Mercati : Chi c’è dietro questa Strategia ?

Eccoci a un nuovo appuntamento dal titolo :

Mercati : Chi c’è dietro questa Strategia ?

Abbiamo già esposto più volte le nostre perplessità per quanto sta accadendo da Novembre 2019 ad Aprile 2020 anticipando più volte accadimenti che per altri risulteranno anche “sorprendenti” ma a noi non paiono proprio tali.

Il 12 Ottobre 2019 con l’articolo : Helicopter Money in arrivo ?

invocavamo l’utilizzo di questo strumento , ben prima che “apparisse” il CORONA VIRUS , ben prima che si dichiarasse una PANDEMIA FINANZIARIA , ben prima che ci fosse un Lock Down delle attività praticamente in tutto il Mondo (totale o parziale questo lo vedremo su numeri concreti e non su previsioni del FMI o di altri organi “sotto controllo” da parte dei “soliti noti”), ben prima che si paragonasse il 2020 all’ultimo anno del Topo 2008 , ben prima che si parlasse della peggiore crisi dalla Grande Depressione Americana degli anni ’30………

Non solo….

il 30 Novembre 2019 con l’articolo : 2020 The Year of the Mouse (che Vi riproponiamo) avevamo sottolineato che l’anno del Topo Cinese , storicamente coincidente con il nostro anno Bisestile, aveva portato spesso a Crisi , Guerre, Situazioni negative per l’economia e a forti correzioni dei Mercati.

E guarda caso….esce il CORONA VIRUS nel week end tra il 24-26 Gennaio 2020

2020: The Year of the Mouse

di solofinanzaindipendente

Eccoci a un nuovo appuntamento ,in cui cercheremo di ragionare , sulle analisi in corso e sulle prospettive dei Mercati Finanziari nel biennio 2020-2021 .

Il titolo 2020: The Year of the Mouse fa riferimento al Calendario Cinese e in particolare all’anno del Topo appunto ,che a guardare il passato ,non è mai stato periodo fortunato ,visto quanto accaduto di li a poco .

Pensiamo che leggendo per intero questo articolo , non vi sfuggirà  cosa è successo nelle ultime 4 occasioni 1972 – 1984 – 1996 – 2008 in cui il Calendario Cinese era dedicato appunto al Topo.

Chi ha una certa età non può non notare come nel passato l’anno del Topo sia coinciso o abbia anticipato periodi di Crisi dei Mercati o dell’Economia o addirittura Conflitti tra Nazioni.

Anno del Topo (1972,1984,1996,2008,2020)

UN ANNO DOPO …..CRISI PETROLIFERA

Nel 1973 ci fu la Crisi Petrolifera .Nell’ottobre del 1973 scoppia il quarto conflitto arabo-israeliano. L’esercito egiziano attacca da sud lo Stato di Israele; in contemporanea le milizie siriane attaccano Israele da nord, con l’intento di accerchiare il Paese e costringerlo in breve tempo alla resa.Le forze armate israeliane, trovatesi da subito in una situazione sfavorevole, riescono tuttavia a rispondere adeguatamente al doppio attacco, risultando, alla fine, vincenti su entrambi i fronti, arrivando perfino a minacciare la capitale egiziana.Dopo solo tre settimane di combattimenti, le parti belligeranti si accordarono sulla fine del conflitto. Durante gli scontri, però, Egitto e Siria avevano potuto contare sull’aiuto militare di quasi tutti gli Stati arabi antiamericani; per contro, l’esercito israeliano poté godere del supporto delle forze armate statunitensi e dei Paesi europei.Una volta terminato il conflitto, la non troppo celata politica filoamericana dei Paesi europei causò forti reazioni da parte dei paesi arabi antiamericani. Le conseguenze, stavolta, furono però di carattere economico: per “punire” l’Occidente, i paesi dell’OPEC* (v. a fine paragrafo) aumentarono del 7O% il prezzo del greggio, e contro gli USA imposero addirittura il blocco delle esportazioni.Con queste drastiche misure il prezzo della benzina aumentò del 400%, peggiorando una crisi economica già in atto in Occidente.
Ben presto, all’aumento della benzina, si affiancò, come conseguenza “automatica” una preoccupante curva d’inflazione in tutti i Paesi occidentali. I governi europei furono così costretti ad adottare tempestivamente programmi di “austerity”, improntati, da un lato, sul risparmio energetico e, dall’altro, sulla ricerca di fonti di energia alternative al petrolio.

Anno del Topo (1972,1984,1996,2008,2020)

UN ANNO DOPO …..Crollo dei Titoli Azionari (Ecco un articolo di quel periodo)

OTTOBRE 1985  Con una zampata improvvisa e violenta l’ Orso ha messo in fuga il Toro che scorazzava trionfante da nove mesi nella ristretta e rumorosa arena di Piazza Affari. E’ stata la caduta del governo Craxi a produrre ieri mattina in Borsa un tale tonfo che nel giro di poche ore le quotazioni sono crollate in media del 5,50 per cento. Di colpo la gran massa dei risparmiatori e degli investitori si sono visti privati di oltre 4500 miliardi poichè a tanto ammonta la riduzione della capitalizzazione di Borsa. I fondi di investimento sui quali molti puntavano come argine a possibili crolli hanno assistito in un primo tempo al diluvio e al dilagare di vendite senza muovere un dito.

Anno del Topo (1960,1972,1984,1996,2008,2020)

4 ANNI DOPO………..CROLLO DEI MERCATI MARZO 2000

Nel 1996 GREENSPAN allertò che a suo modo di vedere i Mercati erano in Bolla Finanziaria ,ma questo non impedì che questi ultimi salissero fino a Marzo 2000 (NASDAQ 5000…..ma poi crollo e minimo a 1100 punti)

Anno del Topo (1960,1972,1984,1996,2008,2020)

ESATTAMENTE NELL’ANNO DEL TOPO CRISI SUBPRIME USA

Nel 2008 la Crisi SubPrime USA che ci portò a un crollo generalizzato dei Mercati fino ai minimi USA del 2009 e a quelli Europei del 2011/2012, da allora “casualmente” i Mercati finanziari sono saliti fino a oggi e nel 2020 saremo ancora NELL’ANNO DEL TOPO.

Cosa vogliamo dirvi ?

Anno del Topo (1960,1972,1984,1996,2008,2020)

Guardando il passato, è quanto meno curioso che o nell’anno del topo (vedi 2008) o l’anno seguente all’anno del topo (1973-1985) o nell’ipotesi più lontana (vedi 1996) a 4 anni di distanza dopo l’alert di Greenspan ,per citare quattro esempi ,ci siano poi state grosse negatività macro-politiche macro-finanziarie – geopolitiche.

E questa è sicuramente una cosa da considerare non appena scatterà il 2020 che è (purtroppo a questo punto bisogna dirlo )l’anno del Topo nel Calendario Cinese e questo perchè la storia ci dice che :

O nel 2020 , o nel 2021 (e il passato ci indica Ottobre come mese a cui fare attenzione) potrebbero ripetersi situazioni già motivo di forti correzioni ,discese dei Mercati Internazionali o Conflitti in Area Produzione Petrolio e Gas Naturale o negatività di altro tipo.

TENIAMOLO IN CONSIDERAZIONE.E’ meglio non farsi nemico il TOPO.


TORNIAMO ALL’ ARTICOLO DI OGGI


In seguito abbiamo “riconosciuto” in ogni passo di questa PANDEMIA FINANZIARIA  gli 11 Principi della Manipolazione dell’Opinione pubblica , mostrandoli in uno degli articoli che ha avuto maggior numero di contatti e lettori dal 2018 a oggi.

Il 22 Febbraio 2020 con l’articolo :

11 Tattiche Oscure della Manipolazione dell’Opinione Pubblicasiamo arrivati addirittura ad anticipare come avrebbero manipolato l’opinione della massa (cosa puntualmente avvenuta….nei mesi seguenti) applicando e verificando punto dopo punto in un altro articolo di straordinario successo  del 8 Marzo 2020 FTSEMIB-ITALIA-VIRUS CORONA & Joseph Goebbels. la precisa applicazione degli stessi da parte dei Media e non solo.

Tutti questi articoli (hanno nello stesso periodo) scatenato una censura  su FACE BOOK , mai vista dal 2006…..concentratasi proprio da Novembre 2019 ad Aprile 2020 al punto da farci decidere di lasciare quel Social dove era impossibile oramai fare Informazione Libera e Indipendente.

CENSURA ? IL LATO POSITIVO C’E’.

 FACE BOOK : Mai toccare certi argomenti

Quindi siamo riusciti a colpire il Centro del Bersaglio , perchè quando i Poteri Forti “reagiscono” contro chi “pensa troppo”  e chi “troppo anticipa” lo scopo è raggiunto.E’ chiaro.

Continuiamo a vedere una precisa “STRATEGIA” in quanto accaduto….compreso il movimento rialzista che abbiamo anticipato il 19 Marzo 2020 con un altro articolo iper-censurato nei giorni seguenti : MARKETS : LET’S TWIST AGAIN ?

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Ma in generale in ogni mossa che abbiamo visto concretizzarsi da Ottobre 2019 ad Aprile 2020 troviamo una “precisa” strategia , sia mediatica che governativa  e questo trova molte conferme negli atti compiuti sia da parte  delle Banche Centrali sia degli Organismi Nazionali e Internazionali .

Di sicuro un feroce attacco all’Italia (vedi crollo 25500-14100 su Indice con spread salito a 300 pb) è stato compiuto e con notevole  successo….

Le conseguenze di quest’ultimo, oltre al Lock Down per questi fantomatici VIRUS & PANDEMIA FINANZIARIA , stanno portando a un ulteriore impoverimento e riduzione della classe media , al rischio di chiusura di molte attività che non saranno poi capaci di rialzarsi dopo questo fermo-imposto, o peggio al loro passaggio in Mani Straniere ,come già avvenuto per oltre 700 aziende fiore all’occhiello del Made in Italy dal 2011 a oggi .

Senza contare, tra le conseguenze più visibili, l’attuale azzeramento del nostro Settore Turistico in grandissima difficoltà oltre  al sicuro aumento del Debito Pubblico Italiano viste le MAXI-EMISSIONI di Titoli Pubblici in arrivo.

Altra cosa che ci pare frutto sempre di una precisa Strategia la CAMPAGNA a cui stanno partecipando PRODI &C per convincere la gente….della necessità dell’Italia di utilizzare i 35 Miliardi del MES per la Sanità …..un primo passo….per l’accettazione anche del MES.. ??

QUESTO E’ UN MOMENTO MOLTO IMPORTANTE PER L’ITALIA.

FORSE DECISIVO PER LE GENERAZIONI CHE VERRANNO.

E IL VIRUS FA PARTE SOLO DI UNA STRATEGIA “PIANIFICATA” BEN PRIMA.

COME VI ABBIAMO DIMOSTRATO DA 6 MESI A QUESTA PARTE PIU’ VOLTE.

Chi c’è dietro questa Strategia ?

uuuuuzzzzz

E sopratutto dove ci vogliono Portare ?

Di una cosa possiamo e potete essere certi il livello “rischioso” per il FTSEMIB è 15700 (per il Movimento Latente 15700-11800 non eseguito) quindi fino a quando siamo lontani da quel livello siamo in una condizione  “neutra” .

Il resto si vedrà.

God Save Italy !

Ad Maiora.

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NEWS ARRIVATE DOPO IL NOSTRO ARTICOLO

Scontro globale: il cambio epocale è alle porte, chi vincerà?


Deep State – Illustration: David Gothard

di Cosimo Massaro

Gli scenari apocalittici che stiamo vivendo in questo periodo storico vedono uno scontro finale “…tra i figli della luce e figli delle tenebre” come ha affermato Monsignor Viganò, in una sua lettera  inviata al Presidente Trump.

La maggior parte della popolazione, purtroppo,  indottrinata dalla propaganda imposta dal pensiero unico dominante non riesce a consapevolizzare la portata degli eventi globali che stanno accadendo. Alla fine di questo scontro il mondo non sarà più come lo abbiamo finora conosciuto.Da una parte abbiamo il “Deep State”, quello “Stato Profondo” che determina, con la sua regia occulta, le vere sorti della storia. Un sistema di governo che da secoli opera per portare avanti i suoi loschi obbiettivi. Già  nella prima metà dell’800 Honoré de Balzac scriveva: “Vi sono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che ci viene insegnata ad “usum delphini”, e la storia segreta, dove si trovano le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.” L’attuale  propaganda rappresenta la futura storia scritta per i posteri ad “usum delphini”.  Ma noi dobbiamo necessariamente andare oltre, scavare dentro le trame degli eventi e consapevolizzare la verità per far vincere quelle forze della luce che stanno operando per destarci dall’oblio in cui siamo caduti.Lo “Stato Profondo” che attualmente domina il mondo e che mira ad imporre il NWO (Nuovo Ordine Mondiale) è infiltrato in  tutti gli Stati. Attraverso il suo  sistema politico ed economico  ha collocato i suoi uomini  in tutte le posizioni chiave della politica e   della società: ministeri, mass-media, economia, sanità,  cultura, università, scuole, spettacolo, cinema e tanto altro.   Nulla è sfuggito al   controllo,  i suoi tentacoli sono ovunque, nel cuore delle istituzioni.  Sono all’interno della politica sia di “destra” che di “sinistra” dei cosiddetti Paesi  “democratici” occidentali, come USA ed Europa, in potenze economiche e militari come  Russia e Cina e anche in quello Stato del Vaticano che dovrebbe rappresentare l’opera di Cristo nel mondo.Una Chiesa irriconoscibile, modernista, relativista, progressista e con due Papi, fatto storico epocale che dovrebbe farci alzare le antenne sui tempi che stiamo  vivendo. Il primo,  Benedetto XVI, il vero Papa, che si firma ancora “P.P. XVI” cioè Pontefice dei Pontefici ( Pontifex pontificum) costretto a dimettersi, quando, l’èlite usurocratica  che controlla il circuito dei pagamenti internazionale tramite lo Swift, impedì alla banca  del Vaticano  qualsiasi transazione. Pochi sanno   che furono  bloccati i conti, lo IOR  non poté  più effettuare alcuna   transazione finanziaria e  pagamenti di nessun genere. Il secondo, il cardinale Bergoglio, fatto eleggere grazie all’aiuto della  “mafia di San Gallo”. (1)Un “Papa” in perfetta linea con il NWO, che ha glissato la figura di Cristo e ha smesso di occuparsi della salvezza delle anime per occuparsi principalmente della politica terrena. Con il suo operato sta alimentando l’immigrazione clandestina, l’ambientalismo di facciata, sta  sdoganando la cultura gender.  Con un falso ecumenismo si annulla  Cristo negli accordi con l’Islam e si celebra il rito pagano  della dea Pachamama(2) in Vaticano, scende perfino a patti con il partito comunista cinese,   consentendo  loro di gestire la futura “chiesa”  operante  in Cina, sacrificando quella vera Chiesa storica cinese   da sempre   fedele al papato.

Il “FALSO RESET” economico al quale stanno lavorando i signori del Deep State, con le premesse descritte, pianificate nei loro gruppi di potere come Bilderberg, Commissione Trilaterale e Club di Roma, sono di stampo gattopardiano. Cambiare tutto per non cambiare nulla.L’ultima riunione dell’èlite globale, tenutasi il 3 giugno a  Davos, il “World Economic Forum”, ha stabilito le linee guida della futura economia  planetaria.  La “quarta rivoluzione industriale” progettata a Davos prevede un esponenziale utilizzo della tecnologia robotica, digitale e  della rete 5G per potenziare il lavoro industrializzato, sacrificando milioni di posti di lavoro in tutto il mondo.    Per tale ragione, per anni hanno divulgato le teorie del  “Club Di Roma”  e del  Malthusianesimo (3) per convincerci che siamo troppi sulla  terra e che le risorse non sono sufficienti per tutti.  Convinte le masse delle loro ragioni, per risolvere il problema, i “geni del male”, hanno pensato di dimezzare la popolazione mondiale.  Non hanno più bisogno di un eccesso di manodopera.La loro rivoluzione prevede anche l’avanzata del transumanesimo, una riprogettazione dell’uomo attraverso la tecnologia, l’eugenetica, la cultura gender, il controllo totale dei dati di ogni singolo individuo, la cultura ambientalista finalizzata ad accaparrare consensi, l’immigrazione incontrollata per generare nuove popolazioni, apolidi e senza nessuna tradizione storico-culturale funzionale al pensiero unico dominante.  Una massa informe disposta a lavorare per pochi centesimi l’ora. Il loro falso “Reset” prevede a livello finanziario, non un vero azzeramento dei debiti mondiali, come dovrebbe essere se si attuasse un vero giubileo globale, bensì uno spostamento della massa monetaria circolante dall’economia reale, verso l’economia tecno-finanziaria, con un trasferimento massiccio del  risparmio delle famiglie verso la finanza gestita dall’èlite. Con queste premesse bisogna inquadrare  anche la lotta al denaro contante che stanno portando avanti con la scusa della lotta all’evasione fiscale. Il contante sfugge al controllo e questo per loro è intollerabile.Ritornando al concetto gattopardiano, cambiare tutto per non cambiare nulla, rimane inalterato lo strumento primario che hanno a disposizione i “geni del male”, la loro moneta debito, cioè quella “moneta di satana” che ha indebitato tutti i popoli del mondo.Tuttavia in questi tempi apocalittici, per i signori del male, che stanno mettendo in  atto i loro ultimi colpi di coda attraverso la dittatura sanitaria globale, strumentalizzando il covid-19 , per poi passare molto probabilmente ad una dittatura militare, qualche granello di sabbia si è inserito nei loro loschi ingranaggi.  Uomini come   Trump e  Putin stanno effettivamente , con il loro operato, ostacolando il NWO  e lo hanno dimostrato in tutti questi anni  con i fatti. Grazie a loro, le guerre in Medio Oriente per ora si sono fermate, Trump ha messo sotto il controllo del Tesoro la Federal Reserve e sta lottando contro il potere delle multinazionali del farmaco compresa  Big Farma di Bill e Melinda  Gates. La cosa più importante a cui stanno lavorando insieme a tanti altri Paesi è un vero reset globale.

Il “VERO RESET”,che auspico si  attui,  è quello  previsto dal progetto GESARA  (Global Economic Security and Recovery Act) a cui molti Paesi sembrerebbero  già aver aderito. Tale progetto è basato  sul “Quantum Financial System” (QFS),  un sistema finanziario quantistico mirato a ripristinare le   valute globali.  Attraverso   questo  computer quantistico collocato in orbita con dei satelliti,  si creerà una  nuova valuta, cioè una nuova moneta non emessa più a debito e che  sarà basata  sulla  ricchezza reale dei Paesi aderenti. La massa monetaria sarà quantificata  in base alla   ricchezza reale generata dalla produttività del  Paese, il   PIL e anche da tutte le riserve auree e beni che esso  possiede.  L’attuale circuito SWIFT, ora  gestito  dalle banche centrali e  controllato dal  deep state, sarà sostituito da questo nuovo circuito monetario, finalizzato al benessere dei popoli. A tutto questo auspico che la moneta cartacea, comunque sia, non scompaia del tutto  perché rimane sempre uno strumento fondamentale alla libertà di ogni individuo.In conclusione sono sicuro che il Bene alla fine  trionferà  e per rispondere a tutti i disfattisti che riescono a vedere solo l’opera del male sulla terra, ricordo  sempre  loro  che come   esiste il male, così esiste anche il Bene. Viviamo in una  dimensione terrena duale, dove la contrapposizione degli opposti serve anche a permettere l’evoluzione spirituale di ogni incarnato su questo pianeta scuola.  Il Bene non sapremo mai in anticipo dove, come e quando opererà. Il Bene come il male opera nei cuori di ognuno di noi, al di là delle etichette politiche, associative e religiose  che il sistema tende ad affibbiarci. Tutti noi, nessuno escluso, risponderemo  sempre  alla  legge universale del libero arbitrio che ci farà oltrepassare la soglia della morte con il peso delle nostre singole  decisioni e non per quelle prese  collettivamente. Quel libero arbitrio che rende ciascuna esistenza degna di essere vissuta.

MES, Gualtieri: ‘strumento molto utile’. Ma il governo prende (perde) tempo. Su Pil atteso forte rimbalzo

Il MES è uno strumento utile, “noi abbiamo sempre detto che valuteremo il ricorso a questo strumento al momento opportuno”.Così il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, intervenuto oggi alla trasmissione Agorà su Rai Tre, sulla grande incognita di questo governo: il ricorso al MES ci sarà oppure no?Positive le valutazioni del titolare del Tesoro: Il MES “è strumento che non è un fondo perduto” ma disporre di “risorse a tasso zero è molto conveniente” e questo determinerebbe “un risparmio, in termini d’interessi, di diversi miliardi di euro”.Insomma, ha affermato Gualtieri riferendosi al Fondo salva-stati, il MES “è uno strumento molto utile”.
Peccato che ieri la sua vice, la viceministra dell’economia Laura Castelli (M5S), in un’intervista a Radio Cusano Campus, si fosse così espressa:
Il M5S non ha nessuna intenzione di prendere risorse europee mettendo a repentaglio il futuro delle prossime generazioni, in termini di sicurezza, di sovranità. Ci sono dei meccanismi che non ci sono mai piaciuti in quello strumento pensato per altri momenti storici, che secondo me oggi non ha più senso”.
Sempre ieri, dell’importanza di fare ricorso al Fondo salva-stati, aveva puntato l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che, nel corso di un’audizione sull’utilizzo del Recovery Fund presso le commissioni riunite Bilancio e Politiche dell’Unione europea di Camera e Senato, si era così espresso:
“Il Mes è fondamentale per rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari“. Ricordando che “le condizionalità macroeconomiche che hanno caratterizzato la crisi precedente sono state eliminate per queste linee di credito straordinarie destinate alla sanità”. A rilanciare sul MES anche l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta.
Oggi, un altro appello a questo strumento, la cui decisione l’Italia di Conte continua ostinatamente a rimandare, è arrivato dalla ministra della Famiglia Elena Bonetti, in un’intervista rilasciata a La Stampa in vista della riapertura delle scuole.
“La questione delle infrastrutture è centrale: penso all’arredo scolastico e all’uso di mascherine là dove non è possibile il distanziamento, certo se avessimo avuto un’edilizia scolastica all’altezza oggi saremmo in una condizione migliore. Abbiamo davanti una sfida importante: nei mesi che ci aspettano dobbiamo pensare a una riqualificazione non solo sul fronte della sicurezza, ma all’ideazione di luoghi educanti. Per farlo dovremo utilizzare il Recovery Fund, il Mes, tutti gli strumenti a disposizione“.
A ribadire il suo sostegno al MES è stato anche il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, intervistato ieri dal Tg2 Post:
“Si vota per le regionali, c’è il Mes che vuol dire 37 miliardi di euro per la sanità, vuol dire ospedali, infermieri, medicina personalizzata. Lega e grillini dicono di no al Mes, noi diciamo di sì, non vogliamo diventare come i grillini che dicono di no”.
Non solo di MES ha parlato Gualtieri. Sul trend dell’economia italiana, il numero uno del MEF ha ricordato che il governo aveva stimato per il Pil del 2020 una flessione dell’8%, facendo al contempo alcune precisazioni: La stima “è stata fatta quando non si sapeva quanto sarebbe durato il lockdown da crisi coronavirus, durato più del previsto”. Di conseguenza, la nuova stima “sarà peggio del -8% stimato, ma non così tanto”.
Tra l’altro, tutti coloro che avevano previsto tonfi del Pil dell’11/12/13% “dicono che l’Italia sta facendo meglio del previsto”.
In ogni caso, ha continuato il titolare del Tesoro, nel terzo trimestre da “tutti gli indicatori, occupazione, sentimento delle imprese, ordinativi” emerge che “ci sarà un forte rimbalzo del Pil, che è una cosa importante”.
Ottimismo anche sui dati relativi all‘ occupazione.
Ieri l’Istat ha reso noto che a luglio, dopo quattro mesi di flessioni consecutive, l’occupazione è tornata a crescere a fronte del calo dell’inattività.
Nel complesso, il tasso di occupazione è salito al 57,8% (+0,2 punti percentuali). L’aumento consistente delle persone in cerca di lavoro (+5,8% pari a +134mila unità) è diffuso per genere ed età. Il tasso di disoccupazione è salito al 9,7% (+0,5 punti) e, tra i giovani, ha raggiunto il 31,1% (+1,5 punti). Occhio però al trend dal febbraio del 2020

Recovery Fund, Gentiloni: ‘Piano governo non sia catalogo spese. Guai a usare soldi per taglio tasse’. E rilancia su MES come Letta

Il piano nazionale di riforme che l’Italia deve presentare, come tutti gli Stati membri dell’Ue, per accedere alle risorse del Recovery Fund non sia “un catalogo delle spese”, ma un piano che indichi le priorità su cui il paese si impegna a lavorare. E questo, ovviamente, non vale solo per l’Italia. Lo ha detto il Commissario Ue agli Affari economici, l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, nel corso dell’audizione sull’utilizzo del Recovery Fund, presso le commissioni riunite Bilancio e Politiche dell’Unione europea di Camera e Senato.
Si sa già che il primo passo che gli stati Ue dovranno fare per disporre delle risorse del Fondo per la ripresa sarà, di fatto, quello di stilare i cosiddetti piani nazionali di riforme. La deadline c’è ed è, comunica Gentiloni, il prossimo 15 ottobre.“La commissione (Ue) incoraggia a presentarli per la metà di ottobre – ha detto l’eurocommissario – Ci aspettiamo delle bozze che indichino obiettivi generali, linee intervento, priorità, che consentano l’avvio di un dialogo con la commissione”. L’appello all’Italia e al governo M5S-PD è chiaro:“Questa sfida sarà cruciale per il nostro futuro”. Dal canto suo, Gentiloni è “fiducioso sul fatto che l’Italia abbia tutte le potenzialità e le capacità per essere all’altezza di questa sfida”.
Una sfida che è anche un’occasione: “Oggi abbiamo le risorse e lo spazio di bilancio per affrontare queste strozzature. Se non le usiamo oggi per affrontare questi problemi annosi, il rischio è che non lo facciamo più. Questo vale per i 27 paesi ma vale in modo particolare per l’Italia”. Di conseguenza, “serve il coraggio di scegliere e guidare questa transizione, o lo facciamo oggi o non lo facciamo più”.

Letta e Gentiloni rilanciano su MES, ma è no Castelli (M5S)

Di Recovery Fund parla anche Enrico Letta. In un’intervista rilasciata a “Immagina” a margine della Festa nazionale dell’unità di Modena, l’ex presidente del Consiglio conferma il carattere di sfida del fondo:
“Il Recovery Fund ci mette alla prova, dobbiamo avere una capacità progettuale senza precedenti, fare scelte giuste, non sbagliare un colpo. In gioco c’è il nostro futuro“.
Ancora, Letta rilancia sul MES, come aveva fatto più volte in passato, nel momento in cui aveva ricordato che, mentre le risorse del Recovery Fund saranno disponibili a partire solo dall’anno prossimo, quelle del MES sono invece disponibili da subito.
“Quei soldi, sono lì e possono essere la leva con cui risollevare tante storture – ha ricordato l’ex premier – Per esempio, potrebbero essere usati per ridurre il gap in sanità e tecnologia o favorire le realtà locali e periferiche, una prospettiva di fronte alla quale mi aspetto che il mio partito porti avanti la bandiera”. Così si era espresso sempre Letta alla fine di luglio, nel commentare l’accordo raggiunto nel Consiglio Ue  sul Recovery Fund, che dovrebbe assicurare all’Italia 209 miliardi di euro tra prestiti e sussidi. “Non ho mai cambiato idea. Per due ragioni: per la finalità del Mes – le spese sanitarie – e per la tempistica. Le risorse di questo accordo arriveranno non prima dell’anno prossimo, quelle del Mes sono disponibili dall’autunno“.
Di MES ha parlato oggi anche l’eurocommissario e l’altro ex presidente del Consiglio Gentiloni: “Il Mes è fondamentale per rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari”. E ancora: “Le condizionalità macroeconomiche che hanno caratterizzato la crisi precedente sono state eliminate per queste linee di credito straordinarie destinate alla sanità”.
Insomma, cosa aspetta l’Italia? Che il treno di questa opportunità passi sotto i suoi occhi?
Il premier Giuseppe Conte si conferma ostaggio del populismo del M5S, che è stato confermato tra l’altro anche oggi, proprio sul MES, da Laura Castelli, in un’intervista a Radio Cusano Campus:
L’Italia ha le spalle larghe, è stata sostenuta dalla parte più produttiva del Paese, le piccole-medie imprese a cui va il ringraziamento e il pensiero per l’utilizzo delle risorse europee – ha detto la viceministra all’Economia – “la nostra posizione è sempre stata contraria (al MES). Il M5S non ha nessuna intenzione di prendere risorse europee mettendo a repentaglio il futuro delle prossime generazioni, in termini di sicurezza, di sovranità. Ci sono dei meccanismi che non ci sono mai piaciuti in quello strumento pensato per altri momenti storici, che secondo me oggi non ha più senso”.

Gentiloni: erogazione 10% non prima anno prossimo

Il fatto che bisognerà attendere le risorse del Recovery Fund fino al prossimo anno è stato ribadito da Gentiloni, che ha presentato una sorta di calendario sull’erogazione dei finanziamenti e prestiti del Recovery Fund:
La prima erogazione del 10% delle risorse da parte della Commissione avverrà presumibilmente nel primo semestre del prossimo anno. Le altre erogazioni avverranno a cadenza semestrale, due volte l’anno”. Il commissario ha sottolineato che il “10% arriverà quando saranno approvati i piani” , dunque non entro la fine di quest’anno, per chi ci sperava.
Oltre ad avvertire l’Italia sul fatto che il piano nazionale di riforme non può essere un “catalogo delle spese”, Gentiloni ha anche lanciato un appello: “Guai se usiamo questi 200 miliardi per ridurre le tasse, sarebbe davvero un messaggio sbagliato”.
L’eurocommissario ha affrontato anche la questione del Patto di Stabilità, che è stato sospeso a causa della crisi innescata dal coronavirus COVID-19. In che modo il Patto sarà reintrodotto?
“Dobbiamo ritornare a regole condivise? Certamente, ma tornare a regole comuni non significa tornare alle stesse regole comuni che avevamo prima”, ha rassicurato l’ex premier. In ogni caso, “bisogna stare attenti alla scelta dei tempi per eliminare la clausola che sospende le regole. Farlo troppo presto presenterebbe rischi notevoli”.
Riguardo alle condizioni di salute dell’economia dell’area euro, Gentiloni ha affossato le speranze di chi scommette su una ripresa a V: “Il contesto rimane caratterizzato da incertezze”, “non siamo di fronte ad una ripresa a V ma, piuttosto, di fronte ad una fase certamente di ripresa delle nostre economie, caratterizzata però da un clima d’incertezza. E anche l’Italia è alle prese con questa incertezza”.
Nel complesso, il messaggio del commissario Ue agli Affari economici, chiaro e forte, sembra il seguente: l’Italia giochi bene le sue carte. E stavolta, inclusa quella del MES, ne ha di buone.

Gentiloni: ‘Mes fondamentale per resilienza sistemi sanitari’. Recovery Fund: ‘ora o mai più’

“Il Mes è fondamentale per rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari”. Lo ha detto il Commissario agli Affari economici, l’ex primo ministro Paolo Gentiloni , nel corso dell’audizione sull’utilizzo del Recovery Fund, presso le commissioni riunite Bilancio e Politiche dell’Unione europea di Camera e Senato.“Le condizionalità macroeconomiche che hanno caratterizzato la crisi precedente sono state eliminate per queste linee di credito straordinarie destinate alla sanità”, ha aggiunto. Sulle risorse messe a disposizione per l’Italia dall’accordo sul Recovery Fund, Gentiloni si è così espresso:“Oggi abbiamo le risorse e lo spazio di bilancio per affrontare queste strozzature. Se non le usiamo oggi per affrontare questi problemi annosi, il rischio è che non lo facciamo più. Questo vale per i 27 paesi ma vale in modo per l’Italia”.Di conseguenza, “serve il coraggio di scegliere e guidare questa transizione, o lo facciamo oggi o non lo facciamo più”. Rivolgendosi al governo italiano, l’eurocommissario ha sottolineato che “questa sfida sarà cruciale per il nostro futuro”, dicendosi “fiducioso sul fatto che l’Italia abbia tutte le potenzialità e le capacità per essere all’altezza di questa sfida”.Gentiloni ha tenuto comunque a precisare che la Commissione Ue europa chiede che il governo italiano, a fronte delle risorse del Recovery Fund, stili un proprio piano di riforme, indicandone le priorità, che non sia un “catalogo delle spese”.

Crisi economica: le stime di Prometeia adombrano un rischio default per l’Italia

La sostenibilità del debito pubblico italiano vacillerebbe, indipendentemente dalla BCE, nel caso in cui le previsioni macro di Prometeia si rivelassero esatte. Ed è molto probabile che lo siano.

La sostenibilità del debito pubblico italiano vacillerebbe, indipendentemente dalla BCE, nel caso in cui le previsioni macro di Prometeia si rivelassero esatte. Ed è molto probabile che lo siano.

La crisi dell’economia italiana si sta rivelando più grave di quanto anche le previsioni più pessimistiche indicassero fino a poche settimane fa. Ieri, le stime di Prometeia hanno raggelato il sangue, non tanto per il calo atteso del pil per il 2020, di fatto inferiore a quello stimato da Commissione UE e qualche altro analista straniero, quanto per gli strascichi che si porterebbe dietro. L’economia si contrarrebbe quest’anno del 10,1% e rimbalzerebbe del 5,9% nel 2021. Tuttavia, rischia di tornare ai livelli pre-Covid solamente nel 2025. Del resto, l’Italia chiudeva il 2019 con un pil reale sotto i livelli del 2007 di almeno 4 punti percentuali, prova di quanto sia per noi difficile recuperare in fretta i livelli di ricchezza perduti a causa della crisi.

La vera crisi del debito pubblico è che non serve più all’economia

Il deficit è atteso per quest’anno da Prometeia all’11% del pil, il debito pubblico al 159%. Eppure, probabile che i numeri a consuntivo si rivelino ben peggiori. Il problema non riguarda l’oggi, quanto proprio la lentezza del recupero. Un calo del pil nell’ordine del 10% sottrae alle casse dello stato oltre 4 punti di pil di gettito fiscale, qualcosa come 75 miliardi di euro all’anno. Questo, perché la pressione fiscale nel nostro Paese si attesta intorno al 42-43%, cioè su ogni 1 euro di ricchezza prodotta vengono versate imposte per 42-43 centesimi.Più tempo ci serve per tornare ai livelli di pil nominale del 2019, più lentamente questo “buco” si rimargina. Se Prometeia avesse ragione, ad esempio, nel 2021 mancherebbero ancora all’appello almeno un’ottantina di miliardi di pil, supponendo prezzi fermi. E di conseguenza, il minore gettito fiscale resterebbe all’incirca di 35 miliardi, andando ad alimentare i disavanzi fiscali, al netto delle misure di sostegno ai redditi.Un fenomeno, che abbia imparato a conoscere con l’onda lunga della crisi del 2008-’09, che in Italia ebbe una replica devastante nel triennio 2011-2014. Malgrado i tagli alla spesa, la bassa crescita ha tenuto basso il gettito fiscale, che è stato aumentato con rialzi di imposte depressivi per l’economia.

Rischio inflazione

Se alla bassa crescita dovessimo far fronte anche a un’inflazione nulla o persino negativa, il problema diverrebbe ancora più grave, perché nemmeno nominalmente le entrate dello stato crescerebbero, mentre il peso del debito in rapporto al pil tenderebbe a rafforzarsi. Né per contro potremmo o dovremmo confidare in una veloce reflazione, che deprimendo i redditi reali in una fase ancora di debolezza finirebbe per tagliare i consumi delle famiglie, indebolendo le prospettive di crescita. E un’inflazione in rapida risalita in tutta l’Eurozona costringerebbe la BCE a ritirare le misure di accomodamento monetario, tagliando gli acquisti di bond e alzando gradualmente i tassi, con ciò aumentando il costo di rifinanziamento dei debiti sovrani, specie di quelli percepiti più a rischio come il nostro.E’ proprio questo lo scenario che Prometeia sottintende, ovvero che l’Italia non riesca ad uscire dalla crisi in fretta, tornando ai livelli pre-Covid dopo gli altri partner dell’Eurozona e subendone le conseguenze sul piano di una politica monetaria più restrittiva e, quindi, di minore supporto ai BTp. Gli avanzi primari (al netto della spesa per interessi) resterebbero bassi e insufficienti a garantire la stabilità del rapporto debito/pil, rendendo lo stock sempre meno sostenibile. E tutto questo, senza tenere in considerazione che per ragioni di mantenimento della pace sociale i governi nei prossimi anni a Roma (e, forse, anche altrove) non potranno concentrarsi sul risanamento dei conti pubblici, dovendo rispondere alle crescenti insofferenze sociali. Si fa presto a pensare che la BCE ci possa salvare in eterno, perché la realtà che abbiamo dinnanzi agli occhi è spaventosamente seria.

Dal Parlamento ok scostamento bilancio (+25 MLD deficit) e PNR. C’è anche il MES, con tanto di shock M5S

E, alla fine, con tanto di imbarazzo del M5S, la maggioranza apre al MES, dunque a quei prestiti a tassi praticamente pari allo zero, con il vincolo di essere destinati alle spese sanitarie, disponibili da subito, molto prima dei finanziamenti del Recovery Fund, il fondo per la ripresa che garantisce all’Italia 209 miliardi tra prestiti e sovvenzioni. Lo mettono in risalto, oggi, diversi quotidiani italiani, riferendosi a una risoluzione contenuta nel Programma nazionale di riforma (Pnr), che è stata approvata ieri insieme alla proposta del governo sullo scostamento di bilancio.
Dal testo emerge infatti che è previsto “l’utilizzo, sulla base dell’interesse generale del Paese e dell’analisi dell’effettivo fabbisogno, degli strumenti già resi disponibili dall’Unione europea per fronteggiare l’emergenza sanitaria e socioeconomica in atto, garantendo un costante rapporto di informazione e condivisione delle scelte con il Parlamento”.Da Il Giornale emerge chiaramente lo schiaffo al M5S nell’articolo: “Scostamento di bilancio, 5S ‘fregati’ dalla clausola: “Ci fanno ingoiare Mes” . Ma del caso ne parlano tutti.La risoluzione che indica il ricorso al MES, presente nel Programma nazionale di riforma, è stata fatta notare in primis, nella giornata di ieri, dalla presidente di Forza Italia in Senato Anna Maria Bernini, che ha interrogato i 5Stelle.
“Se le parole hanno ancora un senso, significa che la maggioranza sta chiedendo al governo di usare subito i fondi del Mes“, ha dichiarato la senatrice, come riporta l’agenzia di stampa “AdnKronos”.
Bernini ha continuato: “Sarebbe una novità politica di non poco conto. Ma i Cinque Stelle hanno letto il testo?“.
E’ a quel punto che si è scatenato il panico tra i pentastellati. Così un parlamentare alla Camera si è sfogato in chat, stando a quanto riportato da AdnKronos: “Sono riusciti a fregarci al Senato con questa risoluzione, infilando il Mes senza mai citarlo. Conte e Pd hanno portato a casa la loro operazione e in questo modo il Mes non dovrà essere più votato in Parlamento. Oggi è la grande debacle del Movimento. Abbiamo perso sulle presidenze di Commissione e adesso stiamo ingoiando anche il Mes. Una gestione dei vertici totalmente fallimentare…”.
Eppure il testo della risoluzione è piuttosto chiaro, laddove prevede l’utilizzo degli “strumenti già resi disponibili dall’Ue per fronteggiare l’emergenza sanitaria”. Non è così difficile arrivarci: il MES fa già parte, di fatto, degli strumenti già disponibili, e il suo utilizzo è vincolato proprio al finanziamento delle spese sanitarie.
Così, intanto, il ministro dell’economia Roberto Gualtieri ha commentato su Facebook il sì del Parlamento allo scostamento di bilancio e al Piano nazionale di riforme:
“Il Parlamento ha approvato, con una forte coesione della maggioranza, lo scostamento di bilancio e il Piano Nazionale di Riforme. Una buona notizia per il Paese e per gli italiani, soprattutto per quelli che stanno subendo gli effetti della crisi: continueremo a sostenerli”. Gualtieri ha continuato, sottolineando che “il Governo ha compiuto uno sforzo senza precedenti per contrastare le conseguenze del Covid-19, varando misure che sono state determinanti nel contenere la caduta del Pil, nel salvaguardare la capacità produttiva e l’occupazione, nell’attenuare l’impatto economico della crisi, in particolare sulle famiglie più fragili, e nel porre le basi per la ripresa economica che è già in atto e che dobbiamo continuare a stimolare”.
“L’impatto della crisi e la persistente debolezza della domanda interna e internazionale – ha detto ancora il titolare del Tesoro – richiedono di proseguire questo sforzo e al tempo stesso di orientarlo maggiormente alla ripresa della produzione e dell’occupazione. Con il nuovo scostamento prorogheremo gi ammortizzatori sociali rendendoli al tempo stesso più selettivi e incentivando l’occupazione, daremo sostegno ad alcune filiere produttive particolarmente penalizzate dalla crisi e alle crescita, aiuteremo la scuola a riaprire in sicurezza e gli enti territoriali ad avere le risorse necessarie per i servizi ai cittadini, rimoduleremo alcune scadenze fiscali”.
“Al tempo stesso siamo al lavoro per utilizzare al meglio le risorse europee di #nextgenerationeu nel quadro di un ambizioso recovery plan che punta ad affrontare i ritardi e i problemi storici, nel segno del lavoro, dell’innovazione, della sostenibilità ambientale e della coesione sociale e territoriale, a partire dal rilancio del Mezzogiorno. Perchè l’Italia riparte solo se riparte tutta insieme”.
Lo scostamento di bilancio è stato approvato dal Senato con 170 sì, 4 contrari, 133 astenuti; dalla Camera il sì è arrivato con 326 voti a favore, un voto contrario e 222 astenuti. (era richiesta la maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea).
Attesa dunque per la manovra di agosto, che verrà finanziata con i 25 miliardi di deficit aggiuntivo, che hanno ricevuto l’ok del Parlamento.
Ancora sul MES, una previsione era stata fatta dalla parlamentare di Italia Viva Maria Elena Boschi che, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera e pubblicata ieri, aveva detto:
È ovvio che chiederemo i soldi del Mes. I 5 Stelle stanno solo aspettando che passino le Regionali. I grillini che chiedevano di uscire dall’Europa non ci sono più, un tempo andavano in pellegrinaggio dai Gilet gialli ora ascoltano Macron e Merkel”. E d’altronde, ancora sul MES: “Questi soldi servono agli italiani e sono disponibili da subito. Non c’è un candidato governatore che annunci che non userà i soldi del Mes”.
“La maggioranza è forte”, ha commentato dal canto suo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Oggi è stato votato lo scostamento di bilancio e credo che la maggioranza abbia dato una prova della sua forza”

Vaccino Covid: rally di Moderna nel pre-market di Wall Street, al via studio di Fase 3

Attenzione oggi al titolo Moderna Inc a Wall Street, che potrebbe partire con slancio. Nella sessione pe-market il titolo della società biotecnologica segna un balzo in avanti di oltre il 10%. A scaldare gli scambi è la speranza di progressi nel vaccino contro il Covid-19. Moderna ha infatti annunciato il via dello studio di Fase 3 per il suo vaccino sperimentale. La società, inoltre, ha fatto sapere che riceverà un finanziamento aggiuntivo fino a 472 milioni di dollari per la sperimentazione del suo candidato al vaccino dall’Autorità di ricerca e sviluppo biomedica avanzata (Biomedical Advanced Research and Development Authority). Moderna aveva precedentemente annunciato di aver ricevuto 483 milioni in finanziamenti federali per sostenere lo sviluppo clinico del vaccino.

Vaccino anti-Covid: governo Usa firma accordo con Pfizer e BioNTech per 600 mln di dosi

Il governo degli Stati Uniti si è assicurato fino a 600 milioni di dosi del possibile vaccino anti-Covid in via di sperimentazione da Pfizer e BioNTech. Nel dettaglio, verranno consegnati in una prima fase 100 milioni di dosi per 1,95 miliardi di dollari con l’opzione per altre 500 milioni di dosi aggiuntive del vaccino che sarà distribuito gratuitamente alla popolazione, una volta ottenuta l’approvazione e l’autorizzazione all’uso dalla Food and Drug Administration (FDA). Attualmente infatti Pfizer e BioNTech hanno avviato gli studi clinici su quattro potenziali vaccini, che però devono ancora completare l’iter sperimentale. Pfizer e BioNTech prevedono di richiedere l’autorizzazione all’uso già nell’ottobre 2020, se gli studi in corso avranno esito positivo. Le due aziende si aspettano di produrre a livello globale fino a 100 milioni di dosi entro la fine del 2020 e potenzialmente oltre 1,3 miliardi di dosi entro la fine del 2021.

Il vaccino Moderna fa sognare i mercati, anche Fauci ottimista. Jeremy Siegel: ‘Arrivera’ prima di quanto ci si aspetti’

La speranza di un vaccino torna a spingere in alto l’umore del mercato (+1% oggi il Ftse Mib che torna sopra i 20mila punti) con Moderna che annuncia i progressi con i suoi studi per il vaccino anti-Covid. Ieri sera la società biotech ha annunciato che il suo vaccino mRrna-1273 ha indotto una risposta immunitaria in uno studio relativo alla prima fase dei test e le azioni di Moderna preannunciano un balzo del 18% a 88 dollari in avvio a Wall Street.

Moderna pronta a inondare il mondo di vaccini

Il 27 luglio Moderna entrerà nella fase finale dei test clinici per il suo vaccino anti covid-19, diventando la prima società al mondo a raggiungere questa tappa. L’azienda biotech americana ha annunciato che a questa fase parteciperanno 30 mila persone, metà delle quali riceverà una dose di 100 microgrammi mentre l’altra assumerà una sostanza placebo.
L’approdo alla Fase 3 “dimostra la capacità del nostro vaccino di ridurre significativamente il rischio di malattia COVID-19”, ha detto Moderna aggiungendo che è sulla buona strada per essere in grado di erogare circa 500 milioni di dosi all’anno, e possibilmente fino a 1 miliardo di dosi all’anno a partire dal 2021.

Fauci cautamente ottimista, Siegel vede vaccino prima di quanto il mercato pensi

Sempre ieri ha mostrato un cauto ottimismo anche il Dr. Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Malattie infettive e consigliere della Casa Bianca nell’emergenza Covid. Fauci ha detto che è “cautamente ottimista” relativamente a un vaccino contro il coronavirus. “Se le cose andranno bene come speriamo che facciano”, un vaccino sicuro ed efficace sarebbe pronto per la distribuzione entro la fine del 2020, all’inizio del 2021, ha affermato.
Jeremy Siegel, professore di Finanza presso la Wharton School of Business dell’Università della Pennsylvania, ritiene che un vaccino contro il coronavirus è più vicino di quanto il mercato pensi. “Non abbiamo visto battute d’arresto nel programma di sviluppo del vaccino e penso che potremmo trovarci con un vaccino già a fine autunno/inizio inverno”, ha detto Siegel alla CNBC.
Siegel, che nei mesi scorsi si era professato molto ottimista affermando che il mercato ha visto i suoi minimi a marzo e nel 2021 ci sarebbe stato un altro boom, ritiene che in questo frangente il mercato sia “abbastanza resistente” e anche la crescita dei nuovi casi di virus starebbe raggiungendo il picco e che i lockdown che si vedono saranno temporanei.

L’entusiasmo sul titolo Moderna

Le azioni di Moderna sono quasi quadruplicate quest’anno, in contrasto con le perdite intorno all’1% e al 7% per l’indice S&P500 e del Dow Jones Industrial Average nello stesso periodo.
L’azienda ha reso noto che nel corso dei test di laboratorio il farmaco ha prodotto risposte immunitarie in tutti i 45 pazienti volontari. Nessun paziente ha manifestato un grave effetto collaterale, ma più della metà ha riferito reazioni lievi o moderate come affaticamento, mal di testa, brividi o dolori muscolari. I risultati pubblicati martedì hanno coinvolto tre dosi di vaccino, testate in gruppi di 15 volontari di età compresa tra 18 e 55 anni che hanno ricevuto due dosi, a distanza di 28 giorni. I gruppi hanno testato 25, 100 o 250 microgrammi del vaccino.
Moderna è stata la prima ad iniziare i test umani su un vaccino per il nuovo coronavirus il 16 marzo, circa 66 giorni dopo il rilascio della sequenza genetica del virus. Il governo federale statunitense sostiene il vaccino di Moderna con un sissidio di quasi mezzo miliardo di dollari.
Un vaccino di successo potrebbe essere una svolta per Moderna, con sede a Cambridge, nel Massachusetts, che non ha mai avuto un prodotto in licenza.
L’ultima volta che le azioni sono salite oltre gli 80 dollari, il management ha emesso azioni, ponendo fine al rally del titolo.  Ma secondo alcuni analisti l’urgenza mondiale di avere un vaccino pronto e la popolarità dei fornitori di vaccini COVID-19 potrebbe aiutare le azioni a spingersi fino a 100 dollari.

Mercati europei salgono su speranze vaccino, focus anche su stagione utili

I mercati europei iniziano la seduta in rialzo dopo la positiva chiusura di Wall Street e della Borsa di Tokyo (Nikkei a +1,59%). In particolare gli investitori guardano agli ultimi sviluppi relativi a un potenziale vaccino contro il coronavirus dopo che la biotech Moderna ha annunciato che il prossimo 27 luglio inizierà la fase finale dei test clinici per il vaccino anti covid-19. Sullo sfondo restano, intanto, i timori legati all’evoluzione della pandemia, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche le tensioni tra Usa e Cina. Anche oggi la stagione delle trimestrali Usa si concentra sui bancari: con i numeri di Goldman Sachs. Ieri Jp Morgan e Citigroup hanno pubblicato utili in forte calo, ma superiori alle attese.
In questo scenario sono gli acquisti ad avere la meglio: il Dax di Francoforte sale dell’1%, mentre il Cac40 mostra una crescita dello 0,78% e il Ftse 100 sale dello 0,74 per cento.

Debito pubblico sfonda muro 2.500 miliardi, pro-capite è di oltre 41mila euro

Sale a maggio il debito delle Amministrazioni pubbliche. Il dato si è attestato a 2.507,6 miliardi, in aumento di 40,5 miliardi rispetto al mese precedente e nuovo record storico Lo rende noto la Banca d’Italia nella pubblicazione statistica “Finanza pubblica: fabbisogno e debito” spiegando che l’incremento riflette, oltre al fabbisogno del mese (25 miliardi), l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (14,5 miliardi, a 61,4); gli scarti e i premi all’emissione e al rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione del tasso di cambio hanno nel complesso aumentato il debito di ulteriori 1 miliardi. Con riferimento ai sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 40,6 miliardi mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,1 miliardi. Il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.Quanto alle entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 24,6 miliardi a maggio, in diminuzione del 27,8 per cento (-9,5 miliardi) rispetto allo stesso mese del 2019, risentendo della sospensione di alcuni versamenti fiscali disposta dai provvedimenti governativi approvati negli ultimi mesi e del peggioramento del quadro macroeconomico. Nei primi cinque mesi del 2020 le entrate tributarie sono state pari a 143,7 miliardi, in diminuzione dell’8,2 per cento (-12,9 miliardi) rispetto al corrispondente periodo del 2019.“Nuovo record storico. Battuto il precedente primato del luglio 2019, quando il debito arrivò a 2.467,442 miliardi. Si tratta, inoltre, di un debito destinato inevitabilmente ad aumentare per via dell’emergenza Covid” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Considerati gli ultimi dati Istat resi noti in settimana sulla popolazione residente, è come se ogni italiano avesse un debito di oltre 41 mila euro, 41.623 euro. A famiglia si tratta di un debito pari a quasi 96 mila euro, 95.736 euro.

Mercati europei verso avvio positivo, si riaccendono speranze su vaccino

I mercati europei si preparano ad avviare la seduta infrasettimanale in rialzo guidati dalla positiva chiusura di Wall Street e della Borsa di Tokyo (Nikkei a +1,59%). Gli ultimi sviluppi relativi a un potenziale vaccino contro il coronavirus sono uno dei principali obiettivi temi di oggi sui mercati. La biotech Usa Moderna ha annunciato che il prossimo 27 luglio inizierà la fase finale dei test clinici per il vaccino anti covid-19 (prima società al mondo a raggiungere questa fase). Sullo sfondo restano, intanto, i timori legati all’evoluzione della pandemia, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche le tensioni tra Usa e Cina.Prosegue anche la stagione delle trimestrali che ieri è iniziata negli Usa con i conti di alcune big bank a stelle strisce del calibro di Jp Morgan che ha pubblicato utili in forte calo, ma superiori alle attese. Oggi si attendono i numeri del secondo trimestre di Goldman Sachs.

Coronavirus: l’Oms registra 230mila nuovi casi nel mondo in un giorno, è record

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha registrato ieri 230.370 nuovi casi di coronavoirus nel mondo nelle ultime 24 ore. Si tratta di un record, che supera quello toccato venerdì scorso. L’aumento maggiore è negli Stati Uniti, in Brasile e in India, secondo il bollettino quotidiano. Il numero di decessi è rimasto stabile a circa 5.000 al giorno. Secondo un bilancio stilato da Reuters, il numero di casi di coronavirus nel mondo si avvicina ai 13 milioni, con 565.000 decessi in sette mesi.

Mercati in ansia: boom nuovi casi COVID in Usa, Fauci lancia alert. Allarme lockdown anche a Hong Kong, Tokyo, Melbourne

Si accentua sui mercati l’ansia da coronavirus, con l’OMS -Organizzazione mondiale della Sanità – WHO in inglese – che ha avvertito che la diffusione del virus, che ha già infettato più di 12 milioni di persone a livello globale, sta “peggiorando” nella maggior parte del mondo. Una analisi della Cnbc ha rilevato inoltre, sulla base della media mobile degli ultimi sette giorni – che in 40 stati americani i casi di COVID-19 stanno aumentando, e che in 25 stati, soltanto nella giornata di mercoledì, il numero di pazienti ricoverati per infezione da coronavirus è salito del 5% se non oltre. In particolare, in California sono stati individuati 7.697 nuovi casi sempre in base alla media mobile in sette giorni -, un livello superiore di oltre +26% rispetto a una settimana fa. In Florida i nuovi contagi sono stati pari a 9.255 unità, in rialzo di quasi +30% su base settimanale. Boom anche in Texas, dove ieri, giovedì 9 luglio, i decessi sono aumentati di 105 unità a 2.918 e le nuove infezioni sono salite di 9.782 unità a 230.346 unità. Preoccupante l’ospedalizzazione, con 79 nuovi pazienti ricoverati, che portano il totale al record di 9.689 (record del tasso di ospedalizzazione segnato per l’undicesimo giorno consecutivo).
Niente di buono neanche dall’agenzia federale sanitaria americana CDC, che ha reso noto che gli Stati Uniti hanno assistito a un balzo di 64.771 nuovi casi, rispetto ai + 50.304 nuovi casi individuati il giorno prima, mercoledì 8 luglio. In crescita anche il numero dei decessi in Usa, a 991 unità rispetto alle 932 della vigilia, in rialzo del 6,3%. I nuovi numeri indicano che il numero delle infezioni da coronavirus in Usa è salito ben oltre quota 3 milioni, a 3.047.671, rispetto ai 2.982.900 di mercoledì, con un aimento dei casi, su base giornaliera e in termini percentuali, pari a +28,7%.Ieri è arrivato l’ennesimo monito di Anthony Fauci, a capo della taskforce contro il coronavirus della Casa Bianca, che ha sottolineato che alcuni stati, in America, hanno riaperto troppo presto, consentendo così alla pandemia di ripresentarsi : “Alcuni stati non hanno rispettato le linee guida e le raccomandazioni di apre in modo cauto e prudente, e hanno aperto in modo troppo veloce”. Fauci ha precisato che non si debba tornare necessariamente a chiudere tutto con il lockdown, ma che alcuni stati debbano frenare il processo di riapertura. “Piuttosto che tornare a uno shutdown completo, credo che abbiamo bisogno di portare alcuni stati a interrompere il processo di riapertura”, ha detto il medico in un’intervista rilasciata a  The Hill’s .Ma se l’America piange, il resto del mondo non ride. Tutt’altro. Torna il lockdown da coronavirus a Melbourne, la seconda città più grande dell’Australia, con 288 nuovi casi e 37.588 test condotti, al nuovo record: 47 persone sono state ricoverate, 12 si trovano in terapia intensiva.tando ad alcune indiscrezioni, Hong Kong sarebbe pronta a chiudere di nuovo le scuole e altri dati indicano che i casi giornalieri di Tokyo, in Giappone, sono saliti di 224 nuove unità, segnando un balzo record. Contagi in crescita anche in Italia, pari a +229, di cui più della metà rinvenuti in Lombardia, e per un totale di 242.363 . In calo il numero dei nuovi decessi, 12 rispetto ai 15 dell’altro ieri, per un totale delle vittime da COVID pari a 34.926. E’ quanto emerge dai dati del ministero della Salute. Australia’s second largest city of Melbourne is back in lock down after having really messed up on managing the virus. 288 new cases in Melbourne 37,588 tests carried out, new record high 47 people in hospital 12 in intensive care

Stati Generali: dietro lo splendore di Villa Pamphili il rischio che Italia esca dal G7 cedendo posto al Brasile

“Al desk italiano della Bce, orfano di Mario Draghi tutore, il governo di Roma è diventato un sorvegliato speciale e circola un appunto classificato, ‘strictly confidential’, che potrebbe guastare per sempre i sogni di gloria di Giuseppe Conte: l’Italia rischia di uscire dal G7, il gruppo delle prime economie del pianeta, aprendo tra l’altro le porte alla troika della UE”. E’ quanto scrive Luigi Bisignani, ex giornalista, autore di diversi libri tra cui “L’uomo che sussurra ai potenti”, nell’articolo “Italia fuori dal G7. Pronta la beffa” pubblicato su “Il Tempo” ieri, domenica 14 giugno.
“Le preoccupazioni del desk italiano – si legge ancora nell’articolo – per ora non fatte proprie ancora da Christine Lagarde, sono legate alle previsioni impietose sull’economia italiana che purtroppo iniziano a diventare realtà. Secondo la nota, ‘mentre Germania e Brasile perderanno forse il 5-6%, l’Italia viaggia fra il -9,1% e il -14% e, data la differenza molto contenuta fra il Pil 2019 di Italia e Brasile, che tallona Roma, quest’ultima rischia di uscire dalla speciale classifica delle prime sette economie mondiali, con il Brasile che ne prende il posto”.D’altronde, ricorda Luigi Bisignani, i dati di cui sopra vanno considerati alla luce, anche, dell’ “annoso rapporto debito-Pil, che viaggia sopra il 150%, e a quello del Pil reale pro capite che nel 2019 in Italia era del 15% sotto la media dell’Eurozona”.Viene rilevato inoltre che “a Francoforte, come a Bruxelles, si aspettavano molto di più pure dalla selezionatissima task force guidata da Vittorio Colao“: quella che ha sfornato la “Strategia per il rilancio dell’Italia”, che lo stesso Colao ha ricordato avere “46 pagine di sintesi più 102 idee per il rilancio di un’Italia colpita da una crisi senza precedenti”:  una strategia per “Un’Italia più forte, resiliente ed equa”.Il report prevede azioni in sei ambiti: imprese e Lavoro, motore dell’economia; infrastrutture e ambiente, volano del rilancio; turismo, arte e cultura, brand del Paese; P.A., alleata di cittadini e imprese; istruzione, ricerca e competenze fattori chiave per lo sviluppo; individui e famiglie, in una società più inclusiva ed equa.Diverse le proposte, tra le quali quella di rinviare il saldo imposte 2019 e acconto 2020, due sanatorie sul lavoro nero e contante. Ma, anche, incentivi per operazioni di aumenti di capitale,  con una super ACE.
Il piano Colao ha questo e tant’altro, ma Bisignani sottolinea che non ha convinto i piani alti di Bruxelles né quelli di Francoforte.
“Quello che maggiormente ha deluso del rapporto Colao – sottolinea Bisignani – è sintetizzato in un appunto sulla scrivania del vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, sorpreso che non sia stato approntato un vero piano con le priorità, ma una mera lista di suggerimenti senza scadenza e, soprattutto, priva di un’allocazione delle risorse disponibili”.
Questo, spiega il giornalista, in un contesto in un cui “le entrate fiscali italiane subiranno un drastico calo in quanto, solo per fare alcuni esempi, l’Iva su consumi segue il Pil, quindi sarà a -12% o -13%, e l’Irpef crollerà almeno del 30% per via della riduzione del reddito totale dei lavoratori, per non parlare del crollo dei versamenti dei contributi previdenziali per effetto della cassa integrazione, tanto che alla Ragioneria Generale dello Stato iniziano a parlare addirittura di circa 100mila miliardi di minor gettito fiscale”.
Ma negli Stati generali dell’economia di tutto questo non se ne parla, fa notare Bisignani. Proprio oggi, nella seconda giornata dell’evento che si è aperto il fine settimana scorso a Villa Pamphili, la parola passa Vittorio Colao, Presidente del Comitato di esperti in materia economica e sociale.

Italia la peggiore d’Europa, in due mesi crollo produzione: -42% a marzo e aprile (Unc)

Ad aprile, secondo i dati Eurostat, crolla la produzione industriale in Europa. Rispetto a marzo: -17,1% nella zona euro e -17,3% nell’Ue-27. L’Italia, con un calo congiunturale del 19,1%, si colloca apparentemente in una discreta posizione, in decima, dopo Ungheria (-30,5%), al primo posto di questa classifica negativa, Romania (-27,7%) e Slovacchia (-26,7%) in terza posizione e, soprattutto, meglio di Germania (-21%) e Francia (-20,3%), appena due punti percentuali in più rispetto all’Eurozona (-17,1%).“Peccato che sia solo un effetto ottico. Se, infatti, al calo di aprile sommiamo anche quello di marzo, ecco che purtroppo l’Italia registra in due mesi, marzo e aprile, la peggiore performance in Europa, con un crollo record del 42,1%, contro una media dell’Eurozona del 27%, 15,1 punti percentuali in più, il 56% in più”, sottolinea Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.In seconda posizione la Slovacchia (-41,6%) e sullo scalino più basso del podio il Lussemburgo (-41,1%). La Francia è in sesta posizione con -33,4% mentre la Germania è in nona con -29,5%, contro una media dell’Eurozona di -27% e dell’Ue di -26,4%.“Insomma, uno tsunami si è abbattuto sull’Italia e sulle nostre imprese e il nostro Paese resta la Cenerentola d’Europa. La speranza è che questo dato dipenda solo dal fatto che siamo stati i primi ad andare il lockdown e che ora ci sia un immediato rimbalzo, maggiore rispetto al resto d’Europa” conclude Dona.

Bagno di sangue a Wall Street, roba da giovedì nero. Panico da virus, in Arizona casi COVID +300% da 1° maggio

Bagno di sangue a Wall Street: l’indice S&P 500 è scivolato di 188,04 punti (-5,89%), a 3002,10 punti, dopo aver testato un minimo intraday a 2999,49 punti. Il massimo intraday è stato pari a 3.123,53 punti. Il Nasdaq è capitolato di 527,62 punti (-5,27%), a 9.492,72 punti, appena al di sopra del minimo della sessione, a 9.491,30 punti. Il massimo intraday è stato pari a 9868,02 punti.
L’indice Dow Jones è scivolato di ben 1861,82 punti (-6,9%), a 25.128,13 punti, dopo aver toccato in minimo intraday a 25.082,72 punti e un massimo intraday a 26.294,08 punti.Il Dow Jones ha chiuso al minimo dallo scorso 27 maggio, perdendo terreno, insieme allo S&P 500, per la terza sessione consecutiva. In ribasso tutte le 30 componenti del listino, con Boeing che si è confermata la più tartassata dalle vendite, in perdita di oltre -16%.In generale, il giovedì nero è stato il peggior giorno per i principali indici azionari dal 16 marzo scorso. I mercati hanno scontato le dichiarazioni arrivate mercoledì dalla Federal Reserve che, nel lasciare i tassi sui fed funds invariati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%, ha escluso un rialzo prima del 2022, a causa degli effetti disastrosi della pandemia del coronavirus COVID-19 sull’economia Usa.“Non stiamo pensando di alzare i tassi. Non stiamo neanche pensando a pensare di alzare i tassi”. Così Jerome Powell, numero uno della Federal Reserve, dopo l’annuncio del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale americano.Powell non ha nascosto di avere timori sugli effetti di lunga durata che il coronavirus e il successivo lockdown potrebbero avere sull’economia Usa.
Rese note ieri le richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione, salite la scorsa settimana di altre 1,54 milioni di unità, meglio comunque del rialzo di 1,565 milioni di unità atteso dal consensus. Tuttavia, sebbene il dato  continui a scendere da marzo, nell’ultima settimana di maggio le domande per ricevere sussidi a livello statale e per accedere agli aiuti federale, sono state presentate più di 2,2 milioni. Un numero che azzera quasi la crescita shock a maggio dei nuovi posti di lavoro (+2,5 milioni) messa in evidenza con il report occupazionale Usa.
I mercati hanno pagato insomma non solo la Fed ma, in generale, il timore legato ai contagi da coronavirus, che negli Usa hanno superato quota 2 milioni, e che sono tornati a salire in diversi stati, dopo il ritiro delle misure di lockdown.
Alert in particolare nello stato dell’Arizona, dove il dipartimento per la Sanità ha riportato 1.412 nuovi casi di contagi nella giornata di ieri, per un totale di 31.264 persone contagiate. I numeri dei nuovi casi sono balzati di quasi +300% dal 1° maggio scorso, raddoppiando quasi dal Memorial Day (25 maggio), stando ai dati della Johns Hopkins University compilati dalla Cnbc.
Tanto che gli ospedali dello stato dell’Arizona stanno lavorando con una capacità pari all’84%. L’Arizona è solo uno degli stati che stanno assistendo al balzo dei nuovi casi di COVID-19, dopo aver allentato le misure di lockdown.
Sulla Fed è intervenuto in maniera vigorosa il presidente Donald Trump incolpandola di aver depresso l’umore del mercato con previsioni troppo cupe.
“La Federal Reserve ha torto così spesso – ha twittato Trump – Avremo un ottimo terzo trimestre, un grande quarto trimestre e un anno tra i migliori in assoluto nel 2021. Presto avremo anche un vaccino e terapie/cure. Questa è la mia opinione”.
Cautela invece dal mondo degli analisti. Così Andrew Slimmon, managing director e gestore di portafoglio senior di Morgan Stanley Investment Management:
“Vista la portata del rally (dai minimi di marzo), sarei scioccato se la caduta degli indici si concludesse con una sola giornata di forte sell off.  I titoli che hanno guadagnato di più dai minimi sono ancora quelli più rischiosi, che presentano un alto beta,  le small cap. Questi titoli si confermano ancora i grandi vincitori dei mercati e sospetto che ci saranno ancora dolori, nel breve termine, prima che l’eccessiva speculazione a cui abbiamo assistito recentemente venga azzerata”.
A dispetto del sell off del giovedì nero, gli indici S&P 500 e Dow Jones rimangono infatti in rialzo di oltre +37% rispetto ai minimi intraday testati lo scorso 23 marzo.
La maggior parte dei guadagni ha interessato quelle azioni che trarrebbero maggior beneficio dalla fine del lockdown, tra cui titoli del settore aereo, delle società da crociera e i retailers.
“Alcuni di questi titoli sono andati al di là dei valori giustificati dai fondamentali. Quando si vedono alcuni titoli del settore aereo prezzati agli stessi livelli attorno a cui oscillavano prima che tutto ciò iniziasse, e poi si sente dire che le compagnie aeree stimano di fare il 60% dei precedenti affari, tutto questo (il forte balzo dei titoli) non ha semplicemente senso”, ha commentato J Kinahan, chief market strategist di TD Ameritrade.
E così titoli come American, Delta e United hanno chiuso con il tonfo della vigilia in ribasso di oltre -20% su base settimanale, mentre il calo sempre settimanale di banche come  JPMorgan Chase, Citigroup, Wells Fargo e Bank of America è superiore a -12%.

Futures in rialzo dopo crollo record a Wall Street (Dow Jones in picchiata, -1861 punti)

Futures Usa positivi, gli indici azionari americani tentano di riprendersi dalla peggiore sessione dal 27 marzo scorso.I future sul Dow Jones Industrial Average salgono di 355 punti, indicando un avvio di seduta per il listino in rialzo di 395 punti.Anche i contratti sullo S&P 500 e il Nasdaq-100 futures preludono a un inizio di sessione positivo per i due indici.Ieri bagno di sangue a Wall Street: l’indice S&P 500 è scivolato di 188,04 punti (-5,89%), a 3002,10 punti, dopo aver testato un minimo intraday a 2999,49 punti. Il massimo intraday è stato pari a 3.123,53 punti.Il Nasdaq è capitolato di 527,62 punti (-5,27%), a 9.492,72 punti, appena al di sopra del minimo della sessione, a 9.491,30 punti. Il massimo intraday è stato pari a 9868,02 punti. L’indice Dow Jones è scivolato di 1861,82 punti (-6,9%), a 25.128,13 punti, dopo aver toccato in minimo intraday a 25.082,72 punti e un massimo intraday a 26.294,08 punti.Il Dow Jones ha chiuso al minimo dallo scorso 27 maggio, perdendo terreno, insieme allo S&P 500, per la terza sessione consecutiva.In generale, il giovedì nero è stato il peggior giorno per i principali indici azionari dal 16 marzo scorso.

Tracollo Wall Street con Dow Jones -6,9%. Trump incolpa la Fed, ma è spettro seconda ondata

Giovedì nero per Wall Street con gli investitori che toccano con mano la paura di una seconda ondata di coronavirus negli Usa dopo che i contagi sono tornati a salire in diversi Stati dopo il ritiro delle misure di lockdown. Il totale dei casi Covid-19 negli Stati Uniti ha superato i 2 milioni, con un balzo nei casi segnalati in Florida, Texas e Arizona dopo cinque settimane di declino in tutto il paese. Il Texas in particolare ha registrato 2.504 nuovi casi (variazione giornaliera più elevata da quando è iniziata la pandemia). Il mercato è stato inoltre deluso anche dall’outlook economico molto cauto della Fed.Il Dow Jones ha chiuso le contrattazioni con un tracollo del 6,9%, in calo di 1.861 punti. Calo del 5,84% per lo S&P 500 che è tornato in area 3.000 pti, mentre il Nasdaq ha ceduto il 5,27%. Per la Borsa di New York è la peggior seduta da 10 settimane. Tra i singoli titoli spicca il tonfo delle banche con -10% per Bank of America. Tra i colossi tech calo di quasi il 5% per Apple, -4,4% Alphabet e -3,29% Amazon.Sulla Fed è intervento in maniera vigorosa il presidente Donald Trump incolpandola di aver depresso l’umore del mercato con previsioni troppo cupe. “La Federal Reserve ha torto così spesso – ha twittato Trump – Avremo un ottimo terzo trimestre, un grande quarto trimestre e un anno tra i migliori in assoluto nel 2021. Presto avremo anche un vaccino e terapie/cure. Questa è la mia opinione”.Il tweet di Trump contro la Fed è arrivato quando gli indici cedevano il 3% circa, non avendo quindi l’effetto di risollevarne l’umore.

Spettro seconda ondata Covid affonda le Borse, a Milano debacle di tutte le big

Piazza Affari si rimangia buona parte dei cospicui guadagni messi a segno nel primo scorcio di giugno. Oggi è tornato prepotente il risk-off sui mercati complice il timore che arrivi una seconda ondata di coronavirus negli Usa dopo che il Texas ha registrato 2.504 nuovi casi (variazione giornaliera più elevata da quando è iniziata la pandemia). Il mercato è stato deluso anche dall’outlook economico molto cauto della Fed.Il Ftse Mib ha così chiuso a -4,81% a 18.806 punti con tutti i 40 titoli che in calo. Ribassi sostenuti soprattutto per industriali, bancari ed energy. Tra le big del listino milanese si segnala il calo del 7,7% di FCA, così come per la holding Exor. Su Fca tiene banco il nodo antitrust Ue, con la possibile apertura di un’indagine legata alla fusione con PSA. L’istruttoria Antitrust Ue, che potrebbe durare 4 mesi, rischia infatti di mettere a rischio la tempistica della fusione, la cui finalizzazione è attesa nella prima metà del 2021.Ha fatto peggio CNH (-11,82% a 5,926 euro) in scia all’esposizione sul mercato Usa e anche allo sgonfiarsi dell’effetto Nikola, startup Usa partecipata al 7% da CNH e le cui quotazioni sono scese del 18% ieri complici le contromosse di Tesla e Ford sul fronte dei camion ibridi.A Piazza Affari sbandamento vistoso anche per i titoli del comparto oil con chiusura a -7,03% di ENI a 8,58 euro e -7,51% per Saipem. A deprimere il comparto ha contribuito anche il forte calo delle quotazioni del petrolio tra timori seconda ondata di coronavirus e balzo maggiore del previsto delle scorte di greggio negli Usa.Molto male oggi anche Telecom Italia a -8,21% a quota 0,341 euro; oltre -9% anche per Atlantia nel giorno del cda chiamato ad approvare i conti del primo trimestre 2020.Seduta da dimenticare per le banche. La peggiore è stata Unicredit arrivata a cedere il 7,87% e scivolata sotto la soglia degli 8 euro. Calo simile per Banco BPM (-7,82%). Gli analisti di Banca IMI hanno rimosso la raccomandazione buy sul titolo scendendo ad ‘add’ con prezzo obiettivo limato da 2,1 a 1,64 euro.

Mix Fed + nuovi casi coronavirus affossa Wall Street: Dow Jones -3,2%, perde più di 800 punti

Wall Street in forte ribasso, il Dow Jones capitola di più di 800 punti, crollando fino a -856 punti (-.3,2%), a 23.130 punti circa. Lo S&P è scivolato fino a -84 punti (-2,6%), a 3.106 punti, mentre il Nasdaq Composite scivola fino a -2,2%, attorno a 9.800, dopo aver testato ieri un nuovo record intraday superando quota 10.000. La borsa Usa si allinea al trend dell’azionario globale, che vede il Ftse Mib segnare un tonfo del 4%. I mercati scontano le dichiarazioni arrivate ieri dalla Federal Reserve che, nel lasciare invariati i tassi sui fed funds nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%, ha escluso un rialzo prima del 2022, a causa degli effetti disastrosi della pandemia del coronavirus COVID-19 sull’economia Usa. “Non stiamo pensando di alzare i tassi. Non stiamo neanche pensando a pensare di alzare i tassi”. Così Jerome Powell, numero uno della Federal Reserve, dopo l’annuncio del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale americana.Le previsioni del Fomc sull’economia e sui tassi sono chiare: dal dot plot emerge che i tassi sui fed funds sono visti rimanere nel range attuale fino al 2022; il Pil Usa è atteso in calo del 6,5% nel 2020, in ripresa al tasso +5% nel 2021, in crescita del 3,5% nel 2022 e dell’1,8% nel 2023.Si stima inoltre un’impennata del tasso di disoccupazione, nel 2020, al 9,3%, e una discesa progressiva al 6,5%, al 5,5% e al 4,1% nei prossimi anni.L’inflazione misurata dall’indice PCE è stimata allo 0,8% quest’anno, in ripresa all’1,6% nel 2021, per poi salire ancora all’1,7% e al 2% negli anni successivi, mentre l’inflazione core dovrebbe attestarsi, secondo la Fed, all’1% nel 2020, all’1,5% nel 2021 e all’1,7% nel 2022.I mercati pagano anche il timore legato ai contagi da coronavirus, che negli Usa hanno superato quota 2 milioni, e che sono tornati a salire in diversi stati, dopo il ritiro delle misure di lockdown.Wall Street viene affossata così da forti sell off: ieri il Dow Jones ha chiuso in calo di 282,31 punti, (-1%), a 26.989,99 punti; lo S&P è arretrato di 17,04 punti (-0,5%), a
3.190,14, mentre il Nasdaq è salito di 66,59 punti (+0,7%), a 10.020,35 punti.Sia lo S&P 500 che il Dow Jones siano in rialzo di circa il 45% dalla fine di marzo; tuttavia lo S&P 500 è in calo del 2,1% dall’inizio dell’anno e il Dow Jones in ribasso del 5,4%. Il Nasdaq Composite invece porta i suoi guadagni ytd a quasi +10%.Reso noto intanto il dato relativo alle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione, salite la scorsa settimana di altre 1,54 milioni di unità, meglio comunque del rialzo di 1,565 milioni di unità atteso dal consensus. Tuttavia, sebbene le nuove richieste continuino a scendere da marzo, più di 2,2 milioni di richieste di sussidi sono state presentate per accedere ai piani statali e federali nell’ultima settimana di maggio.Occhio al trend dei titoli del settore aereo, conUnited Airlines Holdings, Delta Airlines e American Airlines Group che sono scesi fino a -12% nelle prime battute della giornata di contrattazioni.Viene da pensare al commento che ha fatto il presidente americano Donald Trump in merito alla decisione di Warren Buffett di smobilizzare i titoli del settore aereo:“Ha avuto ragione tutta la vita ma a volte anche qualcuno come Warren Buffett – verso cui ho molto rispetto – commette errori. Avrebbe dovuto tenere i titoli del settore aereo, perchè queste azioni sono volate oggi”, aveva detto Trump lo scorso venerdì, commentando il rally dei titoli del settore aereo.Peccato che il presidente americano aveva forse dimenticato che Warren Buffett ragiona in un’ottica di lungo periodo

La Fed ha ancora paura del COVID, nessun rialzo tassi fino al 2022. Ipotesi YCC, l’asso nella manica di Powell

“Non stiamo pensando di alzare i tassi. Non stiamo neanche pensando a pensare di alzare i tassi”. Così Jerome Powell, numero uno della Federal Reserve, dopo la decisione del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale, di lasciare i tassi sui fed funds inchiodati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%. “Quello a cui stiamo pensando è di dare un sostegno all’economia. E riuscire a farlo richiederà un po’ di tempo”. E di fatto, le previsioni del Fomc sull’economia e sui tassi parlano chiaro: i tassi sui fed funds sono visti rimanere nel range attuale fino al 2022; il Pil Usa è atteso in calo del 6,5% nel 2020, in ripresa al tasso +5% nel 2021, in crescita del 3,5% nel 2022 e dell’1,8% nel 2023. Si prevede un’impennata del tasso di disoccupazione, nel 2020, al 9,3%, d una discesa progressiva al 6,5%, al 5,5% e al 4,1% nei prossimi anni.L’inflazione misurata dall’indice PCE è stimata allo 0,8% quest’anno, e in ripresa all’1,6% nel 2021, per poi salire ancora all’1,7% e al 2% negli anni successivi, mentre l’inflazione core dovreebbe attestarsi, secondo la Fed, all’1% nel 2020, all’1,5% nel 2021 e all’1,7% nel 2022. L’intenzione di lasciare i tassi sui fed funds fermi allo zero fino al 2022 è confermata dal dot plot, ovvero dal grafico da cui emergono le previsioni del Fomc sull’andamento futuro dei tassi: I 17 esponenti del Fomc sono unanimi nel prevedere tassi sullo zero fino al 2021, mentre per il 2022 sono solo due a stimare un rialzo.Nessun esponente sembra pensare alla prospettiva dei tassi negativi, uno strumento che, anche da precedenti dichiarazioni di Powell, sembra non riscuotere l’approvazione della commissione.Dal comunicato del Fomc emerge che “l’esplosione del coronavirus sta provocando sofferenze economiche e umane tremende negli Stati Uniti e nel mondo. Il virus e le misure varate per proteggere la salute pubblica hanno causato forti cali nell’attività economica e un balzo delle perdite dei posti di lavoro. La domanda più debole e i prezzi del petrolio significativamente più bassi stanno frenando l’inflazione dei prezzi al consumo”.Da segnalare che le misure straordinarie lanciate dalla Fed per sostenere l’economia americana hanno portato il bilancio della banca centrale, il mese scorso, a superare la soglia dei 7 trilioni di dollari per la prima volta in assoluto. “Crediamo che la Fed rimarrà dovish per tutto il tempo necessario a evitare un mini taper-tantrum”, ha detto Jeffrey Halley, analista di OANDA.Oltre all’acquisto degli ETF sui bond, montano le speculazioni sulla possibilità che la Fed inizi a fare shopping anche di ETF azionari. Un’altra ipotesi è quella del controllo della curva dei rendimenti (Yield Curve Control), reo la decisione di stabilire tetti massimi sui tassi per la prima volta dal 1940 per tenere sotto controllo i costi di finanziamento per le imprese e i consumatori: a tal proposito, c’è da dire che il 54% degli economisti intervistati da Bloomberg ritiene che questa tattica sarà sul tavolo a partire da settembre. Tra l’altro, nel mese di marzo, il presidente della Federal Reserve di New York, John Williams, aveva detto che la Fed stava “pensando molto seriamente” all’opzione del controllo sulla curva dei rendimenti.Così gli analisti di ING commentano quanto emerso ieri dalla Fed:“L’outlook (della Fed) sulla politica monetaria rimane molto incerto. Mentre i mercati azionari e altri asset rischiosi sembrano prezzare una ripresa a V, i mercati dei Treasuries e dei futures sui tassi di interesse sono molto più cauti. Crediamo che la cautela sia giustificata e riteniamo che ci siano poche prospettive di una Fed orientata a una politica monetaria restrittiva. Al contrario, intravediamo una maggiore probabilità di nuovi stimoli”. E questo anche perché si teme una seconda nuova ondata di contagi di coronavirus negli Stati Uniti. Gli ultimi dati, di fatto, non sono affatto confortanti. Il numero di persone contagiate dal COVID-19, negli Usa, ha superato quota 2 milioni, a fronte di un aumento delle vittime a 113.000. Casi di contagi, stando a quanto ha riportato il New York Times, sono saliti in 21 stati.In questo contesto ING scrive che “semplicemente, non sappiamo che strada prenderà il virus. Gli stati che hanno riaperto per prima hanno assistito a un aumento dei casi rispetto a quelli che sono rimasti in lockdown. Le misure di contenimento potrebbero essere reintrodotte, nel caso in cui il numero dovesse aumentare ulteriormente.  In più, rimaniamo preoccupati sulla possibilità che il virus riacquisti forza durante la stagione invernale e che le condizioni rendano più facile il contagio. Visto che ci sono poche indicazioni sull’arrivo imminente di un vaccino, è troppo presto rilassarsi sui potenziali costi sanitari ed economici. Ci sono inoltre fattori come il distanziamento sociale,  la cautela dei consumatori e le restrizioni sui viaggi che impediranno di tornare alla ‘normalità’ economica precedente il Covid-19. E a dispetto del report occupazionale shock diffuso la scorsa settimana (che ha indicato un balzo inatteso di 2,5 milioni di posti di lavoro), dobbiamo ricordare che il numero degli occupati rimane inferiore di 19,5 milioni di unità rispetto al mese di febbraio. Considerado anche la minaccia dei default societari, visto l’aumento dei debiti e il calo del fatturato e degli utili, il potenziale di dazi, le tensioni politiche e sociali che hanno ripercussioni negative sull’economia, è chiaro che ci sono molti ostacoli che l’economia deve fronteggiare”. Detto questo, “non crediamo che l’ipotesi dei tassi negativi sia realistica, visto l’entusiasmo pari a zero dei funzionari della Fed (non hanno funzionato in Europa o in Giappone e potrebbero davvero nuocere alla disponibilità del credito. E’ possibile invece che ci sia più QE che sia specificamente pensato per stabilire un tetto massimo sui tassi, il cosidetto controllo della curva dei rendimenti. Tuttavia, i tassi sui Treasuries, al momento ben ancorati, suggeriscono che, al momento, non c’è alcuna urgenza. (La prospettiva) diventerebbe più probabile se l’aumento delle emissioni dei Treasuries provocasse una indigestione nel mercato dei bond, facendo salire i tassi e scatenando condizioni più rigide di accesso ai finanziamenti negli Usa”.

Fed: tassi fermi vicino allo zero. Powell, “grande incertezza sul futuro”

La Federal Reserve (Fed) ha mantenuto i tassi di interesse invariati e ha indicato che probabilmente resteranno vicino allo zero fino al 2022 finché l’economia non si risolleverà dalle conseguenze del coronavirus.Nel comunicato ufficiale la banca centrale Usa spiega che “l’attuale crisi della sanità pubblica peserà molto sulla crescita dell’attività economica, sull’occupazione e l’inflazione nel breve termine e comporta rischi considerevoli per le prospettive economiche a medio termine”. Per tale ragione il costo del denaro è stato confermato nel range compreso tra 0 e 0,25%. Inparticolare, “il Comitato prevede di mantenere questo intervallo fino a quando non sarà sicuro che l’economia abbia resistito agli eventi recenti e sarà sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi massimi di occupazione e stabilità dei prezzi, precisa ancora la Fed.“Non stiamo nemmeno pensando di aumentare i tassi”, ha confermato il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, nel corso della conferenza stampa. “C’è grande incertezza sul futuro”, ha affermato Powell, ricordando che la banca centrale Usa è fortemente impegnata a fare “tutto il possibile, per tutto il tempo necessario” per sostenere l’economia. “Siamo stati molto disposti ad adattarci e continueremo ad esserlo”, ha aggiunto il numero uno della Fed. “Quando verrà il momento, dopo che la crisi sarà passata, rimetteremo gli strumenti di emergenza nella cassetta degli attrezzi”.

POWELL FED: WATERLOO!

Spettro seconda ondata Covid affonda le Borse, a Milano debacle di tutte le big

Piazza Affari si rimangia buona parte dei cospicui guadagni messi a segno nel primo scorcio di giugno. Oggi è tornato prepotente il risk-off sui mercati complice il timore che arrivi una seconda ondata di coronavirus negli Usa dopo che il Texas ha registrato 2.504 nuovi casi (variazione giornaliera più elevata da quando è iniziata la pandemia). Il mercato è stato deluso anche dall’outlook economico molto cauto della Fed.Il Ftse Mib ha così chiuso a -4,81% a 18.806 punti con tutti i 40 titoli che in calo. Ribassi sostenuti soprattutto per industriali, bancari ed energy. Tra le big del listino milanese si segnala il calo del 7,7% di FCA, così come per la holding Exor. Su Fca tiene banco il nodo antitrust Ue, con la possibile apertura di un’indagine legata alla fusione con PSA. L’istruttoria Antitrust Ue, che potrebbe durare 4 mesi, rischia infatti di mettere a rischio la tempistica della fusione, la cui finalizzazione è attesa nella prima metà del 2021.Ha fatto peggio CNH (-11,82% a 5,926 euro) in scia all’esposizione sul mercato Usa e anche allo sgonfiarsi dell’effetto Nikola, startup Usa partecipata al 7% da CNH e le cui quotazioni sono scese del 18% ieri complici le contromosse di Tesla e Ford sul fronte dei camion ibridi.A Piazza Affari sbandamento vistoso anche per i titoli del comparto oil con chiusura a -7,03% di ENI a 8,58 euro e -7,51% per Saipem. A deprimere il comparto ha contribuito anche il forte calo delle quotazioni del petrolio tra timori seconda ondata di coronavirus e balzo maggiore del previsto delle scorte di greggio negli Usa.Molto male oggi anche Telecom Italia a -8,21% a quota 0,341 euro; oltre -9% anche per Atlantia nel giorno del cda chiamato ad approvare i conti del primo trimestre 2020.Seduta da dimenticare per le banche. La peggiore è stata Unicredit arrivata a cedere il 7,87% e scivolata sotto la soglia degli 8 euro. Calo simile per Banco BPM (-7,82%). Gli analisti di Banca IMI hanno rimosso la raccomandazione buy sul titolo scendendo ad ‘add’ con prezzo obiettivo limato da 2,1 a 1,64 euro.

Bce esclude Italexit e nuova crisi euro post pandemia. Lagarde minimizza su boom debiti ma c’è il paper che avverte sui conti pubblici

Italexit o Italia fuori dall’euro? Il numero due della Bce Luis de Guindos non ci crede e non condivide la preoccupazione di diversi analisti, che ammettono il rischio di un debito-Pil del paese destinato secondo Fitch a balzare al 156% nel 2020, e che segnalano il populismo che avanza.
Non ci crede neanche la numero uno della Bce Christine Lagarde che, in occasione di un evento online dedicato ai giovani, afferma di non temere che si possa verificare una crisi dell’euro a seguito della pandemia, e per colpa del balzo dei debiti. Balzo dei debiti inevitabile visto che, per mettere in sicurezza le rispettive economie, i governi stanno lanciando diversi stimoli fiscali:“Sicuramente no – ha detto Lagarde – Non siamo preoccupati al momento per i debiti (dei paesi dell’Eurozona). E non ci sarà alcuna crisi dell’euro a causa dei debiti pubblici più alti, visto che i debiti stanno aumentando in tutto il mondo”.  Anzi, far salire i debiti in un contesto del genere, caratterizzato dalle gravi conseguenze dell’emergenza coronavirus COVID-19 sull’economia, “è stata la cosa giusta da fare”.In ogni caso, più che il debito è il costo per servirlo che è importante: e con la bassa inflazione e i tassi di interese negativi, Lagarde fa notare queste spese sono estremamente basse. L’ex direttrice dell’Fmi sembra commentare implicitamente anche quanto scritto dal Washington Post nelle ultime ore:“Se non si lancerà un qualche tipo di salvataggio finanziaerio, l’Italia potrebbe essere costretta a uscire dall’euro, portandosi dietro altri paesi altamente indebitati”.Discorso simile a quello fatto dal vicepresidente della Bce:“Non la metterei in quel modo – ha detto de Guindos rispondendo al rischio di una Italexit e/o di un’Italia che esca dall’euro – credo che qui la cosa importante da considerare sia la necessità di mettere in prospettiva la risposta politica”.Ovvero? “La chiave è la politica fiscale…e, vedete,  nel breve termine con la pandemia e la crisi che stiamo soffrendo, una risposta fiscale nazionale ma anche paneuropea sarà assolutamente necessaria”.Il funzionario parla in attesa della proposta sul Recovery Fund da parte della Commissione europea di Ursula von der Leyen, attesa per oggi. Il debito italiano, dunque? “Sicuramente, alla fine della pandemia, il valore del debito pubblico sarà più alto. Ma l’alternativa di non fare nulla è molto peggio”, ha detto.  “Sarebbe molto peggio, in termini di crisi. E sarebbe molto peggio anche nella fase di ripresa”.Insomma, a suo avviso la priorità ora è su risposte fiscali nazionali ed europee che siano “forti e potenti”. Ai debiti ci si penserà dopo. Idem Lagarde. Ma dopo quando?
Occhio infatti al rapporto Financial Stability Review (FSR) di maggio che la Bce ha appena pubblicato, da cui emerge che l’esplosione del coronavirus ha aumentato i rischi sulla stabilità finanziaria dell’area euro.
“Anche se il tasso dei contagi sta diminuendo in molti paesi, l’impatto sull’economia e sui mercati ha portato alla luce, aumentandole, le vulnerabilità esistenti nella stabilità finanziaria dell’area euro. I rischi alla stabilità finanziaria potrebbero crescere, visto che queste vulnerabilità interagiscono con la pandemia”.
Le vulnerabilità, si legge ancora, “includono prezzi degli asset particolarmente elevati, sostenibilità dei debiti sovrani e corporate e redditività debole delle banche”. Non per niente, il titolo del rapporto  è “Bce: la pandemia aumenta i rischi alla stabilità finanziaria”.“In particolare le banche dell’area euro, sebbene ora meglio capitalizzate, faranno probabilmente fronte a perdite significative e a una ulteriore pressione sulla redditività – si legge ancora nell’analisi, commentata dallo stesso de Guindos:
“La pandemia ha provocato una delle contrazioni economiche più forti della storia recente, ma misure ad ampio raggio hanno impedito il crollo finanziario. Tuttavia, le ripercussioni della pandemia sulle prospettive di redditività delle banche e sui conti pubblici di medio termine dovranno essere affrontate, in modo tale che il nostro sistema finanziario continui a sostenere la ripresa economica”.
Insomma, nel breve termine nessun panico sui debiti. Ma già nel medio, le finanze pubbliche torneranno a essere osservate speciali.

La grande riscossa di Wall Street, l’indice S&P riconquista i 3000 punti

Nella giornata di riapertura del floor, la Borsa di New York parte in territorio largamente positivo. Corrono i titoli dei viaggi e delle compagnie aeree, aumentala propensione al rischio e l’ottimismo sulla ripresa economica

Wall Street apre in netto rialzo, con l’indice S&P 500 che supera nuovamente la soglia dei 3.000 punti (+2,10). In deciso rialzo anche il Dow Jones (+2,40%) e il Nasdaq (+1,60%), nella giornata in cui riapre il flloor alla Borsa di New York. I listini europei continuano la seduta in netto rialzo, con Piazza Affari a +1,54%, Francoforte +1,02%, Parigi +1,44%, Madrid +1,78% e Londra +1,04%.

OTTIMISMO PER RIPRESA ECONOMICA

I mercati scommettono sulla ripresa economica. L’ottimismo degli investitori è dovuto anche alle buone notizie che arrivano dal fronte immobiliare: i prezzi delle case sono saliti a marzo, mese in cui è scoppiata la pandemia da coronavirus negli Usa. Nello specifico, il dato relativo alle venti maggiori città Usa è salito del 3,9% su base annua lo scorso mese.

BENE ANCHE L’EUROPA

Il tentativo di superare il coronavirus si registra anche in Europa. Il Dax di Francoforte è già ai massimi dall’inizio del lockdown italiano, scattato il 10 marzo, mentre sia Milano che Parigi sono molto vicini. Da quando è iniziato il lockdown Piazza Affari ha ceduto il 24%, Parigi il 23% e Francoforte il 14%; spostando l’attenzione negli Usa, il Down Jones ha ceduto il 15%.

VIAGGI E COMPAGNIE AEREE IN RECUPERO

L’ottimismo per una ripresa economica post-pandemia spinge nelle contrattazioni i titoli dei viaggi e delle compagnie aeree, sulla prospettiva di un’apertura della frontiere nel mese di giugno, e dopo che nei giorni scorsi molti vettori hanno annunciato il ritorno nei cieli a partire dal prossimo mese. Lufthansa sale del 6%, IAG, proprietaria di British Airways, guadagna il 19%, EasyJet oltre il 10% e Ryanair più del 9%.

SPREAD IN CALO, PETROLIO SU

In calo lo spread, che viaggia in area 200 punti base, contro i 211 pb della vigilia. Il Tesoro ha collocato in asta CTz a 24 mesi per 4 miliardi di euro, con un rendimento lordo dello 0,441% e un miliardo di Btp-i a 10 anni, con un rendimento in calo di 48 punti base, all’1,29%. Il generalizzato ottimismo degli investitori spinge anche il petrolio, con il Wti che guadagna l1%, a 34,24 dollari al barile; il Brent sale dell1,6%, a 36,1 dollari al barile.

Bini Smaghi spinge su M&A: in Europa servono grandi banche. E l’EBA propone aiuti in stile TARP con Recovery Fund

Le banche americane riusciranno ad assorbire meglio di quelle europee lo shock provocato dalla pandemia del coronavirus. Parola di Lorenzo Bini Smaghi, ex esponente del Consiglio direttivo della Bce, al momento presidente del colosso bancario francese Société Générale.In un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, Bini Smaghi parla di banche europee, ma anche di Recovery Fund e di MES.
“Il divario tra grandi banche Usa ed europee è destinato ad aumentare – sottolinea, riferendosi alle conseguenze della crisi sul settore bancario – In entrambi i continenti si prospetta un calo della redditività, ma le dimensioni consentiranno ai colossi statunitensi di assorbire meglio e più rapidamente lo shock economico. In Europa servono grandi banche, ma temo che le aggregazioni paneuropee purtroppo per un po’ di tempo saranno impossibili. Sia per il calo della redditività, e quindi per la crescente difficoltà ad attrarre capitali privati. Sia perché, essendo diventate strumento di politica economica, è difficile che gli Stati rinuncino proprio in questa fase ad avere banche nazionali”.Tutto questo mentre si mette in evidenza l’auspicio di José Manuel Campa, numero uno dell’Eba, l’Autorità bancaria europea che chiede, in un’intervista a Reuters, “un approccio europeo a sostegno delle banche”. Spiegando che “ciò potrebbe verificarsi sotto forma di una ricapitalizzazione precauzionale stile Tarp. Qui, il fondo di ripresa Ue potrebbe svolgere un ruolo”.Dal Recovery Fund proposto dalla Francia di Emmanuel Macron e dalla Germania di Angela Merkel aiuti dunque alle banche europee appartenenti a paesi più deboli e più colpiti dal coronavirus, come le banche italiane? Campa precisa che, a suo avviso, l’assistenza dovrebbe essere data comunque a banche reputate fondamentalmente solide ma che sono state colpite più che da altre dalla crisi COVID-19.
Intanto, Equita SIM calcola che “per recuperare gli impatti sul capitale previsti dall’EBA, sarebbero necessari fra i 22 e 37 miliardi di euro per le banche italiane”
Equita dirama oggi una nota dedicata proprio al settore bancario, facendo riferimento anche alle parole del numero uno dell’Eba, sulla necessità che venga lanciata un’operazione di ricapitalizzazione precauzionale à la Tarp Usa.
“L’EBA ha pubblicato un report in cui si stimano gli impatti del deterioramento macro legato al Covid-19 sulle banche europee. Non vengono forniti dettagli a livello di paese, l’assunzione sottostante è di una contrazione cumulata del Pil in 2 anni del 2,4%, ipotesi simile a quella incorporata nelle guidance dalle banche italiane. In base a 3 scenari differenti (nel primo è previsto che il deterioramento sia legato esclusivamente ai settori più immediatamente colpiti dalla crisi, mentre il terzo prevede effetti più pervasivi con allargamento ad esempio anche a prestiti personali) si stima:

  • un impatto negativo sul CET1 delle banche europee compreso fra -233 e -380 punti base, a causa delle perdite su crediti e aumento delle RWA. Le banche italiane hanno un CET1 2020 di 13,1%, che scenderebbe in un range 10,8% – 9,4% applicando l’impatto previsto dall’EBA.
  • il costo del rischio è atteso a 116 punti base nello scenario 1, 186bps nello scenario 2 e 200bps nello scenario 3. In occasione dei risultati del primo trimestre le banche hanno fornito guidance di costo del rischio FY di circa 100bps, ad eccezione di UniCredit che prevede 200-240bps per il CBK Italy.

“In base alle nostre stime – scrivono gli analisti di Equita – soltanto Intesa SanPaolo e Mediobanca risulterebbero in grado di generare utili incorporando i livelli di costo del rischio ipotizzati dall’EBA nei 3 scenari, mentre tutte le altre banche riporterebbero perdite anche a partire dallo scenario 2 (ie costo del rischio a 186bps). Le simulazioni fornite dall’EBA confermano – come prevedibile – che in uno scenario caratterizzato da elevata incertezza e probabile forte aumento nel costo del rischio, lo stock picking deve privilegiare banche di maggiore dimensione che, grazie alle economie di scala che garantiscono livelli superiori di efficienza e a business model più diversificati, risultano più attrezzate a fronteggiare shock esterni. La nostra strategia è coerente con questo approccio, visto che i nostri best pick sono rappresentati da Intesa SanPaolo, Mediobanca e Credem”.
Equita riprende poi, per l’appunto, le dichiarazioni del presidente dell’EBA José Manuel Campa, che “ha proposto di adottare un approccio europeo alla crisi utilizzando le risorse del Recovery Fund con uno schema simile al TARP (ie lo schema di ricapitalizzazione utilizzato in USA nel 2008)”.
A tal proposito, dai calcoli di Equita, emerge per l’appunto che per recuperare gli impatti sul capitale previsti dall’EBA sarebbero necessari fra i 22 e 37 miliardi di euro perle banche italiane”. In generale, secondo gli analisti, “la possibilità di utilizzare un approccio comune per ricapitalizzare le banche, benché favorita dal temporary framework che sospende di fatto il bail-in fino a fine anno, ci sembra di difficile implementazione – fra l’altro – per una questione di tempi e di scarsa uniformità nei profili di rischio delle banche europee”.
Tornando  a Bini Smaghi, l’ex esponente della Bce sottolinea nell’intervista al Sole 24 ore di sperare che la crisi rappresenti ‘l’occasione per promuovere un vero mercato unico dei capitali’. La crisi economica scatenata dal Coronavirus, spiega, dovrebbe essere sfruttata insomma dall’Europa come un’occasione per accelerare nel processo di integrazione.
Riguardo alla proposta del numero uno della Vigilanza sulle banche della Bce, Andrea Enria, relativa alla creazione di una bad bank europea, il presidente di SocGen commenta che “le bad bank vanno finanziate con capitali pubblici” e che “bisognerà vedere se il problema degli Npl sarà uguale in tutta Europa o se riguarderà principalmente i paesi che non hanno completato la riduzione dei crediti a rischio prima della crisi”. A suo avviso, “il problema dovrebbe riguardare soprattutto le banche medio-piccole, meno redditizie e meno attrattive per i capitali privati”.
Non poteva mancare una domanda sul Mes, che Lorenzo Bini Smaghi appoggia. L’economista ribadisce il suo sostegno al ricorso al Fondo salva stati.
Al giornalista, che gli fa notare che per ora solo Cipro lo ha richiesto e che gli domanda se per caso una “eventuale richiesta dell’Italia comporti uno stigma nei confronti degli investitori”, l’ex Bce risponde:
“Al contrario, lo stigma da parte degli investitori potrebbe esserci se non lo utilizzeremo. Un paese come l’Italia che rifiuta un prestito che costa meno delle emissioni di titoli di Stato nazionali dà l’impressione di fare scelte poco razionali, su basi ideologiche”.

Dl rilancio, Gualtieri: taglio Irap da 4 mld per 2 milioni imprese, lavoriamo su ‘Patrimonio Cdp’

Il taglio dell’Irap è una “misura importante, di sostegno, risultato di un dialogo con il mondo produttivo che ha avanzato una richiesta che abbiamo ritenuto giusto, sia pure in parte, accogliere” che “rappresenta un taglio alle tasse valutabile in 4 miliardi per due milioni di imprese”. Così il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in audizione sul dl rilancio alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato.Gualtieri ha parlato poi dell’istituzione “Patrimonio Rilancio” in Cdp, che “consentirà di effettuare interventi di supporto alla ricapitalizzazione di S.p.A. con sede in Italia che abbiano un fatturato superiore ai 50 milioni di euro”.“Gli uffici – ha continuato – stanno già lavorando all’elaborazione del decreto attuativo, con il quale saranno definiti condizioni, criteri e requisiti di accesso per le due modalità operative, quella promozionale, in applicazione del Temporary Framework, e quella secondo logiche e condizioni di mercato, in ogni caso tenendo conto delle esigenze indicate dal decreto stesso (sviluppo tecnologico, infrastrutture critiche e strategiche, filiere produttive strategiche, sostenibilità ambientale; livelli occupazionali)”.

ITALIAN DECAD(A)NCE: la danza verso il BARATRO

Possiamo raccontarci tutte le storie che vogliamo.
Che tanto l’Italia non cresce per la Mafia, la politica corrotta, l’incompetenza della classe dirigente, l’immobilismo della macchina amministrativa.
Che noi restiamo sempre al palo perché la Germania ci succhia il sangue, perché l’Euro ci ha portato alla rovina, per colpa delle Banche, di Monti, dell’economia sommersa, dell’immigrazione clandestina, del malocchio, occhio prezzemolo e finocchio.
Tanto siamo bravissimi a trovare giustificazioni e scuse, ma siamo un po’ meno bravi a fare autocritica.Peccato che poi l’evidenza diventa difficile da contestare.Ho dovuto smanettare un po’ ma alla fine sono riuscito a creare un grafico dove ho messo il PIL pro capite di alcuni dei più importanti paesi dell’Eurozona. Tanto per rendersi conto dei disequilibri ma anche delle nostre colpe.
Il risultato lo vedete voi stessi qui sopra.Italia, anno domini 2020.
Se prendiamo come riferimento il PIL pro capite del 2000 scopriamo che OGGI ci siamo impoveriti. Se nel 2000 il PIL pro capite era 100, ora è solo più 97,5, senza dimenticare che ancora non si sconta la grande crisi Covid-19 che provvederà ad abbattere tutti i vari PIL pro capite del globo.
Intanto noi già sappiamo che in questi 20 anni siamo andati sott’acqua. Nessuno in Europa come noi, nemmeno la Grecia. E’ il grafico della decadenza italiana, dell’estrema emergenza che viviamo da anni e forse della drammatica irrecuperabilità della situazione.

Germania: indice Ifo, fiducia aziende torna a salire a maggio. Battute le attese

Segnali di miglioramento con la fine del lockdown e la ripresa delle attività in arrivo dalla fiducia del mondo imprenditoriale tedesco. A maggio l’indice Ifo business climate, che misura la fiducia delle imprese in Germania, si è attestato a 79,5 punti dai 74,2,9 punti di aprile (rivisto da 74,3 precedente). Battute le attese degli analisti, che si aspettavano un indice pari a 78,3 punti.

Eurozona: Pmi manifatturiero e servizi in salita maggio con allentamento misure confinamento

Con l’allentamento delle misure restrittive, si allevia la contrazione economica dell’Eurozona. A maggio, dalla stima dei dati flash dell’indagine Pmi, a causa delle misure restrittive messe in atto per limitare la diffusione del Covid-19, l’economia dell’Eurozona resta bloccata nella più forte crisi mai registrata prima. Tuttavia, visto che parte dell’economia ha iniziato a riemergere per via dell’allentamento delle restrizioni, il tasso di contrazione è rallentato. La lettura preliminare del Pmi IHS Markit Composito dell’Eurozona ha indicato una crescita dal record minimo assoluto di 13,6 punti registrato lo scorso aprile a 30,5 punti a maggio, il valore più alto da febbraio. Nel dettaglio, il Pmi manifatturiero è salito a 39,5 punti (33,4 ad aprile). Si tratta del valore più alto in due mesi. Mentre il Pmi delle Attività Terziarie si è attestato a 28,7 punti (12 ad aprile), ossia il valore più alto in tre mesi.

Gran Bretagna: Pmi manifatturiero e servizi migliorano a maggio più del previsto

Seppur ancora in una fase di contrazione l’attività manifatturiera e dei servizi in Gran Bretagna migliora a maggio. Secondo il sondaggio preliminare IHS Markit, l’indice Pmi manifatturiero si è attestato a 40,6 punti, dai 32,6 di aprile, secondo la lettura preliminare, facendo meglio delle attese ferme a 36 punti. Il Pmi servizi è salito da 13,4 a 27,8 punti, sopra i 25 punti stimati dagli analisti. Si ricorda che il Pmi (Purchasing Managers Index) è un indice che nasce da un’indagine condotta sui direttori d’acquisto delle principali aziende del paese per testare le opinioni sull’andamento del comparto. Un valore del Pmi superiore ai 50 punti indica un’economia in espansione mentre un valore inferiore rappresenta una fase di contrazione.

Merkel-Macron sfornano piano Recovery Fund da 500 miliardi. Lagarde su Patto stabilità: non concentrarsi su debito-Pil

I sovranisti e non solo continuano a strepitare, ma la proposta franco-tedesca viene salutata come un enorme passo in avanti e un’importante apertura verso le richieste dei cosiddetti paesi del Sud, Italia in primis, soprattutto se si considera che, a presentarla, è stata la Germania, il grande falco dell’Europa. Falco che, come insegna la storia, culturalmente “vede il debito come un peccato”. Tanto che la parola “schuld”, debito, significa anche “colpa”.

Ma stavolta è diverso. Stavolta non c’è nessun peccatore, visto che tutta l’Europa, anzi tutto il mondo, è stato colpito dalla piaga del coronavirus.Dopo diversi tentennamenti, Berlino ha dunque deciso di andare oltre i suoi diktat, e lo ha fatto con Parigi.Qualcosa, chiaramente, sta cambiando in Europa, se si considera anche il commento rilasciato con un’intervista al Corriere della Sera da Christine Lagarde, numero uno della Bce.“Il patto di stabilità va rivisto prima che rientri in vigore”, ha detto Lagarde, aggiungendo di ritenere che “questa crisi sia una buona occasione di modernizzare le modalità del Patto di stabilità e di crescita, oggi sospeso” e sottolineando, anche, come la sostenibilità del debito non possa essere calcolata concentrandosi sul rapporto debito-Pil.“La priorità, oggi, è aiutare le economie a risollevarsi. Gli Stati stanno spendendo e naturalmente i debiti aumentano; quanto al rapporto fra debito e Pil, crescerà, perché siamo in recessione. Tutti i Paesi al mondo stanno assistendo a un aumento del loro livello di debito: secondo le previsioni dell’Fmi, il debito degli Stati Uniti supererà il 130% del Pil alla fine del 2020, mentre quello della zona euro sarà sotto al 100%. Certo è una media, ci sono differenze tra i Paesi dell’area. Ma per valutare la sostenibilità, non bisogna concentrarsi sul livello di debito rispetto al Pil. Bisogna prendere in considerazione il livello di crescita e i tassi d’interesse in vigore. Questi due fattori sono determinanti”.

RECOVERY FUND DA 500 MLD EURO: CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO, NON PRESTITI

Tornando al Recovery Fund, il grande annuncio è arrivato ieri, in occasione della videoconferenza stampa congiunta indetta dalla cancelliera Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron. L’asse franco-tedesco ha sfornato una proposta su un Recovery Fund da 500 miliardi di euro, dopo trattative che si sono intensificate nel pomeriggio.
Il piano, definito da Merkel di “breve termine”, prevede l’erogazione di 500 miliardi di euro dalla voce spese del bilancio dell’Ue: non si tratta dunque di prestiti, ma di finanziamenti, di contributi a fondo perduto che, come ha confermato Merkel, saranno messi “a disposizione delle regioni e dei settori più colpiti dalla pandemia”.
Ma come sarà finanziato questo fondo? Come spiega l’FT la Commissione europea raccoglierà i finanziamenti accedendo ai mercati dei capitali, cosa che ha già fatto finora, in realtà, ma per importi relativamente modesti. Le somme verranno raccolte attraverso l’emissione congiunta di bond: emissione di debito comune, proprio ciò che i paesi del Sud Europa hanno chiesto ripetutamente all’Asse del Nord.
Tali finanziamenti, è questa la grande novità, non saranno poi erogati ai singoli stati membri del blocco sotto forma di prestiti, ma utilizzati per sostenere le spese di bilancio Ue. Saranno insomma contributi a fondo perduto, non prestiti.
La cancelliera Merkel ha d’altronde ammesso che l’Unione europea sta facendo fronte “alla crisi più grave della sua storia, una crisi che richiede risposte appropriate”. Dal canto suo, il presidente francese Emmanuel Macron ha definito la proposta “un passo importante”, facendo notare che il piano implica “il trasferimento di veri soldi di bilancio alle regioni e ai settori più colpiti (dalla pandemia Covid-19)”. E qui si potrebbe aggiungere Italia in primis.
Ovviamente, quella annunciata ieri è solo una proposta, che deve essere approvata dai 27 paesi dell’Unione europea: si tratta tuttavia di un presupposto che rende il raggiungimento di una intesa più probabile. La parola spetta ora ai leader dei 27 paesi Ue, dunque al Consiglio europeo, che si dovrà riunire per stabilire le misure da prendere per fronteggiare quella che da emergenza sanitaria è diventata una emergenza economica. Una data per la riunione del Consiglio Ue non è stata ancora fissata.
Gli ostacoli non sono pochi, se si considera che le trattative per varare il bilancio pluriennale Ue vanno avanti da più di due anni. Di fatto, è stata la stessa cancelliera Merkel ad ammettere che tutto è ancora allo stadio iniziale. “Noi stiamo facendo una proposta che, credo, aiuterà a raggiungere una intesa nell’Ue 27. Ma non possiamo costringere nessuno ad accettarla”. Tra l’altro, la stessa Commissione europea deve presentare ai paesi membri dell’Unione europea una sua proposta sul Recovery Fund. Ma, come ha detto anche Macron, “noi speriamo che l’accordo tra la Francia e la Germania sia di aiuto”.
In un comunicato congiunto il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno annunciato che “il Recovery Fund avrà una dotazione di 500 miliardi di euro di spese di bilancio Ue per i settori e le regioni più colpite (Il fondo) rafforzerà la resilienza, la convergenza e la competitività delle economie europee, e aumenterà gli investimenti, in modo particolare nelle transizioni ecologiche e digitali, nella ricerca e nell’innovazione”.
Macron ha poi precisato che i 500 miliardi di euro “saranno stanziati a favore di quei settori che non sono solo tecnologici, aggiungendo che “si tratta di una forte risposta economica che aiuterà a combattere la disoccupazione e a proteggere le aree più vulnerabili”.

Recovery Fund, il commento: il tabù superato

Così ha commentato Samy Chaar, Chief Economist di Lombard Odier:
“L’annuncio congiunto Angela Merkel / Emmanuel Macron di sovvenzioni di bilancio per un valore di 500 miliardi di euro, finanziate attraverso il prestito comune, rappresenta un progresso molto significativo. Di fronte a una crisi di questa portata, l’Unione Europea potrebbe progettare una risposta fiscale comune finanziata dal debito attraverso l’emissione di un bene sicuro in euro, ammissibile sia per il Programma di Acquisto del Settore Pubblico della Banca Centrale Europea (PSPP) che per il Programma di Acquisto d’Emergenza Pandemica (PEPP). Tali acquisti non sarebbero controversi dal punto di vista legale. Non sarebbero soggetti alla ripartizione delle perdite, in altre parole la BCE acquisterebbe “nel proprio portafoglio”, con un limite di emissione del 50% per programma. Inoltre, il debito dell’UE non verrebbe conteggiato come debito di uno Stato membro. Invece, questo sarebbe considerato puro debito dell’UE, oggi valutato “AAA”, e implicitamente sostenuto dai futuri contributi degli Stati membri. Fino a pochi giorni fa, questo era un tabù. La proposta di un’emissione congiunta di 500 miliardi di euro di debito UE attraverso un fondo di recupero equivale al 4% del prodotto interno lordo dell’UE in termini di nuova spesa. L’allocazione dei fondi (cioè la chiave di spesa) sarà in funzione della gravità dello shock pandemico. Finora c’è stata una stretta relazione tra lo shock sanitario pubblico, la gravità degli arresti e lo shock sul PIL. L’Italia potrebbe quindi essere un beneficiario netto, pari al 2% del suo PIL. La Germania ha avuto meno casi di Covid-19 e ha registrato una contrazione del PIL più contenuta nel primo trimestre. Il Paese dovrebbe quindi ricevere molto meno e diventare uno dei maggiori contribuenti in qualsiasi chiave di spesa probabile. Si tratta quindi di un’offerta piuttosto generosa da parte della Germania. Se fosse ancora membro dell’UE, l’esperienza di Covid-19 del Regno Unito l’avrebbe reso un beneficiario netto del finanziamento comune, almeno per alcuni anni. Naturalmente, dopo Brexit, ora non può più beneficiare del programma”.
“A parte questo – commenta ancora il capo economista di Lombard Odier-  la Corte costituzionale tedesca non può contestare questa iniziativa. Questo programma rientra nella politica fiscale dell’UE e quindi, se approvato, i tribunali non possono fermare il piano, soprattutto se il parlamento tedesco lo appoggia. Nel complesso, questo programma rappresenta un importante passo avanti. Speriamo che abbia abbastanza slancio perché i cosiddetti Stati membri frugali dei Paesi Bassi o dell’Austria non lo blocchino. Il diavolo sarà ovviamente anche nei dettagli, soprattutto per quanto riguarda la questione di come stanziare i fondi. Per ora, non vediamo l’ora di avere maggiori dettagli sull’accordo, ma potenzialmente, questo rappresenta un grande passo avanti per l’Europa”.

Auto: crollo record delle immatricolazioni in Europa ad aprile, Italia la peggiore. Fca -88%

Crollo record delle immatricolazioni di auto in Europa a causa del lockdown, che ha frenato bruscamente la domanda in tutti i paesi dell’area, anche se è stata l’Italia a mostrare i dati peggiori. Tra le case costruttrici, Fiat Chrysler Automobiles (Fca) è stata tra le più colpite con una contrazione di quasi l’88%. E ora si guarda alla prospettiva di incentivi alla rottamazione che possano risvegliare la domanda e aiutare il settore a risollevarsi. Intanto, nelle ultime ore, il governo ha chiarito che per il prestito con garanzia statale a beneficio di Fca sono necessarie alcune precise condizioni, tra cui la conferma e il potenziamento del piano di investimenti, l’impegno a produrre in Italia e a mantenere i livelli occupazionali nel paese.Peggior calo di sempre delle immatricolazioniSecondo i dati diffusi oggi dall’European Automobile Manufacturers Association (Acea), ad aprile, primo mese intero con restrizioni per il Covid-19, le immatricolazioni di autovetture nel Vecchio Continente (Ue+Efta+Uk) sono scese del 78,3%. E’ il peggior calo di sempre. Nella sola Unione europea la frenata è stata del 76,3%. Tutti i paesi hanno visto una brusca frenata della domanda, ma la contrazione più drammatica l’ha fatta registrare l’Italia (-97,6%). La causa principale di questi risultati catastrofici è naturalmente l’emergenza coronavirus e il conseguente lockdown, anche se va sottolineato che il mercato auto europeo era già debole anche prima del manifestarsi della pandemia.“Le prospettive per i prossimi mesi restano cupe – ha commentato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – E ciò per il fatto che il Decreto Rilancio ha completamente ignorato l’esigenza, avvertita ovunque in Europa, di rilanciare la domanda di autovetture con incentivi alla rottamazione che prevedano pure l’acquisto di vetture nuove di ultima generazione con alimentazione tradizionale”.Immatricolazioni di Fca giù di quasi l’88%, la sua quota si riduce al 3,7%Guardando alle singole case, Fca ha visto il mese scorso le immatricolazioni scendere nel Vecchio continente dell’87,7%, facendo dunque peggio del del mercato e mostrandosi tra i costruttori più colpiti, insieme a Honda e Jaguard Land Rover. La quota di mercato di Fca si è ridotta al 3,7% dal 6,6% di aprile 2019. TRa i singoli marchi del gruppo, a fare peggio è Lancia/Chrysler che ha visto crollate del 98% le immatricolazioni, mentre Alfa Romeo è risultato il migliore con un -85,8%.I pessimi dati sulle immatricolazioni pesano sul titolo Fca che a Piazza Affari si muove in controtendenza, imboccando la via dei ribassi con un calo dell’1,3%. L’azione arresta il rally innescato ieri in scia alla conferma da parte del Lingotto della richiesta al Governo italiano per l’ottenimento di una garanzia da SACE secondo quanto previsto dal Decreto Liquidità. Per l’operazione è stato avviato un dialogo con Intesa Sanpaolo per il perfezionamento di una linea di credito a tre anni, destinata esclusivamente alle attività italiane del Gruppo Fca e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia. Il prestito richiesto è di 6,3 miliardi di euro e corrisponde al 25 per cento del fatturato italiano del gruppo.

Carlo Cottarelli: «Il Decreto Rilancio? Troppo complesso e troppo in ritardo»

Il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, Carlo Cottarelli, commenta al DiariodelWeb.it le misure previste dal governo per la ripartenza

Della «potenza di fuoco» promessa dal premier Conte contro la crisi economica, finora si è visto ben poco. I cinquantacinque miliardi stanziati per il famigerato decreto Rilancio si sono persi in mille rivoli senza riuscire nell’obiettivo principale, quello di concedere vera liquidità ad imprese e lavoratori. È quanto sostiene anche il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, Carlo Cottarelli, che al DiariodelWeb.it ha criticato le misure del governo per il loro eccessivo ritardo e per l’inspiegabile complessità burocratica.Professor Carlo Cottarelli, lei è stato tra quelli che hanno espresso con forza la necessità delle riaperture. Cosa pensa degli allentamenti che sono stati annunciati a partire da lunedì?
Ancora non si conoscono esattamente i dettagli, ma a me è sempre sembrato logico prevedere misure in base alle diverse aree geografiche. Certo, ora si lascerà la possibilità ai singoli governatori di aumentare le restrizioni. Ma non vedo perché, ad esempio, il governo non debba già permettere la circolazione in tutto il sud, dove il grado di contagio è più o meno lo stesso.Ancora non si è fatto abbastanza, sotto questo aspetto?
Non do un parere sulla forza delle restrizioni in media. L’unico criterio che aggiungerei è non prevedere la stessa logica per tutte le Regioni. Mi sembrerebbe logico.Parliamo del decreto Rilancio: lei sostiene che pesi molto sull’efficacia di queste misure il grande ritardo con cui sono state prese.
Non sono stato io ad averlo annunciato come «decreto aprile». Se era programmato per aprile, non vedo perché debba arrivare a metà maggio. Il dato di fatto è che c’è stato un mese di ritardo, e non si è capito il perché. Forse la spiegazione sta proprio nella lunghezza e nella complessità del documento. Ma immagino che ci saranno anche stati dei dissensi all’interno della coalizione.Molti imputano la lunghezza del documento alla presenza di mille mance e mancette a diversi settori, quando non si è ancora fatto abbastanza per dare vera liquidità alle imprese.
Se lo confrontiamo con quanto è stato fatto negli Stati Uniti, abbiamo stimato che nel Cares Act c’erano meno di cento misure, noi ne abbiamo circa seicento. La logica è quella che dice lei: invece di fare relativamente pochi provvedimenti generali, se ne fanno molti specifici. Non tutti comportano costi, ma aumentano comunque la complessità e quindi rallentano. La ragioneria dello Stato deve bollinare paragrafo per paragrafo e questo richiede tempo; poi c’è anche il ritardo d’implementazione.Già abbiamo accumulato un ritardo sulle misure precedenti, che per giunta non hanno raggiunto gli effetti sperati.
Una cosa dobbiamo dirla, sinceramente: siamo in una situazione di emergenza ed è normale che qualcosa vada storto, succede anche negli altri Paesi. Ma un po’ di ritardo ingiustificato mi sembra che ci sia. Ad esempio, non ci voleva un genio per pensare all’erogazione diretta della cassa integrazione in deroga, senza passare dalle Regioni. Ma ci si è pensato soltanto adesso.Siamo ancora nelle mani della burocrazia.
Basta leggere la prima frase del decreto: bisogna prendere fiato tre volte prima di arrivare al punto. Viene da chiedersi che motivo ci sia. Per fare una battuta, se Mosè avesse incontrato un burocrate sul monte Sinai, invece di dieci comandamenti sarebbe sceso con centomila.E chissà quanto sarebbero pesate le tavole di pietra…
Adesso, con la digitalizzazione, è molto più facile scrivere norme così lunghe. Se dovessero essere scolpite nella pietra, forse persino i burocrati romani le sintetizzerebbero…Nel frattempo anche l’Unione Europea sembra essersi finalmente convinta ad allargare i cordoni della borsa.
Non mi sembra che ci sia stato alcun cambiamento di paradigma, sono solo cambiate le condizioni. Siamo di fronte ad una recessione paurosa e in questi casi si intraprendono misure inusuali. Sarebbe stato insensato farlo per un rallentamento dell’economia dello 0,1%.Questo non significa dare ragione a chi sostiene che per rilanciare l’economia serve un po’ di spesa pubblica?
Keynes scrisse la Teoria generale dopo la Grande recessione, non dopo un piccolo rallentamento. Dunque non c’è niente di nuovo: io stesso, nel 2008-2009, dissi che occorrevano politiche espansive. È molto semplice: di fronte a rischi peggiori, si accetta anche un aumento molto forte del debito pubblico.Poi bisogna vedere se quest’occasione della maggior flessibilità concessa dall’Europa sia stata sfruttata bene in Italia.
Ovviamente, bisogna fare in modo comunque di non buttare via i soldi. Se l’obiettivo è solo quello di rialzare la domanda, si possono anche scavare buche e riempirle di nuovo, come diceva Keynes. Ma se poi riusciamo a farlo senza sprecare denaro, è ancora meglio. Per lasciare qualcosa alle future generazioni dovremmo fare buoni investimenti.Lei cosa farebbe, se fosse il ministro dell’Economia?
Due cose: pianificare investimenti pubblici e ridurre la burocrazia.Che scenario si aspetta, di qui ai prossimi mesi?
Molto brutto. Ora bisogna tornare al lavoro, ma con queste restrizioni inevitabili ci saranno impedimenti alla produzione. Quello che dobbiamo evitare in ogni modo è che alla crisi sanitaria e a quella del Pil se ne aggiunga anche quella finanziaria. Che, per ora, stiamo riuscendo ad evitare, soprattutto con l’aiuto della Banca centrale europea.Per evitarla serve il Mes?
L’ho già detto tante volte, ma ormai è diventata una questione politica. Non basterebbe a risolverebbe tutto, ma sono 36 miliardi che aiuterebbero. Le condizioni sono praticamente inesistenti, i rischi vengono volutamente esagerati perché ormai chi ha iniziato la battaglia contro il Mes non vuole ammettersi di essersi sbagliato, e che questo Mes è diverso dagli altri. Comunque, la misura veramente decisiva sarebbero i Recovery Bond.

Salvini: Bce faccia di più per l’Italia

“Visto che l’Italia partecipa del 14% del capitale della Bce, chiediamo semplicemente che in un momento straordinario la Banca centrale europea faccia quello che ha fatto bene in tempi ordinari, accelerando, visto che siamo in tempi di difficoltà”. Così Matteo Salvini che preme perchè la Bce faccia di più. “Non mi sembra di chiedere la luna, chiedo semplicemente che un organismo, che fa quello per legge, lo faccia di più, visto che ne abbiamo più bisogno”, ha detto il leader della Lega a 24Mattino su Radio 24.

Salvini sul MES: ‘regalo vantaggioso? Evidentemente no visto che gli altri Paesi lo rifiutano’

Matteo Salvini torna sullo spinoso argomento MES su cui permangono forti divisioni. Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), rifiutato da alcuni Paesi europei, “evidentemente non è così vantaggioso”, ha affermato il leader della Lega, Matteo Salvini, a 24Mattino di Simone Spetia e Maria Latella su Radio 24. “Il Mes che è un ‘regalo così vantaggioso’ è stato rifiutato da Grecia, Spagna, Francia e Portogallo. Evidentemente non è così vantaggioso e ha delle condizioni pericolose per economie nazionali e quindi i soldi preferisco trovarli altrove”, aggiunge il leader della Lega.

Tempesta in arrivo su BTP e spread, Bce da sola non basta. Ben sei fattori di rischio (tra cui il MES) che potrebbero scatenarla

L’esito dell’asta Btp di ieri ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’Italia e lo spread Btp-Bund se ne è giovato ritracciando con decisione. I test per saggiare la capacità dell’Italia di piazzare senza problemi l’enorme mole di titoli di Stato prevista nel 2020 saranno ancora molti e tra gli analisti non mancano i dubbi circa la futura capacità del Tesoro di farlo a costi moderati.
Nei giorni scorsi Desmond Lachman, docente presso l’American Enterprise Institute ed ex vice-direttore del dipartimento di Sviluppo e revisione del Fondo Monetario Internazionale, ha parlato del caso Italia paventando una crisi del debito sovrano italiano che potrebbe esplodere entro l’estate.

Bce da sola non basta, su spread calma solo apparente

Lo scudo protettivo della Bce che sta effettuando acquisti record di BTP in questi mesi potrebbe non essere sufficiente a calmierare lo spread, come in parte dimostra il fatto che nell’ultimo mese il differenziale di rendimento tra titoli di Stato italiani e tedeschi si sia mantenuto sui massimi di periodo.“Sono tanti i fattori che possono spingere lo spread oltre i 300 punti base nonostante lo scudo protettivo della BCE”, afferma Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia, in un report intitolato ‘Spread: la quiete prima della tempesta?’“Se analizziamo l’andamento dei rendimenti dei titoli benchmark per le scadenze a 1 anno, 5 anni, 10 anni e 30 anni, possiamo capire come l’allentamento delle tensioni è soprattutto rilevato sulle scadenze più a breve mentre su quello a medio/lungo termine i rendimenti rimangono su livelli molto elevati soprattutto se confrontati con altri Paesi europei”, argomenta Diodovich.

Comparando l’andamento dei rendimenti dei bond decennali italiani con Spagna, Portogallo e Grecia, si nota come la calma sull’obbligazionario sia solo apparente e soprattutto legata agli acquisti della Banca Centrale Europea. “Osservando i grafici dello spread Italia-Spagna, Italia-Portogallo e Italia-Grecia si può denotare le difficoltà del nostro Paese a raccogliere capitali rispetto ad altri membri dell’eurozona con economie simili (Spagna e Portogallo), con rapporti del debito/PIL piu’ alti (Grecia) e con analoghi impatti del Covid-19 (Spagna)”, asserisce l’esperto di IG che elenca ben sei fattori che possono mettere ancora più pressioni sullo spread italiano.

  1. A) Il MES

L’elemento più discusso negli ultimi mesi, il MES, è anche il meno importante per le dinamiche dello spread. La view di IG è che i prestiti senior forniti dal MES potrebbero causare un aumento dei rendimenti dei titoli italiani con pari scadenza (10 anni) e quindi un possibile incremento tecnico dello spread. A livello di costi del debito l’impatto del MES dovrebbe comunque essere positivo. “Tuttavia i nostri dubbi sono concentrati su una gestione efficiente dei fondi a disposizione da parte del nostro Governo rispettando le condizionalità di destinazione”.

  1. B) Le scelte della BCE

Nel bollettino mensile pubblicato oggi Il Consiglio direttivo dell’istituto di Francoforte ha affermato di essere preparato a incrementare l’entità del Piano PEPP e ad adeguarne la composizione, nella misura necessaria e finche’ le circostanze lo richiederanno. “Crediamo che la BCE, tenendo conto dei forti acquisti settimanali e della debole ripresa economica prevista per il prossimo trimestre – argomenta Diodovich – sarà costretta ad aumentare il proprio piano PEPP di un ammontare pari a 500-750 miliardi di euro. Riteniamo che la BCE in caso di peggioramento delle condizioni economiche possa già intervenire nel prossimo meeting di metà giugno. In caso contrario nel breve lo spread italiano si potrebbero ritrovare ben al sopra dei 300 punti base”.

  1. C) Le scelte del Governo italiano e le incertezze della politica

Tra gli elementi che hanno contribuito ad alimentare l’ascesa dello spread c’è l’incertezza politica in Italia. Il Governo Conte dovrà essere efficiente nella gestione della Fase 2 per la riapertura delle attività economiche e nella amministrazione delle poche risorse a disposizione. “Sarebbe ovviamente auspicabile nei prossimi mesi evitare crisi di governo e forti scontri con l’opposizione”, sottolinea il report di IG.

  1. D) Gli sviluppi dell’emergenza coronavirus

Una delle maggiori preoccupazioni non solo per l’Italia ma per l’intera economia globale è un possibile ritorno di una nuova ondata di contagi che potrebbe rievocare nuove misure di lockdown con conseguenze drammatiche sulle economie.

  1. E) Le Agenzie di Rating

A detta di IG un elemento che dovrebbe preoccupa meno degli altri è il rischio legato alle agenzie di rating, anche se non si può escludere che in caso di peggioramento delle condizioni economiche una delle tre agenzie possa decidere di tagliare la valutazione del nostro debito a “junk”. Inoltre, grazie alle misure prese dalla BCE l’impatto sarà negativo ma limitato.

  1. F) La Commissione Europea e il Recovery Fund

Ultimo punto ma sicuramente tra i piu’ importanti da affrontare è quello relativo al Recovery Fund. La BCE può difendere l’Eurozona per un periodo temporaneo, serve un intervento massiccio da parte dell’Unione Europea. Non solamente con MES, Sure e BEI ma con la creazione di un vero e proprio nuovo pilastro per l’Unione Europea, il Recovery o  Reconstruction Fund. Pilastro che dovrà essere introdotto il prima possibile ben prima rispetto alle aspettative di mercato che lo vedono attivo nel 2021. Uno dei principali problemi che dovrà essere affrontato sarà il finanziamento del fondo. Al momento sembra ci sia una maggioranza di parlamentari europei pronta a rafforzare il budget europeo 2021-2027 (al momento all’incirca l’1% del GDP dei paesi membri) per utilizzarlo come garanzia per l’emissione di obbligazione europee (probabilmente bond perpetui) in modo da raccogliere almeno i mille miliardi promessi dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen. “Tuttavia – rimarca Diodovich – crediamo che sia necessario andare oltre. Concordiamo infatti con la proposta del parlamentare ed economista spagnolo Luis Garicano che ha recentemente ufficializzato una possibile soluzione con l’introduzione di tasse europee (sul digitale, sulle emissioni di carbone, ecc..) in grado di dare alla Commissione Europea un potere fiscale autonomo in grado anche di evitare un ulteriore rafforzamento del bilancio europeo. La proposta per un piano d’emergenza del QFP (Quadro Finanziario Pluriennale) sarà discussa entro il 15 giugno 2020.

PEPP dovrà essere incrementato, forse già a giugno

In conclusione, per evitare una nuova fiammata dello spread verso i 300 punti base crediamo che sia necessario che la BCE mantenga il proprio impegno di difesa dell’Eurozona con un incremento del PEPP pari a 500-750 miliardi di euro e che la Commissione Europea assieme al Parlamento Europeo possa dare un’accelerazione nel processo di creazione del Recovery Fund con (I) il rafforzamento del budget europeo 2021-2027 in grado di garantire l’emissione di bond europei perpetui o (II) l’introduzione di un potere fiscale autonomo concesso alle istituzioni europee che assieme al budget europeo possano garantire l’emissione di “eurobond”.

Industria: Istat, produzione crolla del 28,4% m/m a marzo, caduta senza precedenti

Crollo a doppia cifra della produzione industriale italiana a marzo, in piena emergenza da coronavirus. Secondo i dati diffusi dall’Istat nel mese di marzo l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha mostrato una flessione del 28,4% rispetto a febbraio. Nella media del primo trimestre dell’anno, il livello destagionalizzato della produzione è sceso dell’8,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Corretto per gli effetti di calendario, a marzo 2020 l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 29,3% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 21 di marzo 2019).“A marzo le condizioni della domanda e le misure di contenimento dell’epidemia di Covid-19 determinano un crollo della produzione industriale italiana”, sottolinea l’Istat indicando che in termini tendenziali l’indice corretto per gli effetti di calendario mostra una diminuzione che è la maggiore della serie storica disponibile (che parte dal 1990), superando i valori registrati nel corso della crisi del 2008-2009. Senza precedenti anche la caduta in termini mensili dell’indice destagionalizzato”.

Liquidità alle imprese, le banche chiedono riunione Task Force per velocizzare procedure

Le banche chiedono un nuovo confronto per pervenire a una semplificazione e velocizzazione la concessione della liquidità alle imprese. L’ABI ha infatti chiesto di anticipare la periodica riunione della Task Force costituita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dal Ministero dello sviluppo economico, dalla Banca d’Italia, dal Mediocredito Centrale, dalla Sace e dalla stessa Abi. Nella riunione ABI chiede di valutare congiuntamente possibili interventi normativi e tecnologici per semplificare, velocizzare ed efficientare le misure per il sostegno di liquidità e le altre misure in favore di imprese e famiglie sia in relazione al dibattito parlamentare per la conversione in legge del DL 23/2020 e ai possibili miglioramenti e semplificazioni dello stesso sia in prospettiva del preannunciato Decreto “Maggio”.“Il superamento delle 100.000 domande di garanzia per gli anticipi di liquidità fino a 25.000 euro e l’oltre 1 milione e seicentomila moratorie gestite, dimostrano chiaramente il progressivo e importante impegno del mondo bancario nelle emergenze del coronavirus”, conclude la nota dell’ABI.

Abbuffata di Bot e Btp nelle aste del 12-13 maggio, ma la sfida decisiva sarà con il BTP Italia

Settimana prossima l’Italia tornerà a emettere nuovo debito in attesa dell’appuntamento con il nuovo BTP Italia che avrà luogo dal 18 al 21 maggio 2020. Intanto domani si attende la reazione del mercato e di Btp e spread al rinvio della decisione sul rating dell’Italia da parte di Moody’s, mentre DBRS si è limitata a tagliare l’outlook a negativo senza procedere al temuto taglio di rating.

Due giorni di emissioni per massimi 19,5 miliardi

Il Tesoro nei giorni scorsi ha annunciato i dettagli delle prime due emissioni di maggio che saranno molto consistenti alla luce delle necessità di finanziamento dell’extra debito che l’Italia andrà a fare per gestire l’emergenza Covid-19. Si parte con l’asta Bot il 12 maggio che vedrà l’allocazione di titoli a 12 mesi per 7 miliardi di euro e di BOT flessibili a 153 giorni per 3,5 miliardi. Al 30 aprile risultano in circolazione Bot a 3 mesi per 6,5 mld, Bot a 6 mesi per 40,22 mld e Bot annuali per 79,85 mld, oer un totale di 126,57 mld.
Decisamente consistente sarà poi l’asta Btp del giorno successivo (13 maggio) con una raffica di emissioni a medio-lungo termine. Nel dettaglio Btp a 3 anni (scadenza giugno 2023) per un ammontare compreso tra 4 e 4,5 miliardi, poi Btp a 7 anni per 2-2,5 mld, Btp a 15 anni per 0,75-1 mld e infine Btp a 20 anni per 0,75-1 mld. Complessivamente quindi un massimo di 9 miliardi con un forte sbilanciamento delle emissioni verso le scadenze meno lunghe.

Cresce attesa per il BTP Italia

La settimana successiva sarà il turno del BTP Italia, strumento rivolto soprattutto alle famiglie, chiamato anch’esso a a contribuire, insieme a nuove emissioni speciali a cui il Tesoro sta lavorando, alla copertura delle spese relative all’emergenza Covid-19.
L’emissione, che avrà luogo dal 18 al 21 maggio 2020, e che per i primi tre giorni sarà interamente dedicata al retail, prevede una scadenza per la prima volta a 5 anni e un premio fedeltà pari all’8 per mille (il doppio rispetto alle precedenti emissioni) per coloro che acquistano il titolo all’emissione e lo detengono fino a scadenza, nel 2025. Al sottoscrittore all’emissione non verranno applicate commissioni di collocamento mentre sul rendimento del titolo si continuerà ad applicare l’usuale tassazione agevolata sui titoli di Stato pari al 12,5%.

Moody’s rinvia verdetto sull’Italia, DBRS taglia l’outlook e teme su sostenibilità debito

Niente verdetto sull’Italia da parte di Moody’s. L’agenzia di rating ha infatti deciso di rinviare ogni indicazione sul’Italia e sulla Grecia aggiornando il proprio calendario che prevedeva per ieri il pronunciamento sui due paesi. Moody’s ha rating pari a Baa3 sul merito di credito del’Italia, ossia solo un gradino sopra il livello junk, con outlook stabile.Ieri invece si è espressa Dbrs Morningstar che ha confermato il rating BBB High con outlook/trend rivisto da stabile a negativo alla luce della forte incertezza sulle ripercussioni economiche che avrà l’epidemia Covid-19 in un contesto già debole. Il rischio per l’Italia è quello di una prolungata perdita di capacità produttiva e che questo “indebolisca ulteriormente il già debole potenziale di crescita dell’Italia, pesando sulla capacità del Paese di migliorare la sostenibilità del suo debito pubblico in futuro”, rimarca DBRS.

Fase 3 sui mercati: settori e asset su cui puntare se va tutto liscio, in caso contrario c’è rischio replay crollo Fase 1

L’allentamento delle misure di lockdown è iniziato in diversi paesi, tra cui l’Italia, e i mercati azionari sono spettatori interessati per carpire l’effetto che avrà tale graduale ripresa della normalità e in particolare se si eviterà la temuta risalita dei contagi in questa fase di riapertura.Questa riapertura parziale è un primo passo verso la nuova normalità e rappresenta un segnale positivo anche se ci vorranno mesi, qualcuno ipotizza anche anni, prima di poter recuperare quello che si è perso in otto settimane di lockdown. Le stime parlano di un calo del Pil globale per il 2020 compreso in una forchetta che va dal 5% al 12%.

Mercati già prezzano recupero senza intoppi

Le attese per questa nuova fase hanno portato i mercati a recuperare una buona fetta delle perdite nel corso delle scorse settimane con Wall Street reduce da un aprile record (miglior mese dal 1987 e miglior aprile dal lontano 1938). “I mercati guardano avanti e hanno già comprato buona parte della ripresa, sposando lo scenario di un recupero veloce e senza grossi intoppi – sottolinea Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR – . La condicio sine qua non però è che le misure di contenimento funzionino a dovere e che la ripresa non subisca rallentamenti eccessivi o peggio un nuovo stop”.Cosa aspettarsi quindi in prospettiva sui mercati? “E’ probabile che nelle prossime settimane l’euforia vista nel mese di aprile lasci spazio ad una maggiore cautela, lo stiamo già osservando da qualche giorno – argomenta il gestore di GAM – .  E’ il caso quindi di tornare ad analizzare i dati delle curve dei contagi in Europa, Germania e Francia in primis”. E l’Italia resta un osservato speciale, essendo stata la prima mettere in atto le misure restrittive e tra quelli colpiti più duramente.

Fase 3 per i mercati, sono due gli scenari possibili

Secondo l’esperto di Gam, se rilevazioni di metà maggio daranno segnali confortanti in tutti i principali paesi dell’Unione, allora la fase 3 dei mercati finanziari potrà dare il via ad una ripresa più ampia, che abbraccerà anche i settori più ciclici, le piccole e medie capitalizzazioni e i segmenti più rischiosi del credito. “Osservando infatti i dati cinesi vediamo come l’attività manifatturiera e la domanda di energia stiano tornando velocemente ai livelli precedenti al lockdown. Anche sul fronte dei consumi il recupero è evidente ma con qualche differenziazione: mentre la flessione sui beni di prima necessità è stata marginale e di breve durata, sui beni voluttuari è stata decisamente più profonda e al momento la domanda resta abbondantemente al di sotto dei livelli precedenti”, continua Mauri Brusca che aggiunge come molti settori, come ad esempio quelli legati ai viaggi e al turismo, avranno tempi di recupero molto più lunghi e continueranno a essere penalizzati rispetto al resto del mercato. Se i dati dovessero invece segnalare una recrudescenza decisa dei contagi, o anche un semplice passo indietro, allora la fase 3 finirebbe con l’assomigliare alla fase 1. Al momento però l’esperienza di Cina, Corea del Sud e Taiwan è di buon auspicio.

Piazza Affari chiude in rialzo in attesa doppio verdetto Moody’s e DBRS. Ftse Mib +1,13%

L’ultima seduta della settimana è stata archiviata con segno positivo per Piazza Affari, che si è allineata all’umore delle Borse europee e di Wall Street. L’indice Ftse Mib ha chiuso con un progresso di 1 punto percentuale (+1,13%) a 17.439,3 punti, aspettando il doppio verdetto delle agenzie di rating DBRS e soprattutto di Moody’s dopo il downgrade di Fitch Ratings che ha fatto precipitare il giudizio sui Btp a un livello superiore a quello “junk”, spazzatura, di appena un gradino. Nell’attesa gli investitori hanno guardato di buon occhio al colloquio telefonico tra i funzionari americani e cinesi, dopo le tensioni dell’ultimo periodo sul fronte del coronavirus. Ma anche ai dati sul mercato del lavoro americano, che hanno fotografato un quadro in forte peggioramento a causa del Covid-19, con la disoccupazione salita al 14,7%, sui livelli più alti dal dopoguerra, e 20,5 milioni posti di lavoro in meno.Ma si è guardato anche alla stagione delle trimestrali, soprattutto a Piazza Affari. Banco Bpm si è messa in luce con un rialzo di circa il 5% che gli ha permesso di posizionarsi in vetta al listino milanese. In particolare, il gruppo ha chiuso il primo trimestre 2020 con un utile netto di 152 milioni di euro, migliore delle attese, e in crescita del 58,3% rispetto al quarto trimestre 2019 e in linea con i primi tre mesi del 2019. Rialzo di circa 1 punto percentuale per Ubi Banca, nel giorno dei conti. La banca lombarda guidata da Massiah ha riportato nel primo trimestre un utile netto di 93,6 milioni (+12,2% rispetto agli 83,4 milioni al 31 marzo 2019 e più che raddoppiato rispetto ai 38,1 milioni del quarto trimestre 2019), nonostante significative rettifiche analitiche aggiuntive effettuate in modo mirato sulle inadempienze probabili nei settori maggiormente colpiti dalla crisi Covid.In luce Atlantia che è salita più del 4%. Il balzo potrebbe essere spiegato dagli ultimi sviluppi sulla vicenda Alitalia, principale operatore di ADR (la controllata da Atlantia) con circa il 35% dei passeggeri. Secondo il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, la nuova Alitalia dovrebbe avere un capitale iniziale di 3 miliardi di euro, se si vuole supportare un vero piano di rilancio nel trasporto aereo.Prova di forza anche di Leonardo, che dopo un avvio in territorio negativo ha imboccato la via dei rialzi chiudendo con un progresso di quasi il 2%. L’ex Finmeccanica ha annunciato ieri sera, dopo la chiusura di Piazza Affari, i risultati del primo trimestre 2020 che vedono un rosso di 59 milioni di euro e l’Ebita in calo a 41 milioni. In calo anche i ricavi che si sono attestati a 2.591 milioni (-4,9% a/a), principalmente riconducibile ai rallentamenti registrati negli elicotteri ed in particolare alle minori consegne attribuibili sempre all’effetto Covid

Piazza Affari scaccia via le vendite: in vetta Nexi, ma bancari e Cnh nella spirale dei ribassi

Seduta all’insegna della volatilità a Piazza Affari, che dopo avere fatto una ‘capatina’ in territorio negativo nel pomeriggio è riuscita a chiudere con segno positivo. A Milano, la giornata è stata così archiviata dal Ftse Mib in rialzo dello 0,5% a 17.245,04 punti, complice l’andamento positivo di Wall Street che ha snobbato il dato sui sussidi. I mercati si preparano al test di domani, con i dati occupazionali Usa per il mese di aprile.Intanto in Europa e in particolar modo a Piazza Affari continua a tenere banco la stagione delle trimestrali, con i bancari del Ftse Mib che restano i sorvegliati speciali: a mercati chiusi sono previsti oggi i numeri del primo trimestre di Banco Bpm, mentre domani mattina arriveranno quelli di UniCredit. In attesa dei risultati il gruppo guidato da Giuseppe Castagna ha chiuso la seduta in flessione dell’1,4%, mentre la banca di piazza Gae Aulenti ha segnato un -1,58% a 6,496 euro. Tra i bancari si è mostrata debole Bper (-2,48%) che ieri ha diffuso i conti trimestrali con un utile di periodo in calo di circa il 79%.Tra le big del Ftse Mib la migliore è stata Nexi (+3,83%), ma si è messa in luce anche Recordati nel giorno della trimestrale, posizionandosi tra i migliori del listino grazie a un guadagno di oltre il 2,5 per cento. Per l’azienda farmaceutica il primo trimestre 2020 è stato mandato in archivio con i ricavi netti consolidati che sono saliti del 12,1% a 429,2 milioni di euro e con l’Ebitda che ha mostrato una crescita del 20,1% a 172,9 milioni. Crescita a doppia cifra anche per l’utile netto pari a 111,2 milioni (+20,7%).Giornata di conti anche per alcune società del risparmio gestito, tra cui Azimut che ha chiuso la seduta in rialzo dello 0,67 per cento. Sotto la lente anche Enel (a 6,188 euro a +1,99%) che ieri ha diffuso i conti trimestrali con utile netto ordinario del gruppo a 1.281 milioni di euro (1.159 milioni di euro nel primo trimestre 2019, +10,5%) ed Ebitda ordinario a 4.741 milioni di euro (4.454 milioni di euro nel primo trimestre 2019, +6,4%) al netto delle partite straordinarie dei periodi a confronto.Sul fondo del listino anche oggi Cnh Industrial (-3,06%), che prosegue sulla strada dei ribassi imboccata ieri dopo la pubblicazione dei risultati del primo trimestre 2020. “Cnh Industrial ha realizzato dei risultati per il primo trimestre più deboli delle attese, non ha fornito una guidance per l’anno in corso visto che la visibilità resta al momento ancora limitata”, con “lo spin-off delle attività On-Highway è stato confermato ma potrebbe richiedere più tempo a causa delle condizioni di mercato”. È quanto scrivono gli analisti di Banca Akros che, all’indomani della trimestrale di Cnh, hanno portato il rating ad accumulate da buy e target price invariato a 7,5 euro.Ribassi anche su Telecom Italia che ha ceduto circa il 2%, in una seduta sotto pressione per il settore europeo delle telecomunicazioni dopo che la britannica BT ha messo a segno cali di circa l’8% dopo l’annuncio della sospensione del dividendo

Crollo consumi: Unc, tsunami senza precedenti. Italia la peggiore d’Europa

“Una Caporetto! Il lockdown ha prodotto uno tsunami senza precedenti”. E’ il commento di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, ai dati Istata sulle vendite al dettaglio che a marzo sono crollate del 20,5% rispetto al mese prima. “Rispetto al resto dell’Europa, considerati i dati resi noti ieri da Eurostat, l’Italia si colloca al primo posto per la caduta mensile delle vendite totali in volume, più del doppio nel confronto con la media Ue, pari a -10,4%, e quasi il doppio dell’Eurozona, che segna una diminuzione dell’11,2%”. La spiegazione, secondo Dona, potrebbe essere il fatto che l’Italia è stata la prima ad adottare un blocco degli spostamenti, la chiusura dei negozi ed il fermo delle attività produttive. Una considerazione che invita il governo ad accelerare la Fase 2.

Italia: vendite al dettaglio -20,5% a marzo, precipitano i beni non alimentari

Crollo dei consumi in Italia. Secondo i dati raccolti dall’Istat, a marzo le vendite al dettaglio hanno registrato una flessione del 20,5% rispetto al mese precedente. A determinare l’eccezionale calo sono state le vendite dei beni non alimentari, che sono precipitate del 36%, come conseguenza dell’applicazione delle misure di chiusura di molte attività a partire dal 12 marzo scorso, a causa dell’emergenza sanitaria in corso. Quelle dei beni alimentari sono invece risultate stazionarie in valore. Su base annua, la contrazione è del 18,4%.Nella grande distribuzione aumentano le vendite degli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare (+5,2%), soprattutto dei supermercati (+14%), mentre per quelli a prevalenza non alimentare si registra un calo eccezionale (-40,5%). Per gli esercizi specializzati le vendite subiscono una diminuzione ancora più forte (-55,7%). Nelle imprese operanti su piccole superfici anche il comparto alimentare è in lieve diminuzione (-1%), mentre per quello non alimentare il calo è del 36,6%. Il commercio elettronico continua ad essere l’unica forma distributiva in
costante crescita.

Prima emissione TAP: Tesoro colloca Btp 2026 e 2028 per 1 miliardo

Il Tesoro ha reso noti i riscontri della prima emissione “Tap”, ossia il collocamento di titoli non più in corso di emissione tramite piattaforma elettronica e riservata agli specialisti.L’emissione ha visto il collocamento di Btp per un miliardo di euro complessivo. Nel dettaglio è stata piazzata la 19esima tranche del Btp con scadenza 1 marzo 2026 e cedola annuale al 4,5% per un importo di 467 milioni di euro al tasso medio ponderato dell’1,445%. Assegnata anche la 17esima tranche del Btp con scadenza 1 febbraio 2028 e cedola al 2% al tasso medio dell’1,676%.

Shock coronavirus, Gentiloni: ‘Italia colpita per prima e con più forza, più tempo per la ripresa’

“Tra i Paesi più grandi, l’Italia è stata colpita per prima e con più forza, con le misure di contenimento che ora cominciano ad essere rimosse gradualmente”. Così il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni, nella conferenza stampa indetta per commentare le previsioni primaverili della Commissione europea. Previsioni che indicano, nel caso specifico dell’Italia, un crollo del Pil del 9,5% nel 2020, seguito da una ripresa del 6,5% nel 2021.“L’economia comincerà la ripresa dalla seconda metà del 2020 – ha spiegato Gentiloni – Ciononostante, si prevede che la ripresa italiana richiederà più tempo che negli altri Paesi”.

BTP osservati speciali dopo sentenza corte tedesca. ‘Whatever It Takes’ o ‘Whatever Germany Allows’?

Attenti: è questo il consiglio che gestori e strategist sembrano dare a chi è posizionato sui BTP ma anche su altri bond sovrani dell’area euro, all’indomani della minaccia alla Bce lanciata dalla Corte Costituzionale tedescaLa sentenza fa il giro del mondo e Forbes si chiede e  chiede: “Whatever It Takes” Or “Whatever Germany Allows” ? Tradotto: “Whatever It Takes” (facendo riferimento al “Faremo tutto il possibile” (per salvare l’euro) di Mario Draghi, oppure “(Faremo) ciò che la Germania ci permette di fare? L’articolo porta la firma di George Calhoun, fondatore e direttore del Quantitative Finance Program e Hanlon Financial Systems Center presso la Stevens Institute of Technology (New Jersey) ed esponente dell’Advisory Board dell’ Hanlon Investment Management.“Questo è quanto il Whatever-It-Takes di Draghi è diventato: un programma massiccio e coordinato di QE per compensare il fatto che nell’Unione europea non esiste una politica fiscale federale. Molti analisti hanno citato la Bce come la salvezza dell’Ue, per questa ragione, visto che di fatto garantisce una forma di politica fiscale, attraverso l’acquisto mirato di bond e altri programmi collegati”.Dopo la sentenza di Karlsruhe, tuttavia, un terremoto c’è comunque stato, sebbene l’intensità della scossa sarà conosciuta solo con il passare del tempo: la Corte tedesca ha praticamente lanciato il seguente messaggio, oltre a dire che in parte il QE è illegale: la legge tedesca è superiore a quella europea. Ora, spiega l’esperto, “in teoria, soltanto la Bundesbank è soggetta alle richieste (della Corte), non la Bce. Tuttavia, in pratica, è difficile credere che gli acquisti dei bond (sovrani) avverrebbero in futuro senza la partecipazione della Bundesbank”.Forbes riporta la stessa dichiarazione del presidente dell’Ifo tedesco Clemens Fuest che, nel commentare il verdetto, ha detto che la decisione dell’Alta corte pone limiti al sostegno che la Bce dà ai paesi dell’area euro altamente indebitati, attraverso l’acquisto dei loro bond. L’Italia viene espressamente citata: la sentenza “limita il campo di applicazione della Bce nell’acquisto dei bond governativi italiani”.
Non per niente i gestori si stanno già attivando, come conferma un articolo di Bloomberg.
Preoccupazione è stata espressa dai gestori di Aberdeen Standard Investments e UBS, che non hanno nascosto il timore che la sentenza possa mettere in pericolo – anche se la corte tedesca lo ha escluso – lo stesso QE pandemico (PEPP) lanciato a marzo dalla Bce come misura anti-coronavirus.
Il verdetto, ripetiamo, non si riferisce al PEPP, ma al programma PSPP, ovvero al piano di acquisti di titoli di stato che l’ex numero uno della banca centrale Mario Draghi ha lanciato nel 2015, meglio noto come piano di Quantitative easing.
Ma Patrick O’Donnell, money manager di Aberdeen Standard, non vuole correre rischi, come dimostra il suo rating underweight sui bond emessi dall’Italia, ma anche dalla Francia e dalla Spagna, praticamente dalle nazioni europee che fanno affidamento in modo significativo sul piano PSPP della Bce.
Le tre economie, ricorda Bloomberg, rischiano tutte di subìre una contrazione del Pil del 10% circa quest’anno, a causa della crisi innescata dalla pandemia da coronavirus. Vale la pena, a tal proposito, citare le previsioni da incubo sull’economia dell’area euro e dell’Ue presentate oggi dalla Commissione europea.
Alcuni limiti presenti nel programma PSPP non sono presenti nel piano PEPP. Questi limiti sono rappresentati dalla regola del capital key, dal limite dell’emissione dei bond pari al 33% tetto massimo dei bond acquistabili nell’ambito di una singola emissione pubblica e dal livello minimo del rating (investment grade).
Applicati nell’acquisto dei titoli pubblici attraverso il PSPP, tali limiti non sono presenti nel QE pandemico. Meglio, si potrebbe dire di primo acchito. Non tanto, però, se si considerano i paletti che l’Alta corte tedesca sta mettendo al PSPP. Se ha colpito un piano che pone già tante condizioni, perchè non dovrebbe storcere il naso di fronte al QE pandemico, decisamente più flessibile?
Lo stesso Clemens Fuest, numero uno dell’Ifo tedesco ha spiegato che la Corte costituzionale federale tedesca ha presentato alcune condizioni per assicurarsi che gli acquisti di bond governativi da parte della Bce non violino il divieto del finanziamento monetario.
In base a queste condizioni – garantite dal PSPP ma non dal PEPP – “gli acquisti dovrebbero essere effettuati in base alla regola del capital key delle banche centrali nazionali, e nessun bond dovrebbe essere acquistato nel caso di paesi che non disponessero più di un rating adeguato”.
Da qui, la frase la sentenza “limita il campo di applicazione della Bce nell’acquisto dei bond governativi italiani”.
L’Italia in realtà è blindata dalla stessa Bce, che ha precisato di recente che, nel suo piano PEPP, accetterà in garanzia anche i titoli junk. C’è da dire che l’Italia beneficia tuttora di un rating investment-grade, ma il rating è sempre più vicino al rating junk, spazzatura, mentre incombe un altro verdetto: quello di Moody’s, che si esprimerà sull’Italia dopodomani, venerdì 8 maggio.
Detto questo, la Bce continua a fare shopping sfrenato di carta italiana: nell’ambito del piano PSPP messo ora a rischio dalla Corte tedesca, secondo gli ultimi dati la Bce ha acquistato ad aprile soprattutto bond italiani e francesi (nell’ambito del PSPP).
In particolare, più del 40% degli acquisti, effettutati per un valore complessivo di 26,8 miliardi di euro, hanno avuto come target l’Italia; il 31% della somma è stato utilizzato invece per acquistare debiti sovrani francesi.
C’è da dire che gli acquisti effettuati con il PSPP hanno inciso sugli acquisti totali della Bce, nello stesso mese, per meno di un quarto del totale, visto che la somma spesa da Francoforte per aspirare gli asset europei è stata di ben 137,5 miliardi di euro, un record. A incidere sullo shopping è stato soprattutto il QE pandemico (PEPP), che ha rappresentato il 75% dell’ammontare iniettato dall’istituzione.
Gli analisti, così come fa notare Reuters, prevedono che la Bce continuerà ad acquistare bond italiani nell’ambito del piano PEPP anche se l’Italia dovesse essere bocciata dalle quattro principali agenzie di rating a “junk”. In quel caso, il paese non potrebbe essere però più beneficiario del Quantitative easing, ovvero del piano PSPP. In ogni caso, con la Corte costituzionale, secondo Jaime Costero, strategist sui tassi presso UBS, il danno è stato già fatto:la sentenza di Karlsruhe potrebbe condizionare a suo avviso la strategia della Bce già ora, in particolare nell’acquisto dei BTP di più breve scadenza. Non per niente, ieri a essere venduti sono stati soprattutto i bond italiani con scadenza a due anni, a fronte di un balzo dei rendimenti fino a +20 punti base.
“Ciò sognifica implicitamente: ‘state attenti a quei limiti’ – ha detto Costero – (La Corte tedesca) ha lanciato un chiaro messaggio (alla Bce): non siate così flessibili, vi teniamo d’occhio in caso di deviazione dalla regola del capital key”.
In generale, gli analisti prevedono tuttavia che il PEPP sarà ulteriormente rafforzato, andando oltre agli acquisti da 750 miliardi di euro annunciati da Christine Lagarde. Ne sono convinti, in particolare, gli analisti di Citigroup, che prevedono che, soltanto nel mese di aprile, con lo strumento del QE pandemico, la Bce abbia acquistato quasi 40 miliardi di euro di bond italiani.

Italia: Pmi servizi ad aprile crolla ad aprile ad un ritmo senza precedenti

L’attività economica del settore terziario in Italia è crollata ad aprile ad un ritmo senza precedenti. E’ ciò che emerge dall’indice Pmi servizi che ad aprile è precipitato al minimo record, a 10,8 punti, superando quindi il minimo recente di marzo di 17,4 e indicando una contrazione senza
precedenti del terziario italiano.“Ad aprile, il settore terziario italiano ha continuato a soffrire a causa della pandemia da Covid-19, con gliultimi dati raccolti che hanno evidenziato un nuovo crollo senza precedenti dell’attività – ha commentato Lewis Cooper, economist presso la IHS Markit, che ha redatto il dato – Con il settore manifatturiero che sta subendo un destino simile a quello dei servizi, gli ultimi dati mettono in luce il pesante colpo inflitto dalla pandemia sull’economia italiana. Con il graduale alleggerimento delle restrizioni pianificato per l’inizio di maggio, i dati del prossimo mese ci forniranno una prima indicazione su quanto rapida potrà essere la capacità di ripresa dell’attività a breve termine”.Si ricorda che il Pmi (Purchasing Managers Index) è un indice che nasce da un’indagine condotta sui direttori d’acquisto delle principali aziende del paese per testare le opinioni sull’andamento del comparto. Un valore del Pmi superiore ai 50 punti indica un’economia in espansione mentre un valore inferiore rappresenta una fase di contrazione.

Bce è indipendente: da Conte a Prodi tutti contro Karlsruhe. Letta: Germania ha detto ‘prima i tedeschi’

Karlsruhe: è qui che ha sede la Corte costituzionale tedesca, l’Alta corte teutonica. E’ in questa città a sud ovest della Germania che ieri, come ha scritto l’FT,  “la Corte tedesca ha messo una bomba sotto l’ordinamento giuridico dell’Ue, dichiarando guerra non solo alla Bce ma alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Karlsruhe – così come viene chiamata la stessa corte – ha clamorosamente snobbato quanto aveva stabilito la Corte Ue che, nel dicembre del 2018, aveva detto chiaro e tondo che il programma PSPP , più noto come Quantitative easing, non travalicava il mandato della BCE.E invece sì: per Karlsruhe lo travalica eccome, tanto che con la sentenza ha lanciato alla banca centrale europea un vero e proprio ultimatum. Giustifichi il piano entro tre mesi: in caso contrario, la Bundesbank – banca centrale tedesca capitanata da Jens Weidmann – non parteciperà più a quel programma in vigore dal 2015, tra i tanti bazooka di Mario Draghi.La notizia ha scatenato subito la reazione di diversi economisti e politici di tutto il mondo, italiani in primis, visto che con il suo piano PSPP la Bce ha salvato praticamente l’Italia, aspirando i suoi BTP e così facendo mantenendo bassi i costi di finanziamento del debito.Il premier Giuseppe Conte, gli ex premier Enrico Letta e Romano Prodi, l’ex Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli hanno blindato tutti il principio dell’indipendenza della Bce.“Il programma di acquisti era già stato approvato e ritenuto legittimo dalla Corte di Giustizia Europea. Non spetta a nessuna Corte costituzionale decidere cosa può fare o no la Bce. La cui indipendenza è il fulcro dei trattati europei, quindi riconosciuto anche dalla Germania”.Ancora il presidente del Consiglio: “giudico un fuor d’opera che una Corte nazionale, pur costituzionale, chieda alla Bce di giustificare la necessità degli acquisti. Non può interferire in queste iniziative”.In un colloquio con il quotidiano La Stampa, Romano Prodi ha sottolineato come la sentenza di Karlsruhe sia una “sentenza che dà un colpo al cerchio e uno alla botte, che dice e non dice, ma che nella sostanza riflette l’attuale atteggiamento della Germania verso l’Europa: né caldo né freddo. Ma semmai tiepido”. La reazione dimostra in ogni caso, a suo avviso, che “la Germania ha perso fiducia nell’Europa“. Detto questo, secondo Prodi “la cosa più importante è che la prima risposta da parte del portavoce della presidente tedesca della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, si può riassumere così: la legge europea è superiore a quella nazionale“.Non si può non rilevare però – ha continuato l’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea – il rischio che “l’insufficienza di una forte politica europea possa prolungare la crisi e che il risentimento popolare nei confronti dell’Europa possa essere raccolto dalle forze antieuropee”.A tal proposito vale la pena rimarcare che l’esposto alla Corte costituzionale tedesca è stato presentato da diversi accademici e politici euroscettici di stampo conservatore. Nella lista di chi ha fatto ricorso contro il QE c’è anche il nome dell’economista e fondatore dell’AfD, Bernd Lucke.

Letta su Karlsruhe: tedeschi hanno detto ‘prima i tedeschi’

Contro la sentenza di Karlsruhe anche l’ex premier Enrico Letta, intervenuto ieri sera a diMartedì su La7:
La sentenza di oggi è preoccupante, non sull’immediato, i danni sono limitati, la Bce continuerà a fare ciò che sta facendo. E’ una brutta notizia, perchè i tedeschi hanno detto ‘prima i tedeschi’, mentre bisogna dire invece ‘prima chi ha bisogno’”. E noi, ha sottolineato l’ex premier, “abbiamo bisogno della copertura dell’intero sistema europeo”, visto che “nessun paese può farcela da solo“.
Dal canto suo, il direttore dell’Osservatorio dei Conti pubblici Carlo Cottarelli si è espresso così, su Twitter:
“Tra le cose che preoccupano della sentenza della Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe – è l’attacco molto pesante alla Corte di Giustizia Europea, che sembrerebbe volto persino a negarne la legittimità. Sarà piaciuto molto a chi vuole un’Europa divisa”.
L’effetto della sentenza dell’Alta corte tedesca sulla carta italiana non è stato certo positivo: dopo l’annuncio i BTP sono quelli che sono scesi di più tra i bond dell’Eurozona: il risultato è stato che i tassi sui BTP decennali sono volati fino a +17 punti base, portando lo spread BTP-Bund a salire fino a 250 punti base. Oggi lo spread si aggira attorno a quota 246 punti base, in lieve rialzo, a fronte di tassi decennali che si avvicinano alla soglia del 2%, salendo all’1,92% circa.
Particolarmente colpiti sono stati subito dopo la sentenza di Karlsruhe i BTP a due anni, che hanno visto i rendimenti schizzare alla vigilia fino a +20 punti base allo 0,83% prima di ridurre i rialzi.
A esprimersi sulla Corte costituzionale tedesca è stato anche Alberto Bagnai, coordinatore del gruppo economico della Lega:
“La sentenza della Corte Costituzionale sulla Bce conferma la risolutezza della Germania nel difendere i suoi interessi nazionali, prescindendo dal contesto europeo. Emerge nitida la differenza con l’Italia, il cui presidente del Consiglio si è presentato ai tavoli europei mendicando solidarietà. Questo atteggiamento è incomprensibile in chi governa un Paese che da oltre trent’anni è contribuente netto al bilancio dell’Unione, e spiega perché il Governo non abbia portato finora a casa nessuno dei risultati promessi”.

Banche e rivoluzione digitale: clienti italiani pronti a dire addio alla filiale anche dopo Covid

Quasi due mesi di lockdown hanno forzatamente stravolto buona parte delle abitudini degli italiani. Una delle più radicate era quella della banca sotto casa anche per operazioni che era possibile fare autonomamente da casa attraverso i canali digitali. Adesso qualcosa potrebbe cambiare, soprattutto per quelle fasce di popolazione più avvezze all’utilizzo degli strumenti digitali.
Si va quindi verso un mondo con meno clienti agli sportelli, più utenti sui canali digitali. Come emerge dal nuovo studio pubblicato oggi da Boston Consulting Group (BCG). il lockdown imposto per fronteggiare la pandemia da Coronavirus ha incentivato la trasformazione del modo in cui i consumatori interagiscono con le loro banche. A livello globale, il 24% di questi prevede infatti di utilizzare meno le filiali o di smettere del tutto di visitarle.L’indagine sui consumatori del retail banking “Retail Banking in the New Reality”, aggiornata bi-settimanalmente e oggi alla sua prima edizione, intercetta i cambiamenti a breve e lungo termine del comportamento e del sentimento dei consumatori sulla base dei dati di oltre 5.000 intervistati in 15 mercati, tra cui l’Italia. Questo lavoro, condotto dal 13 al 27 aprile, esamina l’utilizzo dei canali, valuta la soddisfazione dei clienti per la gestione della crisi da parte delle banche e prova a tracciare le potenziali linee di tendenza del settore.Giovani e meno giovani nel mondo hanno preso confidenza con il banking online o mobile e colpisce come Millennials e Gen-Z siano stati tra i più attivi. Secondo lo studio, il 44% degli intervistati di età compresa tra i 18 e i 34 anni si è iscritto per la prima volta al banking online o mobile.

Tra italiani balza uso canali bancari online

Guardando all’Italia, emerge una pronunciata attività sia online che con mobile banking. Secondi solo ai cittadini di Singapore, gli italiani – con il 51% degli intervistati – sono i consumatori che più hanno intensificato il proprio rapporto con la banca di riferimento sul canale online mentre il 54% – dopo Singapore e Hong Kong – ha aumentato l’uso del mobile. Il 27%, sopra la media globale, prevede poi di ridurre o cessare la frequentazione della filiale anche a crisi terminata.
“Il 58% dei clienti bancari italiani si è dichiarato pronto ad aprire un conto attraverso online banking o mobile nel caso in cui la filiale non fosse accessibile – rimarca Ugo Cotroneo, responsabile Financial Institution di BCG Italia, Grecia, Turchia e Israele – . Un dato che demarca come sia sempre più probabile che i consumatori abbiano familiarizzato con gli strumenti digitali e siano sempre più propensi a muoversi tra i servizi bancari fisici e quelli online e mobili. Per questo diventa sempre più importante il tocco personale fornito dai gestori delle filiali e dagli assistenti del servizio clienti. Le banche dovranno affrontare la sfida di integrare i vantaggi delle interazioni personali all’interno delle loro offerte digitali e, allo stesso tempo, migliorare l’esperienza olistica dei clienti”.

Inps: quasi 49mila le domande di Cassa integrazione in deroga arrivate dalla Lombardia

Sono 48.894 le domande Cassa integrazione in deroga presentate dalla Regione Lombardia fino al 4 maggio, contenute in 127 decreti. I decreti, contenenti le domande, sono pervenuti all’Inps fra il 15 aprile e il 3 maggio: il 15 aprile è arrivato il primo decreto della Regione, contenente 51 domande; dal 21 al 29 aprile sono giunti ulteriori 53 decreti, per 15.329 domande; tra il 30 aprile ed il 3 maggio sono stati presentati all’Istituto altri 74 decreti, con 33.565 domande.

Entrate tributarie: nel I trimestre gettito +1,4% a 98,8 miliardi, nonostante calo di marzo

Nel periodo gennaio-marzo le entrate tributarie erariali ammontano a 98.880 milioni di euro, segnando un incremento di 1.400 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+1,4%). Secondo quanto precisa il ministero dell’Economia, il risultato è stato determinato principalmente dall’andamento positivo delle entrate nei primi due mesi dell’anno che hanno compensato la sensibile diminuzione di gettito del mese di marzo (-7,3%), per effetto delle misure adottate dal governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria.In particolare, nel mese di marzo, le imposte indirette hanno fatto segnare una variazione negativa pari a 2.521 milioni di euro (-15,1%), mentre le imposte dirette hanno evidenziato una variazione positiva pari a 304 milioni di euro (+2,2%). Il calo delle imposte indirette è principalmente imputabile al risultato dell’Iva sugli scambi interni dovuto all’applicazione del Decreto Legge del 17 marzo 2020 che ha disposto il rinvio dei versamenti Iva per i soggetti, fiscalmente domiciliati nelle zone colpite dall’emergenza sanitaria, con ricavi e compensi non superiori a due milioni di euro.Al risultato comunque positivo del trimestre ha contribuito l’andamento positivo, nel mese di febbraio, dei versamenti dell’imposta sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze (+741 milioni di euro) che riflettono le performance positive dei mercati finanziari nel corso del 2019 e dell’imposta sostitutiva sul valore dell’attivo dei fondi pensione (1.129 milioni di euro), il cui incremento è determinato dai risultati positivi dei rendimenti medi ottenuti nel 2019 dalle diverse tipologie di forme pensionistiche complementari.

Mef: oltre 1,3 mld per rimborso parziale Btp da fondo ammortamento

Il Mef comunica che sono stati utilizzati 1,328 miliardi di euro, disponibili sul fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, a rimborso parziale del Btp 1° maggio 2015 / 1° maggio 2020 (codice ISIN IT 0005107708). Tale operazione, si legge nella nota del Tesoro, viene effettuata per utilizzare gli importi recentemente affluiti al Fondo, che è stato istituito con lo scopo di rimborsare o ritirare titoli di Stato dal mercato per favorire la riduzione dello stock del debito.

Boom disoccupazione in area euro per COVID, Bce alza stime 2020 da 7,5% a 9,4%

In media la Bce prevede che, nel corso del 2020, il tasso di disoccupazione dell’area euro si attesterà al 9,4%, in rialzo di 1,9 punti percentuali rispetto alla precedente previsione del 7,5%; per il 2021 l’outlook è di un tasso all’8,9%, rispetto al precedente 7,4% atteso. Per il 2022 il dato è stato rivisto al rialzo di 1,1 punti percentuali, dal 7,3% all’8,4%. Per il lungo termine, la disoccupazione dell’Eurozona è attesa al 7,7%, in rialzo dal 7,3% precedentemente atteso. La revisione al rialzo è dovuta agli effetti del coronavirus-lockdown sull’economia del blocco.

Mutui: 162.307 richieste di accesso alla moratoria per la sospensione del pagamento

Nelle prime settimane dopo l’entrata in vigore del decreto ‘Cura Italia’ (nel corso del mese di marzo) le famiglie italiane hanno presentato 162.307 richieste di accesso alla moratoria per la sospensione del pagamento dei propri finanziamenti rateali.
Lo rende noto uno studio di Crif secondo cui circa 65.000 richieste riguardano mutui immobiliari ma sono state più di 55.000 quelle relative ai prestiti personali. A seguire, quasi 19.000 le richieste di moratoria sui prestiti finalizzati, 13.000 quelle sui mutui di liquidità mentre le restanti 10.000 si riferiscono a contratti di leasing e altri prodotti rateali.
I contratti relativi ai consumatori che sono stati sospesi grazie alla moratoria sono mediamente risultati essere più onerosi in termini di rata mensile e debito residuo, confermando la necessità da parte delle famiglie di sospendere il pagamento di rate che rappresentano un impegno significativo rispetto al budget disponibile. Il 13,6% dei contratti che hanno beneficiato della sospensione delle rate nel mese di marzo riguarda consumatori del Veneto, che precedono quelli della Sicilia, che mostrano una incidenza del 12,7% sul totale, e quelli del Trentino Alto Adige, con il 12,2% malgrado la modesta incidenza dei contratti attivi sul totale. Seguono la Lombardia, con un peso del 10,1% sul totale, l’Emilia Romagna, con l’8,8%, il Piemonte, con l’8,6%, e il Lazio, con il 7,7%.

Italia: Pmi manifatturiero ad aprile sui minimi di sempre, contrazione senza precedenti

Contrazione senza precedenti dell’attività manifatturiera in Italia, a causa del coronavirus e delle restrizioni per contenere il contagio. L’Indice Pmi (Purchasing Managers Index) manifatturiero, calcolato dall’istituto IHS Markit, si è attestato ad aprile a 31,1 punti, in diminuzione dai 40,3 di marzo. Il valore di aprile rappresenta l’indice più basso mai registrato in oltre i 22 anni di raccolta dati. Le aziende hanno continuato a ridurre il loro personale al tasso più veloce dall’apice della crisi finanziaria di aprile 2009.Il dato sottolinea, secondo Lewis Cooper, economist di IHS Markit, “un forte danno al settore manifatturiero italiano mai osservato finora causato dalla pandemia da coronavirus”. “Con le restrizioni governative ancora in programma almeno per le prossime settimane e probabilmente non sollevate completamente per svariati mesi – prosegue l’esperto – è possibile che la tendenza della contrazione non cambierà notevolmente nel prossimo futuro in quanto le aziende stanno facendo i conti con le chiusure a livello sia nazionale che estero”.Si ricorda che il Pmi (Purchasing Managers Index) è un indice che nasce da un’indagine condotta sui direttori d’acquisto delle principali aziende del paese per testare le opinioni sull’andamento del comparto. Un valore del Pmi superiore ai 50 punti indica un’economia in espansione mentre un valore inferiore rappresenta una fase di contrazione.

Conte: niente patrimoniale, voci governo Draghi sono ‘chiacchiericcio’

Il premier Giuseppe Conte scaccia l’ombra di una patrimoniale per far fronte al balzo del debito pubblico. “Escludo categoricamente una patrimoniale”, ha affermato Conte in una lunga intervista con cessa a La Stampa. Il capo del governo afferma che il debito è sostenibile “nel quadro di un risparmio privato molto cospicuo e di una resilienza particolarmente spiccata del nostro intero sistema economico” e rimarca come la maggior parte del debito aggiuntivo che bisognerà collocare per fronteggiare la crisi “sarà coperta dal programma di acquisti della Bce”.Conte si è espresso anche sul rincorrersi di voci circa un possibiun governo di larghe intese a guida Draghi. “Un costante chiacchiericcio, sullo sfondo, che fa parte del gioco politico italiano. Non mi distrae”, argomenta Conte che non vede una rottura da parte di Renzi. “Stiamo lavorando bene con Italia Viva – argomenta Conte – . La maggioranza è solida. Io ho sempre dato priorità alla forza e alla ragionevolezza delle proposte, al di là di chi le sostiene, al di là se è rappresentativo del 2 o del 25% del Paese”.

Lavoro: disoccupazione scende all’8,4% a marzo, cala anche quella giovanile al 28%

Nel mese di marzo il tasso di disoccupazione scende all’8,4% (-0,9 punti) e, tra i giovani, al 28% (-1,2 punti). La diminuzione dell’occupazione registrata a marzo (-0,1% pari a -27mila) coinvolge sia le donne (-0,2%, pari a -18mila), sia gli uomini (-0,1%, pari a -9mila), portando il tasso di occupazione al 58,8% (-0,1 punti). Questi i dati provisori resi noti oggi dall’Istat.“A marzo 2020, nonostante l’emergenza Covid-19, l’occupazione ha registrato una sostanziale tenuta, anche per effetto dei decreti di sostegno all’occupazione e ai lavoratori per la difesa del lavoro e del redditi”, si legge nel commento dell’Istat.

Scure di S&P su banche: rischio utili e qualità attivi deboli fino al 2021, tagliato outlook su Unicredit

S&P taglia l’outlook di diverse banche italiane S&P da stabile a negativo, tra cui quello di Unicredit, a causa dei rischi legati a Covid-19. In particolare, secondo S&P, nonostante le misure fiscali e monetaria attenuino gli effetti sull’economia, gli utili delle banche, la qualità dell’attivo e, in alcuni casi, la capitalizzazione, si indeboliranno significativamente fino alla fine del 2020 e fino al 2021; questo nonostante lo scenario di base del’agenzia di rating sia di ripresa economica a partire dal terzo trimestre del 2020.
Nel dettaglio, S&P ha adottato le seguenti decisioni:

– confermato il rating `BBB` di Intesa San Paolo, Mediobanca, Fineco con l`outlook negativo;
– rivisto l’outlook da stabile a negativo e confermato il rating di lungo termine `BBB` di Unicredit

– confermato il rating `BBB` con outlook stabile di Credem.

Taglio rating se…

La predominanza di outlook negativi nel contesto di breve-medio periodo “riflette questi fattori e la nostra opinione che i rischi al ribasso restano significativi”. Sulla possibilità di futuri tagli di rating, S&P dice che prenderà in considerazione tale ipotesi se la ripresa economica ciclica sarà sostanzialmente più debole o ritardata “poiché ciò implicherebbe un effetto molto più negativo sulla solidità del credito bancario. Le azioni di rating potrebbero anche seguire sviluppi negativi idiosincratici presso le singole banche”.

Outlook su UniCredit diventa negativo, ma  diversificazione geografica rimane punto di forza

L’agenzia di rating S&P Global Ratings ha quindi modificato l’outlook di UniCredit SpA a negativo dal precedente stabile per riflettere i rischi al ribasso, in particolare se il rimbalzo economico sarà in ritardato. Sono stati confermati i rating di UniCredit SpA a ‘BBB’ a lungo termine e ‘A2’ a breve termine, come anche il rating delle emissioni.
S&P conferma i rating su Unicredit perché ritiene che il gruppo disponga di una riserva di capitale sufficiente a sostenere l’impatto significativo della pandemia di COVID-19 ipotizzato nello scenario di base. “Riteniamo inoltre che trarrà vantaggio dai progressi significativi compiuti negli ultimi anni per ripulire il suo bilancio e migliorare la sua gestione del rischio di credito. La diversificazione geografica di Unicredit in economie più resilienti rimarrà un punto di forza chiave di valutazione”, conclude S&P.

La view su Intesa Sanpaolo

Su Intesa Sanpaolo l’outlook era già negativo. “Il modello di business più diversificato di Intesa, una migliore efficienza operativa e una più forte posizione di rischio la aiuteranno a resistere al peggioramento del contesto economico – rimarca S&P – . Le prospettive rimangono negative, rispecchiando quelle sul debito sovrano e riflettendo i rischi al ribasso, in particolare se il rimbalzo economico sarà ritardato”.

Credem conserva l’outlook stabile

Conferma di rating e outlook stabile invece su Credem. S&P prevede che il Gruppo sarà in grado di mostrare resilienza allo shock grazie al solido track record nella gestione del rischio di credito e al proprio modello di business, che generano una qualità degli attivi superiore rispetto alla media di settore e stabile redditività, elementi che confermano l’outlook stabile. Inoltre, tale decisione riflette l’opinione dell’agenzia secondo cui, rispetto alla maggior parte delle banche italiane, Credem presenta una migliore qualità degli attivi e beneficerà quindi di minor perdite su crediti; grazie alla maggior diversificazione degli impieghi, per settore e per singola controparte, rispetto alla media del sistema bancario, il Gruppo registrerà minori flussi di credito problematico, come peraltro già avvenuto nella precedente recessione economica.

Upb e Bankitalia: austerity no, ma debito italiano va tagliato. Pil peggiorerà in II trimestre

Dalla necessità di contenere il debito non si scappa: il debito italiano deve essere ridotto, senza che si ricorra a politiche di bilancio restrittive e all’insegna dell’austerity. Anche, e soprattutto, perchè in corso c’è la crisi coronavirus che rende necessario il varo, da parte del governo, di misure espansive e di sostegno alle famiglie, alle imprese, al credito.
Nell’audizione sul Def nelle commissioni bilancio di Camera e Senato Eugenio Gaiotti, capo del dipartimento Economia e statistica di Bankitalia, ricorda l’emergenza economica in atto, ma anche il peccato originale dell’Italia, il debito:“E’ condivisibile la valutazione espressa nel Def, secondo cui l’economia avrà bisogno di un adeguato periodo di sostegno e rilancio, durante il quale politiche di bilancio restrittive sarebbero controproducenti. Allo stesso tempo, come sottolinea il Documento, non va trascurata l’elaborazione di una strategia di lungo periodo dalla quale dipende anche la riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil“.Sulla sostenibilità del debito italiano, questa non viene inficiata da uno shock temporaneo della portata di quello da coronavirus COVID-19 che si è abbattuto sull’Italia: ma è vero che la strategia di gestione dei conti pubblici del governo di turno deve essere credibile. Così Gaiotti:“La sostenibilità del debito non è alterata da uno shock temporaneo, anche di ampia portata, in presenza di una strategia credibile per i conti pubblici e per la crescita dell’economia, che garantisca nel medio termine un’evoluzione favorevole del differenziale tra la dinamica del prodotto e l’onere medio del debito. Questo richiederà il contributo di tutte le politiche economiche e di tutte le componenti dell’economia”.Tra l’altro, sottolinea Bankitalia, “nell’anno in corso, rispetto al 2019, le entrate complessive calerebbero di quasi il 6%: una tale flessione sarebbe senza precedenti almeno negli ultimi 50 anni”. E “nel 2021 solo una parte della perdita di gettito sarebbe recuperata. Infatti, escludendo le entrate derivanti dall’attivazione delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette, le previsioni del quadro tendenziale del Def indicherebbero un gettito complessivo nel 2021 di circa il 4% maggiore di quello del 2020″.
Anche in tempi di coronavirus, insomma, l’attenti a non esagerare con la mole già ampia del debito italiano viene ribadito.
Detto questo, a proposito del downgrade a sorpresa di Fitch, il dirigente di Palazzo Koch non fa nessun dramma. La bocciatura si motiva, a suo avviso, soltanto con la pandemia. Il downgrade “è motivato pressochè esclusivamente dalla crisi pandemica, che è globale e ha conseguenze sulla finanza pubblica”. Tutti i rating della Repubblica rimangono sopra il giudizio “investment grade”. Insomma, non sono ancora junk, fa capire Gaiotti, anche se la bocciatura di Fitch pone il rating sul debito italiano a un gradino appena al di sopra della valutazione spazzatura.
Viene ricordata l’azione salvifica della Bce che, con la sua decisione storica, ha deciso di accettare in garanzia anche i titoli junk. “E questo mette un po’ in prospettiva i commenti sul rating”.

Debito italiano? Salvini vuole di più dalla Bce

Eppure c’è qualcuno che, dalle pagine del quotidiano La Stampa, ha scalpitato nelle ultime ore chiedendo ancora di più alla Bce. E’ il leader della Lega Matteo Salvini. Che, sul Mes, dice di essere d’accordo anche con Carlo Cottarelli e Enzo Moavero Milanesi.
“Io sottoscrivo quello che dicono Cottarelli e Moavero. Ricorrere al Mes servirebbe solo a dire ai mercati che siamo in difficoltà”. E che aggiunge: “La mia idea è che la Bce dovrebbe stampare moneta. E acquistare titoli illimitatamente. Ricorda Draghi?
E al giornalista che gli fa notare che la Bce compra ben 200 miliardi di titoli italiani, Salvini fa capire che punta ancora più in alto: “Potrebbe raddoppiare”.
Così come alla domanda: “Non le interessano l’esplosione di debito e inflazione?”, la risposta è: “Mi interessa che non esploda l’Italia. E le dico di più: un paese distrutto non rende i prestiti. Uno paese in piedi sì. A meno che, per qualcuno, la soluzione non sia vendere le nostre infrastrutture alla Cina”.
Questa la view di Matteo Salvini sul debito, mentre un avvertimento sui conti pubblici dell’Italia arriva anche dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, Upb.

Upb: dopo emergenza priorità su debito italiano

Anche lui in un’audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sul Def Giuseppe Pisauro, presidente dell’Upb chiede che dopo l’emergenza coronavirus vengano intraprese “scelte di priorità” per tornare a far scendere il debito italiano:
“Al termine del periodo di emergenza eccezionale la politica di bilancio italiana si confronterà con una situazione dei conti gravata dagli interventi straordinari varati e dal crollo delle entrate dovuto alla crisi economica, in un quadro futuro non più schermato dalla presenza delle clausole”.
Di conseguenza “l’azione di bilancio in questo quadro peggiore ma più trasparente, rispetto all’eredità delle politiche passate, dovrà operare scelte di priorità per garantire la graduale ricostituzione di un avanzo primario che consenta di ridurre nel tempo il debito, seppure in un ambito di stabilizzazione dell’economia, anche coerentemente con il quadro di regole di bilancio nazionali ed europee”.
Sul downgrade di Fitch, il giudizio di Pisauro è più severo rispetto a quello di Bankitalia.
A suo avviso, il taglio del rating è poco comprensibile:
“Trovo poco comprensibile quel giudizio”. Certo, “la motivazione è basata sugli effetti della pandemia che però sono simmetrici. E’ vero che l’Italia parte da un debito/Pil del 135% e le stime ufficiali dicono 155, ma è anche vero che ci sono economie forse più colpite di quella italiana che sconteranno probabilmente aumenti dei debiti che porteranno i loro rapporti debito/pil a superare 130, come la Spagna, il Portogallo che oggi parte da 120 e la Francia parte da 100″. “In questo contesto – insiste – a me personalmente risulta poco comprensibile la scelta di intervenire fuori calendario su un solo Paese”.
Pil, Bankitalia: effetti coronavirus oltre breve periodo, peggiora in II trim.
Sulla crescita del Pil lo scenario di Bankitalia è drammatico. Intanto, la pandemia avrà un effetto che andrà oltre il breve periodo. L’incertezza sulla durata stessa della pandemia “rende estremamente difficile la quantificazione delle sue conseguenze economiche, ma tutti gli scenari indicano ripercussioni molto forti, che si estenderanno oltre il breve periodo – ha detto Gaiotti – Questa incertezza può pesare in maniera prolungata sugli investimenti e sui consumi. I tempi del recupero dipenderanno in primo luogo dall’evoluzione del contagio, ma un ruolo essenziale avrà l’efficacia delle politiche di sostegno”.
Di seguito il grafico storico sul Pil reale dell’Italia: stime Mazziero Research sul 2020. Da segnalare che le stime di Goldman Sachs sono di una caduta del 5,2% t/t nel primo trimestre.

Tra l’altro, dopo una contrazione che viene calcolata in 5 punti percentuali nel primo trimestre del 2020, il Pil italiano peggiorerà nel corso del secondo trimestre:
“La caduta del Pil potrebbe essere stata attorno a cinque punti percentuali. Il protrarsi dell’epidemia porterà a una caduta del prodotto, verosimilmente più accentuata, anche nel secondo trimestre, cui potrebbe fare seguito un recupero nella seconda parte dell’anno. Secondo le nostre valutazioni basate anche sulle informazioni disponibili sulle interruzioni dell’attività nei diversi settori, la produzione industriale sarebbe scesa del 15% a marzo e di circa il 6% nella media del primo trimestre”.
Come rilanciare, in questo contesto senza precedenti, la crescita?
Fermo restando che gli interventi varati dal governo sono appropriati, dice Gaiotti di Bankitalia, l’azione pubblica sarà necessaria anche dopo l’emergenza:
“Le misure fin qui adottate appaiono appropriate nell’entità e nel disegno alla fase dell’epidemia in cui sono state varate: stanno contribuendo a contrastare le ripercussioni sulle famiglie e a evitare una crisi di liquidità delle imprese che avrebbe avuto conseguenze assai gravi. Passata l’emergenza, l’azione pubblica sarà necessaria anche per assicurare il rilancio dell’economia”.
Pisauro dell’Upb sottolinea che le stime sulla caduta del Pil potrebbero essere riviste, inoltre, anche al ribasso, a causa di eventuali “rischi sanitari, determinati da un’ulteriore recrudescenza dell’epidemia COVID19“.
Il numero uno dell’Ufficio parlamentare di bilancio cita anche “i rischi di un più marcato deterioramento del contesto internazionale” e i “rischi di nuove tensioni finanziarie quando si allenteranno gli stimoli fiscali e monetari”. “Questi fattori portano a valutare scenari macroeconomici per l’Italia alternativi a quelli delle previsioni di base sul 2020-21 utilizzate dal panel UPB per la validazione del quadro del MEF. Se si materializzassero eventi avversi, possibili ma non considerati nelle previsioni di base, queste ultime peggiorerebbero anche significativamente”.

Gilead riaccende speranza cura anti COVID, ‘dati positivi’ da test clinici remdesivir

Tra rumor e dichiarazioni Gilead Sciences rimane sotto i riflettori: la speranza che il suo farmaco sperimentale remdesivir possa lenire la piaga del coronavirus COVID-19 rimane alta, anche se proprio il Financial Times ha riportato qualche giorno fa, citando documenti pubblicati accidentalmente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che il remdesivir non ha dato i risultati sperati, nel senso che non è riuscito a migliorare le condizioni dei pazienti affetti da coronavirus.E’ stata oggi invece la stessa società farmaceutica americana ad annunciare, poco prima dell’inizio delle contrattazioni a Wall Street, i risultati di due test clinici, in cui il remdesivir è stato somministrato a pazienti COVID-19 gravemente malati.Dai test è emerso che i pazienti sottoposti a cicli di trattamento sia da 5 che da 10 giorni hanno assistito a un miglioramento dei sintomi.Più della metà dei pazienti sottoposti ai due tipi di trattamenti sono stati dimessi dall’ospedale dopo 14 giorni. Gilead Sciences ha parlato di “dati positivi” emersi dalle sperimentazioni.Subito dopo l’annuncio, il titolo è stato sospeso dalle contrattazioni di Wall Street, per essere poi riammesso in rialzo del 9% circa.
Al momento non ci sono cure per il coronavirus, che ha infettato più di 3 milioni di persone al mondo, uccidendone almeno 217.569, secondo i dati che sono stati compilati dalla Johns Hopkins University e aggiornati a oggi.
Le autorità sanitarie americane hanno detto che ci vorrebbero almeno tra i 12 e i 18 mesi per produrre un vaccino che possa prevenire la malattia Covid-19.
Così ha commentato però i risultati dei test sul remdesivir Aruna Subramanian, tra le principali autorità che stanno monitorando le sperimentazioni di Gilead presso lo Stanford University Medical Center:
“Questi dati sono incoraggianti, in quanto indicano che i pazienti che hanno ricevuto un trattamento più breve di remdesivir, pari a cinque giorni, hanno sperimentato gli stessi miglioramenti clinici che hanno interessato i pazienti sottoposti a un ciclo di trattamento di 10 giorni”.
Qualche minuto prima dell’annuncio, Gilead ha reso noto anche che un altro test clinico condotto a livello federale negli Usa su altri pazienti COVID-19 gravemente malati ha centrato il primo obiettivo prefissato. Il test, in questo caso, sempre sul remdesivir, è condotto dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases.
Da segnalare che il titolo Gilead ha guadagnato +21% dall’inizio dell’anno, a fronte del -11,3% dell’indice S&P 500.

Fitch declassa l’Italia a BBB-, outlook stabile, il debito a un gradino dal livello spazzatura

La motivazione: “Il downgrade riflette il significativo impatto del coronavirus sull’economia italiana e sulla posizione di bilancio”. Il Mef: “I fondamentali dell’economia e della finanza pubblica sono solidi

MILANO – L’agenzia di rating Fitch ha deciso di ridurre l’affidabilità del debito pubblico italiano portando il giudizio ad un solo livello dal limite minimo junk (spazzatura) e attribuendogli un punteggio di BBB-. L’outlook è stabile. La decisione arriva soltanto quattro giorni dopo il giudizio di Standard & Poor’s che invece aveva lasciato invariato il rating del nostro Paese, a BBB, mantenendo l’outlook negativo. Immediata la reazione del Mef: “Fondamentali dell’economia e della finanza solidi”.
“Il downgrade riflette il significativo impatto del coronavirus sull’economia italiana e sulla posizione di bilancio”, afferma Fitch in una nota prevedendo una contrazione del pil dell’8% nel 2020, con un rapporto debito/pil al 156%. L’outlook stabile riflette invece l’idea che gli acquisti della Bce faciliteranno la risposta dell’Italia alla pandemia e allenteranno i rischi di rifinanziamento.
“L’Italia ha dimostrato un’ampia coesione politica nelle prime settimane della pandemia – continua ancora l’agenzia di rating – e il sostegno per la coalizione di governo è aumentato. Comunque le tensioni politiche sono riemerse nelle ultime settimane. Riteniamo che le tensioni politiche si intensificheranno con il rilassamento graduale delle misure di lockdown e l’attenzione politica si sposterà sull’economia e la risposta comune europea alla crisi”.Fitch inoltre sottolinea un deterioramento dell’outlook del settore bancario. “La profonda recessione amplierà probabilmente i rischi alla qualità del credito e metterà pressione sulla redditività del settore”, osserva, precisando che le misure di appoggio decise dal governo dovrebbero in parte sostenere la qualità degli asset e mitigare l’impatto negativo sulle banche.Il Mef “prende atto” della decisione di Fitch, anticipando la valutazione del rating programmata per il 10 luglio, si legge in una nota aggiungendo che gli effetti sull’economia ricordati da Fitch “sono interamente dovuti a una causa esogena e temporanea”. Il Mef sottolinea  che “i fondamentali dell’economia e della finanza pubblica dell’Italia sono solidi, il sistema produttivo è molto diversificato, con un consolidato surplus commerciale e una posizione finanziaria netta nei confronti dell’estero molto vicina all’equilibrio”. Altre agenzie di rating, scrive ancora il Mef,  “hanno in effetti assunto un atteggiamento più prudente”
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nella nota sottolinea anche la decisione di Fitch “non tiene conto delle rilevanti decisioni assunte nell’Unione europea, dagli Stati che la compongono e dalle istituzioni che ne fanno parte. In particolare, non sembrano adeguatamente valorizzati l’orientamento strategico della Banca Centrale Europea”. Anche ambienti vicini a Banca d’Italia hanno espresso perplessità per la decisione di Fitch.

Def, Gualtieri: ‘Italia rimane impegnata su taglio debito, su Pil speriamo in scenario migliore’

L’Italia rimane “impegnata in un’azione di riduzione del debito e punta a riportarlo nella media dell’area euro nel prossimo decennio”. Così ha detto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def, confermando l’intenzione dell’esecutivo di continuare comunque a impegnarsi, una volta superata la fase shock del coronavirus, a ridurre il debito pubblico. Il titolare del Tesoro ha affermato che “maggiore sarà la credibilità delle riforme e delle politiche, minore sarà il livello dei rendimenti sui titoli di Stato agevolando il processo di rientro” del debito. Un proceso che implica “semplificazioni, investimenti, semplificazioni di procedure amministrative, green innovation deal e il conseguimento di un surplus di bilancio primario, che sarà sempre pienamente sostenibile nella sua dimensione”. Commentando i numeri del Def, da cui emerge la previsione di un calo del Pil dell’8%, nel 2020, nello scenario di base, e superiore a -10%, nel caso di scenario avverso, Gualtieri ha detto che il governo auspica e lavora “affinché si realizzi lo scenario migliore”.Nel Def “c’è uno scenario più pessimistico, legato al rischio di una seconda ondata di contagi, con una contrazione del Pil del 10,6% quest’anno e una ripresa più debole nel 2021 (+2,3%) nonché un aggravio per la finanza pubblica”, ha ricordato il ministro. Ma il governo ha sempre fatto previsioni “prudenziali” e le stime sono state “smentite in positivo nella realtà. Questo governo non fa previsioni ottimistiche”.


The ETF that tracks the S&P 500 rallied in after-hours trading Thursday after a report said a
Gilead Sciences drug was showing effectiveness in treating the coronavirus. The move pointed to a jump for the stock market on Friday.Around 5 p.m. ET, the SPDR S&P 500 ETF Trust (SPY) was up 2%. Stock futures open at 6 p.m. ET.Gilead shares jumped by 9% after STAT news reported that a Chicago hospital treating coronavirus patients with Remdesivir in a trial were recovering rapidly from severe symptoms. The publication cited a video it obtained where the trial results were discussed.

Ringraziamo il gentilissimo lettore che ci ha inviato e segnalato questo Video, nel quale vengono spiegate molte delle cose che noi sosteniamo fonte di perplessità….comprese le censure di FACE BOOK visto che il CEO in questo video è nominato…..ora è tutto molto più chiaro….sul motivo per il quale siamo stati sottoposti a censura su FACE BOOK. Ve ne consigliamo la visione….

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Bankitalia su dl liquidità: tassi insolvenza potrebbero superare 10%, rischio oneri significativi su finanze pubbliche’

“I tassi di insolvenza” sui prestiti con garanzia pubblica previsti dal dl liquidità varato dal governo Conte bis per affrontare l’emergenza economica da coronavirus, “potrebbero anche superare quelli del biennio 2012-2013, quando si avvicinarono al 10 per cento, risentendo dell’ampliamento della platea dei beneficiari (sono incluse, tra l’altro, le imprese con prestiti deteriorati), delle più elevate percentuali di copertura e dell’assenza di previsioni che limitino l’utilizzo delle garanzie ai soli nuovi finanziamenti o al rinnovo di quelli in scadenza contrattuale”. Così Fabrizio Balassone, Capo del Servizio Struttura economica di Bankitalia, in relazione al decreto di aprile con cui sono state varate le misure urgenti in materia di “accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.“L’ammontare delle garanzie pubbliche alle imprese complessivamente attivabili sulla base dei decreti 18 e 23 del 2020 si colloca intorno ai 450 miliardi, circa 5 volte il valore di quelle in essere alla fine del 2019 – ha ricordato il dirigente di Palazzo Koch – Data la gravità della crisi e l’incertezza sui tempi e sulla rapidità della ripresa dell’attività economica, la probabilità di una futura escussione di tali garanzie sarà verosimilmente
molto più elevata che in condizioni normali. Gli oneri per le finanze pubbliche, seppure distribuiti su più esercizi (i prestiti ammessi a garanzia possono avere una durata massima di sei anni) potranno essere significativi”.Balossone ha aggiunto che “in rapporto al PIL, il valore delle garanzie statali recentemente introdotte per fronteggiare la crisi è prossimo al 10 per cento in Spagna, al 15 in Francia e al 25 in Germania e in Italia”.

Conti pubblici, Bankitalia: ‘sospensione versamenti fiscali accresce necessità Tesoro di ricorrere al mercato’

Così Fabrizio Balassone, Capo del Servizio Struttura economica di Bankitalia, in relazione al decreto di aprile con cui sono state varate le misure urgenti in materia di “accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.Riguardo all’impatto sui conti pubblici, Balassone ha affermato che “la sospensione temporanea dei versamenti fiscali ha accresciuto significativamente la necessità per il Tesoro di ricorrere al mercato nel mese in corso e nel prossimo; le valutazioni ufficiali indicano in circa 16 miliardi l’entità dei versamenti che sarebbero differiti al secondo semestre del 2020. In secondo luogo, oltre il brevissimo termine, i conti pubblici relativi a quest’anno potrebbero risentire dell’eventuale illiquidità dei contribuenti al momento di compensare quanto non versato in precedenza. Infine, l’entità delle garanzie statali concedibili comporta in prospettiva la possibilità di dover far fronte a esborsi significativi anche in presenza di percentuali di escussione fisiologiche”.

Confcommercio: ” Ogni giorno di chiusura produce danni gravissimi a imprese e lavoro”

“La Fase 2 rinvia la riapertura degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e di tante attività del turismo e dei servizi e ogni giorno di chiusura in più produce danni gravissimi e mette a rischio imprese e lavoro” così il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli sulla Fase 2. “In queste condizioni diventa vitale il sostegno finanziario alle aziende con indennizzi a fondo perduto che per adesso non sono ancora stati decisi. Bisogna invece agire subito e in sicurezza per evitare il collasso economico di migliaia di imprese. Chiediamo al Presidente Conte un incontro urgente, anzi urgentissimo per discutere di due punti: riaprire prima e in sicurezza; mettere in campo indennizzi e contributi a fondo perduto a favore delle imprese”.

Conflitto fiscale l’1 giugno, in arrivo oltre 16 milioni di atti ai contribuenti italiani

Nel pieno dell’emergenza coronavirus esploderà a breve anche un conflitto fiscale, con l’arrivo il prossimo 1 giugno di oltre 16 milioni di atti, tra avvisi di intimazione e cartelle esattoriali, ai contribuenti italiani. “Si tratta di una comunicazione ogni quattro italiani, ovvero 1 in media per famiglia”, sottolinea Carlo Carmine, difensore patrimoniale e fondatore di CFC Legal, azienda legale specializzata in consulenza ed assistenza in procedimenti giudiziali e stragiudiziali dall’azione dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. “Risulta che nella audizione si sia parlato dell’impatto devastante che queste comunicazioni produrranno sul sistema economico già martoriato dall’emergenza Covid-19 e dall’accumulo dei versamenti sospesi ed in scadenza proprio al 31 maggio ed al 30 giugno, ma al contempo non sono stati previsti provvedimenti per ridurre tale impatto”, aggiunge Carlo Carmine.Secondo il fondatore di CFC Legal, sono necessarie alcune importanti misure, come il rinvio dei carichi fiscali pendenti a dopo la risoluzione definitiva della crisi da Covid-19, ovvero non prima del 31 dicembre 2021, introduzione di un contributo a fondo perduto per le imprese che hanno chiuso attività o che possono provare perdite anche se rimaste aperte, pari almeno pari a sei mesi di reddito medio, eliminazione della rata dei contributi previdenziali fissi per commercianti, artigiani e coltivatori diretti, in scadenza al 16 maggio, l’introduzione di una Rottamazione-quater, oltre che di norme di agevolazione per ridurre il contenzioso tributario e bancario e misure di sostegno alla liquidità reale (e non solo garanzie).

Coronavirus: Coldiretti, 1 mln di nuovi poveri dall’inizio del lockdown

Salgono di oltre 1 milione i nuovi poveri che hanno bisogno di aiuto anche per mangiare per effetto delle limitazioni imposte per contenere il contagio da coronavirus e la conseguente perdita di opportunità di lavoro, anche occasionale. E’ quanto emerge da una stima della Coldiretti sui due mesi dall’inizio del primo lockdown, sulla base delle persone che hanno beneficiato di aiuti alimentari con i fondi Fead distribuiti da associazioni come la Caritas ed il Banco Alimentare che registrano un aumento anche del 40% delle richieste di aiuto con picchi anche superiori in alcune zone del Paese. Fra i nuovi poveri, sottolinea la Coldiretti, ci sono coloro che hanno perso il lavoro e non possono utilizzare lo smart working, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie.

Danno economico per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna è metà della perdita di intera Italia

Il danno economico per le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna rappresenta da solo la metà di tutte le perdite economiche dell’intera Italia negli ultimi due mesi. E’ ciò che emerge dall’Osservatorio economia e territorio elaborato dal Centro Studi Sintesi di Mestre, che ricorda come le tre regioni da sole producono il 40% del Pil nazionale e che la sospensione in queste tre aree ha riguardato il 34% delle imprese italiane. Il lockdown ha portato, secondo la ricerca, alla compromissione di 114 miliardi di euro di fatturato e alla messa a rischio di 171,3 miliardi di euro di export, pari al 50% di tutte le perdite nazionali nei passati due mesi. Lo stop ha determinato, sempre nelle tre regioni, la sospensione dal lavoro per oltre 3milioni e 910mila lavoratori di cui oltre 1milione e 435mila impiegati nel manifatturiero.

Fitch: recessione senza precedenti a causa del coronavirus, in Italia Pil 2020 -8%

L’agenzia Fitch rivede le sue revisioni sull’economia globale, per la terza volta in un mese, tagliandole nuovamente a causa del coronavirus. E probabilmente non sarà l’ultima sforbiciata. Secondo le sue nuove stime, diffuse oggi nel Global Economic Outlook, il Pil globale si contrarrà quest’anno del 3,9%, segnando una recessione senza precedenti dal dopoguerra. Non solo. La nuova stima è due volte più grande della flessione prevista da Fitch solo nei primi di aprile e sarebbe due volte più grave della recessione del 2009.Per quanto riguarda l’Italia, Fitch ha rivisto al ribasso la previsione sul Pil, stimando un -8% nel 2020. La proiezione dell’agenzia arriva due giorni prima del verdetto di Standard & Poor’s sul rating dell’Italia, in calendario venerdì 24 aprile. Il giudizio di S&P sul debito italiano è superiore alla valutazione junk di appena due gradini

Italia: Istat, caduta dei consumi del 10% in caso di lockdown fino a giugno

L’Istat, l’istituto di statistica nazionale, formula le stime degli effetti del lockdown sull’economia, ipotizzando due diversi scenari: il primo assume che la limitazione delle attività produttive si limiti ai soli mesi di marzo e aprile, il secondo assume invece che si estenda fino a giugno. Ebbene, considerando il primo scenario, il lockdown determinerebbe, su base annua, una riduzione dei consumi finali pari al 4,1%, con una diminuzione del valore aggiunto generato dal sistema produttivo italiano pari all’1,9% Nel secondo scenario, caratterizzato dall’estensione delle misure restrittive anche ai mesi di maggio e giugno, la riduzione dei consumi sarebbe del 9,9%, con una contrazione complessiva del valore aggiunto pari al 4,5%.

Piazza Affari affonda con petrolio, spread vola verso quota 270

Piazza Affari non rialza la testa dopo lo storico crollo del petrolio andato in scena ieri, con il Wti che è precipitato per la prima volta sotto quota zero (il future maggio, le cui contrattazioni scadono oggi, ndr). A Milano, tutta la giornata di scambi è stata caratterizzata dalla vendite con un peggioramento nel pomeriggio con l’avvio in rosso di Wall Street. La seduta è stata così mandata in archivio a quota 16.450,85, con un ribasso del 3,59%. Il tutto in uno scenario che vede lo spread in forte risalita, con il differenziale Btp a dieci anni e il Bund tedesco che si avvicina nuovamente alla soglia dei 270 punti base.Sui mercati europei non è riuscito a risollevare il morale nemmeno la forte ripresa a sorpresa dell’indice Zew che ad aprile è tornato in positivo. Intanto in ambito europeo l’attenzione è rivolta al prossimo Consiglio Europeo in calendario il 23 aprile che dovrebbe vedere sul tavolo la proposta spagnola di un fondo con debito perpetuo da 1.500 miliardi di euro che potrebbe essere ben visto dalla Germania in quanto sgombrerebbe il campo dall’utilizzo degli Eurobond.Tornando alle performance di Piazza Affari, in uno scenario di forte debolezza per il petrolio cede il passo Eni con un calo del 5,6%, ma anche Saipem e Tenaris pagano la caduta delle quotazioni del greggio con ribassi rispettivamente del 5,2 e del 5%.Tra i peggiori di giornata Fineco (-6,5%) e STMicroelectronics (-6,6%). Quest’ultima si prepara ad inaugurare la stagione dei conti a Piazza Affari, con i numeri del primo trimestre 2020 in arrivo domani. “Ci aspettiamo che la società riporti all’interno del range di guidance fornito a fine gennaio (seppur nella parte bassa), nonostante l’impatto Covid-19, in quanto riteniamo che diversi Oem abbiano aumentato le scorte per timori legati al funzionamento della supply chain durante il lockdown”, scrivono gli analisti di Equita pubblicando la preview dei risultati del primo trimestre per il big italo-francese dei semiconduttori. Gli esperti della sim milanese, che hanno una view hold (tenere in portafoglio) e target price di 21 euro su Stm, si mostrano però meno positivi sulla guidance per il secondo trimestre 2020, con un outlook che a loro avviso “sarà particolarmente negativo”.

Coronavirus: Castelli, “debito perpetuo potrebbe rappresentare la soluzione”

Il debito perpetuo, proposta avanzata dalla Spagna, potrebbe rappresentare la soluzione. È di questa opinione il vice ministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli, che su Facebook scrive: “La creazione di ‘debito perpetuo’, una soluzione di cui si parla da anni e che, dai documenti, appare molto interessante. Le strategie per combattere il Coronavirus ci porteranno ad un inevitabile calo del nostro Pil e quindi ad un aumento del rapporto debito pubblico-Pil. Abbiamo già sperimentato sulla nostra pelle che soluzioni adottate in passato, fatte di tagli alla spesa pubblica e soffocamento della domanda interna, non solo non hanno risolto il problema (il rapporto debito pubblico-PIL è aumentato sempre di più), ma hanno anche avuto effetti negativi sull’economia reale e di conseguenza sulla vita dei cittadini”.
“La creazione di questi nuovi strumenti – prosegue Castelli – permetterebbe agli Stati di ottenere le risorse necessarie per attuare una seria politica espansiva. Tra l’altro non ci sarebbero sostanziali differenze all’interno del bilancio della Bce, nessuno Stato pagherebbe per altri e tutti, anche i Paesi più virtuosi, ne trarrebbero beneficio. Le risorse ottenute in questo modo andrebbero a finanziare programmi di investimento, ricerca, sviluppo e per la ricostruzione del tessuto economico dei vari Paesi dell’Eurozona, tra cui il nostro”. “Abbiamo bisogno di soluzioni nuove per affrontare questa delicata fase. Gli strumenti ordinari, da soli, non bastano. Ne siamo convinti e ci spendiamo quotidianamente affinché questa sia la linea che accompagni la ripartenza”, conclude.

DEBT EQUITY SWAP: come salvare l’Italia dal possibile default

Qualche buona notizia ogni tanto arriva anche sul fronte Coronavirus, anche se sono notizie assolutamente logiche ed attese. La curva epidemica del Covid-19 finalmente vira verso il basso. E ci mancherebbe anche che non fosse così, dopo il lockdown che da settimane ci costringe tutti (o quasi) agli arresti domiciliari.
Oggi i nuovi contagi sono 2.256, ben 791 in meno di ieri. Dato più basso da oltre un mese, con un trend di crescita che scende all’1,3%.

Ma questa è solo una parziale vittoria. La salute prima di tutto, ovvio, ma come sempre voglio cercare di guardare le cose dal punto di vista economico finanziario. E sotto questo aspetto c’è ancora molto da dire, molto da fare, molto da programmare. E tutto deve essere fatto per proteggere il nostro sistema produttivo affinché possa ripartire non appena si potrà tornare a una parvenza di normalità. L’Italia forse più di tutti rischia che il lockdown costringa molte aziende a chiudere i battenti in modo definitivo. Il danno in termini di prodotto, di occupazione, ma anche a livello sociale sarebbe incalcolabile. E io sono convinto che ancora non ci si renda conto di cosa sta realmente capitando. Noi saremo anche un popolo resiliente, noi saremo anche fantasiosi e come i gatti abbiamo 7 ( o 9 vite come nei paesi anglosassoni) vite finanziarie. Ma i numeri sono numeri. I debiti sono debiti. E nessuno regala nulla, in primis l’Unione Europea, le banche e tantomeno lo Stato. Alla faccia di chi sperava o credeva che ci fossero interventi a “fondo perduto”.

Inoltre non dimentichiamo che l’Italia è famosa per avere un tessuto produttivo incentrato soprattutto su piccole – medie imprese. E questo rappresenta un ulteriore problema. Ecco perché bisogna fare subito e presto. E non sono i 25.000 € che salveranno il sistema. Aiutano, certo, ma sono sempre debito. Ci vuole di più.

Sussidi, bonus fiscali, oppure (in modo più aggressivo) un impegno più importante a livello pubblico, che non vuole essere una provocazione ma una proposta che non è da scartare secondo me (non si inventa nulla, basta guardarsi indietro).

Stato-Impresa: bisogna tornare a pensarci

Le previsioni (che sembrano più o meno attendibili) parlano di un deficit verso l’8-10%, gonfiato da un crollo del Pil intorno all’8%, e un debito fra il 155 e il 160.

Tutto questo fa paura ma non è pienamente percepito dalla gente. Perché sia ben chiaro, ora è dura, in un modo o nell’altro Stato e UE ci daranno una mano. Ma poi “si tirerà una riga” e verranno a chiederci conto. Senza poi dimenticare questo altro aspetto. La ricaduta.

Il grafico che vi presento lo ritengo molto congruo e realistico.
Nel momento in cui ci sarà una ripartenza, sarà normale rivedere lievitare il numero dei contagi e non si può poi assolutamente escludere una “ricaduta” con la nuova stagione autunnale. E questo fino a quando NON ci saranno delle cure appropriate (leggasi in primis il VACCINO). Immaginate gli effetti anche con la riapertura anche delle scuole a settembre. Il grafico si riferisca agli USA ma credo sia ampiamente condivisibile da qualunque paese.

Chart by Morgan Stanley

Tornando all’Italia, facendo la somma di quanto esposto sopra, se non si interviene in modo massivo e serio, si rischia di finire in un circolo vizioso depressivo da cui non se ne uscirà più, se non in modo traumatico.
Leggete cosa ipotizza Banca d’Italia. 

(…) Il documento della Banca d’Italia citato nei servizi del 19 aprile ha il pregio di indicare tre soluzioni, tutte condivisibili, da realizzare al più presto. La prima riguarda i trasferimenti diretti alle imprese, che non devono essere considerati meno urgenti di quelli alle famiglie, anzi sono il complemento necessario per garantire la sopravvivenza dei posti di lavoro, quindi del reddito. Le proposte al riguardo si vanno moltiplicando: sulla rivista online Voxeu, ad esempio, alcuni economisti propongono un sussidio sotto forma di contributo da erogare direttamente alle piccole e medie imprese in proporzione al reddito dichiarato lo scorso anno (un’imposta negativa, insomma).
Gli altri due punti della proposta mirano a risolvere nel medio termine i problemi finanziari tipici delle imprese, da un lato costituendo società-veicolo con capitale pubblico per la ristrutturazione dei debiti delle imprese medio-grandi e dall’altro incentivando fiscalmente la ricapitalizzazione delle aziende di ogni dimensione. Dobbiamo riconoscere che i decenni di grande euforia prima della crisi hanno creato un eccesso di debito (ai danni del capitale di rischio) che oggi risulta sostenibile solo grazie a un livello di tassi di interesse anormalmente basso che peraltro crea effetti collaterali assai gravi (per informazioni chiedere ai risparmiatori che non trovano più un tasso che sia allo stesso tempo risk free e maggiore di zero). (…) [Source] 

Senza poi dimenticare che questo sistema di protezione avrebbe ripercussioni positive anche sul settore bancario che deve essere in questa fase il polmone che fa da tramite tra lo Stato e l’impresa.Ma è verosimile l’ipotesi secondo la quale lo Stato torna a fare impresa? Si, why not?Come proposto dall’Assonime,  (che è l’associazione fra tre società per azioni che si occupa soprattutto di imposizione diretta e indiretta, diritto societario, mercato dei capitali e società quotate, attività di impresa e concorrenza), si dovrebbe procedere all’istituzione di un Fondo dedicato per assicurare alle imprese non finanziare con buoni fondamentali, ma fragili situazioni patrimoniali, nuove iniezioni di capitale, con la possibilità in determinate condizioni di convertire il debito in azioni.Trattasi di operazioni definite di debt-equity swap. Sempre secondo Assonime, questo fondo di sostegno dovrebbe essere ovviamente a capitale pubblico (CDP?) con la possibilità di ingresso anche di banche, istituzionali di vario genere e private equity. In questo modo anche gli ITALIANI potranno sostenere attivamente la ripresa. E lo faranno quelli che hanno anche le risorse (leggasi risparmi) per poterlo fare.Pensate che sia una follia? Forse proprio no. Vogliamo mettere in moto il risparmio degl iitaliani? Allora facciamo in modo di trasformare i “private placement” in un prodotto che sia di investimento, quello si, ma anche interessante dal punto di vista fiscale per l’investitore, invogliandolo ad investire.Inoltre lo stato imprenditore deve essere un’opzione, ma non per questa vist ain chiave negativa. In questo modo il debito si trasformerebbe in credito nel secondo caso, evitando il collasso del sistema, e e poi ci sarebbe un sostegno anche privato (cosa che oggi non è ipotizzabile).
Ovvio, sono solo idee e pensieri sparsi ma se ci ragioniamo un attimo, forse stiamo parlando di una soluzione sostenibile e soprattutto realistica. Perché oggi più che mai dobbiamo essere concreti cercando di evitare in tutti i modi quello che prima o poi ci porterà al default.

Calo attività economica mai registrato in storia Repubblica: Upb teme crollo cumulativo Pil -15% in primi due trimestri

Per il Pil italiano “si prefigura per la prima metà dell’anno un calo dell’attività economica di intensità eccezionale, mai registrato nella storia della Repubblica”. E’ quanto si legge nella nota di sintesi sulla congiuntura di aprile, stilata dall’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio”, che esamina l’impatto del coronavirus sui fondamentali economici italiani.“Nel trimestre scorso (il primo) il PIL si sarebbe complessivamente ridotto di circa cinque punti percentuali, quasi interamente ascrivibili al crollo dell’attività in marzo. Il trimestre corrente sconta maggiormente gli effetti del blocco, in quanto inizia su livelli molto bassi e risente di un pesante trascinamento statistico; nell’ipotesi che le restrizioni vengano allentate in misura molto graduale a partire da maggio si prefigura una contrazione congiunturale del PIL del secondo trimestre dell’ordine di ulteriori dieci punti percentuali”.“Nell’insieme dei primi due trimestri dell’anno – sottolinea la nota – il PIL si ridurrebbe cumulativamente di circa quindici punti percentuali”.programmatico del Governo.

Conte: Fase-2 al via il 4 maggio, riapertura sarà differenziata per Regioni

Riapertura il 4 maggio. Il premier Giuseppe Conte lo fa capire nel post pubblicato questa mattina su Facebook in cui dettaglia la possibile road-map delle prossime settimane. Il primo ministro, che ipotizza l’annuncio del piano dettagliato per la Fase 2 entro la fine di questa settimana, rimarca che è ragionevole ipotizzare che sarà applicato a partire dal 4 maggio. “Questo programma deve avere un’impronta nazionale, perché deve offrire una riorganizzazione delle modalità di espletamento delle prestazioni lavorative, un ripensamento delle modalità di trasporto, nuove regole per le attività commerciali – scrive Conte su Fb – . Dobbiamo agire sulla base di un programma nazionale, che tenga però conto delle peculiarità territoriali. Perché le caratteristiche e le modalità del trasporto in Basilicata non solo le stesse che in Lombardia. Come pure la recettività delle strutture ospedaliere cambia da Regione a Regione e deve essere costantemente commisurata al numero dei contagiati e dei pazienti di Covid-19”.

Borse Asia in ribasso, Tokyo e Hong Kong -2% dopo shock petrolio e rumor Kim Jong-un

Azionario asiatico colpito dai sell, sia per lo shock petrolifero che per i rumor secondo cui il leader nordcoreano Kim Jong-un sarebbe “gravemente malato” e “in grave pericolo” a seguito di un intervento chirurgico. La notizia ha messo sotto pressione il won sudcoreano, che ha scontato i timori di un aumento delle tensioni tra Nord e Sud Corea, in caso di morte di Kim Jong-un. La valuta è stata la prima a scontare la notizia, cedendo fino a -1,08% a 1.233,83 won per dollaro.
Sotto pressione anche la borsa di Seoul, con il Kospi in flessione del 2% circa e il Kosdaq -2,25%. Il Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso in calo del 2% circa. Lo Shanghai Composite cede oltre -1,40%, Hong Kong fa -2,23%, Sidney -2,54%.Vendite anche sullo yuan cinese onshore, che cede a 7,0859 per dollaro mentre lo yuan offshore oscilla attorno a 7,0989 per dollaro. Male anche il dollaro singaporegno, che perde -0,37% a 1,4262 nei confronti del biglietto verde. Il dollaro australiano cede -0,44% sul dollaro Usa a quota 0,6308; euro-yen -0,41% a JPY 116,43.Il sentiment in Asia è stato messo sotto pressione dal trend anomalo e senza precedenti dei prezzi del petrolio. Il contratto WTI con consegna a maggio, che scade oggi, è precipitato fin sotto zero, a -$37 al barile circa, con una perdita superiore a +100%. Ora il contratto riagguanta lo zero, e scambia a $1,45 al barile circa, con un balzo anch’esso senza precedenti, pari a oltre +100%. Il Brent è ancora sotto pressione, perde -1,06% a $25,30 al barile.

Spread torna a infiammarsi, c’è rischio sovraccarico emissioni Btp

Incipit della settimana con Btp nuovamente sotto pressione e spread che viaggia sui massimi da oltre un mese. Il differenziale di rendimento tra Btp e Bund si riavvicina verso quota 250 con un picco intraday a 247 pb per poi ritracciare leggermente in area 240 pb. Il tasso del Btp decennale viaggia in area 1,95% dopo che settimana scorsa si era spinto fino al 2%. I bond italiani sottoperformano oggi i peers europei insieme a quelli portoghesi che pagano il taglio di outlook annunciato venerdì da Fitch sul paese lusitano. Male anche i Bonos con la banca centrale spagnola che ha indicato una possibile contrazione del PIL fino a -12,4%.Tornando ai Btp, pesano le divisioni in seno alla maggioranza sul nodo MES, ma anche i timori per i conti pubblici on indiscrezioni che vedono il rischio che il deficit schizzi fino al 9-10% quest’anno. Intanto fonti riportate da Reuters vedono il Tesoro pronto a una nuova emissione via sindacato di un Btp a a 7 anni, probabilmente già questa settimana, in modo da non essere vicina a emissioni di fine mese e anche abbastanza distanziata da quella del nuovo BTP Italia annunciato dal 18 al 20 maggio (più il 21

TUTTI I DEPISTAGGI DELL’OMS. Questo accade quando ci si mette nelle mani di un maoista…

Uno dei maggiori fallimenti nel contenimento del COVID 19 è di un ente internazionale: l’Organizzazione Mondiale delle Sanità. Questa emanazione dell’ONU non è stata in grado nè di informare, nè di contenere, nè di informare relativamente alla pandemia, essendo sempre in ritardo, e spesso dando informazioni contraddittorie, spesso fungendo solo da megafono della Cina e del Partito Comunista Cinese.

The Epoch Times ha messo in luce un a vera e propria cronologia degli errori e della disinformazione dell’OMS. Vediamo le date base:

  • NOVEMBRE 2019 primi casi in Cina . Nessuna informazione all’estero;
  • DICEMBRE Taiwan, che ha contatti diretti con la Cina , inizia a vedere qualcosa di strano, OMS tace anche perchè Taiwan non è parte dell’OMS , per veto della Cina..
  • 31 DICEMBRE 2019. OMS viene informato dell’epidemia dalla Cina… Taiwan inizia a monitorare tutti i viaggiatori con la Cina.
  • 31 DICEMBRE 2019 Taiwan informa che i propri medici in Cina riportano casi di personale medico infettato dalla COVID-19, mettendo in luce che è probabile che ci sia una trasmissione uomo- uomo. l’avviso viene ignorato;
  • 2 GENNAIO i medici che mettono in guardia sulla nuova epidemia vengono richiamati ed interrogati dalla polizia.
  • 3 GENNAIO   la Cina avvisa l’OMS che ci sono solo 44 casi conclamati. Allora sarebbero troppo bravi i medici di Taiwan che iniziano a prendere misure preventive…
  • 5 GENNAIO Sulla base delle “Informazioni ufficiali” l’OMS dice che non è necessaria nessuna limitazione dei voli.
  • 10 GENNAIO l’OMS  nega ancora la trasmissibilità fra uomo e uomo.
  • Taiwan invia una propria task force ad investigare sulla situazione sanitaria per la COVID-19. Il team torna in patria dopo pochi giorni affermando che, nonostante la censura, non c’è da essere ottimisti. Iniziano a sondare gli ospedali dell’isola per prepararli all’infezione,
  • 12 GENNAIO,  OMS ancora nega che ci siano dei chiari segni della trasmissibilità da uomo a uomo….
  • 20 GENNAIO. Prima breve missione dell’OMS in Cina (10 gg dopo Taiwan)
  • 20 GENNAIO la Cina conferma la trasmissibilità da uomo a uomo….
  • 28 GENNAIO. il presidente dell’OMS Tedron invita tutti alla calma ed ad avere fiducia nella risposta del Partito Comunista Cinese;
  • 3 FEBBRAIO Trump blocca i voli diretti dalla Cina, Tedros esprime il proprio disappunto.
  • 20 MARZO. Tedros e OMS accettanola propaganda cinese che “Non ci sono più casi”, nonostante dati oggettivi indichino l’opposto.

Se il mondo occidentale, invece che l’OMS , avesse seguito le indicazioni di Taiwan, avrebbe risparmiato almeno 20 giorni ed alcune decine di migliaia di morti. Invece  ci si è affidati all’OMS, il cui presidente, Tedros Adhanom Ghebreyesus, era un esponente del Partito Comunista Maoista del Tigrai, che, sino agli anni ’90, condiceva una guerriglia contro il regime filosovietico di Addis Abeba. Alla fine del blocco sovietico il partito comunista filocinese maoista è riuscito a rovesciare quello filosovietico  ed ora governa l’Etiopia. Tedros Adhanom Ghebreyesus è stato eletto con i voti ed i soldi cinesi, all’OMS, ed ora ne paghiamo tutti le conseguenze.

Ora capite perchè Trump non vuole dare più risorse all’OMS…..

Da Prodi a Berlusconi, crociata pro MES degli ex premier. Monti chiede operazione verità: fake history va riscritta

E’ un vero e proprio plebiscito. In questi giorni a ruota si sono espressi tutti i primi ministri che si sono succeduti in Italia dal 2001 a oggi e il risultato è un coro di inviti a dire sì al tanto discusso MES senza condizionalità proposto dall’Europa per far fronte alle spese sanitarie e che se attivato darebbe in dote all’Italia 37 miliardi di euro.Ultimo in ordine di tempo è l’ex primo ministro, Mario Monti, che si rivolge direttamente all’attuale premier e chiede un’operazione di verità. “Governare significa dire la verità ai partiti e ai cittadini, anche quando questo significa prendere misure impopolari”, rimarca Monti in un’intervista concessa a Repubblica, rimarcando come adesso Giuseppe Conte debba muoversi in un contesto nel quale “la realtà delle cose è spesso ignorata e i fantasmi creati per sconfiggere i nemici di parte si rivolgono contro chi li ha creati”. “Chi ha fatto del MES un mostro adesso può anche convincersi che senza condizionalità quello strumento vada bene; ma ormai tutta la sua base elettorale è pronta a scagliarsi contro chi dovesse dirlo. Dunque, se Conte facesse quello che la coscienza gli detta e lo andasse a spiegare al Parlamento sarebbe la cosa migliore”, argomenta Monti che ritiene comunque poco probabile in quanto parte maggioranza si basa su una falsa narrazione, quella che Monti definisce una “vera fake history fatta di tante fake news”.
L’ex premier rimarca come il Mes non è mai stato una creatura malefica in sé “ma nella crisi dell’Eurozona è stato utilizzato nei confronti di Paesi, che comunque avevano abbondato in malgoverno, con una serie di errori e durezze eccessive da parte della Ue e del Fmi. È il caso della troika per la Grecia. Dunque è giusto guardare con grande attenzione la questione delle condizionalità”.

Berlusconi si distanzia dal fronte del no del duo Meloni-Salvini

A favore dell’utilizzo del MES si sono schierati apertamente negli ultimi giorni tutti gli altri ex premier che si sono susseguiti a palazzo Chigi negli ultimi 20 anni. Silvio Berlusconi è intervenuto nei giorni scorsi affermando che è un clamoroso errore dire no al MES senza condizionalità, distaccandosi dal fronte del no che caratterizza gli altri pariti d’opposizione, con Salvini e Meloni che hanno usato il MES per attaccare il governo subito dopo l’Eurogruppo di settimana scorsa.Presa di posizione anche di un altro importante ex inquilino di palazzo Chigi, Romano Prodi, che giudica come “incredibile” l’opposizione al Mes. “L’Europa ha tolto tutti i condizionamenti, anche se il nome è rimasto lo stesso, sembra sacro – argomenta l’ex leader dell’Ulivo – . Però non ci sono condizioni di controllo nei confronti della politica, c’è un tasso di interesse bassissimo, sicuramente meno dell’1%. Usiamo questi soldi per le spese sanitarie e destiniamo quelli che dovevano andare alle spese sanitarie ad altre cose”.Sula stessa lunghezza d’onda Matteo Renzi, leader di Italia Viva: “Questa barzelletta del Mes deve finire. Il Mes senza condizionalità significa che ci danno 37 miliardi di euro a condizioni migliori di qualsiasi altro prestito e questi 37 miliardi vanno ai cittadini italiani. Quando grillini e leghisti fanno polemica sul Mes vi stanno prendendo in giro: il Mes è una cosa che aiuta l’Italia e l’Italia userà i 37 miliardi del Mes”,sono state le parole su Facebook dell’ex leader del Pd.
Tra i primi a dire sì al MES anche Paolo Gentiloni, attuale commissario UE agli Affari Economici. Posizione chiara anche quella di Enrico Letta, presidente del Consiglio tra il 2013 e il 2014. “Unica condizione è che le risorse vadano alla sanità – ha ribadito Letta – allora le risorse del Mes le si usino per ripensare il nostro sistema sanitario e ammodernarlo per le nuove esigenze di una società cambiata. E’ un’occasione unica per rendere il paese più solido e la società più protetta

Eurobond a tutti i costi, Macron tuona: solidarietà o Unione a rischio, non ripetiamo errore colossale di 100 anni fa

Mentre in Italia si profila una fine anticipata del lockdown, in Francia il blocco si protrarrà fino all’11 maggio con quindi ancora tre settimane di attività economica a ritmo ridotto. Una scelta che peserà sul PIL transalpino e induce il suo presidente Macron ad alzare i toni in Europa per ottenere il via libera agli Eurobond, facendo da avamposto nella battaglia che vede in prima linea anche l’Italia.
L’economia francese, rimarca Ing in un approfondimento sul Paese transalpino, attualmente gira al 65% circa della sua capacità e queste tre settimane ridurranno il PIL di altri due punti percentuali. Mentre il FMI indicava una contrazione del PIL del 7,2% per il 2020, il governo si aspetta ora -8%.  Gli esperti di Ing ritengono che il PIL del 2° trimestre potrebbe scendere dal 10% al 15%. “Ciò richiede forti azioni di recupero”, rimarca Julien Manceaux, economista senior di Ing. La decisione di allungare il blocco richiede un budget maggiore, che è stato annunciato questa settimana, non da ultimo per finanziare il regime di disoccupazione temporanea. Ciò dovrebbe consentire un aumento limitato del tasso di disoccupazione quest’anno, che dovrebbe essere vicino, ma non molto al di sopra della soglia del 10%, invece dell’8,5% misurato nel 4° trimestre 2019.

Le parole del presidente francese al FT

Oggi il presidente Emmanuel Macron ha ribadito in un’intervista del Financial Times che l’Europa ha bisogno di “trasferimenti finanziari e solidarietà”. Nel suo discorso pubblico lunedì, lo stesso Macron ha affermato che l’Europa è “in un momento di rifondazione”. E nell’intervista al FT ha ripetuto che “Siamo in un momento di verità, che è quello di decidere se l’Unione Europea è un progetto politico o solo un progetto di mercato. Penso che sia un progetto politico. . . Abbiamo bisogno di trasferimenti finanziari e solidarietà, in modo che l’Europa tenga duro”.Il capo dell’Eliseo paventa il rischio che i populisti vincano “oggi, domani, dopodomani, in Italia, in Spagna, forse in Francia e altrove” e fa anche un richiamo alla storia e all’errore fatto 100 anni fa dalla Francia, dopo la fine della prima Guerra mondiale quando impose alla Germania  le riparazioni di guerra. “Errore colossale, fatale, che provocò la reazione populista tedesca e l’odio nel resto d’Europa e 15 anni”. Macron sottolinea come quell’errore fu capito e alla fine della Seconda guerra mondiale si agì diversamente e ci fu il piano Marshall.Tutto ciò aumenta la pressione esercitata per la prossima riunione del Consiglio dell’UE della prossima settimana con il dibattito sulla mutualizzazione del debito è tutt’altro che morto.
“I governi più ostili agli eurobond stanno iniziando a cambiare idea”, sostiene Macron che aggiunge:”Sarebbe un errore di portata storica sostenere che i peccatori devono pagare”, con chiaro riferimento alle posizioni di rigore espresse dall’Olanda.

COVID + lockdown, per Bankitalia Pil -5% in I trim. Rallenta domanda estera di BTP

Effetto Covid + lockdown: Pil Italia negativo nel primo trimestre ma anche nel secondo, in ripresa poi a partire dal secondo semestre fino a balzare nel 2021. Secondo gli economisti di Bankitalia l’economia italiana pagherà molto cara la crisi del coronavirus e del conseguente lockdown: nel primo trimestre la contrazione del Pil sarà, infatti, pari a -5%. Al tonfo contribuirà anche il tracollo della produzione industriale che a marzo, secondo quanto atteso, è stato pari a -15%Così si legge nel bollettino economico di Bankitalia:“Integrando le indicazioni dei modelli previsivi con le informazioni sulla chiusura di stabilimenti produttivi, raccolte dalla rete territoriale della Banca d’Italia, si può valutare che la produzione industriale abbia subito una significativa contrazione in marzo, intorno al  tenendo conto degli andamenti di gennaio e febbraio, la flessione della produzione industriale nel trimestre sarebbe attorno ai sei punti percentuali. Sulla base di queste informazioni, nel primo trimestre del 2020 la contrazione del PIL dell’Italia potrebbe essere oggi valutabile intorno ai cinque punti percentuali”.Anche nel secondo trimestre il Pil italiano è atteso con il segno meno:“Il protrarsi delle misure di contenimento della pandemia di Covid-19 (dunque il lockdown, la quarantena in cui è finita l’economia italiana) comporterà una significativa caduta del PIL nel nostro paese anche nel secondo trimestre, cui farà verosimilmente seguito un recupero, che potrà anche essere sostenuto. I tempi e l’intensità della ripresa dipenderanno, oltre che dalla durata e dall’estensione geografica del contagio, su cui vi è ancora molta incertezza, da diversi fattori interni e internazionali, nonché dall’efficacia delle politiche economiche“.
Nel report viene messo in evidenza l’apporto fondamentale all’economia arrivato dalle misure di politica monetaria espansiva della Bce.
Detto questo, il coronavirus ha rallentato la domanda estera di BTP italiani, che era stata molto elevata nel 2019, rimanendo solida e consistente anche nel mese di gennaio.
“Nel 2019 la domanda estera di titoli di portafoglio italiani è stata molto elevata (118 miliardi nel complesso, di cui 84 di titoli pubblici); anche in gennaio gli investitori esteri hanno acquistato titoli pubblici per importi consistenti (23 miliardi). Per le settimane più recenti i dati di Emerging Portfolio Fund Research (EPFR) relativi al portafoglio di un campione di fondi internazionali indicano una diminuzione della propensione a investire in titoli italiani, in un contesto caratterizzato da incertezza sulle prospettive macroeconomiche globali e di tensioni e ricerca di liquidità sui mercati finanziari, in parte attenuate dopo l’intervento della Banca centrale europea”. Ed è stato sempre grazie all’azione salvifica della Bce che i i tassi sui BTP e lo spread sono riusciti a rallentare il passo, dopo i picchi di metà marzo.
A fronte di un quadro previsionale caratterizzato comunque da molta incertezza, Bankitalia ha messo comunque in evidenza un dato di fatto: sia le banche che le famiglie e le imprese si trovano stavolta davanti a una crisi in condizioni di maggiori solidità rispetto al passato.
Le banche italiane si trovano ad affrontare il deterioramento dell’economia partendo da condizioni patrimoniali e di liquidità più robuste che in passato e disponendo di una migliore qualità dell’attivo”.
A dimostrarlo sono anche i dati dell’ultimo trimestre del 2019, che mettono in evidenza che “il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto al totale dei finanziamenti è rimasto stabile” e che “il tasso di deterioramento dei prestiti è su livelli storicamente molto bassi sia per le famiglie sia per le imprese“.
In particolare, “il settore delle famiglie affronta l’attuale congiuntura con una solidità finanziaria maggiore rispetto a quella che aveva alla vigilia della crisi del debito sovrano”.
Ciò significa che “l’impatto della pandemia sui redditi può essere significativo, ma è mitigato dal basso debito, dal livello molto contenuto dei tassi di interesse e dalle misure di contrasto attuate dalle autorità”. Certo, “la crisi ha colpito il sistema produttivo quando era già in atto un rallentamento dell’attività economica e in presenza di un alto debito pubblico. Tuttavia le imprese, la cui leva finanziaria si è ridotta significativamente negli ultimi anni, e le famiglie, il cui indebitamento è molto basso nel confronto internazionale, affrontano questa difficile fase congiunturale con una struttura finanziaria sostanzialmente più equilibrata rispetto a quella che avevano alla vigilia della crisi del debito sovrano”.

Quanto costa il lockdown in termini di Pil

Dal bollettino economico di Bankitalia emergono anche informazioni sui costi del lockdown, ovvero del blocco delle attività che il governo Conte ha definito non essenziali:
“Nel complesso le attività commerciali e industriali non ritenute essenziali, e come tali temporaneamente sospese dal DPCM del 22 marzo, contribuiscono a circa il 28 per cento del totale del valore aggiunto. Ogni settimana di blocco dell’attività economica di questa portata comporta, secondo un calcolo meccanico che non considera effetti indiretti, una riduzione del PIL annuale di circa lo 0,5 per cento“.
In questo contesto, “l’intensità del successivo recupero dei livelli di attività interna dipenderà da un insieme di fattori: dalle ripercussioni sulla fiducia e sulle decisioni di spesa dei cittadini e di investimento delle imprese; dall’andamento della propensione al risparmio delle famiglie, in considerazione dell’esigenza di ricostituire i livelli di reddito e ricchezza colpiti dalla crisi; dalla capacità delle imprese di restare sul mercato nonostante le perdite subite nella fase di arresto dell’attività”.
Ora, “per alcuni settori, come quello manifatturiero, è possibile che venga anche recuperata parte della produzione persa durante la vigenza delle misure di contenimento, con una conseguente attenuazione degli effetti complessivi sull’anno; si tratta di un’eventualità meno plausibile per gran parte dei servizi“.
Inoltre, non si può prescindere dal fatto che “un insieme rilevante di effetti della pandemia dipenderà dall’andamento dell’economia globale. Secondo le valutazioni formulate dall’FMI alla metà di aprile, la contrazione del commercio mondiale, per effetto delle necessarie misure di contenimento adottate da un ampio numero di paesi, sarebbe pari all’11 per cento. In base alle elasticità del PIL alla domanda estera implicite nel modello econometrico della Banca d’Italia, ogni punto di riduzione del commercio mondiale avrebbe un impatto negativo sul prodotto del nostro paese pari a circa un decimo di punto percentuale nel 2020. Va considerato anche che l’Italia è uno dei principali beneficiari dei flussi turistici internazionali, che resteranno verosimilmente modesti per un periodo prolungato”.
Sul fronte occupazione, Bankitalia prevede un peggioramento nel secondo trimestre. Per ora, infatti, “in marzo il ricorso alla CIG, esteso eccezionalmente a tutte le imprese dovrebbe avere accelerato notevolmente consentendo di salvaguardare le posizioni permanenti nonostante una riduzione delle ore lavorate. Il numero di occupati potrebbe contrarsi più marcatamente nella componente a tempo determinato, qualora parte degli oltre 400.000 contratti in scadenza tra marzo e aprile non venisse rinnovata, in particolare nei settori ricettivo-alberghiero, dei viaggi e trasporti, dei servizi ricreativi, culturali e personali e del commercio al dettaglio non alimentare

Imprese: -30mila nel primo trimestre, peggior dato degli ultimi 7 anni

Quasi 30mila imprese in meno nei primi tre mesi del 2020 contro un calo di 21mila nello stesso trimestre del 2019. Il bilancio della nati-mortalità delle imprese tra gennaio e marzo di quest’anno risente delle restrizioni seguite all’emergenza Covid-19 e rappresenta il saldo peggiore degli ultimi 7 anni, rispetto allo stesso arco temporale. Si tratta di un dato che evidentemente si riflette anche a livello territoriale e settoriale. Gli effetti conseguenti allo stato di eccezionalità in cui l’economia reale si sta muovendo appesantiscono il risultato di un bilancio che nei primi tre mesi dell’anno chiude sempre in rosso per effetto delle chiusure comunicate sul finire dell’anno precedente. In netto calo sia le iscrizioni che, in misura minore, le cessazioni. Tra gennaio e marzo si registrano 96.629 nuove aperture, a fronte di 114.410 dello stesso trimestre dell’anno precedente, e 126.912 chiusure contro le 136.069 del 2019. E’ quanto emerge dalla fotografia scattata da Unioncamere – InfoCamere sui dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese italiane nel primo trimestre 2020.

Trabattoni (Kairos): ripresa Ftse Mib dipenderà da Fase-2. I settori su cui puntare

Ciò che determinerà la ripresa del mercato italiano sarà la durata e la natura della Fase 2; E’ quanto scrive Massimo Trabattoni – Head of Italian Equity di Kairos, nell’analisi “Italian Times”, mettendo in evidenza anche quei settori sui quali si può puntare.

MILAN, ITALY – JUNE 07: People walk in front of Palazzo Mezzanotte, the headquarter of Borsa Italiana (Milan Stock Exchange) in Piazza Affari on June 7, 2019 in Milan, Italy. (Photo by Emanuele Cremaschi/Getty Images)

Trabattoni ricorda che “negli ultimi due mesi il mercato ha reagito al danno inferto al PIL globale dal lockdown quasi completo dell’attività economica causato dal Covid-19. In meno di un mese, la caduta dei principali listini azionari mondiali dai massimi di febbraio ai minimi di marzo (Nasdaq -40%, S&P -35%, STOXX 600 Europe -38%, FTSE Mib -45%) ha decretato la fine (almeno sulla carta) del più lungo bull-market della storia. Le vendite hanno coinvolto tutti i temi e tutti i settori come succede in quei momenti di panic-selling in cui l’unica asset class su cui gli investitori vogliono essere posizionati è la liquidità”. Fenomeno tra l’altro confermato anche dall’ultimo sondaggio tra i gestori di Bank of America, che ha confermato come l’esposizione verso il cash sia balzata al record dagli attacchi dell’11 settembre.
“Successivamente – continua Trabattoni nella sua analisi “Italian Times”- sulla scia degli imponenti interventi sia di politica monetaria da parte delle Banche Centrali, sia di politica fiscale da parte dei governi, soprattutto negli Stati Uniti, i mercati sono rimbalzati premiando società e settori meno impattati dal lockdown e lasciando un po’ più indietro industrie come Retail, Travel & Leisure, Auto, Oil e la maggior parte dei nomi Industrials. Questa prova di forza dei mercati finanziari dimostra come gli investitori, dopo un primo momento di paura, siano ora disposti a considerare queste lunghe settimane di stop produttivo (la cosiddetta Fase-1) come un evento negativo one-off e quindi non così significante ai fini della valutazione delle aziende”.A questo punto, “quello che però determinerà l’andamento dei mercati nei prossimi mesi e probabilmente fino al 2021 inoltrato, sarà la durata e la natura della Fase-2“.Quali saranno, a tal proposito, i settori che potrebbero beneficiare, se non della fine, ma almeno dell’allentamento delle misure di contenimento, ovvero di un minore lockdown? Innanzitutto, che tipo di Fase 2 possiamo aspettarci?
“I differenti scenari che potrebbero avverarsi variano da un graduale, ma rapido ritorno alla normalità già nei prossimi sei mesi, a una ricaduta di casi il prossimo inverno con conseguente secondo lockdown. Senza contare poi il possibile trascinarsi di alcune delle nuove abitudini acquisite durante la quarantena e del ridimensionamento della propensione alla spesa di buona parte della popolazione per un periodo di tempo indeterminato, anche dopo che la pandemia sarà stata sconfitta. Considerata quindi la bassissima visibilità sull’andamento dell’economia da qui al 2021, bisogna puntare su quei settori che hanno davanti a loro un ciclo sicuro di investimenti: (i) Information Technology e (ii) Spesa Pubblica“.

Kairos: ecco perchè puntare su settori IT e Spesa pubblica

Massimo Trabattoni spiega:
“Dai colloqui con il management di molte società grandi e piccole quotate sul mercato italiano risulta evidente che, passato il momento di crisi, si sta formando un’ondata di investimenti sul settore IT volta alla digitalizzazione dei processi interni, dei canali di vendita e dei metodi di acquisizione clienti.La chiusura prolungata di uffici e punti vendita ha messo a nudo il gap che si è creato negli ultimi anni in Italia rispetto a paesi come Francia, Germania e Regno Unito per quanto riguarda il digitale. Con l’eccezione di alcune realtà, la maggior parte delle aziende italiane non ha investito quanto avrebbe dovuto per trasformare il proprio modello di business e ora si trova a dover recuperare in fretta. In altre parole il Covid-19 non ha fatto altro che premere sull’acceleratore su quello che era già uno dei trend strutturali più centrali degli ultimi due decenni: ovvero l’evolversi da fisico a online delle figure di consumatore e lavoratore”. Ora, “i beneficiari di questo ciclo di investimenti sono quelle società che supportano i propri clienti e i propri partner nel disegnare e attuare il percorso di digitalizzazione. Gli ‘enablers’ (per usare un termine anglofono molto di moda) della rivoluzione digitale in Italia si contano sulle dita di una mano; siamo investiti in quelli che a nostro parere sono i migliori. Un tema parallelo a questo, in quanto ne è la necessaria conseguenza, è quello delle infrastrutture telecom e cloud“.
Di fatto, “con un aumentare esponenziale dell’utilizzo della rete dati per favorire lo smart working, è inevitabile che aumentino i bisogni delle aziende di dotarsi di connessioni veloci e affidabili e di data-center potenti e sicuri. Questo favorirà quei player che posseggono le infrastrutture di ultima generazione necessarie per soddisfare le nuove e più esigenti richieste dei propri clienti. In questa chiave gli investimenti già preventivati sulla costruzione di una rete 5G non possono che acquisire un’importanza e una premura ancora maggiore”.
“Il secondo settore, che è ragionevole aspettarsi essere al centro di un nuovo piano di investimenti, è quello della spesa pubblica soprattutto legata a grandi opere infrastrutturali, la più classica delle leve del modello keynesiano per sostenere la domanda (e il PIL). Numerose voci più o meno autorevoli all’interno del governo hanno già proposto di velocizzare e ampliare gli investimenti previsti dallo Stato per la realizzazione di opere pubbliche. Il vice-ministro Cancelleri cita una proposta già consegnata al primo ministro Conte per ‘velocizzare i lavori per opere che sono già interamente finanziate e inserite nei contratti di programma dell’Anas e della Rete ferroviaria, per un valore complessivo di 109 miliardi. Ciò che rimane da chiarire sono le tempistiche con cui queste misure verranno messe in pratica vista l’urgenza della situazione, ma anche la proverbiale lentezza delle procedure burocratiche necessarie. Intanto le società del settore delle costruzioni di infrastrutture pubbliche si preparano per farsi trovare pronte quando la pioggia di investimenti arriverà”.

Che dire dei settori legati alla domanda privata?

“Molto meno visibili restano i settori legati alla domanda privata – fa notare ancora l’Head of Italian Equity di Kairos – In un contesto di incertezza riguardo alla tenuta dei posti di lavoro, all’impossibilità di tornare subito alla cara vecchia normalità, la domanda di beni privati temiamo possa essere sensibilmente inferiore al previsto. Nel settore finanziario preferiamo restare investiti nel risparmio gestito e nei sistemi di pagamento, ritenendo che il sistema bancario possa soffrire nell’attività tradizionale a seguito del rallentamento ciclico”.
Relativamente alle utilities – conclude Massimo Trabattoni – la nostra preferenza va a quelle società con regolamentazione a RAB (Regulatory Asset Base) soprattutto se attive in settori dove la domanda pubblica sottostante era già da prima destinata a crescere (ad es. la rete di distribuzione elettrica). E’ il momento di scelte attive e forti, con l’attenzione metodica all’andamento delle singole società, il riscontro si avrà con le prossime trimestrali”.

Russell Clark di Horseman alias hedge fund più bearish al mondo: ‘risposta a Covid accenderà inflazione, addio a tutti bond sovrani’

Altro che ‘don’t fight the Fed’: Russell Clark, ceo e responsabile investimenti dell’hedge fund più bearish al mondo Horseman Global, ha deciso di rivoluzionare la sua strategia di investimenti, nella convinzione che le misure straordinarie anti-COVID lanciate dalle banche centrali infiammeranno l’inflazione, scatenando fenomeni di reflazione e di stagflazione.
La ‘colpa’ sarà anche dell’helicopter money, ovvero di quelle misure di stimoli che, almeno negli Stati Uniti e anche in Giappone, si concretizzeranno nel mettere i soldi direttamente nelle tasche dei cittadini.“Per me è difficile togliermi di dosso la sensazione che stiamo arrivando alla fine del trend deflazionistico, che ha preso il via agli inizi degli anni ’80”, ha scritto Clark nella sua ultima lettera agli investitori. Trend deflazionistico che, a suo avviso, dovrebbe ora lasciare il posto alla reflazione, a causa dell’immensa ondata di liquidità arrivata e in arrivo dalle banche centrali.

Russell Clark (Horseman) parafrasa Milton Friedman

Parafrasando Milton Friedman, il numero uno e anche cio dell’hedge fund ha detto “che l’inflazione è sempre e comunque un fenomeno politico” (Friedman aveva invece scritto, nel suo A Monetary History of the United States 1867–1960 che “l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario“.
Secondo l’ad di Horseman, sono caduti, di fatto, tutti i baluardi anti-inflazione. D’altronde, “nessun politico sano di mente si opporrebbe ad aumentare i salari dei lavoratori essenziali, e i sindacati lo sanno”. Inoltre “le banche centrali, che stanno finanziando allegramente il 15% dei deficit, hanno dimostrato di essere disposte a finanziare qualsiasi cosa i governi desiderino”.
Di conseguenza, secondo Russell Clark, “le difese istituzionali create per combattere l’inflazione sono state smantellate del tutto“.
Clark fa una riflessione anche su Paul Volcker, numero uno della Federal Reserve sotto le amministrazioni di Jimmy Carter e Ronald Reagan negli anni compresi tra il 1979 e il 1987, noto per essere riuscito a porre fine all’inflazione Usa esplosa negli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80:
“A Paul Volcker viene riconosciuto spesso il merito di aver messo fine all’inflazione. E in diversi modi lo ha fatto. Ma l’indipendenza della banca centrale è stata uno dei diversi cambiamenti istituzionali che sono stati fatti negli anni ’80, al fine di mantenere l’inflazione sotto controllo. Tra questi cambiamenti ci sono stati anche l’indebolimento del potere dei sindacati, il taglio delle tariffe, la liberalizzazione di enormi aree dell’economia e, ove possibile, la decisione di permettere al mercato di determinare i vincitori e i vinti. Questi cambiamenti istituzionali sono rimasti per la maggior parte in essere, sia in Occidente che in Giappone e, nonostante gli sforzi più importanti compiuti dai peggiori banchieri centrali delle ultime generazioni, abbiamo continuato ad assistere alla presenza di deflazione. Quando guardiamo ai mercati obbligazionari, vediamo rendimenti sul fondo e investitori che hanno adottato strategie long sui bond come il risk parity, strategie di portafogli bilanciati e di private equity. La deflazione è prezzata nei mercati e, secondo le attese, dovrebbe continuare”.
Ma non per Russell Clark, che ha rivoluzionato il suo portafoglio sfruttando le opportunità che si sono presentate con la crisi coronavirus. Opportunità che derivano, secondo lui, non dalla prosecuzione delle tendenze deflazionistiche, ma dal ritorno dell’inflazione, dunque dalla reflazione, proprio a causa di quella ondata di liquidità che le banche centrali continuano a pompare.

Russell Clark: sarà reflazione, venduti tutti titoli di Stato

Il fondo più bearish al mondo è “uscito così dalle posizioni legate alla deflazione – ha detto il ceo –Abbiamo venduto tutti i bond governativi detenuti, e ora sto cercando di shortare gli asset che hanno beneficiato del contesto di tassi di interesse, dei prezzi delle commodities e dei salari molto bassi, per fare nomi l’immobiliare commerciale, i ristoranti e le utility (e, potenzialmente, il private equity)”.
La previsione non è sicuramente di buon auspicio per gli asset americani, visto che la lezione numero 1 del 2018 è che l’inflazione è molto bearish per gli asset Usa. Appena l’inflazione torna a presentarsi, infatti, i mercati iniziano a temere che la Federal Reserve stacchi la spina. La seconda lezione del 2018 che è riapparsa nel 2020, ancora più grande, è che sia la borsa Usa che il mercato dei bond Usa sono totalmente dipendenti dalla (morfina, droga, flebo della) Federal Reserve.
Peccato che stavolta, quella benzina di liquidità di cui ha parlato qualche ora fa anche Guido Brera, Chief Investment Officer Asset Management di Kairos Partners SGR, nel presentare il proprio outlook sui mercati, finirà per mandare in corto circuito l’economia americana, inaugurando una nuova era di reflazione.
Clark ritiene che, “con l’inflazione, i mercati americani saranno in guai seri“, a causa del rischio che l’incubo degli anni ’70 e la stagflazione si ripresentino. A quel punto la cosa giusta da fare sarà “shortare i bond ed essere long sulle commodities, con un approccio short verso l’azionario Usa“.
In definitiva, riassume il cio dell’hedge fund più ribassista al mondo, “gli asset inflazionistici sovraperformeranno quelli deflazionistici”. Russell Clark conclude così la sua lettera:
“A livello mentale, ci siamo trovati in deflazione per 10 anni. Ora siamo molto di più nel campo dell’inflazione. Farò decidere agli altri se questa view farà di me ancora “il gestore dei fondi più bearish’. Personalmente, preferirei essere conosciuto come ‘il gestore di fondi più logico e razionale…ma questo non farebbe notizia!”.
C’è da dire che il 2019 non è stato sicuramente un anno positivo per il fondo Horseman. Le continue scommesse bearish lanciate da Russell Clark, a fronte della carica di liquidità immessa dalle banche centrali Fed, Bce e People’s Bank of China, hanno portato l’hedge fund a perdere il 34,91%, riportando la performance peggiore, su base annua, della sua storia.
L’anno scorso il fondo ha assistito anche a un crollo monstre degli asset gestiti (-75%), da $581 milioni ad appena $150 milioni.
Le cose sono migliorate con l’inizio del 2020, soprattutto a marzo, mese che ha visto Horseman guadagnare il 15,2%, dopo il rialzo già solido del 9,5% di febbraio. Il risultato è che, dall’inizio dell’anno, il fondo ha guadagnato +26,9%, tanto che, se le cose continueranno ad andare bene, il 2020 potrebbe confermarsi l’anno migliore dal 2008, quando il ritorno fu pari a +31,3%.

Cura anti-Covid più vicina, effetto Gilead infiamma futures Wall Street e Piazza Affari

La sperimentazione farmacologica contro il Covid-19 segna un importante passo in avanti negli Stati Uniti. Uno studio condotto dall’Università di medicina di Chicago su 125 pazienti Covid-19, di cui 113 in condizioni gravi, evidenzia come il remdesivir, farmaco antivirale di Gilead Sciences, risulterebbe efficace nel trattamento di pazienti ricoverati con casi gravi di Covid-19.
La notizia ha subito fatto schizzare fino a +16% le azioni del gruppo biotech Gilead Sciences e anche i futures di Wall Street hanno segnato un rapido balzo in avanti e al momento segnano rialzi nell’ordine del 2%. L’effetto si fa sentire anche in Europa con Piazza Affari che avanza del 2,3% e Dax del 3% circa.“Questo ottimismo è fondato, poiché molti lo vedranno come un vero segnale che le cose potrebbero iniziare a migliorare rapidamente – commentano gli analisti di IG – . Tuttavia, vale la pena notare che il farmaco è stato testato solo su una piccola dimensione del campione, senza braccio di controllo per confutare un effetto placebo”.Nonostante Remdesivir sia stato sviluppato per Ebola, non ha ancora ricevuto l’approvazione e questo potrebbe rappresentare un ritardo significativo per qualsiasi applicazione diffusa. Il prossimo step è quindi quello di una rapida approvazione da parte della Food and Drug Administration e di altri organismi regolatori alla luce dei risultati evidenziati dal remdesivir.“Altre prove su larga scala sono in fase di sviluppo altrove, tuttavia i mercati rimarranno in un limbo fino a quando questi risultati non saranno noti”, spiega sempre IG nella sua Morning Note.

Banche e Moncler in pole a Piazza Affari

A Piazza Affari quasi tutti e 40 i titoli del Ftse Mib si muovono in deciso rialzo, unica eccezione è Diasorin con oltre -7%. Molto bene soprattutto i bancari con Unicredit a +4,78%, +3% circa per Intesa Sanpaolo e Banco BPM: Molto bene anche il settore automotive con +3% Ferrari e +4,15% Fca grazie all’avvicinarsi della riapertura in Italia e negli altri paesi chiave per le due società.
In luce Moncler con un balzo di oltre 5 punti percentuali in scia all’indiscrezione raccolta oggi da Il Messaggero secondo cui il governo potrebbe consentire la ripartenza delle aziende di alcuni comparti, tra cui quello moda, già dal 27 aprile, in anticipo rispetto al 4 maggio, data attualmente indicata ufficialmente per la fine del lockdown.
A sostenere oggi gli scambi contribuisce anche l’annuncio del presidente Donald Trump riguardo un piano di riapertura progressiva per l’economia americana, oltre che i dati giunti dalla Cina che hanno mostrato una seconda economia mondiale in forte difficoltà per l’effetto coronavirus, ma meno del previsto. La giornata odierna sarà movimentata dal dato sull’inflazione finale di marzo nell’Eurozona, mentre nel pomeriggio dagli Stati Uniti giungerà il Leading index.

Btp Italia: nuova emissione dal 18 maggio destinata a sostenere sanità e ripresa economica

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato una nuova emissione del Btp Italia, che sarà interamente dedicata a finanziare le spese dei recenti provvedimenti del governo a supporto del sistema sanitario, per la salvaguardia del lavoro e a sostegno dell’economia nazionale.Il Btp Italia, il titolo di Stato indicizzato al tasso di inflazione nazionale pensato per il risparmiatore individuale, sarà collocato sul mercato, come sempre, in due fasi: la prima da lunedì 18 a mercoledì 20 maggio, alla quale avranno accesso solo i risparmiatori individuali e affini (il cosiddetto mercato retail) e il giorno 21 maggio riservato invece agli investitori istituzionali.Per favorire la massima partecipazione dei risparmiatori ed agevolare il lavoro degli intermediari finanziari in questo particolare periodo, per questa speciale emissione Btp Italia non sarà prevista la facoltà di chiusura anticipata lasciando quindi tre intere giornate per le sottoscrizioni dei risparmiatori retail per i quali rimane ovviamente aperta la possibilità di utilizzare il canale dell’acquisto online, mediante l’opzione del trading-online attivata sul proprio internet banking, senza quindi recarsi in filiale o presso gli uffici postali dove si detiene il conto titoli.La durata, precisa il ministero, sarà in linea con le precedenti emissioni e con quanto già anticipato dalle linee guida del debito pubblico 2020, ovvero fra i 4 e gli 8 anni.Come di consueto il collocamento avverrà sulla piattaforma MOT (il mercato telematico delle obbligazioni e titoli di Stato di Borsa Italiana) attraverso le seguenti quattro banche dealers: Banca Imi, BNP Paribas, Monte dei Paschi di Siena Capital Services Banca per le imprese, Unicredit.

TRUMP CRITICA OMS ,NON DARA’ PIU’ FONDI ALL’OMS

ABBANDONA I MODELLI PREDITTIVI PER LA PANDEMIA DI BILL GATES

WASHINGTON DC – In a stunning turn of events, Surgeon General Jerome Adams explained in an interview on live XM radio, that the Coronavirus Task Force has, effectively, dumped the Bill Gates/CDC/WHO predictive contagion model, and is now working with the real data.

He explained on the Sirius XM’s Breitbart News Daily host Alex Marlow, that given the new data, businesses will begin to re-open as early as May, others in June.

This runs contrary to the out-and-out fear-mongering of Dr. Fauci and Bill Gates who have made a media tour, threatening the public that businesses may not re-open for six months to a year, or until and unless governments purchase their conveniently patented, big-pharma vaccination.

According to Dr. Adams:

“What the American people need to know now is we actually have data, and so we’re tracking that data,”

Before this about-face, which appears to have come as an order from the Trump administration in  consultation with the findings of Dr. Adams, the task force was working with’predictive models’, which had been created by the Bill Gates dominated WHO and CDC. Dr. Fausti’s control over the CDC has been criticized in the past for its for-profit motive in handling a range of illnesses from HIV to H1NI.

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In those inflated, ‘fear-based’ models, the deaths of millions worldwide, and hundreds of thousands in America, were touted. These were used as the basis for what many experts have termed a ‘grossly disproportionate response‘.

Previously, the task force was working with predictive models, frequently criticized because of their tendency to exaggerate the possible effect of the virus on the United States. Models predicting the deaths of millions and hundreds of thousands in America appear to be overblown, as the real-time data is showing the death count much lower.

Adams said that the models usually took data from different cultures and places around the globe, but they were able to track more accurately what could happen in the United States based on real data gathered in places such as California and New York.

“We’re following this data every single day, and we’re giving that data to communities so that they can make informed and intelligent decisions about when and where to reopen,” he said.

A significant indicator for communities being allowed to reopen, Adams said, was actual testing data, not a predictive model.

“I feel confident that some places will start to reopen in May and June. Other places won’t; it will be piece by piece, bit by bit, but will be data-driven,” he said.

Adams praised South Korea and Singapore, which closed their borders early, just like the United States did with travelers from China. But he said there are lessons learned across the board.

Coronavirus, Fmi: ‘risposta fiscale Italia forte e appropriata. Spetta al paese decidere sul MES’

“L’Italia è tra i paesi più colpiti (dal coronavirus) e, di conseguenza, riteniamo che l’impatto negativo sul Pil sarà in qualche modo più forte che in altre economie del Nord (Europa), al di là dell’impatto immediato, in parte a causa della dipendenza dell’Italia dal turismo”. E’ quanto ha detto Poul Thomsen, direttore del dipartimento europeo del Fmi durante una videoconferenza stampa.“Credo che la reazione della politica fiscale alla crisi – ha aggiunto Thomsen – sia stata forte e del tutto appropriata. La sosteniamo. Riguardo a come finanziarla, se l’Italia dovrebbe avvalersi della possibilità di far ricorso al Mes, questa è una decisione che spetta del tutto all’Italia e alla politica italiana”.Thomsen ha precisato che le previsioni dell’Fmi sul Pil europeo “si basano sull’ipotesi di una graduale normalizzazione dell’attività” a partire dal mese di maggio. Tuttavia, “non sappiamo se questo assunto sia realistico e non sappiamo quanto tempo richiederà la creazione di un vaccino” contro il coronavirus.Per l’Italia, il Fondo Monetario Internazionale prevede un crollo del Pil del 9,2% nel 2020. Nell’Eurozona, l’outlook è di una contrazione del Pil pari a -7,5%.

ARTICOLO CHIUSO 11 MAGGIO 2020

AGGIORNAMENTI SEGUONO SU NUOVO ARTICOLO

FTSEMIB: CAN BE BOUND AT 20180-20400

2 pensieri su “Mercati : Chi c’è dietro questa Strategia ?”

    1. No dopo 6 mesi di attacchi di ogni tipo, segnalazioni di spam e censure , proprio sulle migliori idee, ho deciso che Face Book non è un social sul quale vale la pena di essere .Ce ne sono altre decine che oltre a non essere stati accusati di violazione della Privacy degli utenti….sono molto più liberali e danno spazio a tutti.

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