The Silk Road




Eccoci a un nuovo appuntamento dedicato alla Cina e alle sue aziende quotate a Wall Street :

The Silk Road

Per molti versi quanto l’Indice Cinese sta facendo ci ricorda il”fenomeno” delle Tigri Asiatiche degli anni 90.

Basta solo vedere , quanto accaduto sull’Indice Cinese dal 25 Gennaio 2020 a oggi per avere pochi dubbi sul fatto che targets ben superiori (30500-40500 ) siano ipotizzabili rispetto a quelli raggiunti finora , basterà nel tempo solo superare l’ostacolo 20500 al quale oramai è prossimo :


VIR-ASIA : The New Financial War


Abbiamo spesso in questi 29 mesi parlato di aziende Cinesi quotate a Wall Street:


Stock Picking : NIO

Stock Picking : NIO 2.0

Stock Picking : Xpeng, Inc. XPEV


Archiviata l’Era TRUMP paiono aprirsi nuove opportunità.


La cosa che accomuna moltissime aziende Cinesi quotate a Wall Street , è sicuramente che dopo  IPO stellari , le quotazioni crollano spesso fino a rasentare livelli da delisting o  fallimento , per poi partire “miracolosamente” con rialzi che superano ogni piu’ rosea aspettativa.

Ovviamente non sempre, ma in questi 20 anni situazioni di questo tipo appaiono talmente frequenti da lasciare spesso perplessi o almeno sorpresi , sulla costante ripetizione di questo “copione” da parte degli algoritmi degli HFT.


Piu’ o meno, quanto detto in precedenza si sta verificando ,almeno al momento così pare , ancora una volta ,anche per le due ultime aziende Cinesi che abbiamo analizzato di recente :

Stock Picking : LUOKUNG TECH – LKCO.O

Stock Picking : QUDIAN SP ADR-A -QD.N


Non si puo’ mai escludere a priori che si tratti solo del classico rimbalzo del gatto morto , ma viste le tantissime aziende che si sono poi riprese con una forza straordinaria nel tempo ( gli esempi potrebbero essere centinaia) , non bisogna mai  sottovalutare le potenzialità di crescita di queste “cinesine” , che spesso , non sono nemmeno lontanamente paragonabili ad aziende Americane o Europee.

Purtroppo per noi Europei e visto l’andamento delle Borse Asiatiche e USA , pare giusto un motto ,che abbiamo coniato per Voi oggi : 

L’EUROPA giace e CINA e USA si danno pace.

Ad Maiora! 

via-della-seta

AGGIORNAMENTO 5 LUGLIO   2022

INDICE CINA 15006 05-07-2022

entrato nel box 14500-16500 24-06-2022

INDICE CINA 14340 15-06-2022

Quasi raggiunto fondo box 14500-16500

box che fu a suo tempo ceduto con perfetto raggiungimento del target ribassista di 12500

INDICE CINA 14087 10-06-2022

INDICE CINA 14004 9-06-2022

INDICE CINA 13849 3-06-2022

Da doppio minimo 12509—14102—12702 a pull back ad area 13800/14000 precedente minimo da cui fece pull back a 16500

INDICE CINA 13563 31-05-2022

INDICE CINA 13590 29-04-2022

INDICE CINA 12702 25-04-2022

doppio minimo 12509—14102—12702

INDICE CINA 14102 14-04-2022

pullback al lato basso del box 14500-16500

INDICE CINA 12509 15-03-2022

target ribassista del box 16500-14500 centrato
dopo rottura base triangolo che conteneva l’indice
dal 12 febbraio 2021 capodanno cinese
 

Stagflazione: Cina il paese più colpito ma preoccupa effetto contagio globale

In uno scenario di stagflazione, la minore crescita globale, l’impennata dell’inflazione e l’aumento dei differenziali di interesse potrebbero far salire il numero di società in perdita (potenziali defaulter) di 2,4 volte al 17% entro il 2023.

Questi i risultati di uno stress test condotto da S&P Global Ratings in uno scenario di stagflazione su 20,000 società a livello globale non oggetto di rating, con affondi regionali e settoriali, così come su alcuni pool specifici di società oggetto di rating. Ebbene dallo stress test emerge che la Cina è il Paese più colpito, con le perdite del Paese che triplicano fino a raggiungere il 22% nello scenario “grave” delineato da S&P. Rappresentando un terzo del debito corporate globale, le imprese cinesi rappresentano un possibile rischio di contagio.

Per quanto concerne i settori in difficoltà, S&P menziona quelli industriali, immobiliari e quelli legati ai consumi discrezionali non si sono ancora del tutto ripresi dalla crisi pandemica. In condizioni di stress, le loro perdite aumentano di oltre la metà. A livello regionale, l’Asia è l’area più esposta e tra le 20.000 società, perlopiù prive di rating, analizzate da S&P, quelle asiatiche sono più esposte agli shock dell’inflazione e dei tassi d’interesse rispetto ai subsample europei e nordamericani. La Cina registrerà le perdite maggiori ma il rallentamento di Pechino è un fattore di preoccupazione globale. La metà delle società cinesi è “altamente indebitata” o peggio. Il Paese rappresenta un preoccupante 31% del debito corporate globale. Di conseguenza, il rallentamento dell’economia nazionale desta preoccupazione non solo per le imprese cinesi, ma per tutto il mondo.

Cina: Pmi manifatturiero e servizi ancora in contrazione a maggio. Effetto lockdown da Covid

Nel mese di maggio l’indice Pmi manifatturiero ufficiale della Cina si è attestato a 49,6 punti, meglio dei 48 punti attesi dal consensus e in miglioramento rispetto ai precedenti 47,4 punti. Il dato ha confermato tuttavia la fase di contrazione in cui è scivolata l’economia cinese a causa dei lockdown imposti dal governo di Pechino per arginare l’ondata di Covid, in quanto inferiore alla soglia di 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione – valori al di sotto – e fase di espansione, valori al di sopra.

Il Pmi servizi si è confermato anch’esso in fase di contrazione, attestandosi a 47,8 punti, meglio comunque dei
45,2 attesi e in rialzo rispetto ai 41,9 precedenti.

Il Pmi Composite è migliorato a 48,4 punti, rispetto ai precedenti 42 di aprile.

JP Morgan su Big Tech cinesi: il rating ‘si trasforma’ in overweight, due mesi dopo grave gaffe ‘non investibili’

 
 

JP Morgan ha rivisto al rialzo il rating sulle Big Tech cinesi del calibro di Tencent, Alibaba, Meituan, NetEase e Pinduoduo da underweight a overweight, appena due mesi dopo aver definito il settore “non investibile”: definizione che, si è appreso di recente, sarebbe stata pubblicata tra l’altro per errore, stando a un articolo di Bloomberg. Da una nota diramata ualche ora fa dagli analisti del colosso bancario Usa emerge che la view è ora completamente diversa: i titoli delle Big Tech dovrebbero infatti sovraperformare il mercato nell’arco dei prossimi 6-2 mesi. “Le incertezze significative dovrebbero iniziare a smorzarsi sulla scia degli ultimi annunci arrivati dalle autorità di regolamentazione”: annunci arrivati prima delle attese che hanno liberato il campo dalle incognite che i titoli avevano iniziato a scontare ben prima della nota con cui JP Morgan aveva bollato le addirittura come “non investibili”. Diverse volte la borsa di Hong Kong era capitolata sotto il peso dei ‘sell’, anche sulla scia del panico delisting dalla borsa di New York.

In quella nota, tra l’altro, Alex Yao e gli analisti del team di ricerca Alex Yao avevano motivato il loro outlook sia con il balzo dei casi di Covid-19 in Cina che con la guerra in Ucraina. La definizione “non investibile” aveva riportato alla mente quella proferita da MSCI in riferimento al borsa di Mosca, nei giorni immediatamente successivi all’invasione dell’Ucraina da parte del regime di Putin.

M o evidentemente per JP Morgan, le prospettive sono cambiate: così tanto che, a suo avviso, i titoli dell’intrattenimento digitali, dei servii e delle e-commerce, saranno i primi a sovraperformare il mercato. “Crediamo che i rischi chiave che incombono sul settore siano diminuiti, in modo particolare uelli legati alle autorità di regolamentaione, uelli di delisting delle ADR (scambiate a Wall Street) e uelli geopolitici”.

Giorni f Bloomberg aveva riportato indiscreioni che avevano intaccato non poco la credibilità del colosso: uella definiione ‘non investibile’ delle società Internet cinesi non avrebbe dovuto essere, infatti, mai pubblicata, di fatto, per errore: Lo staff editoriale del colosso bancario americano, responsabile dell’editing dei report della divisione di ricerca di JP Morgan, aveva inftti chiesto che la parola venisse rimossa dalle 28 note scritte dall’analista sui titoli tecnologici Alex Yao e dal suo team, prima che i report fossero pubblicati lo scorso 14 marzo Ma la pubblicaione è avvenuta, provocando un sell off da 200 miliardi di dollari a Wall Street e in Asia.

Negli ultimi giorni, il governo di Pechino ha allentato le regole severe sulla privacy e sulla proteione dei dati, la cui applicaione aveva provocato la grande fuga degli investitori dalle Big Tech uotate a Hong Kong: segnali di distensione nei rapporti tra i grandi titani tecnologici made in China e Pechino sono arrivati con la decisione del governo di allentare i controlli sul settore, in un momento in cui l’economia cinese rischia un forte rallentamento, a causa dell’impatto dei lockdown da Covid imposti in diverse città cinesi, per contrastare l’ondata di infeioni Covid più forte dal 2020.

Diverse le società tecnologiche cinesi che si sono ben gurdte dal lanciare operazioni di Ipo nelle borse estere, dopo il massacro che ha colpito la Uber cinese Didi, che ha osato sbarcare a Wall Street. Subito dopo il debutto, Pechino aveva messo nel mirino la società di ride-sharing, accusandola di aver raccolto illegalmente i dati dei suoi utenti. Ora Pechino sarebbe pronta a fare un passo indietro. Ma gli analisti rimangono scettici. Come Charles Mok, professore presso il Global Digital Policy Incubator dell Stanford University che, in un’intervist rilscit ll Cnbc, si è così espresso: “Non credo che le autorità di regolamentaiione fermeranno davvero la loro attività: diversi sono i ministeri che hanno ancora il mandato per rendere esecutive tutte le regole che sono state riviste e rafforate”. E comunue, “nche se ci dovesse essere un ualche dietrofront, potrebbe essere ormai troppo tardi: il danno è stato fatto. E anche se le autorità dovessero consentire maggiori Ipo all’estero, ormai la fiducia degli investitori è andata persa”, e sono gli stessi mercati esteri ormai a sospettare delle Ipo estere lanciate dai gruppi cinesi. Il che è logico. Immaginate un investitore, che ha scommesso sul debutto di Didi a New York o anche sull’Ipo a Hong Kong (bloccata): nel caso dell’Ipo a Wall Street, dal giorno dello sbarco a oggi i timori di un delisting  hanno fatto scivolare il titolo. Lo shock Didi è arrivato con l’annuncio di delisting da parte dello stesso gruppo.

Didi è sbarcata sul Nyse il 30 giugno dello scorso anno: nel suo primo giorno di contrattazioni a New York, le cose sono andate bene, con il titolo che ha debuttato a un prezzo superiore fino a +19% rispetto al prezzo di collocamentoPechino non aveva perdonato il debutto americano del gruppo. Il risultato era stato il crollo del titolo pari a -44% dal giorno dell’Ipo fino agli inii di dicembre, uando è arrivato l’annuncio delisting.

In uesto contesto, forse JP Morgan è diventata davvero ottimista sul trend delle Big Tech made in China: fatto sta che, tra la sua gaffe non investibile e le minacce di Pechino, l’indice settoriale della borsa di Hong Kong, l’Hang Seng Tech index, ha perso dlal’iniio dell’anno più del 27%.

In Cina la politica zero-Covid rischia di portare alla zero-crescita

Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM SGR, sottolinea che la politica restrittiva di Pechino sta provocando un forte rallentamento della crescita e gravi interruzioni alle catene di fornitura

 di Virgilio Chelli  14 Maggio 2022 09:30
financialounge -  cina Covid-19 Morning News Paolo Mauri Brusa
Se la Cina dovesse abbandonare la politica intransigente sul Covid si rischierebbe uno Tsunami di contagi, con oltre 100 milioni di sintomatici e 5 milioni di ricoveri, che manderebbero in tilt il sistema sanitario provocando 1,6 milioni di decessi. È quanto stima un’analisi della Fudan University di Shanghai, pubblicata su Nature Medicine, secondo cui il livello di immunità indotto dalla recente campagna di vaccinazione sarebbe insufficiente a fermare la variante Omicron, vista la bassa copertura tra la popolazione anziana e la capacità del virus di eludere i vaccini cinesi.

 

 

INDICI ECONOMICI IN CADUTA

Parte da qui l’analisi di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM SGR, che ricorda come Pechino sostenga che grazie alle misure adottate sono stati evitati almeno 1 milione di decessi, limitati a 5 mila da inizio pandemia contro i 990mila degli Stati Uniti con solo un quarto della popolazione. Ma, rileva Mauri Brusa, aumentano le preoccupazioni per i costi sociali e finanziari del “Covid Zero”. Due sondaggi hanno confermato il basso morale della comunità imprenditoriale, con l’indice Caixin, che valuta le prospettive dell’attività industriale, sceso ad aprile a 46 da 48,1 di marzo, addentrandosi in territorio contrazione.

SITUAZIONE PEGGIORE NEI SERVIZI

L’esperto di GAM SGR sottolinea che la situazione è ancora peggiore nei servizi, dove l’indice è passato da 42 a 36,2. Secondo Nomura, 46 città cinesi, che rappresentano un quarto della popolazione e il 35% del PIL, stanno vivendo un blocco totale o parziale delle attività. Foxconn ha dovuto prima sospendere e poi ridurre la produzione nel suo maggior stabilimento di Zhengzhou, da dove esce circa il 70% degli iPhone di Apple. Il lockdown nella città di Xi’an, durato un mese, ha causato disagi ai principali produttori di chip Micron Technology e Samsung, mentre Toyota e Volkswagen hanno dovuto sospendere la produzione nelle fabbriche di Jilin.

ABBASSATE LE STIME DI CRESCITA

Molte istituzioni finanziarie hanno abbassato le stime di crescita per il 2022 dal 5,5% al 4%. Ma secondo alcuni economisti i lockdown hanno già causato una contrazione che è costata alla Cina quasi 2.700 miliardi di dollari e, in assenza di un allentamento, l’anno in corso potrebbe risultare persino peggiore del 2020, quando la crescita si fermò al 2,3%.

PECHINO NON VUOL FARE MARCIA INDIETRO

Malgrado le valutazioni dei listini azionari siano arrivate a livelli storicamente bassi, osserva in conclusione Mauri Brusa, le prospettive per i prossimi mesi restano alquanto incerte. In assenza di vaccini efficaci contro le nuove varianti o farmaci per la cura delle infezioni da Covid, l’esperto di GAM SGR prevede che il Governo cinese non farà di certo retromarcia, perché vorrebbe dire riconoscere implicitamente come errate le decisioni di tutti questi mesi.

Borsa Hong Kong in lieve rialzo, focus su annuncio Xi Jinping su pino infrastrutture Cina

Borsa di Hong Kong in lieve rialzo, a fronte del trend negativo borsa di Shanghai, dopo l’annuncio del presidente cinese Xi Jinping, che ha lanciato un piano per modernizzare le infrastrutture del pese.

Tra i progetti proposti, la costruzione di ferrovie e di strutture per il cloud computing.

L’annuncio è arrivato in un momento in cui diverse banche d’affari hanno rivisto al ribasso le proiezioni sul Pil cinese, temendo l’effetto negativo dei lockdown che il governo ha lanciato per arginare l’ondata di Covid peggiore dal 2020, in line con la sua politica zero Covid.

Bene a Hong Kong i titoli hi-tech come Alibaba e Tencent.

AGGIORNAMENTO 14 APRILE  2022

INDICE CINA 14102

AGGIORNAMENTO 15 MARZO 2022

INDICE CINA 12509

target ribassista del box 16500-14500 centrato
dopo rottura base triangolo che conteneva l’indice
dal 12 febbraio 2021 capodanno cinese

INDICE CINA 13134

Annotazione 2022-03-11 142451

In Cina boom nuovi casi Covid, borsa Hong Kong crolla di oltre -4% 

Panico a Hong Kong, con la borsa che crolla di oltre il 4%. dopo la notizia della più grande ondata di infezioni Covid che sta colpendo la Cina continentale dall’inizio della pandemia di più di due anni fa. La borsa di Tokyo ha chiuso positiva, in rialzo dello 0,81%. Shanghai -2,24%, Sidney +1,21%, Seoul -0,59%.

Dopo aver superato la soglia di 1000 nuovi casi per due giorni consecutivi, le nuove infezioni sono balzate a oltre 3.100 casi, stando a quanto ha reso noto la Commissione sanitaria nazionale della Cina.

Sedici le province che hanno assistito al balzo delle infezioni e quattro le principali città colpite: Pechino, Tianjin, Shanghai e Chongqing.

La Commissione ha comunicato anche che i casi con sintomi sono più che triplicati a 1.807 unità, rispetto ai 476 del giorno precedente, mentre le infezioni non sintomatiche sono salite a 1.315, rispetto alle 1.048 unità del giorno precedente.

La città di Shenzhen, alle prese con la nuova ondata di casi dovuti alla variante Omicron dalla fine di febbraio, ha annunciato che i servizi di trasporto via autobus e metropolitana saranno sospesi; ai residenti è stato imposto lo smart working e di l’obbligo di uscire soltanto in caso di necessità.

Tutti i residenti che volessero uscire dalla città dovranno presentare l’esito negativo dei tamponi effettuati entro le 24 ore precedenti.

INDICE CINA 15152

Annotazione 2022-02-21 080135

Cina

Annotazione 2022-02-08 122723

INDICE CINA 16559 9 Dicembre 2021

Recuperato 16500

Sempre in laterale nel Box 14500-15600-16500/17500

Indice in ELLISSE e fino a quando è contenuto nulla da aggiungere 

Vedi aggiornamenti precedenti

INDICE CINA 16290<-TOP 22-10

fino a 16500 è un movimento tecnico a pullback del minimo precedente a 14500 che è stato proprio 16500 da 20500 e ci siamo quasi. Li importanti risposte in arrivo.

Resta il fatto che il canale 14500-17500 è stato mantenuto dall’INDICE CINESE.

Vedi aggiornamenti precedenti

I 6 riappoggi a 14500 avevano un loro “perche'” resta nel 14500-17500 e torna sopra 15500

Annotazione 2021-12-14 075852

CINA

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CINA

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Schroders vede la luce in fondo al  tunnel per l’economia cinese

Dopo un +4% su base annua della crescita dell’economia cinese a dicembre, David Rees, (Schroders) prevede una lieve ripresa della crescita del Pil, dal 4,7% circa di quest’anno al 5% nel 2023

 di Leo Campagna  20 Gennaio 2022 – 6:50
 
L’economia cinese, che nel terzo trimestre aveva registrato una crescita del +4,9% su base annua, nell’ultimo trimestre del 2021 ha rallentato al +4,0%. Hanno pesato sulle attività sia la contrazione delle esportazioni che i problemi nel settore immobiliare. “Da un po’ di tempo siamo preoccupati per il rallentamento dell’economia cinese e individuiamo almeno tre motivi per ritenere che l’attività possa restare debole nel breve periodo” fa sapere David Rees, Senior Emerging Markets Economist, Schroders.

 

 

POSSIBILE CONTRAZIONE DELL’EXPORT

Il primo dei quali riguarda la possibile contrazione dell’export dei beni manifatturieri, il principale driver di crescita durante la pandemia. Sebbene l’incremento delle esportazioni nominali sia rimasto a dicembre intorno al +20,9% su base annua, in lieve diminuzione rispetto al 22% di novembre, i bassi livelli di nuovi ordini di esportazioni suggeriscono un calo nei prossimi mesi. “Questo possibile rallentamento delle esportazioni potrebbe comportare un deprezzamento dello yuan cinese dopo un brusco apprezzamento registrato nel 2021. Una eventualità, quella di una moneta più debole, di cui si è discusso attraverso i canali ufficiali del governo” spiega Rees.

I PROBLEMI DEL SETTORE IMMOBILIARE

Il manager di Schroders passa poi al secondo fattore di ostacolo alla crescita cinese. “È probabile che i problemi del settore immobiliare possano continuare a pesare sull’economia. La politica del governo nei confronti del settore resta rigida mentre le vendite di nuove case, che di solito precedono l’attività di costruzione di sei/nove mesi, devono ancora stabilizzarsi. Le ulteriori possibili sofferenze nel settore costituiscono un chiaro rischio al ribasso per le nostre aspettative” dichiara Rees. Il quale vede infine un rischio di periodiche fasi di interruzioni delle attività a seguito delle rigide restrizioni in occasioni dei nuovi focolai di Covid-19.

A DICEMBRE SI È REGISTRATO UN AUMENTO DEL CREDITO

La buona notizia, secondo Rees , è che ci sono elementi incoraggianti. A dicembre si è registrato un aumento del credito, sia come crescita dei prestiti e sia come M1 reale, ovvero il controvalore delle componenti più liquide dell’offerta di denaro, come la valuta in circolazione e i depositi overnight. “Storicamente si tratta di indicatori che tendono a indirizzare l’attività per circa nove mesi: in pratica , verso la fine dell’estate dell’emisfero settentrionale potrebbe materializzarsi un miglioramento ciclico dell’attività economica” prevede il manager di Schroders.

PIL CINESE DAL 4,7% CIRCA DI QUEST’ANNO AL 5% NEL 2023

Rees non esclude ulteriori aumenti graduali di entrambi gli indicatori principali nei prossimi mesi, a mano a mano che la politica fiscale e monetaria diventeranno più favorevoli. Il manager, infatti, prevede una lieve ripresa della crescita del Pil, dal 4,7% circa di quest’anno al 5% nel 2023. “Se si avranno evidenze di un’inversione di tendenza nel ciclo economico cinese ne beneficeranno i mercati finanziari onshore e quelli del mondo emergente. Tuttavia, i movimenti degli indicatori chiave tendono a riflettersi sui mercati finanziari con un certo ritardo, come per l’attività economica, il che potrebbe comportare ulteriori ostacoli lungo la strada della ripresa” conclude il Senior Emerging Markets Economist, Schroders

Cina, la stretta del governo è una sfida per gli investitori nel 2022

Gli esperti di CANDRIAM Jan Boudewijns e Paulo Salazar, co-responsabili Emerging Market Equities, analizzano la stretta di Pechino partita oltre un anno fa, che ha portato alla fuga dall’azionario cinese

 di Virgilio Chelli  26 Dicembre 2021 – 13:30
 
La cancellazione di una delle più grandi IPO di sempre, Ant Finance, controllata da Alibaba, ha segnato oltre un anno fa l’inizio di un cambiamento molto importante e apparentemente sorprendente nella direzione politica di Pechino. Il governo ha utilizzato la legislazione antitrust e antimonopolio contro il settore sempre più importante di Internet, in fase di forte espansione dovuta alle basse barriere all’entrata, per ricordare alla nuova classe di multimiliardari e ad altri potenziali oppositori chi detenga veramente il comando in Cina, vale a dire il Partito comunista e il presidente Xi. Il fondatore di Alibaba Jack Ma era probabilmente l’obiettivo principale, e altri magnati di Internet hanno reagito rapidamente per dimostrare il proprio allineamento al Partito.

 

 

SPAZZATI VIA MILLE MILIARDI

Jan Boudewijns e Paulo Salazar, co-responsabili Emerging Market Equities di CANDRIAM, analizzano in questi termini le implicazioni per gli investitori degli interventi normativi del governo cinese che hanno preso di mira, tra gli altri, anche l’istruzione privata, il gioco online e il settore immobiliare. Di conseguenza, con la crescita già in rallentamento, le azioni cinesi hanno registrato uno dei peggiori anni di sempre in termini di performance, spazzando via oltre 1.000 miliardi di dollari di valore di mercato delle società quotate in Cina, con grande divergenza di rendimenti tra settori e titoli che sono stati influenzati in modi diversi da varie iniziative del governo.

LE GRANDI PREOCCUPAZIONI DI PECHINO

Secondo i due esperti di CANDRIAM le ragioni di questo “tsunami” possono essere ricercate in due grandi preoccupazioni di Pechino: la bomba demografica a orologeria e il posizionamento di Xi Jinping in vista del 20° Congresso del PCC che si terrà il prossimo anno. Il governo vuol mitigare qualsiasi potenziale minaccia alla sua agenda di “Prosperità comune”. I tassi di crescita della popolazione sono scesi ai minimi dagli anni ’50, facendo scattare una serie di misure, dalla politica dei “tre figli” a incentivi alle famiglie. Il governo vuol anche ridurre i costi di gestione delle famiglie, con misure per limitare il costoso “doposcuola privato”, per ridurre la pressione costante sui bambini a essere performanti e mitigare l’alto costo delle abitazioni e dell’assistenza sanitaria.

LA CRESCITA POTREBBE FINIRE SOTTO IL 5%

Intanto l’economia ha rallentato, penalizzata dai problemi di debito dell’importantissimo settore immobiliare e delle amministrazioni locali e da una politica creditizia restrittiva. L’economia ha risentito anche di recenti inondazioni, di una breve ma grave carenza di energia e della tolleranza zero sul Covid, che continuerà almeno fino a dopo le Olimpiadi invernali di Pechino. Se non verranno intraprese rapidamente azioni di sostegno, secondo gli esperti di CANDRIAM la crescita dovrebbe scendere al di sotto della soglia psicologicamente sensibile del 5%.

XI VUOL DIVENTARE COME MAO E DENG

Altri nuovi fattori negativi riguardano le tensioni geopolitiche, a cominciare da Taiwan, mentre permangono gravi preoccupazioni per i diritti umani e le libertà politiche, in particolare a Hong Kong, che non hanno contribuito a migliorare l’immagine della Cina all’estero. Xi Jinping è riuscito a soffocare la maggior parte dell’opposizione e prolungare il suo mandato come leader supremo, e sta chiaramente optando per una leadership indefinita, alla stregua di Mao Zedong e Deng Xiaoping.

INVESTITORI MESSI ALLA PROVA

Nel 2021, gli investitori in Cina hanno dovuto affrontare un insolito grado di incertezza su cambiamenti politici sempre più imprevedibili e il crescente controllo del Partito a tutti i livelli. Mentre il contesto di mercato è stato generalmente deludente, secondo i due esperti di CANDRIAM la combinazione di questi venti contrari metterà alla prova il modo in cui gli investitori nazionali ed esteri si avvicinano al mercato cinese.

HANNO UN RUOLO IMPORTANTE DA SVOLGERE

Gli investitori, sottolineano in conclusione Boudewijns e Salazar, hanno la possibilità di esprimere il dissenso tramite le loro decisioni ed esercitare pressioni su Pechino affinché sviluppi un’economia e una società sostenibili. I grandi investitori istituzionali e internazionali che operano in Cina, non possono scappare ogni volta che succede qualcosa che non gli piace, ma hanno un ruolo importante da svolgere. Resta da vedere se sopravviveranno al Partito comunista cinese.

Robeco: sull’azionario nel 2022 occhio a Cina e elezioni Usa

Robeco prevede che azioni e materie prime dovrebbero avere la migliore performance con la ripresa, ma in un’ottica di breve periodo. Venti contrari da eventuale rallentamento cinese e elezioni Usa di medio termine

 di Virgilio Chelli  15 Dicembre 2021 – 6:50
 
Con l’emergere di Omicron gli investitori sono stati costretti a rivedere le previsioni per il 2022. Le azioni sembrano rimanere la scelta migliore, ma è probabile che i rendimenti si concentrino più sul breve che sul lungo periodo, quando le banche centrali inizieranno ad alzare i tassi. Slancio economico, tassi e liquidità volgeranno tutti nettamente a favore degli asset rischiosi, anche se eventuali lockdown in USA potrebbero mettere in discussione queste prospettive. I rendimenti azionari si concentreranno sul breve periodo e l’eccesso di liquidità si ridurrà una volta che il ciclo restrittivo sarà nella fase più acuta nel 2023 e 2024, quando è molto probabile che Banca d’Inghilterra e Bce si accoderanno alla Fed per una stretta.

 

 

I MARGINI SOCIETARI SCENDERANNO

Sono le conclusioni dell’analisi di Colin Graham, Head of Multi Asset Strategies e Co-Head of Sustainable Multi Asset Solutions di Robeco, sulle prospettive per il 2022. La correlazione tra rendimenti azionari e espansione dei bilanci delle banche centrali è stata molto elevata e positiva, e se rallenta, anche i rendimenti azionari tenderanno sicuramente a concentrarsi sul breve periodo. Attualmente i margini societari sono elevati, ma inizieranno a scendere quando i costi, in particolare del lavoro, inizieranno a salire. Almeno per i prossimi trimestri, quindi, Robeco intravvede un maggiore potenziale nelle azioni, con premi al rischio più positivi rispetto all’obbligazionario.

CINA E ELEZIONI USA RISCHI IMPORTANTI

Il Covid-19 rimane un problema ma ha smesso di essere la “grande incognita” di inizio 2020 ora che i vaccini stanno riducendone l’impatto. Anche grazie agli stimoli fiscali che hanno tenuto in piedi l’economia tutto è diventato più gestibile e oggi c’è un piano da seguire. Nel 2022 la pandemia non sarà più il tema di fondo dei mercati anche se resterà per sempre, come l’influenza, ma nuove varianti non dovrebbero provocare crolli disastrosi. I due rischi più importanti post Covid sono secondo Robeco le elezioni di metà mandato a novembre negli Stati Uniti e le tensioni con la Cina.

UNA SPINTA ALLA SPESA

Guardando al voto, Biden vorrà tenersi buoni gli elettori con stimoli economici. L’inflazione non costituisce un reale problema per gli elettori, perché gli USA dispongono di abbondanti scorte di quasi tutti i beni e la liquidità accumulata nei bilanci familiari lascia prevedere un’ulteriore impennata dei consumi. A dominare nei pensieri della gente è il tema del lavoro: ecco perché prima dell’appuntamento elettorale Biden cercherà di far salire il tasso di partecipazione dei colletti blu, anche con gli investimenti in infrastrutture, a beneficio dei democratici e per rafforzare la sensazione che i suoi provvedimenti abbiano avuto successo.

POSSIBILI PROVE DI FORZA SU TAIWAN

Per quanto riguarda la Cina, Robeco segnala le tensioni con gli USA e il potenziale focolaio di crisi legato alla contesa su Taiwan. Ma Pechino deve dare la precedenza alle questioni interne la crescita si sta indebolendo e l’aumento dei consumi langue. La Cina è ancora alle prese con la questione immobiliare, i mercati del credito cinesi sono sotto pressione e il ciclo di espansione si sta deteriorando. Quindi, secondo Robeco, cercherà di stimolare la crescita e la prosperità, e il governo potrebbe cercare fuori dai confini una causa unificante, il che potrebbe far salire le tensioni su Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale, ma non è detto che questa prova di forza si trasformi in qualcosa di più serio.

Credit Suisse conferma il sovrappeso sulle azioni

Il comitato di investimento sottolinea che l’esposizione è tattica e limitata dopo i nuovi record messi a segno dall’indice S&P 500. L’inflazione inoltre preoccupa i mercati. Rischio sull’immobiliare cinesi

 di Virgilio Chelli  16 Novembre 2021 – 6:50
 
Il comitato di investimento di Credit Suisse ha deciso di lasciare un moderato sovrappeso azionario nei portafogli, ma sottolinea che gli investitori debbano limitare l’esposizione tattica dopo il recente andamento forte dei mercati azionari. Un orientamento ciclico del portafoglio è ancora preferito, con i titoli di Stato mantenuti in sottopeso. Con tempismo quasi perfetto, il mese scorso il comitato di investimento di Credit Suisse aveva elevato le azioni dei mercati sviluppati a sovrappeso tattico dopo una correzione significativa e con gli indicatori tattici che suggerivano un sentiment degli investitori molto meno rialzista.

 

 

DA VALUTARE PRESE DI BENEFICIO

Da allora, spiega Philipp Lisibach, Chief Global Strategist di Credit Suisse, il mercato ha toccato nuovi massimi, con lo S&P 500 che ha guadagnato circa il 9% dai minimi di inizio ottobre ai recenti picchi. Alla luce della solida performance e con gli indicatori tattici che segnalano nuovamente un sentiment degli investitori più euforico, il dibattito del comitato si è concentrato sull’opportunità di effettuare prese di profitto su questi guadagni robusti, ma ha deciso di lasciare un moderato sovrappeso azionario tattico nei portafogli, anche se è favorevole a che gli investitori valutino una presa di beneficio e limitino il sovrappeso tattico.

PREMESSE CICLICHE POSITIVE

Credit Suisse osserva che la recente stagione degli utili ha dato sollievo, riservando nuovamente sorprese al rialzo e sfidando le preoccupazioni di un’imminente pressione sui margini, il che ha preparato la strada a ulteriori guadagni azionari. L’ aspettativa di una costante crescita robusta, con un rafforzamento della produzione industriale previsto per i prossimi mesi, continua a fornire premesse cicliche positive. Anche la liquidità è rimasta favorevole malgrado il tapering imminente della Fed e i recenti aggiustamenti delle aspettative sui rialzi dei tassi non hanno intaccato il rally del mercato.

ATTENZIONE AI SEGNALI DALLA CINA

Tutto ciò suggerisce, secondo l’analisi di Credit Suisse, che il momentum potrebbe portare il mercato ancora oltre, mentre l’inflazione e le previsioni delle banche centrali potrebbero tornare a preoccupare i mercati, con i relativi indicatori destinati a rimanere elevati nei mesi a venire. Secondo il comitato di Credit Suisse l’inflazione arretrerà in maniera più significativa il prossimo anno, ma occorrerà aspettare fino a metà anno prima che il sollievo si manifesti. L’altro rischio all’attenzione del comitato di Credit Suisse è stata la debolezza della Cina e una potenziale contrazione più grave del settore immobiliare.

FAVORITI I BENEFICIARI DELLA REFLAZIONE

Anche se il governo probabilmente eviterà una crisi sistemica, gli esperti di Credit Suisse restano cauti su un’ampia esposizione al mercato cinese, raccomandando investimenti molto selettivi e mirati. Nel complesso il Comitato mantiene un orientamento ciclico, preferendo mercati e settori in grado di beneficiare della reflazione. A livello Regionale, Credit Suisse continua a preferire Germania, Giappone e Regno Unito. Nel reddito fisso, mantiene il sottopeso sui titoli di Stato, per i rendimenti ancora estremamente bassi e previsti al rialzo con il procedere della ripresa.

 

Cina: investimenti in asset fissi +6,1% a ottobre, rallentano rispetto a settembre

Nel mese di ottobre gli investimenti in asset fissi della Cina (escluso il settore rurale) sono saliti del 6,1% su base annua, meno del +6,2% atteso e in rallentamento rispetto al precedente aumento del 7,3%. Dall’inizio dell’anno, il trend è stato di una crescita dell’8,5% su base annua.

Cina: vendite al dettaglio +4,9% a ottobre, meglio delle attese

Le vendite al dettaglio della Cina sono salite a ottobre su base annua del 4,9%, meglio del +3,5% atteso e della crescita di settembre, pari a +4,4%. Dall’inizio dell’anno il dato è salito del 14,9%, rispetto al +16,37% del periodo compreso tra gennaio e settembre.

Cina: produzione industriale +3,5% su base annua a ottobre, meglio delle attese

Nel mese di ottobre la produzione industriale della Cina è salita del 3,5% su base annua, meglio del +3% atteso dal consensus e in rafforzamento rispetto all’aumento di settembre, pari a +3,1%. Dall’inizio dell’anno fino al mese di ottobre, il dato è balzato del 10,9% su base annua, a un tasso tuttavia inferiore rispetto al precedente rialzo dell’11,8%.

 

AGGIORNAMENTO 22 OTTOBRE 2021

INDICE CINA 16290

fino a 16500 è un movimento tecnico a pullback del minimo precedente a 14500 che è stato proprio 16500 da 20500 e ci siamo quasi. Li importanti risposte in arrivo.

Resta il fatto che il canale 14500-17500 è stato mantenuto dall’INDICE CINESE.

Vedi aggiornamenti precedenti

I 6 riappoggi a 14500 avevano un loro “perche'” resta nel 14500-17500 e torna sopra 15600

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Cina: indice Pmi servizi Caixin-Markit batte le stime a ottobre, al record da luglio

Nel mese di ottobre l’indice Pmi dei servizi della Cina stilato da Caixin e Markit è salito a 53,8 punti, rispetto ai 53,4 punti di settembre, meglio dei 50,7 punti attesi dal consensus, attestandosi al valore record da luglio. Il dato ha confermato la fase di espansione dell’attività economica, in quanto superiore ai 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione – valori al di sotto – e valori al di sopra. Il Pmi Composite è rimasto quasi invariato a ottobre, salendo a 51,5 punti dai precedenti 51,4 punti.

AGGIORNAMENTO 20 OTTOBRE 2021

INDICE CINA 15857

Vedi precedenti aggiornamenti

INDICE CINA 16218<–13-10-2021

fino a 16500 è un movimento tecnico a pullback del minimo precedente a 14500 che è stato proprio 16500 da 20500

Resta il fatto che il canale 14500-17500 è stato mantenuto dall’INDICE CINESE.

Vedi aggiornamenti precedenti

I 6 riappoggi a 14500 avevano un loro “perche'” resta nel 14500-17500 e torna sopra 15600

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Cina: esportazioni +28,1% a settembre, meglio delle attese. Delude crescita importazioni

Nel mese di settembre le esportazioni cinesi calcolate in dollari sono balzate del 28,1% su base annua, a $305,74 miliardi, battendo la crescita del 21% prevista dagli analisti intervistati da Reuters. Deludenti invece le importazioni, salite del 17,6% su base annua a $240 miliardi, meno del +20% atteso dal consensus. Riguardo ai rapporti commerciali con gli Stati Uniti, il surplus commerciale della Cina è salito a $42 miliardi, con le esportazioni volate del 30% su base annua, a fronte di un aumento delle importazioni poco inferiore al 17%. Le importazioni della Cina dall’Australia sono balzate su base annua del 50% circa a
$15,04 miliardi, a fronte di esportazioni aumentate di quasi il 24% su base annua a $6 miliardi circa.

Cina: Pmi servizi torna in fase di espansione a settembre dopo minimi da Covid, batte le stime

Nel mese di settembre l’indice Pmi dei servizi della Cina stilato da Caixin e Markit è salito a 53,4 punti dai 46,7 punti di agosto, riagguantando così la fase di espansione. Il dato è superiore infatti ai 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione – valori al di sotto – e valori al di sopra. Quello di agosto era stato il livello peggiore dall’esplosione della pandemia Covid-19 dell’anno scorso. IL dato è stato migliore anche delle stime: gli analisti avevano previsto infatti un recupero limitato a 50,7 punti. In ripresa rispetto ad agosto anche il Pmi Composite, salito a
51,4 rispetto ai precedenti 47,2 punti.

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AGGIORNAMENTO 28 SETTEMBRE 2021

INDICE CINA 15570

AGGIORNAMENTO 21 SETTEMBRE 2021

INDICE CINA 14590

Ben 6 i tocchi all’importantissimo supporto 14500 in un mese.

Tiene il fondo del Box 14500-15600-17500

Tiene il doppio minimo a 14529– 15967 – 14680 del 20 Agosto 2021

Nuovo riappoggio area 14500 – 14639 30 Agosto 2021 14569 31 Agosto 2021

Nuovo riappoggio area 14500 – 14533 20 Settembre 2021-14590 21 Settembre 2021

 

vedi aggiornamenti precedenti

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CINA

Tiene il fondo del Box 14500-15600-17500

Tiene il doppio minimo a 14529– 15967 – 14680 del 20 Agosto 2021

Nuovo riappoggio area 14500 – 14639 30 Agosto 2021 14569 31 Agosto 2021

Dopo il forte up trend 13048 – 20500 l’Indice Cinese è sceso a un minimo di 16500 da cui  rimbalzo a 18500 e successiva forte discesa area 14500 .14500 è un livello estremamente importante per l’Indice Cinese perchè  fu il minimo che fece proprio dal top a 16500 (13048-16500-14500)  per poi arrivare a 20500.

Quindi un livello di estrema importanza per il Trend di questo importante Indice Asiatico

Cina no grazie, Soros e altri grandi investitori stanno alla larga da Pechino

Le aziende cinesi sempre meno attraenti per gli investitori occidentali a causa della politica e dell’incertezza che aleggia in merito al secondo mercato più grande del mondo. I rappresentanti di Man Group, Soros Fund Management e Elliott Management hanno espresso preoccupazione per le prospettive dei titoli cinesi scambiati a New York e in Asia. I loro commenti sono arrivati poche settimane dopo che la società di investimento da 59 miliardi di dollari Marshall Wace ha detto che alcune di queste attività sono diventate “non investibili”.

“Non stiamo mettendo soldi in Cina in questo momento”, ha confermato Dawn Fitzpatrick, CEO e responsabile degli investimenti di Soros Fund Management, alla conferenza virtuale Bloomberg Invest.

Fitzpatrick ha previsto che molte aziende quotate negli Stati Uniti si trasferiranno presto a Hong Kong. Anche se non ha nominato alcuna azienda, Alibaba, JD.com e Didi tra alcune delle più grandi aziende cinesi scambiate a New York, che tra l’altro sono state sotto pressione per la maggior parte dell’anno, dopo che la Cina ha avviato un giro di vite sulle aziende tecnologiche. Alibaba e JD.com sono scesi almeno del 33% da metà febbraio, mentre Didi è crollata del 47% dal suo debutto sul mercato a fine giugno.

Gli avvertimenti degli investitori seguono le vaste indagini anti-monopolio di Pechino contro le Big Tech, Gli investitori ora temono per ciò che verrà dopo.

Se si investe nei mercati, è impossibile non avere una visione della Cina”, ha detto alla conferenza Bloomberg l’amministratore delegato di Man Group Plc Luke Ellis, che gestisce la più grande società di hedge fund quotata in borsa del mondo. Ha aggiunto che il paese sembra meno attraente rispetto a un anno fa, tra il giro di vite sui settori della tecnologia e dell’istruzione. Ellis ha anche raccomandato agli investitori di essere più agili, dato che tenere investimenti con un orizzonte di 10 anni non ha senso in un mondo in cui si prevedono interventi e cambiamenti politici significativi.

“Quello che la Cina sta facendo è abbastanza esplicito, ma non è molto diverso da quello che vediamo in molti mercati occidentali”, ha detto. Eppure, alcuni top money manager vedono un potenziale a lungo termine. “La Cina continuerà a crescere più velocemente dei mercati sviluppati”, ha detto Jon Gray, direttore operativo di Blackstone. “Hanno una cultura molto imprenditoriale, hanno un governo che vuole la crescita economica per migliorare la qualità della vita, e penso che questo significa, in generale, che la Cina dovrebbe fare bene”.

Jonathan Pollock, co-CEO di Elliott Investment Management ha anche suggerito che ci sarebbero opportunità, anche se ha aggiunto che pensare a “grandi distribuzioni” è difficile.

Cina dà il via a guerra energetica con divieto di blackout. In Europa gas record a 100 euro. Mondo affamato di elettricità

Ed eccoci qui: nel bel mezzo della crisi energetica globale che vede tra le protagonisti più tristi l’Europa, i futures sul gas naturale olandese hanno testato oggi un nuovo record: 100 euro per per megawatt-ora, prima di essere colpiti da un ribasso superiore a -4%, scendendo ad Amsterdam fino a quota 93,5 euro.I prezzi continuano a oscillare indecisi sul da farsi, a fronte delle mosse dei trader, che valutano anche l’opzione di un calo della domanda di gas naturale, visto che aumenta il numero di aziende che chiudono o riducono la produzione in quanto alle prese con la carenza di elettricità.

Cina lancia guerra energetica: rifornimenti a tutti i costi

Tutto questo, mentre si teme che la crisi porterà ogni economia a fare di tutto pur di accaparrarsi la quantità di energia di cui necessita: sicuramente, e lo ha già detto, lo ha fatto la Cina, con il governo di Pechino che, nelle ultime ore, ha ordinato alle compagnie energetiche di proprietà dello stato più importanti del paese – petrolifere, ma anche attive nei segmenti del carbone o dell’elettricità – di assicurarsi i rifornimenti per questo inverno a tutti i costi. La notizia è stata riportata da Bloomberg, sulla base di quanto ha riferito una fonte vicina al dossier.

L’ordine, diramato dallo stesso vice premier Han Zheng, responsabile anche della supervisione della produzione industriale e del settore energetico, è arrivato durante una riunione di emergenza che si è tenuta all’inizio di questa settimana, e che ha visto tra i presenti l’Authority dell’energia e, anche, l’agenzia di pianificazione economica.Le fonti hanno segnalato che i blackout non saranno tollerati dal governoImmediata la reazione dei mercati, con il petrolio che è tornato a salire nella giornata di oggi, dopo aver azzerato ieri le perdite una volta che la notizia della Cina ha iniziato a circolare.I futures sul gas scambiati a New York sono balzati, così come hanno fatto le quotazioni dell’esportatore americano di gas Cheniere Energy.Già in Cina i futures sul carbone erano volati a un nuovo record, prezzando la crisi che investirà il paese nella settimana della Golden Week. La nuova incognita globale è la seguente: ci sarà energia per tutti nel paese? E nel mondo?Bloomberg riporta come i prezzi quest’anno siano più che raddoppiati a causa della domanda in crescita di elettricità arrivata dalle fabbriche e, anche, per la produzione di materie prime più lenta nelle miniere.Basta pensare al fatto che Pechino abbia indetto una riunione di emergenza, per capire come in Cina la situazione sia critica: si parla di una crisi energetica grave, che ha costretto intere regioni a dover tagliare la luce alle aziende, mentre diversi sono stati i casi di blackout improvvisi che hanno colpito le comunità.

Global Energy Crunch: è la nuova crisi mondiale

Termini come Global Energy Crunch e power crunch in Cina sono ormai all’ordine del giorno: e ora si teme la mossa cinese, visto che Pechino è disposta a fare di tutto pur di assicurarsi l’energia di cui ha bisogno.In questo contesto Bjarne Schieldrop, responsabile analista delle commodities presso la SEB, ha commentato che la volatilità nei mercati energetici dovrebbe intensificarsi, soprattutto dopo l’ordine impartito da Pechino.Dal comunicato diramato dalla società di estrazione più grande della Cina, il CEIC, è emersa d’altronde la seguente dichiarazione battagliera:“Combatteremo la dura battaglia dell’offerta di energia”. Schieldrop ha aggiunto che, a suo avviso, un avviso del genere indica che “non siamo assolutamente vicini a una situazione di maggiore calma. Sembra anzi che la situazione possa farsi anche più folle. (La Cina) offrirà qualsiasi cosa per vincere nella battaglia per i carichi di carbone o di gas naturale liquefatto”.Brutta notizia per i governi e i consumatori europei, come spiega a Bloomberg Leslie Palti-Guzman, direttore generale della società di consulenza Gas Vista, con sede a New York, che parla di governi e consumatori europei che dovranno far fronte a prezzi elevati del gas e dell’elettricità per tutto l’inverno”.E di fatto, la notizia proveniente dall’Estremo Oriente ha subito provocato l’impennata dei prezzi in Europa, che sta facendo fatica ad assicurarsi una quantità sufficiente di gas e carbone, in vista dell’inverno. Tanto che l’aumento dei prezzi sta costringendo – riporta ancora Bloomberg – alcuni giganti industriali, dai produttori di fertilizzanti CF Industries a Yara International fino ai giganti chimici BASF SE a chiudere gli impianti o tagliare la produzione.

Francia non resta a guardare, blocco aumenti fino a primavera

“Il trading volatile dimostra già che nessuno sa quanto in alto i prezzi del gas potranno salire, ma sicuramente ci sarà una corsa sfrenata – ha detto Niek van Kouteren, senior trader presso PZEM, società energetica olandese. “L’interrogativo sarà: quand’è che si manifesterà la distruzione della domanda? Se si arriverà alla situazione in cui si faranno avanti i governi fornendo sussidi, così come ha annunciato ieri la Francia, nessuno sarà incentivato a ridurre la domanda”.La mossa francese è stata approfondita tra gli altri dal Financial Times, nell’articolo dal titolo “France to block gas and electricity price rises until the spring, ovvero “la Francia bloccherà gli aumenti di gas ed elettricità fino alla primavera”.Il governo francese aveva già annunciato due settimane fa l’intenzione di erogare sussidi di un valore di 100 euro a 5,8 milioni di famiglie che ricevono i voucher sull’energia, al fine di tutelare i consumatori dal caro-bolletta destinato a diventare ancora più caro.Gli italiani finora sono stati dal canto loro tutelati dal governo Draghi dallo shock del rincaro della bolletta fino a +40%.Tuttavia, qualche giorno fa l’Arera – Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, ha confermato che anche con gli interventi del governo la stangata ci sarà. Meno alta di quella che ci sarebbe stata senza l’azione dell’esecutivo: ma comunque ci sarà.In Asia, il prezzo del gas naturale liquefatto è volato al record di $34,47 per MBTU. “In un arco doi tempo di più lungo termine, i prezzi ovviamente saranno inadeguati e prevediamo una normalizzazione graduale l’anno prossimo – ha commentato Oystein Kalleklev, ceo di Flex LNG Ltd – Ma con i siti di stoccaggio vuoti ci sarà una battaglia per lo stoccaggio la prossima estate, con il ribilanciamento del mercato che richiederà più tempo”.

Cina: Pmi manifatturiero ufficiale scivola in fase di contrazione per la prima volta da febbraio 2020

Oltre all’indice Pmi manifatturiero stilato da Caixin-Markit, è stato diramato in Cina oggi anche il Pmi manifatturiero ufficiale, che si è confermato in fase di contrazione.L’indice è sceso infatti a settembre a 49,6 punti, rispetto ai 50,1 punti attesi e ai precedenti 50,1 punti. Il dato conferma la contrazione dell’attività manifatturiera, in quanto inferiore ai 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e fase di espansione (valori al di sopra) dell’attività economica.La contrazione si è ripresentata per la prima volta dal febbraio del 2020, ed è stata alimentata da alcuni fattori, come il balzo dei prezzi energetici, le pressioni sia sulla domanda che sull’offerta, i prezzi più alti di altri input.Il Pmi non manifatturiero ufficiale di settembre si è attestato invece a 53,2 punti, meglio dei 52,7 punti precedenti, e in forte recupero rispetto ai precedenti 47,5 punti.Il Pmi Composite è stato pari a 51,7 punti, contro i precedenti 48,9 punti.Reso noto oggi anche l’indice Pmi manifatturiero della Cina stilato da Caixin-Markit, che si è attestato a 50 punti, , facendo meglio dei 49,5 punti attesi dal consensus e in recupero rispetto ai precedenti 49,2 punti.

Neuberger Berman: la Cina resta interessante nonostante la svolta politica

Neuberger Berman, nelle Prospettive del CIO firmate da Yan Taw (YT) Boon, Director of Research, Asia, analizza la nuova strategia cinese nel contesto panasiatico segnalando opportunità di investimento

29 Settembre 2021 – 15:05
 

Quando a novembre 2020 l’IPO di Ant Group fu sospesa, pochi hanno capito che era solo l’inizio in Cina di un vero e proprio cambio di strategia che solo negli ultimi mesi è diventato evidente. Che l’obiettivo sia la “prosperità comune”, l’innalzamento della natalità o l’aumento dei consumi, questi interventi dello Stato non sono certo una novità in Cina. Nella prima decade del millennio, Pechino aveva puntato su infrastrutture e investimenti per sostenere lo sviluppo, innescando il boom dei titoli di telecomunicazioni, oil & gas e finanziario. Poi l’attenzione si è spostata su consumi e servizi, favorendo la crescita dei giganti dell’e-commerce, dei social media e delle piattaforme online di consegna di generi alimentari.

PERCHÉ LA CINA RESTA INTERESSANTE

Neuberger Berman, nelle Prospettive settimanali del CIO firmate da Yan Taw (YT) Boon, Director of Research, Asia, e dedicate alla nuova strategia cinese nel contesto panasiatico, ritiene che nonostante il riorientamento strategico che ha di fatto cambiato le regole del gioco, la Cina resti un mercato interessante, mentre aumenta nel resto dell’Asia la diversità delle opportunità di investimento. Oggi la Cina comincia a guardare più in alto nella catena del valore, e le autorità non puntano più su consumi e servizi internet, ma mirano a sostenere l’industria di alta qualità e la produzione tecnologicamente avanzata: veicoli elettrici, rinnovabili, applicazioni industriali di Internet of Things e, soprattutto, il settore altamente strategico dei semiconduttori.

VINCITORI E VINTI DEL CAMBIAMENTO

L’esperto di Neuberger Berman osserva che il cambiamento strategico penalizza alcuni settori, tra cui il gaming, l’e-commerce e persino l’istruzione, che hanno già avvertito l’impatto negativo. Ma aggiunge che questo non significa che sia ora necessario ridurre l’allocazione sulla Cina, e che anzi sia necessario riallocare il capitale nel grande paese, puntando su settori e titoli che trarranno beneficio dal cambiamento strategico. Secondo Neuberger Berman i temi di investimento della connettività 5G e delle rinnovabili diventeranno un elemento molto più importante dell’approccio di investimento in Cina, dal momento che sono due fattori fondamentali del nuovo focus di Pechino su automazione industriale, comunicazione machine-to-machine dell’IoT e fonti di energia più efficienti.

RIALLOCARE IN CINA MA CON CAUTELA

In particolare, l’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza nell’hardware, e in particolare nei semiconduttori, crea ulteriori e interessanti opportunità per investire su aziende locali leader nella progettazione e nella produzione di microchip. Riallocare ma con cautela, avverte però Neuberger Berman, perché può risultare però complesso per gli investitori. La grande casa ha optato per un approccio paziente che alla fine ha dato i suoi frutti perché nelle ultime settimane, a seguito di dati deludenti e debolezza dei mercati immobiliari locali, sono emerse valutazioni più interessanti. Il nostro processo di riallocazione di Neuberger Berman continuerà con una certa cautela, almeno finché l’incertezza normativa rimarrà elevata.

NUOVI ALIBABA IN INDIA O INDONESIA

Allargando lo sguardo, Neuberger Berman vede molte opportunità d’investimento in Asia, non solo nei temi dell’automazione industriale, dell’IoT e del 5G, ma anche in quelli più correlati ai consumi e a internet che ora stanno passando in secondo piano in Cina. Nuovi Alibaba asiatici potrebbero emergere in India o in Indonesia, due Paesi che stanno attraversando una fase di sviluppo che la Cina ha conosciuto 10 o 20 anni fa e che, pur presentando una penetrazione digitale relativamente bassa, stanno già vedendo emergere nuove “Super Applicazioni” locali e regionali per il mobile banking, il ride-hailing, l’e-commerce, la consegna di generi alimentari e il mobile gaming.

IL CASO DELLA COREA

Un altro filone molto interessante in Asia, secondo Neuberger Berman, è quello delle innovazioni culturali, sempre più globali. La Corea del Sud ha milioni di fan in tutto il mondo come epicentro del K-pop e del mobile gaming, e un singolo concerto online della boyband BTS può raggiungere più di 100 milioni di spettatori da quasi tutti i Paesi del mondo, facendo confluire decine di milioni di dollari in abbonamenti online, merchandising e contenuti esclusivi.

ASIA MENO DIPENDENTE DALLA CINA

In conclusione, secondo l’esperto di Neuberger Berman, non si può negare che la più grande economia dell’Asia stia subendo un rallentamento ciclico e un riorientamento strategico, ma questo processo farà emergere nuove fonti di opportunità di investimento nella cosiddetta “Industria 4.0” in Cina, mentre la crescente diversità e il respiro globale delle società nel resto dell’Asia evidenziano che il percorso economico della regione non sia più così fortemente determinato dal gigante locale.

Cina: profitti industriali rallentano il passo, +10,1% ad agosto

Nel mese di agosto, i profitti industriali della Cina sono balzati del 10,1% su base annua, rallentando il passo rispetto al precedente rialzo del 16,4%. Dall’inizio dell’anno, la crescita è stata pari a +49,5% su base annua, rispetto al precedente balzo pari a +57,3% del periodo gennaio-luglio

SOLUZIONI condivise per il Grande Rinoceronte Bianco!

Credo che ormai saprete tutto su quella che oggi tutti definiscono bolla immobiliare cinese e che non era assolutamente una sorpresa, visto che abbiamo più volte denunciato questo “schema Ponzi” che poi è esploso vistosamente nelle ultime settimane con la vicenda Evergrande.

Su questo blog ho spiegato che un eventuale default di Evergrande non sarebbe paragonabile al fallimento di Lehman Brothers, ma che comunque l’effetto contagio soprattutto sul settore immobiliare cinese non si può escludere. E tantomeno non si può negare l’attivismo della PBoC che si sta muovendo da giorni per “arginare” quelli che sono gli eventuali effetti collaterali da default di Evergrande.
Ma ora siamo in fase di “time out” o se preferite “periodo di grazia” (selective default), occorre aspettare i 30 fatidici giorni e poi capiremo.

Intanto cerchiamo di capire cosa potrebbe comportare a livello sociale il default di Evergrande. E la cosa non sembra di poco conto. Innanzitutto quantifichiamo il peso del settore immobiliare in Cina. Beh signori, mica poco. Vale quasi il 30% del PIL, un peso che è enorme se rapportato a quanto possiamo vedere con altri paesi.

Ma non solo, ribaltiamo il ragionamento non sui conti pubblici ma sulle tasche dei cinesi (e qui, signori, abbiamo un problema serio). Quanto pesa, quindi, il settore immobiliare nelle tasche dei cinesi? Risultato molto preoccupante, visto che il collasso di Evergrande porta per forza un collasso anche dei prezzi degli asset cinesi.

E qui il divario con gli altri stati è veramente enorme. E allora spostiamo il problema un attimo a livello locale. Provate ad immaginare VOI STESSI cosa potrebbe significare per l’economia in genere una situazione in genere.

Innanzitutto significherebbe non solo la scomparsa di milioni di posti di lavoro, ma una catastrofe economica a livello di consumi e ricchezza. Anche perchè non sarebbe irrilevante l’effetto contagio che toccherebbe banche e investitori cinesi, principali creditori del “grande rinoceronte bianco” (Evergrande).

Parliamo inoltre di 200.000 dipendenti diretti e circa 4 milioni di posti di lavoro indiretti che ruotano attorno alla società. E poi centinaia di migliaia di acquirenti che hanno comperato case in costruzioni dalla società più indebitata al mondo non sanno se avranno casa o i soldi versati indietro. La crisi di liquidità potrebbe avere un effetto domino economico non solo sull’economia cinese ma sull’economia mondiale?

A questa domanda non so ovviamente rispondervi, ma una domanda me la voglio porre e chiedo anche a voi un parere, se avrete voglia di commentare. E’ evidente che per molte persone significherà perdere lavoro, investimenti, soldi, futuro. Ma dal punto di vista sociale, il cinese continuerà a subire passivamente il regime oppure alzerà la testa?
Oppure le stesse autorità cinesi, soprattutto per questi aspetti, decideranno di intervenire e sanare il sanabile?

(…) Anche per questo ultimo aspetto si pensa che questo alla fine, le autorità cercheranno di evitare una crisi economica pesantissima ed anche una crisi sociale dei proporzioni epocali. La priorità sarà quindi quella di garantire che in una debacle di Evergrande, i più protetti siano i piccoli investitori e gli acquirenti di case. Ed in secondo luogo evidenziare che non ci sarà alcun crollo dei prezzi degli immobili a causa della sfiducia del pubblico che vorrà investire nel mattone. (…) [AI] 

Tutto questo mi pare utopico e in troppo semplificato. Nel libro dei sogni del Celeste Impero si può anche pensare di raggiungere questi risultati, ma il rischio che tutto si trasformi in un enorme fallimento (anche di sentiment) non è così remoto. E se così fosse, possiamo pensare che sia altrettanto facile mantenere la crisi circoscritta alla Cina, anche solo agli occhi di speculatori in cerca da tempo di un Cigno Nero da usare come ariete per giustificare una correzione “importante”?

Non sottavalutiamo il problema. Di certo ad alti livelli si saranno già parlati più paesi e magari ci sono già anche delle “exit strategy”. La cosa importante è che si giochi di squadra e non si inventi, ognuno per conto proprio, una barriera protettiva. Sarebbe un sicuro insuccesso. Ma si riuscirà a fare una VERA strategia comune con la Cina?

Evergrande campanello d’allarme, ma Amundi resta positiva sulla Cina

Pascal Blanqué Group Chief Investment Officer, e Vincent Mortier, Deputy Group Chief Investment Officer di Amundi, si aspettano volatilità anche sul fronte Usa, ma sono costruttivi sugli asset cinesi nel lungo periodo

 25 Settembre 2021 – 9:30
 

Dopo il caso Evergrande, Amundi si aspetta maggior volatilità nei mercati globali nei prossimi mesi e non solo dalla Cina ma anche per i negoziati sul tetto del debito USA e per l’impennata dei prezzi dell’energia in Europa. Il tutto con valutazione tirate dei mercati finanziari, per cui è il momento di essere neutrali in termini di allocazione del rischio e aumentare il controllo sulle aree che potrebbero essere colpite da ricadute, come bond high yield asiatici e materie prime legate all’edilizia. Ma in generale, nonostante la percezione del rischio sulla Cina resti elevata nel breve, Amundi rimane costruttiva sugli asset cinesi nel lungo periodo per motivi strutturali, come riequilibrio della crescita attraverso la domanda interna, crescita nei settori strategici, internazionalizzazione del renminbi.

NON È UN RISCHIO SISTEMICO

Pascal Blanqué Group Chief Investment Officer, e Vincent Mortier, Deputy Group Chief Investment Officer di Amundi spiegano che Evergrande non rappresenta un rischio sistemico, ma un campanello d’allarme in un mondo troppo indebitato. La portata di una ristrutturazione di tale entità sta gravando sui mercati del credito asiatici, con prezzi in discesa per le obbligazioni di altre società del settore immobiliare, ma valutando l’evento in un contesto più ampio, l’effetto contagio sui mercati globali è stato finora limitato, con una certa volatilità azionaria e un modesto ritracciamento dai massimi storici dell’S&P 500.

LA REAZIONE DELLE AUTORITÀ

I due esperti di Amundi notano che le autorità cinesi hanno dimostrato impegno per evitare un crollo, con la Banca Popolare Cinese che ha iniettato 460 miliardi netti di renminbi, pari a 71 miliardi di dollari, di liquidità a breve termine nel sistema bancario, mentre Pechino potrebbe intervenire nella ristrutturazione, evitando che Evergrande vada in default incontrollato. Ma hanno anche dato chiari segnali al mercato della volontà di fermare la speculazione immobiliare e ridurre la leva finanziaria. Amundi si aspetta comunque che il settore resti sotto pressione nel breve periodo, anche se la riduzione della leva finanziaria dovrebbe essere vantaggioso nel medio periodo.

PROBABILI ALTRI CASI IN FUTURO

Evergrande è anche un avvertimento nei confronti di settori ad alta leva e con valutazioni stratosferiche, e secondo gli esperti di Amundi è probabile che in futuro vengano allo scoperto altre problematiche di indebitamento, che richiederanno ulteriore attenzione nella selezione del credito in tutti i settori. Le implicazioni sulla crescita sono rilevanti, e il rallentamento dell’edilizia residenziale è uno dei fattori negativi che ha portato al downgrade delle previsioni di Amundi sul PIL della Cina. Inoltre, i dati in calo sull’attività cinese hanno ampiamente sorpreso nel terzo trimestre, con le esportazioni unica eccezione.

LIMATE LE STIME DI CRESCITA 2021-22

L’inasprimento delle politiche, le restrizioni autoimposte su Covid-19, de-carbonizzazione, tagli alla produzione, razionamento dell’elettricità, e la carenza globale di chip, hanno contribuito al rallentamento. Per questo Amundi si aspetta più che la crescita riprenda nel quarto trimestre e prevede un PIL reale all’8,3% nel 2021, sotto la stima precedente dell’8,7% precedente, con una crescita del 2022 al 4,9% rispetto al 5,4% precedente stimato. Per questo, conclude l’analisi degli esperti di Amundi, il rallentamento della Cina rispetto ai principali partner commerciali dovrebbe essere monitorato con attenzione.

Invesco: Cina, la volatilità dovuta a Evergrande crea opportunità di posizionamento

Invesco vede rischi limitati sul settore del credito e anche sull’immobiliare, dovuti alle difficoltà di Evergrande, e ritiene che la recente volatilità offra buone opportunità di posizionamento sul lungo termine

 di Virgilio Chelli  24 Settembre 2021 – 8:00
 

Il caso Evergrande è importante perché i suoi debiti rappresentano circa il 6,5% delle passività totali del mercato immobiliare cinese e il 9% del mercato obbligazionario offshore cinese, per cui il gruppo è considerato un indicatore chiave sia per il real estate che per la propensione al rischio degli investitori sul mercato offshore. Ora si profila lo scenario di una ristrutturazione del debito, evitando così una liquidazione che azzererebbe il valore delle obbligazioni, con rischio di contagio aumenterebbe. È comunque possibile un impatto sul settore immobiliare, che rappresenta circa un quarto della crescita del PIL cinese, per cui la tolleranza a una flessione immobiliare è limitata, mentre pressioni si registrano anche sul mercato obbligazionario.

SACCHE DI OPPORTUNITÀ ANCHE NEL REAL ESTATE

Per questo Invesco ritiene che in questo momento la cautela sembri ancora appropriata, ma pensa anche che vi siano sacche di opportunità, anche all’interno del mercato immobiliare, in particolare in alcuni dei titoli a beta più elevato. I bond di molte di queste società, sottolinea l’analisi di Invesco, sono scambiati a forte sconto, nonostante la forte redditività e solidi bilanci, e potrebbero rappresentare un buon valore per gli investitori a lungo termine. Anche sul versante bancario Invesco ritiene la situazione di Evergrande gestibile, in quanto il debito del gruppo rappresenta circa il 2-3% del capitale core tier 1 delle banche cinesi, che totalizzava circa 18.500 miliardi alla fine del secondo trimestre.

NESSUNA PERDITA DI FIDUCIA NEL SISTEMA BANCARIO

Secondo Invesco, anche nel peggior scenario possibile e giudicato improbabile, ciò non comporterebbe una perdita di fiducia nel sistema bancario. Ora bisognerà fare attenzione ai pagamenti delle cedole in scadenza nei prossimi giorni e, per quanto riguarda l’intero settore immobiliare, seguire da vicino le mosse del governo cinese. In un’ottica di lungo periodo, prevede Invesco, è possibile che Pechino possa optare per il passaggio da un business model oggi centrato sulla di vendita già nella fase progettuale a uno che preveda il completamento degli immobili siano completati, il che consentirebbe agli operatori con alti costi di finanziamento di uscire dal mercato.

PECHINO NON PERMETTERÀ DEFAULT DIFFUSI

Per quanto riguarda il mercato del credito in generale, secondo Invesco è improbabile che i policymaker cinesi permettano default diffusi che andrebbero a impattare sul segmento High Yield, e nota che quest’anno il tasso complessivo di default è migliorato. Nel segmento Investment Grade, i fondamentali della maggior parte degli emittenti rimangono solidi, con buone posizioni di cassa. Per cui, secondo Invesco, la recente volatilità del mercato offre buone opportunità di posizionamento a lungo termine, soprattutto se si riesce ad essere selettivi negli emittenti.

Il default di Evergrande e la paura di una Lehman Brothers in Cina: quali rischi per il mondo?

Il colosso immobiliare della Cina, Evergrande, sta per andare in default. E il mondo teme una nuova Lehman Brothers.

Tra poche ore, salvo ormai improbabili sorprese, dalla Cina arriverà la notizia del default di Evergrande. A causa di forti problemi di liquidità, il colosso immobiliare non sarà in grado di onorare il pagamento degli interessi su due bond per complessivi 100 milioni di dollari. Di debiti ne ha per 300 miliardi, tanto che le borse mondiali traballano da giorni per il rischio che molti creditori si trovino in Occidente e che molti titoli di Evergrande siano parte di portafogli di chissà quanti fondi d’investimento, senza che neppure lo sappiamo.

La società ha 200.000 dipendenti, ma l’indotto garantisce altri 3,8 milioni di posti di lavoro. Vanta 1.300 progetti immobiliari in 280 città cinesi e milioni di clienti impauriti di non vedersi consegnate le case per cui hanno pagato in anticipo. Il default sarebbe tutt’altro che indolore sul piano sociale, anche perché evidentemente ad essere esposte verso Evergrande ci sono anche le banche cinesi.

Il mondo teme che la Cina abbia il suo “Lehman Brothers moment”. Probabilmente non sarà così. Questa caduta è voluta proprio dalle autorità cinesi, le quali hanno chiuso i rubinetti della liquidità a Evergrande all’inizio del mese. Da allora, la Borsa di Hong Kong perde il 10%. Le azioni societarie, invece, segnano -84% da inizio anno. Come già scritto in un precedente articolo, la Cina quasi cerca il default del colosso per imporre al mercato la disciplina.

Default Cina, la corsa sfrenata dell’immobiliare

Tutto vero, ma il fallimento di Evergrande non arriva per caso e per certi versi ha origine proprio dal crac di Lehman Brothers. Per reagire alla crisi finanziaria mondiale scatenata nel 2008 dal collasso della banca americana, Pechino varò potenti stimoli monetari.

Denaro facile e a basso costo per sostenere progetti immobiliari perlopiù colossali e senza alcuna utilità pratica. Sorsero le cosiddette “città fantasma”, realtà urbane costruite e non abitate per mancanza di domanda. In sostanza, centinaia o migliaia di miliardi di dollari furono spesi per pura speculazione.

E, tuttavia, questa corsa dissennata al mattone ha sostenuto e continua a sostenere la crescita dell’economia cinese. Senza, essa ripiegherebbe con ogni probabilità intorno ai livelli occidentali. Insomma, il Dragone smetterebbe di volare. L’atterraggio sarebbe durissimo per le famiglie cinesi, anzitutto, ma con riflessi per l’intera economia mondiale. Se i consumi, ergo le importazioni, si riducessero, a pagarne il prezzo sarebbero numerose realtà aziendali di Europa e Nord America. Pensate ai marchi del lusso o automobilistici, che negli ultimi anni stanno vedendo la Cina come lo sbocco naturale dei loro prodotti, date le immense dimensioni di questo mercato.

Ad ogni modo, entro poche ore il default in Cina segnerà la fine di una lunga era di stabilità finanziaria, pur spesso forzata dalla mano dello stato. Il timore è che ne inizi un’altra molto meno perscrutabile e dai connotati incerti. Detto con onestà, l’Occidente teme che la Cina si occidentalizzi nei suoi difetti. Timori forse esagerati, anche se il problema è reale. L’economia cinese cresce a colpi di investimenti insostenibili. Prima o poi, il conto da pagare dovrà arrivare. E il default imminente di Evergrande può preludere a un collasso sistemico.

La sindrome cinese può far paura, ma Evergrande non è la nuova Lehman

Le recenti tensioni geopolitiche si sono sommate alla stretta regolatoria di Pechino e causano fibrillazioni. Ma sono crisi che si possono gestire, come nel caso HNA, e l’opportunità di investimento resta intatta

 di Stefano Caratelli  20 Settembre 2021 – 8:21
 

A fine gennaio di quest’anno la conglomerata cinese HNA, dopo vent’anni di abbuffata di acquisizioni in giro per il mondo finanziate a debito, dagli alberghi Hilton a Deutsche Bank, dichiarava bancarotta e metteva in vendita gli asset per far fronte a debiti per un paio di centinaia di miliardi di dollari che non riusciva a onorare. La notizia ricevette poca attenzione sui media e meno ancora sui mercati, la Cina allora non era un tema-spauracchio da cavalcare, Biden era appena arrivato alla Casa Bianca e la guerra dei dazi di Trump sembrava da consegnare al passato, così come la nuova ‘guerra fredda’ tra le due superpotenze per il primato tecnologico e commerciale globale, mentre sorgeva l’alba di un nuovo multilateralismo su cui costruire le basi della ri-globalizzazione nel segno della rivoluzione verde, con Pechino che annunciava nuovi ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni. Poi nel giro di qualche mese è cambiato tutto, prima le ondate di strette regolatorie su tech, education, intrattenimento e quotazioni a Wall Street, poi la caduta di Kabul che è sembrata aprire le porte dell’Asia centrale alle ambizioni geopolitiche di Xi Jinping, e alla fine il caso dei sommergibili a propulsione nucleare forniti all’Australia da americani e inglesi.

PECHINO DOVRÀ PROTEGGERE I RISPARMIATORI

In questo nuovo contesto è ‘esploso’ il caso del colosso immobiliare Evergrande, subito ribattezzata da qualche titolo sui media la una nuova ‘Lehman cinese’, il catalizzatore possibile di una tempesta che potrebbe investire il sistema finanziario della superpotenza, che pure continua ad attrarre investimenti da tutto il mondo, e in particolare dalle grandi case americane e europee. I numeri e i problemi di Evergrande non sono molto diversi da quelli di HNA, crescita troppo veloce e disordinata finanziata con troppo debito, che alla fine non si riesce a onorare. Per HNA è stata fatale la pandemia, visto che era investita moltissimo in linee aree e alberghiero. Per Evergrande è stata la corsa dei cinesi all’investimento immobiliare, che assorbe il 40% dei risparmi e spinge a lanciarsi in piani di sviluppo poco sostenibili. Il tutto ha causato una spinta al rialzo dei rendimenti dei bond High Yield, saliti in pochi mesi da circa il 10% a oltre il 14%, un segmento che vede Evergrande primo emittente in dollari con il 16% del mercato. Per Pechino il problema non è di facile soluzione, perché deve riuscire a separare il destino di Evergrande da quello dei risparmi investiti da decine di migliaia di cinesi.

NIENTE DI SIMILE AL CASO DI LEHMAN

Una svendita del patrimonio immobiliare di Evergrande avrebbe inoltre un impatto notevole sui prezzi degli immobili, con un ‘danno collaterale’ per molti risparmiatori, e forse anche con forte malumore sociale, che sicuramente Pechino vuole evitare. Ma deve anche far passare la lezione che ‘chi sbaglia paga’, in linea con la stretta regolatoria che ha intrapreso quest’anno. Un sentiero stretto ma non impraticabile. In ogni caso non sembrano esserci in nessun modo le premesse per una Lehman cinese. Sul debito della banca d’affari di Wall Street fallita nel settembre del 2008 c’era stampata la tripla A delle agenzie di rating, non il ‘junk’ del debito di Evergrande. Inoltre la bolla dei subprime era stata incoraggiata dalla politica di Bush junior che voleva tutti proprietari di case. Entità para governative come Fannie Mae e Freddie Mack erano piene di mutui ad alto rischio ma impacchettati in securities considerate ultra-sicure. Fu una devastante crisi di fiducia nel sistema finanziario americano e per contagio europeo, le grandi banche di Wall Street e di Londra non si fidavano a prestarsi soldi una all’altra neanche sulla scadenza overnight.

UNA TRANSIZIONE CHE CAUSA SUSSULTI

Niente del genere sta succedendo o sta per succedere in Cina. Ma è anche prevedibile che sussulti e nervosismi legati alla transizione di Pechino verso un assetto economico finanziario più ordinato e meno esposto alle scorribande del nuovo capitalismo nato e cresciuto nell’era di Deng continuino a preoccupare mercati e investitori. Anche perché la correzione degli squilibri economici e finanziari interni alla Cina può sovrapporsi a tensioni geopolitiche, con gli americani che stanno spostando dall’Atlantico al Pacifico il presidio dei meccanismi di difesa. Il mezzo giro di compasso che si può tracciare dalla Corea a Hong Kong passando per Taiwan e magari arrivando fino all’India è destinato a indicare un’area di tensioni e scaramucce, se non qualcosa di più. Ma per proseguire nel percorso di crescita la Cina ha bisogno dei capitali e del know how finanziario americano ed europeo, mentre gli investitori dell’area sviluppata del pianeta non hanno molte alternative alla Cina (e all’India) per impiegare in modo redditizio le proprie risorse.

BOTTOM LINE

Con le valutazioni di Wall Street a giudizio di molti diventate un po’ tirate, per l’investitore a lungo termine l’opzione cinese rimane intatta, a condizione di saper scegliere da chi farsi guidare. La dimensione e la crescita tumultuosa sono indicatori di rischio più che di opportunità. Che invece è racchiusa in un mercato di 1,4 miliardi di persone con redditi e consumi in crescita, che sarà sempre più in grado di sostenersi internamente dipendendo meno dalle esportazioni. Le tensioni geopolitiche fanno parte del gioco, ma né a Washington né a Pechino nessuno ha interesse che sia un gioco al massacro.

AGGIORNAMENTO 13 SETTEMBRE 2021

INDICE CINA 15667

fino a 16500 è un movimento tecnico a pullback dei 16500 precedente minimo ad area 14500 e precedente massimo a 20500. Lì risposte importanti dunque attese.

vedi aggiornamenti precedenti

CINA

Tiene il fondo del Box 14500-15600-17500

Tiene il doppio minimo a 14529– 15967 – 14680 del 20 Agosto 2021

Nuovo riappoggio area 14500 – 14639 30 Agosto 2021 14569 31 Agosto 2021

Dopo il forte up trend 13048 – 20500 l’Indice Cinese è sceso a un minimo di 16500 da cui  rimbalzo a 18500 e successiva forte discesa area 14500 .14500 è un livello estremamente importante per l’Indice Cinese perchè  fu il minimo che fece proprio dal top a 16500 (13048-16500-14500)  per poi arrivare a 20500.

Quindi un livello di estrema importanza per il Trend di questo importante Indice Asiatico

Fidelity: opportunità di investimento intatte sul mercato cinese

Fidelity International vede buone opportunità di valore nelle azioni offshore, mentre le A-shares hanno meno rischi normativi e potrebbero beneficiare di più di politiche fiscali e monetarie più accomodanti

 di Virgilio Chelli  15 Settembre 2021 – 8:00
 

Gli investitori in azioni cinesi dovrebbero fare attenzione a non confondere un punto di inflessione con un de-rating. Ci può essere una pressione sulle valutazioni in una fase in cui gli investitori internazionali adottano un approccio attendista, ma le prospettive a lungo termine continuano ad essere positive. Lo sottolinea nella sua analisi Paras Anand, capo degli Investimenti Azionari pan-europei di Fidelity, secondo cui i recenti sell off indiscriminati di azioni cinesi hanno prodotto occasioni interessanti, in particolare per società in cui le traiettorie di crescita rimangono intatte. La nostra chart room di Fidelity mostra come le azioni cinesi stiano offrendo interessanti rapporti di price/earning rispetto al loro range storico a 10 anni, e anche nei confronti dei peer globali tra cui USA, Europa e azionario emergente in generale.

MANCANZA DI COMUNICAZIONE ADEGUATA

Per gli investitori a lungo termine, le prospettive in Cina sono ancora forti, sottolinea Anand: il sentiment ha subìto un colpo maggiore rispetto ai fondamentali, con preoccupazioni guidate non tanto dalla sostanza delle misure normative proposte in alcuni settori, quanto da una mancanza di comunicazione e spiegazione. Ma molte aziende innovative continuano a registrare forte crescita e ricevono un sostegno attivo del governo, la pipeline di investimenti futuri è solida, e i nuovi piani per una terza borsa onshore a Pechino sosterrebbero ulteriormente le piccole e medie imprese.

CERCARE OCCASIONI IN LINEA CON LE POLITICHE

L’esperto di Fidelity fa l’esempio dell’istruzione privata, reimpostata da nuove misure amministrative, tra cui la conversione di alcuni servizi in no profit. Ne è seguito un sell off con alcune società scambiate anche al di sotto dei livelli di cassa netta, ma secondo Anand alcune saranno in grado di adattarsi cambiando i modelli di business per catturare parte del reddito risparmiato dai consumatori. Occorre concentrarsi sui fondamentali, e identificare opportunità in aree in linea con la direzione della politica, come energia verde, semiconduttori, nuove infrastrutture, catene di fornitura dei veicoli elettrici, intelligenza artificiale e produzione di fascia alta, sottolinea l’esperto di Fidelity.

PROFONDE OPPORTUNITÀ DI VALORE

Molte aziende dovranno anche spendere di più nel reporting di conformità, in particolare nella gestione dati. Per identificare i vincitori, l’investitore dovrà comprendere le dinamiche specifiche dei settori e identificare le aziende con modelli di business più sostenibili o con potere di prezzo più forte. Nel mercato offshore Fidelity vede “profonde opportunità di valore”, mentre le A-shares affrontano probabilmente meno rischi normativi e potrebbero beneficiare maggiormente di una politica fiscale e monetaria più accomodante. Nel corso del tempo, Fidelity si aspetta che l’universo MSCI China diventi più equilibrato per ponderazioni settoriali, ad esempio con la riduzione dei nomi di Internet e l’aumento dei settori industriali e IT.

STORIA DI CRESCITA ININTERROTTA

L’esperto di Fidelity ricorda che dopo giugno 2015 le azioni cinesi persero più di un terzo del loro valore, e che le valutazioni di oggi sono comparabili, ma sottolinea che i mercati sono più sani con meno leva finanziaria utilizzata dagli investitori più speculativi e una maggior proporzione di capitale istituzionale. Nonostante i venti contrari che colpiscono alcuni settori, conclude l’analisi di Anand, la più ampia storia di crescita della Cina è ininterrotta, e le sacche di valore continueranno a diffondersi man mano che emergeranno nuove opportunità.

Amundi: la forza della Cina non si misura solo con la crescita del Pil

Secondo Amundi il Pil, che comunque Pechino vuol raddoppiare entro il 2035, non è più l’unico pilastro della politica cinese, che punta a un benessere diffuso e a un sistema finanziario e creditizio più aperto e efficiente

Verso una prosperità diffusa 

 

 9 Settembre 2021 – 14:25
 

Per costruire un grande Paese socialista moderno entro il 2049, la Cina continua a puntare sulla crescita del PIL, che intende raddoppiare entro il 2035, ma nel quadro di una politica che poggia su altri due pilastri, ricchezza diffusa e modernizzazione del sistema finanziario nel segno dell’apertura e dell’efficienza. Lo sottolinea un commento firmato da Monica Defend, Global Head of Research, e Alessia Berardi, Head of Emerging Macro and Strategy Research, entrambe di Amundi, dal titolo “Cina: i tre pilastri per conseguire una prosperità comune”.

CRESCITA DESTINATA A RALLENTARE

Secondo le due esperte di Amundi, l’obiettivo di raddoppiare il PIL implica che il tasso di crescita diventerà progressivamente più basso nei prossimi vent’anni, passando dal 5,5% al 4% annuo, ma con una crescita di maggiore qualità, che significa investire nel capitale umano, con una popolazione che, secondo le stime della stessa Amundi, raggiungerà il picco nel 2026. Il secondo pilastro è la diffusione della ricchezza, con un aumento del reddito medio attraverso la redistribuzione del gettito fiscale, una riduzione degli squilibri urbani-rurali e regionali e un rafforzamento delle normative, come antimonopolio e anticorruzione.

CREDITO E MERCATO FINANZIARIO PIÙ EFFICIENTI

Il terzo pilastro individuato da Defend e Berardi, è lo sviluppo di un meccanismo di credito più efficiente e di un mercato finanziario aperto, indispensabile disinnescare i rischi finanziari. Secondo le due esperte di Amundi i primi passi sono già visibili nel numero crescente di default: le grandi imprese statali stanno facendo notizia sui media e stanno mettendo a dura prova l’agenda di derisking finanziario. Il modo in cui Pechino gestirà le aziende statali in grave difficoltà, dove il rischio potrebbe arrivare a livelli sistemici, “rivelerà il reale impegno del governo nei confronti della sua agenda e la sua tolleranza al rischio.”

SEGNALI DI RALLENTAMENTO A LUGLIO

I dati di luglio hanno già indicato un rallentamento dell’economia, con produzione, consumi e investimenti deludenti. Tra le principali cause le esperte di Amundi indicano il tapering generalizzato e l’inasprimento a livello settoriale, mentre si è registrato anche un forte calo degli indicatori immobiliari con gli investimenti cresciuti sotto il 5% per la prima volta da aprile 2020. I rischi legati alla variante Delta sono probabilmente diventati più visibili nei consumi di agosto, per cui Amundi ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita nel terzo e quarto trimestre portandole dal 7%/5,1% al 6,4%/4,7%, mentre le stime sull’intero anno sono state ridotte e portate dal 9,6%-9,2% all’8,4%-9,0%, ma la crescita attesa nel 2022 resta invariata al 5,1%-5,7%.

POLITICA FISCALE E DEL CREDITO ACCOMODANTE

Secondo l’analisi di Amundi inoltre la politica diventerà più accomodante proprio alla luce del rallentamento e dei rischi d’inflazione, con la previsione di un allentamento sia del credito che fiscale, mentre anche la Banca centrale dovrebbe mantenere un atteggiamento accomodante sulla liquidità senza tagliare i tassi di interesse, che ora come ora non sarebbe molto utile se il controllo sulle linee di credito rimarrà rigoroso. Il razionamento top-down del credito e l’inasprimento a livello settoriale sono stati i problemi principali. I fondi sono andati sul manifatturiero, ma non è bastato a compensare il rallentamento di infrastrutture e immobiliare.

CREDITO PER LA TRANSIZIONE VERDE

Le due esperte di Amundi citano in conclusione della loro analisi anche la transizione verde, che in termini di emissioni di carbonio raggiungerà il vertice nel 2030 con una canalizzazione più efficiente del credito. L’apertura della Cina, sottolineano Defend e Berardi, deve essere garantita attraverso una catena di fornitura indipendente e un mercato finanziario sempre più rilevante dal punto di vista globale, con la Nuova Via della Seta e l’internazionalizzazione del renminbi.

È boom per il primo fondo cinese di BlackRock, la raccolta supera il miliardo

La grande casa americana ha convinto in pochi giorni oltre centomila risparmiatori cinesi con il primo fondo autorizzato di un gestore straniero. Altri big sono pronti a seguire l’esempio

Pietra miliare 

 

 di Virgilio Chelli  8 Settembre 2021 – 12:44
 

I timori di molti sulle prospettive di investimento in Cina, dovuti alla stretta regolatoria che ha interessato soprattutto il settore tecnologico, e alle preoccupazioni di un rallentamento dell’economia rispetto al ritmo eccezionale degli ultimi 20 anni, non sembrano condivisi da molte grandi case globali, che continuano invece a vedere nel grande mercato della superpotenza asiatica il principale terreno di crescita a livello globale. L’ultimo esempio arriva da BlackRock, il colosso americano dell’asset management, che ha raccolto circa un miliardo di dollari per il primo fondo in assoluto gestito da una casa estera e destinato alla sottoscrizione di investitori individuali cinesi. Il WSJ ha definite il lancio del fondo una ‘pietra miliare globale’ nel cammino delle grandi case d’investimento per la conquista dello sterminato mercato del risparmio cinese.

L’APERTURA DI PECHINO AL MERCATO

Il governo di Pechino già dal 2020 ha intrapreso un percorso di apertura del mercato del risparmio interno ai grandi operatori internazionali, nell’ambito di una politica più generale di ammodernamento e di diffusione di strumenti di investimento a favore di una classe media sempre più vasta e con disponibilità di reddito da investire. BlackRock è la prima a beneficiare degli accordi stretti da Pechino con Washington ottenendo la piena approvazione per la vendita a residenti cinesi dei propri prodotti di investimento.

RAGGIUNTE 110.000 SOTTOSCRIZIONI IN 5 GIORNI

Il fondo si chiama BlackRock China New Horizon Mixed Securities Investment Fund e ha già ricevuto ben 111.000 richieste di sottoscrizione da parte di investitori individuali cinesi dopo soli cinque giorni di marketing, ed allocherà tra il 60% e il 95% della raccolta in titoli azionari e depositary receipt in settori che spaziano dalle nuove fonti energetiche, ai consumi, all’economia digitale, all’healthcare, all’educazione, fino al manifatturiero avanzato. BlackRock intende far leva sulla propria expertise globale sia negli strumenti di investimento passive, in cui è leader mondiale con le sue A-shares, sia nelle gestioni attive e nel risk management. Il WSJ prevede che molte altre grandi firme globali seguano presto la strada di BlackRock. Fidelity International ha già ottenuto l’approvazione preliminare da Pechino il mese scorso, mentre Neuberger Berman e VanEck sono già ad uno stadio avanzato delle procedure regolatorie. Anche Amundi e Schroders, inoltre, hanno già chiuso accordi per sbarcare sul ricco mercato del risparmio cinese.

ERA SBARCATA A SHANGHAI NEL 2017

BlackRock è dovuta passare al vaglio di una serie di approvazioni, con check regolatori che hanno compreso anche le procedure di nomina degli executive locali, ispezioni e controlli nei propri uffici cinesi e limitazioni all’operatività delle attività private di gestione del risparmio. BlackRock era stata tra le primissime grandi case ad aprire attività di gestione a Shanghai nel 2017 e a iniziare a vendere prodotti di wealth management in Cina l’anno successivo. La normativa cinese impone una rigida separazione tra la gestione del risparmio a livello privato e l’offerta di prodotti al pubblico indifferenziato dei risparmiatori, e BlackRock preferisce puntare sul secondo mercato, per le sue grandissime potenzialità.

PRESENTE ANCHE NEL WEALTH MANAGEMENT

La grande casa americana non rinuncia ovviamente al ricco mercato dei fondi private e del wealth management, che in Cina continuerà a presidiare in modo indiretto. Appena due giorni dopo l’inizio del marketing del nuovo fondo destinato al grande pubblico dei risparmiatori, BlackRock ha infatti iniziato anche a vendere il primo fondo di wealth management in joint venture con la China Construction Bank e con la Temasek Holdings di Singapore.

AGGIORNAMENTO 1 SETTEMBRE 2021

INDICE CINA 15239

vedi aggiornamenti precedenti

Tiene il fondo del Box 14500-15600-17500

Tiene il doppio minimo a 14529– 15967 – 14680 del 20 Agosto 2021

Nuovo riappoggio area 14500 – 14639 30 Agosto 2021 14569 31 Agosto 2021

Dopo il forte up trend 13048 – 20500 l’Indice Cinese è sceso a un minimo di 16500 da cui  rimbalzo a 18500 e successiva forte discesa area 14500 .14500 è un livello estremamente importante per l’Indice Cinese perchè  fu il minimo che fece proprio dal top a 16500 (13048-16500-14500)  per poi arrivare a 20500.

Quindi un livello di estrema importanza per il Trend di questo importante Indice Asiatico

Inflazione Cina: prezzi al consumo +0,8%, prezzi produzione a record in 13 anni con boom +9,5%

Nel mese di agosto l’inflazione della Cina misurata dall’indice dei prezzi al consumo è salita dello 0,8%, su base annua, meno del rialzo dell’1% atteso e contro il +1% del mese precedente. Su base mensile, il dato è avanzato dello 0,1%.Diffuso anche l’indice dei prezzi alla produzione, volato su base annua del 9,5%, al record degli ultimi 13 anni, come a luglio, e più del +9% stimato dagli analisti. Su base mensile, il dato è aumentato dello 0,7%.

expected 9.0% y/y, prior 9.0%

Alibaba segue direttive Xi Jinping, 100 miliardi di yuan entro 2025 per ‘prosperità comune’

Alla borsa di Hong Kong il titolo di Alibaba è arrivato a cedere più del 3%, dopo aver annunciato, come avevano fatto in precedenza Tencent e Geely Automobiles tra le altre aziende cinesi, che investirà 100 miliardi di yuan (l’equivalente di $15,5 miliardi) entro il 2025, a sostegno della “prosperità comune”, allineandosi dunque all’iniziativa lanciata dal presidente cinese Xi Jinping per combattere le diseguaglianze presenti in Cina.

AGGIORNAMENTO 31 AGOSTO 2021

INDICE CINA 14569

CINA

vedi aggiornamenti precedenti

Tiene il fondo del Box 14500-15600-17500

Tiene il doppio minimo a 14529– 15967 – 14680 del 20 Agosto 2021

Nuovo riappoggio area 14500 – 14639 30 Agosto 2021 14569 31 Agosto 2021

Dopo il forte up trend 13048 – 20500 l’Indice Cinese è sceso a un minimo di 16500 da cui  rimbalzo a 18500 e successiva forte discesa area 14500 .14500 è un livello estremamente importante per l’Indice Cinese perchè  fu il minimo che fece proprio dal top a 16500 (13048-16500-14500)  per poi arrivare a 20500.

Quindi un livello di estrema importanza per il Trend di questo importante Indice Asiatico

Cina, Pechino mette nel mirino 11 società taxi privato: colpita Didi, la Uber cinese

Nuovo attacco di Pechino contro i titani cinesi dell’hi-tech: questa volta, nel mirino, ci sono 11 società attive nel comparto dei taxi privati, come Didi (nota anche come Uber cinese) T3 and Meituan.

Le 11 aziende sono state convocate con la richiesta di rettificare il loro comportamento illegale.

In particolare il ministero dei Trasporti, insieme ad altre autorità che includono la Cyberspace Administration of China e l’Amministrazione statale per la supervisione dei mercati, hanno interrogato congiuntamente le società.

L’accusa contro i gruppi, nello specifico, è di aver ingaggiato conducenti e utilizzato vetture non in regola:

“Richiediamo che queste piattaforme controllino i loro problemi, rettifichino comportamente illegali, salvaguardino i principi del mercato relativi alla giusta concorrenza, creino un contesto solido per lo sviluppo sano dell’industria dei taxi privati (ride-hailing)”, ha comunicato il ministero dei Trasporti, stando a quanto riportato dalla Cnbc.

Ipo cinesi a Wall Street, alert ‘delisting di massa nel giro di qualche mese’. Guerra Cina contro titani hi-tech, si rischia fuga da New York

In un momento in cui Pechino si sta mostrando sempre più determinata nel giro di vite contro le aziende della corporate China, c’è chi paventa ora un delisting di massa da parte di quei titani cinesi quotati a Wall Street, che portano i nomi di Alibaba, Tencent, Baidu, Meituan, JD.com.

D’altronde, la battaglia lanciata contro i grandi nomi hi-tech continua e gli effetti sulla borsa di Hong Kong e sugli ETF che replicano le azioni coinvolte sono sotto gli occhi di tutti.

Ipo a Wall Street e non solo, Pechino tarpa le ali ad aziende cinesi

Soltanto in un mese, il titolo Alibaba ha ceduto il 15% e l’ETF Invesco Golden Dragon China ETF (PGJ) – che monitora i titoli delle società cinesi quotate negli Stati Uniti, ADR di aziende che hanno i loro quartieri generali in Cina – ha perso in questo trimestre il 26%.E che dire di Tencent, che ha incassato la definizione di titolo peggiore del mondo? O delle persecuzioni che hanno ossessionato Didi, l’Uber cinese?Le ultime indiscrezioni sull’intenzione delle autorità di Pechino di continuare a tarpare le ali ai gruppi con velleità di espansione sono arrivate venerdì scorso con un articolo del Wall Street Journal, che ha riferito che Pechino starebbe valutando l’opzione di varare nuove regole per imporre limitazioni alle società cinesi che vogliano lanciare un’Ipo a Wall Street.Le autorità starebbero prendendo di mira, in particolare, le aziende tecnologiche che detengono i dati degli utenti, mentre si salverebbero le società il cui business è meno dipendente dai dati, come le farmaceutiche. All’inizio della settimana scorsa, l’autorità cinese preposta alla sicurezza cibernetica aveva illustrato già due impianti normativi che le società che desiderino quotarsi a Wall Street dovrebbero rispettare: il primo, rappresentato dalle leggi e normative nazionali, il secondo, comprensivo di tutte quelle norme emanate per garantire la sicurezza della rete nazionale, “l’infrastruttura cruciale che supporta l’informazione” e i dati personali, ovvero, sostanzialmente, la privacy.Le nuove regole di cui parla il WSJ non sono state ancora finalizzate e potrebbero diventare esecutive nel quarto trimestre.Ma non è certo solo la Cina a temere lo sbarco alla borsa Usa delle sue aziende. A guardare con sospetto alle Ipo è anche la Sec, che ha diramato nuovi parametri di trasparenza dopo che il mese scorso il presidente della Sec Gary Gensler aveva invocato una “pausa” nelle Ipo delle società cinesi a Wall Street.La trasparenza richiesta è, in particolare, sull’utilizzo, da parte delle aziende made in China, di quei veicoli offshore conosciuti come variable interest entities (VIEs).Sempre Gensler, in un’intervista rilasciata a Bloomberg, ha detto che le stesse società cinesi già quotate in Usa dovrebbero informare meglio gli investitori sui rischi legati alla politica e alle nuove norme in canrtiere in Cina.Non per niente diverse società cinesi quotate alla borsa Usa come Alibaba e Baidu hanno deciso di sbarcare anche a Hong Kong proprio per calmierare i rischi presenti nel mercato degli States.

Allarme delisting di massa: il precedente c’è

La situazione è tale che un articolo del Guardian ha lanciato l’allarme delisting di massa.“Gli investitori temono una potenziale ondata di delisting di queste compagnie cinesi dai mercati Usa, in caso di prosecuzione del giro di vite globale”, si legge nell’articolo, che riporta le opinioni degli esperti.Gli investitori sono, di fatto, sempre più pessimisti: basti pensare al sell off che ha colpito le azioni cinesi del Nasdaq Golden Dragon Index – che monitora le società cinesi quotate a Wall Street -, che si è tradotto in un tonfo dell’indice di quasi -50% dal mese di febbraio.Il delisting di massa “non è solo possibile, è probabile – ha detto Jay Ritter, professore presso il Warrington College of Business dell’Università della Florida, aggiungendo che la fuga potrebbero verificarsi in massa “nell’arco di qualche mese”, con conseguenze che andrebbero a colpire il trading e il sentiment di tutti i mercati azionari globali.“In generale, questi effetti domino non sono mai positivi perchè producono conseguenze involontarie”, ha concordato John Byrne, analista di GlobalData.E non sarebbe neanche il primo delisting di massa da parte di società cinesi quotate a New York.Dieci anni fa circa, più di 100 società cinesi furono rimosse dai listini azionari Usa dopo che alcuni scandali contabili resero necessari ulteriori controlli in Usa, provocando il calo dei titoli.“Quando i prezzi scesero, alcune di quelle società (cinesi) decisero che la convenienza a rimanere quotate nel Nord America non era più alta come lo era stata in precedenza, e optarono di conseguenza per il delisting invece di quotarsi di nuovo in Cina. Dunque, i precedenti ci sono”, ha spiegato Ritter, conociuto anche come “Mister Ipo”.In gioco ci sarebbero ben $2,1 trilioni, come emerge dall’agenzia governativa Usa United States-China Economic and Security Review Commission, che ha calcolato in 248 le società cinesi, di un valore per l’appunto superiore ai $2 trilioni, quotate alla borsa Usa nel mese di maggio.Sebbene la cifra impallidisca rispetto alla capitalizzazione dell’intero mercato azionario Usa, pari a $46 trilioni, l’impatto potenziale potrebbe essere enorme

AGGIORNAMENTO 25 AGOSTO 2021

INDICE CINA 15354

vedi aggiornamenti precedenti

Tiene il fondo del Box 14500-15600-17500

Tiene il doppio minimo a 14529– 15967 – 14680 del 20 Agosto 2021

Dopo il forte up trend 13048 – 20500 minimo a 16500 con rimbalzo a 18500 e successiva forte discesa area 14500 che come dicevamo è un livello estremamente importante per l’Indice Cinese

Cina: profitti industriali +16,4% a/a a luglio, boom +57,3% YTD

Nel mese di luglio i profitti industriali della Cina sono saliti del 16,4% su base annua, portando la crescita da inizio anno a +57,3%. L’incremento si è ridotto comunque da giugno quando la crescita su base annua era stata pari a +20% su base annua e pari a +66,9% da inizio anno.

AGGIORNAMENTO 23 AGOSTO 2021

INDICE CINA 15075

vedi aggiornamenti precedenti

Tiene il fondo del Box 14500-15600-17500

Tiene il doppio minimo a 14529– 15967 – 14680 del 20 Agosto 2021

Dopo il forte up trend 13048 – 20500 minimo a 16500 con rimbalzo a 18500 e successiva forte discesa area 14500 che come dicevamo è un livello estremamente importante per l’Indice Cinese

AGGIORNAMENTO 20 AGOSTO 2021

INDICE CINA 14680

Dopo il cedimento del Box 17500-20500 è stato raggiunto il target ribassista di questo box che era 14500 , da cui rimbalzo non completo a pullback precedente minimo a 16500 con top a 15967 e nuovo ritorno sul minimo o quasi a 14680

Box di riferimento ora 14500-15600-17500 , la tenuta di area 14500 è molto importante per l’Indice Cinese.

INDICE CINA 14529<–27-07-2021

AGGIORNAMENTO 10 AGOSTO 2021

INDICE CINA 15967

vedi precedenti aggiornamenti

Chissà che dal minimo di 14500 non possa partire un movimento da +10000 punti 14500-24500.Sarà sicuramente importante superare 16500 minimo precedente a 14529 e sopratutto rientrare nel ceduto box 17500-20500 per avere delle conferme di un 14500-24500. Vedremo

INDICE CINA 15660<–29-07-2021

INDICE CINA 14529<–27-07-2021

Fondo Box 14500-17500 raggiunto 27-07-2021

AGGIORNAMENTO 9 AGOSTO 2021

INDICE CINA 15750

Chissà che dal minimo di 14500 non possa partire un movimento da +10000 punti 14500-24500.Sarà sicuramente importante superare 16500 minimo precedente a 14529 e sopratutto rientrare nel ceduto box 17500-20500 per avere delle conferme di un 14500-24500. Vedremo

INDICE CINA 15660<–29-07-2021

INDICE CINA 14529<–27-07-2021

Fondo Box 14500-17500 raggiunto 27-07-2021

AGGIORNAMENTO 2 AGOSTO 2021

INDICE CINA 15467

Chissà che dal minimo di 14500 non possa partire un movimento da +10000 punti 14500-24500.Sarà sicuramente importante superare 16500 minimo precedente a 14529 e sopratutto rientrare nel ceduto box 17500-20500 per avere delle conferme di un 14500-24500. Vedremo

INDICE CINA 15660<–29-07-2021

INDICE CINA 14529<–27-07-2021

Fondo Box 14500-17500 raggiunto 27-07-2021

AllianceBernstein: forte potenziale inespresso nell’azionario emergente

Laurent Saltiel, Chief Investment Officer, e Sergey Davalchenko, Portfolio Manager —Emerging Markets Growth di AllianceBernstein, segnalano i trend delle nuove tecnologie, della sanità e della transizione verde

Valutazioni interessanti 

 

 di Virgilio Chelli  25 Agosto 2021 – 8:00
 

Da sempre i Paesi Emergenti fanno affidamento su cicli delle materie prime e produzioni a basso costo per una crescita trainata dalle esportazioni, ma un’ondata di innovazioni aziendali sta cambiando la situazione, alimentando la crescita dall’interno e fornendo agli investitori azionari opportunità sostenibili di alta qualità. Oggi grandi paesi come India e Brasile stentano ancora a contenere la diffusione del Covid-19 e da inizio anno a giugno l’indice MSCI Emerging Markets ha guadagnato solo il 6,5%, sottoperformando il resto del mondo, con i risultati delle azioni growth persino peggiori. Ma con il miglioramento delle prospettive degli utili, tre potenti trend a lungo termine, sostenuti dall’innovazione, stanno creando opportunità di crescita destinate a persistere oltre la pandemia.

STRAORDINARIO TREND DI CRESCITA

Lo sostiene un’analisi di Laurent Saltiel, Chief Investment Officer, e Sergey Davalchenko, Portfolio Manager —Emerging Markets Growth di AllianceBernstein, che individua nelle nuove tecnologie, nell’evoluzione del settore sanitario e nelle tecnologie verdi destinate anche ai mercati esteri i tre driver della crescita futura. Oggi le imprese tecnologiche e incentrate su Internet costituiscono il 40% del benchmark dei mercati emergenti, in aumento da appena l’11% a dicembre 2007, per cui gli esperti di AllianceBernstein pensano che lo straordinario trend di crescita della tecnologia dei mercati emergenti sia solo all’inizio, con una nuova ondata che non riguarda solo le esportazioni ma anche i mercati interni.

OPPORTUNITÀ IN CINA, COREA, INDIA E RUSSIA

Non c’è solo la Cina, ma anche l’India, la Corea del Sud o la Russia. AllianceBernstein cita la polacca Allegro, portale di shopping online con una quota di mercato locale del 33%, che la colloca davanti a concorrenti come Amazon, mentre sottolinea che l’India e uno dei mercati in più rapida crescita per la tecnologia finanziaria, come nel caso di HDFC Bank. Altro esempio di crescita potenziale è il mercato del lavoro russo, alle prese con un problema di capitale umano, dove l’azienda HeadHunter aiuta i datori di lavoro a risolvere il dilemma demografico ed è leader in un mercato che offre ampi margini di crescita futura.

TREND SANITARIO ACCELERATO DALLA PANDEMIA

Il trend sanitario è stato accelerato dalla pandemia anche nei mercati emergenti. La sanità cinese ha subito una trasformazione accelerata nel 2020, con la rapida adozione di innovazioni che ha spianato la strada alla crescita futura, come nel caso del boom delle farmacie online, un settore che vale 53 miliardi di dollari e Credit Suisse prevede che supererà i 300 miliardi entro il 2030. Anche i consulti medici online in Cina si sono moltiplicati con la pandemia che ne ha evidenziato i benefici e le efficienze. In questo settore AllianceBernstein cita aziende quali Alibaba Health Information e JD Health, ben posizionate per promuovere una più ampia diffusione dell’innovazione sanitaria nel post-pandemia.

TECNOLOGIE VERDI PER IL MERCATO INTERNO E ESTERO

Infine il trend della tecnologia verde destinata sia ai mercati interni che esteri. AllianceBernstein si aspetta una spesa di oltre 2.000 miliardi di dollari in progetti a basse emissioni di carbonio soltanto nei mercati emergenti nei prossimi 20 anni. Poi c’è la tecnologia avanzata delle batterie destinate ai veicoli elettrici, che proviene da Corea del Sud e Cina. Oggi il 30% circa del costo di un’auto elettrica è rappresentato dalla batteria, ma i rapidi progressi tecnologici stanno riducendo rapidamente i costi e supportando la domanda, e secondo AllianceBernstein nel giro di due o tre anni le auto elettriche potrebbero costare quanto quelle con motore a combustione interna.

TRATTAMENTO DEI RIFIUTI INDUSTRIALI E MEDICI

Un altro mercato in espansione scaturito dal trend ambientalista, è il trattamento dei rifiuti industriali e medici, la cui domanda è in aumento, mentre emergono anche opportunità per rimediare a precedenti danni ambientali. AllianceBernstein cita al proposito Sunny Friend Environmental Technology, azienda taiwanese affermata e leader del segmento che ha esteso le sue operazioni alla Cina continentale.

OTTIMO MOMENTO PER PROFITTARE DI VALUTAZIONI BASSE

A conclusione della loro analisi, gli esperti di AllianceBernstein citano le valutazioni, che nei mercati emergenti sono interessanti, con molti titoli azionari che presentano una qualità superiore, crescita più sostenibile e spesso valutazioni meno onerose rispetto agli omologhi dei mercati sviluppati. In generale, le azioni emergenti sono scambiate attualmente a uno sconto di quasi il 30% rispetto a quelle dei mercati sviluppati. Un clima di fiducia ancora debole offusca alcuni trend di crescita entusiasmanti, e secondo l’analisi di AllianceBernstein questo è un ottimo momento per acquistare azioni che dovrebbero beneficiare di sviluppi favorevoli a lungo termine.

NIO e Xpeng affondano in Borsa. Nuovo warning SEC sui rischi di investire in società cinesi quotate a Wall Street

Avvertimento del presidente della Securities and Exchange Commission (SEC), Gary Gensler, agli investitori USA circa il forte rischio legato agli investimenti in azioni cinesi. Gensler ha detto lunedì in un videomessaggio che ci sono molte cose che gli investitori americani non sanno su alcune società cinesi quotate negli USA, rimarcando il rischio politico e normativo legato al fatto che “il governo cinese potrebbe, come ha fatto diverse volte di recente, cambiare significativamente le regole nel bel mezzo del gioco”.

La SEC ha bloccato per il momento le IPO di ADR di società cinesi e desidera che gli investitori abbiano maggiori informazioni e Gensler ha ribadito che i funzionari statunitensi devono poter ispezionare gli audit finanziari delle aziende cinesi.

Ieri è stata una giornata di forti vendite in particolare sulle EV stock cinesi (-5,87% per NIO, -6,58% Xpeng e -3,49% Li Auto) che nel 2020 sono state protagoniste di forti rialzi dettati dall’euforia verso il settore delle auto elettriche. Da inizio anno NIO si è svalutata del 27%, mentre Xpeng e Li Auto hanno perso entrambe il 15% circa. Ieri sul sentiment sulle EV stock ha pesato anche il tonfo di oltre il 4% di Tesla in scia all’apertura di un’indagine da parte delle autorità Usa sul sistema Autopilot.

Stretta Cina su colossi internet fa sbandare anche Piazza Affari, Ftse Mib -1%. Oggi focus su discorso Powell

Ancora vendite sui mercati europei che oggi pagano la nuova strtta di Pechino sui colossi internet. I nuovi record toccati ieri da Wall Street passano quindi in secondo piano e le Borse europee oggi segnano cali consistenti, mentre il dollaro sale e i tassi dei Treasury continuano a calare (1,22% il decennale) in attesa di vedere cosa dirà oggi Powell.

Nuova stretta di Pechino sui colossi internet

Il contesto dei mercati resta incerto per via delle preoccupazioni legate alle prospettive dell’economia cinese dopo i dati inferiori alle attese diffusi ieri e la nuova stretta della Cina sul settore internet che ha portato l’indice Hang Seng di Hong Kong a segnare un calo dell’1,8%. Le nuove direttive del regolatore antitrust cinese mirano a vietare la concorrenza sleale limitando al contempo l’uso dei dati degli utenti e hanno determinato un forte calo di alcuni colossi Internet quotati a Hong Kong quali Alibaba, Tencent e JD.com. Lo scorso aprile l’antitrust cinese aveva comminato una multa record da 2,8 mld di dollari ad Alibaba per abuso della sua posizione dominante.

Sullo sfondo il nuovo picco mondiale di infezioni da COVID-19 guidato dalla variante Delta e il suo potenziale impatto sull’economia globale. La preoccupazione degli investitori si sta quindi spostando dall’inflazione alla crescita a livello globale.

Ciclici e banche in coda al Ftse Mib 

Piazza Affari si accoda così all’umore negativo dei mercati. Il Ftse Mib, reduce dal -0,76% della vigilia, è arrivato a cedere l’1% circa e ora segna -0,89% a quota 26.213 punti. Si conferma oggi la debolezza dei ciclici con oltre -1% per Stellantis, Leonardo, ENI, Saipem e Tenaris. Male anche le banche (-1,10% Unicredit e -1,07% Intesa). Calo meno marcato per Banco BPM (-0,4%) su cui KBW ha alzato il rating a market perform.

In flessione anche Atlantia (-1,14% a 15,54 euro) dopo che la società ha annunciato la cessione dell’intera quota pari al 17,21% del capitale e dei diritti di voto detenuta dalla propria controllata Autostrade Portugal nella concessionaria portoghese Lusoponte per un controvalore complessivo di 55,7 milioni di euro.

Attesa per parole Powell, tapering si avvicina

Oggi focus sul discorso del presidente della Fed, Jerome Powell, con il consensus all’interno del board della banca centrale Usa che è sempre più verso un avvio del tapering (riduzione degli acquisti di asset) già in autunno. Il presidente della Fed di Boston, Eric Rosengren, si è espresso in tal senso e secondo quanto riporta il Wall Street Journal i funzionari della Fed stanno valutando di concludere gli acquisti di asset entro la metà del 2022, se la ripresa economica continuerà.

Il calendario macro oggi prevede la stima preliminare del Pil della zona euro per il secondo trimestre 2021. Per gli Stati Uniti sono diversi gli appuntamenti da cerchiare in rosso in agenda. A cominciare dalle vendite al dettaglio anticipate, segue la produzione industriale e la fiducia dei costruttori Nahb.

Oltreoceano da monitorare anche i riscontri che arriveranno prima dell’apertura del mercato dai conti trimestrali di Home Depot e Walmart.

Robeco: tre settori per investire nella decarbonizzazione cinese

Jie Lu, Head of Investments China di Robeco, vede opportunità in Cina nel percorso di abbandono del carbone, nella crescita della mobilità elettrica e nelle nuove reti e nelle tecnologie di stoccaggio dell’energia

 14 Agosto 2021 – 9:30
 

La promessa della Cina di raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2060 rappresenta probabilmente il più importante impegno sul clima preso da qualsiasi paese finora. La Cina è di gran lunga il più grande emittente di CO2 al mondo, e spostarsi verso la neutralità del carbonio richiede sforzi enormi, sia nel settore pubblico che privato, soprattutto in settori come le rinnovabili, l’elettrificazione, il trasporto merci e la produzione di energia nucleare. E’ un obiettivo strategico ambizioso ma a lungo termine.

UNO SFORZO COMBINATO IN TRE DIREZIONI

Secondo l’analisi di Jie Lu, Head of Investments China di Robeco, il cambiamento richiederà uno sforzo combinato in tre direzioni. La prima è lo spostamento nel mix produttivo dall’uso intensivo di carbone, in linea con l’evoluzione dell’economia verso i servizi. La quota di attività industriale sul PIL è già diminuita dal 46% del 2006 al 40% degli ultimi anni, mentre i servizi nel 2018 rappresentavano il 52% del PIL. Questo cambiamento, coerente con le economie più avanzate, contribuirà automaticamente a ridurre le emissioni. Infatti, l’intensità di carbonio della Cina è in costante diminuzione dalla metà degli anni 2000.

CAMBIAMENTO DEL MIX ENERGETICO

La secondo direzione indicata da Lu è il cambiamento nel mix energetico, dove il carbonio rappresenta ancora più del 60%, nonostante i notevoli investimenti in idrogeno, eolico e solare, che dovranno aumentare molto la loro quota. Infine, la Cina ha veramente bisogno di un piano di compensazione del carbonio attraverso la riforestazione e la cattura del carbonio che giocheranno ruoli chiave perché, anche con radicali riduzioni di emissioni, è improbabile raggiungere la decarbonizzazione senza compensazioni.

PIÙ OPPORTUNITÀ CHE RISCHI PER GLI INVESTITORI

L’esperto di Robeco sottolinea che molti settori saranno interessati, e che per gli investitori si presenteranno più opportunità che rischi. Il primo tema su cui concentrarsi è quello delle rinnovabili, che entro il 2030 dovrebbero raggiungere il 30% del mix energetico, con un rapido incremento di capacità eolica e solare, i cui costi sono già diventati estremamente competitivi rispetto all’energia generata dal carbone, anche senza sovvenzioni. Dopo un decennio di sovvenzioni massicce, Pechino si è spostata verso un meccanismo più di mercato, indicando che il settore è quasi pronto a stare in piedi da solo.

AUTO ELETTRICA VINCITRICE DELLA TRANSIZIONE

Il secondo tema segnalato da Lu è rappresentato dai veicoli elettrici, che saranno uno dei vincitori della transizione. La Cina ha già un mercato molto più grande di quello europeo e statunitense e già nel 2025 il 20% del totale di auto nuove vendute in Cina, sarà elettrico. Il dominio cinese si espande anche agli e-bus e ai veicoli a due ruote. La Cina dovrà anche finanziare l’espansione dell’infrastruttura di ricarica. Il terzo tema d’investimento è costituito dall’aggiornamento della rete elettrica e dalle tecnologie di stoccaggio dell’energia, che insieme all”idrogeno rappresenteranno una parte significativa degli investimenti totali necessari per la transizione.

GRANDI AMBIZIONI NELL’IDROGENO

Secondo l’esperto di Robeco, le tecnologie complementari come le batterie e l’idrogeno giocheranno probabilmente ruoli chiave. La Cina è già leader mondiale nelle batterie, con il 70% della capacità globale, seguita da Stati Uniti al 13% e Corea del Sud al 7%. La Cina ha anche grandi ambizioni nell’idrogeno con molti progetti in corso e prototipi in parallelo, ed è già diventata il più grande mercato di autobus e camion a celle a combustibile nel mondo. Si stima che avrà un milione di veicoli a idrogeno su strada entro il 2030, e che l’idrogeno rappresenterà fino al 10% nel mix energetico totale.

Cina: boom prezzi alla produzione a luglio, +9% a/a

Sotto la lente in Cina per l’indice dei prezzi alla produzione, termometro – insieme all’indice dei prezzi al consumo – del trend dell’inflazione. A luglio il dato ha registrato un rialzo annuo del 9% contro l’8,8% della passata lettura e delle attese del mercato.

Cina: inflazione a +1% su anno, oltre attese

In arrivo stamattina diversi dati dalla Cina. È stata resa nota l’inflazione cinese misurata dall’indice dei prezzi al consumo che, nel mese di luglio, ha mostrato una crescita su base annua dell’1%, in lieve calo rispetto all’1,1% della passata rilevazione. Il consensus Bloomberg si attendeva un dato pari a +0,8 per cento.

Cina: Pmi servizi (Caixin) balza in avanti a 54,9 a luglio, ben oltre le attese

Balzo inaspettato del terziario in Cina. A luglio l’indice Pmi servizi calcolato dall’istituto Caixin si è attestato a 54,9 punti, dopo che a giugno era scivolato a 50,3 di giugno, il livello più basso in 14 mesi. Gli analisti si aspettavano un indice pressochè stabile e pari a 50,5 punti. “Le società di servizi sono ottimiste – ha commentato Wang Zhe, economista senior di Caixin – (…) Le imprese speravano che l’epidemia rimanga sotto controllo e che la loro capacità produttiva possa riprendersi ulteriormente”. Tuttavia, il recente aumento dei casi di Covid-19 in Cina a partire dalla fine di luglio è destinata a mettere in ombra il settore dei servizi e indebolire le prospettive economiche, con i governi locali che hanno imposto rigorose misure di blocco e quarantena per fermare la diffusione del virus.

Pictet: le azioni cinesi restano ancora attraenti

Gli esperti della storica casa ginevrina ritengono le recenti misure regolatorie ispirate a una visione di lungo termine che si concentra sul rafforzamento del mercato interno. Nessun intento di schiacciare i Big Tech

Niente pessimismo 

 

 di Virgilio Chelli  3 Agosto 2021 – 14:43

Ancora una volta la Cina fa notizia nell’universo emergente, dopo le restrizioni sul settore tecnologico, residenziale e dei trasporti privati, fino alla decisione di rendere “no profit” l’educazione e le piattaforme on-line per lo studio multidisciplinare. Il tutto si è tradotto in forti cali dell’azionario. Pechino di fatto si concentra sul rafforzamento dei mercati interni, con l’implicazione di un “ritorno in patria” di società quotate all’estero, mentre nella tecnologia la questione sembra riguardare più la conformità dei dati che il desiderio di schiacciare l’industria.

NESSUNA INTENZIONE DI OSTEGGIARE INTERNET

Sono alcune delle osservazioni formulate in un’articolata analisi su Cina e Emergenti a cura di Kiran Nandra, Senior Product Specialist per il team Global Emerging Markets Equities e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager, di Pictet Asset Management, secondo cui “è incoraggiante il fatto che Alibaba e Tencent abbiano partecipato al processo di redazione delle misure per la gestione della sicurezza dei dati”. Questo induce gli esperti di Pictet a ritenere che, anziché ostacolare il settore Internet, il legislatore cinese ponga l’enfasi sulle modalità in cui i dati vengono utilizzati e raccolti. Alibaba sembra aver superato la valutazione del regolatore, e gli esperti di Pictet si aspettano che presto lo stesso accada per Tencent.

NON CONDIVISA LA VISIONE PESSIMISTA

Nel breve termine, è probabile un eccesso di regolamentazione, ma nel medio termine gli esperti di Pictet non condividono la visione pessimista della “non investibilità” della Cina, e osservano che spostamenti tettonici o shock offrono sempre delle opportunità. La visione della Cina è descritta come “incredibilmente a lungo termine e strategica” con l’imperativo dell’autosufficienza e della crescita in aree chiave, come intelligenza artificiale, infrastrutture tecnologiche, robotica, veicoli elettrici e rinnovabili, oltre alla sostenibilità delle filiere produttive.

EMERGENTI OCCASIONE DI DIVERSIFICAZIONE

Quanto avvenuto in Cina ricorda ancora una volta la complessità dell’investimento negli asset emergenti e quanto sia necessario ragionare svincolati dai benchmark, per cogliere anche opportunità di diversificazione di portafoglio in contesti complicati. Gli esperti di Pictet segnalano che proprio in coincidenza con la turbolenza cinese altri mercati azionari siano addirittura in positivo, come MessicoRussia ed India. Sul fronte obbligazionario è accaduto molto meno, con perdite marginali sui titoli in valuta forte, valuta locale e crediti Emergenti, mentre i titoli cinesi in Renminbi si sono mossi in positivo.

LA CINA SOMIGLIA DI PIÙ AI MERCATI SVILUPPATI

Questo a conferma che la Cina non ha le caratteristiche tipiche degli Emergenti, con asset più simili a quelli dei mercati sviluppati, dove i bond diversificano rispetto agli asset rischiosi. Gli sviluppi cinesi hanno costituito comunque un ottimo banco di prova per l’approccio del fondo Pictet- Emerging Markets Multi Asset, in cui l’expertise si combina con un rigoroso controllo del rischio. Prima di fare grandi movimenti sul fondo, Pictet attende che si spenga il segnale di risk-off e ritiene che non siamo così lontani.

POSSIBILE PUNTO D’INGRESSO SULL’AZIONARIO

Secondo gli esperti della casa ginevrina non è infatti impossibile che si concretizzi un punto di ingresso addirittura per le azioni cinesi, viste le forti perdite accusate e le ultime notizie di taglio del coefficiente bancario di riserve obbligatorie, oltre agli interventi delle autorità di vigilanza. Spesso è sufficiente un semplice rallentamento del flusso di cattive notizie per stabilizzare i mercati. In conclusione Pictet ritiene di aver superato l’esame, con i meccanismi di difesa che hanno ben funzionato, tenendo fede alla promessa di riduzione del rischio di portafoglio.

Fidelity: azioni cinesi, il sell off è un’opportunità per investire a lungo termine

Fidelity International risponde agli investitori sottolineando che le misure dirette a conseguire una migliore qualità della crescita offriranno nuove opportunità, soprattutto su infrastrutture e semiconduttori

 di Virgilio Chelli  2 Agosto 2021 – 15:21
 

L’intensificarsi di interventi regolatori in diversi settori in Cina ha scosso i mercati, ma il sell off seguito sembra eccessivo e potrebbe anzi creare opportunità per gli investitori in spazi dove la crescita a lungo termine rimane intatta e l’impatto della politica è neutrale, o positivo. Lo sottolinea Paras Anand, Capo degli Investimenti Azionari pan-europei di Fidelity, che risponde così ai timori degli investitori, rilevando che la Cina sta cercando di raggiungere una crescita più equilibrata a lungo termine e di ridurre le disuguaglianze sociali.

CRESCITA DI MAGGIORE QUALITÀ

L’esperto di Fidelity International ritiene che una maggior qualità della crescita offrirà solo migliori opportunità di investimento, e segnala tra le aree più allineate con gli obiettivi a lungo termine del governo l’energia verde, i semiconduttori, le nuove infrastrutture, le catene di fornitura di veicoli elettrici e la produzione di fascia alta. Per quanto riguarda i settori che devono affrontare un maggiore controllo normativo, Fidelity mantiene un approccio bottom up, concentrandosi su aziende con modelli di business più sostenibili o un pricing power più forte, come il settore delle consegne espresse.

INDIVIDUARE VINCITORI E PERDENTI

In ogni caso, una maggior regolamentazione può essere positiva a lungo termine in molti casi, e si deve guardare alle dinamiche specifiche dei settori per identificare vincitori e perdenti. La recente ondata di vendite ha fatto seguito a norme più severe per le società di istruzione come i servizi di tutoring privato. Alcuni investitori hanno visto in queste misure l’arrivo di un possibile giro di vite su un’ampia fascia di industrie cinesi, ma Anand spiega che alcune di queste preoccupazioni sono eccessive e sia necessario metterle in prospettiva.

AIUTARE LE FAMIGLIE

Le misure sono arrivate a sorpresa, ma la questione a cui cercano di rispondere è una preoccupazione ben delineata, vale a dire ridurre gli oneri delle famiglie per contribuire ad aumentare un tasso di natalità in declino. L’istruzione è nota in Cina come una delle “tre grandi montagne“, insieme alla casa e all’assistenza sanitaria, i cui costi crescenti hanno pesato sulle famiglie, e per questo motivo i titoli dell’istruzione, del residenziale e della sanità hanno subito il peso dei sell-off.

PER I BIG TECH IL TEMA È GLOBALE

Per i titoli tecnologici, spiega ancora Anand, la questione è diversa, le aziende cinesi digitali e di internet più grandi e dinamiche sono state sottoposte a un controllo normativo in cui i loro modelli di business, nuovi e in rapida evoluzione, potrebbero averle portate a guadagnare un’enorme influenza economica. Ma questo non è solo il caso della Cina, ma un fattore globale, come dimostrano le recenti azioni di regolamentazione contro le principali aziende tecnologiche e internet negli Stati Uniti e in Europa, secondo Anand.

IL SELL OFF HA CREATO OCCASIONI

Per gli investitori ‘value’ a lungo termine il sell-off, a volte indiscriminato, sta creando buone opportunità per cercare occasioni, secondo l’esperto di Fidelity, soprattutto tra le aziende le cui traiettorie di crescita rimangono intatte. L’obiettivo della recente regolamentazione è promuovere la crescita sostenibile e stimolare l’uguaglianza sociale. Nonostante i venti contrari della politica in alcuni settori, secondo Anand la Cina è sulla buona strada per una crescita del PIL nel prossimo decennio, mentre la classe media dovrebbe continuare a crescere e vedere il potere d’acquisto aumentare con riduzione dei divari di reddito.

Ecco perché molti big non fuggono dalle azioni cinesi ma aumentano gli investimenti

I grandi investitori istituzionali non sono spaventati dalla “stretta” di Pechino ma hanno approfittato degli storni per rafforzare le posizioni. La chiave per capire il mercato cinese è la politica

Capire la politica 

 

 di Virgilio Chelli  2 Agosto 2021 – 8:27

Quando Marco Bellocchio girava “La Cina è vicina” l’attuale superpotenza era percorsa dalle squadre di ragazzini delle Guardie Rosse di Mao impegnate a spazzare via con la Rivoluzione Culturale e metodi abbastanza sanguinari i rimasugli del passato e i carrieristi della politica che si erano fatti strada negli apparati dandosi una verniciata di comunismo. Il film del lontano 1967 parlava poco o nulla del grande paese, usato come spauracchio delle fine che incombeva sui meschini personaggi della provincia italiana impegnati nelle loro personali arrampicate socio-politiche, sbeffeggiati dall’ironia del regista allora neanche trentenne. La Rivoluzione Culturale finì solo nel 1976 con la morte di Mao e l’arresto della Banda dei Quattro che ne aveva prese le redini, lasciando in eredità una devastazione sia economica che umana, con una ventina di milioni di morti ammazzati. Dopo di che Deng prese in mano la situazione avviando la Cina sul sentiero dell’economia “socialista di mercato”, che l’ha portata al rango di seconda superpotenza economica globale rendendola ancora più vicina, ma non nel senso immaginato da Bellocchio.

LA VECCHIA EQUAZIONE DI DENG HA FUNZIONATO

Ora ci risiamo? La stretta regolatoria di Pechino che ha preso di mira soprattutto i Big Tech è l’avvisaglia di una nuova Rivoluzione Culturale 65 anni dopo? Oppure è un’accelerazione sulla strada aperta da Deng per la realizzazione di quel ‘socialismo con caratteristiche cinesi’ da lui inventato e oggi reinterpretato da Xi Jinping? Secondo i critici Xi ha in parte smontato alcune riforme di Deng tornando an maggior controllo della politica e dello Stato in economia. Ma Deng aveva preso in mano un’economia in ginocchio e un paese letteralmente affamato, e quindi un po’ di ‘Far West’ per far ripartire il tutto ci poteva stare. Ora la dimensione economica cinese è cresciuta esponenzialmente, insieme al reddito di centinaia di milioni di persone, e magari qualche regola in più non guasta. A condizione di non far entrare in rotta di collisione le due parole magiche dell’equazione di Deng, vale a dire mercato e socialismo. Potremmo dire che più il secondo termine si allontana dal suo significato ideologico e si avvicina al Social della triade ESG, più siamo sulla strada giusta.

GLI ISTITUZIONALI DANNO CREDITO A PECHINO

Sul fronte di chi dà credito a Pechino ci sono gli investitori istituzionali. Secondo la società di ricercar specializzata in fondi EPFR Global questi hanno infatti colto l’opportunità dello storno dell’azionario cinese per comprare, per la precisione, nella settimana chiusa mercoledì 28 luglio hanno aggiunto 3,6 miliardi di dollari a quanto detenuto in azioni cinesi di cui un dieci per cento in titoli tech. Lo ha riferito a CNBC la stessa EPFR, che è una controllata di Informa Financial Intelligence, che traccia gli investimenti di oltre 134.000 fondi con asset gestiti per quasi 50.000 miliardi di dollari. Di più, la stessa EPFR segnala che di recente le azioni cinesi hanno attratto più investimenti da parte dei fondi di quelle americane, in un rapporto di 10 a 1 sempre nell’arco di una settimana.

MOLTI INVESTITORI USA RIMASTI BULLISH

Anche il WSJ ha riportato che molti investitori USA sono rimasti bullish sulle prospettive di lungo termine dell’azionario cinese nonostante le mosse a sorpresa di Xi Jinping. La motivazione è che semplicemente non si può ignorare la storia di crescita di un’economia in corsa per sorpassare quella americana nel prossimo decennio. Al quadro si aggiunge quanto dichiarato sempre a CNBC da Dan Niles, che gestisce l’Hedge fund Satori della Pennsylvania, che dopo la stretta di Pechino ha ripreso ad acquistare azioni cinesi. Il fatto che siano i professionisti dell’investimento a non scappare dalla Cina, anzi, offre anche un’altra chiave di lettura. Investire a Shanghai o Shenzhen non è come farlo a Wall Street, Londra, Francoforte o Milano, serve un plus di conoscenza non solo del mercato e dei fondamentali societari, ma su come ‘pensa’ e funziona la politica cinese, che non è alla portata del magari anche bravo individual investor.

LA CHIAVE È LA POLITICA CINESE

Per investire in Cina non serve forse sapere il cinese, ma sicuramente serve, come avverte Fidelity International, “imparare la politica cinese”. E i primi a saperlo sembrano proprio i policy makers e i regolatori di Pechino che, secondo quanto riporta ancora il WSJ, hanno cominciato a contattare direttamente e con discrezione gli investitori internazionali spiegando che prima di introdurre e annunciare nuove misure ne valutano attentamente l’impatto di mercato. In particolare il Journal riporta che Fang Xinghai, vice chairman della Securities Regulatory Commission cinese ha parlato direttamente con rappresentanti dei big globali della finanza, come Goldman Sachs e UBS, oltre a investitori istituzionali particolarmente pesanti.

Borsa Tokyo +0,73%. La Cina conferma che continuerà a consentire Ipo a Wall Street. Borsa Hong Kong fin oltre +3%

Borse asiatiche positive: la borsa di Tokyo chiude in rialzo dello 0,73%, ma il focus rimane sulla borsa di Hong Kong, che balza fin oltre il 3% dopo le rassicurazioni arrivate dall’Autorità dei mercati. Borsa hanghai +1,56%, Sidney +0,52%, Seoul +0,18%.In particolare, in occasione di un meeting virtuale, il vicepresidente della China Securities Regulatory Commission (CSRC) Fang Xinghai ha dichiarato che la Cina continuerà a permettere alle società cinesi di quotarsi a Wall Street attraverso le operazioni di Ipo, fino a quando le regole di quotazione vengano centrate.Nelle ultime sessioni, bruschi sell off hanno colpito i titoli dei colossi cinesi quotati negli Stati Uniti come Alibaba e Tencent, sulla scia dei controlli più severi che le autorità di Pechino hanno lanciato sulle società, sia per verificare la sicurezza dei dati che l’adozione di eventuali pratiche monopolistiche.L’indice Hang Seng era capitolato fin oltre l’8% nel giro di due sedute. Oggi è rally per il listino, sulla scia del boom di buy che interessa proprio i titoli più tartassati dalle vendite, come Tencent +9% circa, e Alibaba, oltre +7%.Meituan balza di quasi +10% mentre il sottoindice hi-tech della borsa i Hong Kong, l’ Hang Seng Tech index vola di oltre +7%.I mercati accolgono positivamente anche l’annuncio della Fed che, come da attese, ha lasciato i tassi sui fed funds invariati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%, con il numero uno Jerome Powell che ha tentato nuovamente di frenare le speculazioni su un imminente tapering del QE.

AGGIORNAMENTO 27 LUGLIO 2021 

INDICE CINA 14529

Fondo Box 14500-17500 raggiunto 27-07-2021

Buongiorno c’è poco da aggiungere , la perdita del BOX 17500-20500 , il successivo pullback a 17500 ha confermato che l’indice non è riuscito a rientrare nel BOX arrivando puntuale al target ribassista a 14500 (dei 3000 punti di delta tra 17500-20500) abbastanza deludente l’andamento dell’ Indice Cinese che dopo 13048-20500 è tornato a 14500, certo non aiuta la Guerra Fredda tra USA e CINA e il Presidente Cinese vestito da Mao ancora meno.

INDICE CINA 16909 <–8 Luglio 2021

triplo minimo a 16500/16800 con buon recupero su PIL Cinese dato del 14-07-2020 ma siamo ancora  SOTTO e FUORI dal Box 17500-20500 Box cardine sulla cui importanza non ci ripetiamo

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Borsa Shanghai +1% dopo Pil Cina, borsa Tokyo sconta rumor taglio stime crescita da Bank of Japan

Borse asiatiche contrastate dopo la pubblicazione del Pil della Cina del secondo trimestre. L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso in ribasso, lasciando sul terreno l’1,15%, a 28.279,09 punti; molto bene la borsa di Shanghai, in rialzo dell’1% circa, così come Hong Kong; la borsa di Sidney ha perso lo 0,26%, Seoul ha guadagnato lo 0,62%.

Il prodotto interno lordo della Cina relativo al secondo trimestre dell’anno è cresciuto del 7,9% su base annua, lievemente al di sotto dell’espansione dell’8,1% prevista dagli analisti intervistati da Reuters. Rispetto al primo trimestre del 2021, la crescita del Pil è stata pari a +1,3%, oltre il +1,2% stimato e il +0,6% del rialzo riportato nel primo trimestre, rispetto al quarto trimestre del 2020.

Diffusa dalla Cina una lunga carrellata di dati macro, relativi al mese di giugno: il dato relativo alle vendite al dettaglio è balzato del 12,1% su base annua, più del rialzo dell’11% atteso dagli analisti intervistati da Reuters; la produzione industriale è salita dell’8,3% su base annua, meglio del +7,9% atteso ma in lieve rallentamento rispetto al +8,8% precedente; il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 5%, mentre la disoccupazione giovanile – che si riferisce ai giovani senza lavoro di età compresa tra i 16 e i 24 anni – è balzata al 15,4%, allo stesso livello in cui si trovava nel giugno del 2020. Dall’inizio dell’anno, inoltre, gli investimenti in asset fissi della Cina, esclusi quelli effettuati nel settore rurale, sono saliti del 12,6% su base annua. Il dato è stato migliore del +12,1% atteso ma ha allentato il passo rispetto al precedente balzo del 15,4%.

Occhio anche al tasso di disoccupazione dell’Australia che, nel mese di giugno, è sceso dal 5,1% di maggio al 4,9%, a un livello inferiore rispetto al 5% atteso dagli analisti.

La borsa di Tokyo ha scontato alcuni rumor, secondo cui la Bank of Japan taglierà l’outlook sulla crescita del Pil dell’anno fiscale in corso, a causa delle conseguenze che il nuovo stato di emergenza imposto per l’aumento delle infezioni da Covid-19 avrà sull’economia del paese.

La riunione della BoJ è prevista per la giornata di domani, venerdì 16 luglio.

Ieri Wall Street ha chiuso positiva, grazie ai toni dovish del presidente della Fed Jerome Powell che, in audizione al Congresso, ha ribadito che “continuiamo a prevedere che sarà appropriato mantenere l’attuale range del target sui tassi, fino a quando le condizioni del mercato del lavoro non avranno raggiunto livelli coerenti con il giudizio della Commissione riguardo a quella che è l’occupazione massima, e fino a quando l’inflazione non sarà salita al 2% e non avrà superato in via moderata il 2% per un po’ di tempo”.

Per quanto il miglioramento del tasso di crescita Usa con la riapertura dell’economia sia innegabile, Powell ha fatto notare che il mercato del lavoro ha ancora molta strada da fare, lasciando intendere così l’intenzione della Fed di continuare a sostenere l’economia con la sua politica monetaria accomodante.

Le parole hanno dissipato il taper tantrum, anche se la sessione a Wall Street è stata contrastata: lo S&P 500 è salito dello 0,12% a 4.374,30 punti, mentre il Dow Jones Industrial Average ha guadagnato 44,44 punti a 34.933,23 punti. Il Nasdaq Composite ha invece ritracciato, cedendo lo 0,22% a 14.644,95 punti.

AGGIORNAMENTO 8 LUGLIO 2021 

INDICE CINA 16531

Siamo tornati  SOTTO e FUORI dal Box 17500-20500

Le esternazioni dell’attuale Presidente Cinese , vestito come MAO di sicuro non hanno aiutato 

Restiamo quindi sotto 18000.

all’interno del BOX HFT 8000-18000-28000-38000-48000

all’interno del BOX HFT 8000-10500-20500-30500-40500

E con un top attuale a 20500 per questo Indice da RADICE HFT 048 = 13048

16800 è stato minimo solido come da noi immaginato proprio al suo raggiungimento , ora si tratta di vedere se il rientro nel BOX 17500-20500 sarà confermato consentendo così nuovi massimi in futuro. 

cina

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La Cina alza la voce, ma non può sfidare i mercati: ecco perché

Xi si sente minacciato dalla nuova linea Biden-Ue, ma dimentica che la prosperità odierna la deve soprattutto a mercati e investitori, alla cui fiducia è appeso il futuro di superpotenza

 5 Luglio 2021 – 8:18
 

Nel celebrare i 100 anni del Partito Comunista cinese il presidente Xi Jinping, abbigliato per l’occasione alla Mao, ha giustamente rivendicato l’uscita dalla povertà di centinaia di milioni di persone e la costruzione di una società “moderatamente prospera’” Ma ha anche pensato bene di avvertire il resto del mondo di non provare a “bullizzare” il grande paese perché rischia di sbattere la testa contro un muro d’acciaio forgiato da 1,4 miliardi di cinesi. Si è dimenticato però di ringraziare chi ha reso possibile il miracolo, vale a dire il mercato globale. Prima il mercato dei beni di consumo, che con le esportazioni ha gonfiato all’inverosimile l’avanzo di Pechino con il resto del mondo. E Poi i mercati finanziari, che hanno contribuito in modo decisivo all’afflusso di capitali che ha fatto crescere grandi imprese in tutti i campi, a cominciare dalla tecnologia, fino a metterle in grado di sfidare i colossi americani. Prima dell’ingresso nella WTO a dicembre 2001, l’economia cinese valeva poco più di 1.000 miliardi di dollari l’anno, per la precisione 1.211 miliardi nell’anno 2000, per più che decuplicare in meno di 20 anni a quasi 15.000 miliardi e arrivare a fare quasi il 13% del PIL globale.

AMERICA AVVANTAGGIATA DAL BOOM CINESE

Ad avvantaggiarsi della straordinaria crescita cinese sono stati più di tutti gli americani, che hanno aperto un mercato di sbocco enorme e trovato in Cina una sterminata fabbrica low cost per produrre le componenti dei prodotti high tech con cui inondano il mondo. Come Apple, che dà lavoro direttamente a 150.000 persone, ma ne impiega in Cina un altro quarto di milione, soprattutto nella linea produttiva dell’iPhone. E ora si sta passando dall’industria alla finanza, con le grandi case d’investimento del mondo sviluppato, soprattutto anche qui americane, che sbarcano in Cina per offrire prodotti e servizi di gestione del risparmio al popolo sempre più sterminato della nuova classe media. Il grande sconfitto dell’esplosione economica cinese sembra invece, in una prospettiva storica, soprattutto il Giappone, che si è visto rubare il posto di superpotenza economica asiatica, pagandone il prezzo in termini di crescita del PIL. Il grafico qui sotto visualizza bene il parallelismo tra crescita di USA e Cina e l’impatto sul Sol Levante.

Crescita di USA (verde), Cina (blu) e Giappone (giallo) a confronto secondo i dati della Banca Mondiale
Crescita di USA (verde), Cina (blu) e Giappone (giallo) a confronto secondo i dati della Banca Mondiale

BIDEN HA CAMBIATO LE CARTE IN TAVOLA

Ai giapponesi alla fine va bene così, in calo demografico e ostili all’immigrazione, possono godersi l’alto livello di benessere raggiunto e continuare a fare business sia con i cinesi che con gli americani. A questi ultimi invece va un po’ meno bene, Trump li ha fatti accorgere che il gigante fatto uscire dalla lampada nel 2001, da un Bush Junior scioccato dall’11 settembre e in cerca di puntelli globali per le sue guerre in Iraq e Afganistan, stava diventando una minaccia per la supremazia economica globale americana. Con The Donald, odiato dagli europei, Xi è andato a nozze, prendendo in mano la bandiera del libero scambio globale. Con Biden la storia è diversa, quello isolato è diventato lui, anche se il fronte USA-EU non è un monolite, perché agli europei un ritorno alla cara vecchia globalizzazione, con i cinesi che corrono a comprare le auto di lusso tedesche e l’alta moda italiana e francese, non dispiace certo, ma la sintonia ritrovata con gli USA vale forse di più.

SEGNALI DI NERVOSISMO SUI MERCATI

A Xi invece non piace, così alza la voce, sicuramente più per galvanizzare il fronte interno che per minacciare quello esterno, ma deve stare attento a quello che dice e soprattutto a quello che fa, perché la prima a farsi male potrebbe essere proprio la Cina. Le Borse di Shanghai e Hong Kong hanno accolto i toni aggressivi di Xi con un tonfo del 2%. I mercati sono stati i migliori sponsor del boom cinese, e far solo intravvedere che non ci si può fidare dell’apertura ai capitali internazionali può fare molti danni. Non solo alla Cina, ma anche all’America, i cui colossi hanno bisogno dell’immenso mercato per continuare a crescere. Sembra che in questo complicato puzzle geopolitico la vista più lunga l’abbiano i big di Wall Street insieme ad altri grandi nomi della finanza europea, che non vedono più la Cina come una grande fabbrica low cost ma come uno sbocco importantissimo per investimenti e raccolta di risparmio.

PIÙ BENESSERE IL MIGLIOR VACCINO

Xi Jinping ha giustamente richiamato il merito di aver portato dalla povertà alla prosperità, anche se ancora ‘moderata’, centinaia di milioni di cinesi, per cui la strada maestra è continuare a favorire l’attività economica, fatta sempre più di imprese private competitive, e alimentata dalla fiducia di mercati e investitori. Tra le mille iniziative per celebrare il centenario c’è stata anche una compilation di 100 rapper cinesi, non ammessa all’agenda ufficiale ma che ha impazzato su social e app, dove a un certo punto esplode un ritornello che più o meno dice: “abbiamo i soldi in banca, e i nostri fratelli sono super eccitati … la Cina si sta alzando”. Il benessere sempre più diffuso è il miglior vaccino contro l’isolamento internazionale, ed è un vaccino di cui hanno l’esclusiva investitori e mercati.

BOTTOM LINE

Biden ha alzato il livello del confronto con Pechino dalla guerra dei dazi di Trump al piano politico, e Xi reagisce alzando i toni, per ora solo della voce. Alla fine gli interessi in gioco sono così colossali che non ne può uscire un vincitore e un vinto, come nella Guerra Fredda, ma solo un assetto win-win. Ma il gioco è in mani umane, e può sfuggire di mano. Non al punto da riscrivere il finale, ma abbastanza per provocare qualche turbolenza. Che per l’investitore può rappresentare qualche ghiotta occasione d’ingresso.

Cina: profitti industriali +36,4% a maggio, ‘merito’ del base effect

Nel mese di maggio, i profitti industriali della Cina sono balzati del 36,4% su base annua. Il balzo si spiega con il base effect, ovvero con l’impatto che la pandemia Covid-19 aveva avuto sul dato lo scorso anno. Nel mese di aprile il trend era stato anche migliore, pari a un balzo del 57% su base annua.

AGGIORNAMENTO 16 GIUGNO 2021 

INDICE CINA 17292

cede il supporto 17500 su dati Macro.

ancora sul fondo del Box 17500-20500 dopo averlo ripreso da 16800 con top a 18477 le News di Biden che cerca alleanze in Europa contro la CINA si cominciano a sentire 

GAM: in Cina la crescita dei prezzi può rallentare la ripresa

Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM SGR segnala i ‘campanelli di allarme’ che suonano per la locomotiva asiatica, dove l’azionario ha preso una direzione opposta al mercato globale

 20 Giugno 2021 – 10:00
 

Il mercato azionario cinese si sta muovendo da qualche tempo in controtendenza rispetto ai listini globali, che invece fanno segnare nuovi massimi. Le ragioni sono molte, macroeconomiche e geopolitiche: il dato della produzione industriale a maggio resta a un robusto +8,8% ma non riesce a soddisfare le attese degli investitori che avevano previsto un +9,2%, in rallentamento rispetto al +9,8% di aprile, mentre la Banca centrale da diversi mesi cerca di porre un freno alla crescita indiscriminata del credito, per prevenire il rischio di bolle speculative nel settore immobiliare e nel mercato finanziario, in particolare delle commodity.

FIAMMATA DEI PREZZI DELLE MATERIE PRIME

In un commento titolato non a caso “Chinadown”, Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM SGR, sottolinea anche che la recente fiammata dei prezzi delle materie prime ha indotto le autorità cinesi a correre ai ripari con la consueta “moral suasion” che Pechino mette in campo quando la situazione si fa seria, imponendo a tutte le società controllate dallo Stato un’immediata riduzione delle posizioni finanziarie sui mercati esteri delle commodity, mentre presto la National Food and Strategic Reserves Administration renderà disponibili alle aziende locali parte delle riserve governative di rame, alluminio e zinco.

RICORSO ALLE RISERVE STRATEGICHE

Era dal 2005 che il Governo cinese non metteva mano alle riserve strategiche, deputate esclusivamente a situazioni di emergenza. Evidentemente, rileva Mauri Brusa, l’eventualità che una crescita eccessiva dei prezzi alla produzione possa far deragliare una ripresa economica ancora fragile, deve essere scongiurata a tutti i costi. Anche perché a questo quadro si aggiungono le incertezze relative alle quattro Asset Management Company controllate dal Governo cinese e al destino degli oltre mille miliardi di crediti problematici che hanno in pancia. Da mesi ormai il mercato attende di capire se il Tesoro cinese, azionista di maggioranza di Huarong, interverrà in aiuto della società che ancora non ha depositato il bilancio 2020 e che ha emesso obbligazioni, sia sul mercato domestico che su quello internazionale, per oltre 250 miliardi di dollari.

L’AGGIUNTA DEL FATTORE G7

Infine, l’esperto di GAM SGR cita la recente riunione del G7, diventata la prima offensiva ufficiale dell’era Biden sulla Cina, con sul tavolo gli stessi argomenti portati avanti da Trump: aiuti statali anticoncorrenziali a società private, trasferimenti tecnologici forzati, violazioni della proprietà intellettuale. Un fronte comune fra USA-Europa, sebbene non scontato, non è da escludere, secondo Mauri Brusa, che ritiene probabile che nei prossimi mesi la debolezza del gigante asiatico possa continuare.

EVITARE RISCHIO DERAGLIAMENTO

Per questo, conclude l’analisi dell’esperto di GAM SGR, è fondamentale che l’azione del Governo cinese, finalizzata a limitare gli squilibri presenti in vari segmenti dell’economia, non soffochi la crescita dei consumi e degli investimenti privati, che sono in fase di recupero ma ancora lontani dai livelli pre-pandemia. Il rischio, avverte Mauri Brusa, è che un’azione troppo decisa possa far deragliare la locomotiva asiatica con pesanti conseguenze anche per le economie occidentali.

Cina: rallenta crescita produzione industriale a maggio

Rallenta a maggio la crescita della produzione industriale cinese. Il dato ha mostrato una crescita annua dell’8,8% dal precedente +9,8% (consensus Bloomberg a +9,2%). Su base mensile la produzione ha evidenziato un rialzo del 25,7% dal precedente +29,6% (consensus Bloomberg a +26,3%).

Cina: vendite al dettaglio +12,4% a maggio, ma deludono le attese per secondo mese consecutivo

Nel mese di maggio le vendite al dettaglio della Cina hanno deluso le attese per il secondo mese consecutivo. Il dato è salito del 12,4% su base annua, rispetto al +13,6% atteso dagli analisti e nonostante gli sforzi del governo di Pechino tesi a sostenere le spese per consumi. Rallentamento del dato, che ad aprile era balzato del 17,7%, comunque sempre peggio delle attese.

AGGIORNAMENTO 9 GIUGNO 2021 

INDICE CINA 17838

Torna al momento sotto 18000 su dato Inflazione di Maggio.

INDICE CINA 18477<-TOP 27-05 da 16800

BOX 8000-10500-20500-30500-40500

BOX 800018000-28000-38000-48000

avvenuto rientro nel Box 17500-20500 e >18000 25 Maggio 2021

vedi precedente aggiornamento a 16800

La Cina rischia l’isolamento internazionale sull’origine del Covid nel laboratorio di Wuhan. E l’America di Biden ha una strategia

E’ già partito l’accerchiamento degli USA ai danni della superpotenza cinese. E il dossier pandemia rischia di travolgere anche Xi Jinping.

di , pubblicato il 
Cina a rischio isolamento internazionale

Il G7 in Cornovaglia ha lanciato un messaggio fin troppo chiaro alla Cina di Xi Jinping: l’era dell’appeasement dell’Occidente sta volgendo al termine. Il riferimento al mancato rispetto dei diritti umani e all’esercizio di pratiche contrarie al mercato ha suggellato il cambio di passo delle principali superpotenze della Terra nei confronti di Pechino.

Nelle ultime settimane, è accaduto che l’amministrazione Biden abbia commissionato un’indagine per accertare l’origine del Covid. Alla Casa Bianca, si leva il sospetto che il virus sia uscito dal laboratorio di Wuhan. L’ex presidente Donald Trump lo sostiene praticamente da sempre, ma i media e la politica a Washington avevano optato per non concedergli credito prima delle elezioni presidenziali dello scorso novembre. Adesso, gli stessi scienziati del livello di Anthony Fauci ammettono candidamente che tale teoria sarebbe quantomeno credibile.

Nel frattempo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che fino a qualche mese fa era pappa e ciccia con il regime cinese, lamenta che i suoi funzionari non abbiano avuto accesso alla documentazione e alle informazioni richieste, quando hanno messo piede a Pechino. Una presa di distanza, che conferma quanto stia avvenendo clamorosamente nel dopo-Trump: la Cina è finita nel mirino degli americani. Se fosse accertato – chissà quando e come – che davvero il Covid-19 sia stato frutto di un esperimento finito in tragedia, il resto del mondo pretenderebbe dalla Cina solide spiegazioni, oltre a lauti indennizzi. E la credibilità del regime comunista si sbriciolerebbe.

Cina di Xi sul banco degli imputati

Nel Regno Unito, alcuni osservatori politici sono convinti che il caso sarebbe di tale gravità, che pagherebbe in prima persona proprio Xi.

Il suo potere sarebbe rovesciato ad opera dei silenti oppositori interni. L’America punta ad approfittare della tematica sensibilissima per l’opinione pubblica mondiale, con l’obiettivo di arginare l’ascesa apparentemente inarrestabile della superpotenza cinese. Da qui a pochi anni, il PIL del Dragone supererebbe quello americano. E c’è anche il rischio che lo yuan diventi una valuta di riferimento in Asia, scalzando il dollaro. Con la “Via della Seta”, poi, Pechino sta allungando i suoi tentacoli su una cinquantina di stati tra Asia ed Europa, puntando a soppiantare quella che un tempo fu l’Unione Sovietica nel confronto con Washington.

Ma 3,8 milioni di morti per Covid nel mondo sarebbero fatti pesare sulla Cina. Scartiamo l’ipotesi remota di indennizzi, anche perché la quantificazione dei danni sarebbe enorme e insostenibile per Pechino. Né il regime accetterebbe mai di pagare un solo centesimo, altrimenti riconoscerebbe le proprie responsabilità. Le sanzioni sarebbero di altro tipo: l’isolamento internazionale sul piano diplomatico e persino commerciale. Una strategia che non può essere adottata dalla sera alla mattina. Troppi sono gli intrecci economici ormai consolidati tra Cina e resto del mondo. Vi basti pensare che più della metà delle terre rare nel mondo si producono qui, per cui l’industria dell’elettronica, degli elettrodomestici, etc., rischierebbe una crisi senza precedenti nel caso di chiusura dei mercati. E la carenza di chip di questi mesi segnala quanto grave sia il problema.

L’impatto dell’accerchiamento sull’economia cinese

L’economia cinese è dipendente dalle esportazioni, pur molto meno che in passato. L’attivo commerciale vale circa il 3% del PIL, la metà del periodo precedente la crisi finanziaria del 2008. Ad ogni modo, i bassi consumi interni costringono il regime a continuare a puntare sull’export per crescere. E per farlo, anche lo yuan è tenuto debole contro il dollaro. L’introduzione di barriere doganali (e non) crescenti contro le merci cinesi da parte non solo degli USA, bensì pure dell’Europa, finirebbe per spostare il driver della crescita sulla domanda aggregata domestica.

Tuttavia, gli investimenti pubblici sono già elevatissimi, per cui a compensare il calo della domanda esterna sarebbero i consumi, oggi a meno del 40% del PIL contro il 70% degli USA e il 60% di gran parte delle economie avanzate.

Ma i consumi aumenterebbero solo a seguito di un aumento dei redditi e ciò implicherebbe il rischio di ridurre la produttività del lavoro, abbassando il tasso di crescita del PIL. Servirebbe, quindi, una politica fiscale espansiva, a sua volta sostenuta da una monetaria altrettanto accomodante. In soldoni, spesa in deficit finanziata con bassi tassi d’interesse. Uno scenario del genere deprezzerebbe lo yuan, compensando almeno in parte l’aumento dei dazi sulle merci cinesi. Per contro, la valuta perderebbe appeal e non sarebbe più percepita come un’alternativa prossima al dollaro. E, soprattutto, è sostenibile una banca centrale ancora più espansiva dopo avere incoraggiato già dal 2009 un boom allarmante del debito privato?

Le criticità a cui l’economia cinese andrebbe incontro sarebbe tante e di difficile soluzione. Già oggi, il regime si è visto costretto a permettere anche il terzo figlio per rimediare alla sciagura demografica provocata da decenni di politica del figlio unico. A mettere il dito nella piaga punta l’America, che malgrado i toni più morbidi dell’amministrazione democratica, conserva gli stessi obiettivi di quella repubblicana: colpire la seconda superpotenza mondiale, arrestandone lo sviluppo e relegandola tutt’al più a una forza regionale di tutto rispetto, ma niente affatto temibile sul piano geopolitico, economico, finanziario e militare. Il G7 ha posto le basi per una reazione allo strapotere di Xi. E il dialogo appena avviato con il Cremlino, pur tormentato, serve ad evitare che la Russia finisca nella sfera d’influenza sbagliata. Il “divide et impera” di romana memoria non muore mai.

La nuova alleanza Usa-Europa contro la Cina voluta da Biden

L’America fa poche concessioni a Pechino, ma a differenza di Trump cerca supporto dagli alleati. Intanto sembra rientrata l’aggressività sulle tasse, ma resta il rischio di un errore della Fed

Stefano Caratelli  14 Giugno 2021 – 8:26

Solo poco più di 4 anni fa il leader cinese Xi Jinping dalle nevi del World Economic Forum di Davos ammaliava i leader europei e non come un ‘pifferaio magico’, presentandosi da campione del libero mercato globale, minacciato dal neo-protezionismo pericoloso e potenzialmente guerrafondaio di Donald Trump, che appena insediato alla Casa Bianca aveva dichiarato la ‘guerra dei dazi’ al colosso orientale, ma anche ai tedeschi e perfino agli alleati del Nafta canadesi e messicani. Joe Biden avrebbe dovuto restaurare il mondialismo di Obama inaugurando un ‘vogliamoci bene’ globale su scambi e competizione tecnologica, facendo finalmente pagare ai ricchi americani il costo degli stimoli anti-Covid e persino dando di nuovo via libera ai programmi nucleari dell’Iran. Il quadretto che ci restituisce il G7 in Cornovaglia è decisamente un po’ diverso. Biden non solo non ha fatto pace con Xi, ma lancia accuse ai cinesi di concorrenza sleale che vanno oltre i prezzi stracciati e gli abusi tecnologici, e si spingono alla denuncia del ‘lavoro forzato’, fino alla sfida ‘belt and road’ di Pechino, con il grande piano infrastrutturale globale a guida G7.

PIATTAFORMA PER IL G20 DI ROMA

Un’agenda per ora tracciata solo a grandi linee, che sposta comunque sul piano più alto della politica le rivendicazioni puramente economiche di Trump alla Cina, e che toccherà probabilmente a Mario Draghi trasformare in qualcosa di accettabile anche per i colossi emergenti al G20 di Roma che presiederà a novembre, probabilmente facendo la parte del ‘poliziotto buono’, come sta già lasciando intendere, lasciando a Biden quella del ‘cattivo’. Rispetto a Trump, la visione di fondo di Biden non sembra molto diversa, prima viene l’America poi il resto del mondo. Solo che alla guerra The Donald ci andava da solo sparando tweet notturni contro tutti e tutto, mentre Joe sta cercando di costruire un’alleanza occidentale per andare più forte al confronto con il rivale globale cinese, e invece di esporsi come un bersaglio sui social fa filtrare le sue intenzioni sui media tradizionali ancora autorevoli, come il WSJ e la Reuters, per vedere l’effetto che fanno, e se non è esaltante non insiste.

FORSE TOLTO DAL TAVOLO IL RISCHIO TASSE

È stato così per la tassa sui capital gain dei ricchi, qualcuno ne ha sentito parlare ultimamente? Oppure per l’aumento delle tasse della Corporate America, rimasta sostanzialmente nel cassetto e sostituita con la ‘global minimum tax’, perfetta per raccogliere applausi ma poco praticabile nel concreto. Agli alleati europei, in cambio di uno schieramento sulla sua linea con la Cina, ha concesso l’adesione agli accordi di Parigi sul clima, la cui attuazione costerebbe molto di più a Pechino, che finora non ne condivide gli obiettivi di riduzione delle emissioni, che a Washington. Un paio di mesi fa scrivevamo su Financialounge.com che investitori e mercati dovevano tenere d’occhio due possibili errori di ‘politica’, sia da parte dell’Amministrazione Biden che della Fed di Powell: esagerare con tasse e stimoli fiscali e uscita prematura dall’allentamento monetario. Il primo rischio sembra sostanzialmente evitato, anche se i sussidi continuano a correre inducendo molti americani a preferire starsene a casa che accettare salari giudicati troppo bassi.

SULL’INFLAZIONE FALSI ALLARMI

Ma i pasti gratis stanno per finire e si può anche aggiungere che forse salari un po’ più alti non farebbero male neanche alle imprese. Tutto sommato, la piena occupazione di Trump era fatta di tanti posti di lavoro creati nella parte bassa del mercato, mentre un po’ di competizione al rialzo potrebbe rendere la ripresa meno congiunturale e più sostenibile. E se salari più alti si aggiungono a tutti gli altri fattori che stanno spingendo l’inflazione costringendo la Fed ad alzare i tassi anzitempo? Nonostante gli allarmi che negli ultimi giorni si sono intensificati, la fiammata inflazionistica americana è tutta dovuta a fattori una tantum, dal rimbalzo del petrolio all’aumento dei prezzi delle materie prime e dei componenti, come i chip, a loro volta dovuti a colli di bottiglia produttivi e distributivi causati su scala globale da pandemia e lockdown, su cui si è ovviamente innestata un po’ di speculazione.

MA RESTA IL RISCHIO DI ERRORE DELLA FED

Quindi resta il rischio di un errore della Fed, cioè interrompere troppo presto il sostegno monetario a mercati e economia, magari anche per riaffermare la sua indipendenza dalla politica, come fece ai tempi di Trump, a fine 2018, solo per essere costretta a una precipitosa marcia indietro spaventata dalla reazione dei mercati. Per questo l’appuntamento del FOMC di metà settimana è importante, e ancora di più il simposio di Jackson Hole di fine agosto in Wyoming, utilizzato l’anno scorso dal capo della Fed Powell per annunciare la nuova linea di tolleranza su un’inflazione anche ben sopra il target del 2%. Nonostante i titoloni di giornali e tv e gli allarmi dei guru, i mercati non credono che sia in arrivo un ritorno strutturale e robusto dell’inflazione, come dimostra il rendimento del Treasury a 10 anni rientrato ben sotto quota 1,5% dopo il picco oltre l’1,7% di fine marzo.

BOTTOM LINE

Per l’investitore globale un Occidente più coeso nel confronto con la Cina è un fattore positivo, nessuno dei due contendenti globali punta alla distruzione dell’altro, e un asse America-Europa più solido può accelerare il processo di modernizzazione di mercati ed economie cinesi e anche in generale emergenti. Serve una piattaforma condivisa almeno nelle grandi linee, che si potrebbe cominciare a costruire al G20 di novembre a Roma, con l’italiano Mario Draghi nel ruolo di ‘capocantiere’.

Biden vieta investimenti Usa in varie società cinesi difesa e tech

04/06/2021 08:41 RSF
WASHINGTON, 4 giugno (Reuters) – Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato ieri un ordine esecutivo che vieta alle società statunitensi di investire in decine di aziende cinesi con presunti legami con i settori della difesa o delle tecnologie per la sorveglianza.

 

Il dipartimento del Tesoro applicherà e aggiornerà “su base continuativa” la nuova lista di circa 59 società, che vieta di acquistare o vendere strumenti finanziari disponibili sul mercato connessi alle società comprese nella lista, e sostituisce una precedente lista del dipartimento della Difesa, secondo quanto riferito da funzionari dell’amministrazione Usa ai giornalisti.

L’ordine impedisce che gli investimenti statunitensi offrano supporto al complesso dell’industria militare cinese, nonché ai programmi di ricerca e sviluppo in ambito militare, dell’intelligence e della sicurezza, si legge nell’ordine di Biden.

“In aggiunta, ritengo che l’utilizzo della tecnologia di sorveglianza cinese al di fuori della Repubblica Popolare Cinese e lo sviluppo o l’uso della tecnologia di sorveglianza cinese per facilitare la repressione o gravi violazioni dei diritti umani costituiscano delle minacce inusuali e straordinarie”, ha detto Biden.

Alcune grandi aziende cinesi incluse nella precedente lista stilata dal dipartimento della Difesa sono state incluse nella lista aggiornata. Tra di esse Aviation Industry Corp of China (Avic), China Mobile Communications Group, China National Offshore Oil Corp (Cnooc), Hangzhou Hikvision Digital Technology Co , Huawei Technologies e Semiconductor Manufacturing International (Smic).

Smic ha un ruolo chiave nello sviluppo dell’industria dei semiconduttori in Cina.

Cina: a maggio prezzi alla produzione +9% su anno, al top da fine 2008

 

A maggio scorso in Cina si e’ registrato un aumento tendenziale dei prezzi alla produzione al livello piu’ alto in quasi tredici anni, a causa di un’impennata dei prezzi delle materie prime, secondo i dati ufficiali pubblicati oggi. In particolare l’indice e’ aumentato del 9% su anno secondo l’ufficio nazionale di statistica. Nel precedente mese di aprile l’aumento tendenziale e’ stato del 6,8 per cento.

AGGIORNAMENTO 27 MAGGIO 2021 

INDICE CINA 18477

BOX 8000-10500-20500-30500-40500

BOX 800018000-28000-38000-48000

avvenuto rientro nel Box 17500-20500 e >18000 25 Maggio 2021

vedi precedente aggiornamento a 16800

AGGIORNAMENTO 18 MAGGIO 2021 

INDICE CINA 17675

BOX 8000-10500-20500-30500-40500

BOX 8000-18000-28000-38000-48000

vedi precedente aggiornamento a 16800

interessantissimo livello di ingresso Long probabile eccesso di vendita

Molto probabile il recupero di 17500 e 18000 punti.

Dopo la forte correzione 20500-16800 (-3700) e il fantastico Move 13048-20500 punti

AGGIORNAMENTO 23 APRILE 2021 

INDICE CINA 17510

BOX 8000-10500-20500-30500-40500

BOX 8000-18000-28000-38000-48000

vedi precedente aggiornamento a 16800

interessantissimo livello di ingresso Long probabile eccesso di vendita

Molto probabile il recupero di 17500 e 18000 punti.

Dopo la forte correzione 20500-16800 (-3700) e il fantastico Move 13048-20500 punti

AGGIORNAMENTO 11 MARZO 2021

INDICE CINA 16800

interessantissimo livello di ingresso Long probabile eccesso di vendita

Molto probabile il recupero di 17500 e 18000 punti.

Dopo la forte correzione 20500-16800 (-3700) e il fantastico Move 13048-20500 punti

cina

NEWS ARRIVATE DOPO IL NOSTRO ARTICOLO

CHINA EVERGRANDE: too big too fail or not?

Scritto il  alle 13:29 da Danilo DT
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Fino a qualche giorno fa Evergrande era per molti la più sconosciuta società del pianeta. In realtà China Evergrande Group è il gruppo immobiliare più indebitato del mondo.
Tutto questo fa pensare da subito che i suoi debiti mettano a repentaglio la solidità non solo del gruppo stesso, ma anche di chi ha finanziato e chi ha investito nella società.
Amundi e UBS in testa.

Secondo il giornale “Global Times” una istituzione in Cina, non ci sarebbero rischi sistemici e si potrebbe puntare ad una ristrutturazione del debito (300 miliardi USD) . E allo stesso tempo se le cose dovessero andare male, si esclude il rischio “Lehman Brothers” perché il fenomeno risulta circoscritto anche se gli effetti sulla popolazione cinese (cha magari ha già pagato grossi anticipi per delle case) non sarebbero indifferenti.

Too big to fail quindi? Malgrado le dimensioni del colosso, sembra di no. E quindi si tende ad escludere il salvataggio di stato. Anche perché non si vuole dare un “cattivo esempio”, ovvero che poi altri gruppi in cattive acque vadano a pensare ad un sostegno pubblico.

E allora signori si brulica nel buio, sia perché la Cina comunicherà prese di posizioni a cosa fatte, e sia perché mai si è visto in passato un test così grande sul corporate cinese.
Cosa si vuole evitare? Beh, direi il vero fallimento perché sarebbe troppo invasivo. In modo diretto ed indiretto Evergrande dà lavoro a 4 milioni di persone, una massa immane che poi è annegata all’interno della popolazione cinese (quindi lo 0.25% dell’intera popolazione).

Nazionalizzare Evergrande? Ipotesi che resta in piedi visto che Pechino ha mandato degli ispettori in azienda proprio per valutare anche questa strada. E poi c’è la ristrutturazione del debito, che alcune banche sembrano aver già mandato al mittente.
Non ci resta che attendere, il weekend potrebbe portare importanti novità

DATA SECURITY LAW: CINA crash test!

Scritto il  alle 09:56 da Danilo DT
Azioni cinesi allo sbando. E’ l’inizio della fine o alla fine sarà un nuovo grande inizio?

Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad una forte tensione soprattutto sul mondo Cina. Magicamente, uno dei mercati considerati trai più promettenti per i prossimi anni, si ritrova a doversi “leccare le ferite” dopo una serie di importanti correzioni.
Nei giorni scorsi ho già scritto sull’argomento (CLICK HERE)  ma occorre fare un aggiornamento proprio per continuare il ragionamento fatto in precedenza.

Prima la Cybersecurity Law…

Innanzitutto cosa è la “Data Security Law”.
E’ l’evoluzione della già presente “Cybersecurity Law” del 2017. Il 4 luglio 2021, la Cyberspace Administration of China ha lanciato per la prima volta pubblicamente una procedura di esame della sicurezza della rete per le imprese, e quindi ha esaminato diversi fornitori di servizi di traffico online, incluso il principale servizio di ride-hailing “DiDi Chuxing”. Dallo studio è risultato che DiDi “presenta seri problemi nella raccolta e nell’utilizzo di informazioni private, in violazione di leggi e regolamenti”.

Ricordate? Tutto è partito proprio da Didi, da poco quotata a Wall Street e immediatamente bastonata da Pechino che ha sanzionato la condotta con il ban dell’app, blocco della registrazione dei nuovi utenti e richiesta di rettifica, trasmettendo un severo segnale al sistema. Un segnale che poi si è concretizzato con altri interventi e con, appunto la Data Security Law.

…e poi la Data Security Law

La Data Security Law disciplina principalmente tutte le attività di trattamento dei dati all’interno del territorio della Repubblica Popolare Cinese, compresa la raccolta, l’archiviazione, l’uso, l’elaborazione, la trasmissione, la fornitura e la divulgazione dei dati. Se le attività di trattamento dei dati possono ledere la sicurezza nazionale, gli interessi pubblici o i diritti e gli interessi legittimi di cittadini o organizzazioni della Repubblica Popolare Cinese, la giurisdizione è estesa a persone o entità all’estero. Quasi tutte le aziende che fanno affidamento su Internet, big data e informazioni private degli utenti per il proprio funzionamento saranno soggette alla Legge. (Source)

BAM. Un ulteriore passo avanti nel quadro del sistema di supervisione della sicurezza dei dati in Cina dall’entrata in vigore della Cybersecurity Law e pone le basi per la costruzione di sistemi legali determinanti. Per la prima volta, la Data Security Law specifica che il sistema di scambio di dati deve essere istituito e disciplinato dallo Stato, oltre alle attività di transazione di dati e la gestione del mercato di scambio di dati. Ciò significa che per la prima volta nella legislazione è stata riconosciuta la legittimità dei fornitori di servizi di transazione di dati.

Nulla da dire se non che i mercati, sono stati un po’ coltri di sorpresa soprattutto dalla rapidità di quanto sta accadendo, preoccupati per possibili evoluzioni future e ulteriori limitazioni.

Si legge oggi su Il Sole 24 Ore:

(…) Da oggi, infatti, è operativa la Data security law, destinata a dare il colpo di grazia alle quotazioni cinesi sui listini stranieri perchè impone misure molto pesanti sulla conservazione e l’uso dei flussi di dati creati in Cina che, anche solo potenzialmente, potrebbero lasciare il Paese, come avviene nel caso delle quotazioni all’estero.
Non sarà facile adeguarsi, tanto è vero che Pechino ha concesso una moratoria organizzativa fino a fine anno. Ma la legge è legge e indietro non si torna. (…) [Source

Leggendo quanto scritto, sembra proprio che siamo solo all’inizio da una possibile ulteriore debacle.

(…) Questo è solo un assaggio di quello che, d’ora in poi, sarà la norma. L’onnipresente CAC ha varato in agosto nuove linee guida sul trattamento di dati sensibili da inserire nei prospetti informativi, rivendicando il potere di autorizzare o no la quotazione, anche se l’ultima parola spetta, ovviamente, all’Autorità di controllo sulla Borsa. Autorità che ieri è scesa in campo sul fronte del private equity e del venture capital, annunciando il proposito di stoppare le Ipo farlocche e colpendo la speculazione legata alle quotazioni. (…)

Ecco, appunto. Riprendetevi il mio post precedentemente pubblicato. Non è che la Cina, in realtà, sta facendo un qualcosa di potenzialmente positivo anche se con un impatto, nel breve, non così entusiasmante per i mercati? Non è che si cerca di mettere ordine e di posare le basi per un qualcosa di solido che in futuro renda tutto molto più realistico e sostenibile?

(…) «I fondi di private equity falsi saranno sradicati – ha detto il chairman Yi Huiman – e le offerte pubbliche di acquisto dovranno essere mirate a investitori qualificati». (…)

Quello che invece potrebbe essere un problema nel breve è la questione sulle quotazioni in borsa.

(…) A complicare il quadro per le società cinesi quotate o che vogliono quotarsi all’estero arrivano anche, a tenaglia, la nuova disciplina dell’autorità Antitrust che per la prima volta considera l’esistenza delle società parallele grazie alle quali le Big Tech cinesi, finora, hanno potuto quotarsi all’estero aggirando i divieti di ingresso degli stranieri nel capitale di aziende sensibili per la sicurezza nazionale, e la neonata legge sulla privacy, la Personal data security Law appena varata dal Comitato centrale del Congresso nazionale del popolo. (…)

Fuga da Wall Street?

Come avete potuto capire, se la goccia DiDi faceva paura, oggi ci ritroviamo con un uragano di paure ed emozioni da gestire che ha portato anche ad un importante sell off.
Rifaccio quindi la domand a rivista in chiave marzulliana.
E’ inizio della fine o alla fine sarà un nuovo grande inizio?

Cerchiamo di capire ancor meglio. L’intervento di Pechino è dovuto a quattro fondamentali fattori:

a) stabilità finanziaria
b) stabilità e la mobilità sociale
c) sicurezza nazionale
d) politica della “doppia circolazione”

Su questi aspetti abbiamo già discusso in precedenza. In primo luogo, mettiamo in chiaro una cosa. Con queste prese di posizione, la Cina non vuole assolutamente mettere un freno al capitale occidentale.

Però allo stesso tempo, in questo momento, non possiamo negare il fatto che avere in portafoglio titoli cinesi VIE (Variable Interest Entity, un veicolo che ha permesso alle aziende cinesi di aggirare le restrizioni locali sulla proprietà, consentendo al tempo stesso agli investitori statunitensi di esporsi ai benefici economici di parti dell’economia cinese più interessanti e in rapida crescita, anche se senza alcuna partecipazione di controllo) in settori sensibili che non hanno una quotazione a Hong Kong, data la direzione normativa sia della SEC negli Stati Uniti che delle autorità cinesi.

Inoltre, questa normativa per forza andrà a frenare la crescita vertiginosa dei principali titoli Internet, i quali avranno un minore rendimento del capitale investito (ROIC) in seguito alle modifiche normative.

Ottimo. A questo punto scattano i confronti coi “Peers” USA per capire se quindi lo sconto è già accettabile, perché il mercato ha già corretto il giusto e, come è noto, i titoli tendono a prezzare non solo la realtà ma soprattutto le prospettive, adeguandosi alla nuova realtà.
Il confronto però è obiettivamente molto difficile, essendo mercati agli antipodi con fasce di utenza molto differente. Pensate ad esempio a quello che potrebbe essere inefficiente un confronto tra Goldman Sachs e una delle principali banche cinesi come China Construction Bank. Impossibile fare paragoni. Sono società imparentate a livello settoriale ma profondamente diverse.

Leggendo più articoli, continuo a notare tra gli operatori tanta tensione e preoccupazione. Segno che gli alti e bassi potrebbero continuare.
Resta sempre difficile poter fare proiezioni sulla Cina sia per la scarsa trasparenza e sia perché le normative potrebbero ancora aumentare e mettere nuovi paletti.

Caixin in frenata

A tutto quanto scritto fino ad ora, si aggiunge un dato macro puntuale che di certo non aiuta. L’indagine Caixin sul comparto manifatturiero di agosto segna la prima contrazione da aprile dell’anno scorso. Nella seconda lettura l’indice Pmi passa a 49,2, in calo di oltre un punto rispetto al 50,3 di luglio e al 50,2 delle attese.
Siano sotto area 50, un segnale di allerta di evidente rallentamento. Segnale certo non positivo ma è ovvio che la stessa PBoC non resterà con le mani in mano e lo stesso Governo si inventerà qualcosa per evitare che la Cina possa ulteriormente peggiorare la sua situazione.

Inoltre non dimentichiamoci mai cosa è la Cina. 1,6 miliardi di persone che si sta evolvendo e che con queste nuove normative avranno una crescita più equilibrata. E su internet e tecnologia la realtà è davanti agli occhi di tutti. Le aziende cinesi di questi settori sono colossi eccellenti che, passata la buriana, ripartiranno e torneranno ad essere dominanti. Il tutto in un modo magari più equilibrato ma più solido. Inoltre, non dimentichiamo mai che buona parte di queste normative erano attese e tanti si stavano già adeguando.
Quindi molto probabilmente quando la tempesta sarà passata, la Cina tornerà a dire la sua.

Questione di timing? Certo, però è altrettanto vero che già a queste quotazioni uno dovrebbe incominciare a farci qualche pensierino.
Un esempio? Proprio lei, la China Construction Bank, una banca statale che è tra le migliori a livello qualitativo. E’ passata dal quotare 3 volte il valore di libro (che era troppo) all’attuale 0,5.
Ma si tratta di titolo così a rischio in questo momento?

Questo è un esempio per dire che la selettività la farà da padrone, le occasioni sui mercati cinesi sono già presenti anche se le tensioni potrebbero continuare. Però cantare il De Profundis al drago cinese è secondo me un errore strategico enorme, perché significa sottovalutare che cosa sta accadendo nell’effettivo.

CHINA SHOCK!

Scritto il  alle 08:41 da icebergfinanza
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Rumblings within China over President Xi's 'wolf warrior' diplomacy | Analysis | World News - Hindustan Times

Abbiamo passato mesi e mesi a suggerire di non prendere posizioni sulla Cina, mentre molti di voi ci raccontavano che consulenti e banche caldeggiavano vivamente già dallo scorso anno, di investire, che le occasioni erano come sempre imperdibili.

Oggi è un uscito un dato da far tremare i polsi, non importa se i mercati continuano a ignorare la situazione facendo nuovi record lo spettacolo successivo sarà ancora più entusiasmante.

 

L’indice PMI dei servizi (non manifatturieri) ufficiale della Cina è letteralmente collassato inaspettatamente da 53,3 a 47,5 il più grande calo mensile (-5,8) dopo il crollo del febbraio 2020 inizio pandemia.

Secondo il sondaggio del CFLP sui responsabili degli acquisti addirittura siamo scesi a 45,2 un crollo mai visto in epoca recente.

Immagine

Il settore manifatturiero si salva per un pelo, restando sopra il livello che separa la contrazione dall’espansione a 50,1 mancando tutte le aspettative, peggiore livello da inizio pandemia, il prossimo mese anche il settore manifatturiero sarà in recessione.

Nel frattempo l’inflazione in Germani registra ZERO e si appresta a tornare in letargo nei prossimi mesi…

 

(Teleborsa) – Un’altra leggera accelerazione per l’inflazione tedesca ad agosto che però appare sostanzialmente in linea con le previsioni del mercato. Secondo la stima preliminare pubblicata da Destatis, i prezzi al consumo non avrebbero registrato una variazione su mese dopo il +0,9% del mese precedente, facendo meglio delle attese degli analisti (+0,1%).

Ovviamente passare da più 0,9% a zero è una leggera accelerazione!

Buone notizie nel frattempo dai rendimenti e soprattutto dalle dinamiche che stanno dietro l’euro e soprattutto il dollaro con un’importante novità che vi racconteremo nel prossimo manoscritto.

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

CINA: crollano le azioni, a rischio le ADR a Wall Street

Scritto il  alle 07:29 da Danilo DT
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Credo che tutti avrete avuto modo di vedere la borsa cinese e tutte le aziende cinesi quotate a Wall Street in forte difficoltà. La domanda che tutti si fanno è: ma cosa diavolo sta succedendo?

Visto che me lo chiedono in molti, andrò in modo sommario a spiegare cosa succede.
Premessa: l’attacco possiamo considerarlo duplice. Infatti sono DUE i fuochi che stanno mettendo pressione alle azioni cinesi.

Azioni cinesi: colpite da Pechino e da Washington

  • Da una parte (Stati Uniti) si sta spingendo una regolamentazione che prende di mira direttamente le società cinesi quotate negli USA e potrebbe portare alla loro cancellazione dalla quotazione.
  • Dall’altra parte (Cina) si sta applicando attivamente una nuova regolamentazione severa sul settore tecnologico.

Nasdaq Golden Dragon China Index

La conseguenza è stata un calo del 30% circa del prezzo degli ADR cinesi (per lo più società tecnologiche cinesi quotate negli Stati Uniti) dal febbraio 2021. Ma questo è un dato medio. C’è ovviamente chi ha fatto anche molto molto peggio.

Partiamo dalle azioni quotate a Wall Street. Attualmente ci sono circa 250 aziende cinesi quotate negli Stati Uniti con una capitalizzazione di mercato totale di 1,7 trilioni di dollari. Le American Depositary Receipts (ADR) rappresentano la stragrande maggioranza di questi elenchi.

Rischio delisting?

Prima criticità. L’HFCAA (Holding Foreign Companies Accountable Act) vieta la quotazione dei titoli di una società nelle borse statunitensi se la società non ha rispettato gli audit del Public Company Accounting Oversight Board per tre anni consecutivi. Quindi, chi non rispetta i requisiti, potrebbe subire il delisting. Un delisting di solito porta alla cessazione del programma ADR, in base al quale i titolari ricevono in genere le corrispondenti azioni locali (o in alcuni casi contanti). Tuttavia, gli investitori corrono un rischio di liquidità nel caso in cui il programma non venga terminato, o se le corrispondenti azioni locali non vengono negoziate in borsa.

Seconda criticità. L’Ordine Esecutivo n. 13959 vieta alle persone statunitensi di investire in qualsiasi sicurezza di società ritenute collegate alle attività militari cinesi. Attualmente sono 59 le entità identificate come tali. Qui la situazione ovviamente è più di matrice politica ed è anche più facilmente comprensibile che ci sia un ostruzionismo forte nei confronti di Pechino

Andiamo a vedere invece cosa accade in Cina. Innanzitutto occorre dire che le autorità cinesi hanno recentemente intensificato il controllo sull’industria tecnologica al fine di frenare il comportamento monopolistico di alcune società, adattare la regolamentazione all’economia digitale e garantire la raccolta e l’uso adeguati dei dati personali, soprattutto quando sono coinvolti flussi transfrontalieri. Quindi si tratta di privacy e diritti di esclusiva che possono venir lesi (vantaggi di tipo competitivo). Il che mette quindi a rischio la posizione “dominante” di alcuni “big player”.

Quindi, per i programmi di ADR la soluzione perfetta sarebbe il trasferimento in piazze come Hong Kong, mantenendone la quotazione. C’è ancora la possibilità che i regolatori cinesi stipulino un accordo con la SEC. Recentemente ho letto di un documento pubblicato dal consiglio di Stato cinese che faceva riferimento proprio alla necessità di un approccio più costruttivo e collaborativo oltre confine. Sembrerebbe una chiara apertura verso maggior disponibilità nei confronti di Wall Street.

Per le altre aziende invece, limitate dalla normativa cinese, c’è poco da fare se non attendere che certi eccessi di mercato vengano riassorbiti e che la situazione si normalizzi.
Il governo cinese non accetta che certi BIG siano troppo BIG. Ormai il 30% delle vendite al dettaglio in Cina son fatte on line. E il tutto (vendite e piattaforme di pagamento) è in mano a pochi players. Idem per quanto riguarda la concessione del credito on line. Un braccio di ferro che prima o poi riporterà degli equilibri. Intanto una curiosità. Anche se l’azionario cinese sembra in crisi, c’è qualcuno che invece sta comprando opzioni call a profusione. Sarà un caso?

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STAY TUNED!

Borsa Tokyo +0,58% dopo boom export e Bank of Japan. Sidney resiste a timori Pil da lockdown

 
 

Borse asiatiche contrastate, dopo la chiusura positiva di Wall Street, che ha visto il Dow Jones Industrial Average balzare di 549,95 punti a 34.511,99 punti; lo S&P 500 è salito dell’1,52% a 4.323,06 mentre il Nasdaq Composite ha messo a segno un rialzo dell’1,57% a 14.498,88 punti.

L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo è salito dello 0,58%, la borsa di Shanghai avanza dello 0,90%, Hong Kong sotto pressione con un calo dello 0,49%, Sidney +0,78%, Seoul -0,46%.

In Giappone, focus sul dato relativo alla bilancia commerciale di giugno, che ha messo in evidenza un balzo delle esportazioni pari a +48,6% su base annua, meglio del +46,2% atteso dagli economisti intervistati da Reuters e contro il precedente rialzo ancora più forte, pari a +49,6%.
In particolare, le esportazioni del Giappone verso la Cina sono salite del 27,7%, mentre quelle verso gli Stati sono schizzate dell’85,5%, sulla scia soprattutto delle consegne di auto, componenti auto e motori. Le importazioni hanno riportato anch’esse una solida crescita, pari a +32,7% su base annua, rispetto al +29% stimato e al precedente rialzo del 27,9%.

La bilancia commerciale del Giappone ha messo in evidenza un surplus di 383,2 miliardi di yen (l’equivalente di $3,49 miliardi), rispetto alle attese di un surplus superiore, pari a 460 miliardi di yen.

Attenzione anche all’appello lanciato dal vicegovernatore del Giappone Masayoshi Amamiya, che ha invocato l’accelerazione delle vaccinazioni in Giappone, presupposto per una ripresa dell’economia più solida.

“La ripresa dei consumi diventerà più chiara, con l’impatto della pandemia che gradualmente si smorzerà e i redditi personali che aumenteranno”, ha detto il numero due della banca centrale – Sebbene i rischi sull’outlook dell’economia siano orientati verso il basso, c’è l’opportunità che la ripresa economica superi le aspettative nel caso di accelerazione delle vaccinazioni”.

Dal fronte macroeconomico dell’Australia, diffuso il dato delle vendite al dettaglio, scivolate su base mensile dell’1,8%, molto oltre il calo pari a -0,5% atteso.

A impattare sul dato sono state le nuove misure di restrizione e di lockdown reimposte nella maggior parte del paese. Lo stato di Victoria è stato quello più colpito, con le vendite al dettaglio in calo del 3,5%.

Nel mese di maggio, le vendite al dettaglio australiane erano salite dello 0,4%. La maggior parte degli economisti prevede una contrazione del Pil dell’Australia nel terzo trimestre di quest’anno, la prima dal giugno del 2020.

Le tensioni Usa-Cina e perché Taiwan è importante nella battaglia per le tecnologie

Leopold Quell, Gestore CEE & Global Emerging Markets di Raiffeisen Capital Management, sottolinea l’importanza di Taiwan nella corsa al primato tech che vede impegnate le due superpotenze

Economia e geopolitica 

 

 di Virgilio Chelli  14 Luglio 2021 – 7:50

Le ambizioni della Cina sono cresciute molto negli ultimi anni, e vanno oltre l’obiettivo dichiarato di diventare il leader economico e tecnologico globale. Da quando il presidente Xi Jinping ha preso il potere, la Cina vuole anche giocare un ruolo molto più dominante nella geopolitica, in un gioco che vede al centro Taiwan. Per capire perché la ‘Repubblica di Cina’, come viene chiamata per distinguerla dal colosso continentale, è così importante per la Cina e per i suoi obiettivi Leopold Quell, Gestore CEE & Global Emerging Markets di Raiffeisen Capital Management, parte dalla storia e dalla geografia.

LA STORIA INIZIA NEL 1949

Alla fine del 1949 la guerra civile cinese finì con la vittoria del Partito Comunista Cinese sul Kuomintang, il cui leader sconfitto Chiang Kai-shek fuggì con le truppe rimanenti e i sostenitori sull’isola di Formosa, dove proclamò la fondazione della Repubblica di Cina. in opposizione alla Repubblica Popolare Cinese continentale. I comunisti guidati da Mao Zedong volevano ovviamente prendere Taiwan con la forza subito dopo, ma nel 1950 il presidente statunitense Harry Truman li stoppò inviando la Settima Flotta verso l’isola come forza protettiva e deterrente.

ORGOGLIO DEL SUCCESSO ECONOMICO

Grazie agli americani, Taiwan ebbe la possibilità di crescere in modo indipendente e negli ultimi decenni non solo si è trasformata in una democrazia, ma in un paese orgoglioso ed economicamente di grande successo con una popolazione di circa 24 milioni. Oggi è conosciuta soprattutto per la sua posizione di leader nell’hardware e nella tecnologia, con molte aziende di livello mondiale attive nel campo, tra cui spicca TSMC come produttore di semiconduttori leader a livello mondiale. Dal punto di vista di Pechino, solo l’interferenza di una potenza straniera, gli Stati Uniti, ha impedito la riunificazione di Cina e Taiwan.

MOLTE BASI AMERICANE VICINE

Ma, sottolinea l’esperto di Raiffeisen Capital Management, l’interesse della Cina per Taiwan va anche al di là di questo contenzioso non risolto. Quando si guarda alla sola mappa continentale della Cina, si perde un fattore importante, cioè il numero di basi o alleati statunitensi in prossimità della Cina oltre i mari che la circondano a Sud e a Est. Nel Mar Cinese Meridionale la Cina ha di fronte il Giappone con diverse basi Usa sulle isole principali e su Okinawa, in Corea del Sud c’è un’altra base statunitense, mentre nella stessa Taiwan e nelle Filippine sono presenti gli americani.

AVVICINAMENTO DELLE FILIPPINE

Anche se l’influenza Usa potrebbe aver sofferto un po’ negli ultimi anni, come nel caso del presidente Duterte che ha avvicinato un po’ di più le Filippine alla Cina, è ancora potente ed è un fattore secondo Quell da non trascurare. Recuperare Taiwan, “la provincia perduta”, non solo compenserebbe la perdita ma aiuterebbe la Cina a raggiungere il suo obiettivo di diventare il leader globale nella tecnologia, favorendo l’accesso al Mar Cinese Meridionale. Militarmente, la Cina potrebbe certamente riprendersi Taiwan, anche se al costo di una strenua opposizione, ma la grande domanda è come gli Stati Uniti reagirebbero.

USA SEMPRE POTENZA PROTETTRICE

Quell sottolinea che l’amministrazione Biden ha ripreso diverse politiche estere ereditate da Trump, come ad esempio la strategia sull’Iran, ma quando si tratta della Cina sembra che il nuovo presidente mantenga una linea forse ancora più dura. Secondo l’esperto di Raiffeisen Capital Management, ci sono diverse ragioni, ed una è certamente quella di rendere più credibile il fatto che gli Stati Uniti restano ancora la potenza protettrice di Taiwan.

Nuove frontiere di investimento sul mercato cinese

Secondo gli esperti di AllianceBernstein, il piano energetico di Pechino può generare  opportunità interessanti per gli investitori: ecco dove trovarle e come sfruttarle

11 Giugno 2021 – 7:50
 

Il programma pluridecennale annunciato dalla Cina per raggiungere la neutralità carbonica al 2060 si inserisce in un quadro di rinnovata collaborazione globale, dopo la ri-adesione degli Stati Uniti all’accordo di Parigi, e l’interesse condiviso ad affrontare il cambiamento climatico crea un terreno comune per Washington e Pechino. Dopo le perplessità suscitate dalla globalizzazione negli anni passati, un approccio multilaterale a favore del pianeta sarà accolto con favore in tutto il mondo. Il piano cinese è ancora agli inizi e mancano molti dettagli, ma, data la sua vasta portata gli investitori dovrebbero già iniziare a monitorare come le misure saranno attuate per individuare le imprese che ne beneficeranno.

CHIAVE PER LO SVILUPPO ECONOMICO

Sono le conclusioni dell’analisi di John Lin, Portfolio Manager of China Equities, e Jenny Zeng, Co-Head of Fixed Income, Asia Pacific, entrambi di AllianceBernstein. Il piano della Cina non si limita ad affrontare il cambiamento climatico, ma rivela anche come Pechino immagina il futuro economico del Paese, con una transizione verso un’economia più verde che creerà diverse nuove opportunità d’investimento. Mancano ancora dettagli sulle politiche da adottare, ma individuando il punto di arrivo e annunciando l’orizzonte temporale pluridecennale, la Cina si è unita di fatto agli sforzi internazionali per combattere il riscaldamento globale.

GRANDI IMPLICAZIONI PER GLI INVESTITORI

Per gli investitori, le implicazioni sono troppo grandi per essere ignorate, sottolineano gli esperti di AllianceBernstein, ma gli investitori dovranno prestare molta attenzione ai dettagli man mano che verranno resi noti. Un certo ottimismo è giustificato dalle esperienze passate, ma l’arma scelta questa volta è inedita, perché la campagna 2060 estende i poteri decisionali dai ministeri centrali alle amministrazioni statali e cittadine. Inoltre la neutralità carbonica coincide anche con le ambizioni cinesi di autosufficienza tecnologica, in cui l’orientamento verso un mix di produzione più verde assume una crescente importanza. Sono ambizioni che andranno a permeare tutti i settori, ridefinendo il “made in China” come sinonimo di produzione ad alto valore aggiunto e di indipendenza innovativa.

SI PARTIRÀ DALL’INDUSTRIA

Secondo Lin e Zeng, nonostante la mancanza di dettagli, è già possibile farsi un’idea di come potrebbero essere attuate le politiche ambientali cinesi, centrate su alcuni punti fermi, come limitare le emissioni industriali, promuovere l’energia verde, facilitare trasporti meno inquinanti. Porre un freno a settori altamente inquinanti servirà anche da banco di prova iniziale, visto che il comparto industriale rappresenta il 40% delle emissioni di CO2 cinesi, per cui la riduzione della capacità produttiva legata alla lavorazione del carbone, dell’alluminio o dell’acciaio forniranno indicazioni preliminari.

INVESTIMENTI NELLA RETE ELETTRICA

Il successo della transizione a scapito delle industrie più inquinanti dipenderà anche dalla disponibilità di valide fonti di energia alternativa, il che favorire gli investimenti nella rete elettrica, per costruire una base green abbastanza robusta da resistere ai picchi ciclici della domanda. Un incentivo alla transizione è rappresentato dal fatto che in molte province cinesi i costi del solare sono già allineati a quelli della generazione di elettricità da carbone, mentre la Cina controlla circa tre quarti della filiera globale della produzione di energia solare, che appare capace di sostenere anche altre economie nei propri programmi di neutralità carbonica.

TRASPORTI PIÙ PULITI

Infrastrutture verdi si aggiungeranno allo sviluppo di trasporti più puliti. La Cina è il più grande mercato di veicoli elettrici al mondo e aspira ad avere un quarto delle nuove automobili costituito da modelli ad alta efficienza energetica entro il 2025. Con un’infinità di nuovi modelli in arrivo nei prossimi anni, l’adozione di veicoli elettrici in Cina e nel mondo sta accelerando, con le case automobilistiche investite da una concorrenza intensa e da un assottigliamento dei margini di profitto, per cui si possono trovare, secondo gli esperti di Alliance Bernstein, opportunità di investimento nella catena di produzione dei veicoli elettrici.

LA FRONTIERE DELL’IDROGENO

Anche l’idrogeno, osservano in conclusione della loro panoramica Lin e Zeng, diventerà col tempo parte del mix di produzione di energia verde. L’alimentazione a idrogeno è una potenziale soluzione per i trasporti commerciali, poiché il peso e la densità di energia delle batterie al litio sono attualmente subottimali, ma molte aziende cinesi stanno già sperimentando l’idrogeno, e alcune grandi imprese statali stanno installando stazioni di rifornimento di questo combustibile

Cina: a maggio prezzi alla produzione +9% su anno, al top da fine 2008

 

A maggio scorso in Cina si e’ registrato un aumento tendenziale dei prezzi alla produzione al livello piu’ alto in quasi tredici anni, a causa di un’impennata dei prezzi delle materie prime, secondo i dati ufficiali pubblicati oggi. In particolare l’indice e’ aumentato del 9% su anno secondo l’ufficio nazionale di statistica. Nel precedente mese di aprile l’aumento tendenziale e’ stato del 6,8 per cento.

Usa-Cina: Joe Biden porta a 59 numero aziende cinesi in blacklist lanciata da Trump

Il presidente americano Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo che impedisce alle imprese americane di fare investimenti finanziari in 59 società cinesi, vicine alle ambizioni geopolitiche del governo di Pechino.Biden ha confermato ed esteso la linea del presidente Donald Trump, portando il numero di aziende cinesi da inserire nella blacklist a 59 dalle precedenti 31 aziende messe nel mirino dalla precedente amministrazione:

“Questo ordine esecutivo – si legge nel comunicato della Casa Bianca – permette agli Stati Uniti di proibire – in un modo mirato e specifico – investimenti americani in società cinesi che minano la sicurezza o i valori democratici degli Stati Uniti e dei nostri alleati”.

Tra le 59 società messe in blacklist compaiono Aero Engine Corp. of China, Aerosun Corp., Fujian Torch Electron Technology e Huawei Technologies. Il divieto sarà effettivo a partire alle 12.01 am ET del prossimo 2 agosto.

Cina: People’s Bank of China lascia invariati tassi LPR a 1 e 5 anni

La People’s Bank of China – banca centrale della Cina – ha lasciato invariati i tassi di finanziamento loan prime rate (LPR) a un anno e a cinque anni, rispettivamente al 3,85% e al 4,65%, come da attese.

I tassi LPR sono i tassi di riferimento sui prestiti che vengono stabiliti mensilmente da 18 banche cinesi.

Altagamma: 2021 anno della ripresa per i beni personali di lusso, Cina resta il motore

Il 2021 è atteso come l’anno della ripresa, e i primi mesi sembrano confermarlo, con un primo trimestre in linea con il 2019, anno pre-COVID19. Cina e Stati Uniti trainano il mercato, il cui ritorno ai livelli precedenti la pandemia avverrà tra il 2021 e il 2022, anche se l’incertezza generale e le variabili legate alle campagne di vaccinazione e alla lenta ripresa del turismo non consentono una stima precisa. Questi i trend principali che sono emersi dagli aggiornamenti del Monitor Altagamma Bain sui mercati mondiali, realizzato da Bain & Company in collaborazione con Altagamma, e dell’Altagamma Consensus 2021, elaborato dalla Fondazione con il contributo dei più importanti analisti internazionali del settore.

“Grazie alla loro reattività e intraprendenza, nell’annus horribilis 2020 le imprese di alta gamma hanno lavorato non solo per contenere i danni, ma anche per costruire da subito le basi della ripresa – ha commentato il presidente di Altagamma, Matteo Lunelli -. I primi segnali dell’anno sono molto positivi: gli investimenti sul digitale e la razionalizzazione dei propri modelli gestionali e di business stanno portando i loro frutti e, soprattutto per la forte ripresa di Cina e Stati Uniti, le nostre imprese possono già guardare al futuro prossimo con moderato ottimismo”.

In particolare, l’aggiornamento dell’Altagamma Consensus 2021, elaborato in collaborazione con 21 analisti internazionali, ha rivisto in leggero rialzo le stime di ripresa del comparto per il 2021, con una media di incremento dei consumi dei beni di lusso per la persona intorno alla doppia cifra sull’anno scorso, ma verosimilmente ancora in flessione rispetto al 2019. La Cina si conferma il motore del mercato, gli Stati Uniti sorprendono nella velocità di ripresa e solo l’Europa procede più lentamente. L’abbigliamento, molto sofferente nel 2020, è previsto in forte recupero, guidato da un fenomeno di “revenge spending” in diversi Paesi; i gioielli tengono, in virtù del loro profilo di bene rifugio; tra gli accessori bene la pelletteria e la cosmetica si giova delle ottime performance dello skin care. I canali distributivi, sempre più omnichannel, sono stati rimodellati, e così pure l’ecosistema dei media e l’innovazione di prodotto: domina l’online dove metà delle vendite sono in capo a multistore digitali, sostenuti anche dal second hand.

Il Pil cinese cresce del 18,3%, sotto le attese

Il dato si confronta con un inizio 2020 già in piena pandemia. Gli analisti si attendono un 2021 in crescita comunque dell’8,6%, oltre l’obiettivo del 6% del governo. Borse moderatamente positive, il T bond scende sotto l’1,6% per la prima volta in cinque settimane

di Elena Dal Maso16/04/2021 07:22

L’economia cinese è cresciuta del 18,3% anno su anno nel primo trimestre, accelerando nettamente da una ripresa del 6,5% nel quarto trimestre 2020 e rispetto al consenso del mercato del 19%.E’ stato il ritmo di espansione più forte da quando i dati sono stati pubblicati per la prima volta nel 1992, stimolato dal rafforzamento della domanda interna e all’estero, da severe misure di contenimento dei virus e dal continuo sostegno fiscale e monetario. L’ultima lettura riflette una base di confronto bassa nel 2020, quando l’attività è precipitata a causa dello shock da Covid.Shanghai ha reagito bene, alle ore 7:20 italiane sale dello 0,55%, mentre Hong Kong dello 0,16% e il Nikkei dello 0,13%. L’oro cala dello 0,12% a 1.764 dollari l’oncua, il petrolio Wti americano guadagna lo 0,14% a 61,55 dollari il barile, mentre le valute sono poco mosse, con l’euro che passa di mano a 1,1966, lo yen a 108,79, la sterlina a1,376. Il T bond Usa decennale è sceso nelle scorse ore sotto quota 1,6% a 1,58%, mentre i futures su Wall Street sono tutti in leggero rosso.Secondo un sondaggio Reuters, la seconda economia mondiale dovrebbe crescere dell’8,6% nel 2021, che supererebbe facilmente l’obiettivo di annuale del governo per il 2021 superiore al 6%. Il Pil cinese è salito solo del 2,3% lo scorso anno, la sua espansione più debole in 44 anni, ma Pechino è stato l’unico grande Paese ad evitare la contrazione.Con l’economia tornata su una base più solida, la banca centrale cinese si sta concentrando sul raffreddamento della crescita del settore del credito per aiutare a contenere i rischi finanziari. Tuttavia, sta procedendo con cautela per evitare di far deragliare la ripresa con i responsabili politici che promettono di non effettuare cambiamenti improvvisi. Le autorità sono particolarmente preoccupate per i rischi finanziari che coinvolgono il surriscaldato mercato immobiliare e hanno chiesto alle banche di tagliare i loro libri di prestito quest’anno per proteggersi da bolle. I dati separati di venerdì hanno mostrato che i nuovi prezzi delle case in Cina sono aumentati al ritmo più veloce in sette mesi a marzo, con guadagni che si sono diffusi in più città e una domanda che ha sfidato gli sforzi del governo per raffreddare il mercato.Anche i dati positivi degli Stati Uniti hanno rafforzato il sentiment dopo il report secondo cui le vendite al dettaglio sono si sono portate ai massimi negli ultimi dieci mesi a marzo, mentre le richieste di sussidio di disoccupazione iniziali sono scese al livello più basso da metà marzo 2020. Allo stesso tempo, il T bond Usa decennale è scivolato sotto l’1,6%, il dato più basso in cinque settimane. Sul fronte della pandemia, le autorità di Hong Kong hanno annunciato che il programma di vaccinazione della città sarà ampliato per la prima volta includendo persone di età compresa tra i 16 ei 29 anni.

La Cina cresce troppo, borse sotto stress. Jupiter: occhio a Taiwan

Le attese per il Pil del primo trimestre sono del 18,9%, che potrebbe innescare un inasprimento delle politiche fiscali. Secondo Jason Pidcock, gestore di Jupiter, Taiwan è sede di molte delle principali società di elettronica, un aumento delle tensioni con Pechino può destabilizzare il mondo

di Elena Dal Maso15/04/2021 

 

La Cina si sveglia male per timori di un inasprimento delle politiche monetarie. Alle ore 7:20 italiane il Nikkei è appena sopra la parità, l’Hang Seng cede lo 0,9% e Shanghai l’1%, mentre l’oro guadagna lo 0,29% a 1.741 dollari l’oncia e il petrolio Wti americano perde lo 0,17% a 63,04 dollari il barile. 

L’euro, che due giorni fa era a 1,189, oggi scambia a 1,1973 sul dollaro, lo yen a 108,88 in leggero rialzo, la sterlina scivola appena a 1,3766. Il T bond Usa decennale vede il rendimento laterale all’1,1631%, con i futures su Wall Street tutti positivi in media per lo 0,2%.

L’indice composito di Shanghai è sceso all’inizio degli scambi dell’1,2% a un minimo di quasi tre settimane, appesantito dalle preoccupazioni per l’inasprimento della politica monetaria, dal momento che la ripresa dell’economia cinese si sta consolidando. Pechino domani pubblicherà una serie di dati economici relativi a marzo, tra cui la produzione industriale, le vendite al dettaglio e il tasso di disoccupazione. Verrà anche riportato il dato del Pil del primo trimestre, con il mercato che stima che l’economia sia cresciuta di un robusto 18,9% su base annua, dal momento che il Paese è stato in grado di contenere i lockdown causati dall’epidemia.

I dati delle autorità sanitarie hanno indicato che la Cina ieri ha registrato 10 nuove infezioni, rispetto alle 12 del giorno prima. Sul fronte delle politiche monetarie, oggi la banca centrale ha iniettato altri 10 miliardi di yusan di pronti contro termine a sette giorni nel sistema bancario, mantenendo invariate al 2,95% le operazioni di prestito a medio termine a un anno. 

Wall Street ha chiuso ieri una sessione instabile per lo più al ribasso, con il Dow e l’S&P 500 che si sono ritirati dai loro record intraday colpiti dalle società tecnologiche. Nomi come Tesla e Facebook sono scesi di oltre il 2%. Su una nota più positiva, le grandi banche hanno dato il via alla stagione degli utili con risultati del primo trimestre migliori del previsto, con Goldman Sachs in rialzo di quasi il 3%. 

 

Secondo Jason Pidcock, Head of Strategy Asian Income di Jupiter AM, la Cina si sta isolando politicamente. La nuova amministrazione statunitense si è concentrata sul Covid, ma anche il presidente Biden ha indicato una linea dura nei confronti di Pechino. Biden ha recentemente definito il Paese “il nostro più grande concorrente” e si è impegnato “ad affrontare gli abusi economici della Cina e a contrastare le sue azioni aggressive e coercitive, e a respingere l’attacco della Cina ai diritti umani, alla proprietà intellettuale e alla governance globale”. 

Gli scontri, finora principalmente diplomatici, hanno avuto alcune ripercussioni economiche e di mercato, spiega il gestore. Secondo cui “gli investitori dovrebbero considerare la possibilità di un’eventuale escalation verso qualche forma di azione militare cinese in relazione a Taiwan, territorio da tempo rivendicato dalla Repubblica Popolare”. Taiwan è sede di molte delle principali aziende di elettronica e semiconduttori del mondo, i cui clienti includono grandi aziende occidentali. Qualsiasi possibile crisi di Taiwan in futuro “sarebbe destabilizzante a livello globale. Al di fuori di questi rischi geopolitici, tuttavia, c’è un brillante futuro commerciale per l’isola, con la produzione di elettronica per veicoli elettrici che costituisce solo un esempio di un’area di crescita potenzialmente redditizia”.

Tuttavia, quando si tratta di iniziative militari all’estero, la Cina è tipicamente cauta, a differenza della sua vicina Russia che ama sfruttare tatticamente le finestre di opportunità individuate, ragiona Pidcock. Il partito comunista cinese è ben consapevole dei rischi delle campagne militari. “Se la Cina dovesse scommettere su Taiwan e fallire, potrebbe verificarsi un cambiamento politico generalizzato, con la perdita del potere da parte del partito comunista”, ragiona il gestore. Nel contesto attuale, prosegue Pidcock, “se gli investitori temono sempre più il rischio geopolitico intorno alla Cina, i Paesi più distanti dalla Cina, come l’India e l’Australia, potrebbero beneficiarne”

Cina, boom vendite al dettaglio: +34,2% a marzo, meglio attese

Nel mese di marzo, le vendite al dettaglio della Cina sono balzate del 34,2% su base annua, facendo meglio del rialzo pari a +28% atteso dal consensus. Dall’inizio del 2021, il dato è volato del 33,9%, meglio del +31,7% stimato e quasi invariato rispetto al precedente +33,8%.

Cina: Pil I trimestre vola del 18,3% su base annua per effetto Covid inizio 2020

Il Pil cinese è volato del 18,3% su base annua nei primi tre mesi del 2021, facendo lievemente peggio del balzo del 19% atteso dal consensus degli analisti intervistati da Reuters.Il forte rialzo si spiega con la contrazione significativa che aveva colpito l’economia cinese nel primo trimestre del 2020, quando il Pil scese del 6,8%, scontando la crisi innescata dall’esplosione della pandemia Covid-19.L’Ufficio nazionale di statistica ha reso noto, anche, che il Pil della Cina è salito del 10,3% nel primo trimestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019, ovvero di due anni fa.Nel quarto trimestre del 2020, l’economia cinese era cresciuta del 6,5%.Su base trimestrale il Pil ha riportato nei primi tre mesi del 2021 una espansione dello 0,6%, meno del +1,4% stimato e rispetto alla precedente crescita del 3,2%, rivista al rialzo dal +2,6% precedentemente riportato.

Cina: esportazioni +30,6% su base annua a marzo, sotto stime

 

Nel mese di marzo le esportazioni della Cina sono balzate su base annua del 30,6% in termini di dollari, deludendo tuttavia le stime degli analisti, che erano per un balzo del 35,5%. Le importazioni sono avanzate del 38,1% su base annua, molto più del +23,3% stimato dal consensus.

La povertà è stata sconfitta”: i segreti del trionfo della Cina

Nel 2020 il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ha annunciato la sconfitta della povertà: ecco la ricetta vincente di Pechino

 

Nel 2021 la Cina ha ufficialmente sconfitto la povertà. È questo l’anno da cerchiare in rosso sul calendario.

 
 

Per capire l’enorme impatto avuto dalle politiche cinesi, basti pensare che nel 2012, all’interno del Paese asiatico, si contavano quasi 100 milioni di poveri. Nel 2020, in piena pandemia, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ha annunciato la sconfitta della povertà in Cina. Un messaggio del genere non rappresenta soltanto una vittoria cinese, quanto del mondo intero.

Un evento epocale

Ma che cosa è successo in Cina? Il sottosviluppo cinese è stato gradualmente sconfitto grazie alla creazione di migliori condizioni di vita. La scelta vincente del governo è stata quella di dare forza alla “teoria delle forze produttive”, far lavorare le persone, creare ricchezza e rendere possibile una distribuzione su base individuale, mantenendo il controllo politico, e, al tempo stesso, favorendo la migrazione delle persone alle città. Tutto ciò ha indotto un circolo virtuoso che si è ripercosso sulla popolazione.Il più grande contributo della Cina alla sconfitta della povertà mondiale è stato aver trainato fuori dalle sacche della povertà centinaia di milioni di persone. Questo evendo ha due facce: rappresenta, da un lato, un pezzo di vittoria dell’umanità, mentre dall’altra, un esempio per tanti altri Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo.All’inizio di quest’anno, inoltre, la Cina ha posto in vigore il suo nuovo codice civile, uno strumento fondamentale per l’uguaglianza e per la protezione dei più deboli. Il più grande contributo della Cina alla sconfitta della povertà mondiale è stato aver trainato fuori dalle sacche della povertà centinaia di milioni di persone. Questo evendo ha due facce: rappresenta da una parte un pezzo di vittoria dell’umanità, dall’altra, un esempio per altri Paesi, soprattutto per quelli in via di sviluppo.

 

La scommessa elettrica di Warren Buffett sfonda in Cina: BYD vende più auto di Nio e Xpeng insieme

La casa automobilistica cinese BYD, che vede Warren Buffett tra i propri grandi azionisti, snocciola dati di vendita in Cina ben superiori rispetto a quelli delle start-up Nio e Xpeng che hanno ammaliato gli investitori di Wall Street nell’ultimo anno. BYD dal canto suo ha più che triplicato il proprio valore di mercato negli ultimi i 12 mesi. 
Le vendite di autovetture BYD alimentate a batteria hanno totalizzato 16.301 unità il mese scorso, pari a più del doppio delle consegne di Nio a marzo che sono state pari a 7.257 auto. L’altra start-up rivale Xpeng ha consegnato meno veicoli (5.102) anche se ha battuto le aspettative degli analisti, così come NIO.Considerando auto ibride e pure elettriche, BYD ha venduto più di 23.000 unità a marzo, portando il totale nel primo trimestre a 53.380 auto, a cui si aggiungono 49.394 unità di vendite di veicoli a combustibili fossili.

La scalata di BYD nell’elite auto mondiale

Fondata nel 1995 dal miliardario Wang Chuanfu, BYD è uno dei pionieri cinesi dell’EV e cavalca un’ondata di domanda di veicoli non inquinanti. Nata come produttore di batterie ricaricabili, BYD ora è la più grande casa automobilistica cinese per valore di mercato e ha raccolto 3,8 miliardi di dollari dal vendita di nuove azioni a gennaio per accelerare la sostituzione dei veicoli alimentati a benzina o diesel con veicoli a nuova energia e auto intelligenti.
BYD ha introdotto il suo modello Han a luglio 2020 e ha venduto 40.556 unità nella seconda metà dell’anno. BYD ha anche lanciato i suoi modelli Song Plus, Tang, e2 ed e3 nel corso della seconda metà del 2020.
BYD nei mesi scorsi era arrivata ad essere, prima del ritracciamento delle ultime settimane, la terza più grande casa automobilistica al mondo per valore di mercato dietro solo Tesla e Toyota. È anche il più grande produttore mondiale di autobus elettrici.
A fine marzo BYD aveva dato i numeri di bilancio 2020 che evidenziano un utile netto aumentato del 162% a 4,2 miliardi di yuan (644 milioni di dollari), con i ricavi operativi saliti a 153,5 miliardi di yuan. La società con sede a Shenzhen ha anche stimato che l’utile del primo trimestre segnerà fino a +166%.
Le azioni BYD, quotate a Hong Kong, hanno più che quadruplicato il valore l’anno scorso, anche se da allora sono diminuite di quasi il 40% rispetto ai picchi del 25 gennaio.

I numeri record del mercato auto cinese

Le immatricolazioni di auto complessive in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono salite a un livello record di 9,66 milioni. I dati diffusi ieri da Pechino evidenziano come le auto ad alimentazione alternativa rappresentano una quota del 6% (466.000 unità vendute). Tra queste l’81,5% sono elettriche grazie ai forti incentivi statali alla vendita di auto elettriche.
Le vendite di veicoli elettrici in Cina hanno raggiunto 1,37 milioni di unità l’anno scorso, secondo china association of automobile manufacturers.
Tesla, leader mondiale del mercato delle auto elettriche, non ha fornito i dati dettagliati sulle vendite in Cina. Settimana scorsa ha solo annunciato 184.800 di auto vendute a livello globale nel primo trimestre sottolineando la calda accoglienza della Model Y in Cina dove sta rapidamente progredendo verso la piena capacità di produzione. Secondo la China Passenger Car Association, la Model Y è stata il terzo veicolo elettrico più venduto in Cina a febbraio.
I consumatori cinesi appaiono i più consapevoli che il futuro della mobilità sarà elettrico. Secondo il Continental Mobility Study quasi 9 cittadini cinesi su 10 sono pronti a comprare un’auto elettrica, ossia tre volte di più rispetto ai consumatori francesi e tedeschi. Non mancano timori legati a temi quali la carenza delle stazioni di ricarica (63%) e la durata della batteria (59%), mentre il prezzo elevato è un fattore determinante solo per un cinese su cinque.

Invesco: ecco come cogliere le opportunità della crescita cinese

Le gemme nascoste in Cina sono da ricercare, secondo Justin Leverenz (Invesco), in molteplici società di svariati settori, tra cui ristoranti, assicurazioni, hotel, sanità, bevande, e-commerce, fintech e logistica

  7 Aprile 2021 – 7:50

La crescita impetuosa dell’economia cinese ha prodotto un ampio universo di interessanti opportunità d’investimento. Un contesto che ha favorito una certa effervescenza anche sui listini finanziari del Paese, con il rischio che possa sfociare in una bolla di mercato. “In quest’ottica, è opportuno analizzare il valore aggiunto di un approccio attivo in questi mercati, capace di separare l’illusione dalla realtà in modo da poter generare performance durevoli nel lungo periodo”, sottolinea Justin Leverenz, CIO Developing Markets Equities e Senior Portfolio Manager Invesco New York.

LA CINA, L’UNICA REGIONE IN CRESCITA NEL 2020

Nel 2020 la gestione tempestiva della crisi sanitaria da parte di Pechino, che ha permesso al colosso asiatico di diventare praticamente l’unica regione in crescita, ha attratto molti investitori verso l’azionario Cina. Ad essere premiati sono stati soprattutto i player cinesi più in vista e di successo, in segmenti come e-commerce, fintech, consegna di prodotti alimentari e sviluppo farmaceutico. “Investire in Cina nel lungo periodo è tuttavia complesso e richiede la valutazione del contesto storico nonché la comprensione delle circostanze politiche, delle risultanti economiche e del mercato azionario del paese”, fa sapere Leverenz.

LA BORSA DI SHANGHAI SENZA RENDIMENTI POSITIVI NEL DECENNIO

È innegabile che una combinazione di riforme strutturali efficaci, di elevati livelli di investimento, di una urbanizzazione sostenuta e di una migliore allocazione dei capitali possa supportare una crescita reale composta nei prossimi anni. Tuttavia, sebbene questo rappresenti uno scenario ideale per le azioni, non è certo che si trasformi in rialzi di Borsa. Basti pensare che, pur vantando un significativo incremento del PIL negli ultimi dieci anni, la Borsa di Shanghai, la principale della Cina, non ha generato rendimenti positivi per l’intero decennio conclusosi nel 2019.

INCLUSIONE DELLE A-SHARES NEGLI INDICI MSCI

Tra le ragioni di questa deludente performance figurano sia la base di investitori retail, che hanno trattato la Borsa come un casinò, e sia una prevalenza di grandi imprese a partecipazione statale con politiche di corporate governance poco inclini a premiare gli interessi degli azionisti di minoranza. Negli ultimi anni, tuttavia, l’inclusione delle A-shares cinesi negli indici MSCI e l’apertura delle piattaforme Hong Kong Stock Connect, hanno accelerato la diffusione dei titoli azionari cinesi nei portafogli internazionali. Inoltre, molte aziende cinesi di alta qualità si sono quotate, preferendo i listini della Cina continentale e di Hong Kong.

APPROFITTARE DELLE OPZIONI FUTURE

Si sono venute a creare solide possibilità per elevare la qualità delle società quotate e incrementare le opportunità di investimento per gli investitori attivi. “La nostra attenzione è rivolta alle aziende posizionate meglio per prosperare, caratterizzate da servizi unici, vantaggi competitivi sostenibili e solide governance. Società che, inoltre, disporranno di flussi di cassa e bilanci in grado di sostenere l’investimento nel contesto attuale e di approfittare delle opzioni future”, riferisce il manager di Invesco.

UN APPROCCIO MULTIDIMENSIONALE E DIVERSIFICATO

Secondo Leverenz alla luce delle valutazioni attuali raggiunte dai titoli che hanno cavalcato al meglio l’opportunità creata dall’emergenza Covid nel 2020 e da inizio anno, il valore nascosto è ora soprattutto da ricercare in altre molteplici società cinesi di svariati settori, tra cui ristoranti, assicurazionihotel, sanità, bevande, e-commerce, fintech e logistica. “Per individuarle, i nostri investimenti nelle società di questi settori non sono basati su un approccio tematico, bensì su una rigorosa ricerca bottom-up sui singoli titoli, ponendo l’enfasi sull’identificazione di imprese di alta qualità con valutazioni a livelli adeguati: aziende target che si candidano a rappresentare ottimi investimenti sul lungo periodo”, rivela CIO Developing Markets Equities e Senior Portfolio Manager di Invesco che promuove un approccio multidimensionale e diversificato per cogliere la crescita cinese e le opportunità di investimento sui mercati emergenti.

Le big del dragone in una morsa: “Dalla Sec al governo cinese”

La “guerra” economica tra USA e Cina si combatte anche in borsa. Ecco cosa sta accadendo a Wall Street.

Con l’arrivo dell’amministrazione Biden, buona parte degli analisti aveva scommesso su un addolcimento dell’asse con la Cina e tutto ciò ha portato a un terremoto in borsa nei giorni scorsi quando la Sec, l’organismo di vigilanza della borsa negli Stati Uniti, ha gelato gli investitori con la forte presa di posizione e la netta accelerazione nel voler rimuovere dal listino a stelle e strisce i titoli di società straniere che non rispettano la normativa americana di auditing.Queste misure derivano da una proposta di legge dell’amministrazione Trump firmata lo scorso dicembre la “Holding Foreign Companies Accountable Act”. La Sec procederà a chiedere informazioni alle società, che dovranno dimostrare di non essere controllate da enti governativi esteri e soprattutto dovranno dichiarare l’eventuale presenza di un membro del partito comunista cinese all’interno del cda.L’assurdo come riportato da numerosi esperti è che molte aziende cinesi non potranno molto probabilmente rispettare le leggi contabili USA, perché andrebbero dall’altra parte contro le normative di Pechino. Di fatto il governo cinese non ha nessun interesse a mostrare dati di bilancio di aziende cinesi che svolgono ruoli di interesse per la sicurezza nazionale.Se tutto ciò non bastasse, dall’altra parte dell’oceano Pechino continua a mettere i bastoni tra le ruote all’innovazione del paese. Per menzionare Jack Ma, è evidente che sia scomodo avere un’azienda privata che ha in mano metà delle transazioni elettroniche del paese.Ant Group il braccio fintech del gigante Alibaba, ha dovuto cedere alla stretta dell’antitrust cinese che aveva misteriosamente bloccato l’Ipo da 36 miliardi di dollari sulla borsa di Shanghai e Hong Kong appena due giorni prima e ora è costretta a cambiare la struttura societaria e diventare una holding finanziaria.In questo contesto è bastato solamente lo spettro del delisting per infiammare i big tech cinesi, andiamo a vedere che ripercussioni hanno avuto le quotazioni di Alibaba e Baidu.

Analisi Titoli

Partiamo dal gigante Alibaba, strettamente collegato a Ant Group, ha preso lui l’immagine di facciata del crollo delle big, dai massimi dell’anno ha perso circa il 30%. È evidente che negli ultimi anni ha avuto rallentamenti nella crescita in borsa a causa delle diatribe tra i governi dei due paesi, che inevitabilmente hanno tenuto gli investitori più prudenti nell’esporsi in titoli cinesi al centro di scandali.Ma a livello di fondamentali rimane lo stesso titolo estremamente interessante e con grandi prospettive di crescita, da monitorare ma da cui star lontani per il momento ma come è bene star lontano da qualsiasi titoli immischiato in scandali o problemi.Sul quadro settimanale, il livello cardine è l’area dei 200 dollari. Sul breve e medio termine il quadro tecnico si è leggermente indebolito, ma sul lungo termine il trend rialzista è ancora valido.Passiamo ora a Baidu, titolo che venerdì è stato tra i più bersagliati dalle vendite a Wall Street, arrivando a perdere il 48% dai massimi dell’anno. Il quadro tecnico qui è nettamente differente da quello di Alibaba; siamo di fronte a un titolo nettamente più speculativo, che dai minimi di marzo era arrivato a guadagnare più del 300%. Tuttavia, se guardiamo con attenzione il quadro settimanale, si può notare che sul lungo termine, con il ritorno sotto l’area dei 300 dollari, il titolo risulta essere in laterale, ma invece sul breve termine è ancora rialzista.  

Cina: indice Pmi manifatturiero in continua espansione. Balzo Pmi servizi con boom costruzioni

Diramato il dato ufficiale relativo al settore manifatturiero della Cina. Nel mese di marzo l’indice Pmi manifatturiero del paese è migliorato a 51,9 punti, rispetto ai 50,6 punti di febbraio, facendo meglio dei 51,2 punti attesi dagli analisti.Il dato conferma la fase di espansione dell’attività manifatturiera del paese, in quanto superiore ai 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e di espansione (valori al di sopra) dell’attività economica.Forte miglioramento anche dell’indice Pmi servizi, a 56,3 punti rispetto ai 51,4 punti di febbraio, ben al di sopra dei 52 punti attesi, con il sottoindice delle costruzioni volato a 62,3 punti, rispetto ai 54 punti precedenti. Il PMI Composite è salito a 55,3 punti dai 51,6 punti di febbraio.

Cina: produzione industriale vola del 179% a gennaio-febbraio

Nel periodo gennaio-febbraio la produzione industriale della Cina è volata del 179% su base annua. Il balzo si spiega con la pandemia da Covid-19, che ha colpito il paese per primo, costringendolo a varare misure di lockdown già nei primi due mesi del 2020. Dal dato è emerso che i profitti delle aziende cinesi sono balzati nello stesso arco temporale del 72,1% rispetto ai livelli del 2019.

Schiaffo Sec contro Cina: minaccia delisting Alibaba, Baidu fresca di Ipo & Co. E ‘in casa’ lancia inchiesta sulle SPAC

Doppia stretta della Sec, contro i giganti cinesi quotati sia a Wall Street che alla borsa di Hong Kong, ma anche contro il mondo delle Spac che sta proliferando in Usa. L’Autorità americana di Borsa ha contattato alcune banche americane, allo scopo di ottenere informazioni sul loro coinvolgimento nella creazione -finanziamento -di società di acquisizione a scopo speciale, le Spac, per l’appunto. A tal proposito, occhio all’alert Spac Mafia che è stato lanciato da Forbes qualche mese fa.
Vale la pena rispolverare il concetto di Spac.

Si tratta di strumenti che sono stati concepiti per la quotazione in borsa di aziende senza ricorrere all’iter tradizionale dell’Ipo.
Stando a quanto ha riportato il Financial Times, nei primi nove mesi del 2020, le SPAC americane hanno raccolto $41,7 miliardi, ovvero il 44% di tutte le offerte pubbliche, tant’è che ormai si parla di SPAC mania. Negli ultimi 15 mesi, è stato raccolto in tutto un capitale di $156 miliardi, spalmato in diversi settori.
Sostanzialmente, la SPAC raccoglie fondi per acquistare una società privata e portarla poi in Borsa. Ma, nel momento in cui vengono create, spesso questi veicoli di investimento non hanno neanche idea di ciò che acquisteranno: sanno che faranno uno shopping, ma non necessariamente quale.
In questo modo è nata per esempio Nikola, società che finora non ha prodotto ancora nulla.
Riguardo all’inchiesta della Sec, due fonti sentite dalla Cnbc hanno riportato che l’autorità ha chiesto alle banche di fornire informazioni su base volontaria, indicando così che l’indagine non ha preso ancora la forma di una richiesta formale.
Tuttavia, una di queste fonti ha riferito che le missive sono state spedite dalla divisione della Sec deputata al rispetto delle disposizioni (quella di enforcement), fattore che lascia pensare che la mossa potrebbe essere solo il primo passo di un processo formale di indagine più ampio.
La Sec avrebbe chiesto per la precisione dettagli sulle commissioni percepite per la creazione delle Spac, sui volumi delle transazioni e su quali controlli le banche avrebbero varato per monitorare l’iter della nascita di questi strumenti.
Tra le banche più attive nel mondo delle SPAC, saltano all’occhio i nomi di Goldman Sachs e di Citi e anche della tedesca Deutsche Bank.
Ma la Sec nelle ultime ore si è messa in evidenza anche per aver adottato, stando a quanto riportato sempre dall’agenzia Reuters, alcune misure volte a rimuovere dai listini azionari americani i titoli di società straniere che non rispettano la normativa americana di auditing.
L’assunto normativo è rappresentato da una proposta di legge firmata lo scorso dicembre dall’ex presidente americano Donald Trump (la Holding Foreign Companies Accountable Act). La Sec chiederà anche alle società di dimostraredi non essere controllate da un’entità governativa straniera e di indicare i nomi di qualsiasi esponente del cda che dovesse appartenere al partito comunista cinese.
La notizia, riportata dall’agenzia di stampa Reuters, ha fatto crollare titoli dei giganti cinesi quotati sia a Wall Street che alla borsa di Hong Kong: Baidu, fresca del lancio dell’Ipo, è scivolata del 9% all’inizio delle contrattazioni, Alibaba Group Holding ha perso il 4,2%, JD.Com ha fatto -4,45% e Netease -3%.
“Molti investitori pensavano che, con l’amministrazione Biden, gli Stati Uniti avrebbero mostrato un atteggiamento più amichevole nei confronti della Cina e che le cose si sarebbero fatte più semplici. Ma questa notizia dimostra che sarà dura comunque”, ha commentato il managing director di Wealthy Securities, Louis Tse.
Alcuni analisti interpellati dalla Reuters hanno sottolineato inoltre come diverse società cinesi quotate in Usa potrebbero non riuscire ad osservare in ogni caso le regole contabili degli States, in quanto così facendo rischierebbero di violare la normativa cinese.
“E’ piuttosto difficile per la Cina mostrare i bilanci di tutte le società quotate in Usa alle agenzie di regolamentazione americane, soprattutto nel caso di quelle società che operano nel settore della sicurezza nazionale o che gestiscono dati nazionali”, ha commentato Kenny Ng, strategist di Everbright Sun Hung Kai.

BlackRock aumenta l’esposizione sull’azionario cinese

Nel commento settimanale, la grande casa d’investimento considera la recente debolezza del mercato cinese come l’opportunità per cogliere un attraente punto di ingresso

24 Marzo 2021 

 

Sull’azionario cinese è opportuna un’allocazione strategica più forte di quella espressa dal peso della superpotenza negli indici globali, e la recente debolezza del mercato va vista come un’opportunità di ingresso attraente per l’investitore. Il tutto nel contesto globale di mercato che vede la Federal Reserve americana dichiaratamente disposta a tollerare le attese di ritorno dell’inflazione limitandosi a vedere se si materializzano. Per questo ora il mercato guarda ai dati in arrivo sull’attività manifatturiera e dei servizi nelle economie sviluppate, per misurare la forza della ripartenza delle economie.

SOVRAPPESARE L’ESPOSIZIONE STRATEGICA

Sono i punti chiave del commento settimanale di mercato del BlackRock Investment Institute, focalizzato sull’analisi degli asset cinesi. La recente debolezza dell’azionario è stata causata da timori di una stretta della politica monetaria e fiscale, dopo che la Cina ha trainato la ripartenza dell’economia globale, favorendo così il ritorno alla normalità. Un quadro che a livello globale vede pressioni sugli asset a rischio causate dal movimento al rialzo dei rendimenti dei Treasury americani. Ma BlackRock ritiene che un’eventuale stretta in Cina sarà comunque moderata e mantiene una esposizione strategica sovrappesata rispetto ai benchmark.

VERSO UN NUOVO ORDINE BIPOLARE

BlackRock ritiene che stia prendendo sempre più forma un nuovo ordine bipolare e che per questo gli investitori debbano mantenere un’esposizione su entrambi i motori della crescita globale, vale a dire Cina e USA. La Cina è inoltre ancora sotto-rappresentata negli indici globali pesando meno del 10% sia sull’MSCI ACWI che sul Bloomberg Barclays Global Aggregate Bond Index. BlackRock osserva che la relativamente bassa correlazione tra gli asset cinesi rispetto al resto del mondo offre benefici in termini di diversificazione e sottolinea che le azioni cinesi di Classe A in particolare hanno mostrato una bassa correlazione con l’azionario dei mercati sviluppati.

IMPROBABILI STRETTE MONETARIE ECCESSIVE

Anche la dinamica dei bond governativi cinesi racconta una storia simile, con rendimenti decisamente superiori rispetto a quelli del debito statale dei mercati sviluppati. L’uscita dalla pandemia, inoltre, apre la strada al ritorno a una forte crescita economica, con gli ultimi dati che indicano come la resilienza cinese sia stata sottostimata. Questo ha indotto le autorità politiche e monetarie ad alzare la guardia, ma BlackRock non crede che questo condurrà a strette eccessive sia fiscali che monetarie. Anche il fatto che Pechino abbia mantenuto un target di crescita prudente a sopra il 6% nel 2021 indica che punta più sulla crescita nel lungo termine che sulla massimizzazione dei risultati nel breve.

CINA SEPARATA DALL’UNIVERSO EMERGENTE

BlackRock tiene comunque ben separata l’esposizione alla Cina rispetto agli altri mercati dell’universo emergente e vede una crescita guidata da aziende di alta qualità in grado di beneficiare dei trend di lungo termine, inclusa anche la transizione climatica. Anche tatticamente, BlackRock preferisce sovrappesare l’azionario e l’obbligazionario cinese rispetto al resto dell’Asia, Giappone escluso.

L’America di Biden vara la più grande stangata fiscale dall’era Clinton, così fa un regalo alla Cina

L’amministrazione Biden studia un piano di aumento delle tasse sui redditi alti e non solo. L’obiettivo è di fare cassa, ma anche di perseguire un malinteso senso di giustizia sociale.

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La riforma fiscale di Joe Biden

A distanza di pochi giorni dall’approvazione del piano di stimoli per 1.900 miliardi di dollari al Congresso, l’amministrazione Biden inizia a svelare alcuni cardini della sua riforma fiscale, che sta assumendo sempre più le sembianze di una vera e propria stangata. Di sicuro, sarà il più pesante aumento delle tasse dal 1993, l’anno in cui alla presidenza debuttava Bill Clinton. Scartata l’ipotesi di una patrimoniale, suggerita dalla democratica liberal Elisabeth Warren, la presidenza ha promesso in cambio che cercherà di aumentare la base imponibile per l’imposta sui fabbricati. Nel mirino vi sono particolarmente i contribuenti percettori di redditi superiori ai 400.000 dollari l’anno. Per loro, l’aliquota tornerà al 39,6% dal 37% a cui era stata abbassata sotto l’amministrazione Trump.Tax Foundation stima che l’1% dei contribuenti più ricchi negli USA percepirà un reddito post-imposte dell’11,3% più basso. Non è finita, perché sopra i 400.000 dollari scatterà il pagamento della “payroll tax”, il contributo destinato a finanziare la “Social Security” e che quest’anno grava sui primi 142.800 dollari di reddito. Parliamo di un’aliquota di ben il 12,4%, versata per meno dall’impresa e per l’altra metà dallo stesso lavoratore.E le stesse imprese non saranno risparmiate. A loro carico vi sarà una corporate tax” al 28% dal 21% a cui era stata abbassata sotto Donald Trump. Prima del tycoon, l’aliquota era del 35%. Non solo. Chi percepisce redditi sopra 1 milione di dollari verrà sottoposto alle aliquote gravanti sui redditi delle persone fisiche, anziché a quella più bassa della “corporate tax”. Trattasi di cattive notizie per i piccoli investitori sui mercati finanziari.

Il presidente Biden farà schiantare nuovamente i prezzi del petrolio sui mercati?

Cresce anche la pressione fiscale negli stati

Come se non bastasse, diversi stati stanno varando piani di inasprimento fiscale.

La Pennsylvania vorrebbe elevare dal 3,07% al 4,49% l’addizionale sui redditi a partire da luglio, ma al contempo introducendo detrazioni fiscali, così che il 67% dei contribuenti non dovrebbe subire alcun aggravio o beneficerebbe di un taglio del carico fiscale. I rappresentanti democratici di stati ricchi come New York e New Jersey hanno proposto di rimuovere il limite dei 10.000 dollari alle detrazioni fiscali, sostenendo che molte famiglie del ceto medio sarebbero ad oggi danneggiate da questa limitazione. E sempre a New York, l’Assemblea domenica scorsa ha imposto un addizionale dell’1% sui “capital gain” per i redditi sopra 1 milione.Nell’insieme, emerge un quadro piuttosto allarmante per la società americana. La stangata fiscale in arrivo colpisce direttamente i percettori di redditi alti, ma le conseguenze saranno negative anche per tutti gli altri contribuenti. L’aumento delle imposte sulle imprese, ad esempio, dissuaderà le multinazionali dal tornare a produrre in patria, ponendo un freno al “reshoring” post-pandemico. La Cina si è rivelata inaffidabile in era Covid, prima nascondendo la gravità della pandemia, successivamente i dati sui contagi e sulla loro reale velocità di diffusione. Peraltro, il “lockdown” imposto a Wuhan ebbe come conseguenza immediata l’interruzione della catena produttiva, generando carenza di alcuni beni sui mercati avanzati importatori.

Il Coronavirus è la tempesta perfetta che pone fine alla globalizzazione?

Un colpo al successo USA dopo il Covid?

Nell’idea di Trump, la globalizzazione avrebbe dovuto essere fondata su altre basi, vale a dire sulla regionalizzazione delle produzioni. Questo processo diventerebbe meno probabile con la stangata fiscale. I costi per le imprese aumenterebbero, a fronte del beneficio di lasciare un mercato meno rigidamente regolamentato sul fronte della legislazione ambientale e dei diritti sociali. Inoltre, aumentare le aliquote equivale a ridurre i margini a disposizione per gli investimenti.Venendo alle persone fisiche, la riforma Biden disincentiverebbe al risparmio e agli investimenti di natura finanziaria. In borsa fluirebbero minori capitali.E questo sarebbe un problema per il futuro della previdenza, in quanto ciò colpirebbe i rendimenti offerti dai fondi pensione agli iscritti. In sostanza, più tasse oggi e pensioni più basse domani. In generale, gli stessi consumi si contrarrebbero. Data la platea dei contribuenti colpiti, non si ridurrebbero quelli ordinari, ma con ogni probabilità gli altri legati al “luxury”, al settore viaggi, benessere, tempo libero, etc.Per concludere, i democratici al governo stanno perseguendo l’idea di una società più egualitaria, picconando le basi su cui si regge il successo del capitalismo americano. Qualcuno troverà esagerato tale constatazione, notando come l’economia a stelle e strisce crebbe decisamente anche dopo la stangata di Clinton. Vero, ma quella era un’era molto diversa da quella attuale. I mercati non erano ancora del tutto aperti, l’Unione Sovietica si era appena dissolta, lasciando nell’ex “impero del male” un misto di vuoto e caos, mentre la Cina si mostrava una potenza marginale, fuori dal commercio mondiale e arretrata. In sostanza, nell’era Clinton la competizione ancora era tutta con Europa, sud-est asiatico e Australia. Poca roba. Oggi, le economie emergenti incidono per quasi metà del PIL mondiale e la Cina si appresta a sorpassare il PIL americano da qui a pochi anni. L’aumento delle tasse sembrerebbe l’ultima idea che servirebbe all’America per restare “great”.

Davvero la Cina sta per superare l’America per ricchezza dopo l’emergenza Covid?

La ricetta di JP Morgan per investire in Cina

In un’economia sempre più guidata dai consumi, l’approccio azionario di JP Morgan Asset Management è basato sui trend di lungo termine di tecnologia, healthcare e green

L’economia cinese è e sarà sempre più guidata dai consumi, generando opportunità di investimento azionario nei trend di lungo termine di tecnologia, healthcare e anche della transizione green. Per questo gli investitori che guardano alla Cina dovrebbero concentrarsi sul lungo termine e sulle prospettive di crescita intrinseche di questa fiorente economia. Nel breve, è probabile anche a una performance migliore di alcuni titoli pro-ciclici e sensibili agli stimoli, ma le prospettive di crescita strutturale nei mercati cinesi rimangano allettanti per gli investitori focalizzati sul lungo termine.

IL TEMA CHIAVE DELLA NORMALIZZAZIONE

Lo sottolinea Rebecca Jiang, co-manager di JPMorgan Funds – China A-Share Opportunities Fund, che rappresenta appunto uno strumento per cogliere queste opportunità, seguendo il tema chiave della normalizzazione. La ripresa è ben avviata e si è estesa alle esportazioni e ai consumi, mentre le politiche di stimolo dovrebbero gradualmente attenuarsi dando così la priorità a una crescita più sostenibile, di qualità superiore e limitando ulteriormente la leva finanziaria sistemica.

DOMANDA DI PRODOTTI DI QUALITÀ

Jiang ricorda che come per molte economie, anche in Cina la pandemia ha accelerato trend strutturali in atto, e vede le opportunità più interessanti nei consumi, nella tecnologia e nell’healthcare, settori che stanno capitalizzando sulla transizione del paese verso un’economia più orientata al mercato interno. L’accumulo di ricchezza, i conseguenti miglioramenti dello stile di vita e una maggiore domanda di prodotti e servizi di qualità hanno creato inoltre un contesto costruttivo per i consumi di base come i latticini, gli snack e i condimenti.

TECNOLOGIA SEMPRE PIÙ PRESENTE

Lo spostamento verso prodotti premium sta gradualmente guidando la crescita, insieme allo sviluppo dell’online in tutte le sue declinazioni, supportato dalla sempre maggior penetrazione della banda larga. Anche il turismo interno sta riprendendo slancio e potrebbe sostenere il consumo offline a vantaggio delle industrie legate al settore, come la Hainan Duty Free Sales. Ma la tecnologia è sempre più presente nella vita quotidiana anche oltre gli smartphone e l’e-commerce, con l’intelligenza artificiale e il cloud computing.

OPPORTUNITÀ NELL’ENERGIA PULITA

Altre interessanti opportunità sono segnalate dalla Jiang nell’energia pulita. Oltre all’impegno di essere a emissioni zero entro il 2060, la Cina è diventata leader nei veicoli elettrici e nelle apparecchiature per l’energia solare, per cui il portafoglio del China A-Share Opportunities Fund guarda ai titoli lungo la catena del valore come Yunann Energy New Material, che produce separatori per le batterie dei veicoli elettrici, ritenendo che questa sia un’area interessante con un rapido potenziale di crescita.

SANITÀ ALTRO TARGET DI LUNGO TERMINE

Anche la domanda sanitaria a lungo termine è un target del fondo JP Morgan, spinta da aspettative dei consumatori in continua crescita e dall’attenzione al miglioramento della spesa sanitaria, che rimane una chiara tendenza strutturale per gli investitori, specialmente in aree come i test clinici in outsourcing, la diagnostica e le vaccinazioni. L’ammodernamento dell’infrastruttura sanitaria accelerato dalla pandemia fornisce sostegno alla crescita di società come Shenzhen Mindray, produttore di apparecchiature mediche che hanno avuto un successo crescente nei mercati di esportazione, data l’attenzione su ricerca e sviluppo.

 

Azionario Asia: borsa Tokyo in lieve rialzo, Nasdaq cinese -4,5%. Fari puntati su Fed, dot pot e probabile upgrade Pil Usa

L’indice Nikkei 225 della Borsa Tokyo ha chiuso la prima sessione della settimana in rialzo +0,17% a 29.766,97 punti. Male le borse di Hong Kong e di Shanghai, che hanno scontato i sell off sui titoli tecnologici. Lo Shanghai Composite ha ceduto -1,5% circa, il CSI 300 è scivolato del 2,7% e il ChiNext, conosciuto come il ‘Nasdaq cinese’, ha segnato un tonfo fino a -4,5%. L’Hang Seng di Hong Kong ha limitato i danni con una performance praticamente piatta.Market mover cruciale di questa settimana, per l’intero azionario globale, sarà il meeting del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, che si riunirà nei giorni di martedì 16 e mercoledì 17, per poi comunicare la decisione sui tassi mercoledì.Alcuni analisti prevedono che il presidente della Fed Jerome Powell & Co rivedranno al rialzo l’outlook sul Pil Usa a seguito del bazooka fiscale da $1,9 trilioni firmato dal presidente americano Joe Biden, la scorsa settimana.Determinante per l’andamento dei mercati, che continuano a scontare i timori di un brusco ritorno dell’inflazione Usa, sarà la pubblicazione del dot plot, il documento in cui ogni trimestre gli esponenti della Fed indicano quali saranno i livelli che, a loro avviso, i tassi di interesse testeranno nel breve, medio e lungo termine.“Alcuni esponenti del Fomc potrebbero pensare che i tassi dovrebbero essere alzati più presto rispetto a quanto anticipato nel mese di dicembre”, hanno scritto gli analisti di ANZ Research in una nota.Occhio alla borsa di Tokyo sul titolo del gigante tecnologico giapponese Rakuten, balzato fino a +24% dopo l’annuncio con cui la società, lo scorso venerdì, ha reso noto che offrirà nuove azioni per raccogliere nuovo capitale per $2,2 miliardi, al fine di competere con le rivali americane.Il Japan Post acquisirà una partecipazione nel capitale pari a +8,3%, la cinese Tencent rileverà il 3,6% e il gigante retail americano Wal-Mart una quota dello 0,9%.Rakuten è attiva in ben 70 business diversi, tra cui quelli dell’e-commerce, delle reti mobili, del video streaming e del fintech.

Diversi i dati diffusi dal fronte macroeconomico della Cina.

Boom per il dato relativo alla produzione industriale della Cina che, nei mesi di gennaio e febbraio, è balzato del +35,1% su base annua, oltre il +30% atteso dal consensus. Il trend si spiega con i numeri pessimi dello stesso dato nel periodo gennaio-febbraio del 2020, quando la Cina ha sperimentato per prima, rispetto al mondo, gli effetti devastanti sull’economia della pandemia del coronavirus. Rispetto al scorso dicembre del 2020, la produzione industriale dei mesi di gennaio-febbraio 2021 è salita dell’1,4%.Gli stessi motivi che sono alla base del boom della produzione industriale spiegano i trend dei dati delle vendite al dettaglio e degli investimenti fissi in Cina. Nei due mesi di gennaio e febbraio del 2021, le vendite al dettaglio della Cina sono volate del +33,8% su base annua, rispetto al +32% atteso dal consensus. Rispetto al scorso dicembre del 2020, le vendite al dettaglio cinesi dei mesi di gennaio-febbraio 2021 sono scese dell0 0,8%. Sempre nei due mesi di gennaio e febbraio del 2021, gli investimenti in asset fissi della Cina sono balzati del 35% su base annua, al di sotto del +40,9% atteso dal consensus degli analisti. Rispetto al scorso dicembre del 2020, il dato è salito del 5%.Infine, nel mese di febbraio, i prezzi delle nuove case sono saliti in Cina dello 0,5% su base mensile, accelerando il passo rispetto al precedente aumento dello 0,3%. Su base annua, l’incremento è stato del 4,3%, rispetto al +3,9% di gennaio. In generale, i prezzi delle nuove case sono saliti a febbraio in 64 delle 70 principali città della Cina, rispetto ai 53 casi del mese precedente.Dal fronte macro del Giappone, reso noto l’indice del settore terziario,sceso dell’1,7% su base mensile, rispetto al -0,6% stimato dal consensus. Il dato, che monitora le condizioni di salute del settore dei servizi – il più colpito dalla pandemia del coronavirus Covid-19 – è peggiorato rispetto al precedente calo dello 0,4%.

GAM: resta intatto il potenziale del mercato azionario cinese

E resta anche irreversibile la trasformazione dell’economia verso produzioni ad alto valore aggiunto. Lo sottolinea Paolo Mauri Brusa di GAM in un commento sulle strategie di investimento di Pechino

Il processo di trasformazione dell’economia cinese verso una produzione di beni ad alto valore aggiunto, indirizzati sia al mercato domestico sia a quello internazionale, nel solco della “dual circulation strategy”, resta intatto ed è ormai irreversibile. Così come intatte restano le potenzialità del listino azionario cinese. Lo sottolinea un commento di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM SGR, dedicato alle più recenti indicazioni del governo e dell’élite politica ed economica di Pechino, che confermano ingenti investimenti infrastrutturali incentrati su sviluppo tecnologico e trasformazione delle aree rurali.

FLESSIBILITÀ PAROLA CHIAVE

Dal piano emerge la necessità di mantenere sotto controllo il livello d’indebitamento nel settore immobiliare, che richiede rigore e flessibilità, per non pesare su una ripresa economica ancora vulnerabile. Per questo, osserva l’esperto di GAM, diversamente dal passato quando tutto era attentamente pianificato e programmato, la parola chiave nelle azioni di governo e Banca centrale sarà “flessibilità”, che si declinerà sia nel consolidamento del deficit di bilancio, sia nel target di crescita del PIL, sia nella crescita dell’aggregato monetario.

TENERE SOTTO CONTROLLO LA BOLLA IMMOBILIARE

Mauri Brusa sottolinea che l’obiettivo non è di rallentare la crescita del credito tout court, ma tenere sotto controllo la bolla immobiliare, come dimostra la grande enfasi posta nuovamente sui programmi di investimento infrastrutturali, da quelli tecnologici, come 5G e treni ad alta velocità, a quelli legati allo sviluppo delle aree rurali. Resta così intatto, ed è ormai irreversibile, il processo di trasformazione dell’economia cinese verso la produzione di beni ad alto valore aggiunto, indirizzati sia al mercato domestico sia a quello internazionale, secondo la “dual circulation strategy”. Così come intatte, aggiunge Mauri Brusa, restano le potenzialità del listino azionario cinese.

PREZIOSA FINESTRA SULLA POLITICA

La riunione degli oltre 5.000 membri dell’élite politica ed economica cinese a Pechino di settimana scorsa per la più importante conferenza annuale, vale a dire “Le Due Sessioni”, o “Lianghui”, è stata seguita con grande attenzione dagli osservatori internazionali, poiché rappresenta una preziosa finestra sulla politica cinese e sulle priorità di Pechino per i successivi 12 mesi. Quest’anno l’importanza è ancora maggiore perché il 2021 è il primo anno interessato dal 14mo piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale.

STIME PRUDENZIALI SUL PIL

Lo scorso anno, causa pandemia, per la prima volta non era stato indicato l’obiettivo del PIL per il 2021, ma solo un livello minimo del 6%, sensibilmente inferiore alle stime degli analisti che prevedono un dato vicino all’8%. Ma l’approccio prudente del governo è abbastanza comprensibile, per la possibile recrudescenza del virus mentre la campagna vaccinale è ancora in corso, e nuovi lockdown nei grandi centri economici non possono essere del tutto esclusi. Il debito pubblico cinese, sempre causa pandemia, è salito al 45,8 % del PIL nel 2020, dal 38,5% l’anno prima, ma il livello resta comunque inferiore a quello di guardia del 60%. Il punto dolente, rileva Mauri Brusa, resta sempre lo stesso, il debito legato al settore immobiliare.

ONERE DEL DEBITO SOLO TRASFERITO

Le autorità hanno cercato per anni di canalizzare il credito verso altri segmenti dell’economia reale, ma con scarsa fortuna. Le politiche per prevenire la speculazione edilizia hanno rallentato l’acquisto di case, ma non la costruzione, spostando l’onere del debito dai privati alle aziende. La Banca centrale da gennaio ha iniziato a drenare liquidità a fronte di evidenti segnali di surriscaldamento, e questo ha indotto la recente debolezza del listino azionario cinese.

Schroders vede crescita dell’economia cinese ben sopra il target nel 2021

Nonostante l’obiettivo ufficiale sopra il 6% la storica casa londinese punta a un +9% sostenuto dall’impulso del credito ma vede un punto di flesso a metà anno

 12 Marzo 2021 
 

Gli investitori si interrogano sulle implicazioni del nuovo target di crescita che si è data la Cina per il 2021 indicando un PIL sopra il 6%, ma Schroders mantiene invariate le proprie stime che prevedono un aumento del PIL pari al 9% quest’anno. David Rees, Senior Emerging Markets Economist della storica casa londinese spiega in un commento che ciò che importa per le performance di mercati finanziari ed economie nel resto del mondo non è il target ufficiale di crescita della Cina, ma i cambiamenti nel ciclo economico sottostante. A questo proposito, l’esperto di Schroders cita l’impulso del credito e la crescita dell’aggregato monetario M1 reale, che sono stati generalmente indicatori molto più utili.

PUNTO DI FLESSO VERSO METÀ ANNO

Entrambi sembrano aver raggiunto il picco e quindi probabilmente inizieranno una tendenza al ribasso nei prossimi mesi, via via che la politica si inasprirà gradualmente. Queste considerazioni sono alla base della view di Schroders sul fatto che il ciclo economico in Cina raggiungerà un punto di flesso verso metà anno e la crescita del PIL rallenterà attorno al 5,7% nel 2022. Il fatto che il governo cinese, all’inaugurazione del Congresso Nazionale del Popolo una settimana fa, abbia fissato un nuovo target di crescita ufficiale “sopra al 6%” per il 2021 ha fatto sorgere secondo Schroders più domande che risposte, anche perché l’obiettivo è ben distante dalle stime della casa che prevedono un aumento del PIL pari al 9%.

LE AUTORITÀ CERCANO DI LIMITARE LE ASPETTATIVE

Una crescita attorno al 6% , spiega Rees, implicherebbe una brusca restrizione delle politiche quest’anno, anche se finora non ci sono stati molti segnali in tal senso. Per questo Schroders suppone che la crescita sarà ben superiore, e che le autorità stiano tentando di limitare le aspettative di lungo termine. I mercati finanziari comunque raramente si sono focalizzati sulle stime ufficiali di crescita, a causa dei timori riguardo alla loro accuratezza, e hanno invece reagito tendenzialmente di fronte a indicatori ciclici, come impulso al credito e aggregati monetari.

TARGET MENO AMBIZIOSI DEL PASSATO

Questi fattori, spiega l’esperto di Schroders, restano favorevoli nel breve termine ma, con segnali che sembrano indicarne un rallentamento, parte del supporto si affievolirà più avanti nell’anno. Se in passato i target di crescita sono generalmente sembrati troppo ambiziosi, questa volta è il contrario, nota Rees, citando le stime del consensus di Reuters che sono all’8,4%. Quest’anno la Cina potrebbe ottenere un PIL superiore al 6% con una crescita sequenziale pari a zero trimestre su trimestre, perché i potenti effetti di base, vale a dire i termini di raffronto, da soli sarebbero sufficienti a far aumentare il PIL in termini annuali.

NESSUN SEGNALE DI RESTRIZIONI IN ARRIVO

Secondo Rees, a meno che Pechino non stia pianificando di inasprire aggressivamente la politica e affondare l’economia, la crescita sarà molto più forte e le autorità stanno solo cercando di ancorare le aspettative a lungo termine e dissuadere un eccessivo ottimismo. Ma è difficile credere che il governo voglia scegliere attivamente di far crollare la crescita, proprio nell’anno del centenario del Partito comunista, e certamente non ci sono molte prove di restrizioni aggressive nei dettagli del nuovo piano economico.

POLITICA FISCALE NON AUSTERA

Inoltre, osserva in conclusione Rees, i target per ridurre il deficit fiscale portandolo solo al 3,2% rispetto al Pil e per tagliare l’emissione di titoli di Stato solo del 2% rispetto al Pil, al 6,5% dall’8,4% dell’anno scorso, sono meno austeri rispetto alle attese. Quindi, a meno che la politica monetaria non venga inasprita notevolmente, o che le autorità non intervengano pesantemente sui dati, la crescita del PIL sarà probabilmente ben maggiore rispetto al target ufficiale del 6% quest’anno.

La bussola di Amundi per investire sui mercati emergenti

La differenza la faranno i fondamentali sia nel reddito fisso che nell’azionario, ma l’universo emergente è eterogeneo, Cina e Asia sono sempre più il centro di gravità, ma la Russia scalpita

Gli investitori globali devono affrontare la sfida di trovare un discreto rendimento per i portafogli a reddito fisso in un mondo di tassi ultra-bassi o negativi e di avere una certa esposizione azionaria alla crescita ad un prezzo ragionevole. Gli asset dei mercati emergenti possono offrire opportunità perchè hanno il potenziale di sovraperformare rispetto ad altre classi di attivi nel 2021, sia in ambito azionario che nel reddito fisso. Ma gli investitori devono essere consapevoli dell’eterogeneità dell’universo emergente e della trasformazione che si sta verificando in quest’area commento.

PROSPETTIVA CROSS-ASSET

Yerlan Syzdykov, Global Head of Emerging Markets di Amundi, sppiega che ogni paese ha specifici driver, politiche monetarie e fiscali e scenari politici diversi, e che in un mondo in cui gli scambi globali stanno arretrando, i motori di crescita interni stanno diventando sempre più importanti. Il ruolo di Cina e Asia come motore di crescita globale e nuovo centro di gravità è diventato ancora più forte nel 2020, ma anche la Russia è intenzionata a svolgere un ruolo più forte. Secondo l’esperto di Amundi questi elementi vanno presi in considerazione nella costruzione di un’allocazione nei mercati emergenti, guardando alle opportunità in una prospettiva cross asset, per ottenere premi in termini di crescita e rendimento superiori e mitigare i rischi idiosincratici.

ATTESA CRESCITA AL 5,7-6,5%

Osservando in dettaglio l’outlook macro dei mercati emergenti per il 2021, l’esperto di Amundi sottolinea che le prospettive di una campagna di vaccinazione su larga scala sono favorevoli a una ripresa economica globale, di cui i paesi emergenti dovrebbero trarre vantaggio, con una crescita del PIL che la grande casa si attende per il 2021 al 5,7-6,5%. Ma il rimbalzo potrebbe essere irregolare anche con fasi di stop and go, a seconda della velocità di produzione dei vaccini e dell’evoluzione del virus, mentre non dovrebbero emergere tensioni inflazionistiche.

PREFERENZA PER HIGH YIELD E VALUTE LOCALI

Secondo l’analisi di Amundi, alcune banche centrali potrebbero continuare a utilizzare strumenti non convenzionali, come il QE, ma le misure fiscali hanno poco margine per i recenti nuovi picchi di indebitamento raggiunti da alcuni paesi. Anche i tassi americani e il dollaro sono aspetti fondamentali, così come l’atteggiamento della Cina da parte dell’amministrazione Biden. Amundi si aspetta anche una certa continuazione di forti fattori tecnici e afflussi a sostegno del debito emergente in valuta forte, ed esprime una preferenza per l’High Yield rispetto all’Investment Grade, mentre anche le valute locali hanno tutti gli ingredienti per performare bene nel 2021.

ATTENZIONE ALLE POLITICHE DI BIDEN

A supporto Amundi cita la bassa inflazione, banche centrali accomodanti e una ripresa ciclica, raccomandando attenzione all’evoluzione del dollaro. In questo quadro i paesi asiatici stanno spuntando più caselle di altri, mentre le materie prime si stanno riprendendo. Le aziende dei mercati emergenti offrono opportunità di carry, nonostante gli spread appaiano storicamente ristretti. Gli utili hanno recuperato durante l’ultimo trimestre del 2020. Gli investitori devono essere però selettivi nella scelta delle obbligazioni e prestare attenzione del nuovo governo americano e alle loro implicazioni sui tassi statunitensi.

FAVORITE LE AZIONI CICLICHE E VALUE

Sul fronte azionario, i mercati dovrebbero beneficiare di una dinamica di riaperture, della ripresa economica e di un miglioramento degli utili. Secondo Amundi le valutazioni dell’azionario emergente sono interessanti nell’attuale contesto, e privilegia alcune azioni cicliche o value. Approfondire le specifiche dei singoli paesi resta fondamentale. I mercati di frontiera, sostenuti dalla ripresa della Cina, sono per Amundi un’area interessante da tenere sotto osservazione, così come l’India per le sue prospettive di crescita nel lungo periodo, mentre anche lo sviluppo sul tema della New Silk Road rappresenta un’interessante opportunità di investimento nel medio periodo.

BIDEN XI …LA GUERRA COMMERCIALE CONTINUA!

Scritto il 16 Novembre 2021 alle 09:14 da icebergfinanza

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Una buona notizia per chi sognava la svolta, la guerra commerciale tra Cina e USA continua…

Con l’avvento del chierichetto Biden, nulla è cambiato in America, la guerra commerciale inaugurata da Trump continua, in alcuni casi addirittura accelera.

Nel complesso, la guerra commerciale si è svolta in cinque fasi tra il 2018 e il 2021. I primi sei mesi del 2018 hanno visto solo un moderato aumento delle tariffe. I mesi da luglio a settembre 2018 hanno comportato un forte aumento delle tariffe da entrambe le parti: le tariffe medie degli Stati Uniti sono aumentate dal 3,8 percento al 12,0 percento e le tariffe medie della Cina sono aumentate dal 7,2 percento al 18,3 percento. Nella terza fase, c’è stato un periodo di 8 mesi (dal 25 settembre 2018 al giugno 2019) di scarso cambiamento delle tariffe. Da giugno a settembre 2019, è iniziata un’altra serie di aumenti tariffari. Nell’attuale fase cinque, e nonostante l’accordo di fase uno, le tariffe tra i due paesi rimangono elevate e sono la nuova normalità.

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La sintesi dell’incontro virtuale tra il presidente cinese e quello americano è tutta qui… https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1460481060404441091&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F11%2F16%2Fbiden-xi-la-guerra-commerciale-continua%2F&sessionId=3f7c74555d6e7d42f22c55fb3c2b82b7384065f9&theme=light&widgetsVersion=f001879%3A1634581029404&width=550px

Biden ha ribadito a Xi che gli USA difenderanno i propri interessi e i propri principi con i loro partner, i lavoratori delle aziende americane e le stesse aziende dal commercio SLEALE e dalle pratiche economiche della Cina. 

Xi ha replicato che gli Stati Uniti la devono smettere dsi utilizzare male, il concetto di siscurezza nazionale per punire le aziende cinesi.

E tutti vissero felici e contenti, tranne che su Taiwanwar !

Nel frattempo sono usciti i dati cinesi, leggermente migliori delle previsioni, ma come ben sapete, si tratta pur sempre di dati da prendere con le pinze, se quelli americani spesso e volentieri sono ”aggiustati” figuriamoci quelli di un Paese comunista, ci manca solo che ci raccontino che nel mercato immobiliare tutto va bene.

Terribili invece sono quelli arrivati dall’economia giapponese, gli economisti si attendevano un calo del pil di appena un punto, 0,8% per la precisione e invece è crollato del 3 %.

I consumi privati sono scesi del 1,1 %

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Figuriamoci in Cina se con quello che è successo i dati possono essere positivi.

In inghilterra scende la disoccupazione, ma la notizia del giorno è quella che riguarda la Shell… https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1460403824024330249&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F11%2F16%2Fbiden-xi-la-guerra-commerciale-continua%2F&sessionId=3f7c74555d6e7d42f22c55fb3c2b82b7384065f9&theme=light&widgetsVersion=f001879%3A1634581029404&width=550px

Osservare gli olandesi, campioni europei di dumping fiscale, supplicare in ginoccho la Shell di restare, elemosinando qualche nuovo vantaggio fiscale, vale un biglietto di prima classe!

E meno male che dopo la Brexit, milioni di morti e caresti ovunque.

Ieri, nuovo massimo annuale del dollaro, si quello spacciato, quello finito, quello che doveva andare a 1.30 per la maggior parte di banche di affari, economisti e analisti.

Ora una pausa è necessaria!

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Rimbalzo tecnico per i tesorucci, tutto nei limiti che l’econofisica concede, come vedremo nel fine settimana.

Ora aspettiamo senza fretta la correzione dei mercati e poi nel fine settimana con un rapido aggiornamento uscirà l’ultimo manoscritto NOVEMBRE RAIN prima di OUTLOOK 2022, un anno che secondo noi ricalcherà in tutto e per tutto il 2018!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare

2 pensieri su “The Silk Road”

    1. Buongiorno c’è poco da aggiungere , la perdita del BOX 17500-20500 , il successivo pullback a 17500 ha confermato che l’indice non è riuscito a rientrare nel BOX arrivando puntuale al target ribassista a 14500 (dei 3000 punti di delta tra 17500-20500) abbastanza deludente l’andamento dell’ Indice Cinese che dopo 13048-20500 è tornato a 14500, certo non aiuta la Guerra Fredda tra USA e CINA e il Presidente Cinese vestito da Mao ancora meno.

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