atlantica con Mosca. Leader convocati in fretta e furia alla Lancaster House londinese, alla ricerca di una quadra con la strategia d’incremento del sostegno «difensivo» all’Ucraina evocata in simbiosi negli ultimi giorni dall’amministrazione democratica di Joe Biden e dal governo Tory di BoJo. Il risultato del vertice – affidato paradossalmente all’uomo della Brexit, in nome della ritrovata special relationship fra Washington e Londra, pur coinvolgendo quattro Paesi dell’Ue – non si è limitato alle dichiarazioni ufficiali attraverso cui i quattro ospiti (il polacco Mateusz Morawiecki, l’ungherese Viktor Orban, il ceco Petr Fiala, lo slovacco Eduard Heger) hanno concordato sulla necessità d’intensificare ulteriormente la pressione delle sanzioni sulla Russia in risposta alle «barbare azioni» imputate allo zar del Cremlino. Poiché poco dopo è rimbalzato l’annuncio del via libera di Varsavia al trasferimento «immediato e senza costi» dei suoi Mig-29 ad una base americana in Germania, come ha annunciato il ministero degli Esteri polacco: secondo una mossa che pare preludere alla successiva consegna dei (non nuovissimi) jet a Kiev. Di suo Johnson ci ha messo nero su bianco l’impegno del Regno Unito a rafforzare la presenza militare in Polonia a tutela dell’alleato. E, ci si augura, a scopo dissuasivUna promessa, riecheggiata pure dal ministro della Difesa di Londra, Ben Wallace, militare di carriera prestato alla politica e veterano dell’Afghanistan, che sembra aver contribuito in effetti a dissipare le preoccupazioni espresse fino a ieri dalla leadership polacca – al di là della sua tradizionale adesione alla linea della fermezza contro Mosca – rispetto a una prospettiva di maggior coinvolgimento militare in Ucraina respinta alla vigilia ancor più apertamente dal primo ministro ungherese Orban. Come Zelensky, BoJo si è del resto richiamato alla memoria di Winston Churchill e ai suoi toni da chiamata alle armi dell’epoca dell’aggressione nazista. In ballo, ha ammonito rivolgendosi ai «meravigliosi» alleati dell’Europa centro-orientale che un tempo erano «dietro la Cortina di Ferro» , vi è questa volta la minaccia attribuita alla Russia di Putin. Una minaccia che nelle sue parole rischia di non fermarsi all’Ucraina, «perché ciò che vediamo oggi è solo un primo assalto a un altro Paese europeo libero e democratico: animato dall’intenzione di dar vita a una nuova Yalta, a una nuova sfera d’influenza controllata da Mosca».

Servizi segreti russi contro Putin?

Un report riservato dell’FSB russo parlerebbe di “fallimento totale” dell’invasione dell’Ucraina e qualcuno dentro gli stessi servizi segreti russi avrebbe avvisato Zelensky di un attentato organizzato da mercenari ceceni putiniani

 di Controredazione  8 Marzo 2022 – 10:40
 
Fin dai primi giorni dell’invasione dell’Ucraina sono girate strane storie che hanno tirato in ballo l’FSB, il servizio per la sicurezza della Federazione russa. Parliamo dell’ente erede di fatto di quello che fu il KGB, con quartier generale a Mosca in un palazzo una volta tra quelli sede proprio dagli agenti del KGB. “Rumors” mai finora ovviamente confermati hanno lasciato intendere che l’FSB potrebbe non essere così allineato col Cremlino e con la scellerata invasione dell’Ucraina. Anzi, addirittura, dentro i servizi segreti russi ci potrebbe essere chi rema contro.

 

 

I SERVIZI SEGRETI RUSSI HANNO SALVATO ZELENSKY?

La prima di queste strane storie riguarda un commando ceceno composto da fedelissimi di Putin arrivato vicinissimo a colpire Zelensky. Fin dall’inizio dell’invasione come noto il Cremlino ha inviato agenti e truppe scelte con l’obiettivo preciso di trovare e uccidere l’eroico presidente ucraino. Ebbene, i mercenari ceceni sono gli unici arrivati molto vicini a questo obiettivo. Ma poi, così si è vociferato, all’ultimo minuto una telefonata ha salvato Zelensky. Gli ucraini sono stati avvisati della minaccia incombente. Da chi? La telefonata sarebbe arrivata da qualcuno dentro l’FSB russo. Così si è vociferato.

IL MISTERIOSO REPORT RISERVATO

C’è poi un’altra storia avvolta nel mistero, quella di un super riservato report firmato dall’FSB che parlerebbe dell’invasione dell’Ucraina come di un “fallimento totale”, di una Russia messa come la Germania nazista nel 1944 e quindi senza speranza di poter riuscire a tenere anche nel caso un’Ucraina occupata. Le truppe russe per questo non basterebbero, soprattutto poi se la resistenza ucraina di oggi si trasformasse in una guerriglia permanente domani.

GIÀ 10MILA SOLDATI RUSSI UCCISI?

In questo report che sarebbe arrivato in possesso di un attivista russo per i diritti umani si parlerebbe di 10mila soldati russi già uccisi durante l’invasione, un numero quindi molto al di sopra di quanto affermato finora da Mosca. E la situazione dell’esercito russo sarebbe critica, con gravi problemi organizzativi, con i vertici militari non in grado di controllare bene tutte le operazioni. Insomma, altro che grande organizzazione militare. E c’è di più, gli agenti segreti dell’FSB non sarebbero stati messi al corrente dal Cremlino della tempistica dell’invasione, arrivando quindi impreparati a gestire il tutto. E il rischio evocato in questo report è che Putin messo alle strette, in difficoltà, possa finire davvero per scatenare una guerra atomica.

IL RUOLO DEGLI OLIGARCHI

Diverse storie quindi già circolate. Certo, i russi parlano di disinformazione creata dagli ucraini, ma in un quadro così complicato è difficile districarsi e tutto deve essere considerato, su tutto si può e si deve cercare di riflettere. E in questo senso ci sono poi gli oligarchi russi. Gente che ci ha messo decenni a costruire imperi economici, con ogni mezzo. E che ora in pochi giorni vede questi imperi tracollare a causa delle pesantissime sanzioni economiche scatenate dall’Occidente a seguito proprio dell’invasione dell’Ucraina. Gli oligarchi vedono il sistema economico e finanziario russo che si distrugge e vedono in Occidente bloccate da diversi Paesi le loro proprietà. Sicuramente, per usare un eufemismo, non saranno felici di tutto questo.

L’FSB TRAMA CONTRO PUTIN?

In tutto questo scenario l’ipotesi, legittima, è che l’FSB possa più di altri e meglio di altri dentro il sistema di potere russo aver compreso a che disastro sta andando incontro Mosca. E per questo forse stia cercando di capire come arginare il tutto, magari in contatto con oligarchi russi. Per ora ovviamente sono solo suggestioni, ipotesi appunto, non ci sono né ci possono essere conferme.

I PRECEDENTI DEL PASSATO

D’altronde persino nella Germania nazista ci fu un attentato a Hitler, fallito, nel luglio del 1944 organizzato da ufficiali tedeschi. La famosa Operazione Valchiria che aveva come obiettivo quello di eliminare Hitler e negoziare poi una pace separata con gli Alleati per evitare il totale crollo della Germania e continuare la guerra ad Est contro l’Unione Sovietica.

LA RUSSIA DI OGGI

Ci potrebbe essere qualcosa di simile oggi nella Russia di Putin? Qualcuno dentro l’FSB russo potrebbe già essere in contatto con l’intelligence americana? Anche i servizi israeliani potrebbero giocare un ruolo? Difficile dirlo, ovviamente. In una Russia sempre più chiusa su se stessa, si possono solo fare ipotesi e registrare tutti i potenziali segnali in arrivo.

Warren Buffett non teme la guerra, anzi. La sua filosofia d’investimento non prevede panico e il 2022 per lui va alla grande

Warren Buffett risale ad ampie falcate la classifica degli uomini più ricchi del pianeta. Mentre i miliardari tecnologici come Elon Musk di Tesla e Jeff Bezos di Amazon.com stanno vedendo in questi primi mesi del 2022 erodersi i loro patrimoni alla luce del forte calo dei titoli tech (ieri il Nasdaq ha chiuso in territorio Orso, ossia oltre -20% dai massimi), l’ultranovantenne Buffett sorride e torna tra le cinque persone più ricche del mondo. È la prima volta negli ultimi 12 mesi che Buffett torna della top 5 dopo essere sceso fino all’undicesimo posto nel corso del mese di ottobre.

Da inizio anno, stando a quanto emerge dal Bloomberg Billionaires Index, la fortuna di Buffett è cresciuta del 7,2% a $ 116,7 miliardi in virtù della resilienza mostrata dalla sua Berkshire Hathaway, tra i pochi colossi di Wall Street che in questi mesi sta riuscendo a schivare il mercato ribassista. Nello stesso periodo Tesla segna un tonfo del 32% e Amazon.com del 19,5%.

La mossa Occidental Petroleum 

Venerdì scorso, Berkshire Hathaway ha rivelato un acquisto di quasi 30 milioni di azioni aggiuntive in Occidental Petroleum, una compagnia petrolifera e del gas con sede a Houston. L’accordo, del valore di circa $ 1,6 miliardi, che ha contribuito a ridurre il quasi record di $ 146,7 miliardi di liquidità di Berkshire.

I nervi tesi sui mercati non spaventano Buffett che in passato ha più volte sottolineato come questi frangenti non devono indurre a uscire dall’azionario e anzi sono visti da lui come occasioni per acquistare a prezzi ragionevoli.

La filosofia d’investimento di Buffett 

Nel marzo 2014, all’epoca della crisi della Crimea, Buffett aveva detto chiaramente che per nessuna ragione avrebbe venduto azioni. Anzi. “Più le azioni sono economiche, maggiori saranno le probabilità che le acquisti”, aveva spiegato, aggiungendo che non avrebbe venduto nemmeno se il conflitto si fosse trasformato in un’altra Guerra Fredda o Terza Guerra Mondiale. “L’unica cosa di cui essere certi è che se entrassimo in una guerra, il valore del denaro diminuirebbe. È successo praticamente in ogni guerra di cui sono a conoscenza”, spiegava Buffett qualche ano fa. “Quindi l’ultima cosa che farei è detenere denaro durante una guerra.” Durante la stessa intervista, Buffett aveva inoltre sottolineato che il mercato azionario statunitense è cresciuto durante la seconda guerra mondiale e ha sempre marciato al rialzo nel tempo.

Il suo primo investimento nel bel mezzo della II Guerra Mondiale

Non va dimenticato che Buffett acquistò le sue prime azioni all’età di 11 anni, nella primavera del 1942, ossia durante la seconda guerra mondiale. Nella lettera agli azionisti per il 2018, il guro degli investimenti ammise che comprò tre azioni di Cities Service, investendo 115 dollari di risparmi. Stando ai suoi stessi calcoli, se avesse investito quella somma in un fondo indicizzato S&P 500 senza commissioni e reinvestito tutti i dividendi, sarebbe valso $ 607.000 entro il 2019, un guadagno di 5.288 volte. Al contrario, se si fosse fatto prendere dal panico e avesse acquistato oro per un valore di $ 115, il suo valore sarebbe cresciuto fino a soli $ 4.200.

Stephen Roach: solo una persona al mondo può influenzare Putin

C’è solo una persona al mondo, credo, che ha influenza su Vladimir Putin – ed è Xi Jinping”. Ad affermarlo è l’economista Stephen Roach, secondo cui la “cosa migliore” che la Cina potrebbe fare in questo momento è mediare un accordo di pace tra Russia e Ucraina. L’ex capo economista di Morgan Stanley e attualmente ricercatore presso il Jackson Institute for Global Affairs della Yale University ritiene che sarebbe un errore per Pechino raddoppiare la sua partnership con Mosca quando il mondo sta esercitando una pressione straordinaria sulla Russia. Roach, intervenuto a “Squawk Box Asia” della CNBC, ritiene che così facendo Pechino si marchierebbe per “molto, molto tempo”.

Petrolio a 200 dollari, il mercato trema e gli USA pensano all’embargo contro la Russia

Il petrolio potrebbe salire a 200 dollari entro la fine del mese, stando ai contratti di opzione siglati stamattina. Possibile embargo USA.

 
Il prezzo del petrolio si starebbe dirigendo verso i 200 dollari al barile entro la fine di marzo. A dirlo sono 200 contratti di opzione siglati nella mattinata odierna per le consegne a maggio e in scadenza il 28 marzo, tre giorni prima della data di regolamento. A guardare l’andamento delle quotazioni sul mercato, si direbbe che la scommessa non sia affatto così azzardata come pensiamo. Mentre scriviamo, un barile di Brent si acquista a oltre 128 dollari, circa 10 in più rispetto al prezzo di chiusura di venerdì scorso e ai massimi dal 2008.

La situazione è di allarme rosso. La Russia è stata colpita da sanzioni finanziarie durissime da parte dell’Occidente (USA, Unione Europea, Regno Unito, Canada, Giappone e Australia) dopo l’invasione dell’Ucraina di due settimane fa. Queste per il momento stanno escludendo il comparto energetico, vista la dipendenza dell’Europa da petrolio e gas russi. Tuttavia, gli USA stanno ipotizzando di imporre un embargo sulle esportazioni russe delle due materie prime senza coinvolgere gli alleati europei.

Embargo contro petrolio russo, recessione europea

La sola prospettiva sta tenendo alla larga il mercato dalla Russia, con le navi-cisterna che girano a vuoto attorno alle sue coste senza caricare i barili. La Russia esporta 7,8 milioni di barili al giorno e uno studio australiano stima che lo spettro dell’embargo starebbe facendo collassare le sue vendite all’estero di 5 milioni di barili al giorno, qualcosa come il 5% dell’offerta globale. Ecco spiegata la ragione per la quale i prezzi del petrolio stanno esplodendo di seduta in seduta. Peraltro, dalla Libia si registra un calo delle estrazioni, mentre l’accordo sul nucleare tra USA e Iran appare in stallo.

Il suo raggiungimento porrebbe fine all’embargo americano contro Teheran.

La gravità della situazione si coglie anche sul mercato del gas europeo, dove il prezzo è salito a 216 euro per megawatt-ora, segnando un nuovo record storico e più che triplicando rispetto ai livelli di apertura di quest’anno, già di per sé elevati. Con questi numeri, la recessione dell’economia europea sarebbe dietro l’angolo. Anzi, probabile che sia già in corso. Il caro bollette sottrae potere d’acquisto alle famiglie e riduce la capacità produttiva delle imprese. Il combinato tra i due fenomeni ci consegna la stagflazione, vale a dire un mix tra boom dei prezzi e calo della produzione.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Le Borse ripartono in forte rosso in attesa dei nuovi negoziati tra Russia-Ucraina

Altra giornata di pesanti ribassi sui listini del Vecchio Continente, che risentono del rally del petrolio, sui massimi dal 2008, a seguito del possibile stop dell’Occidente alle importazioni dalla Russia. Euro debole, vola il gas

 di Fabrizio Arnhold  7 Marzo 2022 – 8:21
 
Le Borse europee iniziano la settimana in rosso, sulla scia dei mercati asiatici e dei future di Wall Street. A spaventare gli investitori il rally del petrolio, spinto dal possibile stop dell’Occidente alle importazioni del petrolio russo. A Milano il Ftse Mib apre a -3,16%, il Dax di Francoforte -3,74%, il Cac 40 di Parigi -2,92%, l’Ibex 35 di Madrid -2,37% e il Ftse 100 di Londra -0,87%. Chiusura in netto calo per la Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei a -2,94%.

 

 

TERZO INCONTRO TRA DELEGAZIONI

A rallentare ulteriormente i listini, i timori per un aumento del prezzo del petrolio, a seguito delle possibili sanzioni sull’export di greggio russo dopo l’invasione militare dell’Ucraina da parte della Russia. L’offensiva militare non rallenta, con le truppe russe sempre più vicine a Kiev; oggi dovrebbero essere nuovamente tentati corridori umanitari per far uscire i civili dalle città. In programma un nuovo round di negoziati, con poche speranze per una soluzione diplomatica che possa portare al cessate il fuoco. Nel fine settimana il premier israeliano Naftali Bennett e il presidente francese Emmanuel Macron hanno parlato con il presidente russo Vladimir Putin.

VOLA ANCHE IL PREZZO DEL GAS

Non solo petrolio, a volare è anche il prezzo del gas che in apertura tocca un nuovo record in Europa a 230 euro/megawattora. Non si ferma la corsa anche delle materie prime. Il Brent sale del 9,65% a 129,52 dollari al barile, mentre il Wti fa un balzo dell’8,75% a 125,81 dollari al barile, sui massimi dal 2008. Sul fronte valutario, l’euro continua a perdere terreno, a favore del dollaro, valuta rifugio per eccellenza. Il cambio contro il biglietto verde cede lo 0,46% a 1,0877.

A PIAZZA AFFARI FOCUS SULLE BANCHE

Da inizio anno Milano ha perso il 17,85%, in una settimana il listino italiano è sceso del 12,8%. A Piazza Affari gli investitori continuano a seguire il settore bancario, dopo i pesanti ribassi degli ultimi giorni, con UniCredit e Banco Bpm che non fanno prezzo in apertura. Sotto la lente in generale tutte le aziende manifatturiere che, più delle altre, risentiranno delle sanzioni decise contro la Russia. Continuano le vendite su Telecom Italia (-9%). Lo spread apre in rialzo a 163 punti base.

Etica Sgr: posizionamento dei fondi e analisi degli impatti della guerra su economie e mercati

I portafogli dei fondi di Etica Sgr mantengono un posizionamento neutrale con esposizione bilanciata anche su settori difensivi. Non sono inoltre esposti direttamente alla crisi, tuttavia la situazione impone cautela e sarà possibile assistere a momenti di volatilità

 di Virgilio Chelli  6 Marzo 2022 – 8:30
 
Ribadendo che “la guerra non è mai una soluzione“, Etica Sgr analizza le implicazioni per i mercati finanziari e per i portafogli dell‘invasione dell’Ucraina da parte della Russia, iniziata il 24 febbraio 2022 sotto gli occhi attoniti del mondo. L’Occidente ha risposto con pesanti sanzioni alla Russia. Le ricadute per le economie internazionali sono incerte, ma è probabile che si assista a minor crescita e inflazione elevata più lungo del previsto. Nella sua analisi, Etica Sgr ricorda che prima della guerra le aspettative erano di crescita moderata mentre l’inflazione era attesa in calo verso il 2%, per il venir meno delle pressioni dal lato dell’offerta e delle azioni delle principali Banche Centrali che avevano già annunciato la progressiva riduzione dello stimolo.

 

 

CAMBIAMENTO DI SCENARIO

Per la seconda parte dell’anno le attese erano per un ritorno verso una crescita robusta sopra il potenziale, inflazione più alta ma sotto controllo, e banche centrali attive per contenerla senza danneggiare le economie. La guerra in Ucraina ha imposto di rivedere questo scenario anche se i possibili effetti in termini di shock negativi per l’economia globale rimangono al momento difficilmente stimabili, avverte Etica Sgr. Molto dipenderà dalle reazioni della Russia, dall’impatto sui prezzi di gas e petrolio, e sulla fiducia di imprese e consumatori. È probabile uno scenario di crescita più debole e inflazione più persistente che deprimere il potere d’acquisto dei consumatori. Secondo alcuni economisti potrebbero esserci anche conseguenze sui margini delle aziende, con impatti sulla crescita europea che variano da 0,5% all’1,5%.

SETTORE GREEN POSSIBILE BENEFICIARIO

Passando al suo posizionamento, Etica Sgr sottolinea che i portafogli dei fondi etici non investono in titoli di debito russi, bielorussi o ucraini e sul lato azionario ricorda anche che non investe in aziende russe e bielorusse, mentre l’esposizione indiretta rimane marginale e circoscritta a pochi titoli. Evidenziamo anche che ad oggi è sospeso l’investimento in titoli finanziari, con l’eccezione di alcuni Green Bond per il fondo Etica Impatto Clima, per cui le maggiori banche esposte alla Russia non sono presenti nell’universo investibile di Etica Sgr. Prima della crisi i portafogli azionari erano impostati con un’esposizione neutrale rispetto al benchmark, con alcune scelte attive in termini settoriali e geografici per bilanciare tra temi strutturali o difensivi e temi che avrebbero potuto beneficiare delle riaperture e della crescita dei consumi nella seconda parte del 2022.

BANCHE CENTRALI SU DUE FRONTI

L’attuale situazione non impone di effettuare interventi riallocativi di portafoglio. Sul lato obbligazionario i tassi hanno ricominciato a calare, come sempre accade quando la propensione al rischio si abbassa. Il portafoglio dei fondi di Etica Sgr rimane neutrale in termini di duration con una preferenza per i titoli italiani e le emissioni europee rispetto al Bund tedesco, ancora molto caro. Secondo Etica Sgr le Banche Centrali dovranno essere pronte ad una risposta a garanzia del sistema bancario e a supporto della stabilità, ma dovranno anche aderire al mandato di stabilità dei prezzi.

FOCUS SUL RALLENTAMENTO DELLA CRESCITA

Dal lato dei mercati azionari, il riaggiustamento si era focalizzato soprattutto sull’aumento tassi, ma la crisi scaturita dalla guerra ha spostato l’attenzione sul possibile impatto che un brusco rallentamento della crescita potrebbe avere su multipli e utili societari. Una situazione che impone cautela e giustifica un posizionamento neutrale, con esposizione bilanciata anche su settori difensivi come beni di prima necessità e telecomunicazioni. La crisi ha anche evidenziato la necessità e l’urgenza di svincolarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia, il che potrebbe comportare un’accelerazione negli investimenti Green, soprattutto in Europa, dove è anche possibile assistere a una buona tenuta dei servizi di pubblica utilità e a ricadute positive su industriali e tecnologici, settori propedeutici e a supporto degli investimenti verdi.

POSSIBILI CORREZIONI DELL’AZIONARIO USA

Negli Stati Uniti, secondo l’analisi di Etica Sgr gli utili possono reggere il contraccolpo della crisi meglio rispetto ad altre aree, ma l’aumento dell’avversione al rischio potrebbe indurre ulteriori correzioni, soprattutto considerando che il premio per il rischio rimane ancora basso rispetto al livello in piena crisi Covid-19. Questo giustifica, secondo Etica Sgr, ancora il sottopeso del mercato Usa, per avere spazi di incremento e flessibilità in caso di sviluppi positivi. Il Giappone infine beneficia ancora del grosso supporto a livello di valutazioni dell’accrescimento degli utili per azione, ma potrebbe scattare un’avversione al rischio pesante con impatto sullo yen, il cui rafforzamento potrebbe costringere a ridurre il sovrappeso sull’azionario nipponico.

 Share:

Corriere della sera
Ucraina-Russia, le ultime notizie sulla guerra. Il premier di Israele da Putin: si propone come mediatore

 

Ore 18.10 – Lunedì il terzo round di negoziati
Il terzo round di colloqui tra Russia e Ucraina si terrà lunedì. Lo ha reso noto l’agenzia russa Interfax. Le delegazioni si dovrebbero incontrare nuovamente a Brest, in Bielorussia.

Ore 17.45 – Il premier israeliano a Mosca da Putin
Il premier israeliano Naftali Bennett è volato in segreto a Mosca per un colloquio con il presidente russo Vladimir Putin sulla guerra in Ucraina. Lo riferiscono i media dello Stato ebraico ma la notizia è stata confermata poco dopo dal portavoce di Bennet. Israele si è offerto come mediatore del conflitto, Bennett ha avvertito gli Usa della sua missione.

Attacco russo a centrale nucleare Ucraina scatena panico totale. 

Mercati in caduta libera, il Ftse Mib crolla del 4,6% a 22.850 punti circa dopo la notizia del bombardamento della più grande centrale nucleare dell’Europa, situata in Ucraina, da parte delle forze russe di Vladimir Putin.

L’Ispettorato statale nucleare dell’Ucraina ha scritto inoltre su Facebook che “l’impianto nucleare di Zaporizhzhya è stato preso dalle forze militari della Federazione russa”.

Tra i titoli peggiori del Ftse Mib si mettono in evidenza il tonfo di Telecom, che crolla di oltre il 10%, e di UniCredit, che accelera al ribasso con un tonfo superiore a -8,5%.

Annotazione 2022-03-03 152223

UN ROTSCHILD AL GOVERNO BRITANNICO: “DEVI ENTRARE IN GUERRA!

 

Non possiamo permetterci di perdere l’Ucraina!

nat-rotsch

#Erede della famiglia Rothschild, Nathaniel Rothschild, ha scritto ai membri del governo britannico…

“L’Ucraina è un tassello essenziale, che non possiamo permetterci di perdere nella scacchiera geopolitica…”

“Dobbiamo mettere in ginocchio la Russia con ogni mezzo possibile, per inviare un segnale forte ai Cinesi, e per proteggere il nostro sistema globale di norme e valori liberali..

La via che abbiamo intrapresa,  mancanza di azione militare, significa che il nostro Ordine Globale è morto in piedi..Vi esorto a schierarvi più ferocemente contro la Russia ei suoi proxy, ad intensificare la guerra informativa, a correggere l’opinione, soprattutto online, e ad inviare armi ai nostri
amici in Ucraina.
SENZA L’UCRAINA, IL NOSTRO ORDINE GLOBALE NON SOPRAVIVVERÀ.”

ucraina-tira-GB-5623775

Taglia su Vladimir Putin, un uomo d’affari russo offre un milione di dollari a chi lo cattura 

1962 Guerra Usa – Vietnam

2022 Guerra Russia Ucraina

Palese l’andamento simile del Dow Jones confrontando il 1962 al 2022

E anche a livello geopolitica.

Ad oggi 27-02-2022 , vedremo come sarà poi l’andamento futuro e come evolverà questa situazione

 

Annotazione 2022-02-25 190811

 

Annotazione 2022-02-25 085345

Annotazione 2022-02-24 215017

FKBoOlYWQAYVI3H

Per Moody’s e Fitch i titoli russi sono spazzatura

Dopo S&P anche le altre agenzie di rating declassano i bond governativi russi a “junk”. Occhi puntati sul conflitto, Wall Street e Tokyo respirano dopo le parole di Powell (Fed) sul rialzo moderato dei tassi. Petrolio in rally con il Brent a 118 dollari

 di Antonio Cardarelli  3 Marzo 2022 – 8:16
 
Le Borse europee provano a seguire la scia di Wall Street e aprono in positivo. Piazza Affari, nelle prime battute, guadagna circa mezzo punto percentuale nonostante le difficoltà di Tim e Leonardo. In verde anche Francoforte, Londra e Parigi.

 

 

DECLASSATI I TITOLI RUSSI

Dopo S&P, anche le agenzie di rating Moody’s e Fitch hanno deciso di declassare i titoli di stato emessi dalla Russia a “junk”, spazzatura. Secondo gli analisti le pesanti sanzioni economiche indeboliranno l’economia russa con il rischio di non permettere al Paese di onorare il proprio debito. Nei giorni scorsi Mosca ha già saltato il pagamento delle cedole legate agli OFZ, i titoli di stato della Russia. La Borsa di Londra ha sospeso oggi e con effetto immediato la negoziazione dei Global depository receipts (Gdr) di diverse società con sede in Russia tra cui Rosneft, Sberbank, Gazprom, En+ e Lukoil. I Gdr sono certificati negoziabili emessi da una banca che rappresenta azioni di una società straniera ma scambiate a livello locale. Nei giorni scorsi Ftse Russell ha annunciato la rimozione dei titoli russi dai propri indici dal 7 marzo, mentre l’MSCI farà lo stesso dopo il 9 marzo.

INCONTRI SOTTO LE BOMBE

L’attenzione dei mercati è concentrata sull’Ucraina, dove l’avanzata russa prosegue a fatica e dall’Occidente continuano ad arrivare aiuti militari per sostenere la resistenza di Kiev e delle altre città nel mirino di Putin. In un clima estremamente teso oggi è in programma il secondo round di colloqui tra le delegazioni di Russia e Ucraina. Intanto prosegue la fuga delle aziende dal mercato russo, sempre più inaccessibile per i capitali stranieri. L’ultima in ordine di tempo è Toyota, che ha fermato la produzione di veicoli nella fabbrica di San Pietroburgo.

LA DECISIONE DELLA FED

Nel frattempo gli investitori trovano fiducia dalle parole del presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che ha spinto verso una chiusura positiva prima Wall Street e poi Tokyo (Nikkei +0,7%) e Hong Kong (+0,41%). Il numero uno della Fed, davanti alla commissione dei Servizi finanziari della Camera, ha detto che proporrà un aumento dei tassi d’interesse di 25 punti base alla prossima riunione della Banca centrale, in programma tra due settimane il 15 e 16 marzo. L’impatto del conflitto sull’economia Usa nel breve periodo, ha poi detto, è “molto incerto”. Powell ha sottolineato che “l’inflazione è troppo alta” e che, se persisterà, “potremmo muoverci più velocemente, con un aumento di 50 punti base”, alle successive riunioni dell’anno.

PETROLIO IN RALLY

Prosegue la corsa del petrolio. Il contratto con consegna maggio sul Brent sale del 3,6% a 117 dollari al barile, dopo aver toccato un massimo a 118,22 dollari. Il contratto con consegna aprile sul Wti è in progresso del 3,5% a 114,5 dollari al barile. Una crescita, quella del petrolio, dovuta alla guerra in Ucraina e alle decisioni prese ieri dai membri dell’Opec+, che di fatto non modificheranno la strategia prevista di un aumento graduale della produzione ad aprile (400mila barili al giorno).

Sanzioni alla Russia, il caso Draghi e rischio terza guerra mondiale

Le nuove sanzioni alla Russia sono potenzialmente durissime e dimostrano che tra Bruxelles e Mosca ci si gioca il tutto per tutto

 

Sabato sera, come annunciato il giorno precedente, l’Unione Europea ha comminato nuove sanzioni contro la Russia in risposta all’aggressione di Mosca ai danni dell’Ucraina. Due sono state, in particolare, le novità dirompenti:

Il primo provvedimento era molto atteso, sebbene sia stato varato in modalità soft: solo le banche russe già sotto embargo e non collegate ai pagamenti per forniture di petrolio e gas sono state espulse dal sistema internazionale dei pagamenti finanziari con sede nel Belgio. Un modo per i governi europei di punire il Cremlino senza accollarsi costi insostenibili. Germania e Italia avevano guidato il fronte dei “prudenti”, per non dire contrari alla misura. Solo il loro via libera, seguito da quello ungherese, ha avallato l’espulsione dallo SWIFT.

A tale proposito, è sorto un giallo dalle conseguenze geopolitiche dirompenti. Poco prima che i paesi dell’Unione Europea si accordassero sulle nuove sanzioni alla Russia, su Bloomberg usciva la notizia esplosiva, secondo la quale il governo Draghi avrebbe trattato con Mosca fino al 16 febbraio per stringere alleanze industriali a favore di Ansaldo Energia ed ENEL. Che la tempistica sospetta sia stata un modo per fare pressione su Palazzo Chigi e indurlo a dare l’ok alle ritorsioni anti-russe? Di certo c’è che la credibilità del premier Mario Draghi ne esce molto appannata nei consessi internazionali. E’ passato (volutamente?) il messaggio che egli abbia trattato con Vladimir Putin mentre questi programmava l’invasione dell’Ucraina.

Sanzioni Russia, l’arma nucleare delle riserve

Ma la vera sanzione “nucleare” contro la Russia è l’altra. Il “congelamento” delle riserve valutarie è qualcosa di veramente senza precedenti per una economia medio-grande.

La Russia disponeva a fine 2021 di 630 miliardi di dollari di riserve, un valore giudicato più che sufficiente nel medio termine per fronteggiare eventuali criticità finanziarie. Con questa misura, Europa e USA puntano a impedire alla Banca di Russia di intervenire a sostegno del rublo. Da oggi, in pratica, sarebbe possibile uno scenario di collasso del cambio russo senza alcuna possibilità di porvi rimedio.

In assenza di valuta straniera, poi, la Russia non sarebbe più in grado di intrattenere relazioni commerciali e finanziarie con il resto del mondo. Tecnicamente, il suddetto “congelamento” dovrebbe (non esiste ancora alcuna spiegazione ufficiale delle modalità) avvenire principalmente in due modi: impedendo a Mosca l’accesso agli asset detenuti all’estero, tra cui negli USA, in Germania, Austria e Giappone; vietando alle entità e ai cittadini americani ed europei di intrattenere relazioni con la Banca di Russia.

Le possibili scappatoie immediate di Mosca

Buona parte dei 630 miliardi di dollari sono custoditi, come dicevamo, all’estero. Così com’è già avvenuto ai danni del Venezuela di Nicolas Maduro di recente – ma si pensi anche all’Afghanistan dei talebani tornati al potere – i russi non sarebbero nelle disponibilità del proprio stesso denaro. Tant’è che da qualche giorno già le erogazioni di contante ai bancomat risultano limitate. Le banche russe avrebbero iniziato a imporre autonomamente controlli sui capitali per evitare di restare a corto di rubli. Un’opzione che adesso lo stesso governo valuterebbe per frenare i deflussi dei capitali.

C’è da dire che oltre il 14% delle riserve valutarie russe lo abbia in custodia il sistema cinese. All’occorrenza, Pechino potrebbe rilasciare almeno parte della liquidità necessaria per evitare il collasso finanziario di Mosca. Tuttavia, le stesse banche cinesi si stanno guardando bene dall’aiutare palesemente le controparti russe, temendo sanzioni secondarie da parte dell’Occidente. A quel punto, l’unica soluzione possibile rimasta per Mosca sarebbe di vendere sul mercato parte delle 2.299 tonnellate di oro possedute

Il rischio di una terza guerra mondiale

Un atto del genere, tuttavia, potrebbe essere considerato da Putin a tutti gli effetti “di guerra”. Se così fosse, si sentirebbe autorizzato persino ad attaccare i membri della NATO. Il fattore tempo sarà determinante. Se dai colloqui avviati ieri con Kiev non dovesse sortire il risultato sperato – alias, la resa di Volodymyr Zelensky – la disperata condizione finanziaria in cui precipiterebbe la Russia lo indurrebbe a far scoppiare una terza guerra mondiale. Non stiamo esagerando. E’ questo il rischio che stiamo correndo in queste ore.

D’altra parte, misure così estreme portano con sé qualche effetto collaterale anche per l’economia europea, in particolare. La Russia non è il Venezuela. Se anche i suoi denari possono essere bloccati sui conti occidentali, molti stati asiatici, africani e sudamericani non proprio in linea con la geopolitica di Washington e Bruxelles potrebbero iniziare a valutare l’opportunità di lasciare ancora custodite le proprie riserve negli USA e in Europa. Finora, lo hanno fatto per ragioni di sicurezza, spesso materiale, ovvero per avere la garanzia di non perdere oro e liquidità nel caso di attacchi bellici e per segnalare la propria affidabilità ai mercati finanziari. Ma se alla minima crisi diplomatica rischiano di perdere la disponibilità delle riserve, qualcuno potrebbe ricredersi e richiamare i capitali in patria.

Altro aspetto da non sottovalutare è la vera arma di ricatto in mani russe: l’energia. Se Putin dovesse nelle prossime ore assaggiare un crollo finanziario ai danni della sua economia, per tutta reazione spegnerebbe il gas all’Europa. Resteremmo al freddo in pochi giorni e, soprattutto, saremmo costretti a pagare carissimo il carburante e la luce. Una situazione così allarmante, che il governo italiano avrebbe simulato uno scenario estremo caratterizzato dal razionamento energetico. Insomma, se Mosca piangesse, noi europei non sorrideremmo. Dovremmo tutti augurarci che il negoziato in corso tra Russia e Ucraina vada a buon fine; che la guerra scelleratamente iniziata da Putin cessi di mietere vittime innocenti e che le tensioni non esplodano fino al punto di non ritorno.

Se così non fosse, ci aspetterebbe una terza guerra mondiale. A quel punto, sarebbe secondario dirvi che assaggeremmo un combinato tra grave crisi economica e alta inflazione.

ATTACCO ATOMICO FINANZIARIO: collassa il Rublo, Russia con fondi esteri congelati

 

pinterest sharing button

Il sistema prende posizione. La condanna nei confronti di Putin è praticamente unanime. Solo i suoi alleati lo stanno appoggiando, chi in modo più esplicito e chi più pacatamente, altri passano da sostenitori a neutrali. Ma anche chi era neutrale ora non lo è più. Basta vedere la Svizzera, il paese che è la depositaria di chissà quanti capitali russi. Anche per la Svizzera il momento è storico.

GENEVA, Feb 27 (Reuters) – Swiss President Ignazio Cassis said on Sunday that it was “very probable” that neutral Switzerland would follow the European Union (EU) on Monday in sanctioning Russia and freezing Russian assets in the Alpine country.

Cassis, interviewed on French-language Swiss public television RTS, said that the seven-member Federal Council would meet on Monday and review recommendations by the departments of finance and economy.

La Svizzera quindi non è più finanziariamente neutrale (sembra che 25 miliardi di USD delle riserve russe siano in Svizzera e quindi saranno congelati) e anche alcuni investitori di un ceto rilievo tagliano i ponti con Mosca.

OSLO, Feb 27 (Reuters)  – Norway’s $1.3 trillion sovereign wealth fund, the world’s largest, will divest its Russian assets following Russia’s invasion of Ukraine, the Norwegian prime minister said on Sunday.

The fund’s Russian assets, consisting of shares in some 47 companies as well as government bonds, were worth 25 billion Norwegian crowns ($2.83 billion) at the end of 2021, down from 30 billion crowns a year earlier, the government said.

La tensione anche tra i russi sale. Tutte le banche stanno vivendo una sorta di bank run, con lunghe code agli sportelli dei bancomat, in cerca di rubli ma soprattutto di dollari, sempre più difficili da trovare. L’importante è prelevare il prelevabile, oggi la svalutazione sicuramente sarà forte e quindi anticipare l’apertura dei mercati salverà un po’ di potere d’acquisto.

Non parliamo quindi di grandi imprese, terrorizzate dal blocco dello SWIFT, ma semplici cittadini che temono per i loro (limitati) averi anche perché molti temono che anche i più noti circuiti di pagamento elettronico (Visa e MasterCard per fare due nomi a caso) verranno bloccati, inchiodando quindi la quotidianità delle persone. Senza soldi e senza moneta elettronica. La banca centrale russa esclude questa ipotesi. La realtà la scopriremo forse a breve.

SWIFT: ma se diventa un boomerang?

Parlando ancora di SWIFT, ribadiamo che questa rappresenta una delle armi più potenti che possiamo sfoderare contro la Russia. Swift è un acronimo e sta per per “Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication”, ossia l’infrastruttura che permette i pagamenti di beni, servizi, materie prime e – soprattutto – prodotti energetici. Di fatto, insomma, è il circuito globale che sorregge i pagamenti bancari. Però c’è un piccolo problema.

Qual è l’esposizione delle banche italiane nei confronti della Russia e indirettamente quanto quindi inciderebbe il blocco dello SWIFT? Da questo grafico è evidente che ci giochiamo il primato con le banche francesi, ma tanto per cambiare, il rischio è che l’arma più potente, possa diventare un boomerang per alcune banche particolarmente esposte nei confronti di Mosca.

Ma al centro di tutto c’è, ancora una volta, l’energia: verrebbero infatti congelate le transazioni con la Russia cui l’Occidente che comprano gas e petrolio da Mosca al ritmo di 700 milioni di dollari al giorno.

Però è anche vero che la Russia si ritroverà, anche grazie a queste sanzioni, con circa il 50% delle sue riserve congelate (visto che sono in paesi UE).

BORRELL: HALF OF RESERVES IN RUSSIAN CENTRAL BANK TO BE FROZEN – BBG

Intanto sembra che il Rublo domattina aprirà in picchiata. Ora 171 rubli per un USD. Qualche ora fa quotava 83. Vediamo se questo attacco finanziario darà gli effetti sperati e soprattutto in breve termine.

Russia-Ucraina: il conflitto aumenta la possibilità di errore delle banche centrali

Il conflitto Russia-Ucraina implica un ulteriore deterioramento dei già difficili compromessi tra crescita e inflazione (soprattutto nell’Eurozona) che le banche centrali devono affrontare, rendendo le prossime decisioni particolarmente difficili. A sottolinearlo è Silvia Dall’Angelo, Senior Economist per la divisione internazionale di Federated Hermes, che guarda alla possibile evoluzione della politica monetaria in questo nuovo scenario.

“Nell’attuale contesto di inflazione già alta e di preoccupazioni per i cosiddetti effetti di secondo round – spiega l’esperta – le banche centrali continueranno probabilmente a rimuovere gli stimoli monetari. Ma i rischi di crescita al ribasso legati allo scenario geopolitico significano che probabilmente procederanno in maniera graduale e prudente”.

Secondo l’esperta, l’impatto della crisi sulla politica monetaria sarà diverso a seconda delle diverse banche centrali. “Mentre la Fed sembra essere più isolata, la Bce e la BoE affrontano una situazione più difficile, dato che l’Europa è un importatore netto di materie prime energetiche e dipende dalla Russia per il gas e, in misura minore, per il petrolio”.

In generale, è giusto dire che la crisi aumenta la possibilità di errore da parte delle Banche centrali.

Russia verso blocco Swift, crolla il rublo (-30%), Borsa di Mosca ferma e banche a rischio crack

Borse europee in rosso nel giorno dell’incontro tra Russia e Ucraina in Bielorussia, mentre si continua a combattere. La banca centrale russa raddoppia i tassi d’interesse e a Mosca spuntano le file per prelevare valuta straniera dagli Atm

 di Antonio Cardarelli  28 Febbraio 2022 – 8:26
Apertura in forte rosso per le Borse europee in una settimana cruciale per il destino dell’Ucraina. Il Ftse Mib di Milano perde poco più di 2 punti percentuali insieme al Dax di Francoforte e al Cac 40 francese. Londra perde circa l’1% mentre i futures Usa viaggiano intorno al -1,5% per i tre indici principali. Il rublo, all’inizio delle sedute europee, perde poco più del 30% rispetto al dollaro.

 

 

FILE AGLI ATM

Kiev e l’Ucraina continuano a resistere all’invasione russa mentre le due parti si incontreranno, per la prima volta dall’inizio dell’offensiva, per cercare di trovare uno spiraglio diplomatico. Nel giorno del faccia a faccia a Gomel (Bielorussia), per le Borse globali si apre una settimana estremamente complicata. L’Occidente ha deciso per nuove, pesanti sanzioni nei confronti di Mosca, e dalla Russia rimbalzano le prime immagine di file agli Atm per prelevare contanti (soprattutto dollari, anche se le banche russe stanno applicando cambi “punitivi”) nonostante gli appelli alla calma delle autorità.

INASPRIMENTO DELLE SANZIONI

L’isolamento economico e finanziario del Paese è ormai a un passo. Le banche russe, ad esclusione di quelle strettamente necessarie per le transazioni legate al gas, sono state disconnesse dal circuito di pagamenti Swift. Inoltre, alla banca centrale russa è stata vietata qualsiasi transazione con l’estero e i beni personali di Vladimir Putin e del suo ministro degli Esteri Sergei Lavrov sono stati presi di mira. In mattinata verrà pubblicato l’elenco delle banche russe escluse dallo Swift. Intanto Sberbank Europe, controllata dalla russa Sberbank, sarebbe già a rischio fallimento. Resta ora da vedere se il sistema di pagamenti e comunicazioni alternativo allo Swift, che Putin ha messo in piedi dal 2014 in poi, reggerà veramente la prova di un utilizzo intensivo.

LA BANCA CENTRALE RUSSA AUMENTA I TASSI

Putin ha risposto all’inasprimento delle sanzioni mettendo in preallarme il sistema di deterrenza nucleare. Una mossa che ha aumentato il nervosismo sui mercati finanziari, con la situazione che continua a peggiorare soprattutto sui mercati russi. Il rublo è arrivato a perdere il 40% del suo valore e la Borsa di Mosca, per decisione del governo, resterà chiusa almeno fino alle 13 italiane. La banca centrale russa ha annunciato un aumento dei tassi d’interesse del 20% (dal 9,5%) per “rendere i depositi più attraenti”, ma il rischio concreto è quello di una crisi di liquidità visto l’isolamento internazionale che si cercherà di attenuare liberando parte delle riserve.

ASIA MISTA, PETROLIO IN CRESCITA, VOLA IL GAS

Le Borse asiatiche, dopo una seduta dominata dall’incertezza, chiudono miste. L’indice Nikkei di Tokyo guadagna lo 0,19%. Il Giappone, va ricordato, ha aderito alla misura di esclusione delle banche russe dallo Swift. Seduta in positivo anche per Shanghai (+0,32%) mentre l’Hang Seng di Hong Kong si avvia a perdere circa mezzo punto percentuale. Continua la corsa del petrolio con il Wti a 96 dollari (+5%) e il Brent a 98,4 dollari (+4,5%). Sale anche l’oro, che tocca quota 1.900 dollari l’oncia. Decolla il prezzo del gas (+30%).

Ucraina, Edmond de Rothschild: non è necessario modificare l’asset allocation

Benjamin Melman, Global Cio, spiega che la reazione del mercato è stata finora troppo contenuta per giustificare un aumento dell’esposizione, soprattutto all’Europa

 di Virgilio Chelli  27 Febbraio 2022 – 8:30
 
L’invasione della Russia materializza lo scenario peggiore per la popolazione ucraina, un enorme scossone al quadro geopolitico globale, ma anche uno shock per gli investitori. Molte domande sono ancora senza risposta, a cominciare dalle intenzioni di Vladimir Putin. Ci si chiede se stia cercando una garanzia che la Nato non ammetta l’Ucraina e il riconoscimento che la Crimea è ora ufficialmente parte della Russia o se stia cercando di imporre zone cuscinetto oppure trasformare l’Ucraina in un’altra Bielorussia, con ambizioni che vanno oltre il territorio ucraino. Benjamin Melman, Global CIO di Edmond de Rothschild Asset Management sottolinea che ci vorrà tempo prima di avere una visione più chiara con la situazione che rimane molto incerta.

 

 

IL PROBLEMA DELLA DIPENDENZA ENERGETICA

Russia e Ucraina sono partner commerciali relativamente modesti dell’Europa, ma Germania e Italia importano quasi metà del gas dalla Russia. I prezzi erano già aumentati prima che il rischio di un conflitto emergesse, le scorte di gas sono già basse in Europa, ma l’inverno mite e l’avvicinarsi della primavera dovrebbero limitare il rischio di carenze a breve. Melman sottolinea che il problema sarà ricostruire le scorte. Un passaggio al gas liquido potrebbe essere solo limitato in quanto non ci sono abbastanza terminali per cui andranno trovate altre fonti di energia, il che presenta un altro problema, soprattutto se parliamo di carbone.

PRESTO PER ‘COMPRARE LA GUERRA’

Comunque finora le reazioni dei mercati azionari sono contenute. Quelli europei hanno contenuto le perdite, ancora di più quelli americani mentre è intuibile allargamento degli spread di credito. Storicamente, le crisi geopolitiche rappresentano una buona opportunità di acquisto. Melman ricorda il detto “Compra quando inizia la guerra”, ma aggiunge che perché si presenti un’opportunità di acquisto i mercati devono reagire in modo molto marcato, cosa che non è ancora accaduta. Con l’inflazione ancora in aumento e questo shock che zavorra la fiducia degli investitori, occorre valutare fino in fondo questa crisi prima di considerarne l’impatto sulle prospettive di crescita.

IMPROBABILE CHE LE BANCHE CENTRALI RIAPRANO I RUBINETTI

L’esperto di Edmond de Rothschild Asset Management si dice non ancora sicuro che l’Europa sarà in grado di assicurare l’approvvigionamento energetico alla fine del 2022 e aspetta di vedere le prime indicazioni della BCE che sta monitorando la situazione, ma aggiunge che le possibilità che le Banche centrali tornino ad iniettare liquidità per sostenere le economie e i mercati sono ancora remote.

NESSUN SOVRAPPESO DEI MERCATI EUROPEI

Per tutti questi motivi, Edmond de Rothschild Asset Management ha scelto di non sovrappesare i mercati europei in attesa di una migliore visibilità sulla situazione ucraina, preferendo invece il Giappone. I recenti eventi non hanno fornito alcun chiarimento sulle intenzioni della Russia o sulla capacità dell’Europa di garantire un ragionevole approvvigionamento energetico. E le reazioni degli investitori non sono state eccessive. Di conseguenza, la casa d’investimento ha lasciato invariata la nostra asset allocation, ma continuerà a tenere d’occhio gli sviluppi.

Perché le borse hanno festeggiato ieri l’ingresso dei carri armati russi a Kiev?

Borse su, oro e petrolio giù. I mercati finanziari hanno rialzato la testa ieri, malgrado l’avanzata russa verso la capitale ucraina.

di , pubblicato il 
 

Dopo il “panic selling” di giovedì, ieri le borse mondiali si sono riprese grosso modo dalle perdite pesanti accusate nella seduta precedente. Da Milano a Londra, passando per Francoforte e Parigi, i guadagni degli indici azionari sono stati compresi tutti tra il 3,5% e il 4%. Nelle stesse ore, la quotazione del petrolio scendeva sotto 100 dollari, con il Brent ad avere chiuso ieri a meno di 95 dollari al barile. Aveva sfondato la soglia dei 105 il giorno prima. In ripiegamento anche l’oro: per un’oncia servono meno di 1.890 dollari contro gli oltre 1.960 a cui i prezzi erano schizzati l’altro ieri.

Eppure, dal teatro di guerra in Ucraina non sono arrivate notizie entusiasmanti. Le truppe russe sono riuscite ad entrare nella capitale Kiev, tant’è che nella giornata di venerdì si è speculato su possibili trattative tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la controparte russa per tenere negoziati in un paese terzo. Tuttavia, il primo ha smentito tramite un video di essersi arreso o, addirittura, di avere lasciato lo stato.

Me le borse sono ciniche. Hanno ignorato le sanzioni di USA e UE contro la Russia, per certi versi ancora “morbide”, per altri comunque capaci di deteriorare profondamente le relazioni commerciali e finanziarie tra le parti. Ai mercati finanziari interessa che l’incertezza duri il meno possibile. Chiunque vinca, che lo faccia presto. E che possano essere con ogni probabilità i russi a prevalere sul fronte bellico, poco importa. L’importante è togliere dal prossimo futuro l’incertezza.

Borse in ripresa, ma per quanto?

Prematuro, tuttavia, ipotizzare che i mercati abbiano già mandato giù il boccone amaro della guerra. Le conseguenze geopolitiche, economiche e finanziarie dureranno a lungo.

E saranno potenzialmente nefaste per l’Europa, in particolare. La guerra russo-ucraina accentua il rischio di stagflazione. Da un lato, accresce i prezzi delle materie prime, gas in primis. Dall’altro, riduce il tasso di crescita dell’economia. Il caro bollette già pesa come un macigno su aziende e famiglie. La BCE si trova in trappola come mai prima: deve alzare i tassi per “raffreddare” le aspettative d’inflazione, ma con il rischio di stendere a tappeto la ripresa nell’Area Euro.

La Federal Reserve quasi certamente alzerà i tassi negli USA al board di marzo. La guerra ucraina per l’economia americana avrebbe un impatto assai limitato, se non nullo. Dunque, la politica monetaria americana dovrebbe mantenere una traiettoria certa, mentre quella europea è tutta da vedere. Un’incertezza che non aiuta le borse, le quali non a caso ieri hanno reagito positivamente alla prospettiva che i russi conquistino Kiev subito, ponendo fine almeno alla fase bellica. Ma il mondo che uscirà da questa guerra porterà tante incognite, che peseranno non poco sui mercati nei prossimi mesi e anni.

 

Ucraina, Goldman Sachs rivede al ribasso le stime per l’indice azionario europeo Stoxx 600

L’evoluzione della crisi Ucraina potrebbe comportare il rischio di un ulteriore aumento del gas e, a cascata, dell’inflazione. Goldman Sachs vede lo Stoxx 600 a 490 punti in 12 mesi

 di Redazione  26 Febbraio 2022 – 8:30
 
L’escalation drammatica degli eventi in Ucraina ha avuto un forte impatto anche sui mercati finanziari, penalizzando le asset class rischiose. Secondo Goldman Sachs le future implicazioni possono essere delineate analizzando tre aspetti: un aumento del premio per il rischio azionario (ERP), un incremento dei costi dell’energia e, di conseguenza, nuove tensioni inflattive, e condizioni finanziarie più restrittive. Inoltre, in un report dedicato, Goldman Sachs ha rivisto al ribasso il target dell’indice azionario europeo Stoxx 600, portato a 490 punti da 530, comunque in rialzo rispetto ai 450 punti odierni.

 

 

ESAMINATI I PRECEDENTI EVENTI GEOPOLITICI

“Abbiamo esaminato i precedenti eventi geopolitici per avere un’idea dell’impatto sui mercati azionari attraverso un rialzo dell’ERP. La maggior parte degli eventi ha avuto un impatto relativamente modesto e di breve durata sull’ERP” riferiscono gli esperti di Goldman Sachs. Per quanto riguarda i prezzi dell’energia, un loro incremento potrebbe avere un impatto significativo in considerazione del già forte aumento delle quotazioni di gas naturale e di petrolio e dei tassi di interesse reali visti da inizio anno. “Secondo i nostri economisti, un aumento di 10 dollari al barile del prezzo del petrolio rafforza l’inflazione core statunitense ma riduce soltanto dei 0,1 punti percentuali la crescita del PIL” tengono a precisare i manager di Goldman Sachs.

CONDIZIONI FINANZIARIE

Infine, relativamente alle condizioni finanziarie, gli economisti di Goldman Sachs hanno dimostrato che gli eventi di rischio geopolitico del passato solo raramente sono stati seguiti da un significativo inasprimento delle condizioni finanziarie statunitensi, che è l’aspetto cruciale per le attività di rischio globali. Più in generale, i professionisti di Goldman Sachs pensano che sia necessario un calo della crescita più marcato di quanto ci si aspetti da questa crisi per far deragliare completamente il mercato rialzista.

L’INDICATORE PROPRIETARIO DI PROPENSIONE AL RISCHIO

Un utile framework utilizzato dagli esperti di Goldman Sachs, è l’indicatore proprietario di propensione al rischio, che esamina in profondità i movimenti del mercato in tutti gli asset e che è scivolato al di sotto di quota 1,5. “Livelli inferiori a questa soglia storicamente hanno indicato un’asimmetria positiva per gli investitori. Per la precisione, da questi livelli il rialzo medio atteso dei listini è di circa l’11% nei 12 mesi, con una percentuale di successo del 74%” specificano da Goldman Sachs, aggiungendo che si tratta di un apprezzamento molto vicino ai propri rendimenti attuali previsti nel prossimo anno.

UTILI AZIENDALI EUROPEI SU DELL’8% MEL 2022 E DEL 6% NEL 2023

“Pensiamo che il mercato stia valutando la crescita economica europea in modo relativamente conservativo” sostengono i manager di Goldman Sachs “alla luce del fatto che il rapporto prezzo / utili (p/e) è ora stimato a 14 in base ai profitti attesi nei prossimi 12 mesi che dovrebbero attestarsi ad un livello superiore a quello pre-pandemia”. Le loro previsioni indicano una crescita degli utili aziendali (eps) europei dell’8% nel 2022 e del 6% nel 2023.

COSA SUCCEDE SE L’EUROPA CRESCE MENO

Ogni punto percentuale in meno di PIL in Europa sottrae circa 10 punti percentuali agli eps: cosa succede se ci fosse una contrazione delle crescita in Europa? “Sebbene non si possa escludere che l’aumento dei profitti aziendali attesi possa essere azzerato, esistono forti compensazioni. Oltre il 55% delle vendite delle compagnie europee è al di fuori del Vecchio Continente dove le implicazioni sul PIL di questa crisi sono probabilmente minime. Il settore energia, che pesa il 10% circa negli indici di mercato, risulterebbe ancora più solido, mentre le esportazioni dell’area dell’euro in Russia e Ucraina non vanno oltre l’1% del PIL” concludono i professionisti di Goldman Sachs.

Russia apre a dialogo con Kiev, Borsa Mosca accelera a +24%

Mentre le truppe russe sono già arrivate a Kiev, la Russia ha detto di essere disposta a tenere colloqui con l’Ucraina. Il Cremlino ha riferito che il presidente Vladimir Putin è pronto ad autorizzare i negoziati con l’Ucraina su un possibile “status neutrale” per il paese. Putin ha anche lanciato un appello ai militari ucraini perchè “prendano il potere” rovesciando il presidente Volodymyr Zelensky e il suo entourage, definendoli una “banda di neo-nazisti e drogati”.

Intanto sui mercati oggi si segnala il forte recupero del rublo e della Borsa di Mosca, con l’indice RTS a quasi +24%, mentre il MOEX Russia segna +18% circa, estendendo i guadagni dopo che Mosca ha trasmesso l’offerta di colloqui a Minsk, la capitale della Bielorussia, alleato dei russi. I mercati russi, reduci da cali fino a -50% della vigilia, oggi erano già in risalita dopo che le sanzioni annunciate da Usa e UE non sono risultate drastiche, in particolare evitando l’azione più temuta, ossia escludere la Russia dalla rete bancaria internazionale SWIFT. Inoltre sono state concesse esenzioni per le esportazioni di energia.

Mercati globali tirano sospiro di sollievo, petrolio e gas in ritirata. Enel e Stellantis guidano risalita del Ftse Mib

Mercati azionari in forte recupero, Piazza Affari compresa. Dopo la difficile giornata di ieri, il Ftse Mib ha recuperato terreno andando a chiudere a 25.773 punti con un rialzo del 3,59%. A ridare fiato ai mercati contribuisce oggi la notizia che il Cremlino sarebbe pronto a inviare una delegazione a Minsk per i negoziati con l’Ucraina. Inoltre sui mercati si guarda alla possibilità che le banche centrali rivedevano i loro piani di politica monetaria alla luce della guerra Russia-Ucraina procedendo con maggiore cautela nel percorso di rialzo dei tassi. Prospettiva che in Europa ha fatto bene oggi in primis alle utility, settore rimasto indietro negli ultimi mesi proprio sulla prospettiva di banche centrali più restrittive.

In generale oggi i mercati hanno tirato un sospiro di sollievo grazie anche al fatto che le sanzioni annunciate da Usa e UE non sono risultate drastiche, in particolare evitando l’azione più temuta, ossia escludere la Russia dalla rete bancaria internazionale SWIFT. Inoltre sono state concesse esenzioni per le esportazioni di energia con conseguente sgonfiamento dei prezzi di petrolio e gas.

Sollievo bollette, oggi prezzo gas in picchiata -30%, sanzioni US risparmiano il settore energetico russo

Si sgonfiano oggi i prezzi del gas in Europa. Sul mercato gas olandese, il contratto TTF con scadenza aprile scende del 29% a 94 euro per megawattora (MWh) dopo essere salito ieri a un massimo intraday di circa 140 euro/MWh. Il calo è arrivato quando i flussi di gas russi verso l’Europa sono aumentati nella giornata di oggi dopo che le utility europee hanno ordinato più combustibile fossile.

A far respirare i prezzi del gas sono le sanzioni annunciate da Usa e UE verso la Russia e che prevedono esenzioni per le esportazioni di energia. La Russia quindi non avrà i suoi flussi di petrolio e gas specificamente presi di mira da sanzioni.

Il timore sui mercati è che Mosca metta in atto delle ritorsioni per le sanzioni Occidentali e riduca i flussi di gas verso l’Europa.

Russia-Ucraina, Invesco: bisogna puntare sulla ripresa post-bellica

Nel breve termine i conflitti portano ribassi, ma se si utilizza un’ottica di medio-lungo termine si possono scovare opportunità di investimento anche nei periodi di guerra, come dimostra la storia

 di Annalisa Lospinuso  25 Febbraio 2022 – 6:55
 
L’invasione russa dell’Ucraina ha scosso l’opinione pubblica mondiale, oltre ad aver acuito i timori sui mercati finanziari. È un conflitto che ha delle ragioni locali ma non è locale, come lo definisce Luca TobagiInvestment Strategist di Invesco.

 

 

I PAESI COINVOLTI

“Da subito coinvolge i Paesi dell’Europa Occidentale e dell’Alleanza Atlantica – continua Tobagi – perché la possibilità che l’Ucraina entrasse nella Nato è stata una delle ragioni che ha indotto Mosca ad assumere un atteggiamento sempre più duro in questa escalation di tensioni che poi è culminata nella invasione militare”.

LE RAGIONI DEL CONFLITTO

Le ragioni che hanno portato, poi, all’invasione della Russia sono molteplici e hanno origini lontane. “Guardando a Oriente – continua l’Investment Strategist di Invesco – abbiamo la Cina che in questo momento è una spettatrice interessata che ha delle questione delicate da gestire nella propria orbita di influenza, come ad esempio quella di Taiwan: è interessata a vedere cosa succederà nella gestione anche della Nato di questa vicenda tra Russia e Ucraina per capire come muoversi proprio nei confronti di Taiwan nel futuro. Non solo, ricordiamo anche che la Cina negli ultimi anni si è sistematicamente schierata al fianco della Russia, quasi ogni volta in cui c’è stato una divergenza di opinioni, un conflitto tra il blocco Occidentale e la Russia. Senza volere minimizzare la gravità intrinseca della vicenda, analizziamo lo scenario finanziario”.

L’ESCALATION DI TENSIONE

La situazione era già incerta: all’inizio del 2022, le tensioni geopolitiche erano uno dei fattori di incertezza che si sono intensificati con l’aumento delle ostilità. “Quindi oggi non ci sorprende – dice Tobagi – vedere la violenta correzione che i mercati azionari stanno evidenziando. Effettivamente questa è una situazione da tenere d’occhio perché più di altre situazioni, Russia e Ucraina sono un diretto crocevia, uno snodo importante per la produzione e la distribuzione di materie prime energetiche e non solo per i Paesi dell’Occidente“.

GLI EFFETTI SUI MERCATI

Le ripercussioni finanziarie sono sia sul lato dell’offerta sia su quello della domanda. “È possibile che i mercati stiano anche prezzando un po’ di shock economico – spiega Tobagi di Invesco – che può arrivare dal fatto che le forniture di energia e materie prime potrebbero diventare ridotte e i prezzi di energia e materie prime potrebbero aumentare ulteriormente oltre quanto è accaduto nell’ultimo anno e mezzo. Per i mercati finanziari, i rischi nel breve sono elevati e non è detto che si esauriscano nello spazio di pochi giorni o settimane perché purtroppo c’è un’estrema incertezza per cui la valutazione dei rischi prevale sulla valutazione delle opportunità a livello percettivo ed analitico”.

ORIZZONTE DI MEDIO-LUNGO TERMINE

Bisogna, però, ricordare che per gli investimenti è importante l’orizzonte temporale che dovrebbe essere di medio-lungo periodo. “Nel medio-lungo termine lo scoppio delle ostilità è stato storicamente un’opportunità di acquisto – spiega Tobagi – se prendiamo come esempio S&P 500, il mercato azionario americano, vediamo che dopo l’attacco di Pearl Harbour e l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, la forte correzione nel mercato azionario fu un’opportunità di acquisto nel medio-lungo periodo. Lo stesso si può dire per la crisi dei missili cubani che per fortuna non divenne un conflitto armato ma fu comunque una situazione di grandissima incertezza politica con una minaccia di escalation militare, così come l’inizio della Prima Guerra del Golfo nel 1990 e della Seconda nel 2003. Questo non vuol dire dobbiamo chiudere gli occhi e comprare ma semplicemente vuole essere un invito a non vedere tutto nero perché è legittimo e logico che, in questa fase, la valutazione dei rischi prevalga su quella delle opportunità. Inoltre, il conflitto armato si spera si risolva in un orizzonte temporale di breve-medio termine e spesso alla fine di un orizzonte temporale breve o medio sono anche note le conseguenze economiche derivanti da questa situazione di conflitto. Da lì poi si può ripartire con un nuovo ciclo di crescita, di ripresa, di istituzione della fiducia, del commercio, delle relazioni internazionali, tutte cose che i mercati finanziari tendono ad apprezzare”.

OPPORTUNITÀ POST-BELLICHE

Lo scoppio delle guerre, al netto delle conseguenze sociali, non è sempre un male per i mercati. “Lo scoppio delle guerre è spesso stata un’opportunità di acquisto in un’ottica di lungo periodo per investitori – conclude Luca Tobagi, Investment Strategist di Invesco – che avessero un tale orizzonte temporale e una tolleranza del rischio elevata. Nel breve è assolutamente probabile che la volatilità e la percezione dei rischi prevalga e ci possa essere ancora una fase ribassista sui mercati o comunque di grande volatilità. Vogliamo però suggerire di analizzare queste situazioni con disciplina e con un orizzonte temporale più esteso. Nella costruzione di portafogli diversificati e di strategie di investimento articolate non rischiare di commettere l’errore di trascurare un’opportunità nel lungo periodo perché prevale la percezione dei rischi di breve periodo”.

Von der Leyen: “Congeleremo asset russi in Europa”. La Borsa di Mosca precipita (-45%)

La Borsa di Mosca sospende le contrattazioni dopo i ribassi più pesanti della sua storia. Il petrolio supera per la prima volta dal 2014 la soglia dei 100 dollari al barile. L’Ue annuncia pesanti sanzioni contro Putin

 di Fabrizio Arnhold  24 Febbraio 2022 – 7:11
 
Se sulle Borse occidentali scatta la paura con pesanti ribassi su tutti i listini, il mercato russo crolla. A Milano il Ftse Mib segna -4,17%, il Dax di Francoforte a -4,43%, il Cac 40 di Parigi -4,23%, l’Ibex 35 di Madrid -3,90% e il Ftse 100 di Londra -3,02%. La Borsa di Mosca sprofonda e arriva a cedere fino al 50%.

 

 

“CONGELEREMO GLI ASSET RUSSI IN UE E ACCESSO BANCHE”

La Commissione europea proporrà in giornata nuove sanzioni contro la Russia, dopo l’attacco all’Ucraina. “Cercheremo di bloccare i vari settori dell’economia russa, dalla tecnologia alla strategia di mercato; cercheremo di bloccare la capacità di ammodernamento della Russia e congeleremo i vari asset della Russia nell’Unione europea e chiuderemo l’accesso alle banche europee e ai mercati finanziari da parte della Russia”, ha commentato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

“A RISCHIO IL FUTURO DELLA POPOLAZIONE RUSSA”

“Noi – ha proseguito von der Leyen – siamo vicini ai nostri partner Stati Uniti, Canada, Giappone e Australia per le sanzioni che devono dare un colpo alle capacità della Russia di finanziare la guerra. Noi sappiamo che milioni di russi non vogliono la guerra e il presidente russo cerca di rimettere l’orologio indietro all’impero russo ma così facendo sta mettendo a rischio il futuro della popolazione russa. Smetta immediatamente questa violenza sul territorio ucraino – prosegue von der Leyen – non lasceremo che faccia crollare decenni di pace e non permetteremo a Putin di sostituire lo stato di diritto; siamo risoluti a difendere la nostra pace”.

BORSA DI MOSCA A PICCO

Ribasso record per la Borsa di Mosca, con il Moex Russia Index denominato in rubli, che perde il 45,22% a 1.689 punti, il calo peggiore della sua storia. Ancora più giù l’indice Rts, denominato in dollari, che arriva a cedere il 50% a 614 punti. Le contrattazioni sono state sospese, per poi riprendere con forti ribassi. La Banca centrale russa sta effettuando “interventi sul mercato dei cambi per stabilizzare la situazione”, dopo il crollo del rublo.

RUBLO AI MINIMI, BORSE IN ROSSO

Il rublo è al minimo storico sul dollaro di 86,81 con un calo di oltre il 6% dopo l’annuncio dell’invasione. I mercati asiatici sono in forte ribasso. Il petrolio supera i 100 dollari al barile per la prima volta dal 2014. A Tokyo l’indice Nikkei ha chiuso dell’1,80%, a Hong Kong l’Hang Seng ha perso oltre il 3%, mentre i future sugli indici americani segnano cali tra l’1,5% e il 2%. In discesa anche il Bitcoin che perde l’8% a 34.778 dollari.

CORSA AI BENI RIFUGIO, GIÙ LE BANCHE

Azionario sotto pressione e corsa verso i beni rifugio dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Le vendite sull’azionario hanno colpito anche Wall Street, con l’indice S&P 500 entrato in fase di correzione, per la prima volta dal 2020, in calo di oltre il 10% dai massimi di inizio anno. Gli investitori comprano i beni rifugio e torna a salire il dollaro. Lo spread sale in apertura ma senza movimenti drammatici, a 175 punti base. Dopo le difficoltà a fare prezzo, le banche entrano negli scambi a Piazza Affari: UniCredit (-9%) e Isp (-7%). Non solo petrolio, sotto la spinta dell’attacco della Russia all’Ucraina i prezzi del grano sono balzati del 5,7% in un solo giorno raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9,34 dollari a bushel.

L’ATTACCO MILITARE

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato in diretta tv l’autorizzazione a operazioni militari del Donbass e ha lanciato appello ai soldati ucraini di deporre le armi. Gli attacchi militari contemporanei stanno avvenendo in diverse città come Kharvik, Odessa ma anche nella capitale Kiev. Il presidente Usa, Joe Biden, ha condannato l’attacco. Mario Draghi: “Da Putin atto ingiustificato e ingiustificabile”. L’Ucraina ha chiesto ufficialmente alla Turchia di impedire alle navi da guerra russe di entrare nel Mar Nero. Per ora nessuna risposta da Istanbul: lira turca, intanto, cede oltre il 2,7% contro dollaro mentre la Borsa di Istanbul cede il 7,5%.

DRAGHI: “ATTACCO INGIUSTIFICABILE, RISPOSTA IMMEDIATA CON LA NATO”

“Il governo italiano condanna l’attacco della Russia all’Ucraina. È Ingiustificato e ingiustificabile. L’Italia è vicina al popolo e alle istituzioni ucraine in questo momento drammatico. Siamo al lavoro con gli alleati europei e della Nato per rispondere immediatamente, con unità e determinazione”. Così il presidente del Consiglio Mario Draghi.

FED2

FKBoOlYWQAYVI3H

Annotazione 2022-02-22 132630

Wall Street in preda a crisi Ucraina. Zelensky: ‘vogliamo aderire a Ue e Nato, risposta a crimine Russia sia dura e immediata

Wall Street in ripresa dopo che i venti di guerra rinfocolati dalle dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin e dalle sanzioni contro la Russia annunciate da Joe Biden hanno provocato perdite tali da far scivolare l’indice S&P 500 in fase di correzione. Ieri l’annuncio delle sanzioni americane contro la Russia di Putin si è tradotto sui mercati in un’accelerazione dei sell off.

Wall Street ha chiuso la seduta in forte ribasso.

Il Dow Jones ha perso 483 punti (-1,42%), soffrendo la quarta sessione consecutiva di ribassi. Nei minimi intraday, il DJ è capitolato fin oltre 700 punti. Lo S&P 500 ha ceduto l’1,01%, chiudendo a un valore inferiore del 10,25% rispetto alla sua chiusura record del 3 gennaio scorso: l’indice è dunque tecnicamente in fase di correzione. Il Nasdaq Composite è arretrato dell’1,23%, in calo per la quarta sessione consecutiva.

Oggi alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones, il Nasdaq e lo S&P 500 incassano guadagni compresi tra lo 0,30% e lo 0,43%, continuando a confermare la presenza di una certa cautela.

A frenare i buy sono le ultime novità arrivate dall’Ucraina, con il presidente Volodymyr Zelenskyy che ha definito le ultime manovre di Mosca “un atto di aggressione contro l’Ucraina, la sua sovranità e la sua integrità”, invocando “una risposta della comunità internazionale a questo crimine decisa, dura e immediata”. Zrelensky ha anche ribadito il desiderio di Kiev di aderire all’Ue e alla Nato.

Dal canto suo il ministero degli Esteri russo ha diramato un comunicato sulla sua pagina ufficiale di Facebook, bollando le sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro la Russia “inefficaci e controproducenti per gli interessi propri dell’America”.

“La Russia ha dimostrato la propria capacità di minimizzare le perdite che derivano da queste sanzioni. Ancora, le pressioni provenienti dalle sanzioni non incideranno sulla nostra determinazione a difendere i nostri interessi”, si legge nella nota.

Ieri il presidente americano Joe Biden ha annunciato il primo pacchetto di sanzioni contro la Russia, dopo che l’omologo russo Vladimir Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass dell’Ucraina. Putin ha ordinato anche l’invio di forze russe nell’area.

In un discorso proferito nella serata di ieri, Biden ha annunciato la decisione di imporre sanzioni contro alcune istituzioni finanziarie russe, il debito sovrano di Mosca e alcuni rappresentanti dell’elite russa,inclusi i membri delle loro famiglie.

Il motivo ufficiale delle sanzioni lo ha puntualizzato lo stesso presidente:

“Questo è l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Di conseguenza, inizierò come risposta a imporre sanzioni”. Ancora Biden: “Chi, in nome di Dio, pensa di dare a Putin il diritto di dichiarare ‘nuovi Paesi’ quelli presenti nei territori che appartengono ai suoi vicini? Questa è una violazione in flagrante del diritto internazionale, che richiede una risposta decisa da parte della comunità internazionale”.

Focus in particolare sulle due banche russe colpite, VEB e PSB, quest’ultima banca militare della Russia, e sui bond russi, diventati debito praticamente paria.

Sia Biden che l’Europa hanno deciso di fatto di imporre il divieto di accesso dei bond russi ai mercati Usa ed europei.

Il presidente americano ha annunciato che, per l’appunto, “stiamo mettendo in atto ampie sanzioni sul debito sovrano russo. Ciò significa che stiamo tagliando fuori il governo russo dai finanziamenti occidentali”. E questo significa che “(Mosca) non potrà più raccogliere finanziamenti dall’Occidente e non potrà scambiare il suo nuovo debito sui nostri mercati, e neanche sui mercati europei”.

Nelle ultime ore, Putin ha rimarcato che “gli interessi della Russia non sono negoziabili”.

Si attende l’arrivo delle sanzioni europee contro la Russia nella tarda giornata di oggi.

Il Guardian riporta che, se approvate, le sanzioni dell’Unione europea si tradurranno nel congelamento degli asset e nel divieto di viaggiare che interesserà 23 persone. Colpite anche tre banche. Bruxelles è pronta a sanzionare anche i 351 membri della Duma che hanno votato a favore del riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche di Donetsk e Lugansk.

Amundi: l’escalation in Ucraina aumenta il rischio per i portafogli, ecco cosa fare

Gli esperti di Amundi non vedono il rischio di una recessione in Europa, ma aumenta quello di stagflazione in un quadro che rende più difficile il compito della Bce. Preferenza per l’azionario value

 di Virgilio Chelli  23 Febbraio 2022 – 13:35
 
Il panorama degli investimenti è diventato più rischioso con l’escalation di tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina e l’ingresso di forze militari russe nella regione del Donbass, che si aggiunge all’incertezza legata alle azioni delle banche centrali per combattere le pressioni inflazionistiche. La volatilità è aumentata sia nel mercato obbligazionario che sull’azionario, che però nel complesso rimangono piuttosto resilienti in presenza di dati economici ancora positivi.

 

 

PREFERENZA PER LE AZIONI VALUE

È l’analisi proposta da Amundi e firmata da Vincent Mortier, Group Chief Investment Officer, Matteo Germano, Deputy Group Chief Investment Officer, e Monica Defend, Head of Amundi Institute, che consigliano comunque un approccio prudente sulle attività rischiose, mantenendo una preferenza per l’azionario, in particolare il segmento Value, rispetto al credito. Consigliabile anche una maggiore attenzione al rischio di liquidità, diventato cruciale in questo frangente a causa della fine dell’era della politica monetaria estremamente espansiva.

POSSIBILI PESANTI EFFETTI SU BANCHE E FINANZA

I prezzi dell’energia si sono impennati per il rischio di difficoltà nell’approvvigionamento, con il petrolio che ha quasi raggiunto i 100 dollari al barile, dagli USA all’Europa vengono annunciate sanzioni contro la Russia, mentre la Germania ha sospende il North Stream 2. Secondo Amundi, le sanzioni potrebbero inasprirsi in caso di ulteriore escalation militare e potrebbero avere effetti dirompenti, in particolare sulle banche e sul regolamento delle operazioni finanziarie. Per questo su questo fronte, un terreno comune va ancora trovato in Europa.

PER LA BCE LA SITUAZIONE SI COMPLICA

Gli esperti di Amundi sottolineano che l’Europa è chiaramente più vulnerabile in questo scontro geopolitico, ma non vedono il rischio di una recessione, anche se le pressioni inflazionistiche automaticamente si intensificheranno con l’aumento dei prezzi delle materie prime, facendo crescere il rischio di stagflazione e complicando le azioni della BCE. La necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico e guadagnare autonomia in settori strategici è diventata cruciale e urgente nell’agenda politica europea, così come la necessità di aumentare la spesa militare comune per la difesa.

RIDURRE IL RISCHIO DI CREDITO

Questo contesto, rilevano gli esperti di Amundi in conclusione, richiede una maggiore cautela per quanto riguarda l’asset allocation e la costruzione dei portafogli attraverso una riduzione del rischio di credito in generale, una maggiore protezione delle attività rischiose e un riaggiustamento tattico della duration, che può svolgere un ruolo di protezione nei portafogli a reddito fisso.

Con crisi Ucraina pericolo shock energetico, BlackRock avverte banche centrali: sotterrate ascia guerra contro l’inflazione

La minaccia di un’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin sta alimentando sempre più il rischio che l’inflazione, invece di rallentare, aumenti, rendendo però anche sempre più probabile che le banche centrali sotterrino alla fine l’ascia di guerra contro l’impennata dei prezzi. E’ quanto ritiene BlackRock.

Il colosso del risparmio gestito Usa numero uno al mondo ha reiterato la sua view secondo cui le banche centrali potrebbero essere costrette a convivere con l’inflazione, senza affrettarsi ad alzare i tassi.

Strette monetarie aggressive lanciate per combattere una inflazione scatenata non dal boom della domanda, ma dai problemi dell’offerta, “non farebbero infatti altro che sabotare un’attività economica che non si è ancora del tutto ripresa“, ha scritto il team di Jean Boivin di BlackRock Investment Institute.

Una lotta inutile, dunque, quella della Fed, Bank of England, Bce & Co, contro l’inflazione galoppante.

Crisi Ucraina: rischio boom petrolio +40% e inflazione Usa oltre 10%

Il commento arriva in un contesto di escalation delle tensioni geopolitiche e sulla scia della consapevolezza che, almeno per quanto riguarda l’energia, almeno nei confronti dell’Europa fin troppo dipendente dal suo gas, Putin ha il coltello dalla parte del manico.  E’ per questo che il petrolio ha fatto un ennesimo passo in avanti nella sessione della vigilia,  con il Brent volato fino a un passo da quota $100.

In generale, i prezzi del petrolio sono balzati di oltre il 20% dall’inizio del 2022, schizzando di oltre l’80% dall’inizio del 2021.

E ora negli States si inizia a parlare di un’inflazione che, dopo il balzo del 7,5% dell’indice dei prezzi al consumo nel mese di gennaio, potrebbe schizzare ulteriormente del 10%. Un balzo annuale di una tale portata rappresenterebbe il record dall’ottobre del 1981 e sarebbe anche una sorpresa per i “trader più sofisticati” che prevedono che l’inflazione balzerà all’8% nel mese di marzo, per poi rallentare il passo e segnare ‘soltanto’ un+4% entro il gennaio del 2023.

Il balzo delle pressioni inflazionistiche non sarebbe indice di surriscaldamento dell’economia, ripete anche il capo economista di RSM Joseph Brusuelas. In un’intervista al Wall Street Journal, Brusuela sottolinea che uno shock energetico ridurrebbe la crescita del PIl Usa dell’1% nel corso del prossimo anno, aumentando l’inflazione di 2,8 punti percentuali nel corso dei prossimi tre-sei mesi prima di una eventuale stabilizzazione delle tensioni in corso tra la Russia e l’Ucraina.

“C’è chiaramente una certa incertezza su come i mercati mondiali dell’energia reagirebbero a una invasione dell’Ucraina da parte della Russia – ha continuato l’economista della società di consulenza RSM – Una guerra su vasta scala in Europa potrebbe portare i prezzi del Brent a $110 al barile”, in crescita del 14% circa rispetto ai livelli di ieri.

Ma in uno scenario alternativo l’esperto teme che i prezzi del petrolio possano schizzare anche del 40%, fattore che porterebbe l’indice dei prezzi al consumo Usa a superare il ritmo annuale di crescita a oltre +10%.

Dipende dalla gravità delle sanzioni e da cosa accadrà sul terreno. Ci sono variabili di tutti i tipi che non possono essere quantificate o predeterminate – ha detto Brusuelas – Quel che è più certo è che “l’inflazione non tornerà al target (della Fed, pari al 2%) l’anno prossimo o nel corso dei prossimi due anni, che dunque le famiglie dovranno convivere con una inflazione più alta di quella sperimentata nel corso degli ultimi 40 anni, e che sui mercati finanziari ci sarà volatilità”.

Crisi Ucraina e caro-bolletta. Dipendenza Italia da gas Russia, Cingolani: riunito comitato emergenza

Con la crisi in Ucraina che è precipitata negli ultimi giorni “la situazione è di monitoraggio costante in coordinamento con le istituzioni europee”, mentre “a livello nazionale si è già riunito diverse volte il comitato di emergenza gas”. E’ quanto ha detto Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, nell’informativa alla Camera dedicata all’aumento dei costi dell’energia sulla scia delle tensioni tra la Russia e l’Occidente e alle misure necessarie per evitare nuove batoste per le famiglie e le imprese italiane, alle prese già con il problema del caro-bolletta prima che tornassero a soffiare di nuovo i venti di guerra.

“In coordinamento con le strutture dell’Ue – ha precisato il ministro Cingolani – analizziamo la situazione e i possibili scenari per gestire evoluzioni negative sui volumi e sui prezzi delle importazioni di gas naturale dalla Russia, che oggi esporta circa il 45% in Italia”.

Del resto la situazione dei prezzi dell’energia è stata “aggravata dalla rapida evoluzione geopolitica e questo ha accelerato la necessità di ulteriori interventi strutturali”.

Cingolani ha detto di ritenere che il prezzo del gas rimarrà “abbastanza alto”.

“Ricordiamo che oggi l’Italia importa intorno al 45% dei volumi gas dalla Russia”, ha rimarcato.

“Il Comitato di Emergenza Gas – ha aggiunto il ministro – si sta riunendo regolarmente per monitorare e analizzare dati operativi e scenari. Le possibili misure del Piano di Emergenza includono: misure di flessibilità sui consumi di gas (interrompibilità nel settore industriale) e sui consumi di gas del settore termoelettrico (dove pure esistono misure di riduzione del carico in modo controllato); misure di contenimento dei consumi negli altri settori. Aumento del Gnl (Gas Naturale Liquefatto) importato da altre rotte (Gnl americano), tenendo conto però nell’immediato dei reali spazi che possono essere resi disponibili dai rigassificatori in esercizio; misure per il completo utilizzo della capacità di trasporto contrattualizzata e la massimizzazione di flussi da gasdotti non a pieno carico (Tap da Azerbaijan, TransMed da Algeria e Tunisia, GreenStream da Libia) compatibilmente alle quantità di prodotto disponibile”.

Sul trend dei prezzi del gas, “è difficile fare una previsione in questo momento, ma difficilmente potrà tornare ai valori di un anno fa”.

Ucraina: dopo mossa Putin, debito Mosca ormai debito paria. Biden e l’Europa lo mettono al bando

Il debito sovrano della Russia di Vladimir Putin diventa debito paria, con Joe Biden, ma anche i mercati europei, che lo mettono al bando.

La strada sbarrata ai bond russi emessi da Mosca fa parte delle sanzioni che il presidente americano Biden ha sferrato contro la Russia, dopo che Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass dell’Ucraina. Putin ha ordinato anche l’invio di forze russe nell’area.

Potrebbe essere solo l’inizio delle sanzioni.

In un discorso proferito nella serata italiana di ieri, Biden ha annunciato la decisione di imporre sanzioni contro alcune istituzioni finanziarie russe, le due banche VEB e PSB, quest’ultima banca militare della Russia, e contro alcuni esponenti dell’elite russa, inclusi i membri delle loro famiglie.

Il motivo ufficiale delle sanzioni lo ha puntualizzato lo stesso presidente: “Questo è l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Di conseguenza, inizierò come risposta a imporre sanzioni”. Ancora Biden: “Chi, “in nome di Dio, pensa di dare a Putin il diritto di dichiarare ‘nuovi Paesi’ quelli presenti nei territori che appartengono ai suoi vicini? Questa è una violazione in flagrante del diritto internazionale, che richiede una risposta decisa da parte della comunità internazionale”.

Le sanzioni imposte sono solo un assaggio, come ha confermato alla CNN un funzionario della Casa Bianca: “E’ solo la lama affilata del male che possiamo infliggere”.

La decisione di Biden di mettere al bando i titoli del debito pubblico russo ha messo subito sull’attenti il mondo degli investitori.

In cosa consiste, esattamente, il divieto di accesso dei bond russi ai mercati Usa e anche made in Europe?

Il presidente americano  ha annunciato che, per l’appunto, “stiamo mettendo in atto ampie sanzioni sul debito sovrano russo. Ciò significa che stiamo tagliando fuori il governo russo dai finanziamenti occidentali“. E questo significa che “(Mosca) non potrà più raccogliere finanziamenti dall’Occidente e non potrà scambiare il suo nuovo debito sui nostri mercati, e neanche sui mercati europei”.

Debito Mosca paria, le implicazioni per la Russia e gli investitori

Le conseguenze sono spiegate in un articolo di Bloomberg, che sottolinea come il bando impedirà agli investitori di acquistare ogni nuovo singolo titolo di stato russo che venga emesso dopo il 1° marzo dal governo di Mosca.

Ma vale la pena di ricordare che gli investitori fanno già fronte ad alcune restrizioni nell’acquisto di bond russi sul mercato primario.

Per ora, le punizioni inferte alle casse del Cremlino si fermano qui: tuttavia, le sanzioni potrebbero avere effetti contagio sul debito già esistente e rappresentare un rischio per le potenziali future operazioni di rifinanziamento del debito da parte della Russia.

L’obiettivo primario dell’Occidente rimane colpire il mercato primario del debito russo. “Il messaggio degli Stati Uniti è chiaro, non vogliamo che deteniate asset russi – ha affermato Tim Ash, strategist senior della divisione dei debiti sovrani dei paesi emergenti presso BlueBay Asset Management – Uscite ora dalla carta russa è il messaggio lampante”.

Vale la pena ricordare che agli investitori americani è stato vietato l’acquisto di nuovo debito russo denominato in dollari già dal 2014, quando la Russia sfidò l’Occidente con l’annessione della Crimea.

Ed è dal 2019 che alle banche Usa è stato impedito di partecipare al mercato primario nel caso di emissioni di bond sovrani russi denominati in valuta diversa dal rublo. Nel 2021, Biden ha poi sancito il divieto di accesso al mercato primario per le istituzioni finanziarie Usa, anche nei casi di emissione di titoli di debito russi denominati in rubli.

Insomma, è da un po’ di tempo che il debito russo è un debito paria. E ora, con le sanzioni appena annunciate da Biden, ha fatto notare Ash, assistiamo ora a misure che, considerate nel complesso, “colpiscono sia il debito emesso in dollari e in rubli nel mercato primario che quello scambiato nel mercato secondario”.

Dall’escalation della crisi Ucraina, i bond sovrani russi hanno già pagato uno scotto importante, come emerge dal trend dei credit default swap – cds, contratti per assicurarsi contro il rischio di default – che sono volati a 342 punti base, rispetto al valore appena superiore a 100 pb della metà di dicembre. E ovviamente le vendite non hanno preso di mira soltanto il debito pubblico.

Alcuni ETF tra i più conosciuti che acquistano azioni di società russe hanno segnato forti ribassi, come per esempio il VanEck Russia ETF che, nella sessione di ieri, ha riportato la perdita più sostenuta dallo shock dei mercati del marzo 2020, provocato dall’esplosione della pandemia Covid-19.

Il rublo, inoltre, ha perso più del 5% dall’inizio dell’anno, confermandosi la peggiore valuta al mondo.

Tornando allo schiaffo sferrato dall’Europa e dagli Usa al debito pubblico russo, la conseguenza numero uno è che la Russia, per un po’ di tempo, non potrà chiedere finanziamenti all’Occidente.

Un dramma finanziario?

Non proprio: intervistato da Bloomberg Guido Chamorro, co-responsabile della divisione dei debiti dei mercati emergenti presso Pictet Asset Management, ha sottolineato che il paese è ben posizionato, il che significa che potrà andare avanti per un po’ senza appoggiarsi ai finanziamenti esteri: i bassi livelli dei debiti verso i paesi esteri, i surplus doppi e la quantità elevata di riserve significano che la nazione è relativamente auto-sufficiente“, ha detto Chamorro.

Certo la tensione sui mercati è palpabile, se si guarda al balzo dei rendimenti dei titoli di stato russi con scadenza a 10 anni, che sono volati fino a quasi l’11%, al record in sei anni. E prima dell’annuncio delle sanzioni, Jahangir Aziz, analista di JP Morgan, scriveva in una nota che “il divieto di accesso al trading sul mercato secondario di nuovi OFZ e di nuovi eurobond sovrani, specialmente se esteso a investitori non Usa, “potrebbe avere un impatto significativo sui rendimenti”.

Debito e geopolitica: il favore di Putin a Cuba

Intanto, a conferma di come Putin si stia muovendo per blindarsi dall’Occidente e dalla Nato, Mosca ha fatto una importante mossa per rafforzare i suoi rapporti con Cuba: nella giornata di ieri, riporta Reuters, il Cremlino ha deciso infatti di posticipare fino al 2027 alcuni pagamenti sui debiti dovuti dall’Havana.

Dal comunicato diffuso dalla Duma, emerge che la Russia aveva erogato prestiti a Cuba per un valore di $2,3 miliardi, e che le controparti hanno ratificato una serie di accordi per ristrutturare il debito cubano.

La manifestazione di generosità è arrivata dopo che l’Havana ha espresso il proprio sostegno a Mosca, denunciando “le sanzioni unilaterali e ingiuste che sono state imposte dall’Occidente“, in occasione di una visita nel paese del vice primo ministro russo Yuri Borisov.

Nel commentare le sanzioni, intervistata anche lei da Bloomberg, Cathy Hepworth, responsabile della divisione dei debiti dei mercati emergenti presso PGIM Fixed Income – che gestisce titoli di stato dei mercati emergenti per un valore di $72 miliardi – si è così espressa:

Le sanzioni, ha detto, “rendono molto più difficile per la Russia emettere debito estero, ma in realtà questo bisogno non esiste”. Certo, “se le sanzioni dovessero essere rafforzate (colpendo per esempio più banche), potrebbe diventare un po’ più complicato per le banche locali avere una tale capacità nell’emissione di debito locale”.

Dai dati del Tesoro Usa emerge che i residenti americani detenevano a dicembre $14 miliardi circa di titoli di stato a lungo termine emessi da emittenti russi, una somma lievemente superiore alla quantità di bond emessi dalla Turchia, ma meno della metà delle partecipazioni nel debito della Norvegia.

I titoli di stato russi – con i mercati che avevano già chiuso mentre Biden annunciava le sanzioni – hanno ceduto prima del discorso del presidente Usa, scontando l’arrivo delle misure punitive.

Gli eurobond russi con scadenza nel 2028 hanno perso nella sessione di ieri 3,7 centesimi a 136 centesimi di dollaro, capitolando al valore minimo dal 2015. E stando agli indici di JP Morgan Chase, lo spread Russia-Usa, ovvero il rendimento extra che gli investitori chiedono ora per detenere titoli di stato russi piuttosto che Treasuries Usa, è salito ieri di 50 punti base a quota 330.

Alcuni mercati locali russi rimarranno chiusi oggi in occasione della Festività dei difensori della patria.

Sanzioni ‘soft’ contro la Russia, i mercati tremano e sperano ancora nelle trattative

Le sanzioni decise dall’Unione Europea contro la Russia per ora sono piuttosto morbide, anche se i mercati temono che arrivi il peggio

di , pubblicato il 
 

L’Unione Europea ha deciso di reagire in maniera equilibrata al riconoscimento delle due repubbliche indipendentiste da parte della Russia, comminando contro quest’ultima sanzioni, tutto sommato, “morbide”. Per prima cosa, blocco delle relazioni commerciali con le due repubbliche separatiste, mentre non saranno riconosciuti i passaporti russi concessi ai loro cittadini da Mosca. Inoltre, nel mirino di Bruxelles vi saranno militari, politici, banche e operatori della disinformazione in un qualche modo legati al processo di annessione di parte dell’Ucraina alla Russia. Infine, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha reso noto che il processo di collaudo del gasdotto North Stream 2 è stato sospeso.

Per tutta risposta, il vice-presidente del Consiglio di sicurezza russo e già presidente della Federazione russa, Dmitri Medvedev, ha affermato su Twitter con ironia “benvenuti nel coraggioso mondo in cui gli europei compreranno il gas a 2.000 euro per ogni 1.000 metri cubici”. La Russia rifornisce l’Europa di un terzo del gas che consuma, con percentuali che arrivano al 40% in Italia. Per questo, le sanzioni contro la Russia stanno mettendo in fibrillazione i mercati, tanto che ieri il prezzo del gas naturale “benchmark” sul mercato europeo ha toccato gli 80 euro, volando dell’8% rispetto alla chiusura del giorno precedente.

Nel frattempo, l’oro è schizzato ai massimi da maggio 2021, superando la soglia dei 1.900 dollari l’oncia. Guadagna circa il 4% quest’anno. Al contrario, giù le borse europee, sebbene ieri siano risalite nell’arco della seduta dai minimi toccati nelle prime ore di scambi. Lo stesso ha fatto l’indice Micex di Mosca, che era arrivato a perdere un quarto del suo valore di inizio anno. Il rublo, pur recuperando anch’esso dai minimi di lunedì, contro il dollaro scambiava a 79, perdendo il 5% dall’inizio dell’anno.

E il petrolio continua a viaggiare verso i massimi degli ultimi sette anni e mezzo, risalendo ieri fin sopra 96 dollari per ogni barile di Brent.

Sanzioni Russia e rischio crisi energetica

Male, ma non malissimo. Segnale che i mercati lascerebbero ancora un po’ di spazio alla diplomazia e sperano che una guerra in Ucraina si possa evitare. Ricordiamo che tra le sanzioni “devastanti” minacciate da UE e USA vi è anche l’espulsione della Russia dallo SWIFT, il sistema internazionale dei pagamenti, che nei fatti priverebbe governo, banche e imprese di Mosca dei mercati esteri. Uno scenario che non spaventa Vladimir Putin, vuoi per la solidità macro dell’economia russa, vuoi per la sua vicinanza opportunistica alla Cina.

Sta di fatto che la situazione geopolitica ed economica sia più delicata che mai nel Vecchio Continente. La Russia chiuderà i rubinetti del gas? E’ la domanda che si pongono tutti i capi di governo europei in queste ore. Non è da escludere, sebbene ai prezzi attuali il solo gas esportato verso l’Europa vale sui 150 miliardi di dollari all’anno, qualcosa come il 10% del PIL russo. A ciò si aggiungono le esportazioni di greggio, pari a circa 2,5 milioni di barili al giorno. Altri 85 miliardi di dollari ogni anno. Insomma, noi resteremmo al freddo, i russi senza soldi. Un compromesso è necessariamente possibile, pur non scontato o immediato.

Il rischio principale di questa tensione ai massimi livelli si chiama stagflazione. L’economia europea, che da mesi risente già del caro bollette, non può sostenere altre settimane di prezzi stellari per luce e gas. Le categorie produttive sono allo stremo, i consumatori pure. E i governi si trovano costretti a tamponare con soluzioni di corto respiro e danarose per i bilanci statali. Putin lo sa e forse punta a piegare il nemico per consunzione, più che per convinzione o attraverso le armi. Se la crisi non rientra entro breve, il calo delle azioni in borsa sconterà sempre più i minori profitti attesi per via di una nuova recessione economica, a quel punto, inevitabile.

L’Europa reagisce: sanzioni contro le banche russe e gasdotto Nord Stream 2 bloccato

La von der Leyen: “Decisione russa è illegale e inaccettabile” e limita il finanziamento di politiche di escalation. Dal Regno Unito prima tranche di sanzioni per cinque banche e tre oligarchi; la Germania stoppa il Nord Stream 2

 di Fabrizio Arnhold  22 Febbraio 2022 – 11:48
 
La decisione del presidente russo, Vladimir Putin, di riconoscere le repubbliche separatiste filo-russe e di inviare militari in Ucraina sta facendo salire la tensione, con l’ipotesi di un conflitto in Ucraina che sembra sempre più vicina. Il Regno Unito ha imposto sanzioni economiche mirate contro cinque banche russe e tre oligarchi, l’Europa propone di vietare l’accesso a Mosca ai mercati dei capitali Ue e la Germania blocca il gasdotto Nord Stream 2.

 

 

LE SANZIONI UE

La proposta di sanzioni concordata dalla Ue che ci si attende sarà approvata dai ministri degli Esteri nel pomeriggio e comprende misure che mettono sotto tiro “la capacità” dello Stato russo e del governo di accedere ai mercati Ue dei capitali e finanziari, dei servizi per limitare il finanziamento di politiche di escalation. È quanto fanno sapere, in una dichiarazione comune, la presidente della Commissione europea von der Leyen e il presidente del Consiglio Ue Michel.

“DECISIONE INACETTABILE”

L’Ue precisa che “la decisione della federazione Russa di riconoscere come entità indipendenti e inviare truppe russe in alcune aree degli oblast di Donetsk e Luhansk in Ucraina è illegale e inaccettabile. Viola il diritto internazionale, l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina, gli impegni internazionali della Russia e aggrava ulteriormente la crisi”.

LE SANZIONI INGLESI

Il Regno Unito ha annunciato la prima ondata di sanzioni alla Russia in risposta della decisione di inviare truppe in Ucraina. Le sanzioni sono rivolte contro cinque banche russe e tre oligarchi, personalità con un patrimonio molto elevato, vicini al presidente russo. Si tratta Guennady TimtchenkoBoris Rotenberg e Igor Rotenberg. “Questa è la prima tranche, la prima raffica di ciò che siamo disposti a fare”, ha detto al Parlamento il primo ministro Boris Johnson. ”Tutti i beni che detengono nel Regno Unito saranno congelati e alle persone interessate sarà vietato viaggiare qui”, ha detto Johnson a proposito delle personalità sanzionate. Le banche sanzionate sono RossiyaIS BankGeneral BankPromsvyazbank e Black Sea Bank, ha affermato Johnson.

LO STOP AL GASDOTTO NORD STREAM 2

“La situazione è cambiata”. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz sospende l’autorizzazione del gasdotto Nord Stream 2 destinato a portare il gas russo in Germania e in Europa senza attraversare i Paesi baltici, Bielorussia e Ucraina. Scholz ha annunciato di aver ordinato al ministero dell’Economia di ritirare un rapporto sulla sicurezza sicurezza dell’approvvigionamento necessario per l’avanzamento del processo di certificazione del gasdotto Nord Stream 2. “Sembra tecnico, ma è il passaggio amministrativo necessario affinché nessuna certificazione del gasdotto possa avvenire in questo momento”, ha precisato Scholz ai giornalisti a Berlino. “Senza questa certificazione, il Nord Stream 2 non può entrare in funzione”.

Guerra Ucraina-Russia, Goldman Sachs presenta worst case scenario per S&P 500, borse europee, petrolio & Co

Un conflitto diretto tra la Russia e l’Ucraina, unito all’imposizione di “sanzioni punitive” farebbe capitolare lo S&P 500 del 6% rispetto alla chiusura di venerdì scorso. Perdite peggiori colpirebbero l’azionario di Europa e Giappone. E’ il worst case scenario presentato dalla divisione di ricerca di Goldman Sachs. Per la precisione, lo S&P segnerebbe un ribasso del 6,2%, l’Eurostoxx 60 scenderebbe del 9,3%, l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo lascerebbe sul terreno l’8,6%. E ancora il Nasdaq accuserebbe una perdita del 9,6% e il Rusell 2000 scivolerebbe del 10,2%. Sul mercato del forex, il rapporto euro-dollaro cederebbe il 2%. Nel worst case scenario, un calo del rublo del 10% farebbe volare i prezzi del petrolio del 13%, riducendo i rendimenti decennali dei Treasuries Usa di 27 punti base.

Il presidente russo Vladimir Putin ha spiazzato il mondo e i mercati con un lungo discorso alla nazione sulla crisi Ucraina proferito nella serata di ieri, con cui ha annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass dell’Ucraina.

Putin ha ordinato anche l’invio di forze russe nell’area con un decreto che ha formalizzato la mossa, resa necessaria, secondo il capo del Cremlino, per garantire la pace. Ma per l’Occidente si tratta solo del preludio di una vera invasione russa dell’Ucraina.

I toni bellici di entrambe le parti sembrano essersi però smorzati e sui mercati circolano indiscrezioni secondo cui le sanzioni che colpiranno Mosca saranno più lievi di quanto si tema.

Dal canto suo il Regno Unito ha annunciato di aver imposto sanzioni contro cinque banche russe e tre individui ricchi russi.

Ucraina, Putin scatena scommesse caro-petrolio e gas, l’Europa dipendente trema. E l’oro rivendica status rifugio in tempi di guerra

E’ risk off sui mercati dopo l’annuncio del presidente russo Vladimir Putin che, in un lungo discorso proferito nella serata di ieri, ha riconosciuto l’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass dell’Ucraina. “Ritengo necessario prendere una decisione che si sarebbe dovuta prendere molto tempo fa, ovvero riconoscere immediatamente l’indipendenza e la sovranità della Repubblica popolare di Donetsk e della Repubblica popolare di Lugansk“, ha detto il capo del Cremlino.

Putin ha ordinato anche l’invio di forze russe nell’area.

La carrellata di accuse lanciate all’Occidente e alla Nato da Putin, con la conseguente escalation delle tensioni geopolitiche e i timori di una guerra imminente, ha affossato subito gli asset di rischio, scatenando contestualmente il rally dei safe haven, ma ovviamente anche del petrolio, visto che la Russia è tra i principali paesi produttori al mondo di oro nero. Oro nero già volato in questi ultimi mesi in cui si è scontata la paura della scarsità, in generale, delle riforniture, a fronte di una domanda in ripresa con il reopening delle economie post lockdown da Covid. Tanto che i prezzi del petrolio sono balzati di oltre il 20% dall’inizio del 2022, schizzando di oltre l’80% dall’inizio del 2021.

Alle paure legate al Global Energy Crunch si è unita ora la paura di sanzioni contro Mosca, che porterebbero ovviamente Putin & Co a sfoderare una delle armi più potenti presenti nel loro arsenale: quella delle riforniture di gas e petrolio, da cui l’Europa è fortemente dipendente.

Non per niente i prezzi del petrolio stanno schizzando del 5% circa, con il contratto WTI scambiato a New York che vola a $95,61 e il Brent che balza fino a oltre $99, al valore più alto dal settembre del 2014. Ci siamo: quota $100 è a un passo, se non qui.

Fosche le previsioni di Andy Lipow, direttore generale di Lipow Oil Associates:

“Nel caso in cui le forniture di petrolio russe verso l’Europa, che corrispondono a 3 milioni di barili al giorno, dovessero essere tagliate, potremmo assistere a un ulteriore balzo dei prezzi del petrolio tra i $10 e $15 al barile, che porterebbero il Brent a $110 al barile circa”, ha detto, parlando alla trasmissione della CNBC “Street Signs Asia”.

Impennata oggi anche per i prezzi del gas naturale, nonostante Putin abbia rassicurato sul fatto che continuerà a garantire le consegne della commodity al mondo, così come è emerso almeno da una lettera arrivata alla conferenza sull’energia in corso a Doha.

In particolare, i contratti britannici del gas naturale a un giorno sono saliti nelle ultime ore fino a +7% a 183 pence per therm.

Guerra Ucraina-Russia: il possibile effetto sull’economia globale

Paul Donovan, capo economista di UBS Global Wealth Management , descrive cosa sta accadendo sui mercati:

“L’economia della Russia non è significativa da un punto di vista globale (rappresentando il 3% circa dell’economia mondiale, la metà circa della California). Le principali preoccupazioni degli investitori riguardano l’energia. L’aumento dei prezzi del petrolio sta riflettendo un premio sul rischio di possibili future interruzioni dell’offerta. Se un rialzo dei prezzi del petrolio può causare un aumento temporaneo dell’inflazione, prezzi del petrolio più elevati per un periodo di tempo più lungo possono provocare perturbazioni nell’economia“.

“Le sanzioni – ha continuato Donovan  – colpiranno società o settori dei mercati azionari specifici. L’incertezza sulle sanzioni future aumenterà i rischi sul premio di questi comparti”.

In questo contesto di avversione al rischio, a fronte del tonfo dei mercati azionari – che si sta comunque riducendo con la prospettiva di sanzioni ‘light’ contro la Russia -, si mettono in evidenza i buy sui Treasuries Usa, che si confermano asset rifugio insieme all’oro, le cui quotazioni salgono al record degli ultimi nove mesi.

“Con la situazione che sembra deteriorarsi ogni giorno che passa nell’Europa dell’est, ci sono davvero poche ragioni per essere negativi sull’oro, al momento”, ha detto Jeffrey Halley, senior market analyst di OANDA, stando a quanto riportato dalla Cnbc.

D’altro canto il Bitcoin, la criptovaluta numero uno al mondo che secondo alcuni esperti stava superando l’oro sia in quanto asset in cui rifugiarsi in tempi di alte tensioni geopolitiche che come strumento di hedge per proteggersi dall’inflazione, perde il 6% a $36.910, scontando il contesto di avversione al rischio. Magra figura anche da parte delle altre criptovalute, come l’Ethereum.

LEGGI

Mercati e shock geopolitici, analisi dei drawdown passati dell’S&P 500 con scoppio guerre e la durata delle correzioni

Neil Shearing, responsabile economista di Capital Economics, ha scritto in un commento riportato dal Guardian che “le conseguenze economiche e sui mercati di una guerra tra la Russia e l’Ucraina dipenderanno dalla gravità del conflitto, e dalla risposta dell’Occidente. Ma, nella maggior parte dei casi – ha fatto notare – l’impatto economico sui paesi al di là della Russia e dell’Ucraina sarà probabilmente limitato. La conseguenza più significativa è che (la guerra) sarà un elemento che farà da assist alle pressioni inflazionistiche di quest’anno. Con il rischio di dire una cosa ovvia, l’impatto economico maggiore ricadrà sull’Ucraina. I conti del paese sono estremamente fragili, motivo per cui nei prossimi mesi potrebbe essere necessaria una qualche forma di assistenza finanziaria esterna e/o la ristrutturazione del debito“.

Shearing aggiunge che, nel caso della Russia, invece, “i conti sono più solidi rispetto al periodo della crisi in Crimea del 2014; il debito è inferiore, e i rapporti finanziari con le principali economie avanzate sono anch’essi minori”. Di conseguenza, “l’imposizione di sanzioni avrà un impatto sull’economia (russa), ma se manteniamo costanti tutti gli altri fattori, è possibile che le conseguenze siano inferiori rispetto a quelle del 2014-2015 (quando il Pil della Russia scese del 2,5% e il paese fece fronte a una crisi finanziaria)”.

Crisi Ucraina, con guerra contro Russia anche l’Europa vittima illustre

Peggio andrà ai paesi dipendenti dal petrolio: ancora una volta, l’Europa si conferma grande vittima di un potenziale conflitto:

“Nel nostro worst case scenario, prevediamo prezzi del petrolio in rialzo fino a $120-$140, così come un rialzo i prezzi del gas naturale in Europa. Se ciò accadesse, l’inflazione aumenterebbe di 2 punti base circa nelle economie avanzate, con l’Europa che sarebbe colpita in modo particolarmente duro. In tempi normali, le banche tenderebbero a ignorare un’inflazione scatenata dall’energia ma, visti i tassi elevati attuali dell’inflazione, e le relative preoccupazioni sul rischio che i tassi condizionino le stesse aspettative sull’inflazione, è possibile che tale situazione finisca con l’aggiungersi alla lista dei motivi che porteranno le banche centrali (Bce e Bank of England ma anche altre banche centrali europee) ad alzare i tassi”.

Sui mercati, “sebbene molte notizie negative siano già scontate dai mercati finanziari russi, ciò non è vero nel caso di altri listini. La maggior parte del sell off che ha colpito l’azionario globale quest’anno può essere attribuita alla svolta hawkish delle principali banche centrali del mondo. Questo suggerisce che esiste ancora un margine di ribasso significativo per i mercati azionari globali (e un margine di rialzo per gli asset safe havens, come i Treasuries Usa), nel caso di escalation del conflitto. (Il rischio guerra) potrebbe anche ribaltare il trend di quest’anno, che sta vedendo l’azionario europeo fare meglio di quello Usa”.

Putin : Ucraina creata dalla Russia comunista e bolscevica

Immediata la reazione dell’Occidente al discorso di Putin, con gli Stati Uniti e l’Unione europea che si sono detti pronti a imporre contro Mosca sanzioni per ora limitate, come riporta anche il New York Times. Oggi la Casa Bianca dovrebbe fare un’annuncio su questo tema, mentre in Europa l’UE discuterà su come procedere.

Anche Reuters conferma che si tratterebbe di sanzioni “light”, in quanto quella russa non è considerata ancora un’invasione vera e propria, visto che le truppe inviate da Mosca avrebbero il compito di “mantenere la pace” nella regione, stando a quanto ha assicurato lo stesso capo del Cremlino. Capo del Cremlino che però non ha certo risparmiato affondi e accuse varie contro l’Occidente e la Nato.

Putin ha definito l’Ucraina come un paese “creato dalla Russia”.

Per la precisione:

L’Ucraina moderna è stata creata interamente dalla Russia, più precisamente dalla Russia comunista e bolscevica. Questo processo iniziò immediatamente dopo la rivoluzione del 1917..e grazie al risultato della politica bolscevica, l’Ucraina sovietica è cresciuta, al punto che anche oggi si può dire a ragione che può essere chiamata “l’Ucraina di Vladimir Ilyich Lenin”. Un’adesione del paese alla Nato, ha avvertito Putin, “rappresenterebbe una minaccia diretta alla sicurezza della Russia”.

Forte condanna dalla comunità internazionale. In particolare la presidente della Lituania Ingrida Šimonytė si è così espressa:

Putin fa vergognare Kafka e Orwell: nessun limite all’immaginazione di un dittatore, nessun limite al peggio, nessuna menzogna più spudorata (…) Siamo stati testimoni stanotte di qualcosa che potrebbe sembrare surreale per il mondo democratico. Ma il modo in cui risponderemo definirà noi stessi agli occhi delle generazioni future”.

Sebbene il piano finale di Putin rimanga tuttora un mistero, quel che è certo è che una piena invasione di tutta l’Ucraina – ricorda l’articolo del New York Times – rappresenterebbe la più grande operazione militare in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale.

“Ora che si avvia al crepuscolo della sua carriera politica Putin, 69 anni, è determinato a indorare la sua legacy e a correggere quella che da tanto tempo considera una delle più grando catastrofi del 20esimo secolo: la disintegrazione dell’Unione sovietica”, ha scritto sul New York Times Anton Troianovski.

Immediata la riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a seguito dell’annuncio di Putin di procedere con l’invio delle truppe nella regione del Donbass.

Il sottosegretario agli affari politici delle Nazioni Unite Rosemary Dicarlo, durante il meeting, ha avvertito che “le prossime ore e i prossimi giorni saranno critici” e che “il rischio di un grande conflitto è reale e deve essere prevenuto a tutti i costi”.

L’ambasciatrice americana all’Onu Linda Thomas-Greenfield ha detto che l’annuncio di Putin rappresenta una minaccia diretta non solo per l’Ucraina, ma per ogni stato sovrano che faccia parte delle Nazioni Unite. Ancora, l’ambasciatrice ha detto: “Putin vuole tornare indietro nel tempo. Al tempo precedente la nascita delle Nazioni Unite. Al tempo in cui erano gli imperi a comandare nel mondo. Ma il resto del mondo è andato avanti. Non è il 1919. E’ il 2022″.

Crisi Ucraina, borsa Mosca crolla -10%: calo record da inizio pandemia. Rublo, scommesse bearish a record dal 2015

La Borsa di Mosca oggi ha sofferto il calo più forte dal marzo del 2020, ovvero dal mese in cui l’allarme sulla pandemia Covid è esploso in tutto il mondo, scontando le tensioni geopolitiche tra l’Occidente e la Russia di Vladimir Putin sulla crisi Ucraina.

Nelle ultime ore erano circolate indiscrezioni che avevano lasciato sperare in un incontro tra il presidente americano Joe Biden e Putin, su proposta dell’omologo francese Emmanuel Macron.

I mercati hanno virato poi in deciso ribasso dopo le precisazioni arrivate da Mosca.

Un portavoce del Cremlino ha affermato, di fatto, che non ci sono piani concreti per un vertice sull’Ucraina. Dalle immagini satellitari risulta inoltre che le forze russe si stanno avvicinando ulteriormente al confine dell’Ucraina.

La borsa direttamente interessata, ovvero quella di Mosca, ha visto l’indice benchmark MOEX Russia Index capitolare fino a -8,6%, mentre l’indice RTS denominato in dollari ha subito un tonfo del 10%, confermandosi l’indice azionario peggiore del mondo nella sessione odierna.

In rosso tutte le azioni scambiate nei listini, con le vendite che si sono abbattute in particolare su Gazprom e Sberbank, in calo di oltre l’8%.

Il rublo ha ceduto più dell’1% a 78,1375 nei confronti del dollaro Usa, dopo che si era rafforzato nelle ore precedenti fino a +1,5%. E le scommesse bearish sulla moneta russa sono scattate al record dal febbraio del 2015, stando a quanto riporta un articolo di Bloomberg.

Eduard Basurin, capo delle milizie dei separatisti filo-russi della Repubblica di Donetsk, ha detto inoltre, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Interfax, di aver bisogno di nuovi aiuti militari, finanziari e morali da Mosca. Che, dal canto suo, continua a negare di avere intenzione di invadere l’Ucraina.

Mosca smentisce piani concreti per vertice Biden-Putin

Piazza Affari arranca a metà giornata con il newsflow legato alla crisi Ucraina che continua a dettare il ritmo ai mercati. Dopo un avvio promettente sotto la spinta del possibile summit Biden-Putin, i mercati hanno virato in deciso ribasso nelle ultime ore complici le precisazioni arrivate da Mosca. Un portavoce del Cremlino ha affermato che non ci sono piani concreti per un vertice sull’Ucraina tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo americano Joe Biden. Intanto, dalle immagini satellitari emerge che le forze russe si siano ulteriormente avvicinati al confine dell’Ucraina.

L’indice Ftse Mib segna -1,67% a quota 26.064 punti. Tra le blue chip si segnalano i cali della galassia Agnelli con Stellantis a -2,5%. Giornata difficile soprattutto per Exor a -5% complice l’accordo transattivo con l’Agenzia delle Entrate in merito all’applicazione della Participation Exemption (PEX – in base alla quale il 95% delle plusvalenze è fiscalmente esente) in occasione della fusione tra la società di diritto italiano Exor e la sua controllata olandese Exor Holding N.V. per creare l’odierna Exor. Al fine di evitare un contenzioso, EXOR ha deciso di transare pagando 746 mln di euro (di cui 104 mln di interessi).

Tra le banche cali nell’ordine del 3% per Banco BPM e Bper. Male anche Unicredit (-2,46%) e Intesa (-2%).

Borsa Tokyo -0,70%. Wall Street chiusa: su crisi Ucraina spiragli di speranza su incontro Biden-Putin

L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso in ribasso dello 0,78% a 26.910,87 punti. La borsa di Shanghai perde lo 0,21%, Hong Kong fa -0,92%. Sidney eccezione positiva con +0,16%, Seoul piatta.

In primo piano sempre la crisi Ucraina: si apprende tra le ultime novità, mentre nel Donbass si continua a sparare, che il presidente russo Vladimir Putin e l’omologo americano Joe Biden hanno “accettato in linea di principio” di incontrarsi a un vertice, proposto dal presidente francese Emmanuel Macron.

La condizione, ha precisato Parigi, è che il vertice avverrà “solo se la Russia non invaderà l’Ucraina”.

I venti di guerra hanno affossato questo mese l’azionario globale, con l’indice S&P 500 che è capitolato a febbraio del 3,6%, mentre il Nasdaq Composite è crollato del 4,8%. Il petrolio WTI è balzato del 4,2%.

Dal fronte macro della Cina, reso noto il dato relativo ai prezzi delle nuove case che a gennaio, per la prima volta dal mese di settembre, sono saliti su base mensile.

Il rialzo medio dei prezzi delle abitazioni delle 70 città principali del paese è stato pari a +0,1% m/m, rispetto al -0,2% di dicembre.

La People’s Bank of China – banca centrale della Cina – ha confermato inoltre il tasso di finanziamento loan prime rate (LPR) a un anno al 3,7%. Il tasso a cinque anni è stato lasciato invariato al 4,6%.

I tassi LPR sono i tassi di riferimento sui prestiti che vengono stabiliti mensilmente da 18 banche cinesi. Oggi Wall Street rimarrà chiusa in occasione della festività nazionale del Presidents’ Day.

Annotazione 2022-02-20 185604

Wall Street: futures in ripresa post collasso vigilia. Ma con Ucraina e Bullard (Fed) il nervosismo permane

I futures sui principali indici azionari Usa rimangono saldamente positivi, con Wall Street che sembra avere tutta l’intenzione di lasciarsi il tonfo della vigilia alle spalle. Ieri il Dow Jones ha sofferto la perdita peggiore del 2022:
l’indice è collassato di oltre 600 punti, record di perdite dalla fine di novembre. Lo S&P 500 ha ceduto più del 2%, mentre il Nasdaq ha perso il 2,9%.

La crisi Ucraina tiene sotto scacco i mercati di tutto il mondo, con l’escalation delle tensioni tra la Russia di Vladimir Putin e l’Occidente delle ultime ore.

I futures sfidano però i venti di guerra, con quelli sul Dow Jones che ora avanzano dello 0,22%, quelli sullo S&P che fanno +0,35% e quelli sul Nasdaq, i più solidi, che salgono dello 0,50%.

Sullo sfondo, il nervosismo degli investitori è palpabile. “Wall Street è molto nervosa, guarda a sinistra e vede l’intensificarsi dei rischi geopolitici legati alla situazione in Ucraina, si gira a destra e vede il potenziale di una stretta monetaria aggressiva da parte della Fed”, ha commentato in una nota Edward Moya, senior market analyst di Oanda.

La borsa Usa si avvia così a soffrire la seconda settimana consecutiva di ribassi. Il Dow Jones ha perso nella settimana l’1,2%; lo S&P ha ceduto lo 0,9% e il Nasdaq è arretrato dello 0,5%.

Nelle ultime ore il presidente americano Joe Biden ha detto che il rischio di un’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è “molto alto” e che un attacco potrebbe avvenire nei prossimi giorni, con il pretesto di “un’operazione sotto falsa bandiera”. Oggi Biden farà il punto della situazione con la Nato, che ha già espresso diverse riserve sul presunto ritiro delle truppe russe dal confine.

Ancora prima la Nato aveva accusato la Russia di aver aumentato il numero dei soldati schierati al confine ucraino, contraddicendo le dichiarazioni di Mosca, che aveva annunciato invece di aver iniziato a ritirare alcune delle unità militari presenti nell’area.

Tutto questo, mentre Kiev ha accusato i separatisti filorussi di aver colpito un asilo della cittadina di Stanytsia Luhanska, nella regione del Lugansk ai confini con la Russia, durante un bombardamento.

Nel frattempo l’Ucraina ha rimarcato l’intenzione di aderire alla Nato, con il presidente Volodymyr Zelensky che ha affermato che l’adesione all’alleanza militare è una “garanzia di sicurezza” per l’Ucraina. La Nato “è una garanzia di sicurezza. Allora come possiamo scegliere un’altra strada? Per noi è una garanzia di non perdere la nostra indipendenza”.

Ma l’attenzione è appunto anche rivolta alla Fed, dopo le dichiarazioni di James Bullard, il super falco della banca centrale americana guidata da Jerome Powell.

In occasione di un evento organizzato dalla Columbia University, Bullard ha detto “che non c’è mai stato un rischio così alto in una generazione che la situazione potesse andare fuori controllo…uno scenario potrebbe essere quello di una nuova sorpresa che al momento non riusciamo ad anticipare, una crescita ulteriore dell’inflazione, qualcosa che dobbiamo fare in modo che non si presenti”.

Bullard ha già lanciato un appello alla Fed nelle scorse settimane affinché alzi i tassi di un punto percentuale entro il mese di luglio, per contrastare un’inflazione che viaggia al record degli ultimi 40 anni.

“In generale – ha aggiunto il banchiere – direi che c’è troppa enfasi sul fatto che l’inflazione, a un certo punto, si smorzerà nel futuro. Rischiamo invece che l’inflazione non rallenti il passo, e comunque il 2022 sarà il secondo anno consecutivo in cui saremo alle prese con un’inflazione elevata. Dunque, vista la situazione, la Fed dovrebbe muoversi più velocemente e in modo iù aggressivo, di quanto dovrebbe fare in altre circostanze”.

Ma Bullard ha anche detto che il cambiamento di politica monetaria non dovrebbe essere definito come un tentativo di frenare i mercati e l’economia.

“Non è una politica restrittiva. E’ una rimozione di politica accomodante”. I tassi sui Treasuries decennali sono in calo all’1,967%.

Wall Street paga alert ambasciatrice Usa all’Onu: ‘Invasione Russia in Ucraina imminente’. Draghi: ‘no episodi di de-escalation’

Ucraina, Fed e trimestrali condizionano la sessione odierna di Wall Street.

Sulla questione Ucraina occhio alle dichiarazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi che, al termine del Consiglio europeo informale dedicato alla crisi che sta tenendo il mondo intero con il fiato sospeso, ha detto che “per il momento episodi di de escalation sul terreno non si sono visti”, aggiungendo che “l’obiettivo è ora far sedere al tavolo il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky”. Spaventa in particolare la dichiarazione dell’ambasciatrice Usa all’Onu Linda Thomas-Greenfield, che ha parlato di “prove sul terreno secondo cui la Russia si starebbe muovendo verso una invasione imminente” dell’Ucraina. Arriva anche la notizia della decisione russa di espellere il vice ambasciatore americano a Mosca, Bart Gorman (agenzia Ria Novosti).

Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones perde più di 460 punti a 34.477 punti; lo S&P 500 cede l’1,31% a 4.417, mentre il Nasdaq va giù dell’1,28% a 13.941.

The VanEck Russia exchange-traded fund, which tracks shares of companies tied to the country, fell more than 4%.

Nelle ultime ore già la Nato aveva accusato la Russia di aver aumentato il numero dei soldati schierati al confine ucraino, contraddicendo le dichiarazioni di Mosca, che aveva annunciato invece ieri di aver iniziato a ritirare alcune delle unità militari presenti nell’area.

“Sappiamo ora che è falso”, ha detto un funzionario della Nato, aggiungendo che non solo il ritiro non è avvenuto, ma che almeno 7.000 forze russe si sono unite alle 150.000 già vicine al confine. “La Russia continua a dire che desidera una soluzione diplomatica, ma le sue azioni indicano un’altra cosa. Spero che le cose cambino prima che inizi una guerra che porti a una catastrofe di distruzione e morti”. L’alleanza militare ha definito quella dell’Ucraina “la crisi di sicurezza più grave degli ultimi decenni che stiamo affrontando in Europa”.

Tra l’altro, nelle ultime ore è arrivata la notizia secondo cui l’esercito ucraino avrebbe sparato colpi di mortaio e granate in quattro località dell’autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk. L’agenzia di stampa russa Tass ha riportato inoltre le dichiarazioni dei ribelli filo-russi dell’altra autoproclamata Repubblica di Donetsk nel Donbass: “L’esercito ucraino continua a bombardare infrastrutture e palazzi residenziali” a Donetsk, hanno detto i ribelli, aggiungendo di aver risposto al fuoco.

Intanto il ministero della Difesa russo avrebbe detto che “le unità del Distretto Federale Meridionale, che hanno completato la loro partecipazione alle manovre tattiche nelle basi della penisola di Crimea, stanno tornando alle loro basi su rotaia”.

I mercati cercano di digerire anche i nuovi toni hawkish della Fed di Jerome Powell confermati dalle minute relative all’ultima riunione del Fomc del 25-26 gennaio (in cui i tassi sui fed funds sono stati lasciati fermi al range compreso tra lo zero e lo 0,25%). Ormai si scommette su un ciclo di rialzo dei tassi caratterizzato da fino a sette strette nel corso del 2022. A tal proposito, gli economisti di JP Morgan si sono uniti a quelli di Goldman Sachs e di Bank of America annunciando di stimare ora, così come i colleghi, fino a sette rialzi dei tassi, nel corso di quest’anno:

“Abbiamo rimosso le due precedenti pause previste”, hanno spiegato, ricordando che fino a oggi il loro outlook era stato di cinque strette.

Attenzione anche alle dichiarazioni arrivate ieri dal segretario al Tesoro Usa ed ex numero uno della Fed Janet Yellen, che ha commentato gli ultimi dati – l’indice dei prezzi al consumo viaggia al record degli ultimi 40 anni – sottolineando che l’inflazione, a questi livelli, “non è accettabile”, e aggiungendo che la Fed comunque “agirà in modo appropriato”, al fine di contenere la fiammata dei prezzi, assicurando al contempo che la ripresa dell’economia Usa continui.

“Ho fiducia nel fatto che la Fed..continuerà a dispiegare tutti gli attrezzi che ha a disposizione in modo appropriato per garantire che la ripresa faccia il suo corso, gestendo allo stesso tempo le pressioni in eccesso che stanno provocando l’inflazione”, ha detto Yellen.

Il segretario al Tesoro Usa ha lanciato anche l’alert sul rischio di una ulteriore “ricaduta globale” dell’economia, che si verificherebbe nel caso in cui l’Occidente andasse avanti con i suoi piani per punire la Russia riguardo alla crisi Ucraina con ulteriori sanzioni. Se le sanzioni verranno imposte, ha detto, “ovviamente vogliamo che il costo più alto venga sostenuto dalla Russia. Ma riconosciamo che ci saranno alcune ripercussioni globali con la loro imposizione”.

Dal fronte societario, attenzione al boom di buy che sta interessando DoorDash dopo la pubblicazione del bilancio e di una guidance che è piaciuta al mercato. Il titolo vola di oltre +22%.

Nel quarto trimestre del 2021, il gruppo leader del food delivery ha sofferto una perdita per azione di 45 centesimi, più ampia della perdita di 25 centesimi per azione attesa dal consensus. Tuttavia il fatturato, pari a $1,3 miliardi, è stato migliore degli $1,28 miliardi attesi dagli analisti. DoorDash ha diffuso inoltre una guidance che ha battuto le attese, dichiarando di prevedere un valore lordo degli ordinativi nel range compreso tra $11,4 e $11,8 miliardi, con il punto medio di $11,6 miliardi che è superiore agli $11,4 miliardi previsti dagli analisti intervistati da FactSet.

Bene anche Wal-Mart, che ha annunciato di aver riportato nel quarto trimestre del 2021 un utile netto di $3,56 miliardi, o $1,28 per azione, rispetto alla perdita di $2,09 miliardi, o 74 centesimi per azione, dello stesso periodo dell’anno precedente. Escludendo le voci straordinarie di bilancio, il colosso delle catene di discount ha guadagnato un utile per azione di $1,53 su base adjusted, meglio degli $1,50 per azione attesi dal consensus degli analisti. Il fatturato è stato pari a $152,87 miliardi, meglio dei $151,53 miliardi previsti. Il gigante ha detto di prevedere per il nuovo anno fiscale una crescita dell’eps su base adjusted tra il 5-6%, superiore alla media dell’outlook del consensus.

Il titolo Nvidia è invece sotto pressione dopo che il colosso produttore di chip ha pubblicato la propria trimestrale, che in realtà ha battuto le attese.

L’eps del quarto trimestre del 2021 si è attestato a $1,32 su base adjusted, in crescita del 69% su base annua, meglio degli $1,22 per azione attesi, a fronte di un fatturato salito del 53% su base annua a $7,64 miliardi, rispetto ai $7,42 miliardi stimati. Il gruppo ha dichiarato di prevedere per il primo trimestre un fatturato di $8,1 miliardi, superiore ai $7,29 miliardi stimati dagli analisti, con il ceo Jensen Huang che ha parlato di una domanda “eccezionale”, facendo notare che i chip di Nvidia sono utili per l’intelligenza artificiale e altre applicazioni. Un articolo della Cnbc motiva il calo del titolo con i timori legati ai margini e all’esposizione della società verso il mercato crypto. Il titolo perde più del 7%.

Il mercato guarda invece con favore al bilancio di Cisco, con le quotazioni che mettono a segno un rally di oltre il 4,5%: in questo caso l’utile per azione su base adjusted ha battuto le attese di tre centesimi per azione, a 84 centesimi per azione.

Migliore delle previsioni anche il fatturato, così come positiva è stata la guidance, grazie alla forte domanda da parte delle società di cloud computing di cui il colosso ha parlato.

Occhio a Tesla, dopo la lettera contro la Sec inviata dalla società stessa e dal fondatore Elon Musk:

La SEC è stata accusata di “raffreddare” il diritto alla libertà di parola di Musk:

“La SEC sembra prendere di mira il signor Musk e Tesla per indagini inesorabili soprattutto perché il signor Musk rimane un critico esplicito del governo; gli sforzi smisurati della SEC sembrano calcolati per raffreddare il suo esercizio dei diritti del Primo Emendamento piuttosto che per far rispettare le leggi generalmente applicabili in modo imparziale”, ha scritto Alex Spiro, un avvocato di Musk e Tesla. “Quando è troppo è troppo.” Tesla perde a Wall Street l’1,6% circa.

L’attenzione degli operatori continua a essere rivolta alle banche centrali.

A Wall Street il focus è appunto sulle minute del Fomc.
Dalle minute è emerso che “i partecipanti (del Fomc) hanno osservato che, alla luce dell’attuale elevato livello delle partecipazioni detenute dalla Federal Reserve, sarebbe appropriato ridurre in modo significativo la dimensione del bilancio”.

Dai verbali della Fed guidata da Jerome Powell è emerso anche che qualche esponente del Fomc ha dichiarato di “essere favorevole a terminare il programma di acquisti netti di asset (QE-Quantitative easing, la cui scadenza è attesa al momento per il mese di marzo) prima del previsto, per inviare un segnale più forte sull’intenzione della Commissione a far scendere l’inflazione”.

Ancora: “I partecipanti (del Fomc) hanno rimarcato che i recenti dati sull’inflazione hanno continuato a eccedere in modo significativo gli obiettivi di più lungo termine della Commissione e che l’inflazione elevata sta persistendo per un tempo più lungo di quanto avessero anticipato, riflettendo gli squilibri tra la domanda e l’offerta legati alla pandemia e alla riapertura dell’economia”.

Alcuni esponenti del Fomc – si legge ancora – “hanno anticipato che sarebbe appropriato alzare presto i tassi sui fed funds”.

“I partecipanti hanno riconosciuto che l’inflazione elevata è un peso per le famiglie, soprattutto per chi è meno capace di pagare i prezzi più elevati per i beni e i servizi essenziali”.

Ancora, i funzionari hanno fatto notare che l’inflazione sta iniziando a diffondersi oltre a quei settori direttamente colpiti dalla pandemia Covid, e dunque nell’intera economia.

Mercati con il fiato sospeso tra Fed e crisi Ucraina: borsa Tokyo -0,83%, futures Usa giù. Nato: altro che ritiro, più forze russe al confine

La crisi Ucraina e l’attenzione sulle prossime mosse della Fed di Jerome Powell continuano a tenere i mercati con il fiato sospeso.

L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso in ribasso dello 0,83% a 27.232.87 punti. La borsa di Shanghai è piatta, Hong Kong -0,23%, Sydney +0,16%, SEoul +0,53%. I futures Usa sono sotto pressione, con quelli sul Dow Jones che cedono lo 0,32%, quelli sullo S&P 500 in calo dello 0,41%, quelli sul Nasdaq giù dello 0,54%.

Nelle ultime ore la Nato ha accusato la Russia di aver aumentato il numero dei soldati schierati al confine ucraino, contraddicendo le dichiarazioni di Mosca, che aveva annunciato invece di aver iniziato a ritirare alcune delle unità militari presenti nell’area.

“Sappiamo ora che è falso – ha detto un funzionario della Nato, aggiungendo che non solo il ritiro non è avvenuto, ma che almeno 7.000 forze russe si sono unite alle 150.000 già vicine al confine. “La Russia continua a dire che desidera una soluzione diplomatica, ma le sue azioni indicano un’altra cosa. Spero che le cose cambino prima che inizi una guerra che porti una catastrofe di distruzione e morti”.

Oggi è attesa a Bruxelles la riunione dei ministri della difesa dei paesi della Nato, per discutere su quella che l’alleanza militare ha definito “la crisi di sicurezza più grave degli ultimi decenni che stiamo affrontando in Europa”. Tra l’altro, nelle ultime ore è arrivata la notizia secondo cui l’esercito
ucraino avrebbe sparato colpi di mortaio e granate in quattro località dell’autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk.

L’attenzione degli operatori continua a essere rivolta alle banche centrali. A Wall Street il focus è sulle minute del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, relative alla riunione del 25-26 gennaio (in cui i tassi sui fed funds sono stati lasciati fermi al range compreso tra lo zero e lo 0,25%). Dalle minute è emerso che “i partecipanti (del Fomc) hanno osservato che, alla luce dell’attuale elevato livello delle partecipazioni detenute dalla Federal Reserve, sarebbe appropriato ridurre in modo significativo la dimensione del bilancio”.

Dai verbali della Fed guidata da Jerome Powell è emerso anche che qualche esponente del Fomc ha dichiarato di “essere favorevole a terminare il programma di acquisti netti di asset (QE-Quantitative easing, la cui scadenza è attesa al momento per il mese di marzo) prima del previsto, per inviare un segnale più forte sull’intenzione della Commissione a far scendere l’inflazione”.

Ancora: “I partecipanti (del Fomc) hanno rimarcato che i recenti dati sull’inflazione hanno continuato a eccedere in modo significativo gli obiettivi di più lungo termine della Commissione e che l’inflazione elevata sta persistendo per un tempo più lungo di quanto avessero anticipato, riflettendo gli squilibri tra la domanda e l’offerta legati alla pandemia e alla riapertura dell’economia”.

Alcuni esponenti del Fomc – si legge ancora – “hanno anticipato che sarebbe appropriato alzare presto i tassi sui fed funds”.

“I partecipanti hanno riconosciuto che l’inflazione elevata è un peso per le famiglie, soprattutto per chi è meno capace di pagare i prezzi più elevati per i beni e i servizi essenziali”. Ancora, gli esponenti della Fed guidata da Jerome Powell hanno notato che l’inflazione sta iniziando a diffondersi oltre a quei settori direttamente colpiti dalla pandemia Covid, e dunque nell’intera economia.

Crisi Russia-Ucraina, Credit Suisse vede shock stagflazionistico in caso di conflitto aperto. Ecco 3 scenari ipotetici e riflessi sui mercati

Nelle ultime 24 ore gli investitori hanno guardato con favore ai segnali di allentamento delle tensioni in Ucraina (ritiro di alcune truppe russe). Tuttavia, la Nato ha avvertito di non aver assistito finora ad alcun segnale di de-escalation dalla controparte russa e anche i commenti del presidente statunitense Joe Biden riflettono il continuo disagio, dal momento che importanti forze russe sono ancora schierate lungo il confine ucraino.

Tensioni geopolitiche che si inseriscono all’interno di un anno già iniziato in maniera travagliata per i mercati finanziari con banche centrali chiamate ad affrontare le crescenti pressioni inflattive. L’S&P 500 ha perso più del 7% dall’inizio dell’anno, mentre i rendimenti dei titoli di stato americani a 10 anni sono aumentati di oltre 50 punti base. “Il semplice fatto che sia i mercati azionari che quelli obbligazionari siano in declino è un problema, poiché la diversificazione tradizionale non funziona in questo contesto – argomentano gli strategist di Credit Suisse – . Non c’è posto per trovare un rifugio, per così dire, e questo alimenta il nervosismo tra gli investitori. In secondo luogo, le ragioni che guidano la battuta d’arresto sono serie e potenzialmente di natura a lungo termine”.

Per gli investitori risulta difficile verificare o quantificare la portata di un eventuale conflitto. Credit Suisse ha ipotizzato tre scenari principali:

Invasione e conflitto aperto

In caso di conflitto armato, vedremmo un forte aumento della volatilità dei mercati finanziari dai livelli attuali. I mercati azionari globali potrebbero cadere più bruscamente, cioè più del 10%. I mercati azionari e del credito europei sottoperformerebbero. Gli asset russi vedrebbero un forte sell-off su tutta la linea. I prezzi del petrolio e del gas potrebbero subire un’impennata significativa. I Treasury statunitensi a lunga scadenza si riprenderanno e le curve di rendimento si appiattiranno. I rendimenti reali diminuirebbero mentre le aspettative di inflazione aumenterebbero. L’USD, il CHF e lo JPY si apprezzerebbero. In termini di conseguenze per l’economia mondiale, questo scenario rappresenterebbe uno shock stagflazionistico (minore crescita e maggiore inflazione ovunque) combinato con un’avversione al rischio sostanzialmente elevata tra gli investitori. Le banche centrali aumenterebbero i tassi d’interesse di meno di quanto attualmente prezzato per evitare che le condizioni finanziarie diventino troppo strette.

Persistente brinkmanship

Attacchi e incursioni limitate lungo il confine russo-ucraino vedrebbero la volatilità dei mercati finanziari aumentare moderatamente dai livelli attuali. Il sentimento di risk-off persisterebbe. I mercati azionari potrebbero perdere un altro 5% o più, con i mercati europei sottoperformanti. Gli asset russi vedrebbero un forte sell-off (azioni, credito e RUB). I prezzi del petrolio e del gas probabilmente aumenterebbero ancora. I rendimenti reali e nominali degli Stati Uniti continuerebbero a salire, dato che la Federal Reserve americana si atterrebbe al suo piano di rialzo accelerato dei tassi. Potremmo vedere un nuovo irripidimento della curva dei rendimenti. Questo risultato sarebbe neutrale per la crescita statunitense e leggermente negativo per quella europea. L’inflazione rimarrebbe persistentemente alta. Le banche centrali si atterrebbero ampiamente ai loro piani di restrizione monetaria.

Soluzione negoziata

Nel caso in cui si trovasse una soluzione negoziata, la volatilità dei mercati finanziari diminuirebbe rapidamente e la propensione al rischio migliorerebbe. I mercati azionari e del credito si radunerebbero, insieme agli asset russi (azioni, credito e RUB) e ai mercati azionari europei. I rendimenti reali statunitensi aumenterebbero mentre i prezzi del petrolio e del gas diminuirebbero. Questo risultato sarebbe positivo per la crescita economica e aiuterebbe i tassi d’inflazione europei a normalizzarsi, permettendo alla Banca centrale europea di mantenere i tassi invariati fino alla seconda metà dell’anno.

Come devono muoversi gli investitori?

“Mentre uno scenario di de-escalation offrirebbe un potenziale di recupero nei mercati finanziari, il percorso che porterebbe a tale de-escalation potrebbe richiedere ancora un po’ di tempo per dispiegarsi, e potrebbe mantenere volatilità e premi al rischio elevati nel frattempo”, spiega Credit Suisse che rimarca come gli investitori non abbiamo informazioni credibili sul processo decisionale della pianificazione militare russa o della NATO. È quindi importante mantenere una forte attenzione sulla gestione del rischio. “Gli investitori non dovrebbero rimanere passivi. A partire dalla fine dell’anno scorso, per esempio, abbiamo ridotto il rischio generale del nostro portafoglio chiudendo la nostra posizione sovrappesata nei mercati azionari. Allo stesso tempo, deteniamo una posizione nettamente sottopesata nei titoli di Stato, che ci ha aiutato nel contesto attuale, in cui sia i mercati azionari che quelli obbligazionari hanno perso terreno e l’incertezza è eccezionalmente alta. Abbiamo un’allocazione significativa agli investimenti alternativi e attualmente siamo sovrappesati in contanti – entrambe le cose aiutano a tenere sotto controllo i rischi di portafoglio in un ambiente in cui sia i mercati azionari che quelli obbligazionari sono in difficoltà”. Credit Suisse ritiene quindi che gli investitori dovrebbero aspettare una maggiore chiarezza e poi agire con una prospettiva di medio-lungo termine piuttosto che prendere decisioni audaci prima che i fatti siano noti.

Invesco: “L’invasione russa aumenterebbe la pressione sull’inflazione”

Un’escalation militare al confine tra Russia e Ucraina porterebbe a pesanti sanzioni contro Mosca, con la conseguenza di far aumentare il prezzo del petrolio e l’inflazione: il commento di Kristina Hooper (Invesco) sulle possibili mosse della Fed

 di Antonio Cardarelli  15 Febbraio 2022 – 6:50
financialounge -  inflazione Invesco Kristina Hooper Morning News petrolio Russia Ucraina
Mentre la diplomazia cerca di giocare tutte le sue carte per evitare un’escalation militare, i mercati seguono con apprensione ogni notizia proveniente dal confine tra Russia e Ucraina. Le Borse europee hanno reagito con forti ribassi nella prima seduta della settimana e l’avversione al rischio, senza una soluzione pacifica dei contrasti, è in crescita.

 

 

MERCATI IN TENSIONE

Grandi paesi europei come Germania e Italia sono altamente dipendenti dalle forniture russe di gas. Per questo il perdurare dell’incertezza rappresenta già di per sé un elemento fortemente destabilizzante per i mercati, non solo azionari. La corsa ai beni rifugio per eccellenza, come oro o franco svizzero, sembra essere l’opzione scelta dagli investitori.

INFLAZIONE IN AUMENTO

Soprattutto, sui mercati, continua a crescere il timore che l’inflazione possa continuare ad aumentare. All’origine dei rincari, come abbiamo visto negli ultimi mesi, ci sono tre elementi base: i colli di bottiglia della catena produttiva, la domanda esplosa nel post-pandemia e il “caro energia”. Se i primi due elementi potevano essere considerati transitori, il terzo sembra essere più duraturo. E la tensione in Ucraina potrebbe essere l’innesco definitivo.

POSTA IN GIOCO ALTA

“Quello che tutti ci auguriamo è che l’inflazione arrivi a un picco presto – ha commentato Kristina Hooper Chief Global Market Strategist di Invesco ai microfoni di CNBC – ma forse questo non succederà se la Russia invaderà l’Ucraina. Ciò comporterebbe pesanti sanzioni per la Russia che farebbero salire il prezzo del petrolio alle stelle, e questo aumenterebbe tutte le pressioni inflattive che stiamo vivendo in questo momento. La posta in gioco è veramente molto alta”.

LA RISPOSTA DELLA FED

I paesi occidentali, infatti, hanno fatto sapere apertamente di essere pronti a imporre pesanti sanzioni economiche alla Russia in caso di attacco armato. “Le pressioni inflattive che la Federal Reserve deve risolvere sono già tante – ha proseguito Hooper – e l’Ucraina andrebbe ad aggiungersi alla lista. Questo potrebbe indurre l banca centrale Usa ad agire più aggressivamente perché deve cercare di tenere le aspettative di inflazione ancorate, per questo stiamo sentendo la Fed utilizzare toni più da ‘falco’ rispetto a prima”. L’ultimo dato sull’inflazione Usa, quello di gennaio, ha segnato un aumento del 7,5% rispetto all’anno precedente.

G7: “Pronti a sanzioni immediate alla Russia”

I ministri delle Finanze del G7, in una comunicato spiegano di essere pronti a imporre “entro brevissimo tempo” sanzioni economiche e finanziarie con “conseguenze massicce e immediate sull’economia russa”

 di Francesco Rapetti  14 Febbraio 2022 – 12:19
financialounge -  G7 Putin Russia sanzioni ucraina
Il G7 è pronto a imporre sanzioni alla Russia in caso di invasione dell’Ucraina. Per raffreddare le ambizioni espansionistiche di Putin nei confronti dell’Ucraina, oltre ai vari interventi diplomatici da parte dell’Occidente (per ora infruttuosi), intervengono i ministri delle Finanze di Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Canada, Germania, Italia e Giappone che minacciano contro la Russia l’inizio di una guerra finanziaria di enorme portata.

 

 

G7 PRONTO A SANZIONI

Una nota firmata dai ministri G7 non lascia spazio a interpretazioni su quello che aspetterà alla Russia se non ci sarà “una immediata de-escalation della situazione; ribadiamo che ogni ulteriore aggressione militare russa contro l’Ucraina sarà affrontata con una risposta rapida, coordinata e robusta”. I ministri G7 nel passaggio finale della nota sono particolarmente espliciti sulla severità delle sanzioni contro Putin in caso di aggressione: “Siamo pronti a imporre collettivamente sanzioni economiche e finanziarie che avranno conseguenze enormi e immediate sull’economia russa”.

IL SOSTEGNO ECONOMICO A KIEV

In un passaggio della nota, il G7 ricorda anche i 48 miliardi di dollari devoluti all’Ucraina come forma di assistenza e promette che il paese non sarà abbandonato: “Continueremo a coordinarci in modo stretto per assicurare che l’Ucraina riceva il sostegno economico necessario ad agevolare gli attuali sforzi di riforma delle autorità sotto un programma del Fondo monetario internazionale, sostenuto inoltre da altre istituzioni finanziarie e partner nello sviluppo, ed è su un percorso economico e fiscale sostenibile”.

QUALI ARMI FINANZIARIE IL G7 POTREBBE USARE CONTRO LA RUSSIA

Gli strumenti finanziari utilizzabili dall’Occidente per mettere pressione a Putin e per accelerare una de-escalation dei venti di guerra in Russia, potrebbero essere di vario genere e livello. L’embargo potrebbe essere uno degli strumenti più temuti poiché colpirebbe i cittadini russi in maniera indiscriminata, con il risultato probabile di far crollare la popolarità del presidente Putin. Un altro strumento sicuramente temuto dal Cremlino potrebbe essere una guerra finanziaria chirurgica contro gli oligarchi vicini a Putin; nel 2018 l’America sanzionò 189 funzionari, oligarchi e 14 enti vicino al Cremlino. Una ulteriore “stilettata” all’economia russa potrebbe essere la chiusura delle vie del gas (in particolare Nord Stream2) poiché porterebbe portare l’Ue ad abbandonare, non solo temporaneamente, la Russia che oggi è il fornitore principale, con il 40% del gas fornito all’Europa.

Annotazione 2022-02-12 220411

Annotazione 2022-02-12 215210

Crisi Russia-Ucraina, cresce la tensione: oggi telefonata Putin-Biden. Cia teme attacco

MONDO

©Ansa

 
 
 
 
 

Dopo l’allarme lanciato ieri dagli Stati Uniti, secondo cui un’invasione russa potrebbe iniziare tra pochi giorni, continua a muoversi la diplomazia. Oltre alla telefonata tra i due presidenti, con Putin che dovrebbe sentire anche Macron, il segretario di Stato Usa Blinken ha annunciato che oggi avrà un colloquio con il ministro degli Esteri russo Lavrov. “Continuiamo a vedere segnali molto preoccupanti di un’escalation della Russia”, ha detto Blinken

 
ASCOLTA ARTICOLO
 
 

 

Cresce ancora la tensione sull’Ucraina. La Cia teme che possa esserci un attacco della Russia la prossima settimana. “L’isteria della Casa Bianca dice tutto. Gli anglo-americani vogliono una guerra”, ha risposto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Oggi, su iniziativa degli Stati Uniti, è previsto un colloquio telefonico tra il presidente Usa Joe Biden e quello russo Vladimir Putin. Inoltre, mentre Mosca riduce il suo personale diplomatico a Kiev, il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha annunciato che sempre oggi avrà un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. “Continuiamo a vedere segnali molto preoccupanti di un’escalation della Russia”, ha detto Blinken, che ieri ha assicurato che l’Ucraina ha il “sostegno deciso” degli Stati Uniti di fronte a una minaccia russa sempre più “acuta”. Nelle scorse ore c’è stato anche un colloquio tra i capi di stato maggiore di Usa e Russia, Mark Milley e Valery Gerasimov. Intanto, le autorità ucraine hanno lanciato un appello alla calma ai propri cittadini chiedendo di non entrare nel panico: “Al momento è estremamente importante rimanere calmi, rimanere uniti e consolidarsi all’interno del Paese, evitare azioni destabilizzanti e quelle che seminano il panico”, si legge in una nota del ministero degli Esteri (I REPORTAGE DI SKY TG24 IN UCRAINA).

 

Blinken: “Segnali molto preoccupanti di un’escalation della Russia”

LEGGI ANCHE

 

Crisi Ucraina, Usa: “Russia potrebbe attaccare durante Olimpiadi”

Gli Stati Uniti, ha fatto sapere il Dipartimento di Stato Usa, hanno ordinato a quasi tutto lo staff dell’ambasciata in Ucraina di lasciare subito il Paese. Da domani, inoltre, saranno sospesi tutti i servizi consolari a Kiev: resterà soltanto un piccolo contingente diplomatico nella città di Leopoli per “gestire le emergenze”. “Continuiamo a vedere segnali molto preoccupanti di un’escalation della Russia, come l’arrivo di nuove truppe al confine con l’Ucraina”, ha detto Blinken in conferenza stampa dalle Fiji. “Se la Russia è veramente interessata a risolvere questa crisi attraverso la diplomazia e il dialogo, siamo pronti a farlo” anche noi, ha aggiunto. Questo però, ha detto ancora, “deve avvenire nel contesto di una de-escalation, ma finora abbiamo visto solo un’escalation da parte di Mosca”. “Si tratta di un momento cruciale. Siamo preparati per qualunque cosa accada”, ha sottolineato il segretario di Stato, ricordando che Washington e i suoi alleati imporranno “rapidamente” sanzioni punitive alla Russia se invaderà l’Ucraina; scenario che, secondo le informazioni in possesso degli americani, potrebbe iniziare “in qualsiasi momento”.

 

 

L’allarme degli Stati Uniti sull’attacco

VEDI ANCHE

 

“Lettere dall’Ucraina”, il reportage di Sky TG24

Ieri, infatti, gli Stati Uniti hanno lanciato l’allarme: un’invasione russa potrebbe iniziare tra pochi giorni. Hanno quindi chiesto ai cittadini statunitensi di andarsene entro 48 ore. Un attacco da parte degli oltre 100mila soldati russi, attualmente sistemati vicino all’Ucraina, “potrebbe verificarsi da un giorno all’altro”, anche prima della fine delle Olimpiadi invernali in corso a Pechino, ha detto ai giornalisti Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca a Washington. Ha però sottolineato che non è ancora noto se il presidente Putin abbia preso una decisione: dato che “non possiamo prevedere l’esatta determinazione”, gli Stati Uniti si stanno preparando al peggio, compreso un “rapido assalto” alla capitale Kiev. “Se un attacco russo all’Ucraina procede, è probabile che inizi con bombardamenti aerei e attacchi missilistici che potrebbero ovviamente uccidere i civili”, ha detto Sullivan.

Si muove la diplomazia

Sullivan ha parlato poco dopo che il presidente Joe Biden e sei leader europei, i capi della Nato e dell’Unione Europea, hanno tenuto colloqui sulla peggiore crisi tra Occidente e Russia dalla fine della Guerra Fredda. Un funzionario statunitense ha detto che Biden parlerà oggi con Putin, mentre anche il governo francese ha fatto sapere che sempre oggi il presidente Emmanuel Macron chiamerà il leader russo. Inoltre, il segretario di stato Usa Antony Blinken ha annunciato che oggi avrà un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. Blinken ieri ha parlato con il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba e gli ha detto “che l’Ucraina continua ad avere il sostegno duraturo e fermo degli Stati Uniti per la sua sovranità e integrità territoriale”. Il Pentagono ha annunciato che manderà altre 3mila truppe per rafforzare l’alleata Polonia. Sullivan ha ricordato che la Russia rischia sanzioni severe da parte dell’Occidente e ha assicurato che la Nato ora è “più coesa, più propositiva, più dinamica di qualsiasi altra volta nella memoria recente”. Anche il portavoce del cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che “l’obiettivo è prevenire una guerra in Europa”, ma se Mosca non si tira indietro, “gli alleati sono determinati a prendere insieme sanzioni rapide e profonde contro la Russia”. Queste sanzioni prenderebbero di mira i settori finanziario ed energetico, ha detto, per l’Unione europea, Ursula von der Leyen. Diversi Paesi – tra cui Germania, Belgio, Israele, Giappone e Corea del Sud – hanno chiesto a diplomatici e cittadini di lasciare l’Ucraina, mentre i prezzi del petrolio sono aumentati e le azioni statunitensi sono crollate.

Le forze russe

LEGGI ANCHE

 

Crisi Ucraina, iniziate le esercitazioni militari russe in Bielorussia

Intanto, la Russia ha iniziato a ridurre il suo personale diplomatico a Kiev. “Temendo possibili provocazioni da parte del regime di Kiev o di Paesi terzi, abbiamo deciso di ottimizzare il personale diplomatico russo presente in Ucraina”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri di Mosca. Il ministero della Difesa ha invece fatto sapere che la marina russa ha avviato stamattina esercitazioni su larga scala nel Mar Nero, muovendo 30 navi da Sebastopoli e Novorossijsk. Lo scopo “è difendere la costa della penisola di Crimea, le basi del Mar Nero e il settore economico del Paese da possibili minacce militari”, spiega una nota. Le forze e le truppe navali russe circondano l’Ucraina a sud, est e nord. La Russia controlla già il territorio della Crimea e sostiene le forze separatiste che controllano la regione ucraina del Donbass a est. In aggiunta alle tensioni, venerdì sono state avviate esercitazioni militari russe su larga scala con la Bielorussia, che si trova appena a nord di Kiev e confina anche con l’Unione Europea. La Russia nega qualsiasi piano per attaccare l’Ucraina. Il Cremlino afferma che il suo obiettivo è convincere la Nato ad accettare di non concedere mai l’adesione all’Ucraina e anche a ritirarsi dai Paesi dell’Europa orientale già nell’alleanza, ritagliando di fatto l’Europa in sfere di influenza in stile Guerra Fredda. Gli Stati Uniti e i loro alleati europei respingono le richieste, insistendo sul fatto che la Nato non rappresenta una minaccia per la Russia.

L’asse Russia-Cina aggiunge tensione a mercati già nervosi

Xi approfitta del confronto tra Putin e Occidente per garantirsi energia illimitata e guadagnare qualche punto nella competizione con gli USA. Il rischio che Biden mostri i muscoli per recuperare credibilità

 di Stefano Caratelli  7 Febbraio 2022 – 7:15

Tra due settimane, il 21 febbraio, l’America festeggia il Presidents’ Day, ma ricorre anche un anniversario molto importante e molto attuale. Cinquant’anni fa il presidente Richard Nixon scongelava le relazioni con la Cina con uno storico viaggio di una settimana tra Pechino, Hangzhou e Shanghai. Erano 25 anni che USA e Cina comunista non si parlavano, perché Washington riconosceva solo Taiwan. Il disgelo si concluse nel 1979 con l’instaurazione di normali relazioni diplomatiche, che durano tutt’ora nonostante gli USA siano schierati con Taipei, dove però non hanno un’ambasciata a differenza di Pechino. Con quel viaggio, definito dallo stesso Nixon come i 7 giorni che hanno cambiato il mondo, l’America in piena Guerra Fredda andò a infilare un cuneo tra i due grandi paesi comunisti che si stavano avvicinando troppo e avrebbero forse potuto unire le forze. Il 1979 coincide con l’invasione sovietica dell’Afghanistan, un’emorragia di risorse umane e soprattutto economiche da cui iniziò il declino dell’URSS finito nel collasso del 1991.

RETORICA NO LIMITS DI MOSCA E PECHINO

Da allora, non c’è stato presidente americano che nel corso del suo mandato non sia andato in visita ufficiale in Cina, con due sole eccezioni: Jimmy Carter, arrivato dopo Nixon travolto dal Watergate, e Joe Biden, entrambi Dem molto spostati a sinistra. Venerdì scorso, in occasione dell’apertura delle Olimpiadi invernali, è andato in scena a Pechino uno spettacolo simile a quello di 50 anni fa, ma con lo zar Putin al posto di Nixon e Xi nel ruolo di Mao. Nel lungo comunicato congiunto rilasciato per l’occasione, la Cina accusa gli USA di alimentare la protesta a Hong Kong e incoraggiare l’indipendenza a Taiwan, mentre la Russia incolpa gli USA di giocare alla destabilizzazione in Ucraina. Il tutto condito da una retorica secondo cui ‘non ci sono limiti’ allo sviluppo dei legami tra Mosca e Pechino.

LE CREPE NEL FRONTE OCCIDENTALE

Alleanze spericolate non sono una novità della storia della Russia, nel 1939 si mise d’accordo con i nazisti per spartirsi la Polonia solo per esserne invasa due anni dopo e pagare il prezzo di decine di milioni di morti per liberarsene. Si prepara uno scenario con Kiev nel ruolo di Varsavia e con Putin che sfida l’Occidente forte dell’appoggio cinese? E intanto Xi approfitta della distrazione globale per fare un blitz su Taiwan? E da che parte starebbe una Germania che fa più affari con Cina e Russia che con il resto dell’Occidente? Oppure la Turchia che in Siria è già schierata con i russi, che dovrebbero essere i potenziali nemici della Nato di cui pure fa parte? Era un mondo dominato dalle ideologie assolute che volevano soggiogare il mondo, riesumarlo aiuta poco a capire quello di oggi, dove contano quasi solo gli interessi economici di grandissime imprese che pesano di più degli stati nazionali.

SE BIDEN METTE MANO ALLA PISTOLA

Putin ha bisogno di compratori per le immense riserve russe di materie prime, a cominciare dalle fonti fossili di energia, Xi ha bisogno di petrolio e gas per far continuare a crescere un’economia che si regge sempre più sulla domanda interna. Quello celebrato in pompa magna a Pechino è un fidanzamento di interessi, non la riedizione 83 anni dopo del patto Molotov-Ribbentrop, e gli schieramenti militari ai confini ucraini e nei mari cinesi sono più pressioni negoziali che preparativi bellici. Certo, sono situazioni che possono sfuggire di mano, soprattutto se alla Casa Bianca c’è un anziano signore a picco nei sondaggi, che rischia di perdere sonoramente le elezioni di mid-term a novembre, e che potrebbe essere tentato di mettere mano alla pistola per far vedere gli attributi e scaldare il patriottismo americano.

OCCASIONE EUROPEA PER RIENTRARE NEL GIOCO?

La Russia vive non a torto come una minaccia un’Ucraina che entrasse nell’Unione Europea e nella Nato: nei trent’anni dal collasso dell’URSS ha visto avvicinarsi di un migliaio di chilometri il fronte occidentale, anche se dall’altra parte c’è una Nato diventata ormai un minestrone dove c’è di tutto, che probabilmente non riuscirebbe a restare insieme se si dovesse passare dai proclami a veri eventi bellici. E la Cina non può essere rimproverata più di tanto se approfitta di una situazione che offre il doppio vantaggio di garantire alla sua macchina produttiva tutta l’energia che le serve e di aggiustare a suo favore la bilancia del potere politico e economico globale. Con tutte e due alla fine all’Europa conviene andare d’accordo, e magari cogliere l’occasione per rientrare nel ‘grande gioco’ con un ruolo di mediatore tra le due superpotenze che restano America e Cina.

BOTTOM LINE

Ai timori per inflazione, tassi, tenuta delle valutazioni dei big tech, rallentamento di ripresa e utili, ora si aggiunge la partnership ‘senza limiti’ stretta a Pechino tra Putin e Xi. Un altro bel tema da cavalcare per mandare su e giù mercati e volatilità. I titoli dei media non faranno sconti nella drammatizzazione di possibili e a questo punto probabili forti tensioni. E agli investitori non mancheranno le occasioni per scovare valore a prezzi accessibili. Sempre che all’inquilino della Casa Bianca non venga in mente non solo di sfoderare la vecchia Colt 45, ma anche di usarla.

FAKE NEWS A GOGO!

Scritto il 11 Marzo 2022 alle 08:37 da icebergfinanza

facebook sharing button

Ci vuole tutto l’ottimismo di questo mondo per uscire dal pantano ucraino, tutto l’ottimismo possibile, soprattutto in mezzo a un oceano di incendiari che buttano benzina sul fuoco.

Bisogna partire da qui per comprendere cosa realmente è successo…

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1501533406722949121&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F11%2Ffake-news-a-gogo%2F&sessionId=f11245c575f82085bd75c86e99cf2a6c94002384&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

Il mondo è pieno di illustri personaggi che avevano messo in guardia dal rischio di un conflitto mondiale, ma che le abbia fatto l’attuale presidente degli Stati Uniti è surreale!

Consiglio atlantico degli Stati Uniti, 20 giugno 1997: il tema è l’espansione della Nato. Mentre JoeBiden annuncia lo stop all’importazione del petrolio di Mosca, ennesima sanzione in risposta all’invasione russa dell’Ucraina, il sito della rivista americana Newsweek pubblica un video di quasi un quarto di secolo fa. Sul palco parla l’allora senatore Biden ed esprime un concetto: “Annettere alla Nato gli Stati Baltici” sarebbe l’unica mossa che rischierebbe di provocare una “riposta vigorosa e ostile” da parte della Russia.

La scintilla in mezzo alla camera da gas ucraina è stata l’esercitazione Nato questa estate in Georgia, con la partecipazione anche di truppe ucraine.

Le Forze Armate della Georgia hanno avviato, lunedì 26 luglio, le esercitazioni militari Agile Spirit, che si terranno in tre basi di addestramento del Paese. Si tratta di Senkai, nell’Ovest della Georgia, del meridionale Orfololo e di Vaziani, situato nella periferia della capitale Tbilisi.

A riferirlo, il medesimo lunedì, è stato il quotidiano russo Kommersant. Secondo quanto reso noto, alle manovre militari prenderanno parte 1.600 soldati georgiani e 700 statunitensi. A questi si aggiungeranno altrettanti 250.000 militari appartenenti a 13 Stati sia membri sia partner dell’Alleanza Atlantica. Tra questi, la testata russa ha menzionato le forze armate dell’Ucraina, le quali sono giunte nel Paese caucasico, approdando nel porto di Poti.

Certo puoi discutere sin che vuoi di chi ha invaso e chi è oggi l’invasore, ma se un orso dorme, non puoi continuare a tirarli sassi!

Ora l’incidente non è più un incidente ma una guerra, una guerra che con sanzioni e divieti sta isolando la Russia, allontanandola dall’Europa e avvicinandola alla Cina.

Lunedì i nostri autotrasportatori si fermeranno, non per sciopero, ma per necessità, non è più conveniente portare in giro le merci…

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1501936731724996609&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F11%2Ffake-news-a-gogo%2F&sessionId=f11245c575f82085bd75c86e99cf2a6c94002384&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

Molte imprese hanno già chiuso, i licenziamenti seguiranno, non è più conveniente produrre e qualcuno ha il coraggio di parlare di rischio iperinflazione.

Ieri il banchiere nel Consiglio dei ministri, ha parlato di rischio recessione, solo rischio?

Letta, addirittura ha suggerito di chiudere subito tutte le importazioni di gas e petrolio russo, geniali quelli che sino a ieri ciuccivano il latte da madre Russia, giocando a fare i comunisti.

Si leggono tante di quelle fesserie sui nostri giornali che non è difficile comprendere perchè siamo negli ultimi posti per lo squallore della stampa nostrana.

Il covid è morto e sepolto, faranno miracoli per farlo riscuscitare al momento opportuno.

Ringraziamo la solerzia dei burocrati europei che sino a ora hanno dormito, sottovalutando le provocazioni della Nato, ma soprattutto ringraziamo il nostro banchiere, uno che con solerzia si è adeguato al suicidio di massa, autorizzando addirittura l’invio di armi all’Ucraina, giusto per trasformare il Paese in un pantano vietnamita.

Immagine

Solo rischio? E’ già realtà!

Ieri ha parlato la regina degli strafalcioni, non avevo dubbio, la stupidità dei banchieri centrali non ha confini, figurarsi un manichino.

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1501994186979135496&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F11%2Ffake-news-a-gogo%2F&sessionId=f11245c575f82085bd75c86e99cf2a6c94002384&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

Ha aperto la bocca e ha fatto volare i tassi, i rendimenti ovunque in Europa, soprattutto in Italia, lo spread è tornato alla fatidica quota di Machiavelli, 170 sopra c’è il vuoto!

Bla, bla, bla, le solite cose, per chi vive fuori dal mondo,  “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta in Europa” ha detto, però noi andiamo avanti a giocare al falchetto dove lo metto!

Immagine

E’ pieno di inutili tedeschi che urlano alla Repubblica di Weimar, falchi ovunque a Francoforte, però la Bce ha rivisto pesantemente in peggio sia le stime sulla crescita, sia quelle sull’andamento dell’inflazione.

Qualche pirla oggi mi chiede se la vedo ora l’inflazione, non ci vuole la scienza per capire che con un petrolio sopra 100 continuerà a salire, a noi interessano i tassi e quelli credetemi non saliranno più di tanto, diversamente salterà tutto in aria e l’implosione deflattiva sarà terribile.

Non siamo negli anni settanta o ottanta, dove i salari volavano insieme all’inflazione e il lavoro abbandava, oggi c’è deflazione o stagnazione salariale ovunque e le aziende chiudono.

Nessuno assume in mezzo a questo inferno, nessuno!

I salari reali, ovvero depurati dall’inflazione, stanno collassando in America, figurarsi in Italia.

Immagine

thanks to ZeroHedge

Ma ovviamente il banchiere centrale di turno che ha il cervello depositato in una biblioteca, basta acquisti di titoli ma la stretta monetaria potrebbe esserci a partire da luglio, sempre che a luglio ci sia ancora l’Ucraina e l’Europa.

Lagarde insiste che non si è trattato di un’accelerazione verso la stretta e che potrebbero passare “settimane o mesi” prima che il Consiglio direttivo decida una stretta monetaria, dopo la fine dei programmi di acquisti – e sarebbe, peraltro, la prima in un decennio. Nel comunicato, rispetto ai precedenti, la formulazione è cambiata dall’avviso di terminare la fase emergenziale “poco prima” del rialzo dei tassi a “qualche tempo dopo”. Ma la stragrande maggioranza degli analisti ha già interpretato le decisioni della Bce come un ritorno più veloce a tempi molto meno generosi. Del resto, è la tendenza in atto anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito – a fronte di un’inflazione molto più alta che in Europa.

Ma risulta così difficile comprendere che più questa guerra durerà e più le economie europee finiranno in una nuova depressione economica e che eventuali aumenti di prezzo non saranno assorbiti dai consumatori alla canna del gas.

Lo stanno già suggerendo le aziende, non è più conveniente produrre, figurarsi se alzano i salari o assumono, ma si sa, ilragonamento è difficile per coloro che credono che questa guerra sarà uno scherzo.

Ieri sono usciti i dati sull’inflazione al consumo USA, titoloni per il nuovo record mai visto da 40 anni, in realtà lo scorso mese era uguale e oggi però in mezzo c’è una guerra e un prezzo del petrolio che ha sfiorato i 130 dollari.

Ieri i rendimenti americani hanno superato i massimi annuali ma l’asta a 30 anni di ieri è stata stellare, un vero e proprio boom cone un aumento vertiginoso della domanda estera al 2° posto più alto mai registrato nella storia del Tesoro americano.

Un rendimento del 2,375 rispetto al 2,34 del mese precedente, variazione minima, nonostante il terrore dell’inflazione e un mercato che spera ancora in una guerra lampo!

Sono inoltre davvero onorato di poter contare sull’aiuto e la collaborazione di uno dei pionieri dell’analisi cinematica in Italia, “Puntosella” per gli amici di Machiavelli, un uomo meraviglioso, prima di tutto, che mi segue dagli albori di Icebergfinanza ma che solo da qualche mese ho incominciato a conoscere come professionista dalle mille e incredibili qualità, al quale mi legano soprattutto valori e visioni di vita.

A questo indirizzo il nostro PUNTOSELLA aggiornerà la sua personale rubrica mensile…

ANGOLO CINEMATICA PUNTOSELLA

CINA…BENZINA SUL FUOCO!

Scritto il 15 Marzo 2022 alle 08:38 da icebergfinanza

La sensazione è che gli americani non vedano l’ora di scatenare una guerra commerciale e forse militare globale, non si spiegherebbe in altra maniera la continua insistenza nei confronti della Cina, quasi che il completo isolamento della Russia, sino all’embargo totale e assoluto non bastasse…

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1503451208790560770&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F15%2F__trashed-12%2F&sessionId=28be9a6c95af9110f563d73266a44031c139382d&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

«Gli Stati Uniti hanno avvertito gli alleati che la Cina ha segnalato la sua apertura alla possibilità di fornire armi alla Russia». «Se la Cina dovesse scegliere di sostenere materialmente la Russia in questa guerra, probabilmente ci saranno conseguenze per la Cina»,

La risposta non si è fatta attendere, la Cina mette in guardia gli americani dal diffondere false notizie che non fanno altro che gettare benzina sul fuoco!

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1503344045858476032&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F15%2F__trashed-12%2F&sessionId=28be9a6c95af9110f563d73266a44031c139382d&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

Un fallimento totale la politica europea e americana, afferma Wolfgang Münchau…

Ricordi i Brics? Questo acronimo stava per Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Non sono alleati strategici della Russia. Ma loro, e molti altri paesi, continueranno a commerciare con la Russia.

L’Occidente, nel frattempo, ha fatto la più grande scommessa nella storia della guerra economica. Abbiamo congelato i beni della banca centrale russa.

Ma non ci abbiamo pensato. Per una banca centrale bloccare i conti di un’altra banca centrale è davvero un grosso problema. Dal punto di vista economico, ciò significa che l’intero Occidente transatlantico è inadempiente sul nostro bene più importante: il nostro denaro fiat .

Con questa unica sanzione, abbiamo fatto tutto quanto segue: indebolito la fiducia nel dollaro USA come principale valuta di riserva mondiale; prevenuto qualsiasi sfida che l’euro potesse mai presentare; ridotto il merito creditizio delle nostre banche centrali; incoraggiato la Cina e la Russia ad aggirare l’infrastruttura finanziaria occidentale; trasformato bitcoin in una rispettabile valuta di transazione alternativa…

Ora considera cosa faranno i cinesi delle nostre sanzioni. Il governo cinese sa che la sua ampia esposizione alle attività statunitensi è ugualmente a rischio. Quello che gli Stati Uniti hanno fatto al presidente Putin sull’Ucraina può essere fatto al presidente Xi sugli uiguri. Il processo di de-dollarizzazione richiederà tempo. Ma la Cina non ha mai fretta.

Come risultato diretto di queste decisioni, abbiamo trasformato il dollaro e l’euro, e tutto ciò che è denominato in quelle valute, in attività di fatto rischiose . La probabilità di insolvenza di un’attività denominata in dollari o euro non può più essere credibilmente azzerata. Con un’unica decisione, abbiamo creato un rischio …

Come scritto ieri, non sono dinamiche che si svilupperanno a breve, ma che comunque sono da tenere in considerazione per i decenni a venire.

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1503423781498286081&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F15%2F__trashed-12%2F&sessionId=28be9a6c95af9110f563d73266a44031c139382d&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

Come scrive Mike Shedlock ne valeva la pena?

Per rispondere a questa domanda, considera un’altra serie di domande

  • Putin è ancora al potere? sì
  • L’UE è ancora dipendente dall’energia russa? sì
  • Le sanzioni hanno aiutato a portare la Russia nelle braccia della Cina? sì
  • La Russia è davvero isolata a livello globale? No
  • La Fed ha violato illegalmente il suo mandato costituzionale? sì
  • Gli Stati Uniti hanno costretto la Russia al default anche se la Russia cerca di pagare i creditori? sì
  • La Russia può sopravvivere con le sanzioni? Sì, facilmente
  • La Cina è il grande vincitore in questo? sì

Münchau conclude ” Stiamo ricorrendo all’unico metodo di risoluzione dei problemi che conosciamo: calciare la lattina lungo la strada. Fino a quando non colpiamo un muro di mattoni “.

Non ho idea di cosa passa per la mente dei burocrati europei o del Pentagono, ma questo ha tutta l’aria di essere il più clamoroso autogoal della storia politica o geopolitica occidentale.

Nella notte i rendimenti a lungo termine USA, hanno ritestato la famosa linea Maginot, che la Fed ritiene invalicabile, domani sapremo se anche i banchieri centrali hanno deciso di suicidarsi.

Intanto il mercato immobiliare americano è con il fiato sospeso, i tassi sui mutui sono esplosi ieri salendo sopra il 4,30%…

Immagine

Ora tutti i rendimenti al mondo stanno salendo, insieme alle aspettative di inflazione, ma l’implosione deflattiva provocata da una recessione globale sarà terrificante se si continua a buttare benzina sul fuoco.

Immagine

Il petrolio ha perso oltre il 20% in questi giorni scendendo sotto i 100 dollari, la recessione globale è nel mirino a partire dalla Cina dove è riapparso più vivo che mai il covid, portando con se il loockdown totale di una provincia fondamentale per l’economia cinese, quella di Shenzhen…

Immagine

Non è finita, non è ancora finita, i mercati non scontano ancora nulla!

Sono inoltre davvero onorato di poter contare sull’aiuto e la collaborazione di uno dei pionieri dell’analisi cinematica in Italia, “Puntosella” per gli amici di Machiavelli, un uomo meraviglioso, prima di tutto, che mi segue dagli albori di Icebergfinanza ma che solo da qualche mese ho incominciato a conoscere come professionista dalle mille e incredibili qualità, al quale mi legano soprattutto valori e visioni di vita.

NUOVO ORDINE MONDIALE!

Scritto il 21 Marzo 2022 alle 10:36 da icebergfinanza

facebook sharing button
IL SENATORE RUSSO PUSHKOV: PACE SOLO CON UN NUOVO ORDINE MONDIALE

Non penso serva ripetervi gli avvenimenti che hanno contraddistinto gli ultimi giorni, il filo conduttore è uno unico, questa guerra non deve in alcun maniera finire troppo presto.

Tocca agli americani, ovvero a chi ha messo il sonaglio alla tigre, toglierlo, come ha suggerito il premier cinese, in questi giorni, ma sembra che agli americani vada bene così.

Nel frattempo arrivano messaggi non proprio cordiali dalla Russia nei confronti del nostro Paese. Nessun commento, ci pensa il pensiero unico a foraggiare il consenso.

Parliamo di economia ora, tanto la fuori non c’e nessuna guerra, il covid solo un lontano ricordo sino a quando decideranno loro.

Nel frattempo in America, sono esplosi i tassi ipotecari…

Immagine

… e di conseguenza sono crollate le vendite di case esistenti.

Immagine
Immagine

Le vendite di case esistenti diminuiscono del 7,2% a febbraio.

  • “L’accessibilità degli alloggi continua a essere una sfida importante, poiché gli acquirenti stanno affrontando 2 forti venti contrari : l’aumento dei tassi ipotecari e aumenti sostenuti dei prezzi”, ha affermato Lawrence Yun, capo economista di NAR.
  • “Alcuni che in precedenza si erano qualificati con un tasso di mutuo del 3% non sono più in grado di acquistare al tasso del 4%.
  • “I pagamenti mensili sono aumentati del 28% rispetto a un anno fa – 

I tassi stanno superando il livello del 4,5%, dietro l’angolo si intravvede il 2018!

Le vendite di abitazioni esistenti, valgono circa l’80% dell’intero sistema immobiliare americano, se nessun cambia casa o ne acquista una, niente lavoro per arredatori, immobiliaristi, pittori, arredamenti e via dicendo.

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1505823399758733313&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F21%2Fnuovo-ordine-mondiale%2F&sessionId=956c015f04a9955e697865737d2b15af37f48dd4&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

Louis-Vincent Gave, co-fondatore di Gavekal Research, ha avvertito gli investitori di un cambio di paradigma nell’ordine mondiale. In particolare, Gave afferma che le ipotesi alla base delle attività finanziarie devono essere ripensate a causa di un movimento verso un mondo multipolare e lontano da quello dominato dagli Stati Uniti e dal dollaro.

Ho goà spiegato nei giorni scorsi come ci vorranno anni per arrivare al nuovo ordine mondiale, nel Machiavelli di aprile aproffondiremo il discorso.

Ma vediamo alcuni spunti interessanti di Gave!

…tutte le operazioni sono denominate in dollari USA e gli stranieri guadagnano dollari USA e riciclano quelli nei Treasury statunitensi, consentendo agli Stati Uniti di gestire deficit gemelli molto ampi senza vincoli.

 Se la Cina non ha bisogno di dollari USA, le interessa avere una bilancia commerciale positiva con gli USA attraverso la quale generare dollari in eccesso? Non è così, quindi il renminbi potrebbe andare molto più in alto.

Gave sono anni che suggerisce queste cose, ma ci vorranno lustri o decenni perchè si avveri la sua profezia. Per intanto ha fallito.

Che ruolo vede la Cina giocare nella guerra?

Avere la Russia e il mondo occidentale alla gola l’uno con l’altro funziona bene per la Cina . Non vedo perché i cinesi dovrebbero sentire il bisogno di fermare tutto questo.

Chiaro ora del perchè questa guerra durerà a lungo? Gli americani hanno interesse, i cinesi pure e forse chissà anche gli europei, alcuni europei.

Se l’embargo della Russia può durare per sempre, tanto meglio per loro. Li aiuta anche a internazionalizzare il renminbi. Una volta che la Cina acquisterà tutto il petrolio, il gas naturale e il carbone russi in renminbi, si rivolgerà agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita e dirà: “Ci piace il vostro petrolio molto meglio di quello russo. Se solo prendessi i renminbi, potremmo fare più affari”. Se sei l’Arabia Saudita e il tuo più grande cliente vorrebbe fare più affari, devi almeno pensarci. Questo sta giocando a favore della Cina.

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NrZWxldG9uX2xvYWRpbmdfMTMzOTgiOnsiYnVja2V0IjoiY3RhIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH0sInRmd19zcGFjZV9jYXJkIjp7ImJ1Y2tldCI6Im9mZiIsInZlcnNpb24iOm51bGx9fQ%3D%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1504043619266985985&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F03%2F21%2Fnuovo-ordine-mondiale%2F&sessionId=956c015f04a9955e697865737d2b15af37f48dd4&theme=light&widgetsVersion=2582c61%3A1645036219416&width=550px

Ma ora ascoltate bene, Voi italiani, Voi europei!

Lei ha detto che vede l’inizio di un’altra crisi finanziaria. Dove e perché?

I mercati finanziari hanno bisogno di regole comuni che non cambino e di fiducia. Oggi nessuno ha una visione chiara dell’esposizione delle banche europee alla Russia, diretta o indiretta. Le banche stanno perdendo fiducia e denaro. Puoi vederlo nello scoppio degli spread di insolvenza [europei] del credito e nell’allargamento degli spread delle obbligazioni [rispetto ai titoli di stato tedeschi]. Inoltre, l’Europa rischia una massiccia carenza di energia e c’è una crescente incertezza politica.

Come vedi questa potenziale crisi che si sta svolgendo?

La crescita economica dell’Europa crollerà. Nei prossimi sei mesi, l’inflazione che continua a salire porterà al malcontento popolare. In autunno, l’Europa potrebbe assistere a un massiccio aumento dell’immigrazione, simile a quello seguito alla Primavera Araba, poiché l’impennata dei prezzi del grano creerà ulteriore instabilità politica nella parte meridionale e orientale del Mediterraneo. L’aumento dell’inflazione e l’aumento dell’immigrazione aumenteranno il voto dei partiti populisti, che sarà visibile alle elezioni spagnole e italiane del 2023. Mentre le nuvole incombono sull’Europa, non sarei propenso ad aggiungere rischi.

Tutti ignorano la situazione, la guerra, le conseguenze, i burocrati europei pensano di risolvere 30 anni di dipendenza e globalizzazione in un solo istante.

Viene da sorridere ad ascoltare quelli che si preoccupano per l’America, l’Europa è la cristalleria in mezzo all’elefante asiatico.

La quiete prima della tempesta, l’anno del dollaro continua!

MASSACRO A FORTE APACHE!

Scritto il 6 Maggio 2022 alle 08:31 da icebergfinanza

facebook sharing button
sharethis sharing button

C’è ben poco da aggiungere oggi alla realtà, ieri è stato un vero e proprio massacro ovunque, tranne che sulle materie prime e sul dollaro, con i bond ovunque venduti a piene mani e i mercati azionari americani con perdite giornaliere dal 6 al 4%.

Per i bond a lungo termine ci troviamo nella stessa situazione che avevamo nell’aprile dello scorso anno, con rendimenti al 2,50% ma con il dollaro a 1,20. Unica soddisfazione è il dollaro che attenua il massacro di un inizio anno mai visto nella storia.

Sarà solo il tempo a dirci se qualcosa è cambiato, non certo le trendline, lo scorso anno anche il dollaro aveva rotto quella di lungo termine poi recentemente è tornato nel suo canale discendente registrando nuovi minimi come non si vedevano dal lontano 2014.

Come sempre la carneficina è stata preceduta da pessimi dati sul mercato del lavoro USA e dal deficit commerciale. Il Census Bureau hanno comunicato che il deficit di beni e servizi è aumentato di 20 miliardi

Immagine

Oltre 100 miliardi la differenza negativa tra esportazione e importazioni rispetto a febbraio, ulteriore marcia in più per il dollaro e se la tendenza continua, minore pressione al rialzo sul pil del secondo trimestre USA.

Non solo, pure i sussidi di disoccupazione hanno raggiunto i massimi degli ultimi 3 mesi. Ieri secondo la Adp, molti meno occupati all’orizzonte, la recessione mondiale sta iniziando a colpire, insieme alle varianti che stanno colpendo la Cina.

Immagine

Oggi uscirà il dato sull’occupazione USA in marzo, noi pensiamo che sia in sensibile contrazione, il mercato guarderà agli stipendi, per osservare se ci sono pressioni inflazionistiche.

Tornando ai rendimenti, poche volte nella storia i tassi a lungo termine solo esplosi come ieri, sempre e solo quasi con gravi disfunzioni dei mercati monetari come nel settembre del 2020, durante la pandemia, in risposta al collasso iniziale, dopo la vittoria di Trump e in altre circostanze legate alla politica monetaria.

Alcune voci parlano di liquidazioni massicce da parte dei fondi pensioni giapponesi, ma era una notizia che circolava già da mesi, non giustifica quello che è successo ieri.

Sempre in passato nei giorni successivi è intervenuta direttamente la Fed sul mercato.

La banca centrale america sta per perdere il controllo del mercato, la fiducia, le colombe sono state dilaniate dai falchi della speculazione.

Incredibile ieri, mentre il prezzo del petrolio sale, mentre esplode quello del gas, perchè l’Europa è un ridicolo vaso di coccio, ieri trapela la notizia che l’amministrazione Biden vuole ricostituire lle scorte strategiche dopo averle liquidate per provare a far scendere il prezzo del petrolio, un fallimento dopo l’altro.

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1522213668938649600&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F05%2F06%2Fmassacro-a-forte-apache%2F&sessionId=12e16a30949f32362c59fad97dfa36eb587a7efc&theme=light&widgetsVersion=c8fe9736dd6fb%3A1649830956492&width=550px

Ieri, la BOE  ha confermato che tutte le economie occidentali corrono seri rischi di recessione, non come Powell che fa finta di nulla.

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1522457225213759488&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F05%2F06%2Fmassacro-a-forte-apache%2F&sessionId=12e16a30949f32362c59fad97dfa36eb587a7efc&theme=light&widgetsVersion=c8fe9736dd6fb%3A1649830956492&width=550px

Ciò detto, qualunque analisi facciamo e qualunque cosa diciamo sui rendimenti abbiamo torto, il mercato sta muovendosi in altra direzione e poco conta se non è quella logica.

Nel frattempo i tassi sui mutui ipotecari sono ormai prossimi al 6% e il mercato immobiliare è vicino a un vero e proprio collasso, altro che atterraggio morbido.

Ieri Zillow, una delle più importanti società di analisi sul mercato immobiliare americano ha suggerito che l’aumento è stato talmente repentino che sarà difficile uscirne senza ripercussioni importanti sull’intera economia USA.

Oggi vedremo come reagirà il mercato ai dati sull’occupazione.

Nel frattempo i giornali americani suggeriscono la realtà, ovvero che l’amministrazione Biden sta portando avanti una vera e propria guerra per procura, non solo armi ma informazioni precise, dettagliate, esperti americani che preparano da mesi questa guerra sul suolo ucraino.

Questo articolo scritto da Lucio Caracciolo nell’aprile 2021, tempi non certo sospetti, mi fa venire in mente la pandemia simulata nell’ottobre 2019 dal John Hopkins Center for Health Security con il World Economic Forum, nulla accade mai per caso in questo mondo…

https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1522462267463417858&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2022%2F05%2F06%2Fmassacro-a-forte-apache%2F&sessionId=12e16a30949f32362c59fad97dfa36eb587a7efc&theme=light&widgetsVersion=c8fe9736dd6fb%3A1649830956492&width=550px

Noi invece, tramite il ministro Guerini, facciamo sapere al mondo che siamo entrati in guerra. Guerini: a Ucraina anche armi per neutralizzare postazioni

Il contributo italiano in materiale bellico all’Ucraina , «i cui dettagli tecnici sono stati secretati e sui quali ho informato il Parlamento nel corso di due audizioni al Copasir, riguarda sistemi controcarro, sistemi di difesa aerea a cortissimo raggio, mortai, munizionamento di artiglieria, sistemi di comunicazione, dispositivi di protezione individuale e kit di sopravvivenza». (Sole24Ore)

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora