Sell in May and Go Away ?

Eccoci a un nuovo appuntamento dedicato al piu’ conosciuto detto “Borsistico” visto l’approssimarsi del mese di Maggio :

Sell in May and Go Away ?

Sell in May and go away” è un adagio di investimento che avverte gli investitori di cedere le loro partecipazioni a Maggio e di aspettare a reinvestire a Novembre.Dal 1950 al 2020 il Dow Jones Industrial Average ha registrato rendimenti inferiori durante il periodo da Maggio a Ottobre,rispetto al periodo da Novembre ad Aprile.
 
Sell in May and go away” is an investment adage warning investors to divest their stock holdings in May and wait to reinvest in November. From 1950 to a 2020, the Dow Jones Industrial Average posted lower returns during the May to October period, compared with the November to April period.

Partiamo con alcune considerazioni :

Il 12 Febbraio 2021 come sapete siamo entrati nell’Anno del Bufalo D’Oro

2 0 2 1 : L’anno del Bufalo (ma d’ORO)

Memori di quanto accadde il 25 Gennaio 2020 con l’ingresso nell’anno del Topo avevamo piu’ volte sottolineato l’importanza di quella data , appunto il 12 Febbraio 2021 Capodanno Cinese .

ONLY SEVEN DAYS

Guardate allora cosa è accaduto sull’Indice Cinese solo 2 giorni dopo il Capodanno Cinese

CINATOP

Esattamente come accaduto il 25 Gennaio 2020 quando la Cina parlò per la prima volta in maniera ufficiale del Virus Corona Covid 19 è partita una forte correzione del 50% dell’intero move rialzista da 13048 a 20590 che al momento si è arrestata in data 11 Marzo 2021 a 16800 punti.

Il legame tra gli algoritmi che guidano l’Indice ( o se preferite le intelligenze artificiali che riescono a prevedere con largo anticipo i trend visto che esse stesse li “comandano” ) e il Capodanno Cinese è talmente evidente da non lasciare orma di dubbi.

E se andiamo a vedere il NASDAQ notiamo sempre il 14 Febbraio 2021 , sempre due giorni dopo il Capodanno Cinese , una forte correzione da 13905 NASDAQ = 338,34 QQQ terminata il 28 Febbraio 2021 a 12225 NASDAQ = 297,50 QQQ.

Sell Off che avevamo ipotizzato da area 330/340 nell’articolo che conoscete :

Invesco QQQ – QQQ.O :RISK OFF A 330/340$ ?

Quindi la correzione sul Nasdaq si è fermata ben 11 giorni prima di quanto accaduto all’Indice Cinese (28 Febbraio 2021 Nasdaq – 11 Marzo 2021 Indice Cinese ) e ovviamente questo ha determinato una discesa percentualmente inferiore ( da 13905 NASDAQ a 12225 NASDAQ 1690 punti circa 12% , contro un move correttivo dell’Indice Cinese da 20590 a 16800 di 3790 pari al 19,41%).

NASDAQ

Se fate mente locale ricorderete che lo scorso 2020 la correzione sui Mercati Americani partì il 20 Febbraio 2020 e si concluse il 19 Marzo 2021 ( Nel 2021 correzione Indice Cinese 14 Febbraio 2021 – 11 Marzo 2021 e NASDAQ 14 Febbraio 2021 – 28 Febbraio 2021 )

Solo coincidenze ?


SARA’ ANCHE VERO IL DETTO , SELL IN MAY AND GO AWAY , MA DA DUE ANNI A QUESTA PARTE FORSE SAREBBE BENE TENERE ANCHE BEN PRESENTE UN NUOVO DETTO CONIATO DA SFI :

SELL AT CHINESE NEW YEAR AND GO AWAY


Ma torniamo al NASDAQ.

Al contrario dell’Indice Cinese che ad oggi è ben lontano dai suoi massimi storici essendo ancora fuori dal Box 17500-20500 ,  il NASDAQ,si è non solo riportato ai precedenti massimi ma ne ha fatti di superiori, toccando 14071 NASDAQ = 342,0 QQQ.

Questo ci ha fatto particolarmente piacere visto che proprio questa era la nostra idea esposta il 20 Marzo 2021 nell’analisi che conoscete (Move 12615-14522 NASDAQ) :

The Italian Wolves and the Shark of Wall Street

Tutto questo mentre il target rialzista per lo Standard and Poor 4285 dell’analisi del 7 Dicembre 2019 si sta avvicinando sempre di piu’. E questa è una cosa da tenere in considerazione sopratutto visto il rialzo partito il 19 Marzo 2020 e di fatto ancora non concluso.

Standard and Poor 4196 <-Nuovo Top Storico

+1148 PUNTI DA RADICE HFT 048 = 3048 MIDPOINT.

89,4 PUNTI al TARGET 4285,4 di questa analisi

Standard and Poor 3046,4 MIDPOINT


E SIAMO A UN PASSO DALLE TRIMESTRALI TECH DELLE SOCIETA’ PIU’

IMPORTANTI

CHE NELLE PROSSIME OTTAVE ENTRERA’ NEL VIVO 


La prima ,come sicuramente saprete tutti è molto attesa  da tutti noi ed è quella di una delle società che maggiori soddisfazioni ha dato nel biennio 2019-2021 :

TESLA  che divulgherà i dati del primo trimestre il 26 Aprile 2021.

Per il resto a parte la Stagionalità che vede in APRILE (per FTSEMIB spesso i top di periodo ) e in Maggio ( per gli Indici USA terminate le trimestrali e il pagamento dei dividendi ) l’unica cosa certa che possiamo dire  è questa :

Il NASDAQ è al momento restato in un Box molto importante di 300 punti , quindi molto stretto , compreso tra 13750 e 14050 ,quindi gli ipotizzati Top 14150-14522 sono ancora raggiungibili.

E questo nonostante il sell off su Rumors di aumento della tassazione dei gain di Borsa che Biden sembrerebbe  avere intenzione di fare applicare. (ma tra il dire e il fare…..)

Gli INDICI USA e molti Indici Mondiali sono sui massimi storici assoluti .

Nonostante motivi GEOPOLITICI di ogni tipo dal 12 Febbraio 2021 siano apparsi di colpo :

Crisi USA-IRAN

Crisi Russia -Ucraina 

Guerra Fredda USA-CINA 

Guerra Fredda USA-Russia

Sommosse popolari in molti paesi Europei contro le restrizioni imposte da questa Pandemia 

Aumento del prezzo dei  Cereali costante da Agosto 2020  ( vi ricordiamo che i prezzi di queste materie prime l’ultima volta che aumentarono fortemente scatenarono la cosi detta Primavera Araba ,visto che MAIS , GRANO , RISO e SOIA sono alla base dell’alimentazione di molti popoli )

Commodities : GRANO – WHEAT

Commodities : CEREALI è arrivato il loro momento ?

Interi Popoli e Nazioni ridotti alla fame come LIBANO , SIRIA , KOREA già ad oggi.

E tutto questo ha una sinistra somiglianza nel parallelo 1961-2021 che abbiamo fatto e che stiamo aggiornando con gli avvenimenti principali nell’articolo che conoscete :

1961-2021 : Ci saranno delle analogie ?


A prescindere dai Motti Borsistici Storici :

SELL IN MAY AND GO AWAY

O dal Nuovo Motto Coniato da SFI TRADING ADVISOR :

SELL AT CHINESE NEW YEAR AND GO AWAY


sarà sicuramente consigliabile viaggiare a vista e con occhi ben aperti nella seconda metà del 2021 , sopratutto tenendo  in considerazione che siamo in un rialzo partito nel 2009 (Anno del Bufalo) che dura da 12 anni e che ci ha visto nuovamente entrare dal 12 Febbraio 2021 in un altro Anno del Bufalo .

Un ciclo di 12 Anni.

E’ solo una coincidenza che il rialzo sui Mercati Finanziari  sia durato ad oggi 12 anni , tanto quanto distano tra loro nel Calendario Cinese gli stessi  anni del Bufalo ?

Per noi no.

Attendiamo quindi le Trimestrali USA , che sicuramente ci faranno capire molto meglio il periodo di Mercato che ci attende , dopo un trimestre Febbraio -Marzo – Aprile che tutto è stato tranne che semplice da comprendere !

Bontà dei Giostrai , degli HFT , delle Intelligenze Artificiali molte nostre idee hanno avuto riscontro…. per fortuna nostra e dei nostri affezionati lettori !

Perchè in qualsiasi caso e qualsiasi cosa accada : The Show Must Go On !

Ad Maiora !

NEWS ARRIVATE DOPO NOSTRO ARTICOLO

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REFLAZIONE… ARRENDETEVI!

Scritto il 8 Luglio 2021 alle 08:04 da icebergfinanza

Ieri un altro tassello è stato incastonato nel meraviglioso puzzle della deflazione da debiti che stiamo costruendo, dollaro e rendimenti hanno danno un’indicazione precisa che nei prossimi mesi diventerà letale per tutti quelli che hanno scommesso sull’inflazione, sulla reflazione…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1412861830456877062&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F08%2Freflazione-arrendetevi%2F&sessionId=46be60befa962393e94531fcdded73017c3452c8&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Tutti iscritti alla scuola di transitorietà ora, patetici quei giornalisti, economisti e analisti che ora si domandano cosa sta succedendo, che ritengono assurdo che i tassi calino e il dollaro risalga in mezzo a tanta inflazione, figlia di un’illusione.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1412465874628485130&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F08%2Freflazione-arrendetevi%2F&sessionId=46be60befa962393e94531fcdded73017c3452c8&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Certo il drammatico crollo dei rendimenti è una delle più grandi sorprese degli ultimi 3 mesi, ma non per noi, unici in Italia ad andare controcorrente, contro tutti.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1412785201546149888&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F08%2Freflazione-arrendetevi%2F&sessionId=46be60befa962393e94531fcdded73017c3452c8&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Il bello è che mentre tutti sono li con il nasino all’insù ad ascoltare le previsioni di qualche inutile governatore della FED che vorrebbe alzare i tassi prima del tempo, in Cina sono seriamente preoccupati, stanno pensando di tagliare i tassi, sostenere di nuovo l’economia…

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Il settore dei servizi cinese ha visto gli aumenti più deboli di attività e nuovi lavori negli ultimi 14 mesi secondo l’ultimo Caixin China General Services sceso ad un passo dalla contrazione a 50,3 dai 55,1 di maggio.

In questo contesto sono semplicemente ridicole le attese del mercato sulle proiezioni di futuri rialzi dei tassi della Fed, infatti i bond vigilantes hanno distrutto la parte lunga della curva in questi giorni piantando una bandierina rosso fuoco nel campo delle illusioni.

Come promemoria, 13 governatori su 18 prevedono un aumento dei tassi di interesse entro il 2023, ripeto ENTRO IL 2023, come se in 2 anni non succedesse nulla. Con la maggior parte di loro che si aspetta di aumentare il tasso di riferimento di 0,5 punti percentuali, una miseria. Sette ridicoli, vorrebbero aumentare i tassi il prossimo anno. A marzo, la maggior parte dei funzionari prevedeva di mantenere i tassi costanti fino al 2023.

L’unica cosa degna di nota nelle minute del FOMC di ieri è che tutti i governatori sono seriamente preoccupati per la nuova bolla immobiliare…

Diversi partecipanti hanno evidenziato, tuttavia, che i bassi tassi di interesse stavano contribuendo all’aumento dei prezzi delle case e che le pressioni sulle valutazioni nei mercati immobiliari potrebbero comportare rischi per la stabilità finanziaria”.

ieri dopo l’uscita delle minute, il mercato ha confermato la sua scelta i tassi continueranno a calare.

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Ieri i rendimenti dei Treasury USA a 10 anni sono scesi sotto 1,30 % e quelli a 30 anni hanno polverizzato la barriera del 2 % e il dollaro USA è in rialzo, il petrolio è in forte calo come previsto, il mercato ha cancellato la favola della reflazione dagli schermi delle proprie illusioni.

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E’ bastato un solo secondo e da 77 dollari il petrolio è crollato sino a quasi 71…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-3&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1412756074411798528&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F08%2Freflazione-arrendetevi%2F&sessionId=46be60befa962393e94531fcdded73017c3452c8&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Dietro lo stallo all’interno dell’OPEC sull’opportunità di aumentare la produzione di petrolio c’è un membro chiave del cartello con una nuova strategia: vendere più greggio possibile prima che la domanda si esaurisca.

La strategia degli Emirati Arabi Uniti , come descritta da funzionari che hanno familiarità con la questione, rappresenta uno dei cambiamenti più significativi nella politica petrolifera di un importante petrostato del Medio Oriente. Per anni, i governi produttori di petrolio della regione hanno affermato di non essere preoccupati di trovare acquirenti di greggio nel lontano futuro. Gli Emirati Arabi Uniti, che detengono alcune delle più grandi riserve di greggio non sfruttate del mondo, stanno rompendo  quell’ortodossia, secondo persone che hanno familiarità con la strategia.

“Questo è il momento di massimizzare il valore delle risorse di idrocarburi del paese, mentre hanno valore”, ha affermato una persona informata sulla strategia degli Emirati Arabi Uniti…

Ecco la risposta del mercato alle nostre previsioni di ieri, siete pronti per un ritorno a 20 dollari al barile?https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-4&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1412985527607955457&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F08%2Freflazione-arrendetevi%2F&sessionId=46be60befa962393e94531fcdded73017c3452c8&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Nel frattempo dollar index ai massimi da tre mesi, ieri un segnale inequivocabile!

Come dice il vecchio Rosie, la media mobile a 200 giorni è stata disintegrata e ora esiste un cratere almeno sino a 1,60.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-5&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1412769831754027019&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F07%2F08%2Freflazione-arrendetevi%2F&sessionId=46be60befa962393e94531fcdded73017c3452c8&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Ci sarà una pausa, Jackson Hole è dietro l’angolo, loro scommettono ancora sull’ultima illusione, poi l’ultima grande occasione continuerà sino alla fine.

BOND BULLS… ENJOY!

La verità è figlia del tempo… e della deflazione da debiti!

Buona estate a tutti coloro che hanno creduto nelle nostre visioni, come sempre unici, soli contro tutto e contro tutti!

A loro non resta che la favoletta di Jackson Hole, a noi il gran finale!

I manoscritti da inizio anno sono più che sufficienti per comprendere come coglierla, l’ultima grande occasione, la più colossale della storia, perché oggi sono tutti sul lato sbagliato di una barca che sta di nuovo per affondare.

Michael Burry de “la grande scommessa” e altri importanti investitori prevedono un epico crollo del mercato. Ecco i loro avvertimenti

Michael Burry de “la grande scommessa” parla dell’imminente madre di tutti i crash. Anche altri famosi investitori stanno lanciando l’allarme. Ecco di cosa si tratta.

di Pietro Pisello , pubblicato il 06 Luglio 2021 alle ore 08:40

Michael Burry - Bitcoin

Non solo Michael Burry de “la grande scommessa” e altri famosi investitori lanciano l’allarme. Sta arrivando davvero la “madre di tutti i crash”? Cosa possiamo fare?

Michael Burry de “la grande scommessa”: è in arrivo “la madre di tutti i crash”

Il gestore di hedge fund Michael Burry – famoso per aver previsto la crisi finanziaria del 2008 descritto nel libro e film “the big short”, “la grande scommessa in Italia” – ha messo in guardia contro “la madre di tutti i crash”, e riguarda i Bitcoin e le altre criptovalute.

Michael Burry è preoccupato che i governi possano intervenire pesantemente sulla criptovaluta. A febbraio ha avvertito che “in una crisi inflazionistica, i governi si sposteranno per schiacciare i concorrenti nell’arena valutaria”.

Per il famoso investitore, dunque, il futuro a lungo termine delle criptovalute è tenue.

Geremy Grantham: bolla epica a tutti gli effetti

Geremy Grantham, il leggendario investitore e cofondatore di OGM, ha definito il mercato in una “bolla epica a tutti gli effetti”.

“Quando hai raggiunto questo livello di evidente super-entusiasmo, la bolla si è sempre rotta dopo qualche tempo, senza eccezioni”.

“Dovremo convivere con la più grande perdita di valore percepito dalle risorse che abbiamo mai visto”, ha aggiunto Grantham.

Leon Cooperman: cautela a medio e lungo termine

Leon Cooperman ha espresso profonde preoccupazioni sui mercati finanziari a maggio.

“Tutto quello che guardo suggerirebbe cautela, a medio e lungo termine”, ha detto l’investitore miliardario e capo di Omega Advisors. “Quando questo mercato ha un motivo per scendere, scenderà così velocemente che ti girerà la testa”.

Tuttavia, Cooperman si è descritto come un “orso completamente investito” perché i fattori che in genere causano i mercati al ribasso – aumento dell’inflazione, timori di recessione, una Federal Reserve ostile – non sono poi così presenti.

Robert Kiyosaki, autore di “padre ricco padre povero”, lancia l’allarme

Robert Kiyosaki, autore del bestseller sulla finanza personale “padre ricco padre povero”, ha lanciato l’allarme sul mercato per diversi mesi.

“La più grande bolla nella storia del mondo sta diventando più grande”, ha twittato la scorsa settimana. “La Fed aumenterà i tassi di interesse causando il crollo di azioni, obbligazioni, immobili e oro”, ha twittato a metà maggio.

Il più grande crollo della storia mondiale sta arrivando”, la dichiarazione shock di Robert Kiyosaki, autore di “padre ricco padre povero”

La più grande bolla nella storia del mondo sta diventando più grande, lo ha detto Robert Kiyosaki di “padre ricco padre povero”, e raccomanda i prossimi investimenti.

di Pietro Pisello , pubblicato il 30 Giugno 2021 alle ore 09:06

robert kiyosaki, crollo dei mercati recessione

I mercati finanziari si stanno avviando verso una brutale recessione e gli investitori dovrebbero fare affidamento su criptovalute e metalli preziosi per resistere alle ricadute, ha twittato lunedì Robert Kiyosaki, l’autore di “padre ricco padre povero”.

“Il più grande crollo della storia mondiale sta arrivando”, ha detto Kiyosaki, aggiungendo che le vendite creano opportunità di acquisto, ma che i mercati non si riprenderanno per molto tempo. “Prendi più oro, argento e bitcoin finché puoi”, ha detto.

Robert Kiyosaki (padre ricco padre povero): è in arrivo il più grande crollo della storia mondiale

Robert Kiyosaki, autore del bestseller sulla finanza personale “padre ricco padre povero”, ha lanciato l’allarme sul mercato per diversi mesi.

“La più grande bolla nella storia del mondo sta diventando più grande”, ha twittato la scorsa settimana. “La Fed aumenterà i tassi di interesse causando il crollo di azioni, obbligazioni, immobili e oro”, ha twittato a metà maggio.

Cosa fare per difendersi dalla “imminente recessione”?

Robert Kiyosaki ha raccomandato di detenere criptovalute e metalli. L’autore di “padre ricco padre povero”, si legge nel Tweet, crede che questi asset possano reggere la botta del crollo dei mercati e sono facilmente convertibili in denaro.

“Perché mi piace l’oro, l’argento, i bitcoin? Liquidità”, twittava già a febbraio. “La gente che si precipita a comprare una casa ai massimi del mercato immobiliare. Quando il mercato immobiliare crolla non può uscire.”

Elogio ai piccoli traders di RTeddit

Il guru della finanza personale ha anche elogiato i piccoli investitori di Reddit che hanno eseguito per lo short squeeze su GameStop, AMC e altri asset all’inizio di quest’anno. “I trader di Reddit prendono a calci gli investitori istituzionali”, ha twittato alla fine di gennaio.“Continuate così”.

“Sono entusiasta del fatto che Reddit insegua il mercato dell’argento manipolato”, ha twittato pochi giorni dopo, aggiungendo: “Dio benedica i trader di Reddit”.

Un doveroso disclaimer

Questo articolo è da considerarsi ai soli fini informativi e non intende essere in alcun modo una raccomandazione d’investimento.

Infine, una piccola raccomandazione: state lontani dai guro dalla finanza, anche da quelli più famosi. Affidatevi soltanto al parere di consulenti finanziari esperti e di vostra fiducia.

BORSE: come è CLAMOROSAMENTE cambiato il mondo!

Quanto vale un’idea? Quanto può essere valorizzato un business promettente? Quanto pesa un possibile brevetto?
Che i mercati finanziari abbiano cambiato pelle, è noto a tutti. Come è nota la velocità con cui si evolve la situazione rispetto ad anni fa. Questo grazie alla tecnologia, al trading on line, alla velocità di circolazione delle notizia, agli HFT, ai software ecc ecc. Ma è altrettanto determinante COME le società vengono valutate in borsa. E la loro volatilità dipende proprio anche da questi principi.

Facciamo un esempio. Qual è il peso che diamo oggi ad un parametro come il price/book value? Beh, dipende dal titolo. Se prendiamo Tesla, il P/BV è il più inutile dei ratio patrimoniali. Se invece ragioniamo con Stellantis, assume tutto un altro peso. Sono due titoli presi a caso, ma rispecchiano secondo me il diverso peso che si trova nelle varie società di due tipi di beni: quelli tangibili e ripeto quelli intangibili.

Premessa: cosa è il patrimonio intangibile di un’impresa? Potremmo schematizzarlo in questo modo.

Quindi tutto quello che non si può “toccare” con mano e che quindi sfugge ad una valutazione diciamo “tradizionale”. Pensateci un attimo, prendete i titoli facenti parte del NYFANG+, ovvero l’indice che più di tutti ha influenzato le tendenze delle borse negli ultimi anni.

NYFANG+ Composition

Che dite? Quanto pesano in questi titoli gli asset intangibili? E quanto diventa quindi relativa la loro valutazione? Ecco perché è FONDAMENTALE la fiducia. Perché se si sgonfia la fiducia, questi asset intangibili rischiano di sgonfiarsi come palloncini anche se parte di questi sono ormai consolidati. E la conferma ce l’abbiamo da questo grafico che è secondo me CLAMOROSO.

Guardate dal 1975 ad oggi come sono cambiati i mercati e le valutazione, oltre che il peso di asset tangibili ed intangibili. Oggi valgono il 90 ripeto 90% della valutazione dello SP500. Detto in soldoni, circa 33 trillioni di USD su 36 sono la valorizzazione di asset intangibili. A me è venuto un po’ il mal di mare, stiamo camminando veramente sulle uova. Ulteriore conferma che il sistema deve fare il possibile per continuare questa straordinaria telenovela. Perché se scema la fiducia, potrebbe essere molto problematico.

Fauci lancia warning su variante Delta: domina infezioni in UK, evitare che accada lo stesso negli Usa

09/06/2021

Il consigliere della Casa Bianca, Anthony Fauci, invita a tenere alta l’attenzione e ieri ha ricordato come la variante segnalata per la prima volta in India, nota come Delta, domina le nuove infezioni in Gran Bretagna. “Essenzialmente sta prendendo il sopravvento – ha detto Fauci – . Non possiamo permettere che ciò accada negli Stati Uniti”. Al momento questa variante è stata rilevata solo nel 6% dei nuovi casi negli Usa. Delta è stato segnalato in 60 paesi tra cui l’America, che è ancora la più colpita al mondo per numero di infezioni e decessi da coronavirus.

Fauci ha posto così l’accento anche sulla necessità che più americani possibile vengano vaccinati contro il Covid rimarcando come la domanda stia calando in alcuni stati.

ZEW: bene ma poi alla fine non benissimo

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Non è che mi diverta particolarmente di fare l’avvocato del Diavolo, ma mi piace cercare la visione alternativa, quella che magari ai media e al lettore ordinario sfugge.
Oggi quando ho letto i dati dello ZEW, che resta una cartina tornasole per l’Eurozona, si intravvedeva un certo entusiasmo.

BERLINO, 8 giugno (Reuters)  – La fiducia degli investitori tedeschi è scesa a giugno, restando comunque a livelli alti, con le attese di una forte ripresa dell’economia nei prossimi sei mesi che si mantengono intatte. L’indice economic sentiment a cura dell’istituto di ricerca economica Zew mostra una flessione a 79,8 punti dagli 84,4 di maggio. Un sondaggio Reuters aveva stimato un incremento a 86,0. Un indicatore Zew separato che monitora le condizioni economiche attuali è avanzato a -9,1 punti dai -40,1 del mese precedente.

Il consensus delle stime prevedeva una rilevazione pari a -27,8 punti. “La ripresa economica progredisce”, dice in una nota Achim Wambach, presidente dell’istituto Zew. “Il calo delle attese è probabilmente dovuto in gran parte a valutazioni decisamente migliori della situazione economica, che è tornata ora ai livelli pre-crisi”. “Gli esperti del mercato finanziario continuano dunque ad aspettarsi una forte ripresa economica nei prossimi sei mesi”, ha aggiunto Wambach.

Quindi leggero calo ma ancora tanta positività. Il che ci può stare, però vi propongo una visione alternativa. Ho preso lo ZEW corrente e l’ho messo a confronto delle aspettative. La cosa che un po’ preoccupa è quando il gap tra i due inizia a chiudersi.

Il fatto è che il sentiment è sui massimi, quindi il recupero della situazione corrente porta ad una chiusura del GAP, ma attenzione, la cosa che non deve succedere è che il sentiment inizi a perdere terreno. E, lo ribadisco, è proprio su questo aspetto che tutti stanno lavorando per tenere alto il morale della truppa.

Rischio bolla green: rincorrere gli asset verdi di moda oggi non è sempre l’approccio giusto per vincere nel lungo periodo

05/06/2021

Nel pieno della lotta al cambiamento climatico, anche gli investimenti si fanno green e non è un caso se sui mercati finanziari si sta assistendo a una corsa dei titoli legati alla transizione energetica e alla decarbonizzazione. Basta pensare all’azione Tesla, letteralmente esplosa: se nel gennaio 2020 quotava a 88,60 dollari, un anno dopo, nel gennaio del 2021 ha toccato il massimo di 880 dollari (ora scambia intorno ai 625 dollari). Ma attenzione, perchè questo interesse potrebbe diventare infatuazione e tra gli esperti c’è chi non esclude addirittura il rischio di una bolla speculativa sugli asset verdi. A mettere la pulce nell’orecchio è Wolfgang Fickus, CFA, Product Specialist di Comgest, in una analisi intitolata proprio “Occhio alla bolla green”.
“Anche se uno dei ruoli dei mercati finanziari è quello di prendere rischi per finanziare il futuro, la crescita e l’innovazione, bisogna valutare se oggi non ci stiamo muovendo troppo velocemente sui titoli green“, avverte l’esperto, guardando al passato e ricordando il motivo dello scoppio della bolla tecnologica nel 2000: sebbene gli investitori avessero ragione, soprattutto per quanto riguarda il fortissimo potenziale dell’ecommerce, si era troppo avanti, da cinque a dieci anni in anticipo, perché né le infrastrutture né il consumatore erano pronti per queste nuove tecnologie.

E se l’onda verde di oggi fosse simile all’euforia che ha fatto schizzare i titoli tecnologici all’epoca, con l’esito che sappiamo? L’esperienza insegna che a volte è meglio diffidare dalle mode e secondo l’esperto di Comgest investire nei titoli green di oggi non è necessariamente il modo migliore per contribuire alla decarbonizzazione dell’economia e per avere successo negli investimenti finanziari a lungo termine. Il suo suggerimento è adottare invece un approccio bottom-up, che consiste nel valutare il rendimento potenziale e la considerazione delle questioni climatiche azienda per azienda. In questo modo, spiega, si evita di essere sedotti da ciò che è “alla moda” e si individuano i futuri vincitori di una crescita a lungo termine rispettosa dell’ambiente. Questo approccio può anche portare a investire in attori della old economy che, con una lunga storia di innovazione, potrebbero fornire soluzioni per ridurre l’impronta di carbonio delle loro attività. Anche il sostegno alle aziende che riducono l’intensità di carbonio delle industrie inquinanti può essere cruciale per uno sforzo climatico di successo.
Ma al di là della selezione dei titoli da includere nel portafoglio, anche gli stessi mercati finanziari, gli investitori e gli asset manager possono dare un contributo importante per accelerare il cambiamento nel mondo corporate e combattere il riscaldamento globale a lungo termine. È il caso dell’appello al governo brasiliano da parte di alcuni player del risparmio gestito, che corrispondono a un totale di 4.000 miliardi di dollari (circa 3.265 miliardi di euro) di asset in gestione, per fermare la deforestazione in Amazzonia. Un altro esempio è il Carbon Disclosure Project (CDP), che riunendo 600 investitori, mira a ridurre il consumo di acqua, frenare la deforestazione e identificare i rischi climatici attraverso le 9.600 aziende in tutto il mondo che hanno già risposto ai suoi appelli.
Insomma, non c’è una soluzione miracolosa – conclude l’esperto – anche se l’esplosione dei titoli green sul mercato azionario vorrebbe farcelo credere.

Wall Street alla mercè dei dati lavoro Usa: le stime di Citi e Goldman Sachs. Futures poco mossi

04/06/2021

Futures su Wall Street poco mossi, in attesa del grande market mover della sessione odierna: il report occupazionale Usa di maggio che, come hanno fatto notare gli economisti di Citi, “sarà un fattore chiave nel determinare la politica monetaria della Fed dei prossimi mesi”.
Citi stima una creazione di 760.000 nuovi posti di lavoro, e sostiene che numeri particolarmente bassi dell’occupazione Usa potrebbero indicare che la Fed non procederà al tapering del Quantitative easing almeno fino al prossimo anno.

Gli economisti intervistati da Dow Jones prevedono 671.000 nuovi posti di lavoro a maggio, rispetto agli appena +266.000 posti creati ad aprile.
L’outlook di Goldman Sachs è di una creazione di 750.000 nuovi posti di lavoro, a fronte di un tasso di disoccupazione in calo al 5,8%.
Ieri il Dow Jones Industrial Average è sceso di 23 punti, dopo un sell off che lo ha portato a bruciare fino a 265 punti nei minimi intraday.
Lo S&P 500 ha ceduto lo 0,4%, mentre il Nasdaq Composite ha fatto peggio, arretrando di oltre l’1%, sulla scia dei cali che hanno colpito i titoli FAANG Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Alphabet, la holding a cui fa capo Google.
Giornata negativa per le meme stocks: Bed Bath & Beyond è crollata di quasi -28%, Koss ha perso il 25%, AMC Entertainment è scivolata di quasi il 18%; male anche GameStop -8,8%.
Giù inoltre Tesla, che ha ceduto più del 5%.
Futures Usa poco mossi: i futures sul Dow Jones sono piatti con una variazione pari ad appena +0,03%; +0,03% anche per i futures sullo S&P 500. I futures sul Nasdaq arretrano dello 0,02%.
Il rapporto euro-dollaro è in calo dello 0,08% a $1,2114, mentre i tassi sui Treasuries a 10 anni sono ingessati all’1,625%, dopo essere saliti nella sessione della vigilia

A Wall Street notizie macro troppo buone? Borsa Usa giù: è ancora follia su meme stocks AMC, GameStop, BlackBerry & Co

03/06/2021

Wall Street in ribasso, nonostante le ottime notizie arrivate dal mercato del lavoro degli Stati Uniti (fin troppo positive?). Il Dow Jones cede 200 punti circa (-0,54%), a 34.409 punti circa; lo S&P 500 arretra dello 0,60% a 4182 punti, mentre il Nasdaq sottoperforma con un ribasso dello 0,74% a 13.652 punti.

Dal fronte macroeconomico Usa, è stato reso noto il report ADP di maggio.

Dal dato è emerso che il settore privato ha creato a maggio 978.000 nuovi posti di lavoro, molto più della crescita di 680.000 unità attesa dagli economisti di Dow Jones. Praticamente, le aziende americane hanno proceduto all’assunzione di quasi 1 milione di persone, al ritmo più forte dal giugno del 2020, quando l’economia Usa stava emergendo dai lockdown della prima ondata di pandemia Covid-19.

Buoni numeri anche dal consueto report delle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione Usa: nella settimana terminata lo scorso 29 maggio, il numero dei lavoratori americani che hanno fatto richiesta per la prima volta per ricevere i sussidi di disoccupazione è stato pari a 385.000 unità, valore migliore delle 393.000 unità attese dal consensus di Dow Jones e soprattutto inferiore alle 400.000 unità, per la prima volta dai primi giorni dell’allarme pandemia Covid-19, ovvero dal marzo del 2020.

Le notizie positive hanno fatto salire – in misura comunque lieve – i rendimenti dei Treasuries Usa, con quelli decennali poco al di sopra della soglia dell’1,60%.

Qualcuno inizia a dire che il tapering è già in atto.

D’altronde, il Wall Street Journal ha riportato l’indiscrezione secondo cui la Federal Reserve inizierà presto a vendere quei corporate bond ed ETF che ha ammassato l’anno scorso attraverso il lancio di un veicolo, battezzato Secondary Market Corporate Credit Facility, o SMCCF. Grazie a questo strumento, nella pancia della Fed ci sono bond emessi da società americane del calibro di Whirlpool, Wal-Mart e Visa (dati dello scorso 30 aprile), per un valore totale di $5,21 miliardi.

In più, la Fed ha fagocitato anche ETF sui corporate bond per un ammontare complessivo di $8,56 miliardi, come il Vanguard Short-Term Corporate Bond ETF.

Oggi, le ragioni che hanno avallato la nascita di questi bazooka anti-Covid-19, secondo molti economisti, stanno venendo progressivamente a mancare. Ed è quanto risulta dallo stesso Beige Book della Fed, reso noto nella giornata di ieri.

Il rapporto, che la Fed pubblica otto volte l’anno, ha messo in evidenza che diversi distretti Usa hanno citato gli effetti positivi della velocizzazione delle vaccinazioni sull’economia: effetti che si sono dispiegati grazie all’allentamento delle misure di distanziamento sociale precedentemente imposte, che avevano messo in quarantena soprattutto il settore dei servizi.

Gli stessi distretti hanno confermato anche la presenza di problemi nelle catene di approviggionamento, che in alcuni casi hanno impedito all’offerta di soddisfare prontamente la domanda.

Riguardo ai titoli protagonisti della sessione, lo scettro spetta ancora alle meme stocks, dopo il boom di buy che ha portato Amc Entertainment a volare, in una sola sessione, fin oltre +100%.

Il titolo fa tuttavia dietrofront, dopo il balzo del 20% circa riportato in pre-mercato, arretrando di oltre l’8%.

Il calo segue l’annuncio di AMC, che ha reso noto un piano per procedere a una nuova offerta di azioni, fino a 11,5 milioni di azioni ordinarie di classe A.

La società ha comunicato di voler utilizzare il ricavato della vendita di azioni “per scopi corporate in generale”, che potrebbero includere il rimborso dei debiti esistenti e l’acquisto di altri asset.

“Riteniamo che la recente volatilità e i nostri prezzi attuali di mercato riflettano il mercato e dinamiche di trading non legate al nostro business sottostante, o ai fondamentali macro e dell’industria. E non sappiamo per quanto tempo queste dinamiche continueranno”, si legge nel comunicato che il gruppo di sale cinematografiche numero uno al mondo ha depositato presso la Sec.

I recenti acquisti sfrenati partiti dai retail trader della comunità di Reddit hanno portato AMC a volare di quasi il 140% questa settimana. Le quotazioni sono balzate del 512% in questo trimestre, schizzando del 2.850% dall’inizio del 2021. Il rally ha fatto salire il valore di mercato al di sopra di $31 miliardi.

GameStop cede il 4,6% circa, dopo il rally superiore a +13% della vigilia; BlackBerry fa ancora boom con un rialzo di oltre +28%, dopo il +32% di ieri; Bed Bath & Beyond capitola di oltre il 16%, dopo essere schizzata del 62% nella sessione di ieri.

In rialzo di oltre il 2% il titolo General Motors, dopo che il colosso dell’auto di Detroit ha detto di prevedere per il primo semestre del 2021 risultati “migliori in modo significativo” rispetto alla guidance precedente. Va meno bene al titolo del colosso delle auto elettriche Tesla, in ribasso dello 0,61%, dopo che le autorità cinesi hanno detto che il gruppo sta richiamando 734 veicoli Model 3, prodotti nel 2019 e consegnati in Cina, per problemi rilevati nelle cinture di sicurezza e alle ruote.

In generale, l’atteggiamento di attenti sui mercati può essere spiegato anche con l’attesa per il report occupazionale Usa che sarà reso noto nella giornata di domani e che, secondo gli analisti, metterà in evidenza la creazione di 671.000 nuovi posti di lavoro nel mese di maggio.

L’indicatore Warren Buffett ha raggiunto un picco allarmante, è in arrivo un crollo?

L’indicatore “Warren Buffet” è riuscito a prevedere molte delle passate crisi finanziarie. Adesso è a livelli record.

pubblicato il 03 Giugno 2021 alle ore 09:05

L’indicatore di mercato preferito da Warren Buffett ha raggiunto il 200% martedì, segnalando che le azioni sono enormemente troppo care e che potrebbe essere incombente un crollo dei mercati finanziari.

Si tratta di un indicatore che mette in rapporto la capitalizzazione di mercato di tutte le azioni statunitensi quotate in borsa e il PIL dell’ultimo trimestre disponibile.

Questo indicatore è riuscito a prevedere molte delle crisi passate ma, a onor del vero, non è immune da difetti. Vediamo meglio di cosa si tratta e quali sono i pro e i contro dell’indicatore di mercato preferito da Warren Buffett.

Warren Buffett e il suo indicatore, di cosa si tratta?

L’indicatore Buffett (così ormai è stato ribattezzato), come già detto, mette in relazione il valore di capitalizzazione di mercato di tutte le azioni statunitensi quotate in borsa e il PIL americano dell’ultimo trimestre disponibile.

Gli investitori lo usano come un indicatore approssimativo della valutazione del mercato azionario rispetto alle dimensioni dell’economia.

In una recente dichiarazione rilasciata alla rivista Fortune, Warren Buffett ha spiegato che il suo indicatore permette di capire “dove si trovano le valutazioni azionarie in un dato momento”.

Martedì il Wilshire 5000 Total Market Index è salito fino a 44,3 trilioni di dollari, mentre l’ultima stima per il PIL del primo trimestre è di 22,1 trilioni di dollari, portando l’indicatore Buffett al 200%.

Una cifra ritenuta dallo stesso Warren Buffet troppo alta. Ed è anche per questo che lo storico investitore ha già iniziato a liquidare molte delle sue posizioni, aumentando la liquidità del suo portafoglio.Warren Buffet Indicatore

Indicatore Warren Buffet, fred.stlouisfed.org

L’indicatore Buffett, pro e contro

Cominciamo col dire che l’indicatore “Warren Buffett” è già riuscito a prevedere molte delle passate crisi finanziarie.

In particolare, l’indicatore ha raggiunto livelli record poco prima delle 2 ultime grandi crisi: la bolla delle dot-com di fine anni 90 e la crisi finanziaria globale nel 2007, rendendolo uno strumento utile per anticipare le flessioni del mercato.

Tuttavia, l’indicatore ha anche i suoi difetti. Ad esempio, confronta il valore corrente del mercato azionario con il PIL del trimestre precedente.

Inoltre, le società quotate negli Stati Uniti non sempre contribuiscono all’economia americana e il PIL ignora il reddito estero.

Infine, bisogna anche aggiungere che l’emergenza sanitaria del Coronavirus e le relative politiche di contenimento adottate dai vari Paesi hanno depresso il PIL in modo anomalo, gonfiando la lettura dell’indicatore Buffett.

In effetti, i mercati azionari potrebbero aver già scontato e quindi anticipato la ripresa dell’economia dei prossimi mesi. L’indicatore potrebbe così sgonfiarsi da questi livelli record se la riapertura economica spingesse il PIL in questo trimestre.

WALL STREET: aspettando la nuova era post Covid-19

Analizzando il COT Report, possiamo notare una certa indecisione, che si tradurrebbe in lateralità. E’ come se ormai ci si stesse focalizzando al dopo Covid-19; ovvero sperando e scontando che tutto, l’anno prossimo, sarà quantomeno tornato ad una parvenza di normalità (Guest post)

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno confermato di apprezzare molto la reflazione in corso del sistema economico globale. Reflazione attesa da anni e resa oggi pressoché obbligata dalla terribile pandemia che ha investito, nell’ultimo anno, l’intero pianeta. C’è qualcuno che pensa che essa sia l’effetto delle decisioni politiche iper espansive assunte dai maggiori governi. Nell’ultima settimana ha fatto sensazione la decisione di Biden di voler mettere altri 6.000 miliardi di dollari a sostegno della ripresa dell’economia Usa. Una concezione, la Loro, alquanto vecchia ed antiquata, di carattere dirigistico. Credono ancora che sia la politica ad indirizzare e dirigere l’economia. Dimenticano, o fanno finta di non sapere, che la politica è solo una sovrastruttura dell’economia. E che è quest’ultima a dettare le regole alla politica, e non viceversa.

A riprova di tale evidenza, basta osservare quanto accade oggi in Europa. La stessa classe politica che per anni ha predicato ed imposto austerità di spesa e di bilancio, oggi vara un mega intervento espansivo. E non solo, oggi è addirittura lo stesso Draghi, ex presidente della BCE, e custode dell’euro, ad affermare, senza alcun timore o riserva, che è il momento di “ dare soldi “, e non di prelevarli. Insomma è abbastanza chiaro ed evidente che sono soltanto degli esecutori, in qualche caso davvero molto bravi, di decisioni ed indirizzi assunti dal sistema economico globale. E’ quest’ultimo ha ormai ben chiaro che la spirale deflattiva di quest’ultimo decennio non è più socialmente sopportabile, e che finisce per avvantaggiare economicamente soltanto la Cina.

E’ pertanto necessario cambiare il registro ed i paradigmi del sistema. Compito non proprio facile, anzi tutt’altro. In questi primi mesi abbiamo assistito soltanto ad un recupero dei valori delle commodities. Una buona notizia, ma solo per i Paesi produttori delle stesse, in particolare Russia, Paesi Arabi, Venezuela, Australia. Questo recupero, tuttavia, non sembra, al momento, prefigurare una decisa accelerazione della crescita economica, rispetto al decennio passato. Registriamo infatti ancora tassi d’interesse e rendimenti davvero esigui, preoccupanti oserei dire.

E fino a quando non registreremo vivacità sui rendimenti, soprattutto sulla parte a lungo della curva, non possiamo attenderci una crescita economica più sostenuta di quella vista nell’ultimo disastroso decennio. Insomma, una contraddizione, un primo impasse, di non poco conto, a cui il sistema economico globale dovrà ben presto dare una risposta. In molti temono il rialzo dei tassi, io all’opposto temo invece  la loro stagnazione sugli infimi livelli attuali.

Per i conti delle singole aziende, e quindi per il mercato azionario, per ora cambia ben poco, Non sarà di certo la contingente febbre dei prezzi delle sole commodities a far contrarre significativamente i propri utili ed i propri profitti. Al momento sono più preoccupate del livello della domanda dei propri prodotti e servizi.

Ed è per questo motivo che hanno chiesto, ed ottenuto, dalla politica, un forte stimolo fiscale. Basterà ? Lo vedremo nei prossimi mesi. Nel frattempo, le loro quotazioni non credo crolleranno, come auspicano invece, da tempo ormai immemore, una moltitudine d’improbabili analisti della finanza.

Dopo le sopra esposte considerazioni, andiamo ad esaminare, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, nell’ultima settimana, ha tenuto ed ha arrestato la propria discesa e quota oggi 90,06. Le commodities, invece, riprendono a lievitare + 2,14 % in termini reali. Per il momento però solo un recupero sui livelli degli ultimi 4 o 5 anni.

Come già accennato, segnali diversi, e contraddittori, giungono invece dal mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, infatti, cede 4 bps e retrocede a quota 1,58 %. Un livello preoccupante per le prospettive della crescita economica futura. Il rendimento dei bond a 2 anni, invece, arretra anch’esso di 1 bp e retrocede a quota 0,14 %. L’inclinazione della yield curve Usa pertanto si contrae a 144 punti base, ma resta comunque abbastanza elevata per assicurare il recupero economico post-covid. Il mercato azionario, come accennato, guarda già avanti, al 2022 ed alle sue prospettive di crescita ancora incerte.

Nel frattempo, come avevamo previsto, da alcune settimane lateralizza, in attesa di meglio comprendere la direzione che assumerà il sistema capitalistico globale, dopo la pandemia. L’S&P 500 chiude l’ottava con un guadagno dell’1,16%, a quota 4.204,11 punti, non molto distante dai propri massimi storici.

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 8.622

Large Traders :  + 166

Small Traders : + 8.456

Trova dunque ancora conferma la nuova ed incerta configurazione del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state pari a 4.886 contratti. In particolare, i Commercial Traders, le MANI FORTI di questo mercato, acquistano l’intero lotto dei 4.886 contratti long, e riducono l’entità della loro abituale posizione di copertura, Net Short.

I Large Traders, invece, cedono 1.157 contratti long, e restano, seppur davvero di misura, in posizione Net Long. Gli Small Traders, infine, cedono anch’essi i residui 3.729 contratti long, e riducono alquanto la misura della loro abituale posizione Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, di entità non proprio rilevanti, non mutano il precedente quadro di quest’importante mercato. Un assetto, quello attuale, che ha quasi sempre prefigurato un mercato incerto e volatile, e sostanzialmente privo di una marcata e chiara direzionalità.

Credo che gli investitori stiano prendendosi una pausa del tutto meritata, cercando nel frattempo di capire cosa accadrà all’economia globale, una volta che ci saremo messi definitivamente alle spalle la terribile pandemia da covid-19. Molto probabile pertanto assistere, nelle prossime settimane, ad una sostanziale lateralizzazione dei mercati azionari Usa e mondiali. Non vedo pertanto al momento particolari ragioni per modificare la mia attuale e moderata view lateral-rialzista, che riconfermo quindi ancora una volta.

Mercato dunque in attesa di nuovi eventi

TOP PERFORMER 2021: chi vince è la fotografia dell’assurdo

Sappiamo tutti benissimo che il sistema sta facendo carte false per far proseguire il suo progetto iper espansivo, e di certo non voglio dilungarmi oltre su questo argomento che è costantemente al centro dei nostri discorsi.
L’eccesso di “confidenza” sui mercati ha per forza portato a dei problemi che, ovviamente, in questa fase “risk on” non vengono considerati, soprattutto se questi stessi problemi sono ancora in una fase di assopimento o di apparente tranquillità. Parlo apparente perché qualche frutto degli eccessi inizia a farsi notare. Per esempio, chi ha seguito la questione Huarong?

(…) C’è un grande buco nero nelle finanze cinesi, che potrebbe risucchiare un pezzo dell’economia del Dragone. Il debito rischia di andare fuori controllo ribaltando le prospettive per una crescita post-pandemica reattiva e veloce. (…)

Già debito corporate che come abbiamo illustrato in passato, potrebbe diventare un pericolo per il colosso cinese, anche se, come è noto, lo stato Cina ha le spalle molto larghe. Però…

(…) Poi ci sono i governi locali, soprattutto quelli del Settentrione, a un passo dall’insolvenza e per questo impossibilitati a rimborsare quei prestiti contratti per finanziare le grandi opere, Alta Velocità su tutti. Un colpo basso per un Paese che ha imperniato la propria ripresa proprio sullo sviluppo delle infrastrutture. C’è però un dato, di queste ore, che forse più di tutti dà la cifra della grande crisi del debito cinese, di cui finora forse non tutti si sono accorti. E cioè che da qui a fine 2021 le società cinesi dovranno rimborsare 1.300 miliardi di dollari sotto forma di obbligazioni emesse per raccogliere la liquidità necessaria alla crisi. Il dato messo così può dire poco, ma se raffrontato con altri mercati, allora la musica cambia. (…)

Quindi signori, un monte debiti che è un mix di pubblico e privato, mica bruscolini.

(…) Ecco che il monte-debito delle imprese cinesi è superiore del 30% dell’intero indebitamento verso il mercato delle aziende della prima economia mondiale, gli Stati Uniti. Di più. Se comparato al mercato europeo, lo stock cinese risulta superiore del 63%. Tra le altre cose dunque, a monte della straordinaria accelerazione della crescita della Cina (+18,3%) nel primo trimestre, c’è senza dubbio un’abbuffata di liquidità raccolta dal mercato ma che ora presenta il conto: un debito societario mostruoso. (…)

Ecco appunto. Ma in tutto questo cosa c’entra questa Huarong?

(…) Emblema di questa crisi è Huarong, il colosso di Stato che gestisce il debito pubblico e privato e che a fine marzo ha clamorosamente mancato l’appuntamento con la diffusione del bilancio, scatenando un’ondata di panico sui listini e una fuga precipitosa tra gli investitori, avviando un progressivo dissanguamento dell’azienda. Ora, secondo il quotidiano economico cinese Caixin, Pechino ha deciso di prendere in mano la situazione, cercando di allontanare lo spettro dell’insolvenza, nominando al vertice di Huarong l’ex capo del partito e direttore esecutivo di China Great Wall Asset Management, Liang Qiang. (…) [Source]

Ora, questo crollo del colosso coi piedi di argilla ha avuto qualche effetto domino sui mercati? Ma nemmeno per sogno. E sembra quasi che nessuno si preoccupi del problema del debito, sia quello pubblico ma ancor di più quello privato e tutto ciò che può comportare un inasprimento degli spread. Con il rischio che poi saltino fuori delle nuove colossali “fallen angels” con tutte le conseguenze che ne derivano. Ma di tutto questo, oggi, non se ne parla perché, siamo onesti, va tutto ok!
Facciamo un altro confronto. Lo so che si tratta di “mondi differenti” ma restano analisi interessanti. Prendiamo ad esempio il rapporto tra i debiti corporate ed il PIL, riferito al mercato USA.

Siamo a livelli superiori a quelli visti con la bolla di Lehman Bros. Tutto bene? Beh, al momento direi di si anche perché, malgrado questo evidente eccesso, che è stato ben accompagnato dalla politica monetaria e fiscale, sia ben chiaro, non sta assolutamente lanciano nessun allarme. Anzi…

Malgrado uno scenario inflattivo per molti preoccupante, malgrado un quadro dei tassi potenzialmente in rialzo anche se non nel breve termine, malgrado un degrado teorico della qualità del mondo corporate (la storia sopra descritta ne è un esempio) qual è l’asset class che ha meglio performato in questo 2021?

Io mi fermo qui, ognuno faccia le sue valutazioni. Anzi no, aggiungo ancora una cosa, molto vicina a noi. ovvero il recente commento della BCE.

(…)  “C’è, tuttavia, un aspetto da considerare: la pandemia lascerà in dote un’eredità fatta di debiti più alti e bilanci più deboli, che potrebbero provocare forti oscillazioni di mercato e stress finanziario o portare un periodo prolungato di debole ripresa economica”.

 Il debito aggregato dei governi della zona euro è passato dall’86% del PIL del 2019 al 100% dello scorso anno, ha affermato la BCE, sebbene abbia notato che ciò è stato mitigato dagli attuali bassi tassi di interesse, che hanno ridotto il costo del finanziamento del debito. I livelli del debito sovrano rimarranno elevati il ​​prossimo anno, quando più della metà dei 19 paesi della zona euro avrà ancora deficit di bilancio superiori al 3% del PIL, secondo le previsioni della BCE. (…) [Source

Le grandi istituzioni mettono le mani avanti, il mercato, drogato da condizioni estremamente espansive, fa orecchie da mercante. Vedremo se questo ottimismo sarà giustificato oppure no. Intanto però non ci si ferma e il piede è sempre bello carico sull’acceleratore.

Il presidente Joe Biden dovrebbe proporre oggi una manovra economica da 6.000 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2022, secondo il New York Times, dopo il massiccio stimolo fiscale già introdotto e mentre si cerca un accordo politico su un importante programma di infrastrutture. Si tratterebbe del più corposo pacchetto di spesa dalla Prima Guerra Mondiale, in base al quale il deficit degli Stati Uniti per il prossimo decennio ammonterebbe a oltre 1.300 miliardi di dollari, con il Tesoro costretto ad inondare il mercato con maggiore debito per finanziare il bilancio (RTRS)

Le correzioni di mercato? Sono occasioni da sfruttare, ecco come

Esty Dwek di Natixis Investment Managers Solution spiega che, grazie al supporto di stimolo fiscale, monetario e utili, entrare sui minimi  può essere un’opportunità da cogliere

Dopo alcune settimane di pausa, il tema della reflazione ha ripreso vigore in scia alla riduzione dei contagi e alle riaperture. I titoli tecnologici dello S&P500 stanno mostrando una certa debolezza, insieme ai titoli legati ai beni di consumo discrezionali, delle utilities e immobiliari, mentre il Nasdaq ha da poco registrato la sua più marcata flessione su base settimanale nel giro degli ultimi due mesi. Invece, i titoli del comparto finanziario hanno ampiamente superato gli omologhi tech, mentre la maggior parte dei ciclici ha registrato un’ottima performance superando l’andamento dei titoli difensivi.

LE TRIMESTRALI HANNO BATTUTO LE ATTESE

Lo sottolinea un commento di Esty DwekHead of Global Market StrategyNatixis Investment Managers Solution, aggiungendo che, a stagione degli utili ormai alle spalle, le stime degli analisti sono state ampiamente superate, con l’86% delle società dello S&P 500 e il 70% delle società dello STOXX 600 che hanno sorpreso positivamente in termini di utili per azione. Sul fronte del reddito fisso, dopo un picco a fine marzo, il rendimento del Treasury decennale americano si è parzialmente contratto attestandosi su un range intorno all’1,6%.

CAUTELA SUL DEBITO SOVRANO

Dwek ritiene che, anche se i rendimenti potrebbero risalire nel breve, i massicci stimoli fiscali e le aspettative d’inflazione siano due elementi entrambi già prezzati, e per questo dati deludenti potrebbero aggiungere pressione al ribasso. Come è già accaduto con il rapporto sull’occupazione USA di aprile, più debole del previsto, che ha innescato un calo brusco, ma di breve durata. I rendimenti sovrani core dell’Eurozona sono cresciuti grazie a dati economici incoraggianti e alle riaperture, ma nel complesso Dwek continua a favorire le duration più brevi e rimane cauta sui rendimenti sovrani, sia in Europa che in USA.

ATTENZIONE ALLA DURATION

Anche se gli spread sono già ridotti, Dwek continua inoltre a preferire il credito rispetto al rischio di duration. Gli spread Investment Grade e High Yield si sono tutti ridotti negli Stati Uniti, in Europa e negli Emergenti. Dwek raccomanda maggior cautela sull’Investment Grade data la maggior duration, e anche comunque selettività sul comparto ad alto rendimento, mentre continua a vedere opportunità nel debito corporate dei Mercati Emergenti in valuta forte, poiché il carry è interessante e c’è ulteriore spazio di compressione degli spread.

OCCASIONE PER ENTRARE SUI MINIMI

In conclusione, l’esperta di Natixis Investment Managers Solution ritiene che, con il progredire delle vaccinazioni e il progresso delle riaperture, qualsiasi correzione dovrebbe essere vista come un’opportunità di “buy the dip”, vale a dire comprare sui minimi, dato il supporto fondamentale di fondo che è in corso: stimolo fiscalesostegno monetario e forti utili. Per questo, i titoli ciclici dovrebbero continuare a sovraperformare e anche l’Europa e Giappone dovrebbero trarne vantaggio.

INFLAZIONE…LA PACE DEI SENSI!

Non è che ci sia granché da raccontare in questi giorni, mercati noiosi sino alla nausea, dove i volumi fanno a gara con quelli della vigilia di Natale, dati uno peggio dell’altro ma non importa, i ruggenti anni venti sono dietro l’angolo e soprattutto nel nostro Paese, una fogna politica, dove tutto ormai sta diventando omogeneo, adagiati alle conclusioni di un uomo, Draghi che prosegue con il pilota automatico europeo.

Ma tu pensa, Facebook e Twitter hanno smesso di rimuovere post che suggeriscono l’origine da laboratorio del virus COVID 19…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1396872899047403527&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F27%2Finflazione-la-pace-dei-sensi%2F&sessionId=c7de24121f678699eb6b7fbe639e349752983de3&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Noi lo suggeriamo dall’origine, ma certo noi siamo complottisti e un pirla come Burioni invece la scienza, sai Bellezza il virus viene dalla pipi del pipistrello.

La verità dalle nostre parti è figlia del tempo, suggerisco mai di non scommettere contro di noi, soprattutto sull’inflazione.

Martedì sono usciti i dati sulle vendite di case nuove, come sempre economisti e analisti hanno fatto un flop clamoroso nelle previsioni, nulla di nuovo, sono li per fare colore, tirano una monetina e provano a indovinare…

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Rivisti al ribasso i dati di marzo, del 10 %, un peccato davvero per coloro che si aspettavano i nuovi ruggenti anni venti a partire da questa primavera i dati stanno assumendo contorni sempre più sinistri…

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Ops, il CITI ECONOMIC SURPRISE è in territorio negativo, finita la festa?

No dai non ditemi che è cosi, dopo trilioni di stimoli fiscali gettati dalla finestra a caso, no dai non ditemi che è già tutta finita questa illusione.

Oltre venti Stati americani stanno finendo i sussidi di emergenza, ma nonostante tutto c’è qualche burlone che si sforza di spiegarvi che i risparmi faranno faville, faranno decollare l’economia.

In questi giorni i rendimenti hanno subito un sensibile ridimensionamento…

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Ma quello che è interessante è lo spread governativo trentennale tra USA e Germania, un trend uno spettacolo, ma di questo ne parleremo nel prossimo Machiavelli…

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Come riporta ZeroHedge, improvvisamente il mercato non vede più possibile un annuncio di inizio rialzo dei tassi a Jackson Hole…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-3&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1397631295128223744&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F27%2Finflazione-la-pace-dei-sensi%2F&sessionId=c7de24121f678699eb6b7fbe639e349752983de3&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Solo poche settimane fa, il mercato era pieno di speculazioni secondo cui, in mezzo all’inflazione galoppante, la Fed avrebbe quasi certamente violato l’argomento del famigerato taper durante la riunione del FOMC del 16 giugno, e se non allora, non oltre la riunione del 22 settembre, che si svolge subito dopo l’uscita di fine agosto del banchiere centrale di Jackson Hole in cui sono state introdotte la maggior parte delle idee “radicali” della Fed negli ultimi dieci anni.

Non più. Come sottolinea Stephen Spratt di Bloomberg, il volume di swaption implicito a 10 anni a 3 mesi – una metrica attentamente monitorata di quanto i prezzi del TSY possono variare nel periodo – è in costante calo e ha raggiunto i livelli più bassi dall’inizio di -stop alla raffica di banchieri centrali che ripetono nelle ultime 48 ore che l’inflazione sarà transitoria.

Ops, no dai non ditemi che le aspettative di inflazione sono già finite, non abbiamo ancora finito di riempirci le tasche di tesorucci!

Ciò che è notevole è che il calo è arrivato anche se il contratto di tre mesi ora copre le probabili date di inizio del Jackson Hole Economic Symposium, che è tradizionalmente iniziato nell’ultima settimana di agosto e dove, come notato sopra, è dove le banche centrali tradizionalmente hanno telegrafato cambiamenti sostanziali nelle politiche della banca centrale. Come osserva Spratt, all’inizio di questo mese si sono viste grandi scommesse per una scossa da falco a Jackson Hole, con posizioni di opzioni mirate a una prospettiva dei tassi più aggressiva sia per la Federal Reserve che per la Banca centrale europea.

Se il mercato è giusto e non c’è alcun annuncio di rialzo dei tassi a Jackson Hole, non è chiaro quando sarà la finestra successiva della Fed.

Non solo, PUZZANO di DEFLAZIONE le ultime aste del Tesoro americano a 2 e 5 anni, scrive sempre ZeroHedge…

Anche gli interni sono stati stellari con Indirects che hanno perso un enorme 64,4%, il più alto premio straniero dall’agosto 2020 e di gran lunga superiore alla media recente del 57,9%. E con i Directs che hanno perso un 14,9% inferiore alla media, i Dealer sono rimasti a detenere il 20,8% dell’asta, il più basso da agosto.

Nel complesso, un’asta di obbligazioni stellare, e una che, insieme all’asta 2 anni di ieri, suggerisce che la domanda per l’emissione di domani a 7 anni sarà notevolmente maggiore rispetto alla triste vendita di obbligazioni a 7 anni a fine febbraio, quando l’asta del bellybuster è stata quasi un flop e ha innescato la svendita del mercato azionario.

Sembrano quelle radici di illusioni per le quali basta la realtà, per fare collassare tutto!

Stay tuned, sarà un’estate davvero divertente!

BlackRock: perché non bisogna trascurare il rischio geopolitico

Nel suo commento settimanale il BlackRock Investment Institute segnala che l’attenzione dei mercati al rischio geopolitico è ai minimi da quattro anni e potrebbe cogliere gli investitori con la guardia abbassata

 26 Maggio 2021 – 7:50

I mercati finanziari sono molto focalizzati sulla ripartenza delle economie e sul risveglio dell’inflazione e meno sul rischio geopolitico, i cui potenziali focolai vanno invece tenuti d’occhio per evitare di essere colti con la guardia abbassata. In ogni caso le aspettative di alta inflazione sono in parte rientrate insieme al ridimensionamento dei prezzi di petrolio e materie prime, ma c’è comunque da attendersi volatilità in arrivo data la forza della domanda di consumi e i colli di bottiglia distributivi. Indicazioni sul fronte macro arriveranno dai numeri delle spese personali per consumi negli Stati Uniti.

ATTENZIONE CALATA IN TERMINI RELATIVI

Lo sottolinea il BlackRock Investment Institute nel suo commento settimanale dedicato all’individuazione e alla misurazione del rischio geopolitico, per arrivare alla conclusione che l’attenzione del mercato finanziario per questo fattore è diminuita in termini relativi, un fatto giustificato dall’emergere di potenziali driver a breve termine più potenti, come la ripartenza delle economie e le prospettive d’inflazione. Il BlackRock Investment Institute mantiene un atteggiamento pro-rischio, ma osserva anche che tensioni sul fronte geopolitico hanno un impatto maggiore proprio nei momenti in cui il mercato se le attende di meno.

AI MINIMI DA 4 ANNI SUL RISCHIO GEOPOLITICO

L’attenzione dei mercati al rischio geopolitico globale è ai minimi da 4 anni, secondo l’indicatore elaborato dalla stessa BlackRock che traccia le menzioni di questo specifico fattore sia nei report degli analisti che nel flusso di notizie dei media, aggiustandole per l’enfasi negativa o positiva che viene posta. In particolare, l’attenzione risulta calata per quanto riguarda la competizione strategica USA-Cina, una nuova ondata di Covid-19 e tensioni nel Golfo. In generale, il calo dell’attenzione si è accentuato dopo il cambiamento alla guida dell’amministrazione statunitense.

CONTINUARE A MONITORARE UNA SERIE DI FATTORI

Altri rischi monitorati da BlackRock comprendono la situazione politica nei Paesi Emergenti, l’evoluzione tecnologica globale e del cambiamento climatico, l’impatto della pandemia sulle catene di produzione, sottolineando la necessità di continuare a monitorare questi fattori di rischio potenziale, citando in particolare le tensioni su Taiwan, sempre tra Stati Uniti e Cina, più come potenziale di medio lungo termine che di breve.

L’IMPORTANZA DELL’ATTENZIONE AL CLIMA

Sul versante climatico, il rischio segnalato da BlackRock è che le economie sviluppate non riescano a implementare gli investimenti e le misure regolatorie necessari a conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni. BlackRock segnala che anche l’attenzione a questo specifico rischio è bassa, ma in linea con la previsione di un rischio abbastanza remoto. In ogni caso, la riduzione dei rischi climatici resta cruciale per sostenere la crescita economica globale e migliorare il profilo di rischio del ritorno degli investimenti.

CYBER-ATTACCHI E COREA DEL NORD

La misurazione effettuata da BlackRock mette in rilievo anche delle disconnessioni tra il livello di attenzione dei mercati al rischio geopolitico e l’analisi fondamentale della stessa BlackRock. In particolare con riferimento a due esempi: il calo di attenzione rispetto a cyber-attacchi importanti, in confronto al picco toccato nel 2020, anche in presenza di episodi come l’hackeraggio all’oleodotto americano, e l’analogo calo di attenzione sul potenziale conflitto nord-coreano, molto al di sotto della media storica.

NYFANG: resta indice chiave per i mercati

Ormai anche i sassi sanno che in questa fase di ripartenza ciclica, i settori da privilegiare non sono certo quelli legati al mondo della tecnologia, anche a causa del sontuoso rally che certi titoli hanno fatto registrare negli ultimi mesi.
Però è altrettanto veri che molti titoli tech ormai si sono quasi trasformati in utility. Insomma, occhio a dare giudizi affrettati. E continuiamo a monitorare il tech anche per il peso specifico che ormai ha sui mercati.
E allora guardiamo il grafico del NYFANG+, l’indice tech che monitoriamo da tempo e che ci può dare delle interessanti indicazioni tecniche. Perché insisto con l’analisi tecnica? Perché non dimenticate che oltre il 70% delle transazioni sono fatte da intelligenze artificiali. Quindi anche se ai grafici non ci credete (il che è difendibilissimo), bisogna però ammettere che proprio le AI si attaccano a supporti e resistenze e quindi non possiamo sottovalutare il fenomeno, soprattutto se il grafico si presenta così.

NYFANG+, nuovi test all’orizzonte

Chiari i livelli di Fibonacci che combaciano perfettamente con supporti e resistenze naturali. Ora siamo nel box azzurro ma occhio proprio alla base del box che è pari al 50% del ritracciamento di Fibonacci. Sta arrivando la MM200 a sostegno per evitare di capitolare innanzitutto al livello successivo (38,2%) ma attenzione, dopo non resta che quota 4975-5000 punti.

Perché l’inflazione è causata dalle banche centrali e dobbiamo preoccuparci per il prossimo futuro

I prezzi al consumo lievitano nel mondo, ma la ripresa dell’economia non c’entra. E’ colpa della politica monetaria.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 26 Maggio 2021 alle ore 07:32

E’ boom dell’inflazione presso le principali economie mondiali. Tanto l’abbiamo invocata, che alla fine ha fatto la sua comparsa. Molto più negli USA che nell’Eurozona. In aprile, i prezzi al consumo sono cresciuti del 4,2% annuale per le famiglie americane, dell’1,6% per quelle dell’Eurozona. Effetto diretto della ripresa economica globale, è il ragionamento prevalente, se non esclusivo che si fa in questi mesi. Poiché la domanda si è messa in moto e l’offerta perlopiù arranca a causa delle restrizioni anti-Covid ancora attive, i prezzi salgono. Dal petrolio alla farina, dal legname per le costruzioni al rame, tutto rincara e spesso ai massimi di sempre.

Eppure, il boom dell’inflazione con la ripresa economica non c’entrerebbe, se non a causa dell’intervento delle banche centrali. Già negli anni Sessanta, il futuro Premio Nobel per l’Economia, Milton Friedman, sosteneva che l’inflazione fosse esclusivamente un fenomeno monetario. In altre parole, sono le banche centrali che stampano troppa moneta e finiscono per aumentare i prezzi.

Per capire il ragionamento di Friedman e degli economisti monetaristi, vi proponiamo un esempio molto semplice. Supponiamo che in un sistema economico circolino 100 euro con cui si possono comprare solamente due beni: arance e pane. Immaginiamo che per un qualunque motivo (bassi raccolti, mutamenti nelle preferenze del consumatore, etc.), la domanda di arance salga. A questo punto, per la legge della domanda e dell’offerta, il loro prezzo aumenta. In teoria, questo porterebbe all’inflazione, cioè ad un aumento generalizzato dei prezzi al consumo. Ma non sarebbe così se in circolazione restassero sempre e solo i 100 euro di prima. A quel punto, se le arance costassero di più, rimarrebbero meno euro per il pane.Dunque, la minore domanda di pane porterebbe a una riduzione del suo prezzo. E ciò compenserebbe l’aumento del prezzo delle arance.

Boom dell’inflazione a causa della moneta

Nell’esempio appena proposto, l’inflazione non si materializza per il semplice motivo che la quantità di moneta in circolazione resta uguale e, quindi, se aumentano i prezzi di un bene, dovranno necessariamente diminuire i prezzi di altri beni. Friedman ne deduceva che solo se le banche centrali emettono più moneta di quanta ne serva per effettuare gli scambi possa esistere inflazione. E proponeva di legarne la crescita a quella della produttività, ergo al tasso di crescita dell’economia.

Vi stiamo dicendo che il boom dell’inflazione di questi mesi non sarebbe possibile senza le banche centrali. Se aumentassero i prezzi di tutte le materie prime, a parità di moneta in circolazione la domanda dovrebbe diminuire per altri beni e così anche i relativi prezzi. L’indice generale rimarrebbe grosso modo invariato. Invece, sta accadendo che le principali banche centrali stiano da anni, e ancor più con la pandemia, perseguendo esplicitamente l’accelerazione dei tassi d’inflazione attorno a target fissati nell’ordine del 2%. Per farlo, iniettano liquidità sui mercati sotto forma di acquisti di bond e al contempo tengono i tassi d’interesse molto bassi, se non persino negativi.

Da quando è arrivata la pandemia in Occidente, la BCE ha visto esplodere gli assets a bilancio di 2.930 miliardi di euro, la Federal Reserve di circa 3.720 miliardi di dollari. Tenuto conto dei PIL pre-Covid di Eurozona e USA, queste cifre incidono rispettivamente per quasi il 25% e oltre il 17%. In sostanza, le prime due banche centrali del pianeta hanno inondato i mercati di liquidità tra un quarto e oltre un sesto delle dimensioni delle rispettive economie. Mai era avvenuto un fatto di simile intensità nella storia degli ultimi decenni.

La temuta corsa dei prezzi nell’Eurozona

I risultati stanno già toccandosi con mano.L’aggregato monetario M3, che capta piuttosto bene il grado di liquidità nell’Eurozona, a inizio anno saliva del 12,5% tendenziale. Il ritmo è circa il triplo rispetto al periodo che va dal 2016 agli inizi del 2019. Già due anni fa, prima della pandemia, si notava un’accelerazione fino al 6%, salvo rallentare il passo tra fine anno e inizio 2020 per impennarsi con la crisi sanitaria. Per M3 intendiamo banconote e monete circolanti, depositi a vista, depositi a breve e depositi a termine. Il suo aumento anticiperebbe di alcuni mesi quello dell’inflazione. Qui, a preoccupare sono i ritmi. Stiamo triplicando rispetto al trend del quinquennio passato. Se anche i tassi d’inflazione nell’area accelerassero negli stessi termini, sarebbe un problema. In assoluto, non avremmo cifre esorbitanti, ma le variazioni si farebbero sentire sulla vita di tutti i giorni. Passare da un’inflazione all’1% a una del 3% non è qualcosa che lascerebbe indifferenti.

Le banche centrali avrebbero modo di reagire a tutto ciò. Alzando i tassi d’interesse e/o tagliando o finanche azzerando gli acquisti di bond, ridurrebbero la liquidità in circolazione. E il boom dell’inflazione non vi sarebbe, semplicemente perché a un rialzo di alcuni prezzi corrisponderebbe il ribasso di altri. E’ la moneta a dare sfogo alla domanda, traducendola in un rincaro generalizzato del costo della vita. Tassi più alti spingerebbero le famiglie a consumare di meno e a risparmiare di più. La domanda complessiva si abbasserebbe e lo spettro dell’inflazione verrebbe meno. Ma questo scenario implica minori tassi di crescita economica, nonché maggiori costi di emissione per indebitarsi. Ed è proprio quello contro cui le banche centrali lottano da anni nel nome della pace sociale. Peccato che il boom dell’inflazione rischi di scatenare tensioni sociali.

BlackRock: mercati ossessionati da paura inflazione, rischiano di essere colti di sorpresa da quest’altro pericolo

25/05/2021

Gli analisti di BlackRock lanciano l’avvertimento: i mercati azionari e obbligazionari sono rimasti così ossessionati dalla paura dell’inflazione da aver dimenticato altri rischi, tutto fuorché improbabili.
Tra questi, le tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina, che hanno fatto la storia della presidenza americana di Donald Trump, con tanto di guerra commerciale combattuta a colpi di dazi dalle due Superpotenze mondiali e continui botta e risposta.

Le tensioni ora saranno state pure stemperate ma BlackRock Investment Institute teme che i mercati stiano peccando di ottimismo e che, di conseguenza, potrebbero essere colti di sorpresa nel caso in cui il rischio geopolitico, mai del tutto rientrato, tornasse a fare notizia.
Gli esperti del colosso del risparmio gestito numero uno al mondo hanno motivato le loro preoccupazioni con l’indice stilato dallo stesso gigante: il Geopolitical Risk Indicator – indicatore sul rischio geopolitico – che è precipitato al minimo in quattro anni, proprio in quanto gli investitori, nell’ultimo periodo, si sono concentrati più sulla minaccia vera o presunta dell’inflazione e sulla ripresa del Pil post pandemia, che non sui fattori geopolitici. “L’indice continua a oscillare in territorio negativo quest’anno…il che significa che l’attenzione degli invetitori verso i rischi geopolitici è al di sotto della media degli ultimi quattro anni – si legge nel report – Il risultato è che gli shock geopolitici potrebbero cogliere di sorpresa gli investitori più di quanto accade”.
Tra i principali rischi che i mercati starebbero sottovalutando ci sarebbe la separazione, nota anche come ‘decoupling’ nel settore tecnologico. Gli analisti di BlackRock, in particolare, hanno fatto notare che Biden sta continuando comunque ad adottare la linea dura, con la Cina, nell’ambito delle “tecnologie più importanti”, mentre Pechino, dal canto suo, sta dando priorità alla sua autonomia nel settore hi-tech.
“Riteniamo che ci sia una elevata probabilità che la separazione dei settori tecnologici americano e cinese prosegua, crescendo sia in dimensione che in termini di obiettivi da raggiungere, nonostante la relativamente bassa attenzione che si sta dando” ai rischi rappresentati dalla separazione stessa delle due economie in questo ambito. Detto questo, gli analisti danno anche qualche consiglio su come posizionarsi, da un punto di vista operativo, sui mercati. In particolare, nel report scrivono che, “strategicamente, ci aspettiamo ritorni generati dagli impatti dei cambiamemti climatici, e riteniamo che l’azionario dei paesi avanzati sia un asset class posizionata per cogliere le opportunità provenienti dalla transizione ecologica. Tatticamente – si legge ancora nel report – favoriamo i tecnologici e l’healthcare così come esposizioni cicliche selezionate”.

Sull’azionario: “Siamo overweight sull’azionario su un orizzonte strategico. Intravediamo un outlook migliore per gli utili in un contesto di valutazioni moderate. Nell’incorporare il cambiamento climatico nei nostri rendimenti attesi l’appel dell’azionario dei mercati avanzati aumenta, vista la presenza significativa di settori come il tech e l’healthcare negli indici benchmark. Tatticamente, rimaniamo overweight sull’azionario visto che prevediamo un’accelerazione delle riaperture delle economie e tassi di interessi che rimarranno bassi. Propendiamo per la ciclicalità e manteniamo un bias per la qualità.
Sul credito, BlackRock “è underweight a livello strategico, visto che le valutazioni sono ricche e preferiamo il rischio dell’azionario. Su un orizzonte tattico il credito, soprattutto quello investment gradem è tornato sotto pressione a causa del restringimento degli spread, ma guardiamo ancora con favore all’high yield.
Per quanto riguarda i bond governativi, gli analisti sono strategicamente underweight, visto che l’abilità dei titoli di stato agire in qualità di portafoglio è diminuita, a causa dei rendimenti che scendono e l’aumento dei livelli di debiti, che potrebbe finire con il rappresentare un rischio in un regime di bassi tassi. “E’ in parte questo il motivo per cui siamo strategicamente underweight sul debito governativo. Preferiamo i bond indicizzati all’inflazione, in quanto intravediamo rischi di una inflazione più alta nel medio periodo”.
Tra le altre indicazioni di BlackRock, come emerge dalla tabella, anche quella di “detenere un po’ di cash, come cuscinetto contro gli shock dell’offerta che potrebbero pesare sia sulle azioni che sui bond”

WALL STREET: avanti con moderazione

Il momento resta ancora positivo per i mercati finanziari e al borsa USA continua, malgrado tutto, a tenere il passo. Sarà un mercato più volatile e meno convinto nei rialzi ma non per questo ribassista (Guest post)

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno continuato ad assestare i propri valori, ancora fortemente stressati e sballottati dall’impatto della pandemia da Covid-19. In particolare prosegue l’assestamento delle quotazioni delle commodities, ossia della componente che ha mostrato maggiore volatilità nel corso di questo terribile ultimo anno. Il recente ed esplosivo rialzo delle stesse ha destato molte preoccupazioni fra gli operatori. In molti vi hanno scorto i prodromi del ritorno del fenomeno inflattivo. In realtà trattasi solo di una suggestione.

Negli ultimi mesi abbiamo, infatti, assistito solo ad un poderoso recupero dall’ingente crollo subito nello scorso anno. Ed oggi le commodities quotano sugli stessi valori di 4/5 anni orsono, ed ancora il 40 % in meno di 15 anni fà. E’ evidente pertanto che il recente preoccupante dato sull’inflazione Usa, + 4,2 % su base annua, sia solo il frutto di una distorsione statistica, causata dal raffronto con i dati particolarmente depressi di dodici mesi orsono. A supporto, rammento e ricordo che dodici mesi orsono le quotazioni del petrolio erano finite paradossalmente, addirittura, sotto lo zero.

Insomma è abbastanza evidente che non sarà l’inflazione il problema dei prossimi anni del sistema capitalistico globale. Io non né vedo addirittura nessuna premessa, anche se mi piacerebbe vederne qualche segnale. Un’economia moderatamente inflattiva è infatti sinonimo di un maggior tasso di crescita economica, e di conseguenza di una più equa distribuzione della ricchezza tra le diverse categorie di operatori, e tra le diverse classi sociali.

Ma. come ben sapete, non è stata affatto questa la direzione imboccata dal sistema capitalistico di produzione dopo la crisi finanziaria del 2008. S’è infatti deciso e preferito contrarre con forza tutti i costi dei maggiori fattori della produzione, ossia di materie prime, capitale e lavoro. Da qui gli enormi ed inaccettabili squilibri che vediamo oggi nella distribuzione della ricchezza. Tutta la crescita prodotta è infatti finita nei profitti delle aziende, soprattutto in quelle più grandi, totalmente globalizzate e tecnologicamente all’avanguardia. E Wall Street, in questi anni, ne ha dato una fedele e veritiera rappresentazione, altro che bolla….. di cui cianciano a vuoto, da oltre un decennio ormai, un sacco d’invasati visionari.

Ancor oggi costoro nè paventano il crollo delle quotazioni, dicono che le nuove politiche fiscali espansive produrranno addirittura un’iperinflazione che farà deflagrare il problema dell’enorme debito esistente, e di conseguenza l’intero sistema economico globale. Un’ennesima allucinazione la Loro. Non capiscono che le suddette politiche fiscali espansive sono soltanto un palliativo, una gentile concessione del sistema, tesa a lenire le disastrose conseguenze di quest’ultima crisi, che ha ulteriormente danneggiato molte categorie sociali già fortemente provate da un decennio di economia deflattiva.

Gentile concessione, molto probabilmente circoscritta e provvisoria, che non intaccherà affatto i paradigmi fondamentali del sistema economico, sopra menzionati, ossia basso costo delle materie prime, bassi tassi d’interessi, e bassi salari. Per intaccare tali presupposti ci vuole ben altro, e questo altro al momento non s’intravvede nemmeno all’orizzonte. Fatevene una ragione, questo mercato toro ha ancora solidissime fondamenta, e per tale motivo può definirsi, a ragione, un mercato toro di carattere secolare.

Dopo le sopra esposte, e crude, considerazioni, andiamo ad esaminare, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, nell’ultima settimana, si è ulteriormente indebolito ( – 0,34 % ) e quota oggi 90,02. Un’inevitabile prezzo da pagare al varo delle politiche espansive sopra ricordate. Le commodities, invece, arretrano più pesantemente,  – 1,53 % in termini reali. Come sopra detto, il loro controllo costituisce uno dei paradigmi dell’attuale sistema, non le faranno di certo deflagrare.

Segnali rassicuranti, in tal senso, giungono anche dal mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, infatti, cede 1 bp e retrocede a quota 1,62 %. Il rendimento dei bond a 2 anni, invece rimane fermo a quota 0,15 %.  L’inclinazione della yield curve Usa rimane pertanto abbastanza elevata, 147 punti base, e conferma le aspettative di ripresa economica post-covid.

Il mercato azionario, dopo una forsennata corsa al rialzo, finalmente rifiata un po’, e dà qualche flebile soddisfazione agli incalliti e finora inconcludenti disfattisti. In particolare l’S&P 500 chiude l’ottava con una perdita dello 0,43%, e quota oggi 4.155,86 punti.

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 13.508

Large Traders :  + 1.323

Small Traders : + 12.185

Si riconferma, pertanto, la nuova ed incerta configurazione del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state pari a 4.004 contratti. In particolare, i Commercial Traders, le MANI FORTI di questo mercato, cedono l’intero lotto dei 4.004 contratti long, e consolidano l’entità della loro alquanto abituale posizione di copertura, Net Short. I Large Traders, invece, acquistano appena 224 contratti long, e restano, ancor molto cautamente, in posizione Net Long. Gli Small Traders, infine, acquistano i residui 3.780 contratti long, e consolidano alquanto lo loro abituale posizione Net Long.

Le movimentazioni di quest’ultima ottava, sembrano voler confermare e rafforzare le considerazioni da noi espresse la scorsa settimana. Si riconferma e si consolida infatti la nuova configurazione, ed il nuovo assetto assunto dal mercato dei derivati azionari Usa. Un assetto storicamente volatile, e spesso privo di una marcata e chiara direzionalità. Molto probabile pertanto assistere, nelle prossime settimane, ad una sostanziale lateralizzazione dei mercati azionari Usa e mondiali.

Una lateralizzazione, una pausa, necessaria ed utile per capire quale forma e natura assumerà l’economia capitalistica globale dopo il definitivo superamento della crisi pandemica. Non credo che interverranno modifiche significative nei paradigmi sopra descritti, anche se come detto ce le auguriamo. Nel frattempo non modifico la mia ormai ultra decennale view rialzista, che riconfermo, anche se con maggiore moderazione rispetto a quella tenuta nel recente passato.

Mercato dunque ancora in sostanziale fiducia

LA STORIA NON SI RIPETE MAI, MA…

La storia non si ripete, ma fa rima con se stessa amava ricordare Mark Twain, le sfumature sono sempre più tenui, ma quello che è certo è che il mercato, oltre che ad essere stupido separa sempre gli stupidi dal loro denaro.

In questi mesi ho sentito in molti parlare di meraviglie infinite per le cripto, per carità come diceva Newton l’invidia e l’ offuscamento della ragione lo portò a perdere quasi l’intero patrimonio. All’inizio del ‘700 comprò una buona dose di azione della Compagnia dei Mari del Sud riuscendo a venderle con grande profitto.

TradePlacer - Real-time marketplace / auction to buy and sell gold, silver, platinum, wine, paintings, and other collectibles using real-time orderbook. Power of Wallstreet on Mainstreet

Poi mentre continuavano a salire, arrabbiato per aver venduto presto, riacquistò a prezzi più alti senza mai vendere pur di fronte a importanti guadagni, sino all’inizio di agosto del 1720, quando dopo un declino lento e inesorabile iniziò il crollo finale, finendo sul lastrico.

Ma tutto ciò che sale, prima o poi scende. Come osserva Fabrizio Galimberti, nel suo
libro Economia e pazzia…

«gli investitori sono attratti verso attività patrimoniali (azioni o terreni o case) nella convinzione che i prezzi aumentino, e questo loro ingresso autorealizza quella convinzione; poi, quando i prezzi si stabilizzano o cominciano a scendere, si affollano all’uscita come gli spettatori che fuggono da un cinema in fiamme e causano un crollo precipitoso dei prezzi stessi; crollo che poi influenza l’economia intera col contagio di sfiducia e incertezza che ammorba la voglia di spendere»

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Tesla e Musk, in un solo istante hanno perso tutti i profitti registrati nel primo trimestre, compresi i crediti energetici, non male per uno che vende automobiline a pile.

Perdere oltre il 50 % in un attimo non fa mai piacere a nessuno, soprattutto se non sai se lo recupererai mai, come accadde a Telecom nel 2001, ma non solo.

Ci riproveranno, eccome se ci riproveranno, supporti tecnici o altri racconti, importante è sempre sapere quando smettere, ma la storia farà la rima anche questa volta!

Quando torneremo appena sotto 20.000 in molti penseranno che è il momento per riprovarci, per rientrare e solo allora vedremo se la storia non si ripete mai, forse questa volta è diverso.

Non ci interessa cosa accadrà, lo sanno da tempo i nostri lettori, non mi interessa tutto ciò che non ha nulla a che fare con la realtà, investire i risparmi di una vita non è un gioco e noi non amiamo giocare, preferiamo certezze.

Nel frattempo i rendimenti dei bond ci dicono che gli ultimi dati non sono poi così belli come hanno suggerito per mesi, mercato immobiliare, occupazione e consumi non suggeriscono i nuovi ruggenti anni venti, tutto qui quello che riesce a produrre la più impressionante e imponente dose di stimoli fiscali e monetari della storia?

L’estate da sempre è la peggiore nemica delle materie prime, il resto lo vedremo insieme.

Intanto il 9 di maggio esce l’ultimo manoscritto il dottor Copper fa visita a Machiavelli…

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Per il resto la sfida è epica, se vinciamo anche questa come tutte le altre di questi anni, la previsione della crisi subprime, la scommessa sul nostro Paese mentre tutti lo liquidavano, la crisi europea del 2014 con la scommessa sul dollaro e sui tbond che ancora prosegue, sarà l’ultimo spettacolare colpo, frutto di analisi e ricerca empirica, la deflazione da debiti, un trend secolare…

https://icebergfinanza.finanza.com/2014/10/03/deflazione-da-debiti-cosa-potrebbe-accadere/embed/#?secret=bDLy4RFALP

MacroVoices dopo il mitico Lacy Hunt ha intervistato anche David Rosenberg, eonomista e capo stratega di Rosenberg Research, sulla transitorietà dell’inflazione da asset attuale, un’intervista strepitosa di cui parleremo nel prossimo manoscritto insieme al nostro Machiavelli…

Mercati: nei prossimi mesi volatilità resterà elevata, possibili violente correzioni (analisti)

24/05/2021

Oggi i mercati si trovano a uno snodo cruciale. Il grande dibattito sui mercati (e non solo) si concentra sull’inflazione: siamo di fronte a fiammate temporanee generate da condizioni eccezionali o all’inizio di un ciclo inflattivo che non si vedeva da almeno 30 anni? Questo l’interrogativo da cui parte l’analisi di Marco Mencini, senior portfolio manager di Plenisfer SGR, dal titolo: “Allo snodo cruciale del 2021: elevata incertezza e volatilità domineranno i prossimi mesi durante i quali una gestione attiva e difensiva sarà essenziale”.

“Il grande timore è che l’inflazione sfugga di mano e sappiamo che, come il genio che esce dalla lampada, una volta libera di correre, è molto difficile rimetterla nella bottiglia. E oggi mercati temono che si ripeta quanto accaduto con Greenspan nel 94, ovvero che la reazione delle banche centrali arrivi quando è troppo tardi. È questo dubbio e l’incertezza sull’evoluzione dei prossimi mesi che tiene il mercato, e gli operatori, sul filo del rasoio. E in un mercato come quello di oggi, caratterizzato da valutazioni elevate, l’incertezza genera grande nervosismo tra gli operatori e quindi, elevata volatilità”, afferma Mencini.

“Ci aspettiamo quindi che nei prossimi mesi la volatilità resterà elevata e assisteremo a violente correzioni, al rialzo e al ribasso, con modelli di volatilità del passato non più replicabili – afferma l’esperto -. Siamo usciti da quel paradigma di volatilità di circa 10 punti percentuali che ha resistito fino alla fase pre-pandemica. Con un aggravante, ovvero il modo in cui il mercato oggi si comporta, mettendo i fondamentali in secondo piano rispetto all’esigenza di investire la liquidità in eccesso”.

Warren Buffet avverte sul “brutale impatto dell’inflazione” e spiega come investire in questa fase

Warren Buffet considera l’elevata inflazione come una “tassa sul capitale” che scoraggia gli investimenti aziendali. Alcune aziende saranno avvantaggiate rispetto ad altre.

24 Maggio 2021 alle ore 08:39

Warren Buffet, lo storico investitore, sta già notando un’inflazione molto consistente, e, al recente incontro annuale di Berkshire Hathaway, ha avvertito gli investitori del “brutale impatto dell’aumento dei prezzi”. Ecco cosa ha detto.

Warren Buffet sull’inflazione

Warren Buffet considera l’elevata inflazione come una “tassa sul capitale” che scoraggia gli investimenti aziendali. In un periodo di alta inflazione, per generare un rendimento “reale” per gli investitori, il rendimento del capitale proprio delle società deve aumentare. In questa fase di mercato, alcune aziende saranno avvantaggiate rispetto ad altre.

Le aziende da scegliere e quelle da scartare

Le aziende ad alto contenuto di asset con scarsi rendimenti sul patrimonio netto “non hanno avanzi” da reinvestire o, comunque, da utilizzare per pagare debiti, emettere dividendi o effettuare acquisizioni, ha detto Warren Buffet.
Il capo del Berkshire Hathaway ha anche descritto i tipi di attività che resistono meglio all’inflazione, ossia quelli con beni immateriali di valore e poco bisogno di beni materiali, ha detto.
Le aziende possono anche sopportare l’elevata inflazione se sono in grado di aumentare, a loro volta, i prezzi di vendita senza sacrificare la quota di mercato e senza investire molto capitale aggiuntivo.
Buffett ha fornito gli esempi di See’s Candies e di Coca-Cola, possedute dalla Berkshire. Entrambe le società hanno marchi potenti che consentono loro di aumentare i prezzi senza perdere quote di mercato. Inoltre, ha spiegato Warren Buffet, questo tipo di società non richiedono molti capitali per crescere.
Al contrario, per le aziende senza alcun vantaggio del genere, aumentare i prezzi dei loro prodotti potrebbe significare sacrificare i volumi di vendita, la posizione competitiva a lungo termine o la forza finanziaria.

Mercato azionario, secondo Schroders questo non è il momento di vendere

Per Johanna Kyrklund (Schroders) serve un atteggiamento prudente, ma non la mancanza di alternative valide rende ancora valida l’opzione azionaria

21 Maggio 2021 – 14:34

Quando si è alla guida non bisogna soltanto osservare i limiti di velocità, ma anche le condizioni circostanti, senza frenare troppo ma procedendo con cautela. Un po’ come nel film Speed, campione d’incassi del 1994, che vedeva Keanu Reeves e Sandra Bullock alla guida di un autobus che deve mantenersi sopra le 50 miglia all’ora, perché se il tachimetro fosse sceso sotto l’autobus sarebbe esploso. Johanna Kyrklund, Chief Investment Officer and Global Head of Multi-Asset Investment di Schroders, ricorre alla metafora automobilistica per descrivere la situazione sul fronte azionario, dove le valutazioni indicano che è il momento di rallentare, ma non è possibile togliere del tutto il piede dall’acceleratore, vista la scarsità di opzioni più difensive.

CONSIDERARE L’APPROCCIO MULTI-ASSET

I mercati azionari sono costosi, ma non ci sono molti asset difensivi verso cui dirigersi, il cash ha rendimenti zero, i titoli di stato non sono molto meglio, e valutazioni azionarie costose non significano che i prezzi non possano continuare a salire. Quello attuale potrebbe non essere il momento giusto per vendere le azioni, ma è probabilmente quello adatto per frenare un po’ l’entusiasmo. Continuando con l’analogia della guida, l’esperta di Schroders ritiene che in questo momento ci troviamo fuori dall’autostrada e probabilmente è necessario un guidatore più esperto, per cui, piuttosto che focalizzarsi esclusivamente sulle azioni, potrebbe servire un approccio più dinamico, come quello multi-asset.

POTENZIALE DI RIALZO RIDOTTO

Il vantaggio di tale approccio è la capacità di rispondere rapidamente e tatticamente al cambiamento delle circostanze: se le obbligazioni dovessero andare in sell-off, potrebbero improvvisamente emergere opportunità interessanti, o se ci fossero notizie negative sul fronte Covid, potrebbe essere necessario agire rapidamente. Gli investitori devono valutare la gamma delle probabilità, dove c’è c’è stato uno spostamento nella bilancia rispetto a quando le notizie positive sui vaccini sono emerse a novembre, spingendo al rialzo l’Indice MSCI World e l’S&P 500 del 20% circa. Il potenziale di rialzo restante si è probabilmente ridotto, mentre è cresciuto il potenziale di ribasso.

SERVE PRUDENZA, NON BRUSCHE FRENATE

Ma, prosegue Kyrklund, è troppo presto per essere eccessivamente difensivi, non c’è nessuna recessione all’orizzonte, e quindi meglio restare investiti e non optare per la liquidità. L’esperta di Schroders continua a vedere valore nei titoli delle banche mentre ritiene che i margini legati al tema delle riaperture si sono ormai ampiamente esauriti, con mercati ora più differenziati, anche per il ritorno della volatilità. Non è il momento di prendere misure drastiche, come brusche e pericolose frenate, meglio guidare semplicemente con più attenzione.

MARKET IS STUPID…

Non che avessimo bisogno di conferme ma ieri abbiamo avuto la conferma che i mercati spesso e volentieri non hanno mai ragione, si muovono in maniera errata, stupida, senza senso, la manipolazione è totale, Mangiafuoco regna sovrano, i partecipanti a partire dai gestori non sono altro che tanti burattini che seguono passivamente l’evoluzione del padrone.

Non esiste forse iniziativa umana che non porti con sé una componente di incertezza e di rischio. L’incertezza fa parte dell’esperienza quotidiana e della vita. Sorprende tuttavia notare il ruolo centrale che l’incertezza e l’azzardo hanno acquistato nella moderna teoria economica, per la quale «speculazione» (dal latino specere, osservare, scrutare, guardare lontano all’orizzonte) rappresenta senz’altro un termine chiave.

«La speculazione è un tema cruciale. Molti uomini politici – alcuni dei quali in Asia – ci avvertono che l’economia globale è tenuta in ostaggio dagli speculatori. Secondo
il loro punto di vista, lo speculatore è un parassita guidato dall’avidità e dalla paura, il quale nasce e prospera grazie alle crisi finanziarie: egoista e schiavo delle sue
passioni, preda di stati d’animo euforici o pessimistici nei quali riflette lo spessore intellettuale limitato della massa» (Edward Chancellor)

Negli ultimi 20 anni abbiamo registrato una crisi economico/finanziaria almeno una ogni due anni e continuerà così per molto tempo ancora nell’era del fallimento delle banche centrali.

Ieri una ridicola reazione a qualcosa che già si sapeva, sulla base dei contenuti dell’ultima riunione della Federal Reserve, il FOMC…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1395100980476325888&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F20%2Fmarket-is-stupid%2F&sessionId=da4814e99e36d5d704d3c7398e8c6f71519d506f&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Torna la favoletta del taper, ovvero il rialzo anticipato dei tassi, una favoletta per fessi che ben si adatta ad un mercato frenetico e schizzofrenico…

Nei loro commenti sull’inflazione, i partecipanti hanno anticipato che l’inflazione misurata dalla variazione a 12 mesi dell’indice dei prezzi PCE si sarebbe spostata al di sopra del 2% nel breve termine, grazie alla distrosione dovuta alle letture molto basse dall’inizio della pandemia … Inoltre, gli aumenti dei prezzi del petrolio avrebbero dovuto passare attraverso i prezzi al consumo dell’energia. I partecipanti hanno anche notato che il previsto aumento della domanda con la riapertura dell’economia, insieme ad alcuni colli di bottiglia transitori della catena di approvvigionamento, contribuirebbe a un’inflazione dei prezzi PCE temporaneamente superiore al 2%. Dopo che gli effetti transitori di questi fattori saranno svaniti, i partecipanti generalmente si aspettano che l’inflazione misurata si attenuerà.

E qui arriva il bello…

Un certo numero di partecipanti ha osservato che le strozzature della catena di approvvigionamento e le carenze di input potrebbero non essere risolte rapidamente e, in tal caso, questi fattori potrebbero esercitare pressioni al rialzo sui prezzi oltre quest’anno . Hanno notato che in alcuni settori le interruzioni della catena di approvvigionamento sembravano essere più persistenti di quanto originariamente previsto e, secondo quanto riferito, avevano portato a costi di input più elevati. Nonostante le fluttuazioni di breve periodo previste nell’inflazione misurata, molti partecipanti hanno commentato che varie misure delle aspettative di inflazione a lungo termine sono rimaste ben ancorate a livelli sostanzialmente coerenti con il raggiungimento degli obiettivi di lungo periodo del Comitato.

Aria fritta, secondo noi entra la fine dell’anno la favoletta della reflazione, dell’inflazione o addirittura della stagflazione, visto che molti non sanno neanche di cosa parlano, sparirà come neve al sole.

NEW YORK (Reuters) – Mercoledì i rendimenti dei titoli del Tesoro USA di riferimento sono aumentati e le azioni di Wall Street hanno sentito una maggiore pressione di vendita mercoledì dopo che i minuti della riunione del Federal Open Market Committee di aprile hanno mostrato che alcuni responsabili politici sembravano pronti a parlare di ridurre il loro programma di acquisto di obbligazioni nelle prossime riunioni.

Ovviamente la solita reazione isterica, peccato che dopo questa riunione i dati sull’occupazione o sulle vendite al dettaglio, cancellano tutte le inutile euforie sull’economia dei governatori.

I commenti dei funzionari della Fed dalla riunione del 27-28 aprile, i numerosi interventi pubblici,  hanno indicato che semmai i dati sull’occupazione di aprile hanno rafforzato l’opinione che fosse ancora troppo presto per discutere le modifiche ai 120 miliardi di dollari della Fed negli acquisti mensili di obbligazioni.

Sono passati quasi quattro minuti prima che succedesse qualcosa, ( dopo il rilascio dei verbali del FOMC,  il che è un po ‘strano. In generale, la reazione istintiva iniziale su quasi tutte le notizie sembra andare nella direzione sbagliata, e poi ripercorrerà all’incontrario, cosa che abbiamo visto. … Non vedo nulla di sorprendente lì dentro, il mercato tende a diventare molto sensibile a quasi tutte le notizie quando è in una fase davvero nervosa come lo è ora. Ma probabilmente potresti tornare a quasi tutti i verbali della Fed e vedere una rapida reazione istintiva in quel momento, questo ritardato era probabilmente la cosa più insolita. Alla fine della giornata, direi che quando il mercato chiuderà sarà un non-evento “.

Tutto il verbale è un non-evento, le decisioni di una banca centrale sono inutili, la deflazione da debiti non lascia scampo è una loro creazione.

Vedo in giro gente nervosa sulle cripto o su cosuccie tipo Tesla, faranno il possibile per non rompere il giocattolo, ma resteranno macerie come suggerisce la storia.

Affascinante osservare il bitcoin passare da 64.000 a 30.000 in un solo mese.

L’oro sembra pronto a decollare ma crediamo non sia ancora arrivato il momento, mentre il rame dall’incontro con Machiavelli ha subito un notevole ridimensionamento, come il petrolio che non riesce ad avere ragione della sua bestia nera, una trendline EPOCALE!

Il bello deve ancora arrivare…

Sell a Wall Street, Nasdaq perde oltre -1%. Effetto tonfo Bitcoin: Tesla -5%, Coinbase e MicroStrategy fino a -14%. Male anche FAANG in attesa Fed

19/05/2021

Wall Street assediata dalle vendite, sulla scia dei forti sell off che si abbattono sul cripto universo e sui titoli tecnologici, in attesa della pubblicazione delle minute della Federal Reserve. Il Dow Jones cede più di 350 punti (-1% circa), a 33.706 punti; il Nasdaq arretra dell’1,41% a 13.128 punti circa; lo S&P 500 cede l’1,21% a 4.076 punti.

Niente da fare per il Bitcoin, che nell’arco di 24 ore arriva a cedere il 20% capitolando anche sotto la soglia di $37.000, al minimo intraday di $36.061, al valore più basso dal 3 febbraio scorso.

Ad affondare la criptovaluta numero uno al mondo, è stata la decisione delle tre autorità cinesi responsabili della vigilanza delle banche e dell’industria dei pagamenti di avvertire le istituzioni finanziarie di non fare alcun business che comporti l’utilizzo delle criptovalute, inclusi il trading e la conversione di valute fiat in monete digitali.

Già la decisione di Tesla annunciata via Twitter dal ceo Elon Musk, lo scorso 12 maggio, di non accettare più pagamenti in Bitcoin per l’acquisto delle sue auto elettriche aveva avuto l’effetto di bruciare $300 miliardi dall’intero mercato delle criptovalute.

A questi livelli, il Bitcoin ha azzerato tutti i guadagni messi a segno da quando Tesla ha comunicato il suo investimento nel Bitcoin, per $1,5 miliardi, depositando un file presso la SEC. La notizia era emersa all’inizio di febbraio.

In primo piano il trend al ribasso delle azioni cripto, che pagano lo scivolone delle monete digitali.

Le quotazioni di MicroStrategy crollano del 14%%: è di marzo la notizia dell’acquisto, da parte di MicroStrategy, di altri 262 bitcoin, per un valore di $15 milioni in contanti.
Michael Saylor, ceo di Microstrategy, aveva twittato quel giorno che l’azienda deteneva un totale di 91.326 BTC, per un valore complessivo dei bitcoin accumulati superiore a $5 miliardi, ossia la maggiore partecipazione detenuta da una società quotata davanti proprio a Tesla.

Anche Tesla paga l’esposizione al Bitcoin, con un ribasso del 5% circa.

Giù anche le quotazioni di Coinbase, la piattaforma di trading delle criptovalute sbarcata sul Nasdaq un mese fa circa, che precipitano del 12%.

Titoli FAANG sotto pressione: vendite su Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Alphabet, la holding a cui fa capo Google. I titoli perdono tutti tra l’1% fino a -2%.

Oggi in calendario le minute della Federal Reserve, che faranno luce su quanto Jerome Powell & Co. siano davvero preoccupati per l’aumento dell’inflazione negli Stati Uniti.

Il timore si riflette nel mercato dei Treasuries Usa, con i tassi decennali che superano l’1,67%.

La paura dell’inflazione Usa è stata rinfocolata la scorsa settimana con la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti, schizzato ad aprile del 4,2% su base annua, ben oltre il +3,6% atteso dagli analisti, rispetto al +2,6% di marzo e al ritmo più alto dal 2008. Su base annua, escluse le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato core è salito del 3%, oltre il +2,3% atteso e rispetto al +1,6% precedente.

Su base mensile, il dato dell’inflazione è balzato dello 0,8%, rispetto al +0,2% atteso e al +0,6% di marzo, riportando il rialzo mensile più forte dal 2009. La componente core, sempre su base mensile, è salita dello 0,9%, ben oltre il +0,3% atteso, al ritmo più forte dall’aprile del 1982.

La Fed non si è mostrata finora preoccupata per le pressioni inflazionistiche, ripetendo a più riprese per bocca del suo numero uno Jerome Powell e di altri esponenti che il rialzo si dimostrerà temporaneo.

Ma la paura sui mercati è viva, e viene scontata soprattutto dai titoli delle Big Tech o anche FAANG, in generale dalle growth stocks, maggiormente penalizzate in quanto con quotazioni relativamente più alte rispetto ad altri titoli, dopo la corsa riportata nell’anno del Covid-19.

Tra gli altri titoli, sotto pressione Wells Fargo, dopo che gli analisti di UBS hanno rivisto al ribasso il rating sul titolo della banca americana da “buy” a “neutral”. Gli esperti hanno affermato che il profilo di rischio/premio non è più attraente, dopo che le azioni sono volate del 59% da inizio anno e del 123% dalla fine di ottobre. Il titolo Wells Fargo perde più del 2% .

La stagione delle trimestrali Usa volge intanto alla conclusione.

Tra le società che hanno riportato i bilanci nelle ultime ore i gruppi retail Lowe e Target. Lowe ha chiuso il primo trimestre dell’anno riportando un utile per azione di $3,21, al di sopra dei $2,62 per azione attesi dal consensus. Anche il fatturato ha battuto le attese di Wall Street, così come la crescita delle vendite su base comparata, che è stata pari a +24,4%, rispetto al +20,3% previsto dal consensus. Il titolo perde l’1,5% circa.

Bene il titolo Target, dopo che la società ha reso noto di aver riportato un utile per azione di $3.69, ben oltre i $2.25 attesi. Ha battuto le stime anche il giro d’affari, mentre la crescita delle vendite su base comparata è stata pari a +22,98%, più del doppio di quanto atteso. Le quotazioni avanzano di oltre il 2%.

EQUAZIONI: più l’economia va male e più i mercati salgono. Ma è vero?

Un blog lo vedo come un diario di viaggio, un quaderno degli appunti dove annoto quello che penso e quello che mi aspetto. Ovviamente questo è un blog tematico e quindi si parla di investimenti e di finanza. La base è stata l’analisi intermarket (nel lontano 2005) e poi le cose si sono un po’ evolute e adesso questo blog è un qualcosa di più completo anche se resta SEMPRE il mio quaderno degli appunti dove apprezzo il confronto perché, senza confronto, non si cresce, a meno che uno sia culturalmente di livello veramente superiore, oppure detenga la verità assoluta oppure ancora che sia mosso da politiche commerciali che ne limitano lo spirito di condivisione.

Proprio in merito al confronto, ho ricevuto ieri un commento che sembra banale, ma che in realtà è un luogo comune che merita di essere illustrato, ovviamente secondo il mio punto di vista. La risposta è buttata giù di getto e quindi senza tanti fronzoli ed approfondimenti, anche perché ci vorrebbero delle ore per essere molto più precisi entrando nello specifico.

La frase è “più l’economia va male meglio è per i mercati finanziari.”

Ma è veramente così?
C’è una mezza verità, perchè questa non è una equazione matematica, ma una conseguenza.
L’economia va male e allora il mercato si aspetta maggiori stimoli e allora sale.
Il problema nasce quando questi stimoli (prima monetari e ora fiscali) perdono di efficacia o peggio ancora, diventano un problema da gestire in ambito, appunto di INFLAZIONE.
Troppo debito? Vero, ma il debito si può gestire SE i tassi restano bassi. Ecco perchè l’inflazione fa paura, proprio perchè potrebbe diventare un cigno nero.
E cosa è sempre necessaria? In primis una sempre efficace “forward guidance” che il buon Draghi ci ha fatto conoscere ed apprezzare, con tutta la sua “silenziosa” potenza ed efficacia. Un esempio di qualche ora fa?

Villeroy (BCE): “il rischio di un ritorno di un’inflazione duratura in Eurozona è pari a ZERO, la BCE rimarrà molto accomodante ancora per molto tempo. Voglio dirlo chiaramente”.
La FED, anche se un po’ più a fatica, ci dice le stesse cose.

La quantità di moneta IMMANE immessa nel mercato sta iniziando a circolare nel sistema e dopo un lungo periodo di disinflazione o peggio ancora di deflazione, c’è l’occasione di stimolare gli investimenti “lasciando correre” proprio l’inflazione, anche se poi deve restare all’interno dei noti binari (non oltre area 3%).

Quindi, mi sembra chiaro che il problema, come ho spiegato più volte si chiama TASSO INFLAZIONE (e come dice giustamente Pistarr, sono solo pareri personali che sono discutibilissimi e per me, farlo è un piacere, soprattutto quanto la critica è credibile e sostenuta da tesi o grafici a supporto).
Se poi l’inflazione diventa un problema, dovranno diminuire gli acquisti di titoli (tapering), frenando l’immissione di denaro, e poi si dovranno alzare i tassi, con tutte le problematiche legata, come detto, al corposo debito, che il sistema spera di far rientrare con una crescita economica più virtuosa (una sorta di aggiustamento automatico del rapporto debito/PIL).

E se nella parte a breve della curva, saranno le Banche Centrali a comandare per un bel po’ (beep beep beep messaggio a favore di chi ha un mutuo), ma nella parte dei tassi a lungo termine contano molto più le aspettative di mercato (ecco l’importanza della forward giudance).
E ancora… come scritto in un post precedente (mamma quante cose vi ho detto! Hahahaahahaha) le richieste salariali (o di sostegno pubblico) saliranno, con ripercussioni secondo me anche sul mercato immobiliare. Ed i mutui a tasso fisso, quelli ex novo, rischieranno di avere costi ben più importanti.

Come vedete, il quadro di mercato è fortemente in movimento.
Dove focalizzarsi? Beh, mi tocca nuovamente ripetermi, cose già dette in precedenti post.
Occhio alle materie prima, la base dell’analisi intermarket da cui poi si genera inflazione e via via tutto il resto. E poi occhio anche al mercato del lavoro, all’andamento della domanda da beni (post exploit lockdown Covid-19) e mettiamoci anche l’andamento del Baltic Index inteso come costi per il trasporto dei beni. Un indice fortemente correlato però… a cosa? Siamo di nuovo lì, all’inflazione.

WALL STREET: inflazione un problema? Sembra proprio il contrario

In molti parlano di un “rischio inflazione”. Sembra invece si possa definire £redistribuzione” all’interno del sistema. Le mani forti tengono duro e mal che vada, si tratterà di lateralità per i prossimi mesi.

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, dai mercati finanziari internazionali sono arrivate indicazioni alquanto contrastanti che non chiariscono affatto la direzione di marcia che l’economia capitalistica assumerà una volta risolta l’emergenza della pandemia da Covid-19. Credo che gli operatori, anche i più informati, non né abbiamo ancora una chiara contezza. Sono infatti ancore troppe le incertezze da sciogliere. C’è qualcuno che dopo l’ultimo dato sull’inflazione Usa, 4,2 % su base annua, crede che il sistema si stia avviando, o addirittura sia già dentro un contesto inflattivo. Una visione questa, a mio avviso, di corto respiro, contingente, ed in quanto tale non in grado di cogliere gli aspetti strutturali dell’attuale sistema economico.

Uno sporadico singolo dato, per quanto importante, non è infatti in grado di modificare una realtà che resta ben diversa. Sono infatti già 15 anni che il sistema di produzione capitalistico esprime marcate tendenze deflazionistiche. Tendenze che hanno reso il mondo molto più iniquo ed ingiusto. Si è infatti assistito ad una concentrazione crescente della ricchezza, i ricchi sono divenuti ancor più ricchi ed i poveri ancor più poveri. La politica, totalmente spiazzata ed imbelle, non ha saputo fornire alcuna risposta e soluzione, ed ha demandato tutto alle iniziative delle Banche Centrali.

Ed in molti, ancor più ottusi, hanno ferocemente criticato anche le iniziative palliative di quest’ultime. C’è voluta la pandemia, per risvegliare la politica dal suo lungo sonno. Solo nell’ultimo anno sono state infatti varate politiche fiscali finalmente espansive. Oggi queste politiche producono finalmente qualche segnale inflattivo, ma già c’è qualcuno, anzi più di qualcuno, che grida al pericolo. Grida soprattutto chi vuol perpetuare l’iniqua distribuzione della ricchezza degli ultimi 15 anni. In Italia, basta leggere, le dichiarazioni del Presidente di Confindustria, contro il reddito di cittadinanza ed i sussidi erogati a pioggia. Li vorrebbe tutti per Lui, per le imprese intendo, i sussidi.

Una visione questa del tutto miope, da albori del capitalismo. Ma non c’è da meravigliarsi, in fondo è storicamente sempre stata questa la natura, e la vision del provinciale sistema capitalistico italiano. Non amano competere grazie a ricerca ed innovazione tecnologica, ma solo grazie a bassi, anzi bassissimi salari. Chiedono inoltre sempre tagli alla spesa sociale, e conti pubblici in ordine, per poter finanziare il loro capitalismo senza capitali, a tassi d’interessi irrisori e bassi. Sperano infine che si tengano sempre a bada, anche militarmente quando serve, i paesi produttori di materie prime, altrimenti, come già accaduto in passato, in particolare negli anni settanta, per loro sono guai seri. Insomma, solo gli stolti possono davvero credere che torneremo presto ad un contesto inflattivo. Sono infatti tantissimi nel Mondo i Bonomi, che nella spirale deflattiva degli ultimi 15 anni ci sguazzano alla grande, continuando ad arricchirsi.

Solo se cambieranno strutturalmente i rapporti di forza oggi esistenti, potremo veramente superare le forti tendenze deflazionistiche, oggi ancora dominanti nel sistema capitalistico globale. Voi questo cambiamento strutturale dei rapporti di forza lo intravvedete ? Io, con assoluto dispiacere, assolutamente NO. Credo, pertanto, che le imprese continueranno ad incrementare i propri utili e profitti, e Wall Street ne renderà puntualmente conto continuando ad aggiornare ancora i propri massimi storici.  Altro che bolla finanziaria. Questa in realtà è una bolla, ma è una bolla di diversa natura, è una bolla d’iniquità sociale, che non si sgonfierà facilmente, ed a breve termine.

Dopo le sopra esposte, ed alquanto crude, considerazioni, andiamo ad esaminare, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, nell’ultima settimana, tiene, anzi s’apprezza leggermente dello 0,10 % %, e raggiunge quota 90,31. Le commodities, invece, cominciano ad arretrare, nell’ultima ottava cedono l’ 1,77 % in termini reali. Come sopra detto, non è interesse di nessuno che le loro quotazioni continuino a lievitare, e vadano fuori controllo. Le terranno a bada, con le buone, e se occorre anche con le maniere tristi. Flebili segnali rialzisti giungono, invece, dal mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, infatti, cresce di 5 bps e torna a quota 1,63 %. Il rendimento dei bond a 2 anni, invece rimane fermo a quota 0,15 %. Una manna per i padroni del vapore.

L’inclinazione della yield curve Usa pertanto si amplia fino a 148 punti base, confermando le aspettative di ripresa economica post-covid. Il mercato azionario, inizialmente si spaventa per il dato del CPI Usa, ma la paura dura solo 2 giorni, dopodiché si capisce che il dato è del tutto aleatorio e contingente e niente affatto strutturale. Recupera quindi buona parte dello storno iniziale, e l’S&P 500 chiude l’ottava con una perdita limitata all’1,39%, a quota 4.173,85 punti.

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 9.504

Large Traders :  + 1.099

Small Traders : + 8.405

Cambia, dunque, nuovamente la configurazione e l’assetto del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state pari a 8.246 contratti. In particolare, i Commercial Traders, cedono l’intero lotto degli 8.246 contratti long, ed accentuano l’entità della loro abituale e classica posizione di copertura, Net Short. I Large Traders, invece, sempre molto confusi ed incerti,  acquistano, questa settimana, 5.073 contratti long, e tornano, seppur di misura, in posizione Net Long. Gli Small Traders, infine, acquistano i residui 3.173 contratti long, e consolidano lo loro ancora moderata posizione Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, come detto, mutano ancora una volta l’assetto del mercato dei derivati azionari Usa.

La nuova configurazione è storicamente alquanto volatile, e preannuncia spesso un mercato privo di una marcata direzionalità. Molto probabile pertanto assistere, ad un assestamento dei mercati azionari intorno agli attuali valori. Le MANI FORTI, capiscono che il mercato ha già corso tantissimo, e che le pressioni redistributive sulla politica stanno diventando sempre più forti. Capiscono, a differenza di Bonomi, che il sistema deve concedere qualcosa, e che non è nel loro interesse, in questo particolare frangente, tirare ulteriormente la corda. Sono, come sempre, molto intelligenti, si godono gli ingenti guadagni finora acquisiti, ed aumentano le coperture a loro difesa.

Molto probabile pertanto assistere ad un mercato molto meno esuberante di quello visto nel recente passato, in attesa di capire quale sarà lo sviluppo del sistema capitalistico dopo il definitivo superamento della pandemia. Ciò m’induce, non a modificare  la mia ormai ultra decennale view rialzista, che riconfermo ancor’oggi, bensì solo ad attenuare un po’ la mia personale esposizione rialzista sui mercati azionari.

Mercato dunque ancora in parziale fiducia

Wall Street ancora giù, JP Morgan suona alert overbought. Focus su deal At&t-Discovery da $43 miliardi

17/05/2021

Indici azionari americani in ribasso, dopo la settimana, per Wall Street, peggiore dal mese di febbraio. Il Dow Jones scende alle 16.10 ora italiana di 140 punti (-0,41%), a 34.242 punti, mentre lo S&P 500 arretra dello 0,52%, a 4.151 punti. Il Nasdaq perde lo 0,86% a 13.314 punti circa.

La scorsa settimana lo shock inflazione Usa ha portato lo S&P 500 a soffrire -verso la sessione di mercoledì – un tonfo settimanale fino a -4%. L’indice ha poi recuperato terreno per perdere su base settimanale l’1,4% circa. Il Nasdaq Composite è sceso la scorsa settimana del 2,3%, mentre il Dow Jones ha lasciato sul terreno l’1,1%.

Tutti e tre gli indici hanno sofferto la settimana peggiore da febbraio.

“Gli eventi della scorsa settimana non sono solo un segnale di allerta su come i dati relativi all’inflazione possano essere spiacevoli, ma anche un allarme su quanto i mercati azionari siano diventati overbought (ovvero in condizione di ipercomprato)”, ha commentato Nikolaos Panigirtzoglou, managing director di JPMorgan.

Sotto i riflettori i titoli del settore media, dopo l’annuncio arrivato da At&t:

Il gigante della telefonia Usa ha annunciato la fusione tra la sua divisione di media WarnerMedia e la società Discovery.

La stampa americana e britannica indica come in questo modo si darà vita a un colosso che, contando tra i suoi asset gli studi cinematografici tra i più grandi di Hollywood, competerà con altri giganti media del calibro di Netflix e Disney.

Secondo alcune indiscrezioni riportate dal Financial Times, la fusione tra WarnerMedia e Discovery darà vita a un colosso del valore di $150 miliardi, debiti inclusi. Da segnalare che alla divisione WarnerMedia – ex Time Warner, che At&t acquisì nel 2018 per $109 miliardi, ribattezzandola per l’appunto Warner Media – fanno capo alcuni canali televisivi di punta come CNN e HBO, oltre agli studi Warner Bros. Tra gli asset di Discovery compaiono Animal Planet e Discovery Channel.

Soltanto HBO e HBO Max contano in tutto il mondo 64 milioni di abbonati, mentre lo scorso mese Discovery ha detto di aver raggiunto 15 milioni di utenti. Netflix conta invece 208 milioni di abbonamenti su scala mondiale, mentre Disney + ha sorpassato di recente quota 100 milioni, a meno di un anno e mezzo dal lancio del suo servizio di streaming.

Stando ai termini dell’accordo, At&t procederà allo smobilizzo dell’ex Time Warner, per dar vita a un nuovo gruppo attivo nel settore media, insieme a Discovery.

Dalle nozze nascerà una nuova entità separata da At&t.

At&t riceverà un ammontare complessivo di $43 miliardi in cash e debiti, detenendo il 71% del capitale della nuova società, mentre gli azionisti di Discovery deterranno in tutto il 29% del capitale rimanente.

Il titolo At&t balza del 4,5% circa, mentre le quotazioni di Discovery rallentano il passo e avanzano del 4% circa.

CBOE PUT CALL RATIO: fase di panico in esaurimento?

La volatilità dell’ultima settimana ha sicuramente portato qualche patema d’animo agli investitori. Poi tutti abbiamo avuto modo di vedere come è andata a finire e probabilmente avrete anche letto i miei post che sono stati un po’ una “cronistoria” di quanto è avvenuto.
A livello statistico, volevo riportarvi un segnale potenzialmente positivo, analizzando il Put Call Ratio. Se non avete ben presente cosa è il Put Call Ratio, vi invito a riprendere QUESTO POST. 

Intanto però questa è la situazione attuale.

Come potete vedere, in questo momento la posizione delle opzioni Put è sui dei massimi periodali. Se la situazione non si stravolge, con Put che tornano al livello di marzo 2019 (quando insomma è scoppiato il Covid), si tratta di una situazione già vista in passato, propedeutica per un nuovo rimbalzo.

VENDITE in discesa: la fiducia dei consumatori scende. E quindi la ripresa?

So che molti di voi inizieranno a dubitare del mio stato mentale, ma posso solo dirvi che la situazione si fa sempre più interessante. Perché se non lo avete capito, stiamo facendo la storia, nel senso che mai come oggi stiamo vivendo un qualcosa di assolutamente nuovo e non paragonabile con il passato.
Abbiamo ampiamente parlato di tasso inflazione e di come si va a temere uno scenario “out of control”.

Riprendetevi i vari POST  sull’argomento e potrete schiarirvi le idee.
Facendo la somma delle parti, diventava normale pensare che i dati macro in uscita oggi erano per forza in forte rialzo…

(…) Una serie di dati forniranno indicazioni sullo stato di salute dell’economia d’oltreoceano, a partire dalle vendite al dettaglio di aprile attentamente monitorate per capire se la pressione al rialzo sui prezzi proseguirà, dopo il dato sorprendetemente forte dell’inflazione diffuso mercoledì. Ieri il presidente di Fed Richmond Tom Barkin ha ribadito che le prospettive non segnalano una situazione di inflazione alta persistente.(…) [Source] 

Quindi le previsioni erano per vendite al dettaglio in forte aumento. Ecco cosa è successo.

Su base mensile, andamento INVARIATO! E se togliamo il settore auto andiamo in negativo e non di poco. Il tutto con una produzione industriale che cresce meno delle previsioni. A conferma di quanto scritto, l’indice del MIchigan conferma la debolezza del consumatore. Secondo i più si tratta anche qui, di una voce che tenderà a cambiare ancora faccia in futuro (al rialzo).Intanto però la gente spende di meno. Il tutto malgrado il fatto che molte famiglie USA abbiano ricevuto a marzo assegni anche fino a 1400 $ che evidentemente non hanno ancora speso.

Ma signori, se non si spende e si risparmia, come sarà “virtuosa” questa ripresa? E’ normale ritrovarsi con inflazione in aumento, vendite in diminuzione e risparmi che quindi continuano a crescere? Quindi ora come si comporteranno le banche centrali? Basterà il dato negativo sulle vendite a raffreddare i timori inflattivi? Oppure, al contrario, creerà ulteriori paure in chiave prospettica? E soprattutto, i risparmi alimenteranno i consumi in questa seconda parte del 2021?

La situazione si fa quantomai confusa ed intrigante. E cosa farà il sistema? Può solo aspettare gli eventi e vedere le prossime uscite macro. Intanto il dato tenderà a tranquillizare nel breve, ma la partita è ancora lunga. Molto lunga.

Wall Street supera paura inflazione, ma trend settimanale è negativo. Nasdaq -4,6%

14/05/2021

Wall Street positiva nonostante la delusione per la frenata del dato relativo alle vendite al dettaglio. Il Dow Jones sale di più di 200 punti, per poi rallentare il passo dopo qualche minuto e salire di 150 punti circa (+0,46%), a 34.177 punti circa; lo S&P avanza dello 0,75% a 4.143 punti, mentre il Nasdaq balza di oltre l’1% a 13.267 punti. Da segnalare che, nell’arco di questa settimana, il Dow Jones ha segnato un ribasso del 2,18% questa settimana, mentre lo S&P 500 ha perso il 2,84%. Il Nasdaq è scivolato del 4,56% nonostante il recupero significativo dell’ultima sessione. In evidenza oggi sul Dow Jones il titolo Disney, che cede il 4,5% dopo aver riportato un bilancio che ha messo in evidenza un fatturato e un numero di abbonati al servizio streaming inferiori alle attese. Sono i titoli hi-tech che anche oggi hanno la meglio: bene Tesla, Twitter e anche i FAANG, ovvero Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Alphabet. I tassi dei Treasuries decennali sono in calo attorno all’1,628% circa.

Prima dell’inizio della sessione sono state rese note le vendite al dettaglio degli Stati Uniti che, nel mese di aprile, sono rimaste invariate, facendo peggio del rialzo dello 0,8%/1% atteso dagli economisti, in forte frenata rispetto al boom del 10,7% di marzo (rivisto al rialzo rispetto al precedente +9,7% inizialmente riportato). Escluse le vendite di auto, le vendite al dettaglio sono scese dello 0,8%, facendo decisamente peggio del +0,7% stimato dal consensus. Escluse le vendite di auto e di benzina, il trend è stato di un ribasso dello 0,8%, rispetto al +0,3% previsto. Il forte rallentamento su base mensile si spiega con il fatto che l’effetto del bazooka anti-Covid-19 dell’amministrazione di Joe Biden sui portafogli dei consumatori americani si è dispiegato soprattutto nel mese di marzo.

Ma occhio al trend su base annua (nell’aprile del 2020 diversi stati Usa avevano lanciato restrizioni varie e misure di lockdown anti-Covid): le vendite al dettaglio sono schizzate in questo caso di ben +51,2%, rispetto al precedente +14,3%.

Reso noto anche l’indice dei prezzi alle importazioni degli Stati Uniti, che, sempre ad aprile, è salito dello 0,7% su base mensile, oltre la crescita dello 0,6% attesa, ma in rallentamento rispetto al +1,4% di marzo, rivisto al rialzo dal +1,2% precedentemente riportato.

I prezzi alle esportazioni sono saliti dello 0,8%, in linea con le attese, in rallentamento rispetto al +2,4% di marzo (dato rivisto al rialzo dal +2,1% inizialmente reso noto). Anche qui occhio alla performance su base annua: i prezzi alle importazioni sono balzati del 10,6%, più del +10,2% atteso dal consensus e in rafforzamento rispetto al +7% di marzo. I prezzi alle esportazioni sono volati del 14,4%, rispetto al 14% stimato e il +9,5% del mese scorso.

Da segnalare, a proposito di prezzi e di inflazione, che dati ancora più cruciali sono stati resi noti nel corso della settimana: mercoledì è stato il turno della pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo Usa, che ad aprile è schizzato del 4,2% su base annua, ben oltre il +3,6% atteso dagli analisti, rispetto al +2,6% di marzo e al ritmo più alto dal 2008. Escluse le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato core è salito del 3%, oltre il +2,3% atteso e rispetto al +1,6% precedente.

Su base mensile, il dato è balzato dello 0,8%, rispetto al +0,2% atteso e al +0,6% di marzo, riportando il rialzo mensile più forte dal 2009. Il dato core, sempre su base mensile, è salito dello 0,9%, ben oltre il +0,3% atteso, al ritmo più forte dall’aprile del 1982.

L’indice dei prezzi al consumo ha riacceso il timore che la Fed di Jerome Powell abbia sottovalutato il problema dell’inflazione, e che per questo sarà costretta ad avviare il tapering del QE e ad alzare i tassi prima del previsto. Mercoledì Wall Street è così capitolata, scontando il dato.

Ieri, è stato pubblicato un altro termometro dell’inflazione: l’indice dei prezzi alla produzione, sempre di aprile, che è balzato su base mensile dello 0,6%, il doppio rispetto al +0,3% atteso dal consensus. Su base annua, l’indice è balzato del 6,2%, al ritmo più alto degli ultimi 11 anni, ovvero dal 2010, ben oltre il +4,2% stimato dal consensus. La componente core del dato, sempre su base annua, è cresciuta inoltre del 4,6%, al record dal 2014.

Nella giornata di ieri, tuttavia, il panico inflazione è rientrato e gli investitori sono tornati a posizionarsi soprattutto sui titoli tecnologici, particolarmente tartassati dall’inizio del mese di maggio.

Alla base dei rialzi, ci sarebbe stato il fenomeno Buy the Dip

Dal fronte macro, oggi è stato pubblicato anche il dato relativo alla produzione industriale, salito ad aprile su base mensile dello 0,7%, rispetto al +1% atteso, e in rallentamento rispetto al precedente aumento del 2,4%, rivisto al rialzo dal precedente +1,4% riportato.

Il tasso di utilizzazione della capacità produttiva si è attestato al 74,9%, pressoché in linea con il 75% stimato, mentre la produzione manifatturiera è aumentata dello 0,4%, rispetto al +0,3% stimato.

Così Mark Haefele, chief investment officer di UBS Global Wealth Management, in una nota riportata dalla Cnbc, ha commentato il trend dei mercati:

“Probabilmente l’inflazione più alta rimarrà sotto i riflettori, di pari passo con l’accelerazione della ripresa post pandemia. Tuttavia, sebbene ci aspettiamo esplosioni di volatilità sulla scia dei timori sull’inflazione, mentre continuiamo a posizionarci puntanto sulla reflazione, intravediamo in queste oscillazioni di mercato anche una opportunità per costruire una esposizione verso i vincitori strutturali”.

Da segnalare che ieri il Centers for Disease Control and Prevention ha allentato le linee guida per la pandemia del coronavirus, affermando che la maggior parte delle persone che sono state vaccinate, ricevendo le dosi necessarie, non avranno bisogno di indossare le mascherine sia al chiuso che all’aperto.

RETAIL SALES FLOP?

In attesa dei dati relativi alle vendite al dettaglio che riserveranno alcune sorprese, ieri sono usciti i prezzi alla produzione, un rialzo come abbiamo più volte osservato chiaramente influenzato dal crollo dello scorso anno, aumentando dello 0,6% su base mensile Escludendo cibo ed energia, l’indice core è salito dello 0,7 %

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Sintetizzando ancora più che rispetto ai prezzi al consumo, i dati della produzione testimoniano la TANSITORIETA’ di questo rialzo, non per nulla i rendimenti sono tornati a scendere.

Un fattore rilevante nell’aumento di aprile dei prezzi alla produzione è stato l’indice dei prodotti delle acciaierie, che è balzato del 18,4%.

Quindi ora abbiamo un quadro completo dei dati riferiti ai due mesi nei quali lo scorso anno il lockdown colpì l’economia americana e mondiale, oggi sapremo se questi prezzi hanno inciso sulle vendite al dettaglio e dei servizi, ma soprattutto cosa faranno gli americani ora che li stimoli fiscali sono finiti.

Queste le aspettative del mercato…

Come abbiamo già detto all’inizio ci sarà qualche amara sorpresa, ma come sempre le cattive notizie verranno trasformate in buone notizie, quello che è certo è che i rendimenti scenderanno di nuovo.

Chiunque abbia un minimo di dimestichezza si renderebbe conto che non c’è nulla di normale nell’andamento delle vendite al dettaglio degli ultimi mesi, senza stimoli tutto crolla.

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Mentre il mercato si attende un dato positivo, noi scommettiamo su un dato negativo.

Addirittura l’indice core sorprenderà negativamente il consenso, lo stimolo fiscale sparirà. Sino a quando non verrà compreso che solo l’aumento dei redditi della “middle class” americana favorirà una duratura ripresa sostenibile, il debito, la deflazione da debiti non lasceranno scampo.

Le aspettative di inflazione non hanno alcun senso, i timori degli investitori di pressioni incontrollate sui prezzi sono esagerati, semplicemente perché tutta la carenza attuale e solo un gioco speculativo per aumentare i prezzi che non ha nulla a che vedere con la realtà.

Da tempo il settore manifatturiero è APERTO e si è ripreso senza alcuna conseguenza particolare dagli effetti delle chiusure, il settore più provato è quello dei servizi e non quello estrattivo o produttivo.

I recenti aumenti sono in buona parte frutto della frenesia speculativa dovuta ad un eccesso di liquidità in circolazione, che come sempre in una deflazione da debiti, circola solo a livello finanziario e non produttivo.

Il re della speculazione oggi è Elon Musk, Madoff era un pivello al confronto, ma davvero qualcuno è così ingenuo da credere che nei mesi scorsi lui non sapesse l’enorme dispendio di energia necessario per produrre il bitcoin?

Fa sorridere l’intervento della SEC che ha silenziato Michael Burry, per aver racconatato la verità, quale è il reale portafoglio di Tesla e del suo fondatore, quanti bitcoin e quanti dogecoin, quando sono stati acquistati, quanti tulipani dovranno ancora appassire prima che questa follia diventi fobia.

Come sempre la verità è figlia del tempo, nessuna fretta, il prossimo giro sarà davvero spettacolare!

L’inflazione corre in Usa: boom anche per indice prezzi produzione, +6,2% ad aprile. Balzo record in 11 anni

13/05/2021

L’inflazione Usa sale molto più delle attese: lo ha dimostrato l’indice dei prezzi al consumo pubblicato ieri, lo dimostra l’indice dei prezzi alla produzione reso noto oggi.

Nel mese di aprile l’indice PPI è balzato su base mensile dello 0,6%, il doppio rispetto al +0,3% atteso dal consensus. Su base annua, l’indice dei prezzi alla produzione è balzato del 6,2%, al ritmo più alto degli ultimi 11 anni, ovvero dal 2010, ben oltre il +4,2% stimato dal consensus.

La componente core del dato, sempre su base annua, è cresciuta del 4,6%, al record dal 2014.

Tornando all’indice dei prezzi al consumo reso noto nella sessione di ieri, il dato ad aprile è schizzato del 4,2% su base annua, ben oltre il +3,6% atteso dagli analisti, rispetto al +2,6% di marzo, e al ritmo più alto dal 2008.

Su base mensile, il dato è balzato dello 0,8%, rispetto al +0,2% atteso e al +0,6% di marzo, riportando il rialzo mensile più forte dal 2009.

Su base annua, escluse le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato core è salito del 3%, oltre il +2,3% atteso e rispetto al +1,6% precedente.

Su base mensile, il trend della componente core dell’indice dei prezzi al consumo è stato di un aumento dello 0,9%, ben oltre il +0,3% atteso, al ritmo più forte dall’aprile del 1982.

Ieri la paura dell’inflazione ha fatto crollare il Dow Jones di 681 punti, o dell’1,99%, riportando la sessione peggiore da gennaio. Lo S&P 500 ha ceduto il 2,1%, soffrendo la flessione peggiore da febbraio, mentre il Nasdaq Composite è scivolato del 2,6%.

C’è da dire che il boom dell’inflazione, negli States, si spiega con il cosiddetto ‘base effects’, ovvero con il fatto che, nell’aprile del 2020, con la pandemia Covid-19 negli Usa e le relative misure di lockdown varate dagli stati americani, l’inflazione era decisamente bassa.

A tal proposito, si ritiene che il trend delle pressioni inflazionistiche rimarrà distorto su base annua per diversi mesi ancora, a causa dell’impatto della pandemia.
Proprio per questo motivo, per ora la Federal Reserve di Jerome Powell non sembra preoccupata per l’inflazione.

STAGFLAZIONE OVUNQUE!

La settimana scorsa gli indici europei e in parte quelli americani sono collassati in un giorno di quasi il 2,50 % per poi recuperare tutto verso la fine della settimana.

In questi giorni abbiamo assistito allo stesso giochino, altro crollo vicino al 2,50 % e subito una pletora di analisti ed economisti presunti, tutti in coro ad urlare all’inflazione, crolla tutto perché la paura aumenta.

L’immagine qui sopra è semplicissima, i lockdowns stanno amplificando le tendenze di fondo deflattive, il debito sta esplodendo ma inutile, tutti con il nasino all’insù, terrorizzati da un’inflazione assolutamente ridicola,transitoria, manca l’elemento principale un’esplosione dei salari.

Ma inutile, i concetti semplici non entrano nella mente.

Bisognerebbe raccontare la verità, ovvero per quale motivo la Fed abbia elargito a soggetti finanziari in grave difficoltà centinaia di miliardi di dollari negli ultimi giorni.

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Forse qualcuno si è dimenticato di quello che accadde nel 2019 sul mercato monetario, dopo le scommesse della balena bianca giapponese o la recente implosione di Archegos?

C’è qualcuno in grave difficoltà sul mercato con le chiamate a margine da salvare, tanto per non cambiare?

L’inflazione attuale è ormai ampiamente scontata dal mercato, se il Nasdaq crolla, i tecnologici pure, Tesla e ARK collassano è perché i gestori sono pieni di cianfrusaglie che non valgono nulla o poco più, aria fritta.

Una bolla dalla notte dei tempi si riempie di aria fritta, questa è aria fritta e rifritta nel debito.

La Fed sa benissimo che non può aumentare i tassi e che non può fare a meno di salvare alcune entità finanziarie sistemiche.

Nelle settimane scorse vi avevamo preannunciato che i dati di marzo e aprile sarebbero stati sensibilmente superiori alle aspettative, soprattutto se come quelli usciti ieri ci sono tanti settori che profumano di transitorietà.

Uno shock la pandemia sul lato dell’offerta, che non durerà a lungo visto che come dicono loro i vaccini risolveranno tutto.

Come dice giustamente Nouriel Roubini, nel suo ultimo intervento su Project Syndacate, nel breve periodo, la debolezza dei mercati dei beni, del lavoro e delle materie prime, e in alcuni mercati immobiliari, impedirà un’ondata inflazionistica sostenuta.

Sempre secondo lui, nei prossimi anni, politiche monetarie e fiscali allentate inizieranno a innescare pressioni inflazionistiche persistenti – e alla fine stagflazionistiche – a causa dell’emergere di un numero di persistenti shock negativi dell’offerta.

Inutile dire che non siamo d’accordo, la storia suggerisce che una deflazione da debito, perché è una crisi per il troppo debito ben che vada impiega almeno 30 anni per venire riassorbita. Ne sono passati 12, fate un po’ Voi.

Il ritorno dell’inflazione avrebbe gravi conseguenze economiche e finanziarie, un nuovo periodo di macro instabilità. Il secolare mercato rialzista delle obbligazioni finirebbe in un istante e l’aumento dei rendimenti obbligazionari nominali e reali renderebbe i debiti odierni insostenibili, facendo crollare i mercati azionari globali, conclude Roubini.

Tutto vero, ma il tempi sono sbagliati, perché la storia suggerisce diversamente.

Non sto qui a ripetervi i motivi per cui secondo noi il rischio è estremamente limitato, lo abbiamo scritto in tutte le salse anche se come abbiamo avuto modo di vedere, in pochi lo hanno compreso.

Ma veniamo ai dati di ieri, una meraviglia davvero.

Fino a qui nulla da dire, gli stessi analisti che prevedevano da 1 a 2 milioni di posti di lavoro, contro gli appena 200 mila usciti non hanno saputo neanche lontanamente avvicinarsi ai dati usciti ieri.

Ma vediamo i dettagli, perché il diavolo è appunto nei dettagli, mentre ai mercati piacciono i titoloni della prima ora…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1392463116693348352&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F13%2Fstagflazione-ovunque%2F&sessionId=e3270cc6d469fdf50ac9f0038ae4df2f1c521c4d&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Oltre 1 terzo dell’aumento era dovuto ai prezzi delle auto usate e dei camion, delle auto nuove.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1392463863040327680&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F13%2Fstagflazione-ovunque%2F&sessionId=e3270cc6d469fdf50ac9f0038ae4df2f1c521c4d&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Addirittura il destino dell’inflazione e dell’umanità. dipende dai prezzi delle auto usate!

Non scendo nei dettagli nel raccontarvi perché proprio le auto usate, o quelle nuove, la catena di approvvigionamento e così via, non mi interessa, in una sola parola, qualunque sia il motivo è TRANSITORIO!

Come abbiamo visto il confronto anno su anno è impietoso, non puoi prendere a riferimento due mesi nei quali lo scorso anno il lockdown è stato TOTALEhttps://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-2&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1392459511206645764&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F13%2Fstagflazione-ovunque%2F&sessionId=e3270cc6d469fdf50ac9f0038ae4df2f1c521c4d&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Peccato che nel frattempo molti prezzi non sono affatto saliti.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-3&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3R3ZWV0X2VtYmVkX2NsaWNrYWJpbGl0eV8xMjEwMiI6eyJidWNrZXQiOiJjb250cm9sIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1392462147284840456&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F13%2Fstagflazione-ovunque%2F&sessionId=e3270cc6d469fdf50ac9f0038ae4df2f1c521c4d&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Ovviamente i titoli sono tutti rivolti al più spettacolare aumento dal 1981, dimenticando che le pressioni inflazionistiche arrivano quasi tutte dalla carenza di beni e dalle riaperture, visto che oltre il 70 % dell’aumento di ieri arriva da questi fattori.

Assicurazioni auto, tariffe aeree, servizi di trasporto, energia, affitti in seguito alle riaperture, attività ricreative, ma soprattutto come abbiamo detto, oltre il 10 % di aumento delle tariffe delle compagnie aeree e delle auto usate, oltre il 16 % nei noleggi di auto e camion.

Nel leasing, le società di autonoleggio sono state colpite dai tagli alla produzione nel settore automobilistico, fattore che le ha costrette a ricostruire le loro flotte con auto usate man mano che i viaggi riprendono con le aperture.

Guarda caso però le vere fonti di inflazione, quelle si pericolose erano “assopite”. Sappiamo come i prezzi delle case vengano occultati, l’inflazione sarebbe più del doppio, Il costo dell’assicurazione medica è scesa sensibilmente, servizi professionali e terziario.

I prezzi dei ristoranti sono aumentati solo dello 0,3% ad aprile.  Se c’è un posto in cui l’eccesso di domanda dovrebbe causare l’inflazione, sono i ristoranti, nessuna traccia.

Il dollaro si è rafforzato, i mercati americani sono crollati, i rendimenti sono saliti rimanendo ben lontani dal massimo di alcune settimane fa, mentre l’asta di ieri del decennale è stata meravigliosa con un rendimento elevato dell’1,6840%, sostanzialmente invariata rispetto ad aprile. Anche la copertura è stata superiore alla media degli ultimi sei mesi.

Ma ovviamente ciò che conta sono i titoloni dei giornali, la stagflazione sta arrivando, anzi è qui con noi…

Come nel 2008, Nouriel Roubini chiama la stagflazione anche nel 2021!

Riuscirà il nostro eroe ad avere ragione, ai posteri l’ardua sentenza, deflazione da debiti permettendo!

Riusciranno i nostri eroi a salvare i supporti americani, ad evitare una debacle proprio nel mese in cui la storia suggerisce di vendere e andare in vacanza?

Wall Street ancora scioccata da inflazione Usa, futures Dow Jones fino a -200 punti. Bene Tesla dopo retromarcia Musk su Bitcoin

13/05/2021

Wall Street non si riprende dallo shock dell’inflazione, come dimostra il trend dei futures, con quelli sul Dow Jones che cedono più di 200 punti, per poi ridurre le perdite. Al momento i contratti cedono quasi 170 punti (-0,50%), a 33.339 punti; i futures sullo S&P 500 arretrano dello 0,31% a 4.045,75 punti, mentre i futures sul Nasdaq cedono lo 0,27% a 12.964 punti. C’è da dire tuttavia che i tassi sui Treasuries Usa ritracciano, pur rimanendo nei pressi dell’1,70%.

Uteriori indicazioni sull’inflazione Usa arriveranno alle 14.30 ora italiana, con la pubblicazione dell’indice dei prezzi alla produzione.

Alla stessa ora, verranno rese note le richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione, che gli economisti interpellati da Dow Jones prevedono a 500,000 unità.

Ieri il Dow Jones è precipitato di 681 punti, o dell’1,99%, riportando la sessione peggiore da gennaio. Lo S&P 500 ha ceduto il 2,1%, soffrendo la flessione peggiore da febbraio, mentre il Nasdaq Composite è scivolato del 2,6%.

Sui mercati si è rinfocolata la paura dell’inflazione: nel mese di aprile l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti è schizzato del 4,2% su base annua, ben oltre il +3,6% atteso dagli analisti, rispetto al +2,6% di marzo e al ritmo più alto dal 2008.

Su base annua, escluse le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato core è salito del 3%, oltre il +2,3% atteso e rispetto al +1,6% precedente.

Su base mensile, il trend è stato di un aumento dello 0,9%, ben oltre il +0,3% atteso, al ritmo più forte dall’aprile del 1982.

I mercati sono andati letteralmente in tilt, temendo che la Fed abbia sottovalutato il problema dell’inflazione e che il tapering del QE, così come il primo rialzo dei tassi dopo anni, possano arrivare prima del previsto.

L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha ceduto il 2,5% circa, il Ftse Mib arretra fin oltre il 2%, così come la borsa di Londra.

La paura dell’inflazione penalizza di nuovo i titoli tecnologici delle Big Tech.

Focus in premercato di alcuni titoli FAANG come Netflix, che cede più dell’1%; Facebook, Apple e Alphabet, la holding a cui fa capo Google,
sono poco mossi, Amazon +0,50%, Netflix in ribasso.

Ma sotto i riflettori è anche Tesla, dopo che il ceo Elon Musk ha annunciato con un post su Twitter che il colosso non accetterà più il Bitcoin come mezzo di pagamento per gli acquisti delle sue auto elettriche.

Musk ha motivato la decisione con le preoccupazioni sugli effetti negativi che il mining della criptovaluta numero uno al mondo ha sull’ambiente.

Il ceo di Tesla ha aggiunto che tornerà ad accettare i pagamenti in Bitcon “nel momento in cui ci sarà una transizione del mining verso una forma di energia più sostenibile”.

Crollo del Bitcoin, che è affonda fino a -17%. Sotto pressione anche il dogecoin. Ma il titolo Tesla, che subito dopo la notizia perdeva terreno, ora sale in premercato di oltre l’1%.

INFLAZIONE USA: i timori erano fondati

Credo sia giusto riprendere il discorso da dove lo avevamo lasciato, partendo proprio dalla slide che più di tutte può testimoniare il risultato sorprendente dell’indice CPI USA.
Lo ammetto, nell’aria c’era qualcosa che mi puzzava. Soprattutto per colpa di quelle affermazioni della Janet Yellen di cui ho parlato qui.

Che il Governo già sapesse qualcosa e la Janet Yellen cercasse di preparare il mercato dimenticandosi però che non era più il Presidente della FED? (grave errore)…
Il risultato quindi è stato abbastanza pesante.

(…) La risposta della Federal Reserve, quella che forse più conta, è che gli allarmi sono eccessivi, l’inflazione potrà alla fine avere un atterraggio morbido, seppure preceduto da turbolenze. Dopo gli ultimi dati ha confermato la sua diagnosi, anche se i dissensi tra gli economisti non mancano, mettendo in luce ragioni che il caso di chiarire. (…) [Source

CPI headline e core di aprile sono usciti rispettivamente il quadruplo e il triplo delle attese. Il +0.9% mese su mese è il record dal 1982.
Ma attenzione, non dimentichiamo che molti riferimenti sono con dati depressi all’inverosimile causa Covid-19. Inoltre, come già ho spiegato, è normale nelle grandi ripartenza “post belliche” una fase “rovente” che poi tende a rientrare.
Volete qualche esempio? Gli Hotels (+7.6%), il prezzo delle auto usate (+10,2%), i voli aerei (+10.2%), noleggi mezzi di trasporto (+16.2). Eccesso di domanda transitorio anche per carenza di domanda.
Chiaro che ci sono voci “straordinarie” ma il dato resta comunque molto forte, troppo forte.

La reazione del mercato è stata prima timida, poi Wall Street ha preso la strada del ribasso. Adesso chiaramente il mercato ha preso paura, e quanto temevamo si sta concretizzando.

(…) I nodi congiunturali sono sufficienti – al di là di allarmi o nervosismo sulle borse (che erano peraltro arrivate a nuovi massimi su utili e crescita) – per invitare esponenti della Federal Reserve e anche non pochi economisti a essere per ora cauti nell’interpretare le statistiche sull’inflazione. (…)«Questi aumenti una tantum nei prezzi è probabile che abbiano solo effetti transitori sulla sottostante inflazione» (…)«Prevedo che l’inflazione ritorni al nostro obiettivo di lungo periodo del 2% – o forse leggermente al di sopra – nel 2022 e 2023» (…)

Le dinamiche intermaket subito esplodono. Tassi al rialzo, commodity ancora più forti, bond in discesa, Bitcoin che risente anche dei tassi in salita e VIX che ovviamente vola. Ciò che mi fa paura è che la ripartenza è ancora in fase di START e quindi la transitorietà potrebbe non essere così breve.

Ora la grande scommessa è quindi tutta qui, ovvero capire SE la transitorietà (e brevità) è realistica. Se così non fosse, dobbiamo fare un aggiornamento al software…
Intanto il gap tra il tasso FED Funds e il CPI inizia a farsi pesante.
PS: il target inflazione al 2% diciamo che ormai è ovviamente stato rivisto. Un 3% sarebbe da molti considerato “accettabile”.

Chiudo con questo grafico che più volte ci ha accompagnato.

La velocità di circolazione della moneta qui latita ancora perchè è riferita al dato CPI a 1,67%. Vediamo come reagisce una volta aggiornato…

Nasdaq in tilt, mercato teme stretta Fed. I giganti Apple, Google e Tesla deragliano a -3%

12/05/2021

Wall Street accelera al ribasso con i dati sull’inflazione che stanno alimentando i timori che la Federal Reserve avvii una politica monetaria più restrittiva prima del previsto.

Il Nasdaq in questi minuti è arrivato a cedere oltre il 2,5% con tutte le big tech in forte calo. Tesla affonda a -3,8% sotto il muro dei 600$. Quasi -3% per i colossi Apple, Alphabet (Google) e Facebook.

L’inflazione Usa ad aprile ha segnato +4,2% su base annua, ben oltre il +3,6% atteso dagli analisti e sui massimi dal 2008. Escluse le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato è salito del 3% su base annua, oltre il +2,3% atteso e rispetto al +1,6% precedente. Secondo Filippo Diodovich, senior strategist di Ig Italia, il presidente del Federal Reserve Jerome Powell cercherà di mantenere la politica monetaria invariata il più a lungo possibile almeno fino a che le cifre sul mondo del lavoro si avvicineranno agli obiettivi (tasso di disoccupazione, tasso di partecipazione alla forza lavoro, crescita dei salari). Già nel meeting di metà giugno, in caso di dati preoccupanti su inflazione e di un forte miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro a maggio, potrebe arrivare l’annuncio di una riduzione consistente degli stimoli monetari. IG ipotizza un QE dimezzato da 120 miliardi a 60 miliardi di dollari e le prospettive sul rialzo dei tassi non sarebbero più fissate al 2023 ma al 2022.

Anche Ben Laidler, eToro Global Markets Strategist, ritiene che i dati odierni vanno ad aumentare le aspettative di un inasprimento anticipato della politica monetaria della Fed, con la conseguenza di un aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine e di un’accelerazione della rotazione degli investitori dal settore tecnologico ai titoli ciclici e value. “È anche probabile che vedremo una maggiore incertezza e volatilità del mercato, soprattutto dopo i guadagni azionari a due cifre già visti quest’anno”, aggiunge Laidler.

Wall Street futures: è ansia per dato inflazione Usa, si teme balzo più forte dal 2011

12/05/2021

La paura dell’inflazione continua ad assediare Wall Street, in vista del market mover di oggi che confermerà o negherà questi timori. Alle 14.30 ora italiana sarà reso noto, infatti, l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti, termometro delle pressioni inflazionistiche in atto nel paese. Nell’attesa il sentiment rimane decisamente negativo: i futures sul Dow Jones cedono più di 100 punti (-0,36%) a 34.075 punti. I futures sul Nasdaq arretrano dello 0,64% a 13.261 punti; i futures sullo S&P 500 scendono dello 0,39% a 4.130 punti.

Riguardo al dato, gli economisti intervistati da Dow Jones prevedono un rialzo dello 0,2% su base mensile, a fronte di un balzo di ben il 3,6% su base annua. Esclusi i prezzi dei beni alimentari ed energetici, l’indice è atteso in crescita dello 0,3% su base mensile e del 2,3% su base annua. Nel mese di marzo, l’indice era salito dello 0,6% su base mensile e del 2,6% rispetto al marzo del 2020%.

Se la previsione di un balzo del dato su base annua pari a +3,6% si avverasse, si tratterebbe del rialzo dell’inflazione Usa più forte dal settembre del 2011.

Ieri giornata da dimenticare per la borsa americana, che ha scontato di nuovo i violenti sell off sui titoli hi-tech, più vulnerabili alla prospettiva di un rialzo dell’inflazione e di surriscaldamento dell’economia, in quanto anche relativamente meno convenienti rispetto ad altre azioni.

Dopo essere scivolato del 2% nei minimi intraday il Nasdaq è riuscito tuttavia ad azzerare le perdite, in flessione di appena lo 0,1% nel finale.

Il Dow Jones ha riportato invece la sessione peggiore da febbraio, trascinato al ribasso da Home Depot, Chevron e Goldman Sachs, e perdendo nel finale 473 punti (-1,4%). Lo S&P 500 è scivolato dello 0,9%.

Il settore tecnologico si conferma in ogni caso il più assediato dalle vendite, con il Technology Select Sector SPDR che ha perso più dell’1% dall’inizio di questa settimana, bruciando il 3% dall’inizio del mese.

Gli smobilizzi continuano: in premercato scendono Alphabet, Microsoft, Netflix, Facebook, Apple così come i titoli dei produttori di chip Nvidia e AMD. Giù anche Tesla.

L’inflazione in Germania sarà il nostro incubo, BCE già pronta a fare da pompiere

La crescita dei prezzi nella prima economia europea già supera il target della BCE. E il peggio sarebbe in arrivo.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 12 Maggio 2021 alle ore 07:33

Lunedì, Wall Street ha ripiegato sui timori per l’inflazione. L’indice tecnologico al NASDAQ ha chiuso in calo del 3,5%. Le borse temono che la Federal Reserve si trovi costretta ad alzare i tassi più in fretta del previsto. Ma l’inflazione corre anche in Germania. L’indice dei prezzi è salito del 2% annuale ad aprile, più dell’1,7% medio nell’Eurozona. E il peggio deve venire. Non è un caso che due pesi da novanta della BCE siano scesi in campo nelle ore successive all’acutizzarsi delle tensioni finanziarie.

Il consigliere esecutivo tedesco Isabel Schnabel ha voluto anticipare che l’inflazione in Germania potrebbe salire al 3%. Ma al contempo ha cercato di rassicurare i mercati che si tratterebbe di una fiammata provvisoria e che la BCE ha come target la stabilità dei prezzi nel medio termine. E il governatore francese François Villeroy de Galhau ha smentito seccamente le indiscrezioni circa un rallentamento degli acquisti di bond al board di giugno. Egli ha precisato che, pur non essendovi segnali sulla necessità di aumentarli, non vi sarebbe neppure la necessità opposta di ridurli.

Ma le parole che fanno più impressione sono quelle della tedesca. Quell’inflazione in Germania attesa fino al 3% non è cosa da poco conto. Anzitutto, perché da solo il dato pesa per oltre un quarto di quello dell’intera Eurozona. E se c’è un paese nell’Eurozona che custodisce gelosamente la stabilità dei prezzi, questa è proprio la Germania. La Bundesbank mostra nervosismo da mesi sull’entità a suo dire eccessiva degli stimoli monetari messi in campo dalla BCE. Vorrebbe che gli acquisti dei bond con il PEPP fossero scalati, se non ritirati del tutto, e che s’iniziasse a ragionare su un graduale rialzo dei tassi.

Inflazione in Germania e fattore elezioni

In queste ultime settimane, Schnabel è intervenuta due volte apparentemente contro l’indirizzo prevalente tedesco. La prima per rimarcare l’urgenza del Recovery Fund, bloccato dalla Corte Costituzionale di Karlsruhe. E per rassicurare sulla transitorietà dell’inflazione sopra il target, in questi giorni. Non è casuale. L’economista è consapevole che la sua Germania in questa fase possa trasformarsi in un pericolo per la tenuta dell’Eurozona. In primis, bloccando la risposta fiscale comune alla crisi; secondariamente, reclamando una stretta monetaria precoce, che come (e peggio) del 2011 rischierebbe di travolgere il Sud Europa.

E’ vero, l’inflazione in Germania al 3% sarebbe passeggera. Ma i tedeschi sono entrati in un clima elettorale. A settembre, si rinnova il Bundestag e i sondaggi danno i conservatori di Armin Laschet, delfino della cancelliera Angela Merkel, in svantaggio sui Verdi. Il centro-destra dovrà recuperare tanti consensi per sperare di tenersi la guida del prossimo governo e da una posizione di forza. E picchieranno duro proprio sui temi europei, per convincere i loro elettori disaffezionati e disillusi che solo loro potranno tenere dritta la barra su conti pubblici e ordine monetario.

Un’inflazione al 3% avrebbe conseguenze ancora più devastanti per la già bassa popolarità del governo uscente, a tutto beneficio delle opposizioni. Per questo, da qui a settembre i tedeschi non si faranno passare una mosca sul naso. La politica userà la Bundesbank come il suo braccio armato per piegare all’interno della BCE le resistenze contro il ritiro degli stimoli monetari. Un risultato in tal senso prima delle elezioni federali diverrebbe un trofeo da sfoggiare per i conservatori. E coincidenza vuole che proprio in estate, benché se ne dica al board, inizierà una seria discussione circa il futuro di programmi come il PEPP, lo stesso “quantitative easing” e i tassi negativi. Un’inflazione in Germania al 3% o nelle sue vicinanze farebbe scattare il conto alla rovescia.

INFLATION DAY: evitare il deragliamento economico

Scritto il 12 Maggio 2021 alle 09:33 da Danilo DT

Oggi è una giornata che rischia di diventare un vero “turning point”. Anche se il focus è la crescita, ed è evidente che il sistema ha paura soprattutto di un eventuale surriscaldamento economico che poi comporti un aumento dell’inflazione, con tutte le conseguenze monetarie che andrebbero a cambiare quel “piano di crescita” previsto e voluto dal sistema stesso. Un vero e proprio piano “post bellico” visto che la pandemia Covid-19 è assolutamente paragonabile ad una guerra.

Ma permettetemi anche un’altra considerazione. In questo contesto storico è quantomai NORMALE avere un surriscaldamento dell’inflazione perché arriviamo da un periodo dove c’è stata un compressione della domanda senza precedenti. Il mondo si è fermato. Il mondo sta ripartendo e la gente ha FAME di ripartenza.

Una nota di colore: un cliente gestore di una catena di bar, ieri mi raccontava che la gente, anche nei suoi locali, potesse non prende un caffè ma ne prenderebbe 3, quasi per voler recuperare il tempo perso.
Una storiella banale che può farvi sorridere ma che può darvi la percezione dell’euforia del consumatore.

Intanto però i dati macro sono anche a livello emotivo, molto importanti. Oggi come già detto, sarà giornata topica proprio per l’uscita di diversi indici CPI. Al momento quanto è stato comunicato NON DERAGLIA dai binari previsionali. E questo è estremamente importante. La chiave di volta ce l’avremo alle 14,30. CPI USA.

Se l’inflazione non deraglia, anche il piano di crescita ha maggiori probabilità di successo perché non occorre intervenire con manovre correttive. E il mondo ha estremamente bisogno di tornare a crescere. Ecco quanto è stato perso praticamente dalla comparsa del Covid-19 fino ad oggi.

E queste sono le previsioni di Fitch per il 2021-2022. Sempre che tutto, come detto, non deragli.

Wall Street, futures Nasdaq -1,4%. L’attacco all’hi-tech continua: Tesla -4%, giù anche Apple, Amazon, Facebook

nasdaq

Come investire con l’inflazione che fa paura e il rialzo dei tassi sempre più vicino

La crescita dei prezzi al consumo accelera ed è attesa ai massimi da molti anni, mentre la FED dovrà prima o poi varare la stretta monetaria

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 11 Maggio 2021 alle ore 08:48

L’inflazione negli USA, così come in Europa, sta impennandosi. E ieri, Wall Street ha reagito male a questo surriscaldamento atteso dei prezzi al consumo. Se l’indice S&P 500 ha chiuso a -1%, il comparto tecnologico del NASDAQ ha segnato un crollo giornaliero del 3,5%. Preoccupa la prospettiva di un rialzo dei tassi non così lontano come crediamo. Il governatore della Federal Reserve di Chicago, Charles Evans, ha cercato di gettare acqua sul fuoco, spiegando che prima di una svolta monetaria serve che occupazione e inflazione crescano.

Sarà, ma il “breakeven” a 5 anni per i Treasuries è salito al 2,71%, il livello più alto dal 2008. Parliamo della differenza tra il rendimento quinquennale del bond con cedola fissa e il rendimento quinquennale del bond con cedola legata all’inflazione (TIPS). Andamento analogo per il “breakeven” a 10 anni, salito al 2,54%, ai livelli maggiori da 8 anni. Fino a quali livelli potranno spingersi fino a quando la FED interverrà con un primo rialzo dei tassi? In fondo, tali numeri denotano le aspettative d’inflazione del mercato per il medio-lungo e lungo periodo.

Rialzo dei tassi in vista

Secondo gli analisti, la soglia di allarme sarebbe del 3%. Nel momento in cui il “breakeven” a 5 anni la superasse, inseguita da quello a 10 anni, la comunicazione dell’istituto inizierebbe a mutare. Non sarebbe un evento minore. Ad oggi, il governatore Jerome Powell fa intendere che non vi sarà alcun rialzo dei tassi fino al 2023. Una stretta molto prima del previsto non rischia di strozzare la ripresa della prima economia mondiale?

La FED ha alle spalle due ricordi recenti di segno opposto. Dopo la recessione del 2000-’01, l’allora governatore Alan Greenspan tentennò a varare la stretta e il risultato fu il disastro della crisi finanziaria globale del 2008.Ma solamente tre anni fa, dopo avere avviato il rialzo dei tassi e cercato di ridurre il bilancio, la reazione di Wall Street fu così furiosa, che Powell dovette fare inversione a U in poche settimane.

Bisogna capire una cosa. Sebbene l’inflazione a marzo negli USA fosse già al 2,6%, nettamente sopra il target del 2%, ciò sarebbe sia un fenomeno temporaneo, dettato dall’allentamento delle restrizioni anti-Covid, sia voluto dalla stessa FED. Essa tollererà livelli d’inflazione superiori al 2% per un certo periodo, sebbene per l’appunto non dovrebbe spingersi ad accettare la violazione duratura della soglia del 3%.

Come investire con il “reflation trade”

Ad ogni modo, serve prepararsi alla reflazione. Come investire sui mercati in un simile scenario? Qualche indizio ce lo suggerisce proprio la borsa americana nelle ultime settimane. Il comparto tecnologico ha ripiegato del 9% nelle ultime due settimane. Non è un dato casuale. I settori legati alla crescita tendono a reagire negativamente al rialzo dei tassi, mentre non è così per le banche. Queste ultime a Wall Street si sono apprezzate mediamente di ben il 35% quest’anno. In un ambiente di interessi più alti, potranno migliorare i margini.

Allo stesso tempo, un settore tendenzialmente pro-ciclico come quello dei trasporti ha segnato una crescita di oltre il 27% nelle ultime due settimane. Qui, però, rileva l’allentamento delle restrizioni anti-Covid dopo oltre un anno di fortissime limitazioni alla libertà di movimento. Naturale che le compagnie aeree si riprendano. Ma, in generale, il rialzo dei tassi non farebbe bene né ai loro bilanci, oberati dai debiti contratti per reagire alla pandemia. Ancora più valido il ragionamento per le utilities, tipicamente più indebitate della media e che subirebbero il contraccolpo dell’aumento del costo del denaro.

11/05/2021

Il sell off sui titoli tecnologici travolge l’azionario globale e continua a Wall Street, dove i futures sul Nasdaq sono ampiamente sotto pressione, in calo di oltre l’1,4%, a 13.184 punti.

I futures sul Dow Jones arretrano dello 0,52%, a 34.492 punti, mentre quelli sullo S&P 500 cedono lo 0,78% a 4.151 punti.

Le vendite si accaniscono anche oggi sui titoli delle Big Tech, come Apple, Facebook e Amazon.

Peggio fa Tesla, dopo che Reuters ha riportato alcune indiscrezioni secondo cui il colosso di Elon Musk avrebbe sospeso i suoi piani di acquisto di terreni per espandere il proprio stabilimento di Shanghai e renderlo un hub di esportazione globale. L’indiscrezione collega tale decisione all’incertezza creata dalle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Con le tariffe del 25% sui veicoli elettrici cinesi importati imposte in aggiunta ai prelievi esistenti sotto l’ex presidente Donald Trump ancora in vigore, il produttore statunitense di auto elettriche ora intende limitare la proporzione della produzione cinese nella sua produzione globale. Tesla attualmente spedisce in Europa le Model 3 fabbricate in Cina.

Il titolo Tesla conferma la fase ribassista, che lo ha portato a cedere il 21% negli ultimi tre mesi, rispetto al boom del 700% nel 2020.

Effetto domino sull’Ark Innovation ETF di Cathie Wood- che investe soprattutto in Tesla – , che è scivolato del 5% nella sessione di ieri, cadendo a un valore inferiore di ben il 35% rispetto al massimo recente, testato lo scorso 16 febbraio a $159,70.

Ark Innovation Fund cede anche oggi, lasciando sul terreno il 3% in premercato.

Wall Street si conferma in questo mese di maggio a due velocità, con il Dow Jones in rialzo del 2,5% e il Nasdaq in calo di ben il 4%.

Il sell off sui tecnologici è confermato anche dal trend del Technology Select SPDR (XLK), che ha perso il 3% dall’inizio di maggio, facendo peggio rispetto a tutti gli altri settori. L’XLK scende di oltre -1% in premercato.

L’hi-tech sconta la decisione apparente degli investitori di tornare a puntare sui azioni value, penalizzando i titoli growth, che presentano valutazioni relativamente elevate. I tassi sui Treasuries decennali sono in rialzo all’1,60%, comunque ben distanti dall’1,77% di fine marzo.

TECH in correzione: adesso il tapering fa paura

Questo post è la naturale prosecuzione di quello scritto ieri, che ovviamente vi invito a riprendere CLICCANDO QUI,  dove parlavo del contrasto tra la forward guidance di BCE e FED secondo le quali “è tutto ok”, e le altre banche centrali (ho citato BoE, BoC, BoJ) dove si è partiti o con il tapering o con qualcosa di simile.

Il dilemma è chiaro ed è stata proprio la Yellen (vedi qui) a scatenare il problema, perché il ministro del Tesoro non deve interferire con la FED, anche con le opinioni personali, a meno che sia una cosa concertata e quindi una sorta di “forward guidance” comunicativa e predittiva.

I mercati adesso iniziano a preoccuparsi, e di certo i dati in uscita nei prossimi giorni avranno un peso molto importante.

Al momento il mercato non è stato condizionato da dati rivoluzionari e il grafico qui sotto ve lo testimonia.

Quindi sono paure che possono essere scemate dalle uscite dei dati sopra citati. Intanto la scusa per far correggere un po’ i mercati è più che sufficiente. Specialmente il mondo tech che più aveva beneficiato da queste condizioni iperespansive del mercato.

Allerta inflazione affossa le Borse: Nasdaq e tech Cina alle corde, violento sell-off anche su bitcoin e altre criptovalute

11/05/2021

Ondata di vendite sui titoli tecnologici e in generale un repentino cambio di sentiment sui mercati con il ritorno della paura che l’ascesa dell’inflazione a livello globale diventi un problema serio. Wall Street ha così ritracciato dai massimi storici con il Nasdaq scivolato indietro del 2,55%. Più contenuti i cali dell’S&P 500 (-1,01%). Stamattina umore pessimo anche in Asia con oltre -3% per la Borsa di Tokyo e in Europa dominano i segni meno (-1,47% il Ftse Mib).
A livello settoriale, i tecnologici sono i più colpiti. Taiwan Semiconductor Manufacturing ha ceduto oltre il 3% e Samsung Electronics il 2,4%, contribuendo al maggior calo da febbraio per l’MSCI AC Asia Information Technology Index. L’indice Hang Seng TECH, che comprende tutti i giganti tec cinesi, è affondato fino a -4,5%, aumentando la sua caduta da un massimo di febbraio a circa il 30%.

L’ascesa dei prezzi delle materie prime non accenna a fermarsi e tra gli investitori si fa sempre più concreto il timore di un forte aumento dell’inflazione che potrebbe costringere le banche centrali a correre ai ripari con una stretta monetaria. “C’è senza dubbio un certo timore che il quadro dell’inflazione possa sfociare in un’azione drastica a livello di banche centrali“, rimarcano stamattina gli esperti di IG.

Dati Cina acuiscono timori impennata prezzi

A preoccupare sono anche i dati arrivati dalla Cina proprio sul fronte inflattivo: ad aprile l’inflazione della Cina misurata dall’indice dei prezzi al consumo è salita dello 0,9% su base annua, lievemente al di sotto del +1% atteso dagli analisti, mentre l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi alla produzione è balzata del 6,8%, rispetto al +6,5% stimato. E’ il rialzo più forte dall’ottobre del 2017. I dati cinesi evidenziano che “l’inflazione è fortemente sentita a livello di produttore, con il PPI che solleva la questione di quanto di quell’inflazione alla fine sarà trasferita al consumatore”, argomentano da IG.
Già i PPI di marzo negli Stati Uniti, nella zona euro, in Giappone e nei principali paesi emergenti avevano evidenziato un’impennata dei prezzi.
Sull’obbligazionario i Treasury Usa ieri sera hanno visto un’impenata dei rendimenti e il decennale al momento segna un tasso dell’1,61%, ancora sotto i picchi toccati a fine marzo all’1,74%. Da fine marzo a oggi il Bloomberg Commodity Index è salito di un altro 12% facendo intendere che i timori espressi dall’impennata dei rendimenti erano ben fondati.

Tassi Treasury tornano a salire

Guardando alle altre asset class, tra le materie prime il petrolio segna cali vicini all’1% stamattina, oro stabile a 1.835 dollari. IN affanno anche le criptovalute, da alcuni investitori viste come protezione da uno scenario di elevata inflazione. Il bitcoin cede oltre il 5,5% a 55.614 dollari (dati CoinDesk); l’Ethereum ritraccia dai top storici con -4,29% a 3.944 $; peggio fanno Stellar (-10%), XRP (-11%) e Dogecoin (-14%).

Trimestrali Piazza Affari: oggi Poste e Mediobanca

In primo piano oggi a Piazza Affari le trimestrali dei testimonial del risparmio gestito. Oggi sono infatti in programma i CdA per l’approvazione dei conti del primo trimestre 2021 di Banca Generali, Banca Mediolanum, Finecobank e Poste Italiane. Sempre oggi in agenda, tra le big del Ftse MIb, i CdA di Mediobanca, Salvatore Ferragamo e Snam. Fuori dal Ftse Mib sguardo anche ai conti di Aedes, Avio, Banca Intermobiliare, Edison, Mediaset, RCS e Saras.
Domani 12 maggio spazio ai conti di Hera, Pirelli, Terna e Technogym. Il 13 maggio spiccano i numeri di A2A, Inwit, Nexi, Unipol, Webuild, Fincantieri e Geox. Infine, il 14 maggio Diasorin e Interpump.

WALL STREET: e la correzione?

Continua malgrado tutto la fase rialzista del mercato azionario USA che tiene bene anche ai dati macro. (Guest post)

Cari amici, anche nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno provato a leggere ed immaginare quale futuro ci attende. Compito, a dire il vero, niente affatto facile. E’ già un ventennio infatti che l’economia si muove lungo sentieri non previsti, e spesso mai esplorati nel passato. Imprevedibilità che ha spiazzato molti, soprattutto tanti presunti analisti del mondo della finanza, che hanno inanellato una serie davvero sconcertante di brutte figure e di previsioni totalmente infondate. Oggi la situazione, causa pandemia, è ancor meno intellegibile di prima.

Nessuno conosce veramente quale sarà l’evoluzione prossima ventura del virus, e soprattutto quale natura ed assetto assumerà, dopo, il sistema di produzione capitalistico globale. Buon senso vorrebbe quindi che ci si muovesse con prudenza e pragmatismo, analizzando step by step l’evolvere della situazione. Ma, come ormai ben sapete, il buon senso, è davvero una merce rara in questa complicata epoca storica. Nelle scorse settimane, ad esempio in molti hanno preconizzato, e sparlato, di ritorno imminente dell’inflazione ed addirittura di iper-inflazione in arrivo. Un’affermazione, a dir poco, avventata, e di poco buon senso. Del fenomeno inflattivo si sono perse le tracce da lungo tempo. L’inflazione è un fenomeno economico molto complesso, che si nutre ed è alimentato da molti, ed alquanto diversi, fattori. Fattori venuti tutti meno nell’ultimo ventennio. Oggi, invece, c’è chi pensa che basta un rimbalzo dei prezzi delle commodities per farlo rivivere. Si sbagliano di grosso.

Innanzitutto perché il rimbalzo in parola, tuttora in corso, riporta soltanto le quotazioni delle stesse ai livelli di 3 o 4 anni orsono. A quell’epoca nessuno s’azzardava a parlare d’inflazione, oggi invece c’è chi adombra addirittura un pericolo iper-inflattivo. Eppoi, vorrei chiedere, gli altri fattori che storicamente hanno alimentato il fenomeno inflattivo, ossia la piena occupazione ed il conseguente aumento del costo del lavoro, e l’incremento del costo del capitale, dove stanno ? Non ci sono. Ed aggiungo purtroppo. Lo dimostrano i deludenti dati sull’occupazione Usa pubblicati venerdì scorso, nonchè i rendimenti globali dei bond ancor’oggi fermi all’1,58 sul decennale Usa. Magari ci fossero, avremmo certamente una situazione economica, e soprattutto sociale, più equa e più giusta di quella odierna. Insomma è mai possibile che, costoro, non abbiano ancora compreso che il sistema di produzione capitalistico, dopo la crisi finanziaria del 2008, sia riuscito a comprimere tutti i costi dei fattori della produzione, ampliando in tal modo i propri profitti, e di conseguenza i valori delle loro partecipazioni azionarie. Altro che bolla. Credo proprio che una rilettura attenta ed approfondita di DAS KAPITAL sia, per Loro, altamente consigliabile.

Dopo le sopra esposte considerazioni, andiamo ad esaminare, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, questa settimana, storna dell’1,15 %, e retrocede a quota 90,23. Nell’ultimo anno lo storno è pari al 9,53 %. Pesano senz’altro le politiche, monetarie e fiscali, iper-espansive varate per combattere le conseguenze economiche della pandemia. Le commodities, come già accennato, continuano a lievitare, nell’ultima ottava crescono di un altro 2,58 % in termini reali. Negli ultimi 12 mesi l’incremento è pari al 40 %, forse più a causa di strozzature nel sistema di offerta, che per un eccesso di domanda.

Segnali meno bullish giungono, invece, dal mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, infatti, decresce di 5 bps e retrocede a quota 1,58 %. Anche il rendimento dei bond a 2 anni, perde 1 bp e retrocede a quota 0,15 %. L’inclinazione della yield curve Usa pertanto si contrae a 143 punti base, confermando le aspettative di recovery post covid. Il problema è capire cosa succederà dopo questa fase. Il mercato azionario, come più volte detto, per le ragioni sopra esposte, si riconferma ancora il migliore dei mondi possibili. L’S&P 500 guadagna infatti un altro 1,23 %, e stabilisce i suoi nuovi massimi storici a quota 4.232,60 punti..

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 1.258

Large Traders :  – 3.974

Small Traders : + 5.232

Cambia, dunque, nuovamente la configurazione e l’assetto del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state pari a 5.387 contratti. In particolare, i Large Traders, cedono l’intero lotto dei 5.387 contratti long, e quasi senza bussola tornano, dopo appena una settimana, in posizione Net Short. I Commercial Traders, ovvero le MANI FORTI, acquistano invece 4.669 contratti long, e restano solo di misura in posizione di copertura, Net Short. Gli Small Traders, infine, acquistano i residui 688 contratti long, e consolidano lo loro solitaria e moderata posizione Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, seppur limitate ed esigue, mutano ancora l’assetto assetto di quest’importante mercato. La nuova configurazione è storicamente la più ribassista fra quelle possibili.

Dopo oltre un anno d’ininterrotti rialzi sembra quasi che gli operatori auspicano ed invocano una correzione o quantomeno una pausa del ritmo d’ascesa. Può darsi che vengano parzialmente accontentati. Certo vedere le MANI FORTI con un livello davvero infimo di copertura non aiuta. Evidentemente sono alquanto sicure che al momento nulla è in grado di minacciare il perseverare delle favorevoli condizioni economiche che favoriscono lo sviluppo delle imprese e la crescita dei loro utili.

Non sono affatto preoccupate del contingente e frenetico lievitare delle commodities. Lo ritengono credo un fenomemo temporaneo, ed in ogni caso facilmente addomesticabile. Insomma allo stato, non v’è nulla di rilevante che può indurmi a mutare la mia ormai ultra decennale view rialzista per i mercati azionari. In tale contesto, ancora bullish, un’eventuale correzione sarebbe del tutto logica e fisiologica, e forse anche auspicabile. Non in grado comunque di mutare i paradigmi del sistema. Per quello, occorre ben altro.

Mercato dunque ancora in fiducia

TASSI: ormai il tapering è una realtà!

Scritto il 10 Maggio 2021 alle 10:03 da Danilo DT

Al momento è successo nulla, e per certi versi sia la FED che la BCE non sembrano volerci indicare grandi novità. Ma poi se ci guardiamo intorno, qualche dubbio deve cominciare a venirci.

Settimana scorsa, in QUESTO POST vi ho parlato di quello che potrebbe essere visto come un “misunderstanding” oppure come un segnale, o ancora come un discorso fatto da chi una volta rivestiva un ruolo ed ora non lo riveste più.

Janet Yellen infatti non è più il presidente della FED e malgrado questo, si occupa ancora di politica monetaria? Questo è stato secondo me un errore, a meno che fosse concertato. La Yellen infatti giustamente fa bene a pensare quale potrebbe essere il futuro dei tassi di interesse. Peccato che oggi le dinamiche, come è ben noto, sono molto particolari e la forward guidance ha un peso talmente importante che una parola detta in sede errata può creare più danni di quanto si possa immaginare.
Senza poi dimenticare il contesto storico, un vero cocktail esplosivo che regge per un nulla, dai complessi equilibri, un mix di elementi quali il vaccino, le prospettive di crescita, il rally delle materie prime, l’inflazione in aumento, il forte debito ed il deficit galoppante, la componente demografica, il problema dell’occupazione e altro ancora.

Per carità, se uno guarda la tabella di marcia, al momento, l’inflazione non si può ancora considerare il problema principale. Guardate il tasso inflazione delle principali aree geografiche.

Ma se quindi le banche centrali potenzialmente sono ancora “senza tensioni”, come mai si parla così tanto di tassi e di taper tantrum?

Intanto occorre dire che, dopo tanti anni, abbiamo imparato a conoscere i nostri polli. Un come fa Hamilton (che chi segue la F1). Spesso quando parla via radio col box, dice incontrario di tutto per una questione di strategie. Ed in effetti non dimentichiamo MAI che si vuol mantenere lo status quo, e quindi la comunicazione vuole essere sempre rassicurante e mai troppo invasiva. E se ci sono dei cambiamenti, il mercato deve essere preparato a tempo debito.
Quindi, al momento dicevamo, la FED sembra tranquilla.
Ma qualcosa si muove.

Bank of Japan

(…) Kuroda & Co hanno tuttavia anche annunciato di aver ampliato la banda di oscillazione entro cui i tassi di interesse dei titoli di stato a 10 anni potranno muoversi, nell’ambito di una mossa tesa a rendere la propria politica monetaria più sostenibile. (…)In realtà il tapering della Bank of Japan va avanti da un po’: il 4 gennaio, per esempio, la BOJ aveva acquistato ETF al ritmo più basso degli ultimi cinque anni, nonostante il calo della borsa di Tokyo, alimentato in quei giorni dall’imposizione di misure di restrizione più severe volte ad arginare i contagi di coronavirus. (…) [Source] 

Bank of Canada

(…) The Bank of Canada took the biggest step yet by a major economy to reduce emergency levels of monetary stimulus as it hailed a stronger-than-expected recovery from the pandemic. Policy makers led by Governor Tiff Macklem said Wednesday they would scale back their purchases of government debt by a quarter to C$3 billion ($2.4 billion) and accelerate the timetable for a possible interest-rate increase. The upbeat turn toward plotting a return to more normal policy has been resisted by counterparts elsewhere, including the U.S. Federal Reserve. Investors reacted by driving the Canadian dollar to its biggest gain since June. (Source BMG

Bank of England

(…) The Bank of England said Britain’s economy would grow by the most since World War Two this year and slowed the pace of its trillion dollar bond-purchasing programme, but stressed it was not reversing its stimulus. (…) With the economy on course for recovery, the BoE said it would reduce the amount of bonds it buys each week to 3.4 billion pounds ($4.7 billion), down from 4.4 billion pounds now. “This operational decision should not be interpreted as a change in the stance of monetary policy,” it said. (…) [Source RTRS

Tre delle principali banche centrali, intanto, decidono di partire allentando gli acquisti sui bond. Certo, sono due paesi dove la campagna vaccinale va alla grandissima. Ricordate questo grafico e QUESTO POST?

Mettiamola così: l’inversione della politica monetaria con il tapering è diventata una realtà per quelle piazze dove crescita e vaccini vanno alla grande. La cosa da capire è come il mercato prenderà la notizia, e non solo su queste piazze. Forse, come fa ultimamente, in modo quasi indifferente, sempre grazie all’iperconfidenza nei confronti del futuro. Ma è anche vero che le banche centrali, tutte, detengono la maggior parte del debito pubblico globale.

Chi ha le percentuali maggiore di debito detenuto, inizia col tapering. FED e BCE non sono certo “sottopesate” sotto questo aspetto ma come tasso di crescita (in particolare la BCE) siamo ancora molto deficitari. Inutile dire che tutti guardano proprio all’operato di BCE e FED. E anche se le agenzie di rating hanno confermato al momento il rating all’Italia, tanto per andare nello specifico, avrete notato un’impennata dei rendimenti. Casuale? Direi di no. Certo è che qualcosa sta cambiando e vediamo se proprio FED e Bce riusciranno (perché si va oltre alle loro volontà e quindi ai programmi) a mantenere i loro progetti.

LA CALMA PRIMA DELLA TEMPESTA!

Scritto il 7 Maggio 2021 alle 08:08 da icebergfinanza

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Engagement in Crisis: The Quiet Before the Storm or the Storm Before the Quiet | SCOTT PROPP

Gli ultimi dati ci stanno chiaramente suggerendo che la bella stagione porta con se un riduzione dei rischi di contagio, maggiori aperture, maggiore occupazione, la fine dell’illusione legata all’inflazione come vedremo nel fine settimana.

Ieri per la prima volta le richieste di disoccupazione sono scese sotto il mezzo milione alla settimana in America…

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…ci sono molti indicatori che suggeriscono un buon dato sull’occupazione oggi nel pomeriggio.

Eppure nessuno vuol più lavorare…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1390536750058115072&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F07%2Fla-calma-prima-della-tempesta%2F&sessionId=bfe6da81317c5031719b54310166dbe18b25f9f1&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Paura del contagio, chi te lo fa fare se il Governo ogni mese ti riempie di soldi senza fare nulla?

Eppure nessuna traccia dei nuovi ruggenti anni venti, oltre 100 trilioni di dollari immessi nelle economia mondiali dalla crisi subprime del 2008, stimoli monetari e fiscali e non è successo nulla, crescita anemica e una classe media che ha sempre più perso il potere di acquisto.

Loro i bond vigilantes, queste cose le sanno, sono loro che muovono trilioni di dollari, non come quei poveri disperati che di trastullano tra le dita qualche centesimo con le criptovalute o qualche azione.

Nel fine settimana insieme a Machiavelli, vedremo come i tassi possono scendere pure in mezzo all’illusione dell’inflazione, sembra se ne siano accorti anche quelli di Goldman Sachs, anche se non hanno ancora capito bene il meccanismo o fanno finta di nulla.

Dopo un inizio anno turbolento per il mercato del tesoro, che ha registrato il suo peggior rendimento totale trimestrale dal 1980 poiché i rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 anni sono aumentati di oltre 80 punti base… i titoli del Tesoro si sono trovati bloccati in un intervallo molto ristretto, in preda a una calma inquietante anche se l’economia statunitense continua ad avanzare .

Di conseguenza, fino a quando non ci sarà una certa convergenza nelle proiezioni, “le risposte alla resa dei dati potrebbero rimanere smorzate rispetto agli standard storici”.

Come osserva Marshall, dopo i primi tre mesi torridi del 2021, e nonostante una continuazione delle sorprese positive in una serie di rilasci significativi il mese scorso – inclusi i libri paga, l’IPC e le vendite al dettaglio – i rendimenti degli Stati Uniti hanno chiuso il mese senza muoversi, con risposte di rendimento alle sorprese dei dati che vanno dal silenziato allo sconcertante.

Per i mercati, identificare il livello di rumore percepito intorno ai dati economici è utile per misurare la quantità del segnale che i dati possono fornire.

Sono rimasto impressionato da quello che il nostro Machiavelli ci ha raccontato in questi mesi, cosa suggeriva la storia sui rendimenti, quale è il limite invalicabile per la Federal Reserve, sino ad ora ha funzionato egregiamente.

Eppure non si sente più parlare del decennale al 2 % o altre amenità varie.

Un’interpretazione di questa osservazione, prosegue Goldman,  è che i periodi di maggiore incertezza delle previsioni tendono ad essere associati a una minore sensibilità dei rendimenti ai dati secondo gli standard storici. L’espansione del campione per includere l’ultimo anno rafforza fermamente questo modello.

Un modo intelligente per dire che i dati oggi non contano più conta solo l’ECONOFISICA, il resto è noia, rumore di breve termine.

Ieri abbiamo scoperto che il limite del 60 % del debito rispetto al pil non è più attuale, non lo ha detto uno qualunque, ma il carceriere d’Europa, quel Regling custode del MES che nessuno vuole, un’inutile istituzione che i tedeschi controllano per far credere ai loro elettori che sono i guardiani dell’ortodossia calvinista…https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1390176277701795841&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F07%2Fla-calma-prima-della-tempesta%2F&sessionId=bfe6da81317c5031719b54310166dbe18b25f9f1&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

BRUXELLES, 5 maggio (Reuters) – Il tetto del debito pubblico dell’Unione europea del 60% del prodotto interno lordo non ha più senso e dovrebbe essere rivisto mentre l’UE riforma le sue regole fiscali, ha detto mercoledì il capo del fondo di salvataggio della zona euro Klaus Regling .

La legge dell’UE obbliga i governi a mantenere i deficit di bilancio al di sotto del 3% del PIL e il debito pubblico al di sotto del 60% del PIL per salvaguardare la stabilità della valuta comune dell’euro, ora utilizzata da 19 membri del blocco di 27 nazioni.

In un colpo solo spazzati via 20 anni di vere e proprie fesserie su deficit e debito, come vi abbiamo sempre raccontato, come la Brexit che avrebbe distrutto l’Inghilterra o altre cosuccie sull’euro.

Come sempre la verità è figlia del tempo dalle nostre parti, quello che ogni giorno raccontiamo si realizza, non perché siamo oracoli, ma perché usiamo il buon senso.

Nessuno parla più del MES mentre continuiamo ad emettere miliardi di debito ai massimi storici a interessi in gran parte negativi o ridicoli, come chi per mesi ha sostenuto la necessità di chiedere il MES, ci pagano per emettere debito.

Nel breve può succedere qualunque cosa, ma ciò che conta davvero è il medio e lungo termine, la deflazione da debiti, resta la principale risposta storica a questa crisi epocale, ci vogliono dai 30 ai 47 anni per uscire da questa trappola e questi dopo solo 12 anni parlano di inflazione o addirittura di iperinflazione.

Più soldi getteranno nei mercati e più la deflazione da debiti distruggerà l’economia, ma questo non lo sanno gli asini che volano. Ripeto, davvero spettacolare la storia nell’indicarci il livello dei rendimenti che potrebbe raggiungere l’economia americana ma soprattutto come vedremo, quanto dureranno gli effetti nefasti di questa pandemia.

2008, 2013, 2018, tutti anni nei quali dopo i quali l’illusione di maggiore inflazione ha portato con se una rapida e spettacolare inversione che ci ha portati ha risultati da un minimo del 25 % sino ad oltre il 75%.

Questa volta potrebbe essere addirittura superiore, forse epocale.

Appuntamento nel fine settimana con il nostro Machiavelli e il suo “OCCHIO DEL CICLONE.”

Ricordo a tutti coloro che avessero bisogno, che ICEBERGFINANZA è anche consulenza a 360 gradi, in mezzo a questa tempesta perfetta.

Dalla Fed alert su Wall Street: “Valutazioni elevate, c’è il rischio di forti ribassi”

Secondo il Financial Stability Report, in caso di calo della propensione al rischio le azioni sarebbero esposte a pesanti cali

Il monito  di Antonio Cardarelli  7 Maggio 2021 – 9:51

La Federal Reserve fa il tagliando del mercato azionario americano e mette in guardia gli investitori da possibili ribassi provocati dalla vulnerabilità dei prezzi. Il monito arriva dal Financial Stability Report, il documento semestrale della banca centrale che analizza la stabilità del sistema finanziario americano.

VALUTAZIONI ALLE STELLE

Secondo quanto riportato nel Report, firmato da Lael Brainard, membro del consiglio dei governatori della Fed, la crescente propensione al rischio sta aumentando le valutazioni degli asset in maniera quasi indiscriminata. Non solo, infatti, i principali indici azionari di Wall Street continuano a stabilire nuovi massimi, ma anche i mercati delle obbligazioni societarie sono stati investiti dall’ondata. Ieri l’indice Dow Jones ha stabilito un nuovo record a 34.548 punti e l’S&P 500 viaggia costantemente sopra i 4.200 punti, con un guadagno che da inizio anno supera gli 11 punti percentuali.

IL CASO MEME STOCK

In un contesto del genere, è il monito della Fed, in caso di calo della propensione al rischio i prezzi degli asset sarebbero vulnerabili ed esposti a cali significativi. Una descrizione che ricorda molto da vicino la definizione di bolla finanziaria. “Gli indici azionari stanno stabilendo nuovi massimi, i prezzi delle azioni rispetto alle previsioni di utili sono vicini al massimo della loro serie storica e la propensione al rischio è aumentata ampiamente, come ha dimostrato l’episodio dei meme stock“, ha spiegato Brainard, citando casi come quello delle azioni di GameStop. La combinazione di valutazioni elevate e alto livello di indebitamento aziendale, secondo la Fed, può amplificare gli effetti di un riprezzamento. E tra i settori più vulnerabili vengono citati quelli più sensibili alla pandemia, come energetici, viaggi e ospitalità.

RISCHIO ANCHE NELLE OBBLIGAZIONI SOCIETARIE

Ma nel Financial Stability Report si fa riferimento anche al fallimento dell’hedge fund Archegos Capital Management e al rischio che interessa i mercati delle obbligazioni corporate: “Gli spread delle obbligazioni speculative di qualità inferiore rispetto ai rendimenti del Tesoro sono tra i più ristretti che abbiamo visto storicamente. La combinazione di alte valutazioni con livelli molto elevati di indebitamento delle imprese è da tenere sotto osservazione a causa della possibilità di amplificare gli effetti di un evento di riprezzamento”, ha commentato Brainard.

Fed lancia (finalmente?) alert bolla. Mentre Dogecoin +12.000% YTD avverte anche su rischio criptovalute, meme stock, SPAC e Ipo

07/05/2021

E alla fine (per qualcuno finalmente?) la Fed lancia l’allarme bolla. O quasi. Ammettendo pure di aver paura di quell’euforia che ha per oggetto il mondo delle criptovalute, delle SPAC e delle stesse Ipo in generale, delle meme stock. Come potrebbe essere diversamente, se si considera che la valuta parodia Dogecoin, fresca dei recenti rialzi, è volata dall’inizio del 2021 di ben il 12.000%?
Nel suo rapporto di metà anno Financial Stability Report, la banca centrale americana guidata da Jerome Powell avverte così che l’aumento dei prezzi degli asset del mercato azionario, e anche di altri mercati, è sempre più una minaccia per il sistema finanziario: sistema che, ha puntualizzato l’istituzione, è rimasto ampiamente stabile anche durante la pandemia Covid-19.

Ora, però, il rischio che questa stabilità venga intaccata c’è, e sta anche crescendo.
“In parte i prezzi elevati degli asset riflettono il continuo basso livello dei rendimenti dei Treasuries – si legge nel rapporto – Tuttavia, le valutazioni di alcuni asset sono alte rispetto ai valori storici, anche utilizzando parametri che tengono in considerazione i tassi dei Treasuries”.
Di conseguenza, “i prezzi degli asset potrebbero essere vulnerabili a ribassi significativi, nel caso in cui l’appetito per il rischio si smorzasse”.
Con un comunicato che ha accompagnato l’analisi, la governatrice della Fed Lael Brainard ha sottolineato inoltre l’importanza di monitorare la situazione, rimarcando la necessità di assicurarsi che il sistema sia fornito di dispositivi di protezione appropriati: nei momenti di espansione dell’attività economica, per esempio, si potrebbe chiedere alle banche americane di raccogliere maggiori quantità di capitale, per disporre prontamente di cuscinetti nel caso in cui dovesse presentarsi una nuova crisi.
Il rapporto ha parlato anche del rischio che gli hedge fund e altre istituzioni finanziarie non bancarie si trasformino in potenziali minacce al sistema finanziario.
“Le vulnerabilità associate all’elevato appetito per il rischio stanno aumentando – ha detto Brainard – In diverse asset class le valutazioni hanno continuano a salire rispetto a livelli che, già lo scorso anno, erano elevati”. Di conseguenza “la combinazione di valutazioni tirate e di livelli di debiti corporate molto alti merita di essere osservata, per il potenziale che ha di amplificare gli effetti di un evento di re-pricing“.
Nello specifico, il rapporto fa riferimento a settori particolari come l’energia, il turismo e l’alberghiero, che presentano vulnerabilità particolarmente elevate, a causa della sensibilità alle notizie che riguardano la pandemia.
Altre minacce potenziali citate sono state quelle che arrivano dal mercato monetario e dai fondi aperti.

Fed avverte su criptovalute, euforia criptovalute, SPAC e IPO

Di fatto, motivi per mettere in allerta la Fed ce ne sono eccome.
Grazie agli assist che sono arrivati in realtà dalla stessa Fed per blindare l’economia – e i mercati – dagli effetti della pandemia Covid-19, così come dagli aiuti senza precedenti lanciati da Capitol Hill, lo S&P è schizzato dell’88% dai minimi testati nel marzo del 2020, inanellando record continui.
Il debito a margine, utilizzato per finanziare le speculazioni sulle azioni, ha testato anch’esso valori record, mentre i tassi sui corporate bond con rating junk sono scesi ai minimi storici.
La più alta espressione della speculazione ha visto protagoniste soprattutto le criptovalute, con il Bitcoin che è schizzato dai minimi del 2020 del 600%, da $7000 a $54.000, senza considerare il record di sempre testato alla metà di aprile attorno a $65.000.
E che dire del dogecoin, volato del 12.000% dall’inizio del 2021?
Dal rapporto della Fed emerge che la banca centrale ha identificato il rischio di bolle – senza proferire mai la parola ‘bubble’ – anche nei mercati delle Ipo, delle SPAC e in alcuni meme-stocks, quelle azioni su cui esplodono boom di trading dopo che i nomi delle rispettive società sono diventati per qualche motivo virali sui social media (vedi caso GameStop):
“Contrariamente ai segnali contrastati che arrivano dai parametri basati sui prezzi, alcuni parametri non basati sui prezzi suggeriscono che l’appetito degli investitori verso il rischio azionario è elevato rispetto alla storia”, si legge nel report -D’altronde, la crescita delle Ipo è ai livelli record dagli anni ’90. In più, una fetta crescente di Ipo avviene attraverso le SPAC, che sono società non attive create specificamente per emettere azioni e per acquisire successivamente una società esistente operativa”.
Un articolo di Bloomberg fa notare come la Fed, con la pubblicazione del report di ieri, sia stata a un passo dal proferire la parola bolla: “la Federal Reserve non può dire ‘bolla’, ma lo ha quasi fatto, e avrebbe potuto forse farlo, proprio nel report sulla stabilità finanziaria pubblicato giovedì pomeriggio, in cui ha usato l’espressione meme stock non una volta, non due volte, ma per ben tre volte”.
Sempre l’articolo di Bloomberg segnala che una ricerca veloce del termine “crypto” nel rapporto della Fed fa apparire sullo schermo una tabella che mostra che le criptovalute vengono considerate alla stregua del nono shock potenziale,nel corso dei prossimi 12-18 mesi, più citato.
La Fed parla anche del fondo Archegos che, con la sua liquidazione shock, ha fatto ritornare l’incubo della finanza da roulette, mettendo nei guai anche un bel po’ di banche, del calibro di Credit Suisse Nomura.
Di fondo, rimane la spiacevole sensazione che la Fed sia stata complice, se non principale responsabile, della bolla speculativa che essa stessa teme. Sarà per questo che, per Jerome Powell & Co, il termine bolla rimane ancora un tabù.

THE BIG PROBLEM: come mantenere lo status quo dei mercati?

Scritto il 6 Maggio 2021 alle 07:55 da Danilo DT

Ribadisco quando già ho scritto nei mesi passati. Secondo molti l’analisi intermarket ha perso quel senso che aveva sempre avuto, a causa delle rivoluzionarie condizioni monetarie. Nossignore, non è affatto così e chi lo afferma è perché non conosce l’analisi intermarket oppure non la sa interpretare. Il mercato ha subìto quello che possiamo definire un “upgrade”, un cambiamento, e l’analisi intermarket si è quindi dovuta adeguare. Ma oggi più che mai, sta dimostrando tutta la sua veridicità, soprattutto in questa fase di ripartenza ciclica.

Dove stanno tutti i ragionamenti di governi e banche centrali? Sul bisogno di stimolare i consumi per far partire la ruota dell’economia ma nel contempo evitare che l’inflazione vada alle stelle altrimenti poi bisogna intervenire con manovre di politica monetaria restrittiva, facendo quantomeno traballare (sono stato sobrio nella definizione) il castello di carta.

Quindi il problema si chiama INFLAZIONE. E l’analisi intermarket lo dice benissimo chi è alla base della volatilità dell’inflazione. Sono le commodity.
Il grafico qui sotto credo sia sufficientemente eloquente.

Aspettative 5yr tasso inflazione e Bloomberg Commodity Index

Le aspettative di inflazione sui vari mercati non sono perfettamente univoche a causa di una crescita non omogenea in primis causa Covid-19. Ma le tendenze sono evidenti, come è evidente la correlazione tra materie prime e andamento prospettico dell’inflazione.

Nel grafico ho volutamente lasciato in ombra le ben note tendenze dell’inflazione mettendo invece in evidenza l’andamento delle commodity. Quindi, quale è la grande mission del mercato? Calmierare quanto possibile il prezzo proprio delle materie prime. E non si tratta del solo petrolio, ma di tutte le materie prime in generale. E dal grafico che la correlazione è fortissima proprio con gli USA, ovvero la piazza dove l’inflazione prospettica è più minacciosa e già ci si ritrova con pensieri contrastanti tra FED e Governo (Yellen).
Però è altrettanto esplicativa questa slide.

Asset class perfomance 2021

CHART by Finviz

Ora vi è chiaro cosa occorre fare per evitare problemi? Ma come frenare la corsa delle commodity quando la domanda di beni è destinata a crescere? Dubbio amletico, i vostri pareri sono preziosi per un confronto costruttivo.

PS: l’oro è negativo? Semplice, l’oro NON è una commodity, lo diciamo da sempre!

Chiudo con una ultima provocazione che però deve farci meditare proprio a seguito di quanto detto prima. Ancora un grafico che mette a nudo una dato statistico che potrebbe anche lasciare il tempo che trova. Però è talmente estremo che diventa difficile da contestare. Un confronto tra Wall Street e materie prime. Il risultato è veramente pesante (in ottica prospettica) per il mercato e, credo, meriti un po’ di attenzione. Attendo i vs pareri.

TASSI USA: misunderstanding e forward guidance

Scritto il 5 Maggio 2021 alle 09:10 da Danilo DT

Quanto è successo ieri rischia di diventare un elemento destabilizzante. E’ vero che sono solo parole non suffragate dai fatti. E’ vero che sono in contrasto su quella che è la forward guidance della FED che si considera sempre indipendente dalla politica e che quindi decide quello che ritiene più giusto, indipendentemente da cosa pensa il Governo.
Questa è ovviamente la teoria ma poi la pratica, però, la conosciamo tutti. Il collegamento tra Governo-FED è fortissimo e lo è ancor di più se il Capo del Tesoro è un ex Presidente della Federal Reserve.
Solo qualche giorno fa, l’attuale presidente della FED Jerome Powell diceva…

(…) Un aumento dei tassi di interesse da parte della Fed sarà dettato dall’economia. Molti all’interno della Banca centrale americana non prevedono un rialzo fino al 2024. “E’ difficile un aumento dei tassi prima del 2022”, ha detto il presidente della Fed, Jerome Powell, sottolineando che una riduzione degli acquisti di bond precederà comunque un aumento del costo del denaro. (…) [Source] .

Abbiamo parlato QUI  su quali sono le aspettative e le previsioni. Tassi in rialzo solo dall’anno prossimo e forse addirittura dopo perché l’inflazione non è un problema e l’economia non rischia di surriscaldarsi.
Contrordine, perché Janet Yellen, attuale Segretario al Tesoro degli USA se ne esce con un’affermazione destabilizzante, soprattutto vista l’importanza che si sta dando alla forward guidance.

(…) L’America non si appresta solo a un nuovo maxi piano di investimenti per stimolare l’economia e uscire dalla crisi pandemica, ma dai vertici dell’amministrazione a stelle e strisce arrivano importanti novità, dopo che il Fondo monetario internazionale ha previsto per gli Stati Uniti un pil in rialzo del 6,4% nel 2021 e del 3,5% nel 2022, dal -3,5% del 2020.
A preannuciare possibili, future scelte strategiche a livello istituzionale è stato il segretario al Tesoro, Janet Yellen. L’esponente di spicco dell’amministrazione Biden ha infatti dichiarato che è possibile che la Federal Reserve – istituzione che la stessa Yellen ha presieduto dal 2014 al 2018 – debba aumentare i tassi di interesse per evitare che l’economia si surriscaldi a causa dei piani di spesa definiti e avviati dal nuovo presidente Usa. (…) [Source] 

La Yellen “la tocca piano”. I 4.500 miliardi di USD di nuove spese e crediti fiscali rischiano di far surriscaldare l’economia. L’affermazione, come facilmente immaginabile, scatena il sell-off sui bond e crea il giusto panico tra gli operatori. A quel punto, ecco che la Yellen “ritratta”: ma è possibile che sia solo un “peccato di comunicazione”? Mi sembra molto strano.

Dicevo, visto anche il pesante sell-off dei titoli tecnologici sulla piazza Usa e all’aumento dei tassi dei Treasuries sulla parte lunga della curva, la stessa Yellen ha corretto il tiro affermando di non vedere problemi legati all’inflazione. Quindi signori, la Yellen diceva così, tanto per dire? Discorsi da bar? Tutto casuale? Mah…

Questa affermazione (la prima, quella che prevede interventi sui tassi di interesse) rischia di far saltare tanti bei ragionamenti fatti fino ad ora, ma non solo dal sottoscritto perché è un’affermazione quantomai inattesa. Vedi ad esempio cosa dicevo in questo post sul mercato dei BOND. 
Non fasciamoci la testa prima del tempo. L’affermazione della Yellen la vedo come un modo di “mettere le mani avanti” anche se cozza drammaticamente con la logica di “forward guidance rasserenante” che ormai è il MOOD del sistema. Certo che rispetto all’ormai noiosissimo e tranquillizzante discorso monocromatico a cui eravamo abituati, ritrovarci con un contrasto in casa tra Governo e FED ci deve far pensare che qualcosa sta per cambiare. E soprattutto che questo possibile “misunderstanding” potrebbe essere una eccellente scusa per generare movimenti correttivi che il mercato si aspetta da tempo.

VIX: gli alti e bassi di ieri (tra affermazioni e ritrattazioni)

Wall Street cauta, futures Nasdaq sottoperformano. Tassi Treasuries in rialzo, euro giù attorno a $1,20

04/05/2021

Wall Street cauta, dopo i buy con cui ha inaugurato la sessione di ieri, prima sessione di maggio. I futures sul Dow Jones sono piatti, con una variazione pari a +0,03%; i futures sullo S&P 500 cedono lo 0,07% a 4.183, mentre i futures sul Nasdaq sottoperformano il mercato, con una perdita dello 0,24% a 13.758 punti.

Market mover della seduta è stato il reopening trade, ovvero l’ottimismo sulla riapertura dell’economia Usa, che ha portato i trader a riposizionarsi sui titoli di quelle società che hanno maggiormente pagato lo scotto del lockdown da Covid.

Chris Larkin, managing director della divisione di trading e prodotti di investimento presso E-Trade Financial, ha spiegato che “gli acquisti hanno interessato i titoli industriali, con gli scambi che si sono concentrati su Boeing e Delta. E’ possibile che gli investitori si stiano avvantaggiando dei prezzi depressi (delle azioni), scommettendo sulle riaperture”, dunque in questi casi specifici sul rilancio del turismo e di conseguenza dei voli delle compagnie aeree. Il Dow Jones e lo S&P 500 sono in rialzo di oltre +11% da inizio anno.

“Molti fattori che sostengono i mercati sono tuttora in essere, come l’ottimismo sui vaccini, la riapertura delle economie, l’accelerazione degli utili – ha commentato Mark Hackett, responsabile della divisione di ricerca di investimenti di Nationwide – Tuttavia, permangono le preoccupazioni sulle valutazioni (dei titoli) e sull’inflazione”.

Non per niente i tassi decennali sui Treasuries oggi sono in rialzo oltre l’1,61%. Intanto si apprende che gli stati di New York, New Jersey e Connecticut inizieranno a ritirare le misure di restrizione a partire dal prossimo 19 maggio, mentre ieri il governatore della Florida Ron DeSantis ha firmato un ordine esecutivo che sospende immediatamente quelle limitazioni legate al Covid-19 che erano rimaste ancora attive.

Dollaro in buon rialzo, con l’euro che cede quasi mezzo punto percentuale a $1,2006. Il biglietto verde sale sullo yen dello 0,35% a JPY 109,45, mentre il rapporto sterlina-dollaro è in calo dello 0,21% a $1,3882.

Il dollaro australiano cede ben lo 0,68% nei confronti del dollaro a $0,7710; l’euro è sotto pressione anche nei confronti della sterlina, -0,28% a GBP 0,8649, mentre verso lo yen arretra dello 0,14% a JPY 131,41. Euro-franco svizzero piatto, con una variazione pari a -0,03% a CHF 1,0989.

OUTLOOK MERCATI: e se arriva un surriscaldamento?

Scritto il 4 Maggio 2021 alle 08:27 da Danilo DT

Nel mio post precedente mi sono infilato in un vespaio, ovvero nella valutazione di quello che è il price earning, un indicatore che preso singolarmente può dire tutto e dire niente. Secondo me potrebbe essere più utile per confrontare magari società di uno stesso settore, ma quando il mercato si trova in queste condizioni “straordinarie”, tutto diventa più difficile (e quindi non possiamo nemmeno dare torto a Pistarr che in un commento ha criticato le mie valutazioni).

E visto che in molti me lo stato chiedendo, vi illustro un po’ quella che è la mia personalissima visione di mercato.

Uno sguardo indietro

Il primo trimestre del 2021 a dire il vero non ci ha sorpreso un gran che visto che abbiamo visto concretizzare quanto ci aspettavamo. Anche se in modo addirittura più voluminoso di quanto potessi pensare. Stimoli fiscali a valanga, programma di vaccinazione che soprattutto negli USA viaggia a gonfie vele, fiducia che decolla e aspettative per il futuro che diventano sempre più importanti.

Come ho scritto più volte, questa è la ripartenza di un nuovo ciclo economico e quindi era corretto privilegiare le commodity e il settore value. E quindi reflazione (mi riferisco agli USA) con conseguente aumento dell’inflazione. Ho detto qualcosa di strano o di nuovo fino ad ora? Credo di no.
E fino a qui, dunque, tutto bene. Ma è innegabile che ci troviamo davanti ad un paio di problemi POTENZIALI e che quindi meritano di essere descritti “prima” in modo da dare consapevolezza agli scenari che potrebbero arrivare.

1) L’economia rischia di surriscaldarsi?
2) I timori sull’inflazione diventeranno più importanti malgrado il costante diniego di rischi delle banche centrali, soprattutto a causa della generosa politica fiscale USA?
3) Le obbligazioni con maggior duration diventeranno un elemento di “rischio importante” per i portafogli oppure si riuscirà a tenere sotto controllo la curva dei rendimenti?
4) Sarà dunque necessario un intervento delle banche centrali che quindi metteranno fine alla politica di forward guidance tranquillizzante, rivedendo i relativi programmi di politica monetaria?
5) Questo scenario sopra descritto rischia di andare a soffocare quindi la prosecuzione della ripresa negli anni a venire?
6) E in chiusura, quanto i mercati pesano questi rischi nelle attuali quotazioni?

Una serie di domande che, notate bene, sono tutte molto concatenate, come se ci fosse un “effetto domino” che collega tutto il sistema. E credetemi, è esattamente così. Quindi già da questa correlazione, capite perfettamente come è importante far si che tutto resti all’interno delle carreggiate previste perché il deragliamento rischia di mettere in crisi non un settore ma tutto il mercato.

CRESCITA ECONOMICA: incubo per governi e banche centrali

Perché parlo di incubo? Perché oggi il mercato già sconta una crescita virtuosa e per continuare a crescere ha bisogno di conferme e addirittura di proiezioni ancora migliori. Un problema che potrebbe avere una conferma di tipo statistico proprio dagli indici di fiducia che già adesso si trovano a livelli molto sostenuti. E non parlo solo dei classici indicatori di sentiment macroeconomici di cui il web è pieno, ma anche di quelli sul mercato azionario.

E tutto questo sta avvenendo con una volatilità bassissima: mondo perfetto? Al momento si, il mercato teme nulla (o quasi). Quindi confidenza assoluta nei confronti del futuro.
Ma attenzione, qui occorre fare il primo ragionamento. Questo eccesso di confidenza, ha portato anche a delle reazioni su mercato obbligazionario, forse estreme come sono estreme le manifestazioni di positività sulla crescita. Quindi [primo segnale] occhio proprio alla duration, che potrebbe nel breve tornare interessante da sfruttare in chiave LONG.
Prendiamo il solito decennale. Da 0,50% a 1,50% in 8 mesi e inflazione che ovviamente si è mossa al rialzo.

Qui stiamo facendo un ragionamento di breve – medio periodo e quindi non cito il Taper Tantrum perché rappresenta secondo me NON un problema per questa prima parte del 2021. Quindi non escludo addirittura un movimento di ripresa dei Treasury o comunque quantomeno laterale. Capite però quanto è importante, per i prossimi mesi, leggere ed interpretare correttamente i dati macroeconomici.
E ovviamente dei dati societari. In sintesi, il consenso degli analisti per il 2021 è pari a 200 $, ovvero +40%.

Domanda: cosa succede se queste attese verranno smentite? Ma dall’altra parte è altrettanto vero che il mercato obbligazionario resta avaro di rendimenti e quindi, come vedete, bisognerà ponderare con attenzione tutti questi elementi per capire come muoversi.
Quello che oggi più preoccupa è l’andamento dei bond che hanno perso il loro status di “bene rifugio” (ma lo sono mai stato?). Potrebbe per assurdo diventare il “non problema” ma ripeto, impossibile oggi fare previsioni argute. Solo i dati e l’evoluzione della situazione ci potrà aiutare. Oggi abbiamo solo la statistica che ci dà qualche indicazione. Ma ciò che muoverà il mercato, lo dobbiamo ancora vedere arrivare.

FRENA L’ECONOMIA USA.

Scritto il 4 Maggio 2021 alle 08:49 da icebergfinanza

Nick Anderson's Editorial Cartoons - Recession Comics And Cartoons | The Cartoonist Group

Ieri all’improvviso qualcuno si è accorto che la situazione è insostenibile, i dati provenienti dal settore manifatturiero europeo ma soprattutto americano ci danno ragione, i prezzi possono salire all’infinito ma tutto ciò non produrrà inflazione ma un successo tracollo deflazionistico…

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In parole povere più aumentano i prezzi e più l’economia frena o si arresta, in parole poverissime la domanda collassa!

Era da tempo che non si vedeva un simile ridimensionamento dell’occupazione manifatturiera…

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Certo i prezzi continuano a salire …

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… ma le conseguenze non tarderanno ad arrivare!

Ad esempio come sostiene il gruppo di ricerca privato Markit…

Markit: “Supply chain delays worsened running at the highest yet recorded by the survey, choking production at many companies. Worst affected were consumer-facing firms, where a lack of inputs has caused production to fall below order book growth to a record extent”

I ritardi nella catena di fornitura sono peggiorati, raggiungendo il livello più alto mai registrato dall’indagine, soffocando la produzione in molte aziende. Le aziende maggiormente colpite sono state le aziende orientate al consumo, dove la mancanza di input ha fatto scendere la produzione al di sotto della crescita del portafoglio ordini in misura record.

La domanda dell’azienda per gli input utilizzati nella produzione dipende anche dalla variazione dei prezzi. Con un mercato che presuppone una perfetta concorrenza, l’azienda è un price taker e non ha la possibilità di influenzare il prezzo di mercato per gli input richiesti ma il prezzo dell’input può variare, a seconda della quantità richiesta dall’azienda. Alcune aziende si stanno accorgendo che non ha alcun senso produrre a questi prezzi.

Più o meno quello che sta accadendo nel settore immobiliare, in piena bolla, ma c’è già qualche analista prezzolato a libro paga che si sforza di dichiarare che non c’è alcun problema.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1389229402165186560&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F04%2Ffrena-leconomia-usa%2F&sessionId=0dc92be956391e03c1b2b0faabe8f95a74dc7e86&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Ci vorrà ancora un anno o due prima che esploda questa bolla.

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Nonna Yellen, attuale segretario al Tesoro americano, ha minimizzato qualsiasi problema di inflazione legato al programma di stimoli fiscali di Biden.

Premesso che la spesa fiscale statale che ha in mente Biden ha come più volte detto implicazioni negative, ovvero spesso il moltiplicatore fiscale è negativo, buttare trilioni di dollari nel nulla e dire che poi i deficit devono sempre essere ricomposti o ridotti fa sorridere.

Primo perché dalla notte dei tempi i deficit degli Stati sono sempre saliti e mai sono stati ridotti, vedi il Giappone per chi ignora la storia, ma qualunque altro Stato, secondo come ha sostenuto la stessa Yellen, la spesa continuerà per almeno altri otto o dieci anni, visto che è distribuita in modo abbastanza uniforme su un decennio quindi la spinta alla domanda è moderata.

” Lo monitoreremo con molta attenzione . Non credo che l’inflazione sarà un problema, ma se diventerà un problema abbiamo gli strumenti per affrontarlo “.

Ovvero …https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?dnt=true&embedId=twitter-widget-1&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfX0%3D&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1389469371752407046&lang=it&origin=https%3A%2F%2Ficebergfinanza.finanza.com%2F2021%2F05%2F04%2Ffrena-leconomia-usa%2F&sessionId=0dc92be956391e03c1b2b0faabe8f95a74dc7e86&theme=light&widgetsVersion=82e1070%3A1619632193066&width=550px

Per il resto nulla cambia, basta solo avere pazienza, nel fine settimana appuntamento con Machiavelli.

E se saranno le vaccinazioni in estate a fermare il turismo?

Le campagne nazionali di somministrazione delle dosi servono a mettere in sicurezza la popolazione, eppure avrebbero effetti indesiderati sull’economia 03 Maggio 2021 alle ore 15:35

L’Italia ha finalmente centrato l’obiettivo delle 500.000 somministrazioni di dosi al giorno del vaccino anti-Covid. Ma il prossimo passo, secondo il generale Francesco Paolo Figliuolo, sarà di arrivare a 1 milione al giorno già durante giugno. Un modo per cercare di ripartire al più presto e di metterci alle spalle questa fase eccezionale delle nostre vite. E se gli effetti collaterali delle vaccinazioni rinviassero proprio l’appuntamento con la normalità?

Sappiamo che i governi europei vogliono introdurre un cosiddetto “passaporto vaccinale” per coloro che si siano già vaccinati o siano guariti dal Covid o risultino negativi ai test anti-Covid. Un espediente che punta a rendere possibili gli spostamenti almeno tra gli stati comunitari, così da rianimare il turismo in estate. Eppure, gli effetti collaterali di cui dicevamo consisterebbero proprio nel ridurre la mobilità da qui ai prossimi mesi, impedendo al turismo di riprendersi.

Effetti collaterali con i richiami estivi

La prima questione riguarda i richiami. Con Astrazeneca, coloro che hanno ricevuto la prima dose in aprile dovranno ripresentarsi nei centri vaccinali a luglio. Lo stesso dicasi per quanti riceveranno la prima dose a maggio e dovranno effettuare il richiamo in agosto. Milioni di persone, che non potranno verosimilmente recarsi in vacanza nei giorni a ridosso e successivi ai richiami. Peraltro, molti italiani sono soliti prenotare le vacanze già in primavera per spuntare prezzi migliori ed evitare i periodi di sovraffollamento. Ma quanti non conoscono ancora la data in cui riceveranno la prima dose, non potranno neppure immaginare quando esattamente potranno andare in vacanza.

Dobbiamo considerare che da giugno l’età dei nuovi vaccinati scenderà repentinamente. Le somministrazioni si concentreranno sulla popolazione under 60, quella più propensa a viaggiare anche durante una pandemia.Ma senza un’idea sui tempi delle vaccinazioni non sarà facile partire. Pensate alle famiglie, in cui magari il marito dovrebbe ricevere la seconda dose il 10 agosto e la moglie il 20. Di fatto, si sono “bruciati” le ferie, qualora avessero a disposizione solo quel mese per prendersi il meritato riposo dal lavoro.

Ecco gli effetti collaterali sull’economia dei vaccini anti-Covid: servono a riaprire le attività, attraverso la graduale eliminazione delle restrizioni. Ma a campagna in corso, colpiscono proprio le categorie legate al comparto turistico, rallentando la mobilità delle persone. Di alternative non ve ne sono. Anzi, dobbiamo semplicemente sperare che le vaccinazioni accelerino il più velocemente possibile. Raggiungere l’immunità di gregge entro l’estate significherebbe guardare al prossimo autunno con relativa serenità. E allora sarà stata davvero la seconda e ultima stagione consecutiva di crisi per il turismo.

WALL STREET: arrivano i dubbi per le Mani Forti

Scritto il 3 Maggio 2021 alle 16:10 da Lukas

La politica fiscale si sta dimostrando ben più propositiva di quanto si potesse immaginare. A questo punto  gli investitori iniziano a domandarsi se veramente questa massa di denaro riusciràa far crescere il PIL a livelli ben superiori rispetto agli ultimi anni.

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno proseguito ad adeguare la loro composizione e la loro struttura alle nuove politiche economiche adottate da tutti i maggiori governi. L’epoca post-covid sembra annunciarsi molto diversa rispetto a quella vissuta nello scorso decennio. Lo scoppio della terribile pandemia, in molti Paesi ancora gravemente in corso, ha infatti sdoganato l’adozione di politiche fiscali estremamente generose ed espansive. Un evento questo, del tutto nuovo, che non vedevamo, soprattutto nella vecchia Europa, da diversi decenni. Per anni si erano infatti privilegiate le politiche dell’offerta, e non quelle volte allo stimolo della domanda aggregata.

Il PNRR, ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato in settimana dal nostro Parlamento, finanziato per oltre 200 miliardi di Euro dalla CEE,  è l’esempio, per noi, più tangibile e lampante di queste nuove politiche. Negli Usa, il piano di stimoli fiscali, annunciato dalla nuova Amministrazione Biden, è ancor più ingente di quello messo in piedi in Europa. Insomma, è ormai del tutto evidente che ci troviamo di fronte ad un rilevante mutamento d’approccio nella gestione del sistema capitalistico di produzione. Un mutamento inevitabile ed obbligato, per far fronte alle devastanti conseguenze economiche prodotte della pandemia. I mercati, come accennato, ne hanno già in gran parte preso coscienza. In pochi mesi sembra essersi già molto attenuato lo scenario deflazionistico che ha dominato gli ultimi 15 anni. Non possiamo ancora dire che lo stesso sia stato già definitivamente archiviato, ma è indubbio che esso fà oggi meno paura di un anno orsono.

La testimonianza, più rilevante, di questo nuovo corso, appena iniziato, è visibile in particolare nel mercato delle commodities, le cui quotazioni sono rapidamente risalite, raggiungendo il livello più elevato degli ultimi 5 anni. Lo stesso non può, invece, dirsi per il mercato dei bond, i cui rendimenti seppur anch’essi lievitati, sono ancor’oggi a livelli infimi. In molti temono il loro rialzo, a mio avviso invece, bisogna augurarsi che anch’essi risalgano a livelli molto più elevati degli attuali. Se ciò accadrà, vorrà dire che le nuove iper-espansive politiche fiscali avranno raggiunto il loro scopo, ossia stimolare ed indurre un più elevato livello di crescita economica, ossia del PIL, dei redditi e dei consumi. Se invece i tassi dovessero rimanere agli attuali livelli, significherà che l’economia non registrerà un apprezzabile tasso di crescita, e potremmo addirittura ritrovarci in una situazione di stagflazione, ossia in una situazione caratterizzata da prezzi in salita e senza crescita dell’economia reale.

Una prospettiva quest’ultima assolutamente da scongiurare, quindi ben vengano tassi ben più elevati degli attuali. I soliti noti, dicono che il rialzo dei tassi farà, secondo i loro malefici ed ormai datati auspici, finalmente scoppiare la bolla presente sull’azionario. Avremo modo di verificare, spero, la fondatezza di questo loro ennesimo improbabile assunto.

Dopo le sopra esposte considerazioni, andiamo ad esaminare, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, questa settimana, rimbalza dello 0,46 %, e risale a quota 91,30. La tenuta della valuta Usa è sempre un buon segnale, sia per l’economia che per i mercati. Le commodities, come già accennato, continuano a lievitare, nell’ultima ottava crescono di un altro 2,68 % in termini reali. Negli ultimi 12 mesi l’incremento è pari al 40 %, e ciò testimonia che la ripresa post pandemica è ormai già ampiamente in corso. Segnali incoraggianti, seppur più moderati, giungono anche dal mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, cresce infatti 7 bps e risale a quota 1,63 %. Ancora immobile, invece, il rendimento dei bond a 2 anni, fermo a quota 0,16 %. L’inclinazione della yield curve Usa pertanto si amplia sino a 147 punti base, e ciò conferma le attese per una forte ripresa economica, peraltro già in corso. Il mercato azionario, invece, aveva già scontato gran parte della ripresa, e stà oggi legittimamente rifiatando. L’S&P 500 guadagna infatti appena lo 0,02 %, e si mantiene sempre sui propri massimi storici.

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 5.957

Large Traders :  + 1.413

Small Traders : + 4.544

Cambia, dunque, la configurazione e l’assetto del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state pari a 10.041 contratti. In particolare, i Large Traders, acquistano l’intero lotto dei 10.041 contratti long, e con colpevole ritardo invertono la loro posizione che diventa oggi Net Long. I Commercial Traders, ovvero le MANI FORTI di questo mercato, dopo molte settimane di estrema fiducia, cedono invece 6.768 contratti long, e tornano da soli nella loro abituale  posizione di copertura, Net Short.

Gli Small Traders, infine, cedono anch’essi i residui 3.273 contratti long, e riducono lo loro già moderata e tenue posizione Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, che mutano il precedente assetto, ci indicano che gli investitori, dopo la ripresa economica post-covid, già ampiamente scontata dal mercato, sono ora concentrati nel cercare di capire cosa accadrà dopo, ossia a partire dall’anno 2022.

La circostanza che le MANI FORTI, tornino nella loro abituale posizione di copertura Net Short, vuol significare proprio questo. Passata definitivamente la pandemia, bisognerà verificare se l’economia assumerà davvero un ritmo di crescita maggiore del decennio passato. Tutti ce lo auguriamo, ma la circostanza non è affatto scontata. Il mercato ha corso finora davvero molto, ma d’ora in avanti le rosee aspettative devono trovare concrete conferme. In attesa di quest’ultime è del tutto plausibile una pausa di riflessione, e magari anche un’ordinata, moderata e salutare correzione degli attuali valori dell’azionario. Insomma niente di catastrofico all’orizzonte, come sperano invece i disfattisti, ma analisi concrete delle prospettive sia economiche che geopolitiche di più lungo termine.

Considerazioni, quelle sopra esposte, che  m’inducono a non modificare la mia ben nota ed ormai datata view rialzista per i mercati azionari, ma solo ad avere un approccio più cauto e moderato, rispetto a quello tenuto nel più recente passato.

Mercato dunque ancora in parziale fiducia

L’inflazione è già tra noi e il rischio per l’economia si chiama “effetto Cobra”

Le banche centrali adottano tassi negativi da quasi un decennio e gli effetti per l’economia sembrano controproducenti

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 03 Maggio 2021 alle ore 10:48

Dai tassi negativi al rischio inflazione

Nel luglio 2012, la banca centrale di Danimarca tagliava i tassi al record minimo del -0,2%. Per la prima volta, un istituto adottava i tassi negativi per sostenere le aspettative d’inflazione e, nel caso specifico, per proteggere il “peg” con l’euro. A distanza di quasi un decennio, stupisce semmai che tra le grandi banche centrali all’idea resista ancora la Federal Reserve. In Europa, i rendimenti obbligazionari sono sottozero per lunghi tratti della curva e siamo arrivati all’assurdo che stati semi-falliti come la Grecia offrano meno degli USA, pur al netto del fattore cambio.

Ma se l’intento delle banche centrali con i tassi negativi fosse di tendere ai rispettivi target d’inflazione, sembra che stiano per essere accontentate. Secondo l’indice FAO sui prezzi alimentari, il rincaro nei 12 mesi al marzo scorso è stato mediamente di quasi il 25%. Considerate che nei 5 anni precedenti, la crescita cumulata era stata di appena il 2%, meno di 12 volte più lenta. Se lo zucchero costa il 30% in più, i prodotti caseari segnano +16%, i cereali +26,5% e gli oli vegetali ben +86%. Ad esempio, l’olio di palma oggi segna l’ennesimo record storico di 4.408 ringgit per tonnellata, +117%. Ancora meglio sta facendo un’altra materia prima: il legname. In un anno, costa +355%.

Dai tassi negativi all’effetto Cobra

Eppure, le banche centrali rischiano di non avere neppure il tempo di accennare a un sorriso di soddisfazione. Rischiano di rimanere vittime del cosiddetto “effetto Cobra”. Quando l’India era ancora una colonia del Regno Unito, a Delhi tempestava la presenza di cobra. Al fine di risolvere il problema, il governatorato garantì una ricompensa a quanti consegnassero la pelle del rettile.Ma si ritrovò a fronteggiare conseguenze del tutto indesiderate. Fiutato l’affare, molti indiani diedero vita a una vera industria di allevamento di cobra. Consegnando le pelli alle autorità, intascavano la ricompensa, ma in città i serpenti per le strade non si riducevano affatto.

E fu così che, compreso l’inganno, il governatorato ritirò la compensa. A quel punto, allevare cobra non rendeva più e molti improvvisati imprenditori li abbandonarono in giro per Delhi, aggravando il problema. Ecco, per effetto Cobra s’intende un’azione dello stato che produce risultati opposti a quelli desiderati. Con i tassi negativi, le banche centrali pensavano di stimolare i consumi e gli investimenti e, per tale via, la crescita economica e l’inflazione. Al netto del Covid, si sono ritrovate a gestire economie ancora più stagnanti e tassi d’inflazione prossimi allo zero.

Le ragioni del flop

Come mai? Sul fallimento dei tassi negativi potremmo aprire un dibattito annoso. Tenete presente che solamente nell’ultimo decennio la borsa americana sia salita di circa il 210%. Nel frattempo, i rendimenti dei bond sono collassati, specie in Europa e Giappone, sia in termini nominali che reali. Dunque, gran parte della liquidità sprigionata dai tassi negativi è stata impiegata nella sfera finanziaria, dove i guadagni sono stati più rapidi, facili e sicuri. Ciò spiegherebbe anche la bassa inflazione rilevata in tutto il mondo avanzato. Per non parlare del problema delle famiglie, i cui risparmi non vengono più remunerati a sufficienza o per nulla da anni. Anziché consumare di più, sono costrette a consumare di meno per accantonare maggiori risorse a favore del futuro, come la vecchiaia.

Non da ultimo, i tassi negativi tengono in vita aziende decotte, poco produttive, con contraccolpi per la crescita complessiva dell’economia e per l’occupazione. Di riflesso, anche i prezzi al consumo ristagnano. Dicevamo, però, che adesso l’inflazione starebbe risalendo un po’ ovunque, tanto da generare panico tra governi e banche centrali. Attenzione, perché i livelli a cui si attesta ancora sono storicamente bassi.Eppure, è bastato passare da valori negativi a poco più dell’1% per far risuonare l’allarme. E qui entra in gioco l’effetto Cobra di cui sopra. Se torna l’inflazione, addio tassi negativi. Ma senza tassi negativi, addio sostenibilità dei debiti e ripresa economica.

E’ allarme debiti

Avete presente quando non puoi più fare a meno di un’idea sbagliata? Questa è la situazione in cui ci troviamo. Sostituite tassi negativi con droga e aziende/governi con drogati e capirete meglio. Fino a 10 anni fa, se ci avessero detto che ci saremmo finanziati sui mercati a tassi medi anche solo dello 0,25-0,30%, avremmo strabuzzato gli occhi e fatto salti di gioia. Erano tempi in cui ancora il mercato prestava denaro al governo italiano al 4-5%. Ebbene, se oggi ci dicessero che tra qualche mese potremmo finire a pagare anche solo l’1,5-2% sulle nuove emissioni, entreremmo nel panico.

In questo lungo ultimo decennio, il rapporto debito/PIL non ha fatto che salire e la crescita dell’economia non s’è vista proprio. La minore spesa per interessi solo parzialmente si è tradotta in abbassamento del deficit. Per il resto, è stata impiegata per rianimare proprio i tassi di crescita, ma senza risultati. Se torna l’inflazione, anche gli interessi sul debito saliranno, ma è probabile che lo facciano anche in termini reali. Questo, perché il mercato sa che senza la droga somministrataci dalla BCE il nostro debito pubblico risulta non sostenibile, cioè è più rischioso. La situazione è così seria, che le banche centrali si stanno già inventando il concetto di “simmetria” con cui tollereranno un’inflazione superiore ai target per un certo periodo. La speranza è che essa rallenti dopo l’impennata e che i tassi negativi possano giustificarsi a tempo indeterminato.

THE BIG BET: dove sta scommettendo il mercato

Scritto il 3 Maggio 2021 alle 11:13 da Danilo DT

Il rapporto prezzo utili, noto come Price Earning, è sicuramente uno dei più noti in assoluti tra i vari ratio patrimoniali per poter “valutare” il mercato, con tutte le limitazioni del caso.
Infatti non sempre un P/E basso ci rappresenta una società sottovalutata. Potrebbe essere anche una società in forte crisi. Intanto io qui prendo il P/E a 12 mesi, quindi quello previsionale proiettato verso il futuro.
Ma non solo. Quando si parla di Price Earning bisogna anche parlare di correlazione coi tassi di interesse. Infatti possiamo dire che un PE più alto è giustificabile quando:

1) I tassi di interesse sono calanti
2) La società cresce in modo importante

Tenuto conto del fatto che i tassi difficilmente caleranno ancora, tutto si punta sulla crescita. Nel frattempo però succede anche una cosa.

Il grafico vi illustra l’inversione dei rendimenti (giallo) ma anche l’inversione del rapporto tra il P/E 12 mesi e gli yield 10 anni. Questa inversione sta a sottolineare quella che potrebbe essere riconosciuta come una bolla. Il mercato non meriterebbe certi multipli, ancor di più in un contesto di tassi crescenti. E quindi cosa può salvare il mercato? Solo una cosa: una crescita degli utili tale che renda tutto difendibile. E’ tutta qui la scommessa base del mercato, da cui dipende poi tutto il resto.

Prima o poi l’inflazione arriva e per la Fed sarà tutto più difficile

Biden sta inondando l’economia di liquidità che andrà in consumi ma anche su Wall Street. Ci vorrà tempo ma arriveranno pressioni salariali e tensioni sui tassi, alzando il rischio di errore di politica

3 Maggio 2021 – 8:10

L’investimento in azioni e anche in immobili è nel Dna degli americani, che più di una volta nell’ultimo secolo non hanno esitato a correre a indebitarsi per non perdere il treno in corsa di Wall Street o inseguire prezzi delle case in un rialzo che sembrava inarrestabile. È successo nel 1929, poi ancora nella bolla delle dot.com di fine millennio, e ancora meno di 10 anni dopo con quella dei mutui subprime, per citare i tre casi che ricordano tutti. Investire a debito è un gioco destinato quasi sempre a finire male, ma questa volta gli americani non ne avranno bisogno, se intendono ‘mettere al lavoro’ i capitali di cui dispongono, che certo non mancano.

Qualche numero. Secondo gli ultimissimi dati, i redditi personali degli americani in un mese sono aumentati di oltre il 21%, le spese per consumi di appena sopra il 4%. Intanto il risparmio in eccesso accumulato dalle famiglie americane ha raggiunto il numero strabiliante di 2.200 mld di dollari, più dello stimolo di Biden, con un balzo di quasi il 28% nell’ultimo dato mensile, per effetto dell’assegno da 1.400 dollari messo in tasca appunto da Biden ai redditi medio bassi, ma neanche troppo: sotto gli 80.000 dollari l’anno per i single e sotto i 160.000 per le coppie.

TANTA VOGLIA DI SPENDERE MA ANCHE DI INVESTIRE

Il consenso degli economisti è che questo ingente reddito spendibile finisca in consumi, dopo un anno di stay-home at economy la voglia di uscire e spendere è tanta, e ha fatto ripartire l’economia al 6,4% di PIL nel solo primo trimestre. Ma ce ne sarà anche per investire in Borsa e immobili. Secondo alcune stime fino a oltre un terzo dei 400 mld di dollari messi in tasca agli americani da Biden, vale a dire la somma degli assegni da 1.400 dollari distribuiti, dovrebbe finire a Wall Street.

Una research di Deutsche Bank ad esempio indica che se solo i trader online facessero questa scelta finirebbero sull’azionario 25 mld di dollari, ma se il fenomeno si diffondesse a tutta la platea di investitori si arriverebbe a 150 mld, che si andrebbero ad aggiungere ai 15 mld mensili di flussi sui fondi azionari che hanno accelerato notevolmente da inizio anno. C’è anche chi teme che i soldi di Biden possono andare ad alimentare speculazioni spericolate su piattaforme tipo Reddit, come quella che nei mesi scorsi ha gonfiato all’inverosimile le azioni di Gamestop.

IN FONDO ALLA STRADA C’È L’INFLAZIONE

Di fatto, un fiume di dollari sta inondando famiglie e imprese americane, allo stimolo si aggiungeranno presto le migliaia di miliardi del piano infrastrutture sempre di Biden, mentre la Fed continua a comprare titoli e tenere i tassi vicini a zero per garantire all’intero sistema condizioni finanziarie estremamente favorevoli. L’effetto previsto da tutti sarà un 2021 da incorniciare per la ripresa dell’economia, ma in fondo alla strada è possibile se non probabile che ci sia anche il ritorno dell’inflazione. E non di una fiammata temporanea, come quella attesa nei prossimi mesi alimentata dai prezzi dell’energia e dei carburanti e dai colli di bottiglia produttivi e distributivi ereditati dai lockdown.

Prima o poi il mercato del lavoro comincerà a sperimentare pressioni salariali, che le imprese trasferiranno sui prezzi finali, producendo un’inflazione strutturale che la Fed non potrà più ignorare. È un punto d’arrivo ancora lontano, che molti collocano più o meno nella seconda parte del 2023, anche perché proprio il fiume di dollari dello stimolo sta rallentando un po’ la piena ripresa dell’occupazione. Le statistiche segnano i disoccupati rientrati al 6% della forza lavoro, ma il bacino su cui vengono calcolati si è decisamente ristretto, come si vede dal grafico qui sotto, proprio perché molti riescono a campare di soli stimoli e sussidi, che oltretutto perderebbero almeno in parte se trovassero un impiego.

TASSO DI PARTECIPAZIONE ALLA FORZA LAVORO IN USA (RECESSIONI IN GRIGIO)

LA SOGLIA DEL DOLORE DI POWELL

Prima o poi però stimoli e sussidi diminuiranno o finiranno, e con l’economia che corre trovare un lavoro decentemente pagato diventerà un’alternativa sempre più diffusa, e il meccanismo di salari più alti che generano inflazione si metterà in moto. La domanda che molti si fanno è: quanta inflazione sopra il target del 2% e per quanto tempo la Fed sarà disposta a tollerare prima di alzare i tassi? C’è chi ritiene che la soglia del dolore per Jay Powell possa andare anche sopra il 3%, ma a quel livello non potrebbe resistere a lungo.

Inoltre, il tutto potrebbe essere anticipato da una nuova corsa al rialzo dei rendimenti dei Treasury, che incorporano le aspettative di inflazione di lungo termine. Rendimenti sotto il 4% sono una novità relativamente recente, arrivata dopo la grande crisi. Ora sono ben sotto il 2%, e se si avvicinano troppo rapidamente il mercato entra in fibrillazione.

RISCHIO DI ERRORE DI POLITICA

Sono fibrillazioni motivate dal sentiment del momento ma non da una visione di lungo termine. Wall Street non viaggia ai massimi di sempre perché Powell e Biden mettono a disposizione soldi per comprare azioni, ma perché trimestre dopo trimestre le società quotate presentano risultati stellari e battono regolarmente le attese costringendo gli analisti a rivedere continuamente al rialzo le aspettative. Diciamo che la liquidità abbondante come minimo non ostacola il rialzo, ma le basi sono fondamentali solidi e in costante rafforzamento, sostenuti dai trend di lungo periodo della digitalizzazione dell’economia alla base di una nuova rivoluzione industriale solo all’inizio.

Per la Fed di Jay Powell per ora è tutto facile, e lo sarà ancora probabilmente per il resto dell’anno. Ma poi arriverà il difficile e l’errore sarà in agguato, sia quello di agire troppo presto, che è quello che tutti temono, sia anche però quello di farlo troppo tardi, forse la cosa più pericolosa, perché il rischio di far deragliare l’economia sarebbe più elevato.

BOTTOM LINE

I prossimi mesi potrebbero essere disseminati di trappole e falsi allarmi con la possibilità di qualche sbandamento che potrebbe aprire perfino interessanti opportunità di ingresso per l’investitore che guarda a lungo termine. In prospettiva l’orizzonte è il ritorno a qualche tipo di normalità con livelli di inflazione e di costo del denaro più vicini ai trend storici, con l’America in movimento prima degli altri, che richiederanno portafogli forse un po’ meno sbilanciati sulle azioni.

Wall Street celebra Pil Usa e bilanci Facebook e Apple, record Nasdaq e S&P. Ma quella frase di Powell (Fed) preoccupa

29/04/2021

Wall Street positiva, grazie alla spinta che arriva dalla stagione delle trimestrali Usa e dopo la pubblicazione del dato relativo al Pil Usa del primo trimestre dell’anno. Lo S&P 500 apre a livelli record, balzando dello 0,71% a 4.212 punti circa. Il Dow Jones avanza più di 120 punti a 33.943 punti e il Nasdaq testa anch’esso i massimi storici, con un rialzo dello 0,85% a 14.168 punti circa.

I tassi sui Treasuries Usa a 10 anni avanzano all’1,67% dopo la pubblicazione del Pil Usa. Il dollaro è piatto sull’euro, con il rapporto EUR-USD in calo di appena -0,04% a $1,2116.

L’economia americana non ha tradito le aspettative degli economisti. Grazie alla velocità delle vaccinazioni anti-Covid, che ha permesso ad alcune attività degli Stati Uniti di riaprire in sicurezza, il prodotto interno lordo Usa è salito nei primi tre mesi del 2021 del 6,4%.

Escludendo il boom riportato dal Pil Usa nel terzo trimestre del 2020 a seguito del primo lockdown da Covid, la crescita dell’economia americana è stata la più forte dal 2003.

Il dato è stato pressocché in linea con le attese degli analisti, con il consensus di Dow Jones che aveva previsto un’espansione di poco superiore, pari a +6,5%. Nel quarto trimestre del 2020, la crescita era stata del 4,3%.

Così alla Cnbc Keith Lerner, chief market strategist presso Truist, ha commentato il trend di Wall Street, cercando di prevedere la direzione che la borsa Usa prenderà nelle prossime settimane:

“Il trend del mercato rimane positivo, ma stimiamo un contesto più incerto, visto che le tensioni tra la crescita economica migliore delle attese e le prospettive sugli utili da un lato e il rischio di tasse più alte e di un aumento dei tassi di interesse dall’altro, in concomitanza con la normalizzazione del quadro, persisterà”.

L’attenzione è rivolta alla Fed, dopo l’annuncio sui tassi arrivato ieri al termine della riunione di due giorni del Fomc, il braccio di politica monetaria della Banca centrale americana. La Fed di Powell ha rassicurato i mercati allontanando il taper tantrum, alimentando tuttavia anche il timore di chi ritiene che Wall Street versi in una condizione di bolla, più o meno conclamata.

Nella conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi, il numero uno della Fed Jerome Powell non ha parlato di bolla speculativa, ma ha usato il termine “froth”, schiuma, indicando dunque la preoccupazione che, sui mercati, ci siano quotazioni azionarie salite a livelli superiori rispetto a quanto avallato dai fondamentali.

Alcune parti del mercato sono “frothy” – ha detto Powell – e questo è un fatto”.

Le dichiarazioni hanno gelato l’azionario, che non è riuscito a beneficiare dell’impostazione dovish della Fed, che ha annunciato di aver lasciato i tassi sui fed funds ancorati allo zero, reiterando il proprio programma di Quantitative easing, che comporta l’acquisto di bond, ogni mese, per un valore di almeno $120 miliardi. A prevalere è stata così la paura che Wall Street sia a rischio bolla. E gli indici azionari Usa, ieri, hanno chiuso lievemente in rosso.

Oggi il trend è diverso, grazie alla pubblicazione del Pil Usa e anche alle scommesse sulla riapertura al completo, e sempre più vicina, delle attività economiche.

Poco prima dell’inizio della sessione è arrivato l’annuncio di Bill de Blasio, sindaco di New York:

“Il nostro piano è di riaprire del tutto (la città) il 1° luglio – ha detto de Blasio – Siamo pronti a far riaprire a capacità piena le aziende, gli uffici, i cinema”.

New York riaprirà del tutto per la prima volta in più di un anno, dopo essere stata colpita come tutto il mondo dalla pandemia Covid-19.

Occhio oggi ai titoli hi-tech, che vedono protagonisti i titoli di Apple, Facebook e Qualcomm, tra i colossi hi-tech che hanno reso noti i bilanci del primo trimestre nella giornata di ieri, dopo la fine delle contrattazioni sulla borsa Usa. La reazione dei titoli è stata positiva fin da subito.

Nei primi tre mesi del 2021 Apple ha visto il fatturato balzare del 54% su base annua. un utile per azione di $1,40, in crescita del 118% rispetto allo stesso periodo del 2020, e ben al di sopra dei 99 centesimi stimati dal consensus degli analisti intervistati da Street.

Il fatturato è balzato per l’appunto del 54%, attestandosi a $89,58 miliardi, meglio dei $77,35 miliardi stimati, con più di 2/3 legati alle vendite nei mercati ex Usa.

Ottima la performance delle vendite di tutti i prodotti Apple: le vendite di iPhone sono balzate del 65,5%; quelle dei computer Mac sono volate del 70,1%, mentre quelle degli iPad sono schizzate di quasi il 79% (sempre su base annua). Il fatturato legato ai servizi è migliorato del 26,7% dai precedenti $15,57 miliardi a $16,90 miliardi. Il colosso di Cupertino ha annunciato di aver autorizzato un nuovo programma di buyback azionario di $90 miliardi, incrementando anche i dividendi cash del 7%, a 22 centesimi di dollaro per azione. Unico neo, e non poco rilevante, la preoccupazione espressa dal gigante riguardo al problema globale della carenza dei chip, che ha investito ora anche Apple.

Il gruppo ha comunicato, di fatto, che le vendite del trimestre corrente potrebbero essere inferiori di circa $3-4 miliardi, rispetto al valore che presenterebbero nel caso in cui non ci fossero problemi relativi all’offerta dei semiconduttori: problemi che incideranno negativamente soprattutto sulla produzione degli iPad e del laptop e computer Mac. Un articolo di Bloomberg ha affrontato la questione in un articolo, sottolineando che “la scarsità globale dei chip sta andando di male in peggio, con i colossi dell’auto di tre continenti che si affiancano a Apple e a Samsung Electronics, nel paventare tagli alla produzione e perdite di fatturato a causa della crisi”. I tre colossi sono Ford, Honda e BMW. Tra i Big, anche la sudcoreana Samsung. Il titolo Apple riporta comunque un trend positivo, salendo dell’1%.

Molto bene anche i risultati di bilancio di Facebook: l’utile per azione si è attestato a $3,30, molto meglio dei $2,37 per azione attesi; il fatturato è stato pari a $26,17 miliardi, battendo i $23,67 miliardi stimati. Le quotazioni del colosso di Mark Zuckerberg volano di oltre +6%.

Buy anche su Qualcomm, che avanza di oltre il 5% dopo aver riportato un bilancio caratterizzato da un balzo del fatturato del 52%.

Sempre riguardo alle trimestrali Usa, dai dati di Refinitiv relativi al periodo compreso tra l’inizio della stagione degli utili fino alla giornata di ieri, è emerso che l’86% delle società quotate sullo S&P 500 che hanno comunicato i loro bilanci ha battuto le stime sugli utili, riportando profitti in media superiori alle previsioni del 22,7%.

Riguardo al fatturato, l’outlook è stato superato dal 77% delle società. Tra le società che oggi, dopo la fine della sessione a Wall Street, comunicheranno i bilanci, toccherà a ad Amazon (+1,10%) e Twitter (+0,90%).

Prima dell’inizio della sessione, McDonald’s ha annunciato di aver concluso il primo trimestre dell’anno riportando un utile netto di $1,54 miliardi, o di $2,05 per azione, in crescita rispetto agli $1,11 miliardi, o $1,47 per azione, dello stesso periodo dell’anno precedente. Escludendo le voci di bilancio straordinarie, l’attivo per azione si è attestato a $1,92, meglio degli $1,81 per azione attesi dagli analisti intervistati da Refinitiv. Il fatturato è stato pari a $5,12 miliardi su base netta, in rialzo del 9% su base annua, meglio dei $5,03 miliardi attesi. Su base globale, le vendite comparate sono cresciute del 7,5%, superando i livelli del 2019, precedenti dunque all’esplosione della pandemia Covid-19. La crescita è stata solida soprattutto negli Stati Uniti, mercato dove le vendite su base comparata sono balzate del 13,6%. Il titolo sale dello 0,70% circa.

Oggi è il 100esimo giorno della presidenza di Joe Biden. Nella serata di ieri, Biden ha presentato al Congresso americano la propria agenda, che punta su un piano di infrastrutture del valore di $2 trilioni e di un piano a favore delle famiglie, dei bambini e degli studenti per $1,8 trilioni.

WALL STREET: i dubbi sul futuro, più che leciti

Scritto il 26 Aprile 2021 alle 16:00 da Lukas

Il mercato sconta molto di quello che potrebbe avvenire nel futuro, una crescita economica molto forte sopratutto del Vecchio Mondo: e adesso diventa lecito iniziare ad interrogarsi se tutte queste prospettive sono corrette oppure no. (Guest post)

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno preso una salutare pausa di riflessione. Non tutti a dire il vero. E’ proseguito infatti il ritracciamento del valore del dollaro Usa, e come contraltare hanno ripreso a crescere le quotazioni delle commodities. A mio avviso i mercati, dopo aver già ampiamente scontato la ripresa economica post-covid, cominciano ad interrogarsi su cosa ci attenderà dopo. E su questo dopo non sembrano al momento avere già le idee molto nitide e chiare. Troppe infatti le incognite ancora da sciogliere. Le indicazioni oggi a disposizione sono, infatti, ancora molto flebili e labili. Negli scorsi mesi in molti si sono preoccupati della rapida impennata sui rendimenti dei bond Usa. Preoccupazioni del tutto immotivate ed ingiustificate. A dire il vero, qualche preoccupazione in più, dovrebbe alimentarla il ritracciamento dei tassi di queste ultime settimane.

Gli yield sui treasury Usa a 10 anni sono infatti rapidamente arretrati dall’1,73 % all’1,56 % di oggi. Non vorrei che ciò indichi e prefiguri, per il dopo covid, un ritorno al recente passato, ossia a quanto accaduto nel passato decennio, durante il quale la crescita economica, soprattutto in Occidente, è risultata costantemente molto asfittica e blanda. Un’eventualità questa assolutamente da non augurarsi. Anche perché ci sarà da affrontare il problema dell’ormai smisurato debito pubblico, cresciuto ovunque a dismisura per attenuare e lenire le devastanti conseguenze economiche causate dalla pandemia. Un problema, un ipoteca sul futuro dell’economia, che solo una crescita economica sostenuta, consentirà di affrontare e gradualmente risolvere. C’è dunque da augurarsi che si volti definitivamente pagina, e che si ritorni a crescere a ritmi sostenuti. In virtù di quest’auspicata crescita economica i tassi saliranno ?

Non sarà un problema, come temono a sproposito in tanti. Anzi tutt’altro. Tassi in incremento significano infatti economia in crescita. I soliti improbabili analisti, ormai ben noti ai nostri lettori, li additano, come uno spauracchio per l’economia e per le sorti dei mercati, ed in particolare per quelli azionari. Le evidenze dicono, invece, esattamente il contrario, tassi in rialzo sono sempre sinonimo di crescita, ed in quanto tali sempre ben accolti e considerati dai mercati, in primis da quelli azionari. Insomma un’altra bufala messa in giro ad arte, nelle scorse settimane, per sostenere l’improbabile ed ormai grottesca tesi di un imminente e catastrofico crollo dei mercati. Semmai un crollo dovesse verificarsi sarà a seguito del tracollo dei rendimenti, come accaduto durante la crisi finanziaria del 2008, e giammai, come sostengono costoro, per il moderato ed esiguo rialzo degli yield, a cui abbiamo assistito di recente, e già purtroppo in ritirata.

Dopo le sopra esposte considerazioni, andiamo ad esaminare, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, come detto, scende ancora, storna infatti dello 0,76 %, e retrocede a quota 90,83. Le commodities, invece, lievitano dell’ 1,41 % in termini reali. Le quotazioni delle stesse ci dicono che forse la terribile fase deflattiva volge ormai al termine, e che ci attendono probabilmente periodi economici migliori e più equi. Segnali di maggior moderazione giungono, invece, come accennato, dal mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa, cede infatti altri 3 bps e retrocede a quota 1,56 %. Ancora immobile, invece, il rendimento dei bond a 2 anni, fermo a quota 0,16 %. L’inclinazione della yield curve Usa si mantiene tuttavia ancora sostenuta, pari a 140 punti base, e ciò ribadisce l’aspettativa di una forte ripresa economica, peraltro già in corso. Il mercato azionario, infine, dopo una lunga ascesa si concede una meritata e salutare pausa. L’S&P 500 cede infatti appena lo 0,13 %, e si mantiene in prossimità dei suoi massimi storici.

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : + 811

Large Traders :  – 8.628

Small Traders : + 7.817

Trova, dunque, ancora conferma, seppure a fatica, la configurazione fortemente rialzista del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state  pari a 6.336 contratti. In particolare, i Commercial Traders, ovvero le MANI FORTI, dopo aver trainato i recenti e forti rialzi, anche in quest’ultima ottava, allentano un po’ la presa, cedono infatti l’intero lotto dei 6.336 contratti long, ma restano, seppur di misura, ancora nella inusuale, e per loro insolita, posizione Net Long. I Large Traders, invece, acquistano 3.807 contratti long, ma restano ancora in posizione Net Short. Gli Small Traders, infine, acquistano i residui 2.529 contratti long, e consolidano lo loro sempre moderata posizione,Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, che non mutano il favorevole quadro di mercato oggi esistente, ci indicano, forse ancora solo in prospettiva, che gli investitori sono già focalizzati a capire cosa accadrà nel dopo pandemia

Come detto in premessa, le prospettive non sono ancora nitide e chiare, anzi tutt’altro. Per tale motivo le MANI FORTI, diventano un po’ più prudenti, in attesa di meglio comprendere cosa ci attenda nel prossimo futuro. Siamo credo, dal punto di vista dei mercati, in una fase transitoria. Scontato, con largo anticipo, il recupero post pandemia si cerca ora di comprendere, senza scossoni, quale assetto assumerà l’economia in questo nuovo decennio. C’è da augurarsi, come ho già detto , in un tasso di crescita maggiore del decennio scorso, basata magari sulla riconversione green dell’economia. C’è infatti molto da fare al riguardo. Temi comunque di là da venire. Rimanendo all’oggi invece, non ho motivi per modificare la mia ormai datata e ben nota view rialzista per i mercati azionari, che riconfermo, invece, appieno.

Mercato dunque ancora in fiducia

MARGIN DEBT: in attesa dell’inversione si va a gonfie vele!

tassi di interesse sono stati complici dell’esplosione della cosiddetta bolla della liquidità: non torno sull’argomento anche perché ormai ne avrete le scatole piene dei soliti discorsi. Però spesso ci dimentichiamo che, oltre alla liquidità generata, questo quadro iper espansivo non ha fatto altro che gonfiare anche quello che è il margin debt, ovvero il denaro preso a prestito per lo più a fini speculativi. Un trend che è ovviamente correlato all’altro trend, quello del mercato. Ed è altrettanto chiaro che quando si inizia a subodorare un’inversione, il margin debt inizia a ritracciare, spesso prima della vera inversione di borsa.

Questo grafico vi fa vedere i vari picchi del margin debt e le successive correzioni della borsa.

Un grafico che potrebbe essere anche preoccupante, ma che in realtà non anticipa nulla nel breve, anche se statisticamente un elastico non più continuare ad estendersi all’infinito. Ma è altrettanto vero che il momento è più unico che raro e quindi certi eccessi sono quantomeno giustificabili.

Ma la cosa più interessante la potete vedere da questi due grafici, che dicono la stessa cosa ma con parametri differenti. Sia nei due picchi del 2001 e del 2007, il margin debt ha “anticipato” la violenta correzione dei mercati. Questo perché chi prende i denaro a margine è “ben informato” e quindi tira i remi in barca il prima possibile.

Quindi per noi comuni mortali, diventa interessante tenere d’occhio questo paramento come “anticipatore” di eventuali futuri movimenti sussultori che al momento all’orizzonte, ci tengo a dirlo, non si vedono perché lo stesso margin debt continua a salire senza cedere il passo.

Wall Street futures deboli: questa settimana raffica trimestrali Big Tech, piano Biden, Fed e Pil Usa

26/04/2021

Trimestrali (occhio alle Big Tech), Federal Reserve, piano “American Families Plan” di Joe Biden e Pil Usa sono sicuramente i market mover principali di questa nuova settimana di Wall Street.

Deboli i futures Usa, con i futures sul Dow Jones piatti con una variazione pari a +0,02% a 33.948 punti; i futures sullo S&P in calo dello 0,13% a 4.166 punti, e i contratti sul Nasdaq in ribasso dello 0,33% a 13.881 punti.

Dal fronte delle trimestrali, si partirà subito oggi con il bilancio del colosso di Elon Musk Tesla, (conti dopo la chiusura di mercato).

Le attese di Wall Street sono di utili rettificati di 0,74 dollari per azione, rispetto a 0,25 dollari per azione nel primo trimestre del 2020. Se la società dovesse riuscire a soddisfare questa stima, sarebbe il settimo trimestre consecutivo di profitto di Tesla. Il titolo sale in premercato di oltre +1%. Gli analisti prevedono inoltre che Tesla riferirà un fatturato di $ 10,5 miliardi nel primo trimestre, rispetto ai $ 6 miliardi nel periodo di un anno fa.

Tra i primi a dare i conti ci sarà anche Alphabet, nella giornata di domani. Nel primo trimestre la controllante di Google dovrebbe riportare, stando alle stime di consensus, un EPS di $ 15,45 per azione, che rappresenta una crescita anno su anno di circa il 57% da $ 9,87 per azione rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. Il gigante di Internet di Mountain View è visto riportare una crescita dei ricavi di oltre il 25% a circa $ 42,2 miliardi. Da inizio anno Alphabet segna un corposo +30% e i conti potrebbero spingere il titolo ai nuovi top. La holding a cui fa capo Google renderà noto il proprio bilancio domani, martedì 27 aprile, così come farà Microsoft.

Si procederà poi ai conti del primo trimestre di Amazon, Apple, tra gli altri, mercoledì 28 aprile, per poi arrivate ai risultati di Twitter, giovedì 29 aprile.

Mercoledì 28 aprile sarà anche la giornata in cui, alla fine dei due giorni della riunione del Fomc, il suo braccio di politica monetaria, la Fed di Jerome Powell annuncerà la propria decisione sui tassi, che sono attesi invariati allo zero. Ulteriori informazioni potrebbero arrivare su quando la Banca centrale Usa potrebbe iniziare a pensare a un tapering del suo programma di acquisti di asset.

Wall Street attende anche informazioni sul piano a favore delle famiglie che il presidente americano Joe Biden presenterà al Congresso Usa mercoledì sera. Wall Street ha tremato giovedì scorso dopo che Bloomberg ha riportato che Biden punterebbe ad aumengtare la tassa sui capital gains che fino al 43,4% per chi guadagna $1 milione o più, in deciso rialzo rispetto al 20% attuale.

Giovedì 29 aprile arriverà anche la pubblicazione del Pil Usa che, secondo gli analisti di Goldman Sachs salirà in tutto il 2021 del 7,2%, balzando del 10,5% nel secondo trimestre. Giovedì sarà pubblicato il Pil Usa del primo trimestre.

A Wall Street si riaffaccia il “rischio tasse”

Lo spauracchio di una stretta fiscale resta per ora nebuloso, ma insieme allo slancio climatico suscita nervosismi. Dopo 4 anni di buon lavoro sulla politica Usa torna un punto interrogativo

Piano Biden  di Stefano Caratelli  26 Aprile 2021 – 8:21

Sette settimane e mezzo, due in meno di quelle che nel 1986 resero Mickey Rourke e Kim Basinger due star globali, tanto è durato l’Orso meno longevo della storia di Wall Street, dal 20 febbraio al 4 aprile 2020. Il Toro era entrato nell’anno della pandemia talmente forte che ci mise solo una manciata di sedute per rialzarsi. Adesso che quei livelli di partenza sono stati ampiamente recuperati e superati, il mercato giustamente si chiede quanta benzina abbia ancora nelle gambe. Allora la benzina era quella della riforma fiscale e della deregulation del 2017, che hanno continuato ad essere il motore che ha fatto ripartire subito il mercato dopo lo shock da Covid, a cui in corso d’anno si sono aggiunti gli stimoli senza precedenti, prima monetari e poi fiscali di Fed e nuova Amministrazione a guida Biden. In pratica, sia la Banca Centrale, nel segno della continuità di Jerome Powell, sia la politica nel segno della discontinuità, fino a un certo punto, tra Trump e Biden, hanno fatto bene il loro mestiere negli ultimi 4 anni. Ora il rischio percepito da mercati e investitori, che restano comunque molto positivi, è che gli stessi attori che hanno guidato Wall Street a nuovi record e l’economia a tornare a correre come prima del virus, possano commettere qualche errore.

POSSIBILE CIRCOLO VIZIOSO

Fino a una settimana fa, gli errori più temuti erano soprattutto due, collegati tra loro. Il primo era individuato nella possibilità che si esagerasse nello stimolo fiscale e nella spesa pubblica, all’insegna della linea della ministra del Tesoro Janet Yellen secondo cui l’unico rischio è di non fare abbastanza, alimentando un circolo vizioso di deficit federale, inflazione e tassi dei Treasury troppo alti. Il secondo era che la Fed potesse reagire chiudendo i rubinetti troppo presto, come aveva fatto Ben Bernanke con il famoso taper tantrum del 2013. Poi dalla Casa Bianca hanno cominciato a far filtrare l’ipotesi di una pesante tassazione delle plusvalenze per i redditi più alti, probabilmente per tastare il polso di investitori e mercati, che hanno reagito ovviamente con un certo malumore, ma per ora contenuto, sia da parte di Wall Street che dallo sterminato mondo americano del private equity e del venture capital, motore della creazione di imprese innovative che rappresenta la vera marcia in più dell’America, e che si è sentito direttamente minacciato.

STRETTA FISCALE E IMPEGNO CLIMATICO

Il percorso legislativo di una stretta fiscale sarebbe comunque lungo e molto tortuoso, ostacolato da un Senato dove i repubblicani hanno la metà dei voti e ai democratici serve quello della vice presidente Kamala Harris, che è anche presidente del Senato, per arrivare a 51. Inoltre si metterebbero al lavoro, sicuramente hanno già cominciato, le potenti lobby degli interessi che si sentono minacciati. Ma negli ultimi giorni della scorsa settimana, dopo l’impegno solenne di Biden alla Conferenza climatica di ridurre le emissioni degli USA del 50% entro il 2030, un altro timore sta iniziando a serpeggiare tra siti e blog americani, dove qualcuno comincia a chiedersi se sia lungimirante impegnare migliaia di miliardi di dollari per raggiungere un obiettivo il cui successo finale dipende da altri. Chi? In cima alla lista sono Cina e India, che sono schierate senza condizioni contro il cambiamento climatico, ma si guardano bene dal legarsi a obiettivi precisi sia nelle quantità che temporali, a differenza degli europei e ora anche degli americani.

Primi 10 paesi per emissioni di Co2 da combustibili fossili in % (mondo = 100)
Primi 10 paesi per emissioni di Co2 da combustibili fossili in % (mondo = 100)

INVESTIMENTI ESG NON IN DISCUSSIONE

Ovviamente in tutto il mondo i mercati sono sempre più convinti che gli investimenti sostenibili, che vanno sotto la sigla ESG, abbiano una marcia in più anche in termini di performance, come mostra il continuo successo dei prodotti costruiti sui fattori Ambiente, Sociale e Governance offerti dalle grandi case e illustrati ampiamente e quotidianamente su Financialounge.com. Ma una cosa è orientare le aziende in tutto il mondo verso la sostenibilità con lo strumento delle allocazioni di portafoglio e dell’engagement, un’altra è vincolare unilateralmente la prima economia del mondo a un obiettivo che si può raggiungere solo con la condivisione degli altri grandi attori, mettendo sul piatto migliaia di miliardi di dollari che vanno ad aggiungersi a quelle dello stimolo fiscale e del mega-piano infrastrutturale. La Cina addirittura, pur avendo coniato lo slogan della ‘Civilizzazione ecologica’, ha mandato a dire ai partner proprio in occasione della Conferenza che non lascerà che l’argomento climatico venga usato come strumento di pressione geopolitica. C’è da dire che la Cina ha molto da guadagnare dalla transizione verde, perché la libererebbe almeno in parte dalla dipendenza totale dalle importazioni per il petrolio. Ma si può aggiungere che ha molto da guadagnare soprattutto dalla transizione degli altri, essendo il primo produttore globale di componenti per auto elettriche, energia solare e eolico.

BOTTOM LINE

Il percorso del primo semestre sembra ben delineato per l’economia e per le imprese USA, con crescita sostenuta sia dei principali indicatori che della redditività. Ma non sembra che ci siano molti margini per un’ulteriore accelerazione nella seconda metà del 2021, mentre i margini si stanno allargando per possibili errori di politica fiscale e monetaria. Non sembra ancora il momento di prendere decisioni, ma sicuramente di alzare al massimo il livello di attenzione.

AllianzGI: maggio potrebbe portare turbolenze sull’azionario

Allianz Global Investors cita il detto ‘sell in May’ per avvertire che l’ottimismo dilagante su economie e mercati potrebbe preludere a un brusco risveglio con possibili sorprese negative

L’analisi  di Virgilio Chelli  25 Aprile 2021 – 9:30

Maggio si avvicina e un antico detto di Wall Street consiglia all’investitore di vendere e stare alla larga nel mese delle rose, ma c’è una seconda parte meno citata che raccomanda anche di ricordarsi di tornare sul mercato per settembre. Oggi le pressioni sugli investimenti sono più alte che mai, con gli ultimi sviluppi però che mostrano che i rialzi dei rendimenti delle obbligazioni governative USA non provocano necessariamente una caduta dei prezzi azionari. Il mondo sta lottando contro la pandemia e c’è molto terreno da recuperare sul fronte dei consumi. L’outlook settimanale di Allianz Global Investors, firmato da Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research, e titolato appunto “Sell in May and go away”, sottolinea che è difficile continuare a sorprendere con un flusso costante di previsioni positive.

POLITICHE ACCOMODANTI COMINCIANO A VACILLARE

Le campagne vaccinali procedono e alcune economie iniziano ad allentare i lockdown, ma con cautela. I contagi aumentano rapidamente, soprattutto in Brasile e in India, e gradualmente emerge la consapevolezza che la normalizzazione comporterà anche un rialzo dell’inflazione e che le basi delle politiche monetarie accomodanti iniziano a vacillare. Negli Stati Uniti e nell’Area Euro i tassi breakeven sono in continuo aumento ma la BCE non sembra averlo ancora notato, e anche nell’ultima riunione è prevalsa la prudenza. Ma prima o poi, secondo Naumer, la BCE dovrà chiedersi se sia rimasta “dietro la curva”, cioè in ritardo rispetto alle attese del mercato obbligazionario: è solo questione di tempo.

RAFFICA DI INDICATORI IN ARRIVO IN USA E EUROPA

Sul fronte economico, l’oulook di Allianz GI prevede che la ripresa dovrebbe essere confermata anche dai dati in uscita la prossima settimana, quando si riuniranno anche Bank of Japan e Fed. In entrambi i casi non si attendono novità, ma Naumer non esclude che la Fed, nel porre l’enfasi sulla ripresa, invii anche un messaggio di imminente normalizzazione delle iniezioni di liquidità. Tra i dati in arrivo, AllianzGI cita l’indice ifo della fiducia delle imprese in Germania, la fiducia dei consumatori USA del Conference Board, il sentiment economico nell’Area Euro e i dati sul PIL del primo trimestre in USA ed Eurozona, che dovrebbero rispecchiare i trend divergenti nella lotta alla pandemia.

I DATI MACRO COSTRETTI ALLA RINCORSA

La situazione economica migliora tanto rapidamente che i dati macro non riescono a tenere il passo, ma Naumer crede che non durerà a lungo. Il trend delle revisioni nelle previsioni sugli utili suggerisce che verrà raggiunto un picco nelle prossime settimane, mentre la stagione delle trimestrali in corso evidenzia un forte momentum al rialzo. L’esperto di AllianzGI osserva che da un punto di vista tecnico, i mesi migliori dell’anno per i mercati azionari stanno per finire, e anche se “sell in May ” non è inciso nella pietra, qualche turbolenza possiamo aspettarcela, citando indicatori contrarian come i sondaggi della American Association of Individual Investors e la volatilità diminuita ancora.

POSSIBILI SORPRESE NEGATIVE

Secondo Naumer, tanto più si calmeranno le acque, quanto più rapidamente potrebbero essere nuovamente agitate da sorprese negative. Gli indici di forza relativa segnalano “ipercomprato” sull’azionario in molte aree, mentre l’inflazione e le attese di politica monetaria, soprattutto della Fed USA, nonché eventuali shock negativi sul fronte macro, potrebbero offrire l’occasione per abbandonare alcune posizioni. Anche il Bitcoin, da molti considerato una vera valuta, potrebbe essere inteso come indicatore dell’eccessiva noncuranza del mercato. In conclusione, scrive Naumer, nelle prossime settimane occorrerà tenere gli occhi bene aperti sulle asset class più rischiose.

In Turchia piove sul bagnato con truffa di Thodex sulle “criptovalute”

La frode di Thodex dai contorni incerti sta seminando il panico in una Turchia già colpita dalla crisi finanziaria.

di Giuseppe Timpone , pubblicato il 25 Aprile 2021 alle ore 08:48

Cos’altro può accadere di storto in Turchia in questo periodo? Una truffa delle criptovalute. A distanza di una settimana dal divieto della banca centrale di Ankara di fare trading con le monete digitali, ecco il caso. Nel mirino delle autorità è finita Thodex, la piattaforma che consente la compravendita di criptovalute e che mercoledì ha pubblicato sul suo sito un messaggio. In esso, faceva presente che le operazioni di trading sarebbero state sospese per 4-5 giorni, al fine di valutare una proposta di partnership non meglio specificata.

Un certo Mehmet, di 34 anni, dopo essere andato nel panico e fiutando il rischio di truffa delle criptovalute, ha contattato la polizia. Da allora sono partite le indagini. Nel frattempo, i profili Twitter dei dirigenti di Thodex erano stati rimossi, tra cui quello del proprietario Faruk Fatih Ozer, un ragazzo tra i 27 e i 28 anni. Attoniti ben 391.000 piccoli investitori iscritti alla piattaforma, per la quasi totalità attivi. I capitali con cui Ozer sarebbe fuggito ammonterebbero a 2 miliardi di dollari.

Truffa delle criptovalute, i fatti

Dal governo, venerdì arriva il sospetto che il giovane sia scappato in Thailandia o Albania. Ma è quest’ultima pista a prendere il sopravvento, quando il ministro degli Esteri turco contatta il suo omologo di Tirana per chiedere collaborazione e spiccando un mandato di cattura internazionale con annessa richiesta di estradizione. In Turchia, 62 persone vengono arrestate e su altre 12 sono emessi altrettanti ordini di carcerazione. Ozer si rifà vivo su Twitter per negare le accuse di avere organizzato una truffa delle criptovalute. Parla di “campagna diffamatoria” nei confronti della sua azienda e racconta di trovarsi all’estero per incontrare potenziali soci in affari.

Quanto alla sospensione delle attività, si difende sostenendo che nel corso di controlli legati a una possibile offerta di terzi sia emerso che 30.000 iscritti sarebbero sospetti. Per questo, il sito avrebbe avuto bisogno di una manutenzione, al fine di effettuare i dovuti accertamenti. Sta di fatto che negare ai clienti di accedere ai conti per un tempo così elevato nel mondo delle criptovalute può decretare la morte di un investimento. E quanto accaduto poco prima di mercoledì fa temere che effettivamente di truffa delle criptovalute vera e propria si tratti.

Nelle ore precedenti alla sospensione del trading, diversi iscritti notarono che il prezzo di dogecoin fosse del 30% più basso di quello vigente sulle altre principali piattaforme. In tanti si precipitarono a comprarlo, ma al momento della richiesta, la criptovaluta veniva trattenuta. Nelle 24 ore precedenti il blocco del sito, le compravendite schizzavano a 585 milioni di dollari, di cui per il 53% riguardanti proprio i dogecoin e per appena 10 milioni i ben più noti Bitcoin.

La crisi turca si aggrava

La popolarità di Thodex deriva dal boom che in questi mesi sta avendo il trading di criptovalute in Turchia. Migliaia di piccoli risparmiatori cercano di mettere in salvo i loro sacrifici dall’alta inflazione. Questa è esplosa al 16% a marzo. La lira turca non fa che indebolirsi dopo il licenziamento del terzo governatore centrale dal luglio 2019. E già quest’anno perde più dell’11% contro il dollaro, portando il calo al 16% in un anno e a più dell’80% in 10 anni. Per cercare di arginare il rischio di una fuga dei capitali a favore dei Bitcoin, le autorità hanno disposto il divieto di trading in Turchia a partire dalla fine di questo mese.

Questa truffa delle criptovalute non infanga soltanto un mercato già guardato con estremo sospetto, ma peggiora il clima di fiducia verso il sistema finanziario turco. Non è forse un caso che ieri la lira turca scambiasse a 8,38 contro il dollaro, in calo di circa l’1% giornaliero e in prossimità del suo minimo storico.Il mondo dei Bitcoin può anche confermarsi poco sicuro, ma non per questo le famiglie turche torneranno a guardare con occhi più benevoli alla loro moneta.

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